Quando nel 2003 arrivai in Italia, avevo sui 12 o 13 anni, ora non ricordo. Il mondo mi sembrava ancora un mondo che potevo guardare con gli occhi di un bambino: cartoni animati in Tv, partite di calcio al bar e sul campo, allenamenti di corsa, esercizi forzati, pizza con gli amici, e molto altro. A guardare quei giorni così, dall'alto dei miei 24, devo dire che era il periodo migliore e in contempo il più difficile della mia vita intera: se da un lato non conoscevo l'italiano e dovevo studiare come un pazzo per restare a pari passo coi altri, dall'altro potevo fare ciò che volevo, quando volevo. E questo generava odio e rancore. Mi ricordo ancora che ad alcuni di quelli che poi diventarono i miei amici non piacevo affatto; ricordo che non mi accettarono subito (o forse non mi accettarono mai? chi lo sa...) e comunque passò qualche mese prima che riuscii a socializzare. In quel tipo di felicità infantile (il poter essere libero ovunque e in ogni cosa), non trovavo ciò che mi apparteneva. Era un tipo di felicità che non riuscivo a sopportare, perché non era mio. Crescendo poi la cosa formò un tratto peculiare del mio carattere, che si sviluppò, si sviluppò sempre di più, fino a rappresentarmi completamente. In ogni caso, già nel 2003 o giù di li capii che la mia permanenza in Italia non era destinata a durare per sempre. Era un tipo di società per me completamente diversa; era più aperta sia alle cose positive, sia a quelle negative. Questo non riuscivo ad assorbirlo, e in fondo in quei 10 anni sono sempre rimasto un "diverso". Sono sempre stato quel tipo che non riusciva a ridere dinnanzi alle battute alla Tv, - per altro false, studiate e noiosissime, - non riuscivo a divertirmi al di fuori delle partite di calcio con i miei coetanei, i cui discorsi e la cui mentalità erano veramente noiosi, e, sopratutto, non riuscivo ad accettare quella mentalità del "scuola-casa-amici-casa". Cavolo! Voglio dire... C'è tutto un mondo da scoprire oltre l'orizzonte, e io sto seduto in un stanzino a leggere cose sulla geografia e matematica. Già allora, anche da bambino, capii che non era solo l'Italia con la mentalità delle persone qualunquiste a distruggermi: era il mondo, - il grande mondo, - a mettermi addosso un tipo di ansia, forse malinconia, che molti prescrivevano ai poeti, ma che io rivedevo in me pur non essendo un poeta. Era un tipo di nostalgia che non riuscivo a comprendere, poiché se da un lato avevo tutto ciò che mi serviva (una famiglia, un cane, tipo degli amici alle battute squallide dei quali ridere), dall'altro sentivo che ciò non mi bastava. Sentivo che anche il possedere un castello tutto mio non mi sarebbe bastato. Sentivo che qualsiasi cosa materiale non mi sarebbe mai bastata e non mi avrebbe mai reso felice. Sentivo che l'avere un lavoro, una famiglia, una vita consideravano normali, per me era solo una trappola. Volevo altro, volevo l'adrenalina, volevo vedere posti sconosciuti, esplorare i mari mai esplorati...
Poi iniziarono le superiori. Arrivarono i primi problemi. Verso la seconda/terza superiore capii che ormai di non poter più chiudere gli occhi sul mondo. Lo guardavo, e vedevo in esso solo molta ingiusizia, molto male. Vedevo in esso una cortina buia, e in contempo molto ordinata. Quasi come se ci fosse stata una mente, una mano ad averla fatta così. Poi arrivò la letteratura. Amavo la letteratura e i libri. Amavo le espressioni poetiche, quelle vecchie latine, amavo i libri di storia dove c'erano le foto dei panzer tedeschi e dei caschi americani. Mi appassionai anche alla guerra, e iniziai a vederla quasi come fosse una cosa positiva. Anche allora mi dissi che una vita vissuta tra le pantole di casa e le mutande di famiglia sarebbe valsa meno di zero; pensai che era la tipica vita delle formiche e della routine quotidiana: peggio della morte.
La guerra invece mi appassionò. Al di la di come mi piaceva organizzare delle risse con qualcuno e picchiarmi fino al sangue, sentivo che nella guerra vi era quel
qualcosa di veramente umano. Quel combattere...
Crebbi ancora. E crescendo capii che non potevo rimanere in disparte a guardare tutte le ingiustizie del mondo. Non potevo guardare il mio compagno di banco girare con un coltello nascosto, non potevo guardare come i ragazzi più grandi picchiavano quelli più piccoli e li picchiavano pure in gruppo. Non potevo guardare, eppure non facevo nulla, il più timido di tutti, il primo della classe, che ogni tanto si limitava a difendersi da qualche torto subito. Capivo di dover fare qualcosa, eppure non facevo mai niente in difesa dei più deboli. In realtà capivo anche di poter fare qualcosa, e nell'istante stesso vi era comunque quel senso di ansia e di inquietudine in me, che non mi permetteva di agire, che mi faceva pensare che non sono fatti miei, che il bullismo è normale. Ora come ora me ne pento, ma tant'è anche allora compresi che qualcosa nel mondo era andato storto. Che forse il Bene, - quello vero, non quello che portavano dagli USA, - era andato perduto da qualche parte. Dunque arrivarono i primi conflitti con la religione. Pur cresciuto in una famiglia parzialmente cristiana, non sopportavo il cristianesimo, non sopportavo la religione, non sopportavo che qualcuno potesse dire di conoscere Dio, di dettare delle regole e delle leggi sui mondi invisibili. Non sopportavo che qualcuno potesse comprarmi con delle false credenze o con del perbenismo superfluo. Mi sbagliai, ma credo che quel periodo della mia vita fosse necessario.
Intanto arrivò la fine del liceo. Leggendo qualche libricino di storia, letteratura, filosofia, avevo ormai assunto una posizione specifica e in contempo particolare. Mi era ben chiaro che il mondo circa dopo gli anni 70'-80' era andato storto. Mi chiesi anche cosa sarebbe successo se la Seconda mondiale fosse finita con la vittoria dell'Asse, e lo chiesi a tante persone che però non mi risposero. Tutti dicevano le stesse grandi banalità, tutti avevano diviso il mondo in buoni e cattivi, in angeli e demoni, dimenticandosi che la politica è solo la politica.
Al liceo mi presi un 89 sudato durante 5 anni di studio, che però non valeva un fico secco. Era un voto tanto per. Uno di quelli che nela realtà delle cose non aveva alcuna importanza. Nessuno mi avrebbe mai dato una pagnotta per un voto al liceo... Cinque anni sprecati dunque. Cinque anni sprecati tra i banchi di scuola, mentre avrei potuto fare altro. Mentre avrei potuto crescere, fare esperienze nuove, viaggiare fino all'orizzonte e oltre.
Finita la scuola ho due mesi per decidere cosa fare. Combattere? Con chi? Per cosa? Il poter fare qualcosa per migliorare quel mondo così lontano, così perso, così piccolo e infantile...
E dunque università. Ancora prigione per altri ennesimi anni. Forse. Oppure esperienze nuove... Sì. molte esperienze nuove.
Dato che il mio conflitto con la religione non era ancora estirpato pienamente, dato che sentivo ancora molto rancore per chi aveva creato quel mondo e aveva oppresso ai suoi abitanti fino a vivere nelle frivolezze più grigie, non volevo smetterla di essere quel che ero: un convinto agnostico, un quasi ateo sempre in protesta. Pensai dunque bene di iniziare a scavare, e iniziai a scavare. Dapprima internet, esoterismo, occultismo, dunque l'avvicinamento alla magia rituale, incontri, tavole Ouija, spiritismo, viaggi OBE... Che diamine di mondo! Poi satanismo. Sì. Quel satanismo. Non mi era mai piaciuto: i satanisti sono dei grandi egoisti, eppure mi affascinava. Sofferenze adolescenziali... Al contempo alle mie ricerche esoteriche si aggiunsero anche quelle politiche. Conobbi ragazzi di Forza Nuova e CasaPound, e mi dissi: "loro la pensano come la penso io". Da li si sviluppo tutto. Da li capii quanto era importante
vivere. Capii che il mondo non è quel che è. Che la storia è scritta dai vincitori. Capii che sono sempre stato
quello, che il mondo mi ha rifiutato, ma che io avevo senso di esistere perché ero nel giusto, perché volevo sacrifichermi per un'Idea, perché volevo alzarmi in piedi e gridare: "svegliatevi! c'è una cultura da difendere! c'è una tradizione da preservare! il sacrificio che può cambiare vite, che può cambiare menti... che dal "io voglio" può portare sul "noi".
I giapponesi hanno un termine molto bello nella loro lingua. Non ricordo precisamente quale, ma se non sbaglio è Ikigami. Ciò che è Ikigami è il leimotiv della vita, ciò che ti fa svegliare ogni giorno con lo stesso pensiero in testa, ciò che ti fa camminare in una direzione sola, ciò che ti fa battere il cuore e ti spinge verso un'Idea. E' importante avere un'Idea, e la mia l'ho trovata.
Che sia in un modo o nell'altro, è importante che il mondo cambi. E' importante che le anime assopite dalla schiavitù del denaro si risveglino. E' importante che le persone inizino a Credere di nuovo in un altruismo puro e genuino.
La belletristica mi piace, ma è solo belletristica. "Belles lettres". Fine. Niente di più. Come una ragazza può essere bella e niente di più, così anche la belletristica è la bella letteratura e fine. Niente di più. Una macchina, in fondo, è solo una macchina, ma un libro che ti permette di incamminarti su una strada e a non pentirti mai. In questo periodo ho conosciuto gente stupenda. Ho conosciuto persone che erano pronte a darmi spalla forte quando ne avevo bisogno, a differenze di tutti i miei "amici" qualunquisti, sempre pronti a indossare la loro maschera e scappare.
Una volta che si aprono le pagine del libro "Militia", è difficile fermarsi. Loro sono pieni di quel pathos umano, che perfettamente descrive ciò che si prova a essere
camerati. Morire per l'altro; dare la vita in virtù di ciò che può essere una speranza. Scavalcare tutte le logiche razionali e vivere con il Cuore.
Nient'altro.
Questo breve racconto, pieno errori e orrori, voglio dunque dedicarlo a tutte quelle persone che non hanno ancora trovato il loro Ikigami. Che non hanno ancora trovato il motivo per cui vivere, per cui spargere intorno a sé felicità e affetto, e incamminarsi sulla strada della rettitudine morale. Lo dedico a quelli che non riescono a vedere nel mondo un motivo per cui vivere, sperando che prima o poi l'anima assopita nella pestilenza del possesso materiale posso di nuovo respirare aria libera e iniziare quella rivoluzione morale ed etica tanto necessario per ritrovare la capacità di amarsi, di donare e di sacrificarsi.
Questo breve racconto di ciò che, molto parzialmente, furono le mie esperienze è anche un omaggio a tutte quelle splendide persone (italiani, spagnoli, russi, finlandesi, tedeschi, polacchi e non solo) che hanno già trovato il motivo per cui combattere per un mondo migliore, e seppur in inferiorità numerica, portano avanti la loro battaglia con il cuore più puro.
VideoAnni di torpore, anni di appiattimento
Una generazione senza sentimento
Non ci sono slanci, non c'è più tensione
Per il combattimento non c'è più una ragione!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
Il cancro consumista le menti ha devastato
Giovani senza ossa il solo risultato
Giovani perduti, quanti anni buttati
Signori del sistema non ci avete piegati!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
Riaffiorano i ricordi degli anni di passione
Ritorna il vecchio sogno per la rivoluzione
Racconti senza fine di gente che ha pagato
Non puoi mollare adesso la lotta a questo stato!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
Scontri nelle piazze con spranghe nella mano
I rivoluzionari non son caduti invano
Fuoco della rivolta sta bruciando ancora
Dell'insurrezione risorgerà l'aurora!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
Tirannide borghese ancora poco tempo
La rivoluzione scoppia in un momento
Tirannide borghese ancora poco tempo
La rivoluzione scoppia in un momento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!
La rivoluzione è come il vento!