Horus R. Sekhmeth
Quando la bella fanciulla era arrivata, Horus aveva notato che Brior non s’era mosso dal bancone, benché avesse già pagato e fosse libero di andare. Capì subito che ci doveva esser altro che Oliver desiderava, qualcosa che trascendeva gli acquisti e, forse, coinvolgeva altro. Dunque non disse nulla quando la ragazzina se ne andò, limitandosi a contare i Galeoni ricevuti e a sistemarli con cura nello scomparto della cassa e attendendo la mossa del Grifondoro. Questi non si fece attendere e quando lo chiamò, Horus alzò educatamente lo sguardo verso di lui; non fece caso al tono adottato.
Incuriosito dalla pergamena che il ragazzo aveva srotolato sul bancone, il Tassino vi si avvicinò, chinando appena il capo per osservarne il disegno. Horus riconobbe subito il genere di stemma ivi dipinto: osservò con attenzione l’Aquila Bicipite, le ali spalancate e le zampe tenenti rispettivamente una spada ed un ramo d’olivo. Nel frattempo, le parole di Oliver gli giungevano alle orecchie, ma una frase lo portò a scuotere lievemente il capo e a tornare ad alzare gli occhi su di lui.
« Fai male a non dare importanza a ciò che l’Aquila Bicipite tiene fra le zampe. La pianta si tratta di un olivo, la più importante a livello d’Araldica, credo. »
Sospirò appena, raddrizzando la schiena e passandosi distrattamente una mano fra i folti capelli rossi. Gli occhi si posarono incerti sulla porta chiusa del retrobottega: era Lysander quello che si intendeva maggiormente d’Araldica, sebbene Horus avesse potuto leggere qualche cosa in un paio di grossi libroni che il proprietario gli aveva dato quando aveva dovuto riordinare alcune monete e medaglie. Una volta gli era capitato fra le mani uno splendido scudo francese la cui vernice dello stemma era ancora brillante come lo era stata al momento della costruzione e lui si era divertito a rintracciarne il casato attraverso i libri che aveva trovato nella libreria di suo padre (rimanendo poi deluso nello scoprire che si trattava di un casato minore caduto in disgrazia).
« Intanto devo dirti, per correttezza, che non so dirti alcun nome, riguardo questo stemma. Sono assolutamente certo, tuttavia, che si tratti di uno stemma araldico, non di un marchio. Vedi l’Aquila? » Gli indicò col dito, senza toccare la carta della pergamena. « Non è poi così esclusiva, ma più che una dinastia veniva usata tendenzialmente ad indicare due Imperi che poi, una certa dinastia, si vantava d’aver presieduto. Si vede per la prima volta quando fu usata da Costantino Primo Il Grande, un imperatore romano, e venne poi ereditata, per così dire, dall’Impero Romano d’Oriente fino all’Impero Bizantino. Alcuni studiosi credono che le due teste stiano ad indicare la fusione di due precedenti imperi oppure la rappresentazione di Occidente ed Oriente. » Tacque un secondo, corrugando le sopracciglia per cercare di ricordare quanto letto. Fortunatamente tanto la sua memoria scarseggiava con i nomi delle conoscenze e le date di ogni giorno, tanto era eccellente nel riportare nozioni storiche, che Horus riusciva ad appellare dalla mente come se fossero state incantate da un Accio. Questa, senza dubbio, era una caratteristica ereditata da suo padre di cui lui gli era molto grato. « Durante gli anni, tante Casate e Imperi hanno adottato l’Aquila Bicipite. Persino i Romanov di Russia, per darti un’idea, ma anche tanti altri imperi e famiglie nobiliari europee, soprattutto quelle nordico-baltiche. Se non sbaglio, anche l’Impero Asburgico aveva nello stemma un’Aquila Bicipite. Ciò che mi fa pensare è, invece, questo ramo d’olivo. » Il dito indice scivolò rapido ad indicare la pianta stretta tra gli artigli del volatile. « Tutti gli stemmi con le Aquile Bicipite che ho visto avevano sempre una spada, retta dalla zampa sinistra —o talvolta anche in entrambe le zampe, ad indicare la potenza bellica e la forza regnante. Nella destra, però, non sempre mi è capitato di vedere qualcosa, o, al massimo, il globo crucigero, una regalia tipica degli Imperi cristiani. » Si inumidì velocemente le labbra, cercando di non divagare oltre. « Un ramo d’olivo, come ti dicevo, non mi è mai capitato di vederlo in questo contesto, ecco perché non bisogna dare per scontato niente in questo tipo di immagini: ogni dettaglio può essere determinante. Sicuramente è qualcosa di importante, che distingue questo stemma da tutti gli altri. Se non vado errando il ramo d’olivo significa pace, ma anche vittoria e gloria eterna. » Le labbra si arricciarono in un’espressione pensosa ed Horus incrociò le braccia al petto, gli occhi argentei ancora fissi sulla pergamena; una sottile ruga gli si era dipinta fra le sopracciglia ancora aggrottate.
« Secondo me, però, c’è altro. L’olivo ha anche una valenza divina, non solo Cristiana… » Senza rendersene conto, Horus agitò vagamente le dita della mano in un gesto difficile da decifrare, quasi spazientito o annoiato. « Ma anche, e soprattutto, Pagana dei paesi Mediterranei. Mi viene subito in mente la Grecia, dove l’olivo era simbolo di Atena ed era considerata, di conseguenza, una pianta dai poteri Magici. C’è poi quella stella, alla base del collo dell’Aquila, che solitamente indica un avvenire luminoso od un passato pieno di conquiste, di prevalenza, di elevazione. Credo abbia un significato divino anche in questo senso, ma non vorrei espormi troppo in tal senso. »
Horus rimase nuovamente in silenzio, questa volta più a lungo e se non fosse stato per il vociare che proveniva dalla strada, si sarebbe quasi potuto udire il suo cervello elaborare le informazioni che lui stesso aveva estrapolato da quel disegno. Poi, d’un tratto, sollevò lo sguardo e scrutò Oliver come non aveva fatto prima. Si soffermò sull’espressione stanca degli occhi, sulla pelle pallida e tirata del viso e sulle labbra spente, affatto sorridenti come invece le dipingevano le chiacchiere dei corridoi. Oliver era teso e questo lo si deduceva facilmente, soprattutto per un osservatore attento ed analitico come Horus. Non c’era bisogno di conoscere il Grifondoro in maniera approfondita, bastava un veloce paragone su come solitamente si mostrava nel Castello per capirlo.
« Credo fortemente che sia uno stemma derivante dall’Impero Bizantino, Oliver: l’Aquila Bicipite e il ramo d’olivo possono essere un chiaro indizio. E… » Titubò un istante, incerto se dar voce al proprio sospetto, per poi lasciarsi andare: in fondo aveva detto chiaramente che erano supposizioni, no? « … E credo si tratti di uno stemma araldico di una famiglia Magica. Forse ha vissuto all’epoca dell’Impero Bizantino, forse collaboravano con esso, chissà. Non escludo che qualche Mago o Strega avesse potuto dare il proprio contributo contro gli Ottomani, all’epoca, attraverso qualche ingegnoso espediente e per questo fu riconosciuto. Dopodiché, come spesso appare, nel tempo potrebbe esser stata dimenticata. » Si strinse nelle spalle a quelle parole, senza, tuttavia, sentir scemare la curiosità nonostante il sospetto plausibile. Le pallide iridi di Horus cercarono e si posarono su quelle verde scuro del quindicenne rosso oro; difficile anche in quel caso tradurre lo sguardo enigmatico del Tassino.
« Posso chiederti dove l’hai trovato? » La domanda, in realtà, sott'intendeva altro. Era chiaro che Oliver avesse citato libri d’araldica ad Hogwarts, ma ciò che era richiesto era assai più specifico di un “l’ho trovato per caso e boh, m’ha incuriosito tanto da venir fin qui a Diagon Alley e chiedere a qualcuno se l’ha visto in giro”.
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"Nulla si è ottenuto, tutto è sprecato, quando il nostro desiderio è appagato senza gioia. Meglio essere ciò che distruggiamo, che inseguire con la distruzione una dubbiosa gioia.".