Per un minuto, privata

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view post Posted on 22/4/2014, 16:16
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Uno spirito libero vede il mondo da una prospettiva particolare, senza alcun confine, come un disegno dai molteplici colori senza alcun tratto realmente definito.

Mya era uno spirito libero e la sua mente somigliava ad un pittore, colto da continui attimi d'ispirazione; rielaborava continuamente il mondo, dalle imperfezioni alle banalità, sapeva cogliere l'essenza di ogni situazione e trasformarla secondo ciò che sentiva. Così, l'intento del giovane grifondoro di stupirla, appariva più come una sfida verso se stesso che verso la ragazza.
Dal momento in cui Mya aveva accettato quel gioco, sfiorando con le dita il palmo di lui, allo stesso modo la testa cercò di sfiorare la sua mente, per osservarla, per percepire il modo di pensare di lui, per carpire l'idea prima ancora che si potesse realizzare davanti agli occhi. E il pittore, sempre maestro creativo, andava a creare per lei scenari inimmaginabili, luoghi eterei e confini irraggiungibili, nebbie che dissolvendosi lasciavano una vista in grado di toglierle il respiro.
Ma c'era qualcosa che non aveva messo in conto, forse troppo presa dalla magnificenza dei viaggi mentali. Nathan non aveva alcuna scopa al seguito, non c'erano camini e polveri nei dintorni e il modo per arrivare fin là in modo tanto silenzioso era solamente uno. La mente non fece in tempo a realizzarlo, che il respiro le si mozzò davvero.
Avvertì una morsa afferrarle dolorosamente le viscere, come a volergliele strappare via dal ventre con crudeltà, e a stento trattenne un conato. La testa perse ogni orientamento, sopra e sotto si mescolarono annullando ogni appiglio alla realtà. Un fischio doloroso le attraversò il cervello da un timpano all'altro, portandola a digrignare i denti per sopportare i fastidio. L'unico appiglio certo sembrava essere la mano di Nathan, stretta attorno alle sue dita esili e infreddolite.
Smaterializzazione congiunta. Una vera follia in quelle condizioni. Le uniche volte che l'aveva sperimentata erano state con suo padre, e lui ogni volta le aveva espressamente raccomandato di tenere tutto il corpo all'interno della sua figura, stretta al suo torace. Perchè un simile avvertimento? Era una forma di sicurezza per assicurare il trasporto sicuro di entrambe le figure senza rischiare un eventuale...spaccamento, meglio conosciuto come "lascia indietro un braccio tanto a cosa ti serve?"
Fu a quella valutazione, nella frazione di quei pochissimi secondi, che Mya si sforzò di percepire il suo corpo, come non faceva dai tempi della sua prima mutazione. Ascoltò ogni fibra del corpo, cercandone ogni estremità: una mano era stretta in quella di Nathan e i piedi sfioravano quelli di lui, forse nel movimento di avvicinarsi, erano ancora assieme. Ma la mano sinistra aveva qualcosa che non andava. I polpastrelli avvertivano ancora l'essenza fredda e liscia del basamento, com'era possibile? *Non è possibile. Non ci credo. Non una stronzata simile.*
Più tardi avrebbe chiesto scusa a tutti i grandi maghi, i cui nomi, nell'impeto di preoccupazione, stava imprecando.
Decisa a tenere assieme il corpo la ragazza trascinò con una volontà assurda il braccio verso il corpo, prima che questo partisse per mete ignote, lasciando un pezzo sul basamento, a far compagnia a Nelson per il resto dell'estate. Mya avvertì la classica sensazione dello schiacciamento innaturale della struttura ossea, i polmoni stretti, il cuore quasi fermo, la testa ormai più simile ad una poltiglia di pensieri confusi. Poi uno schiocco e la realtà tornò a circondarla.


La tassorosso prese un profondo respiro, strozzandosi con l'aria stessa che con prepotenza tornava nei polmoni.
- Folle - disse, tra un colpo di tosse e l'altro.
Sentiva la testa ruotare all'impazzata e la nausea prenderla allo stomaco. Tutt'intorno era un vortice di ombre e luci che la confondevano ancor di più.
Si staccò dal ragazzo e cercò di alzarsi, barcollando e cascando all'indietro come una pera, atterrando su un pavimento di breccia e attutendo l'impatto con i palmi aperti.
*Ahio. Fa male* Quasi istintivamente sollevò entrambe le braccia osservandosi le mani ancora sfocate dalla vista vacua, ma meravigliosamente impiantate sui nobili polsi, senza alcuna ferita. *Meno male. Siete ancora qui*
Sollevò gli occhi visualizzando nel campo visivo un'ombra più vicina delle altre, doveva essere lo sciagurato pilota. Voleva imprecare, insultarlo per la poca attenzione che aveva dimostrato in quella scelta di spostamento, rischiando di far seriamente male ad entrambi, trasportandoli fin.....fin dove erano giunti a dire il vero?
Mya provò a guardarsi attorno ma era tutto ancora parecchio confuso, come un ambiente nel buio e ricolmo di ombre, se non fosse stato per una forte luce che proveniva dalla sua sinistra in alto. Come fosse un sole che irradiava luce sopra di loro. Eppure a Londra la notte stava calando, lo ricordava perfettamente.
Che avessero cambiato continente? Fuso orario? Da come si sentiva Mya poteva pensare di essere finita addirittura su un altro pianeta.
Pian piano la figura davanti a lei iniziò a riprendere i giusti contorni, tutto intero e con aria tranquilla in volto, come chi è abituato a viaggiare, apprezzando quel modo di spostarsi tanto sgraziato e violento.
- Mya non so che intenzioni hai, ma stasera questa città è nostra -
*Città?* Almeno non erano finiti in qualche deserto sperduto, o landa ai confini del mondo, spaccati orribilmente e senza un ospedale cui rivolgersi.
Mya si alzò in piedi ancora poco stabile, mentre il mondo iniziava a riprender forma. Il sole che aveva percepito poco prima sfumò d'intensità, prendendo via via la forma di una piramide allungata verso il cielo, i cui contorni brillavano di minuscoli punti luce. L'anima vera e propria della piramide era in ferro e non aveva alcuna copertura; quattro immense zampe di metallo l'arpionavano saldamente al terreno e minuscole figure si muovevano al suo centro.
Non le ci volle molto per collegare quella figura ad un luogo, il nome di una città in cui era già stata per motivi di lavoro, ma la cui torre aveva osservato da lontano, da un abbaino di periferia.
- Parigi....sul serio Scott? - non riuscì a trattenere il tono sarcastico con cui aveva pronunciato quelle poche parole. Non per fargliene una colpa (oppure sì) ma a Mya quella città non era mai piaciuta, a iniziare dalla forma che aveva, perfettamente simmetrica e sistematicamente ordinata. Ogni cosa in quella città lasciava trasparire decoro, precisione, eleganza, perfezione.
E Mya odiava la perfezione, ma non poteva certo farne una colpa a quella bella città, né al ragazzo. Semplicemente non era luogo per lei.
*Come se esistesse davvero un luogo per te Jill. Sembri più una giramondo di una strega adulta*
Forse era quello il motivo del suo scontento? Il non riuscire a trovare il modo di convivere con quella realtà, cercando sempre una motivazione per allontanarsi dalle verità scomode. Non era da quello che ora provava a sfuggire?
- Scusa. - provò a dire per giustificare la schiettezza di poco prima - questa città mi mette un po'... a disagio, ma magari l'ho solamente giudicata troppo in fretta -
Fece spallucce e si voltò a destra e poi sinistra, per inquadrare ciò che c'era nei dintorni. Si trovavano all'interno di un parco che si estendeva dalla torre fin alle porte di una costruzione, che vagamente si scorgeva in lontananza. Un parco che, visto dall'alto, sarebbe sicuramente apparso perfettamente simmetrico in ogni suo centimetro. Mya poteva sentire i brividi sulla schiena.
Erano "atterrati" in un viottolo secondario, salvandosi dal via vai delle coppiette e dei fotografi, e da un sicuro processo al Wizengamot. Per essere folle, quel ragazzo lo era davvero.
Un cartello sul lato del viottolo riportava la dicitura "Champ-de-Mars".


 
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view post Posted on 23/4/2014, 22:04
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Parigi ~

Spaccamento.
Un fallimento nel processo di materializzazione o di smaterializzazione, che lascia parti di sé o dei vestiti nel luogo di partenza. L'effetto dello spaccamento può essere minimo, come perdere i propri capelli, oppure leggermente più dannoso, come perdere un arto o un muscolo, ma, in ogni caso, si tratta di danni che solitamente possono essere riparati.
Sinceramente? L’atteggiamento impulsivo di Nathan non aveva messo in contro questa possibilità, sembrava tutto molto più romantico, immediato e d’effetto, utilizzando la tecnica certificata dal Ministero della Magia.
Aveva preso la patente da un paio di anni o forse tre, e nonostante i continui salti e spostamenti, rischiare un viaggio cosi lungo e con una compagna, rivelava solo un atteggiamento da incosciente e irresponsabile, un folle insomma.
- Sei tutta intera? Forse ho valutato con leggerezza la distanza -
Si grattò la testa con un dito, mentre quel pensiero, per lui di poca importanza, gli attraversava la mente e usciva con la stessa leggerezza con cui l’aveva sorpreso. Per fortuna non era successo niente, altrimenti Mya avrebbe usato anche un altro tipo di spaccamento su Nathan, ma più manuale e d’incidenza sicuramente peggiore.
La piccola Tassa barcollò per alcuni attimi, per poi cadere sul didietro cercando di riconquistare una vaga stabilità e di capire dove l’aveva portata quel folle di uno Scott.
Lui doveva ammetterlo, poteva anche visitare quella città decine di volte e con dieci ragazze diverse, ma manteneva sempre il suo fascino, la sua Magia che un po’ lo facevano sentire come a casa.
Sua madre Emily era nata proprio a Parigi, numerosi sono i ricordi di lui da marmocchio e di lei, bellissima e dolce come nessuna donna avesse mai visto, e delle loro passeggiate fra i Babbani in quell’immenso parco; loro due piccoli ma uniti, dinnanzi alla maestosità di quella torre.
Quei ricordi erano ancora in grado di produrre un lieve sorriso nell’espressione del mago, seppur la sua strada si era avvicinata in modo tanto radicale a quella del Padre e al potere Oscuro.
Ormai scettico sul provare quei sentimenti, quasi si rimproverava se avvertiva tali sensazioni, come poteva pensare di diventare potente se bastavano dei ricordi a smuovere la sua anima.
Le parole della ragazza spezzarono i suoi pensieri, e il sorriso mutò in un‘espressione sarcastica diretta alla compagna di quel viaggetto fuori porta.
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- Esatto Parigi, perfetta per una ragazza come te, chissà se ha effetto sul tuo romanticismo sopito -
Prima frecciatina delle sue innumerevoli riposte nella fondina proprio sotto il giacchetto di pelle; quella ragazza era l’unica con cui riusciva a essere così, spiritoso da un certo punto di vista, ma assolutamente sincero, forse perché gli importava veramente di lei e quindi doveva dirle la verità, tutto quello che pensava, anche se ciò l’avrebbe portata ad odiarlo, ma almeno non era stato finto.
Ma quelle parole dette dalla ragazza con tono misto da sarcasmo e delusione, non erano certo l’effetto sperato dal ragazzo; cos’era che metteva a disagio Mya? Forse non era la persona adatta a quel tipo di ambiente? Era solo una città dopo tutto, e ciò che conta non è il luogo, ma l'atmosfera, e qui che entrava in gioco Nathan.
Sarebbe riuscito il giovane mago a strappare un sorriso sincero a quella stramba tassorosso? Missione al di là delle aspettative di un mago con i controcaz.
- Non ti scusare, l’hai giudicata così perché non c’ero io -
Col suo tono ironico sempre a fargli compagnia, iniziò ad avviarsi verso il tratto di stradina principale, quel manto chiaro di sassolini che tagliava con linee perfette il verde di Champ-de-Mars.
- Qui venivo spesso con mia Madre, forse per questo era sicuro di effettuare un buon viaggio -
Un accennò di sincero ripensamento su quel gesto impulsivo, e sulla seria possibilità di poter far del male a Mya, cosa che per quanto potesse nascondere, non si sarebbe mai perdonato.
- Di solito non ne parlo, anzi praticamente non parlo mai con nessuno di cose personali della mia vita, ma.. avresti dovuto conoscerla, e sai che penso? Che le saresti piaciuta molto -
Non sapeva che strane sensazioni davano l’incipit a quelle parole, il perché le stesse dicendo proprio a lei, a Mya, una ragazza così vicina e talmente lontana da lui. Da quanti mesi non si vedevano? Per lui sembravano passati solo un paio di giorni dal viaggio sull’isola Misteriosa, si sentiva legato a lei nonostante il tempo trascorso.
L’unica dote che per Nathan era importante in quella ragazza era il suo essere Vera, Mya aveva quel pregio che andava oltre alla bellezza, alle forme o ai meriti scolastici; Lei era se stessa, sempre, prendere o lasciare, e Nathan non poteva che ammirare quella forza..
..certo se avesse anche un po' di dolcezza invece di quel brutto carattere sarebbe stata la ragazza perfetta, ma ognuno ha i suoi difetti.

 
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view post Posted on 2/5/2014, 16:23
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- Non ti scusare, l’hai giudicata così perché non c’ero io -
Mya si lasciò scivolare addosso l'ennesima battutina del ragazzo, rispondendogli con un semplice sbuffo ironico, le labbra appena arricciate. Non era solita giudicare un libro della copertina, non l'aveva mai fatto, ma quella città rappresentava l'apoteosi di tutto ciò che la infastidiva. Non era odio, era più simile ad un fastidio sottopelle, un prurito sulla punta del naso.
Ma in fondo aveva provato quella sensazione osservando la città dall'alto, ogni volta che vi si era ritrovata per qualche incontro "diplomatico" per conto dell'Ars. Chissà che muoversi per una volta tra le strade, allo stesso livello di chiunque altro, non avrebbe sortito un effetto differente, una faccia che non si aspettava. Non era quello il motivo per cui aveva accettato quello strambo gioco di fiducia ed aveva messo nelle mani di Scott le sue ore di libertà ?
*E pure qualche osso...*
Ma ormai il problema del mancato spaccamento era passato, anche se una parte della sua mente avrebbe dovuto iniziare a lampeggiare, avvertendola della medesima eventualità nel viaggio di ritorno. Se ne sarebbe curata dopo, ora aveva un pensiero più ingombrante nella mente.
Cosa fare realmente? Aveva accettato quel gioco senza pensare effettivamente alle conseguenze che ne sarebbero derivate, senza badare al fatto che avrebbe dovuto mantenere una vicinanza serrata con il grifondoro. Voleva vedere il mondo attraverso gli occhi di qualcun'altro, ma chi le diceva che Scott fosse il soggetto migliore da usare come tester? *Svagato, irresponsabile, avventato, totalmente privo di pudore...si, probabilmente è il test migliore di sempre* si disse osservandolo mentre proseguiva avanti con sicurezza, come ad indicarle la strada. Finchè la sua voce non riempì nuovamente l'aria (e la distanza) fra i due.
Si aspettava un'altra frecciatina cui ribattere, caratteristica base del loro rapporto, invece si ritrovò ad ascoltare una tiepida e spontanea confessione. Sapeva di ricordo, di malinconia, sapeva di un tempo forse troppo lontano. Poteva pensarlo dall'uso del passato e dal modo in cui il ragazzo osservava il panorama circostante, ma tutto ciò stonava con il timbro della sua voce. Come un film in cui l'audio e il video erano stati montati erroneamente, confusi, distanti. Certo Mya non era la persona più adatta a definire qualcuno "freddo" nel parlare, ma il tono del ragazzo era davvero asciutto, quasi impersonale, quasi quei ricordi non gli appartenessero davvero.
Forse aveva le sue ragioni, e Mya sentiva il dovere (e l'irrefrenabile desiderio) di non invischiarsi nelle vicende altrui, come aveva sempre fatto. Ma dopotutto non poteva nemmeno restarsene in silenzio, ignorandolo per tutto il tempo di quell'uscita, apparendo ancora più sociopatica di quanto in realtà non fosse.
- Non ho idea di che persona sia tua madre, ma per piacerle io deve avere davvero aspettative molto basse circa le tue conoscenze ... - cercò di stuzzicarlo debolmente, punzecchiandolo anche fisicamente con il dito indice sul fianco scoperto. In effetti non riusciva ad immaginare una madre felice di conoscere una ragazza che per poco non buttava suo figlio giù da una torre. O lo affogava allegramente nel lago, come fosse un fazzoletto sporco. Sdrammatizzava per svicolare, lo faceva sempre quando si entrava in atmosfere simili. Tutto quel parlare al passato infatti iniziava a imbarazzarla, non sapendo effettivamente quanto potesse spingersi oltre senza entrare in una zona di non ritorno. La conoscenza era sempre stata una lama a doppio taglio. Mya non lasciava entrare nessuno nel suo mondo, e apprezzava quando gli altri facevano il similare. Ma in quel frangente c'era qualcosa di strano, quella strana nota nella voce, forse per lui non significava nulla o forse significava troppo. Un dolore celato da una maschera sorridente forse? Anche quella in fondo rappresentava un tipo di Forza.
Mya camminava appena dietro il ragazzo con passo calmo, aveva lo sguardo alto ad osservare la volta notturna. Ma non si vedeva nemmeno l'accenno di un bagliore, di una stella, con tutto il bagliore che emanavano quelle maledette metropoli.
- Queste..."cose personali" ti appartengono Scott, l'hai detto. Condividerle, significa affidare una parte di te a qualcuno, e...non dovresti farlo con leggerezza. Non con una come la sottoscritta soprattutto - lo informò, voltandosi verso di lui e lasciandosi sfuggire un sorrisetto divertito. In effetti la storia che Mya potesse affondare una persona solo con le parole aveva un gran seguito tra le mura di Hogwarts, e la cosa più che darle disturbo o vanto, le permetteva di tenersi alla larga dalla maggior parte della gente. Chi era dunque lo stolto che le affidava qualcosa volontariamente?
Quella piccola parentesi doveva servire come deterrente, affinché il discorso non sfociasse in qualcosa di più profondo. E poi..."discorso profondo" e "Nathan Scott" suonavano così strani se pronunciati nello stesso contesto. Per fortuna ci pensò il suo stomaco a demolire quell'apparente atmosfera confidenziale, esibendosi in un ringhio basso e prolungato, in Re minore e chiave di basso.
- Mmm.....credo di avere fame. -
Intanto il naso aveva già iniziato ad annusare l'aria, percependo tantissimi odori differenti, trasportati dalle correnti basse. Che ci fosse un chiosco nelle vicinanze? Qualcosa dovevano pur fare.



Edited by ~mya~ - 13/1/2015, 21:45
 
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view post Posted on 17/9/2014, 14:43
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Qualcuno poi ritorna anche solo per un saluto. E tutto sembra come una volta per un minuto.

La bizzarra coppia di maghi continuava a vagare per le vie di Parigi, in cerca di qualcosa che non fosse un posticino romantico per innamorati, ma più un angolo che li vedeva complici sotto tutti gli aspetti; insomma, un posto dove mangiare. Non che avesse molte pretese, a lui andava bene un panino preso di sfuggita in un chiosco, o qualche polletto fritto di quella famosa catena di ristoranti americana, ma ora, in compagnia di Mya, sentiva il dovere di fare come al solito la sua porca figura, come se quella ragazza stesse veramente attenta a queste cose.
« Non ho mai capito la tua scarsa considerazione di te, fin da quando ci siamo conosciuti il primo anno, dopo la lezione di quella svitata della prof. di Divinazione »
Rispose alle parole ironiche della giovane, anche se un fondo di verità doveva esserci, o meglio era lei che credeva di non valere poi così tanto. Nathan vedeva forse una cosa che non esisteva? Considerava quella nanerottola in gamba, tanto da dedicarle il suo tempo; forse il più delle volte ingigantiva le cose, innalzandosi al migliore su piazza, ma lei era tutto l’opposto, si affossava come se avesse fatto chissà che, come se non si fosse mai resa conto del suo valore.
« Per me non rappresenti un pericolo, non ti avrei legata come una salamella e portata a casa mia contro la tua volontà altrimenti »
Sorrise, spingendo con un dito la Tassorosso, cercando invano di aprire uno spiraglio in quella finta armatura di granito che la circondava, o il suo famoso cerchio di intimità che aveva reciso più e più volte, pagandone le dovute conseguenze. Intanto giunti alla fine della piazza, con l’immensa torre alle spalle, gli occhi del Grifondoro saltando da un viso all’altro delle ragazze francesi, si posarono su un bel ristorante chic, quelli presi d’assalto dai turisti con un bel conto in banca, o nel caso loro alla Gringot. Avrebbero spennato il povero Scott? *mh, forse è meglio buttarsi su qualcosa di economico, per il momento* Pensò, quando la vista di un bel chioschetto mutò repentinamente le sue intenzioni iniziali.
« Su una cosa siamo d’accordo, c’è una specie di chiosco lì, andiamo, spero che parli francese »
Come un barbuto capitano di un vascello, decretò la rotta da prendere, Mya aveva scelta? Non aveva scelta. In fondo quando si trattava di mangiare una cosa valeva l’altra, e quei due, seduti in un ristorante chic, erano come un cane e un gatto a braccetto.
« Volevo chiederti una cosa, che successe a scuola, anche se probabilmente non te ne ricordi. Eravamo davanti al bagno dei prefetti, stranamente a discutere, e ad un tratto sei svenuta. Io ti ho portata in infermeria, ma durante il tragitto, con il tuo peso non indifferente sulle spalle, hai mugugnato il mio nome, o magari.. conosci un altro che si chiama Nathan? »
Le vecchie ferite non dovrebbero mai essere riaperte, si dice che brucino di più, ma Nathan era un vero campione nel rivangare le cose passate. Chissà se quel mugugno era stato solo una coincidenza del momento, o qualche minaccia che lanciava al ragazzo anche da svenuta. D’altra parte lui era a scuola da parecchio tempo, e il suo nome non era poi così tanto in voga fra gli studenti. Che il baldo Grifo stesse percorrendo una strada sterrata fra i ricordi e le cose personali di Mya? Quella Tassina era imprevedibile, ed anche un panino col prosciutto poteva risultare un’arma nelle sue mani, quali strane azioni avrebbe scaturito il ricordo di quel giorno? ..
*Voglio provare qualcosa con la salsa bernese*


Edited by Nathan Scott - 3/10/2014, 22:07
 
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view post Posted on 13/1/2015, 23:45
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I piedi della ragazza si muovevano leggeri sullo strato di breccia bianca che componeva il largo viale, provocando quel tipico fruscio ogni volta che la suola affondava e spostava il pietrisco. Era un rumore delicato, non invasivo, sembrava aiutare Mya a restare presente.
Ogni passo provocava un suono, il suono la teneva ferma e ancorata alla Realtà.
Non si stava male in compagnia di Scott finchè la conversazione rispettava le regole abituali, regole che imponevano sarcasmo, acidità e sprezzanti affermazioni ovviamente, nonchè eventuali offese. Ma il ragazzo quella sera sembrava intenzionato ad infrangere quelle regole in ogni modo possibile. Mya doveva solamente impedire che ciò accadesse.
Bastava restare inchiodati alla Realtà, quella dei respiri che sapevano di erba tagliata e carne cotta, di rumori che pizzicavano le orecchie con chiacchiericci e qualche nota melodica in lontananza, quella delle luci che si erano accese su tutta la struttura della torre e coloravano l'atmosfera di un delicato color ambra, quasi come un tramonto ritardatario.
La Realtà dell'attimo.

- Potrei offendermi - rispose guardandolo di traverso con una mezza smorfia in viso, tra l'irritato e il divertito. Con una mano raccolse i capelli della frangia che le erano finiti sull'occhio sinistro e li spostò all'indietro, scrollando poi la testa per risistemarli. - Non mi sembra di avere scarsa considerazione di me, al contrario ne provo di più scarsa nei confronti altrui - disse infilando entrambe le mani nelle tasche del cardigan - infatti non ho mai nascosto di vederti meno interessante di un carciofo. - La ragazza ruotò appena il viso, guardando dal basso Nathan e regalandogli un'elegante linguaccia.
Ecco così si ristabiliva l'equilibrio, era così che doveva funzionare. Io non infilo il naso nei tuoi affari, e tu non lo fai nei miei. Purtroppo era un qualcosa che gli esseri umani difficilmente imparavano.
Ma lo sguardo di lui e il tono della sua voce sembravano nascondere una sorta di ... compassione forse?
- Non vorrei che ti fossi fatto un'idea sbagliata su di me Scott, e ti prego non uscirtene con quelle frasi "c'è del buono in ognuno, deve esserci anche in te" perchè questa volta ti farei assaggiare il sapore dell'acqua francese - disse ammiccando verso la Senna, che scorreva placida qualche metro più in là, oltre il parapetto del ponte sul quale stavano passando. Poi lasciò andare leggermente la testa all'indietro, fermandosi un momento e ponendo fine al rumore della ghiaia. La Realtà si fermava per un attimo.
- Semplicemente non trovo giusto mostrarsi per quel che non si è, comportarsi in un determinato modo o apparire in un determinato modo genera delle aspettative. E io non le desidero. Io so quel che sono ed è quello che mostro, fine della storia. -
Il ragazzo sarebbe apparso perplesso per quella dichiarazione fin troppo sincera? Turbato? O semplicemente l'avrebbe fatta scivolare via? Forse era meglio rimettersi in marcia, un piede dietro l'altro sulla ghiaia, rumore che rimetteva in moto la Realtà.
Non era per quello che aveva accettato quel "passaggio" fino a Parigi, era lì per svuotare la mente il più possibile, e forse anche il ragazzo stava iniziando a capirlo.
« Su una cosa siamo d’accordo, c’è una specie di chiosco lì, andiamo, spero che parli francese »
- Je ne parle pas français ... mais vous êtes encore un artichaut, monsieur - disse con nonchalance e un accento non ancora perfetto, ma abbastanza credibile. Probabilmente il ragazzo non aveva capito nemmeno le virgole, per cui offenderlo era stato ancora più divertente, talmente divertente che Mya non riuscì a trattenere uno sbuffo di ilarità fin troppo sincero. Si portò entrambe le mani al viso per nascondere i segni del divertimento e accelerò il passo in direzione del chiosco. Il francese era una lingua ostica, ma il suo lavoro in giro per il mondo le aveva richiesto degli studi extra a quelli scolastici. E qualche incantesimo l'aveva aiutata a velocizzare l'apprendimento. Eppure quella lingua così elegante sembrava stonare esageratamente sulle sue labbra, ma era solo una sua impressione. I lunghi capelli rossastri e la pelle candida, mista alla corporatura esile, non la facevano sembrare poi tanto differente da una qualsiasi altra francesina.
- Bonsoir ... - esordì nuovamente, questa volta rivolgendosi al venditore dietro il piccolo bancone. Era un uomo non più molto giovane, ma dall'aspetto tonico e tutt'altro che trascurato. Aveva un berretto rosso un po' logoro lungo i bordi e due occhietti stretti sormontati da grosse sopracciglia ingrigite dal tempo.
Mya si voltò verso il compagno per chiedergli cosa preferisse prendere, dopodichè ordinò per entrambi.
Prese le ordinazioni e si avviò nuovamente verso il ponte lasciando che il ragazzo la seguisse, e con una decisa spinta sulle braccia si tirò a sedere sul largo parapetto, con il sacchetto del tesoro di fianco.
Tirò fuori il suo panino elegantemente imbottito a tre strati, che trasudava grasso persino dai semini di sesamo, e si regalò il primo delizioso e impagabile morso. Chiuse gli occhi, nemmeno fosse stato il bacio più appassionato, e si lasciò travolgere dall'improbabile delirio gustativo.
E tra un morso e l'altro cercò di concentrarsi sulla domanda che il grifondoro sembrò rivolgerle. La verità era che non aveva granchè voglia di mettere in moto il cervello in quel momento di pace dei sensi, ma la questione si presentava alquanto imbarazzante, esposta in quel modo.
- Ho mugugnato il...tuo nome? - Mya ricordava l'episodio, almeno in parte, visto che come diceva lui una parte del percorso l'aveva passato in stato di incoscienza. Ma non rammentava di averlo mai chiamato per nome, in nessuna occasione, e oltretutto era priva di sensi. Non poteva ricordarlo, ma sapeva benissimo quale era la risposta.
- Nathan...è mio fratello. Probabilmente stavo pensando a lui quando è successo... - disse abbassando lo sguardo e affondando i denti sul pane croccante. E se Scott si fosse fatto un'idea sbagliata per tutto il tempo che era trascorso dall'episodio? Forse era per quello che le era rimasto intorno quasi con ostinazione? *Dannazione ma che tempismo, non potevo sognare meringhe giganti?*



In memory of "la capacità di scrivere di Mya"
La ricordiamo tutti con affetto e sincera commozione.
Riposa in pace.
 
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19 replies since 19/6/2013, 21:44   508 views
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