Smile, it's a new day. , Chapter 05.

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view post Posted on 4/5/2013, 14:48
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Adepto di Lord Voldemort

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"Sei sveglio."

La voce dell'Uomo risuonò stranamente amplificata nel silenzio innaturale di quel luogo. Il Dio dovette udirlo, perché alzò lievemente la testa che fino a quel momento aveva tenuta reclinata sul petto, ma non aprì gli occhi, nemmeno quando l'Uomo mosse qualche silenzioso ed esitante passo verso di lui. La voce ricominciò, non senza incertezza.
"Siamo nel-"
"So dove siamo."
L'Uomo ammutolì di fronte alla voce del Dio. Malgrado quest'ultimo si fosse sempre impegnato nell'apparire distaccato e privo di emozioni, nelle sole tre parole che aveva pronunciato v'erano una stizza, un disgusto e una rabbia che probabilmente solo lui, l'Uomo, più vicino di qualsiasi altro al Dio, avrebbe potuto cogliere. Ma erano terribili. Gli venne in mente l'immagine di una grotta buia, nel fondo della quale si cela una terribile creatura: non poteva vederla, certo, ma ne immaginava l'enorme corpo; tuttavia, non aveva Paura, era soltanto certo che quella stessa bestia l'avrebbe dilaniato e ucciso. Ammesso che uno come lui si potesse uccidere con zanne e artigli, certo. Inspirò rantolando, quindi riprese a parlare.

"So che avevi detto di non usare questo... questo posto. Ma non avevamo scelta. Avevamo bisogno di Tempo."
Il Dio sorrise - cosa che non faceva mai - di fronte a quell'affermazione; ed ecco i suoi occhi rapidamente schiudersi, come boccioli in fiore, rivelando due iridi dorate, innaturali, magnifiche e terribili allo stesso momento. Dalla lucidità che esprimevano, l'Uomo dedusse che Dio non si era appena svegliato, come aveva invece creduto. Rabbrividì.
"E mi avete portato qui. Scelta discutibile, visto che qui il Tempo non esiste."
L'Uomo rimase interdetto, la bocca lievemente aperta, gli occhi socchiusi. Non capiva. Avevano perso, il Dio avrebbe dovuto essere furente, avrebbe dovuto bruciare della stessa rabbia che prima aveva colto nelle sue parole. Dove era finita, quella temibile creatura in fondo alla grotta, pronta a dilaniarlo? La frase che avrebbe dovuto tranquillizzarlo l'aveva reso, se possibile, ancora più sospettoso e cauto.
"Hai avuto modo di pensare a quello che è successo?"
Il lieve sorriso sparì dal volto del Dio, e un nuovo brivido percorse la schiena dell'Uomo. Quando il primo parlò nuovamente, la sua voce era tornata fredda, impassibile, come un sussurro; se non fosse stato per la totale assenza di rumori del luogo, avrebbe fatto fatica a sentirla.

"Ovvio che si. In questo posto, l'eternità è un attimo, e un attimo dura un'eternità. Ho potuto pensare molto alla nostra -"
Si fermò per un attimo, come se stesse pensando a che parola usare. L'Uomo sapeva che non era vero, che era una mera farsa: il Dio non era soggetto, come i normali umani, a dubbi e riflessioni. Semplicemente, sapeva. Sapeva cosa gli avrebbe chiesto poi, sapeva come e cosa avrebbe risposto. Era arrivato a chiedersi se, ancor prima di attaccare la scuola inglese, non avesse previsto persino la loro...
"-'Sconfitta'."
Seguì il silenzio, per chissà quante eternità di attimi, quindi il Dio si alzò dal trono bianco sul quale si era svegliato, aggirando la figura dell'Uomo e procedendo verso l'uscita della grande sala bianca nella quale si trovavano. L'altro lo seguì, e entrambi varcarono la soglia della sala, ritrovandosi in una specie di corridoio laterale, che seguiva a spirale il contorno tondeggiante dell'enorme struttura nella quale si trovavano. Era aperto verso l'esterno, e il panorama che da esso si poteva ammirare faceva pensare di trovarsi in un sogno: un vuoto infinito, un'immensa distesa di nulla in tutte le direzioni. Il palazzo nel quale si ritrovavano si distingueva da quell'immenso mondo di Vuoto solo per la sua tangibilità, e per la sfumatura di bianco appena più opaca, simile all'avorio. I due cominciarono a camminare lungo il corridoio, fiancheggiando l'enorme torre dalla quale erano usciti. Solo dopo che ebbero compiuto due giri interi intorno alla torre, continuando a salire, l'Uomo ebbe il coraggio di aprire bocca, e lasciar voce alla domanda che gli premeva da quando, chissà quanto tempo prima, aveva visto gli occhi del Dio aprirsi.
"Dunque, ora che sei stato sconfitto, che hai intenzione di fare? Non puoi certo continuare a proclamarti -"
"Dio lavora secondo strade misteriose, non lo sai?"

L'Uomo si bloccò improvvisamente, volgendo lo sguardo stupito verso la figura del suo Creatore, arrestatasi a sua volta dopo qualche passo. Non poteva credere alle sue orecchie: stava forse scherzando? L'attacco della scuola inglese era stata una totale disfatta, che il Dio l'avesse previsto o meno. Dei tredici golem runici che aveva mandato, uno era fuggito al suo controllo, sei erano stati distrutti da dei ragazzini, e due erano stati consegnati al Ministro inglese dall'Uomo stesso. Ma certo, doveva essere impazzito: benché fosse uscito dal coma, era sempre possibile che avesse subito danni cerebrali, o qualcosa di simile. L'Uomo rise, di una risata nervosa, breve, piena di dubbi.
"Andiamo, non vorrai dirmi che hai fallito volontariamente?"

Il Dio non rispose subito. Con la sua solita espressione impassibile si avvicinò al parapetto del corridoio, e guardò passivamente il Nulla che li circondava. Quando aprì bocca, l'Uomo fu basito nello scoprire una sottile vena di compiacimento, nella sua voce.
"Mi hai chiesto se pur avendo fallito abbia intenzione di continuare ad essere il Dio che sono. Forse l'hai fatto volontariamente, ma con la tua domanda hai dato per scontato che Dio non possa fallire."
Un attimo di silenzio. L'Uomo notò con profondo orrore le sottili increspature sul volto del suo Creatore. Sorrideva? Di nuovo?
"Hai detto una cosa giusta, e sbagliata insieme, ma d'altronde pur essendo intriso del mio spirito, sei pur sempre un uomo. La tua domanda è giusta, perché è lecito chiedersi come può Dio rimanere Dio, se fallisce. Ma il punto è proprio questo: Dio non sbaglia, non fallisce."
L'essere si alzò dal parapetto e riprese a camminare con passo calmo, ma l'Uomo rimase immobile, senza seguirlo. Non riusciva a capire. Era sicuro che, avendo tradito il Dio, questi fosse in una situazione di disfatta totale... Doveva essere certamente impazzito.
"Stai scherzando."

Non era una domanda, ma nemmeno un'affermazione. Era una richiesta, una preghiera disperata, perché sapeva già da tempo che Dio non scherzava. La scia di corpi straziati che si era lasciato dietro ne era la prova.

"No, Uomo, sei tu che non capisci... Non riesci più a vedere oltre il tuo naso. Forse è perché hai consegnato i nostri occhi al nemico."
L'Uomo si sentì mancare. Lo sapeva? Sapeva che l'aveva tradito, che aveva consegnato le due rune al nemico? Come era possibile? E come mai non si adirava con lui, non lo puniva come già aveva fatto altre volte? Possibile che avesse pianificato tutto?
"Stai scherzando. Hai perso otto delle tue Creazioni, e una di esse è sfuggita al tuo controllo. Hai perso."

Questa volta il tono di supplica e di dubbio nella sua voce era evidente, mentre correva dietro alla figura del Dio. Il suo potere era arrivato a quei livelli? Lo vide fermarsi e girarsi, con uno sguardo fintamente compassionevole sul volto.

"Continui a sbagliare, Uomo; ma è anche per questo che ti ho creato. Le mie creazioni, le otto rune, sono perfettamente intatte e funzionanti. Mentre non ero cosciente, pur essendo aggredito dagli Incubi, le percepivo, come luci in fondo a un immenso corridoio. Continuano ad esistere, e si stanno rafforzando, stanno sviluppando i propri poteri, si stanno affinando..."
In quell'istante, l'Uomo capì. Si fermò nuovamente, e lasciò che la figura del Dio sparisse dietro la curva del corridoio, gli occhi fissi su cose che in quella dimensione non esistevano. Inspiegabilmente, incredibilmente, Dio aveva vinto. Di nuovo. E lui... lui aveva fatto solo il suo gioco. Le ultime parole del Dio si persero nelle sue orecchie come echi lontani, intrise di un odio e di una felicità senza pari.

"...e ora andrò a riprenderle..."

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