Il caso Stark: candele ed esplosioni, Per Hope

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view post Posted on 9/7/2013, 08:41
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Il Fato

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Il clima mite tipico dell'Inghilterra del sud era riscontrabile anche a Portsmouth, quel giorno di luglio.
Il sole splendeva alto nel cielo, non una nuvola a velarlo, la temperatura era più che gradevole e un inebriante odore di salsedine si spandeva per tutto il porto e il lungomare della cittadina inglese.
L'attività ferveva nel non tanto piccolo approdo: le grida dei marinai intenti a scaricare casse su casse contenenti chissà che oggetti e materiali, si sommavano alle alte strida dei gabbiani che, ovviamente, lì abbondavano.
Hope non avrebbe però avuto il tempo né il modo di godersi il panorama. Non sarebbe dovuta recarsi a Portsmouth per turismo o per relax, ma per una missione ben precisa.
Inoltre il tono del messaggio ricevuto quello stesso mattino da Gavin Cooper - Auror di grado superiore del Ministero della Magia irlandese - sembrava piuttosto imperioso e di urgenza.

Richiesta la Sua presenza per il caso Stark.
La aspetterò al The Bridge's Tavern di Portsmouth, nei pressi del porto.
Sia puntuale e non dia nell'occhio.
Gavin Cooper, Ufficio Auror, Dublino

I dubbi erano di certo molteplici: come mai qualcun'altro si interessava a quel caso all'apparenza così bizzarro? Perché il Ministero irlandese nello specifico aveva inviato un Auror ad affiancarla? Cosa c'era sotto quella che, a primo impatto, non sembrava altro che una vendetta o un atto intimidatorio?
I dubbi sarebbero stati dipanati, ma bisognava mettersi in moto con celerità.
Hope non era pratica di Portsmouth, dunque avrebbe fatto bene ad accelerare i tempi per raggiungere il prima possibile il suo collega irlandese.
 
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~Hope™
view post Posted on 12/7/2013, 07:57





Hope si fermò qualche istante in prossimità del lungomare osservando l’acqua limpida e cristallina, increspata dal movimento ritmico della barche ferme in prossimità della riva. Hope incrociò le braccia al petto e lasciò correre lo sguardo verso l’orizzonte osservando alcune barche che rapidamente facevano rientro da una battuta di pesca e con fare tranquillo si sistemò gli occhi da sole più in su, in modo da proteggere gli occhi dagli intensi raggi del sole, che splendeva sovrano nella vastità di un cielo azzurro. Era la prima volta che si allontanava a quel modo dai luoghi del suo vissuto, ma sicuramente quella sarebbe stata un’esperienza di crescita per la giovane donna, una novità da inserire nel suo bagaglio di esperienze, così come quell’odore intenso di mare che inevitabilmente le riempiva i setti nasali ad ogni inspirazione e che difficilmente avrebbe potuto dimenticare. Eppure in ugual modo sapeva che si trovava li quel giorno non certo per godere delle bellezze paesaggistiche, quanto per portare a termine un lavoro che aveva iniziato tempo prima, quando ancora un po’ inesperta aveva iniziato ad affrontare il caso Stark. Con la mano destra afferrò il piccolo pezzo di pergamena ben piegato, che prima della partenza aveva riposto con cura nella tasca dei jeans e dopo averlo aperto lo rilesse per l’ennesima volta increspando le labbra per il tono imperioso che il mittente aveva utilizzato. Ricordava perfettamente quel giorno al San Mungo, il volto triste a tratti tirato della giovane Scianna, impaurita, ma fortemente decisa a combattere per il bene di suo fratello; passarono brevi istanti e il closcare dei gabbiani attirò nuovamente la sua attenzione riportandola alla realtà. Doveva sbrigarsi, non poteva restar li a riflettere, poiché numerose domande fecero capolino nella sua mente, mentre le gambe iniziarono a muoversi in direzione dei numerosi bar disposti sul lungomare. Perché mai l’ufficio auror di Dublino si era messo in mezzo in quello strano ed apparentemente innocuo caso di candele esplosive? Senza mai fermarsi Hope passò ad osservare le luminose insegne, alcune grandi, colorate, altre più scarne e semplici. Il desiderio di trovare una risposta a quella domanda era forte; probabilmente c’era qualcosa che Rhaegar non le aveva detto, qualcosa che aveva aggravato ulteriormente la situazione, e di certo le belle di Portsmouth potevano aspettare. Finalmente la sua attenzione fu attirata da un’insegna più piccola rispetto alle altre, semplice, realmente difficile da scorgere per uno sguardo distratto, ed inevitabilmente si fermò dinnanzi alla piccola taverna “The Bridge”. In alcun modo avrebbe potuto dare nell’occhio, i lunghi capelli biondi erano stati legati in una morbida coda di cavallo, ed un vestiario semplice, composto da un paio di jeans sbiaditi e una camicetta bianca, la rendevano una perfetta babbana, facilmente sarebbe potuta passare inosservata in mezzo a quella notevole folla di turisti estivi. Senza indugiare ulteriormente mosse qualche passo in direzione della porta della taverna, entrò e subito si tolse gli occhiali sollevandoli sin sopra la testa; mosse quindi la testa prima a destra poi a sinistra in cerca di quello che era stato il mittente della pergamena. Non sarebbe stato facile trovarlo, o per lo meno, capire chi fosse, all’interno della locanda, dove numerosi pescatori, finito il lavoro, avevano scelto di bere qualcosa insieme prima di far ritorno alle proprie abitazioni. Respirò a fondo e nuovamente si mosse in direzione del bancone facendosi largo tra i tavoli sistemi al centro del locale, poi si sedette su uno degli sgabelli messi a disposizione dei clienti, mantenendo ben visibile tra le mani il piccolo pezzo di pergamena a cui sicuramente nessuno avrebbe dato retta se non il diretto interessato.


 
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view post Posted on 13/7/2013, 10:47
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Il Fato

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A quell'ora nel modesto pub del porto non erano presenti molti avventori.
Un paio di uomini corpulenti erano seduti a un tavolo in fondo al locale, due grossi boccali di birra sulla superficie lignea davanti a loro, una donna piuttosto anziana guardava fuori da una finestra, apparentemente incurante di quanto accadeva attorno a lei e il barista era intento a sistemare alcune bottiglie sulle mensole dietro il bancone.
Nessun segno apparente di quello che, a giudicare dal messaggio, doveva essere un Auror preciso e inflessibile.
Ciononostante, all'ingresso di Hope tutti i presenti avevano alzato lo sguardo, osservando la giovane con curiosità e tornando poi a farsi gli affari propri.
Solo il barista si avvicinò a lei, un sorriso smagliante sul volto e i modi un po' diretti dei lavoratori che riconoscono a colpo d'occhio una determinata categoria di persone.
L'uomo si piazzò davanti a Hope, senza smettere di sorridere.

"Mi scusi, è lei la signorina Lancaster?"
Come faceva quell'uomo a sapere il suo nome?
Era forse Gavin Cooper? Un amico dell'Irlandese?
Soprattutto come avrebbe reagito Hope di fronte a un uomo che, impossibile ancora dirlo, poteva benissimo essere un semplice Babbano?
 
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~Hope™
view post Posted on 14/7/2013, 08:32





Adagiò la suola delle sue Converse bianche sul poggiapiedi dello sgabello e i gomiti sulla superficie lignea del bancone. In fin dei conti, contrariamente a ciò che aveva pensato entrando in quella vecchia taverna, non vi era poi così tanta gente. Il barista continuava a lavorare, quasi incurante del suo ingresso nel locale, poco distante, seduta su un tavolino nei pressi di una delle numerose finestre, vi era una donna anziana che appariva presa realmente da ciò che accadeva al di fuori del locale, piuttosto che all’interno; alcuni uomini che potevano forse essere dei marinai sorseggiavano un liquido ambrato che pareva esser birra, una bevanda babbana che Hope aveva avuto modo di provare di uno dei Pub di Londra, non molto prima. Non fece in tempo a riportare lo sguardo in avanti che una voce attirò la sua attenzione, costringendola a guardare in direzione del bancone la dove il barista, sorridente, le stava rivolgendo la parola. Hope guardò l’uomo in viso, un po’ sorpresa, quasi presa alla sprovvista da quella domanda. Sollevò il sopracciglio e portandosi leggermente indietro con il busto adagiò gli avambracci sul bordo del bancone. Cosa poteva mai volere quel barista da lei? Come faceva a conoscere il suo nome? Numerose domande si palesarono nella mente della giovane donna, che era comunque consapevole del fatto che in alcun modo avrebbe potuto mostrare segni di debolezza a un perfetto sconosciuto. Sfoderò quindi uno dei suoi sorrisi più smaglianti prima di rispondere.

-Dipende da chi la sta cercando Sir-

In un certo qual modo non aveva omesso una risposta, e probabilmente l’uomo avrebbe compreso chi lei fosse, tuttavia Hope non aveva mancato di chiedere, seppur indirettamente, chi la stesse cercando. Era forse una trappola? Poteva dire di fidarsi ciecamente di quel piccolo pezzo di pergamena che ancora stringeva tra le mani? Non vi era alcuna sicurezza, se non quella di avvertire, a contatto con la pelle, il tocco morbido della sua bacchetta, riposta con cura, li dove nessuno avrebbe potuto notarla. Che senso poteva avere mettere in mezzo quello che a prima vista appariva un semplice babbano, piuttosto che presentarsi li di persona? Domande su domande continuavano ad affollare la mente di Hope, che non poteva far altro in quel che momento se non attendere l’arrivo o per lo meno la presentazione del famoso Gavin Cooper.


 
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view post Posted on 16/7/2013, 11:07
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Il Fato

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Prudente e cauta, la ragazza: esattamente come si conveniva a un vero Auror impegnato in una missione della massima importanza.
Per il barista però, Hope non era che un'attraente e giovane fanciulla capitata lì per chissà quale arcano motivo. L'uomo la osservò con attenzione, indugiando sul corpo atletico per qualche secondo di troppo.
Riscossosi tornò a fissarla dritto in volto e sorrise con fare astuto.

"Dovrebbe essere lei a dirmelo, Miss." replicò scuotendo appena il capo e asciugandosi le mani sul grembiule vermiglio.
Cosa si celava dietro quel faccino angelico e quei modi così misurati?
Anni e anni passati a divorare serie televisive e film polizieschi fecero sorgere spontanea la risposta nella mente dell'uomo: quella Lancaster - un cognome sicuramente falso - doveva essere una spia! O un'assassina, visto il suo aspetto insospettabile.
Il sorriso sul volto dell'uomo si fece più ampio, lieto di poter finalmente vivere in prima persona una di quelle avventure viste e riviste su piccolo e grande schermo.
Si chinò appena verso di lei e abbassò la voce, assumendo un tono da cospiratore.

"Qualcuno ha lasciato un biglietto per lei..." mormorò, infilando una mano in una tasca del grembiule ed estraendone uno spiegazzato foglietto di pergamena.
Lo fece scivolare sul bancone e rimase in attesa del momento in cui Hope lo avesse letto: moriva dalla curiosità di sapere il contenuto di quel biglietto misterioso e vi avrebbe anche dato una sbirciatina in precedenza, se solo ogni volta che aveva provato a spiegarlo non gli fosse passata improvvisamente la curiosità...



Questo il contenuto del biglietto:

"Miss Lancaster, si rechi immediatamente in Donovan Street 234. Massima priorità.
G.C.
"
 
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~Hope™
view post Posted on 5/8/2013, 07:58





Odiava sentirsi osservata e benché avesse scelto con accuratezza gli indumenti da indossare per cercare di passare inosservata durante quella missione, ogni sforzo pareva esser stato vano poiché avvertiva su di se lo sguardo di molti dei consumatori presenti all’interno del locale, barista compreso. Era chiaro che l’Auror Irlandese, che le aveva dato appuntamento in quel piccolo e sgangherato locale, non si sarebbe avvicinato a lei vestito da barista, ed escludendo la signora anziana che aveva visto prima, intenta ad osservare ciò che accadeva all’esterno del locale, nessun’altro all’interno combaciava con l’idea che Hope si era costruita rispetto al collega sconosciuto. Cosa poteva esserci di così importante in un caso di candele esplosive? Perché l’Auror continuava a farsi “desiderare” e a celare la sua presenza, come se si trattasse di un affare di stato, per il quale era necessaria un’estrema discrezione? Domande molto simili a queste continuarono ad affollare la mente di Hope, che ormai non vedeva l’ora di incontrare il signor Cooper per dar “sfogo” a quella curiosità che l’uomo stesso aveva contribuito a far crescere in lei. Ripiegò quindi il pezzo di pergamena che aveva stretto tra le dita fino a quel momento e ridestandosi dai suoi pensieri tornò a guardare il barista che pareva più che altro interessato a scrutare ogni dettaglio del suo corpo più che rivelare il messaggio che gli era stato consegnato, cercò il suo sguardo, i suoi occhi, in modo da riuscire a capire fino a che punto si stesse prendendo gioco di lei, o magari, se fosse soltanto spinto dalla tipica curiosità babbana, di chi vuol impicciarsi più del dovuto in affari altrui. Hope seguì i movimenti della sua mano all’interno del grembiule, dal quale estrasse l’ennesimo bigliettino, lasciandolo scivolare sul bancone. Senza esitare ulteriormente la donna adagiò due dita sul pezzo di carta e stando ben attenta ad evitare ogni tipo di contatto con la mano dell’uomo, lo afferrò, avvicinandolo agli occhi per evitare che il barista curioso potesse leggere anche solo una parola.

-Sa signore, una curiosità intensa come la sua è peccato. Il gestore di un bar dovrebbe tenerci alla privacy dei suoi clienti o prima o poi finirà col trovarsi il locale vuoto.-

Era ormai chiaro che l’uomo dinnanzi a se fosse all’oscuro di tutto, un semplice “messaggero” che si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato e che Cooper aveva in un certo senso sfruttato per farle arrivare quel messaggio. In alcun modo, avrebbe potuto leggere quel biglietto se era stato l’Irlandese in persona a darglielo, quindi dopo aver accennato un sorriso in direzione dell’uomo, accompagnandolo con un occhiolino d’intesa, si sollevò dando le spalle al bancone e con spassò svelto si precipitò verso l’uscita. Una volta fuori indossò nuovamente gli occhi da sole, poiché i raggi del mattino parevano essersi fatti più intensi, colpa probabilmente della penombra a cui aveva abituato i suoi occhi all’interno del locale. Non era mai stata in quella cittadina e riuscire a trovare la via indicata nel biglietto non sarebbe stato per nulla semplice; utilizzare la magia in mezzo a quella moltitudine di babbani sarebbe stata una mossa azzardata, per cui la donna si limitò a cercare con lo sguardo, tra i passanti, qualcuno, che almeno all’apparenza, potesse far intendere di essere un abitante del luogo, al quale poter chiedere un’informazione semplice a prima vista. In breve tempo la sua attenzione ricadde su un uomo corpulento che maneggiava una rete da pesca, poco distante dall’ingresso del locale dal quale era appena uscita. Senza esitare ulteriormente gli si avvicinò sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi, accompagnandolo alla tipica espressione da turista curiosa, necessaria a passare inosservata in quella località.


-Mi scusi, avrei un’informazione da chiederle.-

Esordì la donna, mantenendo gli occhi sul viso.

-Sa dirmi come posso raggiungere Donovan Street da questo punto?-

Era stata una buona idea? Il fato le avrebbe risposto a breve.


 
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view post Posted on 18/8/2013, 10:11
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Il Fato

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L'odore di salsedine e le strida dei gabbiani accompagnarono Hope nel suo pur breve percorso verso l'uomo a cui, così la giovane aveva deciso, avrebbe chiesto un'informazione fondamentale.
Scelta forse azzardata, forse impulsiva, ma il Fato sa anche essere benigno a volte.
L'omaccione raddrizzò la schiena e osservò con aria indifferente l'attraente Auror: si deterse con calma il sudore dalla fronte con il dorso della mano destra e levò poi quest ultima a indicare un punto indefinito verso gli edifici in lontananza.

"Tra quei due edifici più alti c'è una strada molto grande, Stubbington Avenue. Più o meno a metà giri a destra e troverà Donovan Street."
Ciò detto tornò a sbrogliare i nodi sulla sua rete da pesca, come se non fosse accaduto assolutamente nulla.
Turisti... Bah! Piaga e cancro delle persone operose come lui e gli altri pescatori!
Nel frattempo qualche metro più indietro una figura era appoggiata a un grosso container, osservando discretamente Hope: la ragazza però, data la sua posizione, non avrebbe potuto accorgersi degli sguardi dell'ancora misterioso individuo.
 
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~Hope™
view post Posted on 26/8/2013, 21:07





Hope osservò con estrema attenzione l’uomo verso il quale si era rivolta per cercare le informazioni necessarie al raggiungimento della nuova meta. L’odore di salsedine, insieme al caldo sole e all’umidità, fisiologica in quella piccola cittadina sul mare, avvolsero la donna che non riuscì per diversi istanti a staccare lo sguardo da quello conosciuto che appariva come infastidito dalla domanda di lei. Non che la donna fosse realmente incuriosita dalla figura di quello strano personaggio conosciuto solo per caso, ma bensì i pensieri tornarono nuovamente a fare capolino nella sua mente, legati naturalmente agli eventi di quella mattina, e ai messaggi lasciati dal collega Auror, per tracciarle la via da seguire. Le iridi verdi si concentrarono sulla fronte cosparsa di goccioline di sudore dell’uomo e infine alle orecchie giunsero le sue parole, la breve descrizione che in qualche modo l’avrebbe aiutata a raggiungere il posto prestabilito, probabilmente, per quell’incontro tanto segreto. Hope esibì uno dei suoi migliori sorrisi, in modo da ringraziare, in maniera gentile, il pescatore che in men che non si dica, riprese a concentrarsi sul lavoro dal quale la giovane auror l’aveva distratto qualche istante prima.

-La ringrazio-

Disse, per poi fare un passo indietro e girare la testa nella direzione indicata. I due edifici erano ben evidenti benché fossero ancora abbastanza lontani dal punto in cui si trovava Hope. Con una mano si portò indietro alcune ciocche di capelli che lentamente si erano riversate sul viso, adagiandosi sui vetri scuri degli occhiali, e senza attendere oltre iniziò a camminare verso quella direzione. Con un po’ di leggerezza probabilmente, la ragazza, benché fosse abituata per lavoro a prestare attenzione a qualsiasi particolare intorno a se, non aveva avuto modo di guardarsi intorno da quando aveva messo piede fuori dal bar e naturalmente non riuscì a far caso a chi magari era intento ad osservarla con particolare interesse. Proseguì dunque dritta per la sua strada, superando diversi gruppi di turisti e numerosi marinai impegnati a districar reti colme di pesci azzurri e dei più vivaci colori. Gli edifici segnalati dall’uomo si facevano man mano più vicini finché Hope non riuscì a leggere una targa che riportava la scritta “Stubbington Avenue”, esattamente come l’uomo aveva accennato poco prima. Non era ancora ben chiaro, agli occhi giovani e a tratti inesperti dell'auror, perché il collega avesse deciso di disperdere in quel modo le tracce del loro incontro, perché mai un banale caso di candele esplosive stesse diventando così contorno e complicato, tanto da farle immaginare che qualcosa di ben diverso, di più importante, ci fosse in mezzo. La donna tornò a guardarsi intorno prima di imboccare con sicurezza la strada larga che si apriva al centro dei due edifici. Nella mano destra continuava a stringere il bigliettini che il barista, con curiosità e cortesia, le ave a consegnato e di tanto in tanto, tornava a leggere il nome della via indicato al suo interno per evitare di sbagliare e proseguire troppo oltre. La curiosità era ormai troppa, così come il desiderio di conoscere l’uomo, il suo interlocutore, colui con il quale avrebbe condotto le indagini e che continuava a portarla in avanti verso chissà quale meta. Nonostante questo Hope non aveva dimenticato quanto fosse importante esser prudenti in determinate situazioni e sollevando appena la mano sinistra, avvertì la punta dura della bacchetta premere contro la pelle, al di sotto della camicia leggera. Ad un tratto si fermò, convinta di aver raggiunto la metà circa della strada indicatale. Era forse giunta nel luogo desiderato?


 
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view post Posted on 29/8/2013, 10:56
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Il Fato

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Hope era ancora giovane e, nonostante la sua audacia e la sua buona volontà - qualità indubbiamente encomiabili - la sua forse poca esperienza la fece peccare di imprudenza.
La misteriosa figura che al porto l'aveva silenziosamente osservata si era affrettata a seguirla e, mimetizzandosi discretamente con le persone che già affollavano le vie di Portsmouth, aveva potuto constatare quale fosse stata la destinazione finale della giovane Auror.
Hope avrebbe forse fatto meglio a compiere un giro più largo per sviare eventuali inseguitori, ma ormai la frittata era fatta: Donovan Street proseguiva sia alla sua sinistra che alla sua destra e, dall'altro lato della strada, la giovane poté notare un anonimo portone in legno accanto al quale, su un supporto in ferro battuto, campeggiava il numero "234". Quello era, secondo le informazioni ottenute da Scianna Stark, il domicilio di suo padre Tullius.
Cosa avrebbe fatto dunque Hope? Si sarebbe lanciata a testa bassa verso l'edificio, incurante di eventuali ficcanaso, o avrebbe usato prudenza?
Nel frattempo il misterioso figuro che stava alle calcagna della ragazza si era fermato a sua volta. Confuso con le persone che camminavano a passo svelto lungo Donovan Street, aveva cominciato a osservare con finta curiosità una vetrina di un negozio di abbigliamento punk, gettando occhiate in tralice a Hope e non curandosi delle occhiate stupite della commessa di tale negozio.




La situazione è la seguente: ti trovi sul lato destro della strada (dando le spalle al porto da cui sei arrivata), dunque a sinistra, in perfetta corrispondenza con il punto in cui ti sei fermata, c'è il civico 234.
La misteriosa figura che ti segue è una decina di metri alle tue spalle: pur voltandoti non potresti identificarla a causa delle altre persone, ma un dettaglio che ho celato nella descrizione può aiutarti.
 
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~Hope™
view post Posted on 5/9/2013, 09:02





Rimase ferma, sollevando leggermente il viso in modo da riuscire a leggere chiaramente il nome della via che si presentava in verticale rispetto a quella che stava percorrendo. Era arrivata, era quella l’ormai famosa Donovan Street, li dove Gavin Cooper aveva scelto di incontrarla, li dov’era il domicilio di Tullius Falk, padre di Scianna. Eppure c’era qualcosa che ancora non le tornava di tutto quella faccenda; innanzi tutto l’intervento dell’auror di Dublino nelle indagini sul carico di candele esplosive e in secondo luogo quei bigliettini misteriosi, che il collega continuava a lasciarle, come a voler depistare qualcuno, come se ci fosse qualcuno ,a parte Hope, sulle loro tracce. Si portò una mano al collo adagiandosi lentamente sulla parete di mattoni rossi alle sue spalle. Era stata una sciocca, aveva sottovalutato la situazione muovendosi in modo troppo “rumoroso”, dando nell’occhio in più di un’occasione; si morse il labbro superiore irata con se stessa e perdendo di vista il suo obiettivo finale, girò il viso, e iniziò a guardarsi intorno, per la prima volta, dall’inizio di quell’avventura. Naturalmente la giovane auror non si era fatta sfuggire l’anonimo portone in legno con la piastrina in ferro battuto riportante il numero 234, li dove probabilmente risiedeva Tullius Falk. In un modo o nell’altro avrebbe dovuto rimediare a quel grossolano errore, e di certo restando ferma in quel punto avrebbe dato ancor più nell’occhio; osservò quindi con discrezione le persone che continuava a camminare per la strada, incuranti di quel che stava avvenendo, con l’unico desiderio di godere di quella splendida giornata di sole. Non poteva certo sapere quanto fossero corretti i suoi ragionamenti, le paure che avevano attanagliato la sua mente una volta raggiunta la meta, ma non poteva permettersi di lasciare nulla al caso, doveva porre più attenzione a ciò che faceva, alle mosse che si apprestava a compiere, così come avrebbe fatto un auror con un bricio di esperienza in più. Respirò a fondo e tornando sui suoi passi scelse di girare verso destra, imboccare quindi Donovan Street dalla parte opposta rispetto al numero 234; non sapeva se quella mossa si sarebbe rivelata vincente, oppure no, ma l’istinto la spinse a muovere le gambe in quella direzione e senza pensarci ulteriormente tornò a camminare, continuando a stringere il prezioso bigliettino tra le dita. Il suo intento era quello di riuscire in qualche modo a nascondersi per avere modo di guardarsi intorno senza però esser vista, magari trovare un punto di quella strada un po’ più isolato, una stradina laterale nella quale riuscire a nascondersi e restare li in attesa, osservare i passanti e cogliere ciò che in altro modo non avrebbe potuto notare. Proseguì dunque per quella strada senza guardarsi indietro, a passo svelto e sicuro.


 
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view post Posted on 16/9/2013, 08:18
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Il Fato

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OT// Sono tornato, perdona il ritardo.




Riconoscere i propri errori, segno di grande maturità.
Per quanto, in una situazione pericolosa e semi-sconosciuta come quella, sarebbe stato meglio pensarci prima: ormai, però, la frittata era fatta.
Donovan Street era ampia e aperta, priva di nascondigli sicuri - a meno che Hope non decidesse di entrare in qualche negozio -, ma la giovane Auror non si perse d'animo e continuò a camminare a passo svelto.
Oltrepassato un bar chiassoso e affollato, i suoi occhi avrebbero incrociato una piccola strada senza uscita: era molto stretta, tanto da impedire il passaggio di un'automobile anche di piccole dimensioni, e lunga all'incirca dieci metri.
In fondo a tale strada si trovava un alto muro di mattoni scheggiati e sulla viuzza si affacciavano diverse finestre che, al momento, avevano tutte le imposte serrate.
Sarebbe stato un buon luogo per riordinare le idee e studiare la situazione, oppure lo scenario perfetto per una trappola e un agguato?
Hope non poteva saperlo, ma l'ancora misteriosa figura si era messa in moto dopo di lei, tallonandola a breve distanza e avendo comunque sempre cura di celarsi abilmente. Tuttavia, se Hope avesse imboccato quel vicoletto, un confronto sarebbe stato un'ipotesi affatto implausibile.

 
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~Hope™
view post Posted on 17/9/2013, 07:11






Calma, doveva imporre a se stessa di mantenere la calma necessaria a ragionare lucidamente. Era abbastanza evidente che ci fosse qualcosa di strano in tutto quel procedere spedito, un cavillo al quale non aveva prestato la massima attenzione e che ora aleggiava come un macigno sulla sua testa. I babbani continuavano a passarle affianco ignari di quel che stava accadendo, ignari del fatto che, attraverso gli occhiali scuri, la ragazza li scrutasse uno ad uno con estrema attenzione come a voler valutare di volta in volta le loro reali intenzioni. I negozi continuavano a susseguirsi alla sua destra, insegne illuminate, colori sgargianti, perfino un bar chiassoso nella vetrina del quale Hope ebbe modo di osservare la sua immagine riflessa. Eppure non aveva mutato in alcun modo la sua andatura, continuava a camminare decisa si, ma senza fretta alcuna, in modo che, se qualcuno avesse deciso di seguirla, in alcun modo avrebbe potuto cogliere il cambiamento avvenuto da qualche istante a quella parte. Si era comportata da perfetta irresponsabile, aveva sottovalutato decisamente la situazione ed ora doveva porre rimedio, tentando di dare il tutto per tutto per non rovinare gli sforzi fatti fino a quel momento. Finalmente le sue iridi verdi scorsero una viuzza laterale, troppo stretta per essere attraversata da un’automobile, e abbastanza grande per lasciare libero passaggio alle persone. Ecco, era quello il posto adatto per osservare senza essere osservati, ma avrebbe dovuto escogitare un piano che le permettesse di farlo celando in modo uniforme la sua immagine. Incantesimi su incantesimi, formule su formule iniziarono a balenargli nella mente, ma solo una, chiara e limpida, attirò la sua attenzione. Il Seoccùlto, incantesimo di disillusione, semplice, che più e più volte aveva avuto modo di studiare, poiché facente parte del programma di Difesa contro le Arti Oscure del terzo anno; ricordava chiaramente i movimenti che numerose volte si era trovata a spiegare con chiarezza e precisione ai suoi studenti e quello era il momento adatto per testarlo su se stessa, e sperare nella sua massima efficacia. Prima ancora di girare l’angolo Hope infilò la mano, senza fare movimenti bruschi che potessero richiamare l’attenzione, sotto la camicia, li dove aveva riposto la bacchetta magica, e dopo aver afferrato il manico delicatamente, quando fu realmente sicura di aver raggiunto la viuzza e che essa fosse libera e nascosta ad occhi indiscreti la tirò fuori. Fece quattro passi in avanti, osservò prima il palazzo alla sua destra, poi quello alla sua sinistra, rapidamente, per poi compiere un giro di centoottanta gradi su se stessa, fino a rincontrare con lo sguardo la via principale che aveva percorso qualche istante prima. Puntò quindi la bacchetta contro se stessa, senza sfiorare in alcun modo le vesti e mentalmente pronunciò con chiarezza e particolare riguardo agli accenti, la formula che ormai da qualche istante riecheggiava nella sua mente.

*Séoccùlto*

Se il suo piano avesse funzionato, nessuno più, babbani e maghi, avrebbe avuto modo di notare la sua presenza se non fosse stata lei stessa a voler richiamare la loro attenzione. Sapeva di aver commesso non pochi errori fino a quel momento ma la voglia di porvi rimedio, la decisione con la quale aveva messo in piedi quel piccolo piano, semplice ma ingegnoso per certi versi, il desiderio di riuscire, erano massimi nella donna. Non le restava che sperare di aver fatto tutto nel migliore dei modi e che il fato sorridesse alle sue scelte.





Mi spiace Master ma lei è imperdonabile >.> Naturalmente l'incantesimo è non verbale ;)

 
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view post Posted on 21/9/2013, 11:14
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Il Fato

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Non un fiato uscì dalle labbra di Hope che, comunque, riuscì a castare alla perfezione il Seocculto.
Immediatamente, senza che nessun passante della via principale la notasse, ella semplicemente svanì: perfettamente trasparente, come se non esistesse, sebbene non fosse divenuta immateriale.
Passarono pochi istanti, durante i quali Hope poté tirare un sospiro di sollievo per la buona riuscita dell'incanto, quando una figura si affacciò all'imboccatura del vicolo.
Schiena appena incurvata, passo lento, un vecchio e pesante scialle drappeggiato sulle spalle: doveva essere una persona anziana...
Quando la figura si spostò in un punto illuminato dal sole, Hope poté notare come questa fosse
la persona anziana: per l'esattezza, la fragile vecchina che doveva aver intravisto al pub del porto.
Situazione strana, bizzarra, forse pericolosa: la donnina avanzava lentamente, guardandosi attorno con aria timorosa, come se temesse un'aggressione.
Poteva essere un caso che proprio lei si trovasse lì?
Infine, per fugare ogni ragionevole dubbio, l'anziana parlò con voce tremante.

"Signorina? Si trova qui?"
Come faceva a saperlo? C'era da fidarsi o da stare all'erta?
"Sono Edna Falk... La sorella del signor Tullius..."
Di nuovo: fidarsi, o non fidarsi?

 
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~Hope™
view post Posted on 6/10/2013, 09:49





Una sensazione di calore attraverso il corpo di Hope che comprese di esser riuscita a castare alla perfezione il suo incanto; non immateriale ma sicuramente invisibile agli occhi di chiunque, babbani e maghi . Lanciò una rapida occhiata ai due palazzi che racchiudevano la viuzza, cercando di capire se qualcuno avesse assistito a quella magica sparizione, ma tutte le finestre sembravano chiuse e gli abitanti sicuramente affaccendati in altro. Scivolò indietro, felina, silenziosa, complice anche il fatto che quel giorno aveva scelto di indossare delle calzature comode che in alcun modo avrebbero potuto far rumore sulle mattonelle. Era curiosa, anelava a comprendere se quella sensazione di irrequietezza che l’aveva costretta a cambiare i suoi programmi e ad allontanarsi il più possibile da quello che era il suo obiettivo, fosse reale, o solo un qualcosa costruito dalla sua mente. Osservò con attenzione i passanti che continuavano a camminare ignari lungo la strada principale, finché una figura, il cui volto appariva ombrato, ancora nascosto alla luce, si fermò e rapida girò l’angolo, imboccando la stessa viuzza occupata da Hope, guardandosi intorno perplessa, come se fosse alla ricerca di qualcosa o meglio di qualcuno. La donna scelse di restare in silenzio ed osservare la scena da un punto di netto vantaggio donatole dall’abile scelta dell’incanto. Un raggio di sole finalmente illuminò il volto raggrinzito dell’anziana donna che poco prima aveva avuto modo di osservare all’interno del bar giù al porto; la schiena incurvata, l’aria insicura di chi ha paura o per lo meno teme un possibile attacco. La voce dubbiosa e titubante raggiunse l’orecchio di Hope che prese ad osservare curiosa la donna che continuava ad avanzare; le sue parole contribuirono a turbare i pensieri di Hope che tutto si sarebbe aspettata fuorché la presenza di quella donna. Come faceva a sapere della sua presenza? Perché la stava cercando e soprattutto che ne sapeva lei del biglietto che l’auror, ancora sconosciuto, le aveva lasciato al bar del porto? Indietreggiò ancora di qualche passo con la bacchetta ben stretta tra dita e distesa in direzione della donna. Numerosi pensieri le balenarono in mente, confusi, intrecciati; l’immagine di Syanna Stark ancora distesa nel letto dell’ospedale, le indagini irrisolte su suo padre Tullius Falk. Hope inarcò il sopracciglio riflettendo sul da farsi, doveva agire, non poteva certo restare nascosta, ferma ed immobile mentre quella donna continuava a cercarla, parlandole; non era sicura che fosse una buona idea quella di rivelare la sua presenza ma del resto se avesse attirato l’attenzione della vecchia donna, sarebbe comunque rimasta invisibile agli occhi di altri possibile presenti e la bacchetta ancora impugnata e stretta tra le dita le dava un buon grado di sicurezza. Respirò quindi a fondo prima di farsi avanti e parlare.

-Come fate a sapere chi sono? E vi prego di rispondere chiaramente alla domanda perché vi ho vista giù al bar, quindi sapevate del mio arrivo.-

La domanda fu diretta e chiara, senza alcuna preliminare presentazione. Era ben chiaro che la donna conoscesse la sua identità, sarebbe risultato inutile ribadirlo.


-Perché mi state seguendo?-

Parlò ancora una volta facendo un passo in avanti.


 
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view post Posted on 7/10/2013, 14:58
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Il Fato

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Per un istante la voce di Hope parve provenire dal nulla tanto che Edna, pur abituata alla magia, sobbalzò e fece un frettoloso passetto indietro: poi, lentamente, come se stesse sfilandosi un Mantello dell'Invisibilità, Hope fece la sua comparsa.
L'espressione tesa della giovane e, soprattutto, la bacchetta magica puntata verso di lei erano segnali inequivocabili: Edna deglutì e puntò lo sguardo sull'asticella di legno che l'Auror stringeva in mano.

"Ecco, vede..." esordì con voce malferma, chiaramente spaventata "... Avevo fatto formale richiesta al Ministero per... Per avere notizie di mio fratello... Sa, dopo tutto il parapiglia di Diagon Alley..."
Fece una breve pausa e spostò lo sguardo verso il volto di Hope.
"Purtroppo la burocrazia... Non ho notizie di Tullius da giorni, signorina..." quasi la implorò, ormai prossima alle lacrime "Deve essere a casa, ma non risponde, e non posso entrare, ci sono degli incantesimi protettivi..."
Adesso era inequivocabile, delle lacrime perlacee stavano scorrendo sul volto rugoso della vecchina: Edna tirò su col naso e, picchiettatisi gli angoli degli occhi con un fazzoletto a fiori estratto dalla borsa, riprese a parlare.
"Ho capito che lei avrebbe potuto aiutarmi... Sa, prima di lei al porto c'era un uomo bizzarro... Capelli rossi, corpulento, abiti non Babbani... Ha lasciato un messaggio ed è andato via... E poi lei ha preso quel messaggio..."
Non poté proseguire oltre, sopraffatta da una nuova ondata di dolorose lacrime.
Come avrebbe reagito Hope? Il suo acuto sesto senso da Auror le segnalava una trappola, o il dolore e le parole di Edna erano sincere?

 
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