| ~Hope™ |
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Nonostante riuscisse ad avvertire chiaramente la presenza del piccolo bastoncino di agrifoglio tra le dita, una flebile voce, proveniente da una parte remota della sua mente, le implorava di prestare attenzione; vi erano troppe cose ancora da chiarite e altre che lasciavano presagire eventi tragici, forse traumatici. Eppure non poteva sapere, non poteva leggere parole nascoste impresse sui muri, probabilmente intrisi di storia, di quella stanza, doveva necessariamente limitarsi a dare una spiegazione, per quanto superficiale, a ciò che stava osservando; sicuramente, tempo prima, qualcuno era stato rinchiuso in quella stanza e questa rimaneva l’unica certezza fino a quel momento. Ma chi? Per quanto tempo? E soprattutto, perché? Domande, domande, solo domande senza un barlume di risposta che potesse chiarire quella situazione. Il pensiero corse a Scianna, probabilmente ancora costretta in quel letto del San Mungo dove l’aveva vista per la prima volta; forse lei sapeva, forse poteva aiutarla a fare chiarezza sul perché di quella stanza, ma avrebbe dovuto attendere poiché era lontana da Londra e dalla ragazza. E poi c’era lei Edna, la donna sbucata dal nulla che aveva deciso, fin dal principio, di dover essere presente a tutti i costi, perdendo però ogni briciolo di credibilità agli occhi dell’auror. Chi era veramente? Perché aveva deciso di intervenire nonostante le sue parole fossero state chiare dal principio? Faceva bene a tenerla sotto tiro o stava erroneamente tenendo la bacchetta puntata contro un’innocua vecchietta? Non riusciva a fidarsi, non vi era una parola, un gesto, o anche semplicemente un’azione che potesse spingerla a credere che Edna fosse li solo per aiutarla. Continuò a mantenere il braccio ben teso in direzione dell’anziana donna, pronta a reagire a qualsiasi movimento avventato o poco limpido; eppure per un momento aveva perso di vista il fatto che vi fosse qualcun altro all’interno della casa lasciandosi invece trasportare dalla curiosità di scoprire quel che era celato all’interno del baule e che probabilmente l’avrebbe aiutata a fare luce su chissà quale verità su quelle catene lasciate cadere placidamente sul pavimento e lungo il muro. Finalmente Edna si decise ad assecondare la sua richiesta e dopo essersi chinata sull’antico baule posò le mani sulla serratura e l’aprì rivelando qualcosa di inaspettato e agghiacciante per certi versi. Fece un passo in avanti fino a visualizzare, nella sua interezza, una stanza nascosta all’interno di quel mobilio, e nella parte più profonda, riuscì ad intravedere un corpo inerme sebbene non fosse in grado, a causa della distanza, di valutare se fosse vivo o morto. Un brivido le percorse la schiena e la costrinse a stringere con forza le dita della mano sinistra intorno a un piccolo lembo di tessuto della camicia; Era giunta finalmente a dunque ma a quale prezzo? Mise a fuoco quell’immagine, resa poco nitida dall’oscurità che avvolgeva quell’austera prigione; chiaramente si trattava di un uomo ma non poteva essere certa che si trattasse di Tullius. Più andava avanti più il mistero pareva destinato ad infittirsi e con esso le trame di quello strano caso che le era stato assegnato. “Adesso” la voce di Edna la riportò indietro, bloccando quel turbinio di pensieri che aveva ripreso a vorticare nella sua mente e dopo aver sbattuto le palpebre tornò a fissare la donna senza comprendere il senso di quella parola. Con chi stava parlando? Si stava forse rivolgendo a lei? Schiuse le labbra pronta a prendere la parola ma un lampo di luce precedette quel momento e improvvisamente le dita della mano destra si ritrovarono a stringere il vuoto mentre la bacchetta impattava contro una delle pareti fermandosi a circa trenta centimetri dal suo corpo. Sorpresa ruotò la testa finché si ritrovò a fissare sgomenta la figura di un giovane sconosciuto, la bacchetta puntata contro di lei, contro il suo petto. *Dannazione* Era stata una folle, aveva abbassato la guardia, si era concentrata sulla donna dimenticandosi del resto; abbassò lentamente il braccio destro fino a farlo ricadere placido lungo il busto e digrigno i denti sentendosi in trappola, impossibilitata a difendersi a soprattutto in grave pericolo. Sarebbe stata una mossa avventata quella di provare a recuperare la bacchetta seppur vicina, poiché sarebbe bastato un attimo all’uomo per castare un incantesimo e in quel caso non avrebbe avuto alcuna possibilità di difendersi dall’attacco. Tornò ad osservare Edna, un sorriso sadico, compiaciuto, le increspava le labbra mentre solleva il braccio destro puntando a sua volta la bacchetta contro di lei. “Avrei preferito spingerla lì dentro con le mie mani ma, beh, sai che ho sempre un piano B, Paul” Paul? La mente corse alle poche righe che aveva letto al quartier generale scritte dall’auror che l’aveva preceduta in quell’indagine; Paul, il fratello acquisito di Scianna, colui che tutti pensavano morto era li fermo dinnanzi ai suoi occhi, pronto ad attaccarla dopo averla disarmata, ma perché? Che intenzioni aveva realmente? Fu però nuovamente Edna ad attirare la sua attenzione, il suo viso ben illuminato dalla tiepida luce del sole che penetrava dalla piccola finestra stava lentamente mutando così come il suono della sua voce che improvvisamente divenne familiare. Sgranò gli occhi, sorpresa. -Scianna?! - La voce era flebile, molto simile a un sussurro. Possibile? Aveva frainteso le reali intenzioni della ragazza fino a quel punto? No, si sarebbe aspettata di tutto da quell’incarico, ma non di ritrovarsi a dover affrontare la giovane donna conosciuta al San Mungo in circostanze ben diverse. “ Avresti fatto meglio ad ucciderla subito, perché disarmarla? Sai che è solo carne da macello per noi.” Le fu impossibile non avvertire l’odio profondo misto al dolore, le emozioni provate dalla ragazza erano fin troppo chiare, com’era chiaro il fatto che a scatenarle era stata la location che le accoglieva da qualche minuto a quella parte. Eppure in quel momento le importava ben poco, aveva chiaramente paura, un sentimento non facile da governare con due bacchette puntate contro il petto. L’amigdala aveva ormai preso il sopravvento sul resto del suo corpo; avvertì i battiti del cuore farsi sempre più numerosi, e il sangue fluire rapido all’interno dei grossi vasi con l’unico obiettivo di nutrire i muscoli e prepararli all’azione, indispensabile per sopravvivere. Ma quanto sarebbe stato saggio, in quella situazione muovere anche solo un passo? Per quanto Scianna pareva sicura era chiaramente in preda ad emozioni negative e quindi fuori controllo. “I-io... Non dobbiamo continuare per forza, Scianna. Hai ottenuto ciò che volevi, possiamo ancora costituirci. Questa donna non ha niente a che vedere con la nostra situazione” spostò le iridi smeraldine sulla figura del giovane mago, ancora una volta; forse era lui la chiave che le avrebbe permesso di uscire da quella situazione pericolosa. Aveva però bisogno di calmarsi, doveva farlo, doveva ragionare e concentrarsi al massimo scegliendo con minuziosa accuratezza le parole da utilizzare. “…Dov'era LEI quando quell'uomo ci torturava?...” Continuò la ragazza con impeto. Quante cose non sapeva? Quante cose le erano state celate durante l’interrogatorio in ospedale? Mano a mano che le carte veniva girate il quadro si faceva sempre più chiaro e lineare. Probabilmente i due prigionieri di quella stanza delle torture erano proprio i due figli di Tullius, ormai cresciuti. Lasciò che la donna terminasse il suo discorso poi schiuse le labbra e facendosi forza iniziò a parlare. -Hai ragione Scianna, non c’ero, ma solo perché non ho avuto la possibilità di esserci. Non potevo sapere ciò che avveniva all’interno di questa stanza, nessuno poteva saperlo e tutto ciò non è giusto. Lo comprendo.- Respirò lentamente, provando a forzare, mitigando, i battiti del cuore per recuperare la fisiologica frequenza. -Ciò non toglie che uccidermi o ucciderlo, non ti renderà migliore di lui ed io so che non è così, che voi non siete così. Dimostramelo.- Girò lentamente il viso verso Paul, doveva essere lui il suo interlocutore principale. -Paul ascoltami. Non lasciarle commettere questo errore, avete una vita davanti. So che è difficile, dopo tutto, provare a credere nella giustizia, ma io sono qui per voi, dal principio sono stata qui per voi e non permetterò che ciò accada, mai più, ma ti prego provate a riflettere, valutate i pro e i contro delle vostre azioni. Se ci ucciderete continuerete la vostra vita ad Azkaban torturati dai dissennatori, avvolti da quell’aura di disperazione che avvolge chiunque sia avvinto dalla loro magia. Ne vale davvero la pena? Avete la possibilità di tornar a vivere, di riappropriarvi delle vostre vite, approfittatene, sono qui per aiutarvi, afferrate la mia mano.- Sollevò appena il braccio destro e tese la mano verso Paul, non poteva far altro che affidarsi ala speranza e vedere dove l’avrebbe condotta.
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