Hekàte |
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| Se il suo avversario non si muoveva, Margaret, al contrario, non si arrendeva di fronte alla situazione, preferendo l’azione a una muta passività. Grazie ai piccoli e perfidi proiettili di vetro circa metà dei terribili rapaci si schiantò con un tonfo al suolo, macchiando di rosso il soffice tappeto del Club e provocando non poche reazioni disgustate in chi assisteva all’incontro; anche la donna amava gli animali e detestava vedere i loro corpi distesi a terra, ma dalla sua aveva la necessità di difendersi. Mentre i restanti si fermavano, spaventati dalla fine dei loro compagni e dalla violenta reazione della loro vittima, Margaret si portò la mano sinistra al volto e sul collo che ancora le bruciavano e, quando la riportò davanti agli occhi, il sangue le macchiava le candide dita. Decise, perciò, che non avrebbe esitato oltre e, fatto un passo di lato in modo da non avere più gli uccelli dritti sopra la propria testa, preparò la sua controffensiva, decidendo di rifare ciò che le era riuscito tanto bene. La determinazione non le mancava, il bruciore proveniente dal suo collo le ricordava che, in fondo, si trattava di semplice autodifesa di fronte a un nemico che non conosceva ragione, ma obbediva semplicemente ai comandi del suo padrone. La bacchetta, che prima giaceva nella mano, venne ora presa più saldamente e puntata di nuovo sui rapaci, in particolar modo, come prima, sul loro molle e delicato ventre, privo di penne che lì potessero difendere. “Fùlcius Vìtreus” Nel frattempo tracciò rapidamente nell’aria una sorta di x un po’ arricciata, come se stesse semplicemente scrivendola su una pergamena e non disegnandola nell’aria a mano libera. La mente, ancora una volta, si concentrò sull’obiettivo, ancor di più, se possibile, della prima volta, come se la vittoria temporanea le avesse dato nuove energie per incanalare tutto il suo potere magico sul suo obiettivo. Immaginò, vide piccoli proiettili di vetro, belli come il ghiaccio, ma terribili come solo esso sa essere, che correvano nell’aria rincorrendosi l’uno l’altro, come se fosse una gara di velocità. Ed infine lì vide colpire gli uccelli e destinarlì alla stessa fine che era toccata ai loro compagni distesi proni sul soffice tappeto.
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