~ ~ Ritorno a Dulwich, Privata

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view post Posted on 11/11/2013, 22:00
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La routine del giovane caposcuola Grifondoro non era mai stata molto diversa dal miscuglio ronde, esami e consigli di professori. V'era tanta abitudine in quelle occasioni che ormai le affrontava come pilota esperto viaggia su un circuito provato e riprovato e cioè con il pilota automatico. Anche quella sera si trovava impegnato nella solita ronda notturna, un dovere cui non aveva potuto sottrarsi a causa dell'assenza di prefetti impegnati in altri compiti che lui stesso aveva loro affidato. Passo dopo passo lungo tutti i corridoi della scuola mostrava solerzia ed operosità. Ogni sguardo gettato a destra e a manca non era altro che il frutto di una lunga esperienza, la stessa che nel corso degli anni gli aveva insegnato a conoscere i nascondigli e gli anfratti in cui i piccoli studenti avevano l'abitudine e l'ardore di occultarsi. Ma anche in quelle circostanze tutto era il risultato di mosse già fatte cosicché alla fine di quei movimenti automatici passava al successivo corridoio e così fino alla torre di Astronomia sede della casa comune e del suo dormitorio dove si sarebbe infine conclusa la ronda notturna. Routine e impegni permettendo avrebbe potuto concedersi allora meritato riposo in vista della giornata successiva quando il ciclo avrebbe avuto inizio tale e quale. Quella sera tuttavia il desiderio di variare aveva avuto il sopravvento sulla routine e la quotidianità che coniugata all'assenza di sonno lo aveva spinto alla balconata della torre e alla contemplazione del cielo stellato di quell'inverno. Lo avevano allora assalito i ricordi di quando era un giovane studente al suo primo anno in cerca di tranquillità e svago dalle ore mattutine trascorse tra i libri di incantesimi e difesa. Aveva anche sorriso rammentando quante preoccupazioni gli dessero gli esami e quanto impegnato si fosse ritenuto in quelle circostanze come ignorando la possibilità che tanti e più doveri potessero sommarsi alla sue attività. E se ne stava rendendo conto in quel preciso frangente come schiacciato dalla verità che solo l'esperienza, in qualità di insegnante, é in grado di rivelare. E sulla base di queste rivelazioni mentre era affacciato alla balconata della torre di astronomia infatti percepiva la mancanza di tutta quella libertà che allora non era stato in grado di apprezzare. Ma la sua vita era diversa allora, era cresciuto e aveva imparato a tenere fede agli impegni. Si riscosse fulmineamente lasciando il viale dei ricordi e si riportó alla scalinata che lo avrebbe condotto al dormitorio e alla fine di quella giornata ma quella volta, stranamente per la prima volta nella sua carriera di caposcuola, la sua volontà era diversa. Pretendeva l'evasione, l'illegalità e la novità, tutte quelle trasgressioni che mai si era concesso e che quella notte, così diversa dalle altre, non gli avrebbe mai fatto pesare. Peraltro era caposcuola, un ulteriore vantaggio che pareva spingere inesorabilmente il caposcuola verso quella scelta. Attese immobile, all'inizio della tromba di scale lacerato dalla difficoltà e dal peso di quella scelta. Come un viandante sulla biforcazione di una strada, così lui ponderava sulla direzione da prendere ma invano. Così in preda a un scatto d'ira, quasi maledicendo il suo terribile modo di essere, lo schematismo e il vincolo alle regole cui sempre si atteneva, si era dato una mossa. Aveva vinto l'indecisione e infine percorsa la distanza che lo separava dalla sua notte di libertà si era spinto giù per le scale ignorando l'ingresso alla sala comume Grifondoro. Quella sera, Hogwarts non era nient'altro che una gabbia, una gabbia fin troppo dorata ma pur sempre un vincolo di cui necessitava liberarsi. Avrebbe varcato la soglia, raggiunto i confini della scuola e si sarebbe smaterializzato alla volta di una nuova destinazione, la prima che la sua mente avesse avuto l'ardore di suggerirgli. Felpato, ad ogni passo, spalancó il portone di ingresso a piano terra tanto quanto bastava affinché la sua snella figura potesse superarne la soglia. Fuori Hogwarts, all'inizio dello scuro manto erboso che era il giardino della scuola, fu carezzato dal tocco gelido del vento invernale, in quella circostanza, stranamente fin troppo gentile anche per lui mai stato amante del freddo e delle sue modalità di manifestazione, la pioggia e le tormente. Quella sera il fato era clemente, ogni circostanza fin troppo in accordo con gli intenti che il caposcuola si era prefissato. Percorse l'intero giardino e raggiunge i cancelli pronto a smaterializzarsi. C'era quasi. A superarlo da quella libertà che desiderava tanto ardentemente solo una inferriata di ferro che non molto dopo stava attraversando. Distrattamente, forse troppo a dispetto della sua solerzia e attenzione del dettaglio, socchiuse gli occhi respirando a pieno polmoni l'aria fredda del giardino. Con la mente percorreva il viale del ricordo alla ricerca della destinazione. Fu stranamente rapido, alcun ripensamento lo sottrasse all'ebrezza di ciò che stava per fare. Si concentrò portando alla mente ogni dettaglio della sua meta: Pollon Street e la sua insolita flessura verso destra, i curati giardini e i rigogliosi lecci a troneggiare lungo tutta la strada.
Si concentrò proprio sul viale alberato, i marciapiedi di mattoni costeggianti le casette in tipico stile inglese i cui confini erano designati da alti cancelli in ferro battuto, quindi sul desiderio di occupare, di far proprio quello spazio nel quale era stato insieme a Thresy in occasione della sua prima missione per conto dell'ES. E quando ebbe raggiunto l'obiettivo , come se non ritenesse possibile alcun imprevisto in quell'atto, roteó su stesso venendo inghiottito dall'oscurità ma cinto da altro. Era stato ingenuo, troppo disattendo. Infatti qualcosa o qualcuno l'aveva afferrato nel momento decisivo venendo trascinato con lui. Aveva tentato di opporsi ma non non era stato possibile svincolarsi
....ormai era troppo tardi.....



Edited by Sirius White - 21/11/2013, 14:34
 
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view post Posted on 14/11/2013, 00:01
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Horus R. Sekhmeth

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Una solitaria civetta senza padrone si alzò improvvisamente in volo quando il ramo su cui era appollaiata oscillò pericolosamente. L'animale, innervosito, lanciò un acuto strillo di dissenso, facendo accapponare la pelle di Horus. Un fruscio di foglie che segnalò la dipartita della bestiola, la chioma dell'albero che dondolava, un sonoro scricchiolio ed un conto alla rovescia nella mente del ragazzo.
*Trhee, two, one...*
Rapido, con la mano destra, mal abituata a tenere la bacchetta, la puntò goffamente contro il tronco, tranciato in due, in procinto di schiantarsi al suolo con gran fracasso.
*Silencio.*
Un silenzioso raggio impattò sulla corteccia e l'albero si abbatté sul terreno, senza produrre alcun suono, come se esso fosse fatto di piume e l'erba e i rami a terra altro non fossero che batuffoli d'ovatta. Qualche piccola goccia di sudore scese dalla fronte del ragazzo, percorrendo la pelle e scivolando sul collo.
Horus sospirò, abbassando al contempo bacchetta e braccio sinistro, il palmo della mano ancora aperto, lì dove una lama di vento si era appena liberata. Il ragazzo barcollò per qualche istante, appoggiandosi al tronco di un altro albero che, guarda un po', ancora non aveva abbattuto. Osservò la mano sinistra, soffermandosi sui punti illuminati da quei pochi raggi lunari che penetravano dalle folte chiome degli alberi, creando piccoli filamenti di luce. Quanti ne aveva abbattuti, si chiese, stringendo il pugno, le nocche che sbiancavano velocemente. Più di una dozzina, sicuro: le prime volte era stato incredibilmente difficile. Come un attrezzo dalla lama arrugginita, aveva faticato a tranciare gli spessi tronchi degli alberi della Foresta Proibita, allenandosi fino ad affilare il filo invisibile di quelle armi. Bastava, ora, solamente il pensiero, una goccia di sangue sulla Runa, e lui e Hagalaz si univano, come unica entità. Il vento che esplodeva, i capelli aranciati che si muovevano nell'aria, il mantello che svolazzava dietro di lui e la lama che si coagulava davanti al suo palmo aperto, percorrendo la distanza che la separava dall'obiettivo a velocità incredibile. Poi, preciso, come strumento chirurgico, tranciava di netto corteccia, filamenti e vita, abbattendo l'albero. Qualche volta Horus aveva avuto come l'impressione di esser osservato: forse, gli spiriti della Foresta che lo studiavano e lo giudicavano per l'estremo atto impuro a cui, ogni notte, sottoponeva la Natura. E lui, Horus, aveva accusato, inizialmente, quel senso di colpa con amarezza. Si sentiva profano, certo. Ma a lungo andare, aveva indurito il suo cuore e si era fatta largo in lui la consapevolezza che "il fine giustifica i mezzi". Il Caposcuola chiuse gli occhi, regolarizzando il respiro e sentendo, nel petto, il legame con Hagalaz sciogliersi. Era ora di andare.
Lentamente si allacciò il mantello, assicurò il Pugnale Normanno —ormai, il suo più fedele compagno insieme alla bacchetta— alla cintura e si allontanò dall'albero, voltandosi solo un'ultima volta verso la pianta abbattuta che giaceva a terra come il cadavere di un soldato caduto in battaglia.
Non una stretta al cuore, non un pensiero di rimorso, nulla di nulla attraversò il suo corpo.
Aveva, definitivamente, raggiunto il controllo del suo animo e del suo potere, constatò, prima di dare le spalle alla radura in cui si era nascosto e incamminarsi verso l'uscita dalla Foresta.
Era l'ultima notte in cui si sarebbe addentrato di nuovo nella macchia proibita agli studenti; l'ultima notte di allenamento.

*Si torna a dormire...* Pensò con insolito menefreghismo, uscendo finalmente dai cespugli che delimitavano il confine con il giardino e ritrovando la figura del Castello illuminato dai raggi della luna davanti a sé. Una rapida occhiata per convalidare il via libera ed Horus percorse il parco della Scuola, costeggiando dapprima il Lago e poi, successivamente, le mura di cinta di Hogwarts.
La brezza notturna arruffava dolcemente i capelli e accarezzava il viso e, anche se incredibilmente fredda, Horus l'accolse con gioia, sorridendo scioccamente al nulla. Fosse stato uno studente qualsiasi, probabilmente, non sarebbe stato così tranquillo. Probabilmente, se qualcuno l'avesse beccato durante quelle sue scappatelle notturne, avrebbe non solo fatto perdere una quantità immane di punti alla Casata, ma, con suo sommo dispiacere, sarebbe finito nelle grinfie di Gazza. Invece, la spilla che teneva appuntata al petto fungeva come una sorta di metaforico scudo: le ronde da Caposcuola erano un'ottima copertura. "Ero in ronda e mi era sembrato di vedere uno studente nella Foresta" era la scusa che si era preparato nel caso in cui un suo collega o lo stesso Gazza l'avessero incrociato.

*Seh proprio in ronda... * Sbadigliò, stiracchiando le braccia verso l'alto. Fortunatamente, quella sera, non toccava a lui rigirarsi giardini e corridoi, bensì a qualche altro disgraziato di cui neanche aveva voluto informarsi. Dritto di filato a letto, si disse, crogiolandosi al pensiero che di lì a poco si sarebbe tuffato tra le braccia di Morfeo. D'altronde, pensò, voltandosi pigramente verso i cinghiali alati posti vicino il cancello d'ingresso *Brrr, chi ce li ha messi aveva davvero il gusto dell'orrido* anche se fosse stato di ronda, avrebbe potuto andarsene a dormire prima del tempo lo stesso. Chi mai era così scemo da decidere di andarsene in giro, di notte, a metà novembre, con un vento gelido e con qualche Prefetto o Caposcuola in giro pronti a pescare chiunque avesse violato le regole? A parte lui, si rispose, nessun--- *Oh.*
Horus inchiodò di colpo, a qualche metro di distanza dal cancello: sulla strada principale che portava al Castello, una figura si muoveva rapida. Il ragazzo assottigliò lo sguardo, cercando di capire se chi aveva di fronte fosse un collega o un docente in ronda o lo scemo di turno.
La figura, dal canto suo, non si accorse né di essere osservata, né, tantomeno, della presenza di Horus poco più in là, perfettamente illuminato dalla luna. Proseguì dritta, aprendo il grande cancello di ferro battuto e uscendo fuori dalla Scuola.
Il corpo di Horus reagì nell'immediato, i riflessi allenati dal Quidditch: con un veloce scatto, raggiunse l'inferriata e, bloccandola con una mano, riuscì ad infilarsi fuori prima che il cancello si chiudesse, azzerando la distanza col fuggitivo, ora di spalle davanti a lui, inspiegabilmente fermo. Nonostante fosse più basso di Horus, era innegabile che la figura altri non era che un ragazzo.

« Ehi, tu! Dove diamine credi di andare? » Sbottò il Tassino, a voce chiara e ben udibile, richiamando l'attenzione dello sconosciuto.
*Dove credi di scappare?* « Ehi! » Ripeté stizzito quando il soggetto non si degnò di rispondere o, quantomeno, di accorgersi di lui. Senza rendersene conto, Horus allungò un braccio, cingendo quello dello sconosciuto, con il tentativo di costringerlo a voltarsi. Ma, ancor prima di poterlo fare, Horus sentì una dolorosa compressione all'altezza dei polmoni. Fu come se tutto il suo corpo venisse spinto dentro uno stretto tubo di gomma; tutt'intorno il paesaggio sfumò in un vorticare caotico di colori, il respiro che si rarefaceva. Conosceva quella sensazione, scoprì in quegli istanti di panico in cui la voce si era mozzata in gola: una sola volta, quando aveva otto anni, aveva effettuato la Smaterializzazione Congiunta con sua madre. E ricordava bene pure ciò che si era ripromesso: "MAI PIU' CON QUALCUNO." Promessa che venne prontamente infranta dal Caso.
Qualche secondo dopo, la sensazione di esser strizzato come uno straccio svanì e i suoi piedi toccarono il suolo. La testa girava ed Horus spinse con insolita forza il braccio dello sconosciuto, quasi con ribrezzo, lasciandolo andare. Indietreggiò di un paio di passi, barcollando a malapena e osservandosi, con orrore, intorno: Hogwarts era sparita. Al suo posto un'ignota strada costeggiata da una fila di alberi dalla folta chioma e da giardini curati, qualche lampione ad illuminare fiocamente la via.

« Dove... » Mormorò spaesato, riportando lo sguardo verso lo sconosciuto e riconoscendolo, finalmente, per la prima volta grazie alla luce artificiale che ne illuminava i lineamenti.
« White? » Sirius White, il Caposcuola Grifondoro, incrociato qualche volta nell'ufficio e in ronda, nonché sul Campo di Quidditch, era in piedi, di fronte a lui. Un immane senso di colpa rovinò addosso ad Horus che ebbe come la sgradevole sensazione di aver sbagliato qualcosa. Mille domande si affollarono nella mente del ragazzo, mentre osservava di sbieco il giovane. E se Sirius avesse avuto un permesso per lasciare Hogwarts e lui si fosse impicciato? No, si disse subito, non poteva essere qualcosa di organizzato, altrimenti perché andarsene nel cuore della notte? Perché non rispondere, quando lui l'aveva richiamato?
« Scusa, io non...» *Scusa un par di cacchi, Ra! Non è contro le regole una cosa simile?* «... Cosa diamine ci fai qui? E soprattutto... dov'è "qui"? »

«I'm not scared of dreams, when it's hard to survive the night. »



Edited by Horus Sekhmeth - 14/11/2013, 01:24
 
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view post Posted on 20/11/2013, 21:47
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Il narratore in questo post é in prima persona. Spero non sia un problema. Mi é venuto così XD

Mi ritrovai a percorrere lo stretto tubo che ero abituato a tollerare nel corso della smaterializzazione con la pressante sensazione che qualcosa fosse andato maledettamente storto. Avvertivo la pressione sul mio corpo senza che questa mi arrecasse fastidio, tanto v'ero abituato eppure quando realizzai la presenza di una presa estranea sul braccio non dominante fui ben presto preso dal panico come fossi stato un novellino al suo primo ballo. Non me l'aspettavo e di fronte alla sorpresa mente e corpo reagivano di concerto tentando di porre rimedio a una faccenda che stava assumendo i connotati del tragico. Chiunque mi avesse afferrato aveva infatti inteso l'illegalità della mia azione spingendosi al punto di tentare sebbene invano, di arrestare la mia fuga. Se mai fosse stato capace di fermarmi ne avrei pagato caro il fio. Così cercai di divincolarmi anche esercitando repentini scossoni ma non ottenni altro che il rinsaldo di una mano sempre più estranea e pericolosa. Combattei fino a quanto ne ebbi la forza ma atterrando al suolo di Dulwich e respirandone l'aria dovetti rassegnarmi all'idea che il peggio ormai era fatto. Alla luce dei lampioni che mi illuminavano il volto mi voltai con il battito accelerato avvertendo finalmente ma oserei dire troppo tardi, il venir meno dell'altrui appiglio come cosciente che la cattura era ormai scontata. E non negai che frattanto avevo sguainato la bacchetta con veemenza tale che il legno vibrante si ritrovò puntato al volto del mio inseguitore senza che avesse il tempo di farsi domande sul posto sul quale era capitato o di interrogare l'evasore dalle vesti rosso oro e dalla spilla dorata sotto il mantello di alamari. E fui folgorato nonostante la velocità con la quale mi ero voltato, dalla vermiglia capigliatura e dal profilo che riconobbi immediatamente e senza difficoltà in quello familiare del collega caposcuola di Tassorosso. Confesso che in un piccolo frangente, un piccolissimo attimo in cui associazione repentina era stata fatta, la mia mente aveva sperato che quei colori rimandassero a Thresy. La faccenda avrebbe avuto tutt'altro corso ma nel realizzare che non era questo il caso non tardai a tornare indietro sui miei passi calando l'arma e mettendola nuovamente da parte. E in effetti a meno che sorte che non mi avesse graziato con improvviso contrattempo nulla mi avrebbe privato dell'obbligo di spiegazioni che peraltro e ragionevolmente gli dovevo.
- Da qualche parte, a Londra, Sekhemeth. Sono mortificato per averti trascinato a forza qui ma come potrai intendere da te, non era assolutamente nei mia piani -
dissi rompendo l'improvviso il silenzio calato tra i due. Tergiversavo e al contempo tentavo di non distogliere lo sguardo dal suo per non comunicare qualcosa di inappropriato, un attimo di debolezza che avrei potuto pagare caro.
- Quanto al motivo per cui sono qui..... -
* pensa Sirius *
- ....immagino che una passeggiata notturna fuori dal castello sia una scusa " più che ragionevole " -
* ovviamente *
Tra le miliardi di scuse che la mia mente avrebbe potuto tirare in ballo, ero sicuro di aver fatto ricorso alla più stupida ma francamente intuivo che nessuna avrebbe mai potuto spiegare la violazione palese del regolarmente e questo Horus lo sapeva. Ciò nondimeno come a non voler dare il tempo per incalzare, seguitai il mio irrazionale discorrere senza acconsentire a che il mio interlocutore vi si intromettesse.
- Non posso esibire un permesso e immagino tu ti stia chiedendo se ne possiedo uno che dia senso a questa bizzarria ma a meno che tu non possa smateriazzarti da solo a Hogwars, temo che dovrai prenderne parte e accompagnarmi nella passeggiata -
Dovetti sembrare scortese ma tentavo di farmi scudo degli eventi comunicando un falsa sensazione di controllo come se avessi in mano tutta quell'intera situazione. Il caposcuola di Tassorosso non era altro che un imprevisto in quella che sarebbe dovuta essere una semplice notte di evasione ma stavo dimenticando che Dulwich portava con sè ben altri segreti che se svelati rischiavano di mandare gambe all'aria l'intera segretezza dell'ES sopratutto se Horus ne avesse fatto parola a qualcuno. Avevo deposto la bacchetta nel mantello ma mi mostravo disposto a farne nuovamente ricorso sopratutto se il caposcuola avesse palesato la volontà di entrare in affari e circostanze che non gli appartenevano. Avrei atteso per il momento e valutato in che modo si sarebbe evoluta la situazione. Era che l'unica strategia da attuare.



Edited by Sirius White - 21/11/2013, 15:01
 
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view post Posted on 22/11/2013, 23:17
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Horus R. Sekhmeth

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Che Sirius non si aspettasse di avere Horus attaccato al braccio era evidente dalla bacchetta che aveva prontamente puntato in faccia al Caposcuola Tassorosso. Possibile che il Grifondoro fosse così preso dai suoi pensieri da non aver sentito, per ben due volte, i richiami di Horus? Possibilissimo: a giudicare anche dall'espressione per un attimo sorpresa che si era dipinta sul viso di White, il ragazzo si era completamente estraniato dal mondo al momento della "fuga".
« Da qualche parte, a Londra, Sekhemeth. »«... Sekhmeth. » Corresse il Tassino, chinando leggermente il capo; era abituato a quel genere di errori sul suo cognome e ormai rispondere la corretta pronuncia era diventato un riflesso incondizionato. Ascoltò, poi, senza interrompere il collega, osservandolo, tuttavia, molto attentamente. In lui non c'era traccia di titubanza, o se c'era, non lo diede minimamente a vedere, rispondendo sicuro senza perdersi in troppe giustificazioni. Horus, tuttavia, non poté esimersi dall'alzare, scettico, un sopracciglio alla scusa "più che plausibile" esposta di Sirius.
*Con ettari di parco a disposizione, mi sembra giusto uscirsene illegalmente da Hogwarts per una passeggiata notturna... * Pensò sarcastico. Se non altro Sirius sembrava condividere con lui che "da qualche, a Londra" non era quanto di più legale un Caposcuola avrebbe dovuto fare, citando comunque una certificazione che mancava all'appello.
Niente permesso, quindi, a confermare l'ipotesi già accreditata di Horus che Sirius fosse consapevole dell'illegalità del suo gesto. L'atteggiamento poi, sulla difensiva del ragazzo, non faceva altro che dichiararlo a chiare lettere, neanche ci fosse un cartellone illuminato a forma di freccia sopra la testa di Sirius.
Horus emise un lungo sospiro, alzando lo sguardo verso il cielo stellato sopra di sé: tra le cornici delle fronde degli alberi del viale, tanti piccoli puntini luminosi brillavano, qualche nuvola solitaria a far da contrasto. In quell'idilliaco scenario, un vago nervosismo prese subito il posto del senso di colpa che inizialmente aveva colto il Tassorosso: Sirius aveva detto una cosa che, lì per lì, non aveva messo in conto. Per tornare indietro era alla totale mercé del Grifondoro che non sembrava per nulla avvezzo alla compagnia.

« No... » fu costretto ad ammettere, tornando ad osservare Sirius. « Non so ancora Smaterializzarmi. » Tacque un istante; il misterioso quartiere dove erano comparsi era immerso in un silenzio addormentato, rotto ogni tanto da qualche chioma che stormiva smossa da una folata di vento ghiacciato. I lampioni illuminavano una via completamente deserta che sembrava ripetersi a lungo sempre con lo stesso schema: piccoli cottage ai lati, curati giardini, recinzioni liberty, muretti bassi e alberi, alberi a non finire. Erano da escludere qualsiasi altri mezzi di trasporto babbani, figuriamoci Magici..
*... Diamine, che fortuna.* « Ma... » Esordì poi dopo qualche istante di riflessione, allontanandosi da Sirius e dirigendosi verso un muretto basso poco più là « Non preoccuparti, non voglio impicciarmi dei tuoi affari né mi interessa; non ti seguirò. » Dichiarò, fermandosi per un istante e voltandosi verso Sirius, osservandolo negli occhi. Notò solo in quell'istante il curioso riflesso ambrato che la pelle del ragazzo emanava, completamente in contrasto col candore della sua. Buffo, si disse, non ci aveva mai fatto caso. *E perché avrei dovuto.* Scosse il capo e proseguì verso il muretto, raggiungendolo e sedendovisi con un piccolo balzo.
« Ti aspetto qui. » *Come uno stupido cane, uhh.*
Disse semplicemente, infine, alzando le spalle. Trattenne uno sbadiglio e allacciò meglio gli alamari d'argento del mantello, rabbrividendo leggermente. Con Sedendosi il pugnale d'acciaio infilato alla sua cintura fece un piccolo tintinnio sordo e, paradossalmente, quel suono lo tranquillizzò; la mano sinistra, nascosta dalla stoffa, sfiorò l'elsa intagliata, scivolando poi sulla tasca dei pantaloni neri e assicurandosi che la bacchetta fosse ancora al sicuro.
Ma sì, si disse, lasciando lo sguardo disperdersi per il panorama, in fondo era abituato a non dormire: starsene un po' fuori dalle mura di Hogwarts non era poi una prospettiva così brutta e se non altro si sarebbe potuto rilassare un po' in solitudine. Tanto più che non sarebbe dovuto restare alzato per compilare scartoffie sull'effrazione alle regole.


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view post Posted on 23/11/2013, 21:17
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Il caposcuola di Grifondoro restó contrariato dal modo in cui il collega tassorosso affrontó la situazione come sperando che questi fornisse " scusa plausibile " per poter mettere mano alla bacchetta. E in effetti quella decisione di restare fermo in un angolo fino a quando Sirius non avesse ultimato la sua passeggiata, se da un lato mostrava apparente decisione di lasciar libera la preda, dall'altro lo poneva di fronte alla possibilità e al concreto problema che il tassino compilasse scartoffie di effrazione non appena avesse messo piede a Hogwarts il che avrebbero rappresentato davvero un insormontabile problema. Benché non lo desse a vedere infatti egli era decisamente provato all'idea che quella notte di evasione divenisse lo strumento e la banalità di una scusa per palesare l'ordine a cui lui aveva promesso tutto se stesso e la sua lealtà: l'ES.
Per questo motivo aveva con tutte le forze sperato che quell'imprevisto prendesse un corso tale da indurlo a tentare l'oblivion e così risolvere la faccenda. Avrebbe potuto farlo anche adesso senza alcuna plausibile motivazione ma sua indole coniugata ai valori rosso oro che da anni ormai lo identificavano premevano decisamente in direzione opposta a quella preventivata. Di conseguenza che fare? Lasciarlo su quel muro con la possibilità che gli accadesse qualcosa? Non poteva.
Pollon Streeth non era un quartiere babbano come tutti gli altri. In quella cittadina si era consumata una lunga lotta che aveva portato a prematura e inspiegabile dipartita uno dei suoi abitanti e portato alla luce l'esistenza di un mondo magico che da sempre i babbani avevano ignorato. Il ricordo della missione con Thresy era ancora vivo. L'uomo dagli alamari fuggito, il corpo dei compari sul pavimento della casa Savernake, Petunia pietrificata e gonfiata come un palloncino sul porticato. No. Non era una reale possibilità quella di lasciare Horus da solo a Dulwich. Non se ne parlava.
- Sekhmeth, scusami...-
aveva detto dopo che il tassorosso lo ebbe corretto.
- mi spiace davvero lasciarti qui in questo triste quartiere babbano. Magari troviamo qualche locanda aperta. Potremmo trascorrere la serata come due colleghi che si concedono una tranquilla bevuta. Sei un caposcuola, come me, intuisci quanto sacrifichiamo e abbiamo già sacrificato avendo indossato la spilla che contraddistingue il nostro ufficio. Sarò sincero anche se so che questo non cambia l'illegalità del mio gesto. Volevo solo una sera lontana da Hogwarts, dalle sue mura e dai suoi impegni, una sera in cui l'unica mia preoccupazione fosse solo la ricerca di diversivo, di un sollazzo o di chissà quale altra bizzarria. Seguimi e magari alla fine della serata potresti aver trovato un amico e non solo uno sconosciuto collega -
Si era sorpreso del mondo in cui si era aperto al caposcuola. Benché avesse celato ancora il significato di quel quartiere, aveva confessato la ragione della sua illegalità forse inconsciamente cercando di circuirlo per non indurlo alla denuncia o solo per ottenere comprensione ma checchessia fossero i motivi, non importava. Avevano una notte dinanzi, una notte diversa che avrebbero potuto trascorrere insieme se il tassorosso lo avesse desiderato. Il numero degli amici che Sirius possedeva potevano a stento contarsi sulle dita. Gli impegni, i sacrifici per l'ES avevano fatto in modo che la socializzazione fosse l'ultimo dei suoi problemi. Peraltro era abituato all'idea della morte, l'aveva vista, avvertito il freddo tocco all'alba dell'attacco di Hogwarts quando la sua pelle aveva ancora lo stesso colore del collega caposcuola e ora aveva paura, quella vera ma non della morte, bensì della perdita. Ne valeva il caso? Quell'imprevisto poteva realmente tramutarsi in qualcosa di bello, un incentivo a provare quegli affetti che la sua dura corazza e il suo orgoglio gli avevano sempre negato.
- Dunque? Non dirmi che vuoi restare lí!! Avrò anche la reputazione del serioso e imperscrutabile caposcuola di Grifondoro ma so approfittare della compagnia ed esserlo a mia volta. Una passeggiata e una bevuta non possono essere certo inaccettabili, nemmeno per te, no? -
Sperava che si levasse ma nel frattempo aveva portato nervosamente la mano al mento che aveva iniziato a grattare nell'attesa. Una situazione imbarazzante per lui che era abituato a mostrarsi sempre freddo e asettico come alte mura di castello.
La barba appena accennata rendeva leggermente poco manifesto il colorito ambrato della sua pelle ma al giovane caposcuola, suo compagno di serata, non poteva certo sfuggire la stessa tonalità di riflesso nelle sue iridi che alla luce dei lampioni quando Sirius vi rivolgeva lo sguardo parevano decisamente dorate.
- Confido nella tua compagnia stasera....se ti va...-
un sorriso cortese aveva accompagnato le ultime sue parole così da sembrare tutt'altro che serio e poco avvezzo alla compagnia. Aveva fatto la sua mossa ma toccava al suo collega cogliere l'occasione o rigettarla. Sirius restava in attesa.

 
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view post Posted on 2/12/2013, 02:46
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Perdonami il ritardo!
E prego affinché Sirius non s'offenda. Horus l'ha preso in simpatia, giuro! XD




Horus R. Sekhmeth

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Era lì —lì dove poi, ancora non poteva dirlo con precisione, poteva solo ripetere la denominazione data dal collega Grifondoro—, rannicchiato su uno scomodo quanto freddo muretto, ancora a chiedersi come diamine ci fosse finito quando, fino a qualche minuto prima, camminava pregustandosi il suo morbido piumone. Sorvolando sulla particolare situazione, sul vento ghiacciato e su Morfeo che ormai era andato a farsi benedire, pensò il ragazzo tirando su una gamba e appoggiando il braccio sul ginocchio, poteva andargli peggio. C'erano solo lui, il silenzio e... e Sirius White, che ancora rimaneva lì, contro ogni previsione del Tassino.
Horus lo guardò interrogativo quando, inaspettatamente, il giovane Grifo colmò il silenzio che seguì pochi istanti dopo che il Tassorosso aveva terminato di parlare, esponendo la sua scelta.
Strano, si ritrovò a pensare Horus: fino a qualche attimo prima aveva avuto come l'impressione che White fosse decisamente seccato dalla sua presenza, lì. E come biasimarlo del resto, si schernì da solo il ragazzo.
Sogghignò divertito alle parole di Sirius, piegando leggermente il capo ed osservandolo meglio sotto la luce dei lampioni. Erano entrambi Caposcuola, certo, e, ovviamente, Horus sapeva quanto quella carica fosse pesante sulle loro spalle, quanto tempo togliesse a chiunque portasse quella spilla, spesso più simile ad un fardello che ad un vanto. E chi meglio di Horus poteva capire in pieno il pensiero di Sirius se lui stesso, per primo, quasi ogni notte non faceva che rifuggire le mura del Castello, addentrandosi in solitaria nella Foresta Proibita? Poco importava che fosse o meno un allenamento: era, in fondo, una buona motivazione per starsene da solo, dimenticando per un istante il suo ruolo di animale in gabbia.
In ogni caso, era impossibile non trovare curioso quel "cambio di direzione": se Sirius, inizialmente, aveva taciuto sul motivo intrinseco di quella passeggiata "illegale", bollandola come banale e facendola passare per qualcosa di naturale, ora, incredibilmente, emergeva allo scoperto esponendosi.
Il sorriso sulle labbra del Tassorosso si fece più ampio, sardonico.

« Oh » Rispose divertito « Ho ben presente ciò che intendi. Anche troppo bene... » Tacque un istante, scrutando il suo interlocutore. « ... Non farò rapporto su di te, se è questo che ti preoccupa. Sta' tranquillo. » Aggiunse con un sospiro, piegando leggermente il capo.
No, anche se quella che Sirius andava dicendo non fosse stata la verità, Horus non avrebbe di certo menzionato Sirius nei suoi rapporti sulle ronde: come poteva, del resto, se lui per primo condivideva il suo pensiero? Tuttavia, era indeciso se accettare o meno l'invito del ragazzo: una serata diversa dal solito, sfuggendo all'ordinaria solitudine che ormai l'ammantava ogni giorno e in cui ostinatamente si rifugiava; una serata in compagnia di uno sconosciuto che, forse, sarebbe potuto diventare un conoscente e poi un amico, magari tra una chiacchiera e l'altra, scoprendo punti in comune e pensieri affini. Come dire... poteva spaventarlo? Aveva affrontato la Morte stessa, poteva dunque rifuggire un invito?

« Dunque? Non dirmi che vuoi restare lí!! » *COS--- IO VERAMENTE... * « Avrò anche la reputazione del serioso e imperscrutabile caposcuola di Grifondoro ma so approfittare della compagnia ed esserlo a mia volta. Una passeggiata e una bevuta non possono essere certo inaccettabili, nemmeno per te, no? »
Horus sollevò di scatto il capo, guardando per qualche secondo il giovane, spiazzato.
Effettivamente, giravano parecchie voci su White: freddo, ligio al dovere, piuttosto rigido quasi mai lo si notava scherzare. Un quadretto decisamente familiare, pensò Horus. Lui e Sirius, evidentemente, condividevano la stessa nomea. Ma vedendolo lì, in attesa, con un sorriso cordiale, grattandosi il mento con aria più che imbarazzata fu, forse, la sincera motivazione che portò Horus a sciogliersi e a lasciarsi andare al di fuori dei suoi stessi schemi, per una volta.
In maniera sorprendentemente naturale, il Tassino si ritrovò a scoppiare a ridere, coprendosi gli occhi con la mano. La risata, cristallina, si liberò, portando via con sé il peso di molti pensieri e di altrettanti scrupoli, lasciandolo, poi, piacevolmente leggero.

« ... Scusami se rido, ma... cavolo! Credo che abbiamo da spartirci quella nomea, sai? » Esordì, a fatica, qualche istante dopo, facendo scivolare la mano verso la fronte, ravviandosi i capelli rossi e cercando di riprendere il controllo di sé. « ...Mi sa che stasera, se ci potesse vedere, mezza Hogwarts si ricrederebbe sul nostro conto, eh? » sghignazzò, socchiudendo appena gli occhi.
Con un piccolo balzo, poi, scese dal muretto, il mantello che svolazzava dietro di lui, avvicinandosi al collega.

« E sia! Andiamo a farci una bevuta, direi che ce la meritiamo. » Ammiccò divertito. Quella frase, che ad altri sarebbe parsa naturale e quasi all'ordine del giorno, nelle orecchie di Horus suonò totalmente nuova, estranea, ma, senza dubbio, piacevole. A quante persone aveva mai detto qualcosa del genere? Nessuna. Diciassette anni di pura sociopatia.
*Complimenti, Ra, fai passi avanti.*
Completamente digiuno di rapporti umani, per la prima volta Horus si ritrovava tirato in ballo in una di quelle situazioni che mai avrebbe saputo prevedere. E con una delle persone più improbabili a cui mai avrebbe pensato, nell'immaginarcisi al fianco, al di fuori del lavoro scolastico.
Eppure, raggiungendo il ragazzo, Sirius e lui, effettivamente, potevano anche essere più simili di quanto lui stesso si aspettasse. Per quanto, fisicamente, sembrassero opposti: ora che lo notava, il bagliore dorato negli occhi di lui si contrapponevano alle sue iridi, così chiare per effetto della maledizione, da sembrare quasi bianche; l'ambra della pelle del Griffo si opponeva al bianco marmoreo della sua carne. E, per un secondo, Horus si chiese se quella misteriosa alternanza di contrari avesse, davvero e paradossalmente, qualcosa che li accomunava. Un pensiero, improvviso, come un lampo squarcia le nubi, salì immediato: era naturale, tutto ciò? Dov'era, Sirius il giorno della Battaglia? Anche lui aveva incontrato una di quelle... creature?
Una fitta alla testa costrinse Horus a scuotere leggermente il capo, abbandonando quei pensieri conturbanti. No, si disse, basta così per quella sera: aveva deciso di chiudere per un istante la mente alle congetture, alle paranoie.
Resistette alla tentazione di stringere la Runa tra le dita e si rivolse al collega, curvando le labbra in un sorrisetto sghembo e alzando entrambe le mani.

« Mi affido a te, dunque. » scherzò, pronto a seguire Sirius in direzione dell'ipotetico locale.
*Con la speranza che quest'incontro si riveli interessante...*

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view post Posted on 13/12/2013, 21:07
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La risata cristallina e sincera del Caposcuola proruppe tra i due come lo scorrere naturale di un fiume in piena, ammantando i pensieri, travolgendo le preoccupazioni, quindi trascinandole lontane lungo improbabili e ignoti sentieri. Due caposcuola dall'animo tutt'altro che propenso al socievole discorrevano come compari sulla possibilità di cedere all'ozio e alle levità per una sola notte a fronte della rigidità e perseveranza con la quale avevano adempiuto agli oneri della carica. In quel naturale cambiamento di corso tutt'altro che consueto, i due giovani si scoprirono condividere punti in comune sui quale costruire un dialogo ed eventualmente seminare il seme di una genuina e buona amicizia. Se qualcosa era ben stata evidente ai due - entrambi lo riconoscevano chiaramente e di propria iniziativa - quella era infatti l'intrinseca sociopatia e la tendenza all'isolamento quasi fossero sapienti eremiti sulla strada aurea della conoscenza. Che avessero finalmente riscoperto il senso di altro? Tutto questo non poteva essere che auspicabile.
Alla sua risata l'imbarazzo del Grifondoro venne subitaneamente meno. La mano smise di tormentare il mento e il suo volto si sciolse nel sereno sorriso di chi é oltremodo sollevato.
- Sono felice di sentirlo, la tua gentilezza mi risolleva tantissimo. Per stasera deponiamo la spilla dei capiscuola, siamo studenti semplici, due giovani ragazzi perfino, che si concedono stupide frivolezze. E alla malora gli impegni! -
In uno slancio di gioia la mano ghermì la spilla del caposcuola in seno alla divisa portandola via.
- Questa stasera non serve -
aggiunse portandola rapidamente nella tasca ove l'avrebbe celata per il resto della serata e incitando il collega con volto espressivo a fare lo stesso.
- La nostra nomea é e resta Salva. Quello che si fa a Dulwich resta a Dulwich! Andiamo! -
concluse iniziando a muovere i primi incerti passi benché consapevole che sarebbe stato seguito. Inconsciamente e in quello slancio di ilarità aveva persino ceduto l'informazione sulla sua destinazione dimenticando la segretezza benché il nome del sobborgo non compromette il resto.
E passeggerano lungo la strada seguendo il sentiero e lo snodo che sulla destra portava a casa Savernake. Si era mosso come con il pilota automatico. La sua mente alleggerita dalle preoccupazioni e completamente incosciente del proposito di far ritorno alla casa del vecchio defunto Savernake.
- A essere sincero, Sekhmeth... -
* L'ho azzeccato?! *
- ora che ci penso, ignoro se e dove sia ubicata una locanda ma non dispero della possibilità di reperirla. Se questo sobborgo di Londra dovesse esserne privo, possiamo tentare di nuovo la smetterializzazione e raggiungere magari...-
* Vediamo ...*
- I Tre Manici di Scopa questa volta? Infatti temo, essendo Dulwich un paese abitato prevalentemente da babbani, che non sia possibile reperirvi nient'altro da quella brodaglia che questi chiamano liquori -
A ben pensare pareva davvero quella la sola alternativa possibile al mortorio di quelle strade. In effetti illuminati dalla sola luce dei lampioni alla soglia dei marciapiedi solo due figure ammantate nei propri mantelli si muovevano sfidando il gelo invernale accompagnati dal suono dei loro passi, lo stormire delle fronde e le proprie ombre proiettare sul asfalto poco in lá il marciapiedi in mattoni. Le case poco visibili impedirono di distinguerne le caratteristiche cosìché per Sirius fu arduo distinguere la residenza Savernake verso la quale si stava avvicinando. Peraltro pareva completamente e mentalmente libero dalle preoccupazioni di sicurezza che prima lo avevano tormentato.
- Ho scelto il luogo peggiore per materializzarmici, lo ammetto ma nel mio desiderio di fuga, ho semplicemente seguito l'istinto e lasciato che la mente scegliesse la destinazione ma rimediamo subito -
Si era fermato sul ciglio della strada a pochi metri dal giardino ove aveva pietrificato Eugenia e provveduto a contrastare l'inflatus scagliato dal sedicente mago degli alamari. Pareva realmente intenzionato a sottoporre nuovamente il collega al fastidio della smaterializzione congiunta ma quando se ne rese conto quasi si diede dello stupido.
- Che dici? La vedi fattibile ? -
Sirius restó fermo attendendo di sapere cosa avrebbe scelto il ragazzo. Potevano continuare la loro amena passaggiata discorrendo del più del meno rinunciando al bere o lasciare il villaggio di Dulwich. Dovevano solo decidere.

 
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Horus R. Sekhmeth

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Horus si rese conto che, nonostante la risata fosse bella che svanita, uno sciocco sorriso ebete continuava ad aleggiare sulle sue labbra, mentre ascoltava il collega. Non si era mai interessato troppo nell'inquadramento di White: non pensava ci fosse davvero qualcosa sotto, dietro quella facciata seria e scrupolosa nel suo lavoro. O meglio, non ci aveva proprio pensato, ecco. Ma, guardandolo in quella sorprendente varietà di emozioni —rispetto al solito, s'intende—, Horus scoprì che in realtà di White gli interessava sapere qualcosa. Non c'era soltanto quella particolare sintonia che aveva appena scoperto, ad incuriosirlo, ma anche come egli aveva costruito la sua Maschera: perché era chiaro. Non c'era solo lo scrupoloso Sirius White, dietro quel volto che mostrava "pubblicamente" e la sincerità e la genuinità dei suoi gesti e delle sue parole bastarono a provarlo.
Improvvisamente di buon umore, più per l'inaspettata scoperta e per il programmino inaspettato di quella serata che per l'esser scampato a noiosa burocrazia, Horus seguì il gesto del ragazzo, prendendo la spilla, da sotto il mantello, e celandola accuratamente nella tasca dei pantaloni, di fianco la bacchetta.

« Seems legit! » Esclamò in risposta, incamminandosi e stringendosi nel pesante manto. Si illuminò, poi, al nome pronunciato, forse involontariamente, da Sirius: Dulwich. Durante quei passi, in cui il silenzio si fece per qualche attimo largo tra loro, sostituendo slanci di gioia e parole, Horus si concentrò sul paesaggio tutt'intorno, cercando, invano, al contempo con la memoria di ritrovare il nome di quel quartiere (o città). Nonostante avessero improvvisamente svoltato a destra, segno che Sirius aveva ben chiaro in che luogo si trovasse —e forse, anche una meta—, ciò che avevano intorno non era mutato. Solite villette standard con i loro bei giardini curati, staccionate che odoravano di vernice fresca, fila di alberi lungo il viale e sentierino di terra battuta e così discorrendo fino all'orizzonte.
*Ma... C'è anima viva qui?* Fu la naturale domanda che emerse nella testa del Tastino e che, tuttavia, non espresse a voce. Che fosse notte fonda era indubbio, ma a parte lo stormire delle foglie, non si udiva null'altro. Non un gatto isterico intento a fare una serenata condita con un bel secchio d'acqua, non un cane o un ratto che gironzolavano tra i bidoni davanti ai cancelletti, niente di niente. Neanche un cip o un ciop o uno stunk. Macché. Dulwich sembrava essere ammantata da una pesante cappa di silenzio. *Un mortorio insomma.*
Fu la voce di Sirius, che camminava al suo fianco, a strapparlo per un istante dai suoi pensieri riguardanti quel luogo, facendo voltare Horus verso il suo interlocutore e guardandolo enigmatico.
« A essere sincero, Sekhmeth... » *E bravo Sirius, ora sì che ci hai preso! « ...ora che ci penso, ignoro se e dove sia ubicata una locanda ma non dispero della possibilità di reperirla. Se questo sobborgo di Londra dovesse esserne privo, possiamo tentare di nuovo la Smaterializzazione e raggiungere magari... I Tre Manici di Scopa questa volta? Infatti temo, essendo Dulwich un paese abitato prevalentemente da babbani, che non sia possibile reperirvi nient'altro da quella brodaglia che questi chiamano liquori. » *E così, Dulwich è un luogo abitato prevalentemente da Babbani...*
Horus diede un'altra occhiata a quello che sembrava, definitivamente, un quartiere residenziale. Le luci erano ormai diventate troppo deboli per far distinguere chiaramente i contorni delle case, buie e addormentate; effettivamente, si disse il ragazzo, di locande non ce n'era neanche l'ombra. Rapito da quell'osservazione, per poco il ragazzo non si schiantò contro la schiena del compagno, quando questi si fermò improvvisamente davanti il giardinetto incolto di un'oscura villa. Prontamente, Horus si arrestò, scartando di lato in modo da non colpire la spalla di Sirius e ponendosi di fronte a lui. Il solo pensiero della Smaterializzazione gli rovinò addosso con la pesantezza di un rinoceronte ubriaco ed il Tassino rabbrividì suo malgrado.
« Sbaglio... » Esordì divertito, puntandogli un dito contro con fare giocoso « O hai detto "quel che si fa a Dulwich resta a Dulwich"? » Domandò, socchiudendo gli occhi in quello che doveva essere una sorta di sciocco rimprovero. Una folata di vento particolarmente violenta, contribuì, in ogni caso, a schiarire le idee ad Horus che si voltò verso l'orizzonte e sospirò.
« Ma temo che tu abbia ragione... Sta cominciando davvero a fare freddo e ho proprio voglia di riscaldarmi con qualcosa di forte. E poi... » Aggiunse, guardando di sottecchi Sirius « Se ci Smaterializziamo ai Tre Manici, ci risparmieremmo un'ulteriore Smaterializzazione, piuttosto che andare da qualche altra parte! » Propose con un sorriso che poi, a poco a poco, sfumò. Rimase per un istante, serio, a guardare in volto il suo collega e nuovo compare di bevute: la strana venatura dorata che aveva colto nei suoi occhi, sotto al lampione di metri prima, quasi non si notava con quel buio.
« Hai detto che hai seguito l'istinto... » Sapeva bene che la domanda che stava per fare poteva essere considerata inopportuna, o anche eccessivamente confidenziale, ma c'era qualcosa che non gli tornava e del resto, se quella serata era dedicata al conoscersi, doveva pur cominciare da qualche parte. Se Dulwich era un luogo familiare, un luogo dove Sirius era cresciuto, necessariamente egli avrebbe dovuto conoscere l'ubicazione di una locanda o anche un vago surrogato Babbano, eppure non era così, da sua stessa ammissione. Quindi... « Perché proprio Dulwich, Sirius? »

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view post Posted on 9/2/2014, 15:59
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Dulwich Village era una cittadina babbana, abitata da babbani e straripante della gioiosa vitalità di vecchietti babbani. Tranne il 'fu Savernake. E tranne cinque figure ammantate che si muovevano lungo Pollon Street, due visibili e tre invisibili.
Sirius e Horus camminavano uno dietro l'altro, dopo l'impasse iniziale avevano trovato un punto di incontro scegliendo di affogare le loro pene in qualche bevuta fuori porta, lontano da Hogwarts e lontano da ciò che li faceva sentire in gabbia. Per il Caposcuola Grifondoro tornare sul luogo del misfatto era stato un riflesso incondizionato, una sorta di desiderio inconscio. I tre che lo osservavano, invece, avevano adempiuto ad un ordine improcrastinabile, rabbioso, definitivo. Erano giunti lì nel pomeriggio per recuperare un pacchetto e vi avevano lasciato compagni ed indizi. In primis la donna, viva. In secondo luogo la dignità.
Fu dunque con immenso piacere che uno dei tre colse i tratti del volto del giovane ammantato, resi visibili dal riverbero dei lampioni. Un ghigno perfido si dipinse dietro la maschera ed un lampo di glaciale vendetta animò i suoi occhi. Horus e Sirius non potevano sentirli, forse avrebbero potuto scorgerli se li avessero uditi, tre neri figuri che strisciavano fra albero ed albero, godendo del lato buio della carreggiata non raggiunto dalla luce.
Il Grifondoro si fermò di fronte al giardino che circondava la Villetta di Savernake. La porta era sfregiata da due lunghi adesivi che andavano a formare una grande X e tutt'intorno alla casa si agitavano nastri rossi e bianchi, segno che quel luogo non era accessibile, non più. La finestra del piano superiore, illuminata dalla luna, era rotta. Sirius conosceva il motivo di siffatto, desolante panorama, Horus lo ignorava. Le tre figure si fermarono a loro volta, mantenendosi ad una distanza di circa quattro metri, nascosti dai tronchi degli alberi e dall'oscurità. Il Caposcuola Tassorosso sorpassò Sirius e gli si fermò davanti, fronteggiandolo. Poche, misurate parole per decidere il da farsi, poi una domanda legittima:

Hai detto che hai seguito l'istinto ... perchè proprio Dulwich Sirius?

"Perchè l'assassino torna sempre sul luogo del delitto. Non è vero?"

Una voce metallica risuonò dietro alle spalle del grifondoro, quest'ultimo fece appena in tempo a voltarsi che un fiotto di luce rossa squarciò l'oscurità come un lampo di fuoco vivo. Sirius venne scaraventato all'indietro, il suo corpo si librò in aria, compì un balzo di qualche metro e ricadde con un tonfo sull'asfalto. E lì rimase.
Di fronte ad Horus vi erano tre mangiamorte, uno di fianco all'altro. E non avevano nessuna voglia di andarsi a fare un goccetto
.



Sulla tua sinistra si apre il giardino che porta alla Villetta di Savernake.
Il viale è delimitato da grossi alberi, sul ciglio di destra ci sono due cassonetti dell'immondizia.
I mangiamorte si trovano a circa due metri da te, uno ha la bacchetta in mano, gli altri due no.
 
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view post Posted on 11/2/2014, 21:51
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Horus R. Sekhmeth

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Passò soltanto una frazione di secondo, prima che la domanda di Horus trovasse risposta. Un attimo in cui il giovane si ritrovò a scrutare il volto di Sirius più da vicino, osservando quelle curiose iridi soffermarsi sul proprio volto, le labbra del ragazzo che si schiudevano per formulare, forse, il motivo di quella scelta che ancora sfuggiva al Tassorosso. Ma la voce che risuonò in quella strada altrimenti solitario, non fu quella di Sirius. Un timbro metallico, mai ascoltato fino a quel momento, proruppe quasi con invadenza, una frase pronunciata quasi con scherno, apparentemente, senza motivo, ma, senza dubbio, riferita ai due ragazzi. Allarmato da quell'improvvisa presenza, Horus sentì lo stomaco stringersi in una morsa e la mano, in automatico, corse nell'immediato alla tasca ove era nascosta la bacchetta, estraendola e stringendola forte.
*Cos...*
Successe tutto in un lampo, lo stesso che, più tangibile, colpì White, voltatosi di scatto, ignaro anch'egli di chi avesse proferito parola al posto suo. Il raggio rosso evocato dalla figura misteriosa impattò sul corpo del ragazzo, scaraventandolo, e facendo così da scudo ad Horus che, dal canto suo, sentiva l'adrenalina fluire nel sangue, scacciando per un momento tutte le domande e lasciando spazio all'istinto di agire prontamente. Nell'istante in cui Sirius venne sbalzato via dall'incanto che il Tassino riconobbe —o almeno sperò— inconsciamente come uno Stupeficium —visto il colore rosso del raggio—, Horus notò con la coda dell'occhio tre uomini ammantati di nero al centro della strada, certamente non Babbani e decisamente non inclini alle chiacchiere. La poca luce non permetteva di riconoscere i loro volti, ma non ci voleva certo una luce divina per far comprendere al ragazzo che chi aveva davanti non erano nemmeno amici. Nonostante fosse plausibile, Horus non permise alla sorpresa di giocargli un tiro mancino, relegando dentro di sé la preoccupazione nei confronti di Sirius: il suo corpo dunque agì quindi in automatico: strinse forte la bacchetta, ruotando il polso in senso orario e visualizzando nella mente una pesante coltre di fumo, nero come quella notte dietro la quale si sarebbe potuto riparare per non restare scoperto e poter pensare all'azione successiva. Puntando poi la bacchetta in direzione degli uomini con celerità, fece scattare il braccio repentino, tracciando un' immaginaria linea che comprendeva lo spazio attorno e davanti i tre. All'inizio di quel movimento, Horus pensò intensamente e con decisione la formula: *Fumos.* Tacendo le proprie intenzioni ai misteriosi figuri, ma non alla sua Magia che avrebbe dovuto rispondere rapida al suo ordine. Non ci sarebbe stato tempo per attendere una reazione, il suo cuore martellante scandiva gli attimi come un implacabile orologio: non appena terminò l'esecuzione, incanto riuscito o meno, Horus spiccò una corsa, diretto verso il primo albero nelle vicinanze, con l'intento di nascondercisi dietro in modo da celare la sua figura ai tre, una volta che il fumo nero si fosse diradato. Quando il Tassorosso cominciò a correre, una valanga di pensieri gli rovinarono addosso: chi diamine erano i tre? E cosa intendeva con quel criptico cliché? Paradossalmente, Horus sentì il tempo dilatarsi e soltanto il rombo del proprio sangue nelle orecchie, la corsa che risuonava amplificata dalla tensione. "Corri" era l'ordine che sentiva sormontare dentro di sé, gli occhi che disperati si aggrappavano alla meta, mentre il giovane sperava con tutto se stesso che il piano funzionasse. Lo scopo era certamente quello di creare un diversivo banale, ma non per questo inefficace se riuscito, in modo tale da coprire la sua fuga e confondere gli avversari sulla sua posizione: non era altro che un palliativo temporaneo, quel nascondiglio non lo avrebbe celato a lungo, ma aveva bisogno di un riparo e di una strategia per poterne uscire sano e salvo. Non aveva senso mettersi a disquisire sui perché e i per come, sulle identità e sulle intenzioni: la crudeltà che avevano dimostrato Schiantando il suo compagno era stata eloquente per far desistere qualunque prospettiva di collaborazione. E del resto non c'era tempo neanche per soccorrere Sirius: sarebbe stato rischioso azzardarsi a farlo, poiché niente avrebbe potuto garantire ad Horus che non avrebbe fatto la sua stessa fine. Finché White era svenuto, si disse, non poteva presentare una minaccia per i tre che forse avrebbero desistito dall'infierire.
"CORRI."
Si ripeté il ragazzo, ancora una volta, scacciando con ostinazione i mille dubbi pronti ad assalirlo in qualsiasi istante, divenendo potenziali nemici quanto quei tre sconosciuti.


«I'm not scared of dreams, when it's hard to survive the night. »



Statistiche:
~PS: 186
~PC: 156
~PM: 162
~Exp: 35,5

Oggetti:
• Bacchetta: in uso;
• Mantello: indossato;
• Pugnale Normanno: infilato nella cintura e celato dal mantello;
• Una collana con la Runa Hagalaz: indossato.

 
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view post Posted on 14/2/2014, 13:23
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"Ma cos ..."

La voce metallica giunse nuovamente alle orecchie di Horus, intrisa questa volta di sorpresa ed incredulità. I mangiamorte non si aspettavano una reazione così repentina e rimasero sconcertati quel tanto che bastò al Tassorosso per dileguarsi oltre la coltre di fumo, da lui stesso generata ed a trovare momentaneo riparo dietro il grosso tronco di uno degli alberi che delimitavano la carreggiata.
Pochi secondi e la nebbia scomparve, le tre figure ammantate compirono un passo in avanti scrutando nel buio. Poi uno di questi scoppiò in una fragorosa risata.


"Cosa hai da ridere?"

La voce glaciale di uno dei tre denotava disappunto.

"Questi ragazzini senza macchia e senza paura si sentono tutti dei grandi Auror, il Ministero deve star messo piuttosto male se è costretto ad affidarsi a loro"

"Il Quartier Generale è a corto di personale, che vuoi farci?"

Si muovevano lentamente, anche gli altri due avevano sguainato la bacchetta e ora tenevano il braccio ben flesso, pronto alla stoccata. Uno dei tre raggiunse il corpo inerte di Sirius, con la punta della scarpa piantata su un fianco lo smosse come a volersi sincerare che fosse proprio schiantato.

"Andiamo a finire la donna e tagliamo la corda, il Signore Oscuro non ci perdonerà un altro fallimento"

Il secondo mangiamorte raggiunse il primo, parlò piano ma nel silenzio della via Horus riuscì comunque a seguire tutta la conversazione.

"Portiamocelo via, sono sicuro che potrebbe raccontarci qualcosa di interessante"

Con un cenno della testa indicò Sirius.
Il terzo mangiamorte si aggirava guardingo ispezionando ogni anfratto, pochi attimi ed avrebbe aggirato anche il tronco dietro al quale Horus aveva trovato riparo.


"Non dobbiamo lasciare testimoni, ricordate le sue parole?"

Il secondo mangiamorte tornò sui suoi passi, in linea d'aria avrebbe potuto scorgere il Tassorosso se non fosse stato buio.

"E' un ragazzino, si sarà nascosto qui, da qualche parte. Tre gatti contro un solo topo, pensi che abbia qualche chance?"

Horus udiva ed incamerava tutto. Ma doveva pensare a come uscire vivo da quella situazione.



I mangiamorte sono distanti fra loro e non sembrano particolarmente preoccupati. Il primo è vicino a Sirius, accovacciato è voltato verso di te ma ha lo sguardo basso. Distanza approssimativa 6 metri.
Il secondo è tornato sui suoi passi, si trova in mezzo alla carreggiata, sta di fianco rispetto a dove ti trovi. Distanza approssimativa 5 metri da te e due metri dal primo magna magna.
Il terzo mangiamorte è il più vicino, si trova voltato nella tua direzione, distanza un metro e mezzo circa e 3 metri dal secondo mangiamorte.
 
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view post Posted on 3/3/2014, 23:01
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Horus R. Sekhmeth

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In fondo non era poi una così brutta situazione per Horus: era da solo contro tre tizi incappucciati, tanto folli da castare senza indugio, in una strada ipoteticamente abitata da Babbani, uno Schiantesimo su un ragazzo più o meno indifeso. Non disponeva di nessun aiuto e, in pieno territorio Babbano, aveva appena castato un incantesimo (e sicuramente non sarebbe stato l'ultimo) dopo aver dato la sua parola al Ministro della Magia, neanche un paio di mesi prima, che mai più in luogo Babbano avrebbe usato la Magia. E poi che altro? Ah sì, era buio pesto e fra lui e i tre c'era solo un pioppo. Oh, sì, poteva uscirne. A pezzi.
Horus sentì il proprio cuore battere nel petto, controllato, ma con gran forza risuonare all'interno della cassa toracica, ed il ragazzo si impose calma e sangue freddo: era salvo, ma era solo questione di pochi minuti. Lentamente, le spalle contro il tronco della pianta, avanzò di qualche centimetro lungo il perimetro circolare, restando tuttavia ancora nascosto, tendendo le orecchie a qualsiasi suono, mentre gli occhi si muovevano rapidi, cercando di scrutare nell'oscurità di fronte a sé. Ma ciò che si apriva davanti erano solo cespugli a costeggiare il bordo esterno del marciapiede sul quale si trovava, niente mura, niente ripari più solidi.
Forse, pensò, avrebbe potuto tentare un incanto: se avesse avuto fortuna, avrebbe potuto colpirne due insieme. Ma la fortuna evidentemente, era andata a dormire da un bel pezzo. I tre, ignari di quanto Horus potesse udire in realtà, parlavano con tono sommesso, ma ben udibile, tanto per far comprendere al ragazzo più o meno le loro posizioni che, dalle loro voci, poté capire quanto essi gli erano vicini. Non ci voleva una scienza né un'attenta constatazione visiva per comprendere che era, semplicemente, circondato e dunque in trappola. Ma, ad inchiodarlo al posto, con la bacchetta stretta convulsamente tra le dita e gli occhi sbarrati, non era tanto tanto quella consapevolezza. Quanto per quel momento di stasi, per quei discorsi che fecero gelare il sangue nelle vene del ragazzo, la testa che cominciava ad annebbiarsi.
*Non ora, dannazione, non ora...* Horus si portò la mano libera alla tempia, i capelli che scivolavano tra le dita mentre acute stilettate di dolore lo trapassavano da parte a parte mentre gli uomini parlavano tra loro, incuranti del Tassorosso ed esponendo parte dei loro piani che, a quanto sembrava, contemplavano un altro omicidio.
E di nuovo, confusi ricordi si accavallavano tra di loro, immagini dei suoi genitori, di Sivra e della DeMolay e di Swan, e di Daddy, della Sala Comune e della Biblioteca, tutto miscelato in una nebbia inconsistente che Horus non riusciva a dissipare, ma da cui un solo termine spiccava, unica chiave: Signore Oscuro. Chi Egli fosse, cosa Egli volesse e se provocasse quella sensazione a chiunque, Horus non riusciva a capirlo, certo era che da lui si dipanava quella matassa di memorie rovinosamente intrecciate tra di loro.

« Non dobbiamo lasciare testimoni, ricordate le sue parole? »
Fu quella voce, infine, a ricordare al ragazzo di accantonare quelle domande e di concentrarsi ora, su qualcosa di ben più importante: la sua vita. L'adrenalina che scorreva nelle vene di Horus, contribuì a relegare quei pensieri in un angolino della sua mente, suggerendo al contempo l'unica salvezza possibile. Un topo, da solo, contro tre gatti poteva solo sperare di trovare un nascondiglio sicuro. E, accerchiato com'era, non poteva rischiare di attaccare nessuno: se anche solo ne avesse colpito uno, gli altri due avrebbero potuto ucciderlo e non c'erano dubbi che ne fossero in grado, non più: fu subito chiaro che essi non erano tre malviventi comuni. Rapido, dunque, pur sentendo il cuore rimbombare caoticamente dentro di sé, Horus non si fece attendere: mentre ancora la voce di uno dei tre rispondeva al compagno, il ragazzo, continuò a fissare i cespugli di fronte a sé, memorizzando il paesaggio così come qualche attimo prima aveva fatto con l'albero dietro al quale si era nascosto. Contemporaneamente, però, lesto, tese ed allargò leggermente verso l'esterno il braccio sinistro, piegando poi appena il polso all'indietro, quel tanto che bastava per far fuoriuscire appena la punta della bacchetta, in direzione della strada ove, presumibilmente si trovavano i loschi figuri, senza esporla troppo con l'intenzione di coglierli di sorpresa ora che sembravano aver preso sottogamba la cosa e ancora intenti in un discorso.
*Lumos Maxima!* Pensò intensamente il ragazzo, mentre serrava di scatto gli occhi e proiettava nella testa l'immagine di un potente lampo luminoso divampare nella strada. In quella semi oscurità, se fosse andato a buon fine, la luce intensa dell'incanto avrebbe ferito gli avversari più del normale, dando a lui un altro piccolo vantaggio.
Ma, ancora una volta, Horus non poté aspettare: finito di pronunciare mentalmente la formula, il Caposcuola portò il braccio al petto, celandolo, e, stringendosi ancor più saldamente alla sua bacchetta. Con la visione ben stampata nella coltre delle palpebre della mappa mentale che aveva memorizzato osservando fisso di fronte a sé, Horus corse in avanti, dando le spalle alla strada e al tronco che avrebbe dovuto fungere da scudo ancora per qualche istante, con l'intenzione di saltare dietro un cespuglio e accucciarvisi, celandosi ancora una volta alla vista dei tre e avere così uno scudo, se non più solido, almeno leggermente più esteso dei pochi metri di diametro di un tronco.
Era un topo, certo, e come tale doveva valutare bene le vie di fuga e i nascondigli, prima di poter agire furbamente come solo una preda sa fare, spinta dall'istinto di sopravvivenza.


«I'm not scared of dreams, when it's hard to survive the night. »



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• Bacchetta: in uso;
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• Pugnale Normanno: infilato nella cintura e celato dal mantello;
• Una collana con la Runa Hagalaz: indossato.



Pardon per il ritardo! :fru:
Comunque ci tengo a dare una specificazione sulla mia azione: dalla descrizione del posto data da Sirius in precedenza, ho dato per scontato l'esistenza degli stessi cespugli lungo il bordo esterno (quello che separa marciapiede da ville/parchi/giardini/vattelapesca del marciapiede. Se così non fosse, mea culpa e son pronto a schiantarmi in ogni dove.
Non ho pensato ad un muretto perché, ho supposto che in tal caso mi sarebbe stato indicato.
Non so bene se il cespuglio (se esista) delimiti o meno la Villa: mi sfugge poiché qui c'è scritto che è alla mia sinistra, ma privatamente mi è stato detto che era alla mia destra. [O forse ho capito ciucci pe lampadine dome al solito]. In ogni caso, chiedo scusa per un eventuale Metagame.
 
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view post Posted on 12/3/2014, 00:25
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Il Fato

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No, decisamente la situazione in cui si trovava Horus non era delle più felici. Solo contro tre strani personaggi mascherati che non avevano impiegato più di un secondo per atterrare il Caposcuola Grifondoro. Sirius era stato riconosciuto ma ... cosa aveva fatto? Perchè si era smaterializzato proprio lì? Piccole domande destinate a venir inglobate in altri e più pesanti quesiti. Chi era il Signore Oscuro e quale missione aveva affidato ai tre malviventi? Quel nome, pronunciato con timorosa riverenza quasi si trattasse di un re sanguinario, aleggiava ancora in tutta la sua drammaticità, Horus poteva sentirne le reminescenze fra le tempie pulsanti. Non era tanto il pericolo quanto il non sapere perchè si trovasse in quella situazione disastrosa, le spalle schiacciate contro il tronco ruvido di un pioppo, gli occhi guizzanti alla ricerca di un riparo migliore. Con la mente confusa ed i secondi contati non era facile tirare fuori uno straccio di piano. Ma quando tutto sembra perduto lo spirito di sopravvivenza centellina le proprie forze per incanalarle nei giusti sentieri, basta uno sprazzo di lucidità per trovare la via d'uscita.

"Oggi eravate in tre contro due mocciosi e le avete prese di santa ragione"

Il secondo mangiamorte sogghignò deridendo il primo.

"La classica fortuna dei principianti"

Quest'ultimo tornò in posizione eretta ed assestò un calcio fra le costole di Sirius. Era lui uno dei due mocciosi e l'avrebbe pagata cara.
Il terzo mangiamorte si avvicinò pericolosamente al tronco dietro al quale si era nascosto Horus, qualora avesse allungato il braccio avrebbe potuto toccarlo. Non si avvide della punta della bacchetta che spuntava dall'albero. O forse se ne accorse ma tempisticamente troppo tardi, un lampo di luce accecante squarciò l'oscurità illuminando la strada a giorno, fu un attimo, nessun residente si sarebbe probabilmente accorto della circostanza, a meno che non si fosse trovato nei pressi di una finestra. Il bagliore non fu devastante, mitigato dallo spazio aperto si spanse nell'aria perdendo quasi subito consistenza ma i tre mangiamorte, colti nuovamente di sorpresa, ne rimasero momentaneamente accecati. Horus lasciò il riparo e corse in avanti, aveva chiuso opportunamente gli occhi per evitare gli effetti del Lumus Maxima, la momentanea cecità non gli impedì un incedere sicuro, tempo per fotografare l'ambiente ne aveva avuto abbastanza. Spiccò un balzo superando il cespuglio ed atterrò sul manto erboso finendo su un fianco. Aveva fatto troppo rumore? Si trovava nel giardino di una villetta bianca come il latte, poco distante da lui una paperella gialla di plastica galleggiava beata sull'acqua di una piccola piscina gonfiabile perfettamente circolare. Dalla parte opposta, a circa tre metri da lui un grasso gatto tigrato lo osservava con palese curiosità, pronto a dileguarsi in caso di pericolo. Si trovava in mezzo ad una tribù di nani da giardino, probabilmente Horus non avrebbe notato la differenza se il felino avesse portato il capello a punta. La casa era buia e le tende tirate, nessuno parve essersi accorto di nulla.
Era solo, esattamente come prima. Il cespuglio faceva parte di una siepe che correva lungo il perimetro del giardino, era fitta e aggrovigliata ma lasciava comunque intravedere la strada. I tre mangiamorte, dopo il primo attimo di scoramento, trovarono riparo dietro i tronchi degli alberi, il pioppo lasciato dal Tassorosso ed altri due. Ci vedevano anche se gli occhi lacrimavano ancora. Il problema era capire dove avrebbero dovuto cercare. Tuttavia erano avvezzi al combattimento e sapevano che se fossero nuovamente tornati a mani vuote non avrebbero ottenuto alcun perdono. Uno dei tre, quello nascosto dietro il tronco del "pioppo di Horus" uscì lestamente allo scoperto scrutando davanti a sè. Con il braccio disegnò un cerchio pronunciando la formula in silenzio *Protego*
Il secondo, quello nascosto dal tronco di sinistra si sporse appena puntando la bacchetta davanti a sè *Homènum Revèlio*. La visuale si pienò di puntini luminescenti, ancorati ad altrettante funicelle, segno che la porzione investita dall'incanto pullulava di gente. Si trovavano tutti in casa tranne uno.


"E' lì"

Sentenziò uscendo alla scoperto ed indicando il cespuglio dietro al quale Horus aveva trovato riparo.



Ti trovi nel giardino di una delle villette, la casa dista circa dieci metri dalla siepe. Puoi vedere senza essere visto, di fronte a te si trova il tuo amato pioppo, dietro il tronco si è nascosto un magna magna. Gli altri due hanno trovato riparo dietro ad altri due alberi, uno situato a sinistra e l'altro a destra del tuo pioppo. Gli alberi sono perfettamente in linea e distano tre metri l'uno dall'altro. Il mangiamorte di destra è nascosto. Quello di centro è scoperto, vicino al tronco ma protetto da un protego non verbale. Quello di sinistra è appena uscito dal riparo. Fra te e loro c'è la siepe, distanza approssimativa 6/7 metri. Se non capisci contattami :fru:
 
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view post Posted on 9/4/2014, 18:06
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Horus R. Sekhmeth

~
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Più e più volte il mero istinto di sopravvivenza era riuscito a salvarlo da situazioni ostiche, a partire dalla Battaglia di Hogwarts. Ma mai, come in quel momento quando atterrò sul prato ben curato della villetta oltre i cespugli, come preventivato, Horus poté dire di esser stato tanto fortunato. Vuoi per l'assurdità che caratterizzavano i suoi piani —più simili a disperati atti suicida, che a veri e propri stratagemmi di sopravvivenza—, vuoi perché fortuna nella sfortuna, il Fato ancora non aveva deciso di tendere poi così troppo il filo della vita del ragazzo, il Tassorosso se l'era sempre cavata. Ma quel mero riparo era solo un momentaneo palliativo, niente di più niente di meno di quello che era stato il pioppo fino a qualche attimo prima: doveva muoversi ed in fretta ed un altro piano più o meno rischioso deva comunque esser tirato fuori.
Una volta toccato il suolo, Horus si appiattì prono, poggiando i gomiti a terra e arrischiandosi ad aprire a poco a poco gli occhi per una fugace occhiata: si trovava in un banalissimo giardino londinese, con nani di dubbio gusto a decorarlo e una piscinetta con una paperella, piazzata più o meno al centro.Per una frazione di secondo Horus desiderò essere quella paperella, al sicuro a galleggiare pigra sulle placide acque, salvo poi rendersi conto che: uno, non era il caso e che due, chi diamine era che teneva una piscina in quella stagione. Poco più avanti un sornione micio si godeva la scena, inaspettato invitato di quella che sembrava una burrascosa rimpatriata fra Sirius e i tizi incappucciati, più Horus come bonus (altrettanto non invitato). Rapido, il ragazzo, strisciò in avanti, premendo sui gomiti, senza tuttavia alzare il capo, gli occhi che saettavano dal paesaggio avanti a sé e il lato della strada protetto dai cespugli che, quantomeno, assicuravano una visuale protetta donando al ragazzo qualche indizio sulla posizione degli avversari. Al di là di essi, il ragazzo si accorse che due dei loschi figuri erano scomparsi alla vista, probabilmente nascosti dietro gli alberi o i cassonetti.
*Merda.*
D'un tratto, Horus sentì una sgradevole sensazione attraversarlo da capo a piedi, come se il suo intero corpo passasse sotto un velo d'acqua ghiacciata posto in mezzo al nulla di fronte a sé, ed un brivido lo scosse. Pochi attimi dopo, la voce di uno dei tre, sicura, lo identificò. Il ragazzo non seppe come diamine gli avversari avessero fatto a scoprirlo, ma non fu difficile ipotizzare che la strana sensazione provata qualche secondo prima fosse la risposta. In ogni caso, non c'era più tempo per pensare: strisciando velocemente a terra, non solo per togliersi da lì, ormai individuato, Horus cercò di avanzare leggermente in diagonale, con l'intento di proseguire fino a raggiungere parallelamente l'ultimo albero di sinistra, in modo da poter attaccare. Nella mente, riecheggiava una frase, pronunciata da lui stesso nell'ufficio del Ministro, qualche mese addietro che oramai sembrava lontano anni luce: "Allo stato attuale, mai e poi mai mi azzarderei di nuovo in una simile impresa." mentre lo sguardo severo ed eloquente di Camille gli appariva in tutta la sua temibile severità. Non stava per infrangere lo Statuto con un piccolo incantesimo, no affatto. Stava per fare un gran casino, ma del resto doveva scegliere: o schioppare in una piscina con la paperella come tomba, ma ehi, lo Statuto è stato rispettato, o andare avanti e pregare che il Ministro possedesse una buona e consistente squadra di Obliviatori... sempre se fosse riuscito a sopravvivere abbastanza da andarle a riferire prontamente l'accaduto.
Scacciando quei pensieri, una volta che l'albero fu quanto meno visibile, Horus, con il cuore che batteva forte, schiacciato dentro la cassa toracica, si preparò ad agire. Reggendosi sul gomito destro, Horus stese il braccio sinistro, puntando la bacchetta in un punto in cui i rami dei cespugli si allargavano quel poco che bastava per permettere al giovane di visualizzare il tronco dell'albero. Il respiro del ragazzo si fece più rarefatto per l'ansia, ma la mente, fino a quel momento annebbiata dalla paura delle conseguenze, divenne lucida, il piano che sembrava quasi premergli sulle tempie e sulla punta della lingua. Senza attender oltre, Horus, repentino, puntando la scarpa destra a terra, pronto, richiamò nella testa la formula, fissando il punto del tronco dove ipotizzava potesse essersi celato il Mangiamorte.

*Bombàrda!* Pensò intensamente, visualizzando davanti ai suoi occhi l'esplosione prender vita ai piedi del pioppo, coinvolgendo così l'eventuale Mangiamorte e sperando in un effetto domino con gli altri alberi e conseguenti brutti ceffi. Dopo aver terminato la formula, semplicemente, il ragazzo buttò tutto il peso a destra, cercando di rotolare via da quel punto, allontanandosi così dalla possibile esplosione e conseguente rischio di esser colpito a sua volta... con la speranza intrinseca che anche il gatto seguisse il suo esempio e si togliesse di mezzo.
Folle era folle, forse più di tutti quei piani che aveva sempre ordito, diviso tra forza di sopravvivenza e disperazione. Aveva mai visto tante cose in cui potevano andar storte? Decisamente, no.
Ma se tutto fosse andato bene, allora forse avrebbe potuto ribaltare le sorti di quella battaglia improvvisata, magari acchiappare Sirius e filarsela in un qualche modo. I Babbani, con un po' di fortuna, avrebbero potuto attribuire la cosa a qualche gang di teppisti col vizio di incendiare i cassonetti. Altrimenti... beh, stava al Ministero.
Ma il dubbio era, quanto ancora si sarebbe teso il filo della vita di Horus prima di spezzarsi definitivamente?


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Perdono ancora e ancora Y__Y
Comunque sia, siccome mi spiego da cani ho fatto la mappina di come IN TEORIA si sarebbe dovuto muovere Horus se il cortese Master approva e nessuna paperella/stro---simpatico magnamagna ostacola, più per capire.

ak2vDNW
 
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view post Posted on 24/4/2014, 15:24
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Il Fato

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Quanto ancora si sarebbe teso il filo della vita di Horus prima di spezzarsi definitivamente?
Gran bella domanda.
Per quanto coraggioso - o forse completamente incosciente - il Tassorosso non si era probabilmente mai trovato in una situazione del genere. L'incontro-scontro con Gaetanuccio bello sembrava lontano anni luce, in quel frangente era riuscito a barattare il suo bel faccino con una camiciolina di lana inesistente confezionatagli da pora nonna. Cosa avrebbe utilizzato adesso per uscire dai casini più neri? La paperella?
Per qualche strana magia i mangiamorte lo avevano individuato ma, anzichè tenere quella utile informazione per loro, si erano prodigati nel farlo presente anche al diretto interessato, regalando ulteriore terreno. Forse erano così sicuri di averlo in trappola o forse Voldemort si aggrappava alle spalle ingobbite di gente ignorante. Ancora una volta Horus pensò in fretta. In compagnia di gatto, nani e paperella, disteso sul soffice pratino privato di una villetta, si apprestava ad infrangere la promessa che aveva convintamente sostenuto davanti al Ministro. Cause di forza maggiore no? NO?
Spostandosi rapidamente in diagonale giunse di fronte all'albero di sinistra. Benchè lo avessero individuato con l'ausilio della magia non potevano vederlo a causa della folta siepe. Il terzo mangiamorte si era di poco sporto per inquadrare la zona dove il suo compagno aveva palesato la presenza del ragazzo, la testa si intravedeva per metà mentre il corpo rimaneva ben celato dal tronco. Due boati irruppero all'unisono, il primo attutito dal secondo, decisamente più roboante. Due nanetti da giardino, uno con gli occhiali e l'altro imbronciato schizzarono verso la parete esterna della villetta ed impattarono contro il muro sgretolandosi all'istante, segno evidente della mossa rapida di uno dei tre, che aveva attaccato sperando di colpire il Tassorosso. Nel contempo il tronco del pioppo puntato da Horus si squarciò, un urlo non meglio identificato seguì il boato mentre schegge affilate presero a volteggiare come impazzite. L'albero ripiegò su se stesso abbattendosi sulla strada, il mangiamorte che vi era nascosto dietro ebbe appena il tempo di alzare le braccia nel vano tentativo di proteggersi. Poi il silenzio. Il secondo mangiamorte, quello più lontano, sparì verso il giardino Savernake. Rimase il primo che, istintivamente, si mosse in avanti tuffandosi in diagonale oltre la siepe, finendo dritto dritto dentro la piscinetta. Questa, per l'impatto scoppiò e l'acqua sgorgò copiosa allagando il terreno appena adiacente.
E il gatto? Il gatto aveva annusato il pericolo, solo occhieggiando Horus si era immediatamente reso conto che quello rappresentava la classica calamita acchiappa guai (i felini hanno un sesto senso per queste cose) e si era opportunamente dileguato scomparendo dietro l'angolo della villetta prima della triste dipartita di Brontolo.
Naturalmente le esplosioni vennero udite da tutto il vicinato (Sirius a parte), in beve tempo molte luci si accesero, compresa quella esterna della villetta in cui si trovavano Horus ed il primo mangiamorte.
Fu in quel preciso momento che i loro sguardi si incontrarono.



La scena è "leggermente" cambiata, il terzo mangiamorte ci ha lasciati, schiacciato dall'albero che hai gioiosamente abbattuto. Il secondo mangiamorte si è dato alla fuga, per il momento è scomparso. Il primo mangiamorte ha avuto la tua stessa idea, è saltato oltre la siepe finendo dentro la piscinetta. Nessuna traccia della paperella. Quindi adesso vi trovate praticamente di fronte, a distanza di circa 5-6 metri. Vi vedete e siete a vostra volta visibili per via della luce esterna alla villetta che qualcuno ha accesso. In breve tempo la zona pullulerà di babbani.

Horus:
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Primo mangiamorte
PS:???
PC:???
PM:???
 
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