| Alla fine, accidenti, passare di qui è diventata un'abitudine. Non credevo che potesse succedere, che davvero questo minuscolo angolino ritagliato apposta per me in un branco di utenti, potesse creare dipendenza; eppure, è così. E' diventato un rituale, quasi, da tre settimane a questa parte; poco, forse, ma alla fine il tempo è un concetto relativo, no? E l'importante è come lo si utilizza. Eh, qui sì che ci sarebbe da pensare, come caspita lo uso io il mio tempo? Alle volte ho come l'impressione che tutto si svolga alla velocità della luce, troppo in fretta perché io possa assaporare tutto quanto; troppo veloce perché possa davvero godere di tutto appieno, cogliere ogni sfumatura di questi giorni, ogni espressione, ogni minimo gesto. Perché è questo ciò di cui siamo fatti: piccole cose, dettagli infimi e scontati che senza rendercene conto ci caratterizzano, rendendoci unici. E invece no, non ci pensiamo. Siamo troppo presi dalle apparenze, dalle azioni eclatanti che fanno più scalpore, che esaltano l'animo per qualche istante e poi.. poi, cosa? Non rimane nulla, se non l'eco di quell'emozione che sbiadisce così in fretta da non darci neanche il tempo di rendercene conto e sprechiamo quei particolari davvero importanti, davvero reali. Quelli che ci fanno star bene anche dopo anni, quelli dei quali solo il ricordo ci scalda il cuore, come la prima volta; quelli che hanno il sapore di casa, di sicurezza e protezione; quelli che ci rendiamo conto di apprezzare solo quando non ci sono più. E a quel punto, a cosa servono? Non voglio ritrovarmi seduta su una sedia a dondolo, in veranda, con le ossa scricchiolanti e i capelli ingrigiti dal tempo, curva su un album ricco di occasioni perse e rimorsi; no, perdio. Non ho intenzione di iniziare una favola per i miei nipoti con un "C'era una volta una ragazza che avrebbe potuto..." oppure "Col senno di poi, la giovane Elena avrebbe fatto tesoro di quei momenti...". No, diamine. Voglio provare, sperimentare, assaggiare, tentare, testare qualunque cosa; voglio vivere veramente, attimo per attimo senza quell'orrida sensazione di essermi persa qualcosa, non lo sopporterei. Forse è qui l'inghippo, il motivo per cui questo spazio interamente mio mi sta così a cuore; perché ogni volta che apro questa pagina è come addentrarsi dentro di me, varcare quelle mura che tengo costantemente alzate, esplorare e conoscermi meglio. Sono questi i momenti in cui mi fermo a riflette, in cui lo scorrere dei minuti rallenta fino a interrompersi; ho il tempo di fare il punto della situazione, analizzarmi e fare tesoro delle esperienze recenti, per aggiungerle al mio album personale. Forse è semplicemente un modo per recuperare tutto ciò che non ho avuto nella mia infanzia, un modo per ripagare a quel mio essere cresciuta troppo in fretta; un modo per correggere e zittire chi diceva a mia madre "Ha una figlia terribilmente matura per la sua età", quasi fosse un vanto, una sorta di trofeo da esporre. Certo, affascinante ritrovarsi a sette-otto anni con un cervello da dodicenne, vero? Ma perché nessuno si è mai fatto problemi a pensare cosa provassi? Semplice, non lo sapevo neanche io. Non con chiarezza, almeno, solo quella perenne sensazione di disagio, inadeguatezza e confusione; non capivo perché fossi così diversa, perché non riuscissi a divertirmi con le mie coetanee con pettegolezzi e moine varie. Mi adeguavo, semplicemente, e trascorrevo il mio tempo coi maschi e allora sì, che era tutto perfetto; non mi importava di essere l'unica femmina, nessuno me lo aveva mai fatto pesare ed ero libera di dare sfogo a me stessa. Ma niente dura per sempre e prima o poi le inconsapevolezze spariscono, lasciando spazio a quelle differenze che ci distanziano sempre di più, le stesse differenze che iniziavano a segnare il mio corpo rendendo palese quanto fossi diversa da loro, adesso. Diversa da tutti. Era difficile, ma sono certa che tornando indietro rifarei tutto; non mi sono lasciata condizionare e nonostante le lacrime sul cuscino, di notte quando nessuno poteva vedermi, ho continuato per la mia strada, imperterrita rincorrevo me stessa. Cercavo il mio volto fra le ragazzine della mia età, illudendomi di poterlo trovare; ma loro non mi volevano, non capivano, e io non volevo loro, nonostante le capissi. Ero sola, ma anche più libera; libera di pensare con la mia testa, di sondare confini nuovi, confini che altri neanche immaginavano potessero esistere, non ancora. Tuttavia mi manca qualcosa, lo sento, continua a tormentarmi; perché lo so che quei quattro anni "d'anticipo" non me li renderà nessuno, la leggerezza tipica di quell'età è qualcosa che posso solo lontanamente immaginare. Sì, forse è questo il motivo del mio attaccamento morboso al presente. ~
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