Icy Moon, Paul e Arya

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view post Posted on 18/4/2014, 19:05
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Nella fissità dell’istante, che quasi pareva dar luogo ad un sadico gioco di contrasti, Paul riponeva ogni speranza nelle catene naturali cui aveva prestato le sue ultime risorse. Le vide sbucare dal terreno come braccia di un’entità che si aggirava nel sottosuolo, che faceva del silenzio l’arma con cui ambire alla vittoria; e trattenne il fiato, contemplando ogni singolo nodo irrobustire quelle radici nell’attesa di ghermire, intrappolare il nemico. *Ci sei quasi...*
Ma se era vero che il silenzio era il solo alleato in grado di condurli alla riuscita, anch’esso non mancò di abbandonarli senza alcuna riserva.
-Avanti...cosa aspetti?-
Una voce lo aveva interrotto, riscosso l’attenzione su quel che si svolgeva in superficie. Paul non ebbe bisogno di indagare, si voltò di scatto verso la figura distinta della ragazza, e partecipò ignaro al gesto che segnò l'ennesima, irreparabile svolta. Il respiro ancora esitante, in un rimasuglio del precedente stato d'animo, questa volta si fece aspro e sonoro, mentre gli occhi fissavano impietriti quanto disperazione e inconsapevolezza avevan concepito. Seguirono il rivolo di sangue macchiare volubilmente il braccio della ragazzina, esponendosi al pericolo e gridandogli anzi di farsi avanti. Ad urlare più forte, in un muto quanto ormai inutile tentativo di cambiare la sorte di quegli ultimi istanti, fu l'espressione del ragazzo, sulla quale si era riversato il terrore derivante dalla consapevolezza… *N-no…*
Consapevolezza di cosa quel gesto avrebbe comportato.
Un ultimo, illusorio attimo di immobilità, e quanto non era riuscito a declamare, inesorabilmente avvenne. La mole trepidante della bestia si ritrovò a vibrare sul corpo indifeso della ragazza, mentre i rumori, le immagini ed i movimenti riprendevano a mescolarsi freneticamente davanti ai suoi occhi. Nuovamente incapace di scegliersi un ruolo attivo in quello svolgersi spietato di sventure, restò impotente di fronte alla furia micidiale del licantropo, mentre il battito accelerato del cuore e il sordido pulsare della testa gli suggerivano che non voleva esservi indifferente. Così come non lo era stata la ragazza, che seppur non supportata dalle conoscenze necessarie ad affrontare coscienziosamente il pericolo, si era munita di coraggio fino a sfiorare il martirio.
*Che cosa…significa?*
E perché lui, così critico verso i valori estremi e i sentimenti avventati, si sentiva punto dall’audacia di quella ragazzina? Perché, nella disperata desolazione che lo stringeva in quella notte inconsueta, anelava ad un confronto con quelle virtù che aveva sempre ritenuto scontate e dannose?
*Riprenditi allora, stai diventando un patetico guscio traboccante insicurezza.*
E fu così che qualcosa dentro di lui si smosse, con una sveltezza quasi rassegnata, accendendo un barlume di empatia verso qualcuno che non fosse egli stesso. L’amaro che i pensieri si eran lasciati dietro era come un repellente per la sua determinazione; ma l'orrida visione cui stava assistendo, ciò che ancor più spaventosamente la sua mente aveva elaborato, ogni cosa in quegli istanti decisivi urlava alla sua natura di opporsi a quello scempio.
Rimise a fuoco la scena, e ci fu un momento in cui il macabro spettacolo verso il quale stava avanzando si tinse di rosso; macchie vermiglie che s'impressero nel suo sguardo corrompendolo, contagiandolo della stessa furia che animava la bestia. Seguì quella scia dipartirsi dalla ragazzina, ferita e provata, e condurre il suo sguardo verso il lupo, che ora osservava la preda come fosse in dubbio sulla sua sorte. Ma lui sapeva che si trattava di una mera impressione, e che nulla nelle intenzioni della creatura poteva essere soggetta a ripensamenti. Così come sapeva che quell'ira omicida eppur involontaria non si sarebbe placata senza un intervento mirato.
Lui lo sapeva, ne era a conoscenza, era in grado di agire con cognizione di causa, non sarebbe brancolato nel buio. Poteva affrontare la situazione da una posizione di rilievo, e questa egocentrica constatazione, lo seppe ancor prima di verificarlo, contribuì a dissolvere gli ultimi dubbi che lo immobilizzavano.
Con il corpo proteso in avanti, fremente di collera, levò il braccio armato contro la creatura, il polso rialzato e la bacchetta diretta alla testa, lasciando finalmente che quelle conoscenze dessero i loro frutti, facendo luce in quegli attimi di tenebra. *Lucis Ambitus!*
Avrebbe potuto farlo al momento opportuno, prima che la situazione degenerasse, e forse in seguito gli sarebbe dispiaciuto non aver saputo fare la differenza. Ma non adesso. Ora quella sua vena narcisistica, la stessa che lo avrebbe fatto rabbrividire nello scoprirsi diretto di corsa verso la giovane riversa sull'erba, sembrava essersi assopita.
Rallentò vicino ai primi schizzi di sangue denso, mentre il disgusto ed una confusa eccitazione aumentavano il suo battito cardiaco, e percorse con sguardo acceso il corpo della ragazza. Con inesorabile fatalità gli occhi si soffermarono sulle zone insanguinate, dove il tessuto zuppo di liquido lucente nascondeva a malapena le ferite inflitte dalla creatura... se quella visione lo avesse sconvolto o meno, non riuscì a valutarlo, preda improvvisa di una gelida ansia.
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 22/4/2014, 01:30




Aveva lasciato scivolare il braccio contro il fianco, aprendo il palmo della mano destra, permettendo così alla pietra di ricongiungersi col manto erboso, il grido di sfida rivolto all’animale non le sembrò nemmeno appartenerle, un gesto avventato, forse troppo per poter essere realmente scaturito da lei, ma quella situazione era fuori da ogni suo controllo, si era lasciata guidare dalla disperazione e da un insano spirito di sopravvivenza che l’aveva portata a compiere quell’atto che, probabilmente, avrebbe potuto porre fine alla sua esistenza piuttosto che salvarla.
L’imponente lupo non se lo fece ripetere due volte, accolse l’invito a cena, non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto del balzo di quest’ultimo che se lo ritrovò addosso, non che la cosa avesse importanza, ormai non avrebbe più potuto opporre resistenza, sapeva che, così facendo, avrebbe messo il suo destino nelle mani del ragazzo che con lei aveva condiviso quell’incontro, non poteva sapere che, in realtà, a decidere le sue sorti, sarebbe stata anche la volontà di quell’animale.
Aveva chiuso gli occhi, non voleva assistere alla scena della sua stessa morte, sentiva il peso della bestia sul suo addome, ma quello era il meno, avrebbe potuto sopportarlo, smise anche di sentirlo non appena i denti dell’animale perforarono la sua carne, stringendo la sua spalla in una morsa, il dolore provato nel ferirsi volontariamente il braccio non era nulla in confronto, sentiva le fauci insinuarsi sempre più in profondità, ma non aveva la forza di reagire, di opporsi e neppure quella di urlare, credette di farlo, ma non era sicura, sentiva il suo sangue caldo sgorgare dalla ferita e le forze venirle meno.
La convinzione che l’aveva spinta a quel gesto così sconsiderato sembrava ora vacillare, sovrastata dal pensiero che nemmeno il ragazzo avrebbe più potuto fare nulla, si aspettava di sentire la carne separarsi dal resto del suo corpo e, forse, solo l’attesa di quel dolore le permetteva di non svenire per quello che già provava in quel momento.
Salvarsi o metter fine a quell’agonia, quello era lo scopo della sua azione, se la prima opzione sembrava ormai sfumata, non le restava che sperare nella seconda, sperare che il lupo non fosse solito giocare con le sue prede e che mettesse fine alle sue sofferenze il più in fretta possibile.
Non si rese nemmeno conto di essere ora di nuovo libera dalla presa dell’animale, almeno fino a quando non sentì la ferita alla spalla pulsare ed il sangue rigarle il braccio, riaprì gli occhi, forse era solo una sua impressione, forse ormai era così vicina al suo ultimo respiro da non sentire più nulla.
La vista leggermente appannata, ma il corpo imponente della bestia non era più sopra di lei, per un istante credette di essere morta, ma fu un lancinante dolore alla spalla a farle rendere conto che non era ancora finita, che si trovava ancora lì ed ancora in balia di quella creatura, istintivamente portò la mano destra alla spalla ferita, stingendola nella speranza di alleviare il dolore, ma con scarsi risultati.
Le girava la testa, ma non poteva permettersi il lusso di abbandonarsi a quella sensazione
*Perchè?* non riusciva a comprendere il motivo di quel cambio di rotta, perchè l’aveva lasciata andare? Non era normale...l’aveva in pugno, era un animale, avrebbe dovuto banchettare con lei e invece dopo averla azzannata l’aveva lasciata nuovamente libera, non riusciva a capire, qualcosa in tutta quella situazione non tornava.
E di nuovo un barlume di speranza sembrava farsi strada in mezzo alla rassegnazione, si era ormai quasi crogiolata nell’idea che tutto potesse finire, nel peggiore dei modi, ma sarebbe finito, mentre la presa dell’animale si faceva più salda sulla sua spalla aveva abbandonato qualsiasi speranza, ma ora, ora era diverso, era ancora lì, era ancora viva e per quanto quella condizione potesse essere solo temporanea, era abbastanza per permetterle di sperare.
Osservò la ferita, non riusciva nemmeno a capire quanto fosse grave il danno, il braccio interamente cosparso di sangue, mescolato alla saliva del lupo, non riusciva a vedere quanto effettivamente fosse profonda o estesa la ferita e non aveva idea di come fare a tamponarla, ma se quella possibilità di farcela era reale, avrebbe dovuto cercare di resistere e per prima cosa si sarebbe dovuta rimettere in piedi.
Facendo leva sul braccio buono cercò di sollevarsi per mettersi a sedere, ma era troppo debole, riuscì appena a sollevare la schiena posando il peso sul gomito destro, ora poteva nuovamente vedere il suo carnefice, ancora lì, irto sulle quattro zampe che la fissava, quasi indeciso sul da farsi ed era proprio in quei momenti che le sicurezze della ragazzina vacillavano, quando si rendeva conto che qualcosa, in quell’animale, non quadrava.
Posò lo sguardo nel punto dove poco prima il compagno era atterrato a causa del colpo infertogli dall’anomala creatura, ma non lo trovò, non l’avrebbe biasimato se ne avesse approfittato per scappare, ma si rese conto che non era andata così quando lo vide avvicinarsi a lei.
Cercò di recuperare la sua bacchetta, non era distante, ancora posata nel punto dove aveva colto la pietra, se anche il ragazzo l’avesse raggiunta, si sarebbero nuovamente trovati al punto di partenza, anzi, forse anche peggio, lei era debole, non sapeva quanto effettivamente avrebbe potuto aiutarlo, ma ci avrebbe almeno provato.
Stringendo i denti e sopportando a stento il dolore che non accennava ad abbandonarla, si allungò in direzione della sua arma, il braccio era teso, disteso sull’erba e le dita tentavano di afferrarla, riuscì a sfiorarla con l’indice, ma dovette ritrarsi tornando a stringersi la spalla dolorante, il sangue continuava a fuoriuscire dalla ferita, ma ancora una volta non volle arrendersi, allungò nuovamente il braccio verso la bacchetta, sentiva di poterci arrivare ed una volta afferrata, non avrebbe potuto far nulla per curarsi, ma avrebbe potuto tentare di evitare un nuovo attacco.

 
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view post Posted on 27/4/2014, 20:22
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La situazione era ormai degenerata: i ragazzi non erano riusciti a riaversi dalla sorpresa in tempo da reagire opportunamente all’attacco del lupo. Entrambi avevano optato per mosse disperate e istintive che avevano portato il livello di pericolo a salire esponenzialmente, rendendo la situazione sempre più critica: attaccare direttamente un avversario di quella portata non era mai stata una buona idea e Paul ne pagò le conseguenze quando la sua pianta rimase sospesa a mezz’aria, senza danneggiare minimamente l’avversario. In quel frangente fu Arya ad avere l’idea giusta, decidendo di ferirsi fino a far sanguinare il braccio e la luna sopra i due giovani fu silente spettatrice dell’istintivo attacco di Selene alla ragazzina. Il braccio sinistro di Arya risultava parzialmente dilaniato, così come la spalla corrispondente. A quel punto, a Selene non restava che finirla, in modo da arrestare il propagarsi della malattia che le aveva involontariamente trasmesso e che, diversamente, si sarebbe manifestata in lei nei successivi trenta giorni. Ma al contempo, era consapevole della presenza dell’altro ragazzo: doveva occuparsi anche di lui… ma era da sola. Cosa doveva fare? Nel tempo che le occorse a prendere quella decisione, i due ragazzi avevano avuto il tempo di reagire: Paul aveva racimolato tutte le conoscenze di cui era in possesso capendo, infine, cosa fosse meglio fare e si era deciso ad agire. Non avrebbe potuto neanche volendo risparmiare Arya dal contagio, ormai, ma era stato sufficientemente rapido da impedire che tale sorte toccasse anche a lui. Almeno per il momento. Selene, assuefatta dall’odore del sangue e dalla carne che ancora era impigliata tra le sue zanne non sapeva decidere a chi dare la priorità e ciò permise al ragazzo di castare un incantesimo semplice ma utile, che gli permise di mettere in difficoltà la lupa, rendendola momentaneamente impossibilitata a vedere (- 12 PS) e causandole un cerchio alla testa. Paul ebbe così il tempo di riunirsi alla compagna, che, nel frattempo, era riuscita ad allungare il braccio abbastanza da afferrare la bacchetta, nonostante la testa continuasse a girarle vorticosamente. A quel punto, non restava loro che fuggire… o il Fato aveva qualcos’altro in serbo per loro?

Paul, statistiche invariate,

Arya:
Ti gira la testa, il braccio che ti sei ferita e la spalla sinistra ti sanguinano, quest’ultima in maniera abbastanza vistosa. Perderai 5 PC ad ogni turno se non poni rimedio.
PS: 81/111
PC 56/61
PM: 61/61

Selene
Punti Salute: 143/170
Punti Corpo: 190
Punti Mana: 160
Punti xp: 25
 
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view post Posted on 29/4/2014, 19:38
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La terribile morsa che gli stringeva le viscere continuò a propagare ondate di gelo sulla sua pelle, mentre gli occhi, serrati per lo sforzo di mantenere la calma, passavano in rassegna i resti di quel macabro spettacolo.
I segni sul corpo della fanciulla, macchie rosse velate d'ombra, parevano i cupi emissari di una verità terribile e perentoria, che si celava dietro la figura stessa del loro nemico. Riusciva quasi a sentirli sussurrare, a lui che sapeva ma non poteva opporsi, la condanna che si trascinavano dietro; mentre tacevano, subdoli, nei confronti della loro ignara vittima.
Sul suo sguardo amareggiato sfrecciò fugacemente un'immagine di pochi istanti prima, rievocando l'attimo che aveva decretato quella spiacevole sorte. Lo rese di nuovo spettatore del reo contatto fra la bestia e la ragazza, rincarando la dose di dolorosa consapevolezza. E in quell'istante capì, rabbrividendo d'angoscia, di esser stato inevitabilmente designato messaggero di tale scomoda evidenza.
Un flash di luce abbagliante riaccese d'un tratto la speranza, sollecitando i suoi nervi a tenere duro e a reagire. Si voltò rapidamente alle sue spalle, l'istante necessario a verificare l'esito riuscito della sua opera; e, facendosi scudo contro la fulgida aureola che irradiava attorno al ghigno contrariato del lupo, decise che quello era il momento di rivoltare la situazione.
S'inginocchiò sull'erba umida, avvertendo con uno spasmo di avversione il contatto del terreno lercio, e abbattè una volta per tutte il muro di timore che il suo stesso essere cinico soleva ergere fra lui e gli animi estranei. Si protese verso la ragazza, ignorando lo strano nodo che pareva avvinghiargli il petto, e le pose una mano sul braccio ferito.
Soltanto la vista di tutto quel sangue, e l'ostilità nel percepire quanta vulnerabilità evaporasse da quei solchi scavati nella carne, permisero ai suoi occhi di risalire fino al volto della giovane strega.

« Non possiamo fermarlo, l'unica mossa saggia è fuggire... » Le parole risuonarono atone, insignificanti; persino lui riconosceva quanto poco fosse convincente, una verità incompleta. *Continua.* Scrutò un ultimo istante il suo volto, leggendovi quelle emozioni che condividere era ancora troppo doloroso per lui, e rinsaldò lentamente la presa sul braccio di lei, quasi un contatto prolungato potesse aiutare il suo animo ad essere più sensibile.
« E' un licantropo. » In quelle tre parole emesse con voce roca, ritrovò un calore e un'umanità che quasi lo sconvolsero, tanto era stato arduo e disperato il tentativo. E ad evitare che ciò si ripercuotesse sulla sua coscienza, generando scompiglio nella sua testa, giunse prontamente quell'urgenza che lo aveva spinto, negli ultimi istanti, a mettere al bando le riflessioni.
*Agisci.* Non faticò a riguadagnare il distacco e la lucidità necessarie ad andare avanti; riportò la sua attenzione sulle ferite della ragazza e la mano chiusa attorno alla bacchetta riprese a formicolare, trepidante.
Gli squarci pulsanti che si aprivano sull'esile spalla della giovane, lasciando defluire sempre più rischiosamente le sue energie vitali, continuavano ad incutere nel ragazzo una sorta di ambiguo turbamento. Dovette costringersi ad ignorare il vero e più profondo significato di quelle ferite, convincersi che i freddi raggi della Luna, silente fautrice del disastro, fossero gli indifferenti riflettori di un insolito spettacolo. Soltanto fingendo quelle premesse, riuscì a considerare senza inquietudine l'opportunità di lenire la sofferenza della sua compagna.
Forte di quella giusta intuizione che, andando a sfruttare una debolezza certa del licantropo, gli aveva permesso di guadagnare tempo, si diede il via libera decisivo. Mosse la bacchetta in un cerchio orario, visualizzando il tessuto dilaniato oltre i brandelli di pelle insanguinata, e la diresse con un colpo delicato verso la zona più danneggiata, sfiorandola con la punta.
« Artum Emendo. » Rimettere in sesto l'arto non rientrava nella priorità di quell'incanto; l'unico effetto sperato, sul quale concentrò tutte le sue forze, era di ammortizzare il danno, rallentare l'emorragia sanando anche solo parzialmente gli strati lacerati. Solo per poter fuggire. Le ferite più profonde, tracciate dalla bestia e contaminate dalla sua furia, quelle affondavano ormai nell'animo della ragazza. A quelle non vi era cura.
Deglutì, ricacciando ancora una volta quel contrasto di sensazioni ambigue che gli saliva dal petto. Vi era qualcosa di profondamente sbagliato, o forse soltanto incompreso, nelle sue reazioni spontanee. Ma non poteva pensarci, doveva rifuggirle.
Aveva compiuto un passo verso la ragazza, cercando di aiutarla, di trasmetterle quella dolorosa consapevolezza, soltanto perché potesse comprendere quanto lui che non vi erano alternative. Forse sarebbe riuscito a smaterializzarli entrambi e, sapeva, anche quel gesto avrebbe richiesto un'impresa non indifferente.
In quel marasma di pensieri fugaci e considerazioni frettolose, alimentate dall'atmosfera d'impellenza che si era creata in quegli ultimi istanti, l'
Io con cui era solito riflettere si era camuffato in un noi. Il desiderio inconscio di condividere quel momento, e di superare gli ostacoli del suo essere, travestito da compassione.
Se ne sarebbe reso conto, e forse avrebbe capito a cosa fosse dovuta quell'anomala e ambigua eccitazione che si ostinava a non considerare. Ma era troppo impegnato a fuggire.
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 1/5/2014, 01:40




Riuscì a stringere nuovamente tra le sue dita la bacchetta che giaceva a terra poco distante da lei, voleva rialzarsi, doveva rialzarsi e reagire, approfittare di quell’attimo di esitazione dell’animale, ma non ci riuscì, sentiva ancora la testa girarle ed ogni tentativo di rimettersi in piedi sembrava più complicato di un compito di pozioni, il dolore alla spalla sinistra non accennava a diminuire, così come il sangue non sembrava voler arrestare la sua fuoriuscita.
Mente per l’ennesima volta tentava di sollevarsi, almeno quel tanto che bastava per poter azzardare un attacco verso il suo assalitore, dovette socchiudere gli occhi, una spirale di luce aveva colpito l’enorme lupo, apparentemente stordendolo.
Era deciso, quello era il momento perfetto per agire, cercò di raccogliere le poche forze rimaste quando si accorse che il giovane l’aveva raggiunta ed ora era in ginocchio accanto a lei, preoccupato, turbato, forse anche troppo, almeno agli occhi della ragazzina, era ferita,vero, ma lo sguardo di lui la preoccupava più del braccio lacerato.
Sentì la sua mano sulla spalla, una smorfia di dolore le si dipinse in viso, glielo lesse in volto quando incrociò i suoi occhi, qualcosa non andava, qualcosa che nemmeno lui sembrava avere il coraggio di dire, forse stava appunto solo esagerando


-Sto...bene...più o meno-

Stava rassicurando lui o se stessa? Forse entrambi, l’ultima cosa di cui necessitavano erano preoccupazioni in più, l’obiettivo era sopravvivere, una volta in salvo avrebbero pensato al resto.
“Non possiamo fermarlo, l'unica mossa saggia è fuggire...”
Perchè quelle parole le suonavano incomplete? Nemmeno lui sembrava particolarmente convinto di ciò che diceva, ma perchè? Non appariva un’idea poi così sbagliata.
Dovevano fuggire, quello era vero, ne avevano forse anche la possibilità ora, ma sarebbero davvero riusciti a farcela o sarebbero stati inesorabilmente raggiunti dalla bestia non appena si fosse ripresa?
“E' un licantropo.”

*Un...che? Parliamo di quelle stesse creature che si vedono nei film dell’orrore?* le si gelò il sangue e nella sua mente non ci fu spazio per altro in quel momento, non le sembrava nemmeno che tutta quella faccenda fosse reale, magari era svenuta e se lo stava sognando *Non è vero, non esistono...esistono?* Non si era mai posta il problema, cioè vada la magia, vada tutte le cose strane, ma non si era mai preoccupata di scoprire fin dove quelle che nel mondo babbano erano solo storie, nel mondo magico potessero essere realtà e ora si sentiva trascinata inesorabilmente in uno di quei racconti che in passato aveva letto *No...aspetta...se...se quello è un licantropo* distolse lo sguardo dal ragazzo abbassandolo sulla sua ferita, sperava che fosse solo un brutto sogno o per lo meno che tutte le storie non fossero vere *Non voglio diventare come quella cosa*
Okey, forse era confusa, decisamente troppo confusa e si stava fasciando la testa prima di rompersela, magari le storie non erano vere, magari sì, ma c’era una cura, di sicuro non avrebbe risolto nulla stando lì a contemplarsi la spalla.
Non riusciva però a togliersi quel pensiero dalla testa, non era decisamente il luogo più adatto per mettersi ad intavolare un discorso sui licantropi, ne avevano uno lì davanti che probabilmente si sarebbe ripreso a momenti e li avrebbe attaccati di nuovo, dovevano scappare eppure ora la sua priorità era capire cosa sarebbe successo.
Voleva fermare il tempo, forse l’avrebbe anche riavvolto se ne avesse avuto l’occasione, ma non si sarebbe mossa di lì senza le risposte che cercava, o forse si sarebbe servita nuovamente su un piatto d’argento al licantropo piuttosto che affrontare le conseguenze di quel morso.
Osservò l’animale, se così poteva definirlo, ancora stordito, lo odiava e si sentiva un’idiota per essersi cacciata da sola in quella situazione, la pressione che il ragazzo fece sulla sua ferita la costrinse a guardarlo di nuovo
*Che...* stava tentando di curarla, o per lo meno di impedire al braccio di continuare a sanguinare.
Stava perdendo tempo con lei invece di approfittare del leggero vantaggio acquistato sulla bestia, doveva prendere altro tempo, almeno, se non per lei, per lui.
Non sapeva se sarebbe riuscito nel suo intento, se la sua ferita ne avrebbe giovato o se fosse solo un tentativo disperato, cercò di non spostare più di tanto il braccio per evitare di vanificare i suoi sforzi, posando semplicemente la mano a terra nel tentativo di far leva per tirarsi su, ma il dolore impediva all’arto di sopportare tale sforzo.
Portò allora il destro intorno al collo del ragazzo, posando la mano, nella quale ancora stringeva la bacchetta, sulla spalla di lui e, usandolo come appoggio, riuscì a mettersi seduta.


-Grazie-

Fu quasi un sussurro imbarazzato, pronunciato non appena la testa smise leggermente di girare per lo sforzo, lo liberò da quell’abbraccio, ora doveva puntare il suo obiettivo, doveva concentrarsi solo sull’animale.
Fissò le sue zampe, immaginandole di piombo, così pesanti che nemmeno la sua possente mole avrebbe potuto smuoverle dal terreno, voleva inchiodarlo a terra, impedirgli di raggiungerli, magari anche avvicinarsi e porre fine alla sua esistenza, ma non ora, non in quel momento, liberò la mente da tutto ciò che non centrava, concentrandosi solo sulla pesantezza delle sue zampe.
Cercando di non perdere quell’immagine e costringendosi a non sentire il dolore, puntò la sua arma in direzione di quelle che dovevano essere le grosse caviglie della bestia e mentre compiva il movimento pronunciò parte della formula
-Pedès- ora non le restava che portare a compimento l’incantesimo, sperando che funzionasse, mosse rapidamente il polso verso il basso, decisa a voler congiungere le zampe al terreno, facendolo, pronunciò anche la seconda parte della formula -Plumbeum-
L’esecuzione non richiedeva un particolare sforzo fisico, era maggiore quello mentale, ma nelle sue condizioni le sembrò di aver appena affrontato un’impresa titanica, aveva comunque cercato di non esitare, di resistere al dolore e di non permettere alle forze di venirle meno, ma dopo aver castato l’incanto al massimo delle sue possibilità, posò la testa sulla spalla del compagno, lasciando ricadere il braccio lungo il fianco.
Non sapeva se avrebbe funzionato, ma si sentiva esausta e ora che non era più concentrata sul suo obiettivo, nuovamente, la sua mente si stava affollando di pensieri.
Ancora appoggiata al ragazzo nascose il viso nel suo petto, trattenendo a stento le lacrime.


-Diventerò anch’io un mostro?-

Le parole uscirono dalle sue labbra soffocate, era spaventata, non era nemmeno più convinta che tutto quello che stava succedendo fosse reale e se lo era non aveva la minima idea di come affrontarlo.

 
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view post Posted on 7/5/2014, 03:00
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La furia del lupo, al momento stordito e confuso sembrava essersi placata e questo permise ai due ragazzi di avvicinarsi l’uno all’altra e di aiutarsi a vicenda. La luce lunare li illuminava placida, permettendo a Paul di rendersi conto delle effettive ferite di Arya e di tentare di intervenire come meglio poteva per porvi rimedio e fare in modo di arrestare almeno, il flusso di sangue. Il sangue smise di pluire fuori dalla frerita, ma Arya doveva fare attenzione a non fare movimenti bruschi, o il sanguinamento avrebbe potuto riprendere. Inoltre quella ferita, oltre ad essere di per sé grave e difficile da risanare completamente da qualcuno che non avesse una minima conoscenza in campo medico. aveva anche un altro problema: l’essere che l’aveva inferta. Paul aveva intuito giusto ed anche Arya. Oltre la notevole perdita di sangue causata dallo squarcio dei denti, Selene aveva trasmesso ad Arya la sua malattia, anche se la ragazzina avrebbe dovuto lasciar passare alcuni giorni, prima di notare i primi sintomi. Nel frattempo il tempo passava, e anche lo stordimento di cui Selene era preda andava diventando sempre meno pesante. Nel contempo, però, la rabbia della licantropa aumentava e si rivolgeva, inesorabile, esclusivamente verso i due ragazzi, ora ridotti a due macchie indistinte: lei aveva FAME! E quei due avevano osato attaccarla, tentato di accecarla e colpito perfino una delle sue zampe! (-2 PS) Non che le facesse particolarmente male, ma la sentiva leggermente più appesantita delle altre. Non avrebbe permesso a due ragazzini di accumulare altro vantaggio. Senza attendere oltre, portando in avanti la zampa su cui si era fermato l’incantesimo di Arya, spiccò un balzo in direzione dei due ragazzi, le uniche due macchie indistinte. L’incantesimo di Paul aveva appena cominciato a fare effetto che il ragazzo sentì un dolore intenso invadergli la gamba destra e percorrerla da quasi in prossimità dell’inguine, fino alla caviglia: i denti del lupo erano affondati soltanto nel polpaccio, ma la carne in quel punto era particolarmente tenera e i denti della lupa riuscivano ad affondarvi meglio rispetto a come avevano fatto nel braccio di Arya. Anche Paul, ormai la sorte l’aveva stabilito, avrebbe subito la stessa sorte della compagna (- 35 PS): la malattia di Selene aveva infettato anche lui. Ma non era quello il tempo, né il luogo per riflettere su quella questione: se non avessero trovato un modo per mettersi in salvo, contrarre la licantropia sarebbe stato l’ultimo dei loro problemi. La loro carne scoperta, il sangue che Selene aveva appena assaporato, continuava ad attirare la lupa con il richiamo più soave che fosse mai esistito. Dovevano risolvere il problema alla radice e tentare di metterla fuori combattimento per un po’, o avrebbero seriamente rischiato di non tornare più a Hogwarts. A quel problema, per Paul si aggiungeva anche la difficoltà a restare in piedi: se avesse fatto una prova, si sarebbe reso conto che la gamba in quelle condizioni lo rendeva alquanto instabile.

Come penso abbiate capito, siete ormai stati entrambi infettati. La vostra richiesta è stata esaudita xd. Da questo momento, agite come meglio credete, secondo le possibilità dei vostri pg.

Arya:
Ti gira la testa, il braccio che ti sei ferita e la spalla sinistra hanno smesso di sanguinare, ma le ferite non sono completamente a posto. Paul ha soltanto arrestato l'emorragia, temporaneamente.
PS: 81/111
PC 56/61
PM: 61/61

Selene
Punti Salute: 141/170
Punti Corpo: 190
Punti Mana: 160
Punti xp: 25

Paul
La gamba destra sanguina copiosamente. Metterti in piedi risulterà difficoltoso, così come fare un qualsiasi movimento con essa ti darà dolorose fitte lungo tutta la gamba
Salute: 122/172
Corpo: 155
Mana: 153
Exp: 34


Edited by Selene Moonclear - 10/5/2014, 19:22
 
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view post Posted on 10/5/2014, 19:48
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Lentamente, troppo lentamente, il sangue smise di disperdersi da quel terribile solco, e Paul potè assaporare per un breve istante la speranza, forse vana convinzione, che nulla di più grave potesse ormai accadere.
Buttò fuori l'aria in un eccesso di stanchezza; ormai persino la tensione e quel sentore di urgenza che avevano tentato di trarlo dall'incoscienza, sembravano scemare sotto al peso degli eventi. Incurvò le spalle, credendo di cedere definitivamente a quel macigno, ma un contatto irruento, imprevisto lo fece sussultare, e riammettere nel suo organismo, con un sospiro, il soffio di vitalità che aveva appena disperso nell'aria.
*Non credere che sia così facile.*
Risollevò lo sguardo, disorientato dal tepore della stretta attorno al collo, e incontrò gli occhi della ragazza, rischiando di perdervisi. Quei due pozzi smeraldini rilucevano di cruda vulnerabilità, velati di un'umana paura che lo fece rabbrividire; di fronte ad essi, lo sgomento gli risalì acido nella gola. La bocca socchiusa, nel vano tentativo di gettar fuori l'amaro che gli riempiva il petto, fu invece muta spettatrice. Gli occhi scivolarono verso il basso, mentre la ragazza si stringeva al suo petto, scavando forse in cerca di un caldo conforto... quando l'unico fiotto di calore, in quel momento, stava insinuandosi nella sua testa, bruciando i suoi occhi.
- Diventerò anch’io un mostro? -
La domanda risuonò fievole nella sua mente, ed in quella stessa eco, mentre le iridi gli si tingevano di un elettrizzante blu, egli riconobbe la risposta. *Un mostro?*
Quell'ultima parola, protrattasi a lungo in ogni angolo della testa, pareva esser stata stravolta in profondità; mutata nel tono, ora veniva riproposta in maniera ironica, beffarda... come ad evidenziarne l'assurdità. Assoggettato al potere di convincimento di quel sospiro sinuoso, sentì tornare prepotente quella sensazione controversa censurata a fatica negli istanti precedenti. Questa volta non ci fu forza opposta che la relegasse nei silenziosi recessi della sua psiche; essa fu libera di stuzzicargli la mente, e di parlargli forte e chiaro.
*Un mostro? Non siete forse la stessa cosa?*
Sadico, il rimbombo rimbalzò sulle pareti della sua cassa toracica, moltiplicandosi ad ogni colpo, sconvolgendo il suo respiro e sfidando il cuore ad una frenetica e bruciante corsa. Nei suoi occhi smise di specchiarsi la realtà che lo fronteggiava; spettri vividi del presente fecero capolino dalla trepidante nebbiolina che ghermiva il suo pensiero cosciente, e misero in atto il loro crudele spettacolo.
Un paio di occhi senza volto ricambiavano il suo sguardo; brucianti, come due anelli di sangue lambiti dalle fiamme, ruotavano senza posa nella loro eterna trasformazione. E del loro insaziabile desiderio di mutamento parevano parlargli senza sosta e con urgenza, forzandolo ad ascoltare, ad accettare. Finché quel rimestio di scottante lava non cominciò a ritrarsi, lasciando emergere dal profondo una luce diversa. Attraverso le crepe superficiali si fecero largo i fregi giallini di una nuova copertura, un velo diverso da sovrapporsi all'essenza mutevole di quegli occhi. Ripulirono gli ultimi guizzi vermigli e si incastonarono nell'orbita, come una lastra d'ambra nella ruvida increspatura del suo fossile: conforme, eternamente adeguata. Al centro, proprio come la resina ospita l'estraneo organismo a cui fornisce protezione dall'incedere del tempo, la pupilla si allargava mostruosa, animalesca, abbattendo ogni restante briciolo di umanità.
Improvviso, il sangue accelerò il suo corso, riempiendogli le orecchie del suo sordo rombare, sovrastando quell'infida eco che dirigeva i suoi pensieri come burattini stretti in una ragnatela. Ed in quel sovrapporsi di richiami Paul riuscì a farsi rischiarare da un debole raggio di coscienza; e seguendone il bagliore potè dar adito alla sua stremata ed inorridita voce.
Guardava a quegli occhi con muto sbigottimento, comprendendo l'allegoria, mosso da una debole protesta, ma prontamente sedato dalla consapevolezza. E infatti la veridicità di quella visione lo pungeva alla gola, soffocando ogni vano tentativo di ripugnarla.
*Vedi? Fa parte di te... è nella tua natura.*
Finalmente capiva a cosa afferisse quell'ambiguo disagio che lo aveva accompagnato nei momenti d'oscura riflessione; comprendeva come mai la naturale censura del suo inconscio ne avesse reso il significato inafferrabile. E mentre l'ombroso e gelido sfondo della realtà tornava a calare su di lui, strappandolo alla fulgida incoscienza delle sue visioni, si pentì di non aver più fatto in tempo a fuggire.
Ricondusse lo sguardo sul capo della ragazza, le ciocche castane ad un soffio dalle sue labbra, e dalla bocca ancora semiaperta questa volta uscì, seppur strozzato, l'accenno di un suono.
« Non... » Avrebbe voluto dirglielo, soffiarle all'orecchio la verità, che seppur avesse portato pena nel suo cuore, almeno avrebbe placato in lui l'urgenza di riconoscerla ed ammetterla.
Ma l'unico a provare dolore, negli attimi che seguirono quella soffocata ed incompleta negazione, fu lui. Un male fisico travolse le sue membra con inaspettata e pungente irruenza. Le braccia ebbero uno spasmo e si paralizzarono a mezz'aria, mentre ogni nervo che percorreva la sua gamba destra recalcitrava e ardeva. Un refolo strozzato gli salì alle labbra, e mentre il dolore urlava inudito dentro di sé, sfruttando altri canali per manifestarsi, il ragazzo si voltò - tremendamente consapevole - verso la sorgente di tutto. L'immagine di fronte a sé vorticava lentamente, falsata come attraverso un vetro appannato, ed ogni fotogramma pareva scandito dal sordo battere del suo cuore, che prevaricava e zittiva ogni altro suono. Soltanto quando la testa, debole e appesantita, fu china in direzione della gamba ferita, la visuale assunse colori nitidi... il colore del sangue.
La bolla di vetro che lo circondava parve creparsi, e le vivide ed irregolari venature si riempirono di rosso, lacrime doloranti per quella dannosa irruzione. Il rosso macchiava i suoi pantaloni, l'erba sotto di sé; rosso fluente serpeggiava dai solchi nel suo polpaccio, come spillato dagli aghi ardenti che gli trapassavano la carne esponendola al gelo della notte. Ma la chiazza più vivida, quella il cui rosso pulsare si riflesse nei suoi occhi socchiusi, avvolgeva la figura bestiale erta a pochi passi da lui. Ad essa Paul si abbandonò senza riserve; su di essa si riversarono non solo il suo sangue, ma il peso di tutte le sue ragioni, incertezze e repulsioni.
*E' nella tua natura...*
Il peso sibilante, fievole eppure così opprimente dell'eco che tornava malfido, ad impedirgli di sputare sulla bestia l'acido che sentiva ribollirgli nello stomaco. Perché non era scappato? Perché si era lasciato calare in quel profondo abisso, pieno di cruda violenza?
Due fari rossi lampeggiarono in sua direzione dal volto del licantropo, catapultandolo di nuovo in quell'universo onirico a rimirare, in un battito di ciglia, le orbite giallognole che lo avevano scrutato in profondità. Ora li ritrovava, sul ghigno della creatura, a testimoniare l'istintiva e naturale ira che animava quel corpo maledetto. Il rosso predominante aveva sostituito il giallo, ma questo non evidenziava forse il legame fra i due mutaforma?
E per quanto quella somiglianza, che sapeva esser stata appena crudelmente sigillata, lo lasciasse preda di un conflittuale alternarsi di ribrezzo ed innaturale eccitazione, volle con tutto se stesso allontanarsene. Subito.
Piegato alla terra, aggrappato come mai avrebbe sperato di fare ad una persona che lo sorreggesse, trasformò quella dolorosa confusione in un urlo di rivalsa.
« Accecalo. » Il primo, e forse l'ultimo. Trascinò il braccio armato verso il terreno sudicio ai piedi dell'animale, e mentre combatteva per respingere ancora per poco il dolore che lo ghermiva coi suoi artigli infuocati, mosse la bacchetta in cerchio attorno alla mole nemica. Con la volontà di confinarlo, marcare una volta per tutte un distacco vitale, indicò quella circonferenza terrosa bagnata dal sangue dei due ragazzi. Così, nutrita dalle loro stesse energie vitali, la terra avrebbe risposto alla loro disperata richiesta d'aiuto, innalzandosi e difendendoli, circondando con gli spuntoni della sua solida corazza l'ospite indesiderato. « Atlantis Cage! »
Si appellò a voce, con la mente e con l'anima piegata, a quella magia che invece, sapeva, non avrebbe ceduto. Ad occhi chiusi, levò la bacchetta verso l'alto, guidando con bruciante determinazione l'ergersi di una nuova barriera.
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 11/5/2014, 04:07




Affondava il viso nel petto del ragazzo, come a cercare in lui un qualche tipo di conforto, crollata di fronte a quella verità, temeva la risposta alla sua domanda, il destino li aveva uniti quella sera, rendendoli parte di qualcosa che avrebbe cambiato inevitabilmente le loro vite, cosa sarebbe successo dopo? Una volta abbandonato quel riparo, una volta tornata alla realtà, poteva chiedere a quel giovane, che nemmeno conosceva, di aiutarla? Di non voltarle le spalle una volta via di lì? Sempre che riuscissero ad andarsene, sempre che, tutti quei pensieri non fossero inutili e che la soluzione al problema non arrivasse inesorabile, se quella creatura fosse riuscita nel suo intento, non ci sarebbe stato un dopo al quale pensare.
Voleva arrendersi, l’idea le aveva sfiorato la mente, ma non era ancora pronta ad accettarla, sarebbe bastato poco a darle speranza, non le serviva la certezza che sarebbe guarita, sapeva di non poterla avere, ma si sarebbe tenuta stretta la sua vita se il giovane avesse deciso di non arrendersi, si era preoccupato per lei, era rimasto quando poteva mettersi in salvo, era l’unico sostegno che aveva in quel momento, se anche lei era condannata, lui poteva tornare alla sua vita normale, non lo avrebbe abbandonato.
Poteva sentire il suo cuore, un battito irregolare, una conferma, la conferma che la risposta a quella domanda non sarebbe stata piacevole, non rispose subito, forse cercava le parole giuste, sempre che ce ne fossero.
Sentì il suo respiro smuoverle debolmente i capelli, una frase iniziata e mai finita, la voce strozzata, come se quella verità non volesse venir fuori, interrotta da uno spasmo, il suo battito cambiò nuovamente ritmo, più irregolare del precedente, accelerato, non riusciva a capire.
Il corpo di lui si piegò sulla figura della ragazzina, come se non riuscisse più a reggersi da solo, alzò il capo, abbandonando quel petto che le aveva dato, seppure per poco, un lieve conforto.
Incrociando il viso di lui poté leggervi il dolore che provava e seguendo il suo sguardo arrivò alla causa di tutto, il polpaccio lacerato in profondità, una ferita simile alla sua, identica alla sua, se non per la posizione.
E ora? Il destino aveva deciso non solo di far condividere ai due giovani quella situazione pericolosa, ma di farli andare incontro alla stessa sorte, condannandoli entrambi, legando forse, le loro vite più di quanto entrambi avrebbero mai pensato, più di quanto due vite potrebbero essere legate, se fossero sopravvissuti avrebbero condiviso quella maledizione, quel segreto, il come restava ancora sconosciuto.
Osservava la bestia a pochi passi da loro, li aveva assaggiati entrambi, ne avrebbe di certo voluto ancora, ma non gliel’aveva insegnato nessuno che non si gioca con il cibo? Forse no, ma una cosa era certa, non sarebbe rimasta lì immobile per sempre.
Alla vista delle sue fauci, intrise del loro sangue, lo sconforto si fece nuovamente strada nella ragazzina, pronta ora ad arrendersi se l’avesse fatto il suo compagno, se lui, più padrone della situazione e più consapevole di ciò che sarebbe stato, avesse deciso di non opporsi, non avrebbe avuto senso lo facesse lei, significava che, tra una vita condannata e la morte, la seconda opzione era più auspicabile.
Sentì il ragazzo aggrapparsi a lei, come se non volesse cedere, come se volesse reagire ancora, come lei aveva fatto poco prima, lui era stato un sostegno per lei e lei ora lo era per lui, una complicità dettata dagli eventi e non dalla volontà, un legame, una dipendenza nata spontaneamente senza la necessità di costruirla.
Incrociò nuovamente i suoi occhi, avevano mutato colore, non sapeva spiegarlo, forse se lo stava immaginando, ma vi lesse la decisione di non arrendersi, ma forse, anche quella, era solo una sua impressione, forse le stava semplicemente per dire che era finita.
Non fu così, raccogliendo le forze che gli restavano, cercava di non cedere al dolore e, inaspettatamente, dalle sue labbra, uscì quell’unica parola che convinse la ragazzina a reagire, quella piccola sicurezza che stava cercando fin da quando gli aveva posto quella domanda.
Non era ne una dolce bugia, né nulla diretto a rassicurarla, semplicemente un’esortazione, l’esortazione ad attaccare, ad accecare quell’animale, poteva significare tutto e niente, ma in quel momento il ragazzo era la sua ancora, aveva scelto di combattere e l’avrebbero fatto.
Non sapeva cos’avesse in mente, ma si fidò di lui, annuì col capo stringendo più forte la bacchetta e nuovamente sembrava che l’istinto di sopravvivenza volesse prevalere sulla rassegnazione.
Il braccio non sanguinava più, le ferite le dolevano ancora, non poteva dire di aver riacquistato il pieno delle sue forze, anzi, ma almeno non si era indebolita ulteriormente, poteva farcela, aveva in mente un incanto semplice, uno dei primi che aveva appreso, non richiedeva nessuno sforzo particolare, questa volta non avrebbe fallito, non avrebbe tentato di aggredire il licantropo direttamente, aveva già compreso che la forza della creatura superava di gran lunga la sua, non avrebbe sprecato un altro incantesimo.
Non attese nemmeno un secondo, qualsiasi cosa avesse in mente il ragazzo, doveva agire subito, dargli modo di attaccare incontrastato, doveva anticiparlo.
Rapidamente, mentre lui si preparava al suo attacco, la ragazzina tese il braccio con cui impugnava la bacchetta puntandola nella direzione dell’enorme lupo, forse avrebbero potuto godere del vantaggio del precedente attacco del giovane, se la vista del lupo fosse stata ancora compromessa, il suo tentativo avrebbe sortito effetti maggiori.
Chiuse dunque gli occhi per non cader vittima del suo stesso incantesimo, sperando che il compagno che gliel’aveva suggerito facesse lo stesso
-Lumos Maxima- non li riaprì ancora, attese col cuore in gola e il braccio teso, ciò che sarebbe accaduto.

 
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view post Posted on 17/5/2014, 03:15
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Sangue, sangue scuro riluceva placido alla luce della luna silente, impregnando l’erba di un rosso acceso, sentore di dolore e morte che difficilmente avrebbe abbandonato quei luoghi in breve tempo. Sangue di due giovani che mai prima di allora avevano incrociato i propri cammini, che quella notte si vedevano costretti a condividere uno stesso destino. Trovatisi in quel luogo per ragioni completamente diverse – lui per un desiderio di solitudine in un luogo quasi sconosciuto indicatogli dall’istinto, lei per un commiato non troppo doloroso dal posto che l’aveva vista bambina- divenivano potenziali prede di una stessa, temibile fiera e, senza sapere nulla l’uno dell’altra, si vedevano costretti a collaborare per uscire indenni dall’attacco imprevisto e non riportare danni gravi e irreparabili, oltre che permanenti. Ma quella sera, la loro buona stella non rifulgeva, la buona sorte guardava in un qualche punto troppo lontano da loro e fin troppo vicino a Selene. La licantropa li aveva già morsi entrambi ed ora non le restava che decidere cosa fare e come comportarsi: finirli ed assicurarsi la cena per quella sera o lasciare che la maledizione facesse il suo corso e poter contare su due nuovi membri per il suo branco? Mentre il suo cervello lavorava e i due ragazzi cercavano un primo conforto l’uno nell’altra, il tempo scorreva inesorabile, risvegliando anche il loro istinto di sopravvivenza e permettendo alle nozioni di cui erano in possesso di andare in loro soccorso. E così, mentre il fascio di luce di Arya colpiva gli occhi della lupa, ferendoli (- 13 PS) una serie di rocce alte all’incirca de metri e mezzo si formavano intorno a lei, permettendo ai due giovani di darsi alla fuga. E avrebbero dovuto farlo il più velocemente possibile prima che Selene fosse riuscita a trovare un sistema per liberarsi. Anche se, non lo sapevano ancora, ma avrebbero dovuto nuovamente avere a che fare con lei, se fossero riusciti a scappare.

Paul e Arya statistiche invariate. Se decidete di allontanarvi, ricordate che le vostre ferite non si curano da sole. E ricordate, nel caso, di fare un post di chiusura.
Selene (circondata da rocce alte due metri e mezzo):
Punti Salute: 128/170
Punti Corpo: 190
Punti Mana: 160
Punti xp: 25
 
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view post Posted on 20/5/2014, 19:41
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Mentre le palpebre brucianti lo cullavano nel loro buio conforto, risparmiando ai suoi occhi ulteriori attimi di quella viscida realtà, un rapido alternarsi di fervidi bagliori ed ombre lo rese partecipe del cambiamento. Il rumore che ruppe quel tragico silenzio fu la risposta risolutiva, la reazione salvifica che aveva, come ultima risorsa, mirato ad innescare. Giunse tempestiva, sollevandolo dalla disperata attesa e risuonando come un'esortazione alla fuga. Paul riaprì gli occhi e si ritrovò a fronteggiare la mole ombreggiante di quella barriera che, coltivata col loro sangue, aveva ripagato la loro sofferenza; e che ora, dava loro modo di ribaltare la situazione e di trascinarsi fino all'uscita di quel tunnel di sangue e tenebra.
Mentre le stalagmiti di roccia trapassavano il terreno, vibranti di forza, la trepidazione si riversò ad ondate sul ragazzo, marcando gli istanti che la Natura gli aveva concesso per rialzarsi e disegnare un finale diverso a quella storia. Il dolore alla gamba non cessava di arroventare le sue membra; persino il respiro pareva lasciasse defluire ad ogni refolo fiotti di energia. Ma di quella vitalità aveva un disperato bisogno, non poteva lasciare che le ferite, aggravate dallo scorrere inesorabile del tempo, sperperassero ogni stilla di forza, cosicché si sarebbe scoperto - una volta decisosi ad agire - troppo debole anche solo per arrancare un passo verso la salvezza. Assorbendo quindi l'impellenza di cui l'atmosfera stessa si era fatta portatrice, si voltò verso la ragazza al suo fianco, ricambiando con occhi sbarrati per la tensione l'espressione concitata di lei. Erano stati incollati l'uno all'altra negli ultimi attimi della vicenda, avevano vissuto quasi in simbiosi le sorti finali della tragedia, contagiati dallo stesso germe, eppure nessuna impressione di familiarità lo coglieva quando ristabiliva una connessione col suo sguardo. Ne aveva scrutato i recessi più intimi senza averlo premeditato, vi era stato piuttosto catapultato dall'inaspettato volere del Fato, costretto a nuotare in acque estranee aggrappato ad un'ancora malsicura ed incerta. Ma quel sottile filamento che autonomamente era andato intessendosi fra di loro, al quale pur sgomenti si erano aggrappati con mani sanguinanti, sarebbe stato teso ancora una volta. Un ultimo, disperato abbraccio di salvezza per voltare definitivamente le spalle al grottesto scenario.

« Dobbiamo smaterializzarci, in fretta... » Proferì con un sibilo grave, la voce smorzata dallo sforzo di trattenere a fatica le energie, necessarie queste a compiere il passo che presto, ne era consapevole, lo avrebbe provato duramente. Preda di quella paradossale calma che anestetizzava a forza ogni pensiero e turba psichica, si mosse con cauta determinazione abbandonando il suolo e i resti della battaglia che vi si eran dispersi.
Fece scivolare la mano libera sulla spalla della giovane, e distolse lo sguardo per evitare il contagio di una qualche reazione emotiva. Guardò oltre la ferita maledetta, che si apriva sull'arto opposto come una voragine oscura, fingendo di aver placato i suoi dannosi intenti laddove pulsava ancora in profondità; fino a soffermarsi sulla linea di collisione tra il pendio roccioso e la cupola blu notte. Con un ultimo sospiro, aggrappato alla sua momentanea ancora, fece leva sulla gamba sana per ergersi in piedi. Mantenne inerte la gamba destra, gli spilli della maledizione che affondavano con più ferocia nella carne ad ogni movimento, trascinandola sull'erba macchiata e scaricando il peso sul piede sinistro. L'affanno parve voler irrompere nella sua corazza di calma concentrativa, ma egli lo soffocò, stringendo delicatamente le dita attorno al braccio della ragazza. Senza incrociare il suo sguardo, per non rischiare il fallimento di quel disperato controllo esercitato sulla sua emotività, le fece leva sul braccio invitandola ad affiancarlo.
« Stringiti a me... »
Un'ultima breccia nella sua corazza diroccata, un altro colpo secco ai paletti di ghiaccio che spuntavano, prossimi al decongelamento, dalla sua pelle. Le dita della mano destra tremarono, violente e convulse, attorno al manico della bacchetta magica, mentre le loro simili dal lato opposto accoglievano e sigillavano il legame con l'estranea compagna.
Gli occhi, velati dal riflesso di quel calore interiore, si chiusero, e la mente del giovane metamorfomagus, sgombra da ogni molesta riflessione, fu per una volta partecipe della sua volontà. Vagò lontano da quel tremendo palcoscenico, verso luoghi più sicuri. Immagini familiari, attraverso strade già percorse, fino a fermarsi, col sollievo di chi ritrova la pace dopo una terribile fuga, di fronte alla vetrina fasulla dell'Ospedale dei maghi di Londra. Cosa? Perché il San Mungo? Il suo inconscio si ribellava, allarmato da quella scelta, ma la vivida urgenza che ne muoveva le azioni gli impediva di contaminare i suoi pensieri. Annullando persino il timore e la reticenza a ritrovarsi sotto lo sguardo indagatore di altre persone, vittima forse della loro lungimiranza, la sua mente ed il suo cuore bramavano il raggiungimento di quella meta. E lui, accogliendo quell'imperativo, aggrappandosi a quella rinata determinazione, spinse la sua magia a fondere i loro corpi, suo e della ragazza, con il vuoto circostante. Dispersi nel soprasensibile, avrebbero salutato sgomenti il contatto con quella realtà crudele e dannosa, che li aveva segnati nel profondo piantando semi oscuri nella loro carne. Stretti in un angoscioso abbraccio, due anime recalcitranti, seguendo la luce lungo il tunnel di oscurità che li aveva inglobati.
*Verso luoghi più sicuri...*
Liberando un sospiro, ultima traccia del suo passaggio in quel luogo, sospinse i loro corpi intrecciati nel vorticare della smaterializzazione. Mentre il ghiaccio dietro ai suoi occhi, fuso da troppe sensazioni roventi, sgorgava dalla corazza e gli rigava il volto.
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 22/5/2014, 06:37




L’intensa luce prodotta dal suo incantesimo era percepibile anche ad occhi chiusi, non lì aprì, non fino a quando quel chiarore non fu sostituito nuovamente dall’ombra, mentre ancora, col cuore in gola, aspettava di conoscere cosa sarebbe accaduto, udì il ragazzo castare il suo incanto, sconosciuto, almeno per lei, ma non dubitava delle sue conoscenze e, soprattutto, non dubitava della sua volontà di riuscire a mettersi in salvo.
Quando finalmente il buio piombò nuovamente davanti alle sue palpebre, le sollevò lentamente, le sbattè un paio di volte, in modo da riprendere il pieno controllo della sua vista e di fronte a loro l’enorme animale non c’era più, o meglio, c’era, ma si trovava confinato all’interno di una barriera di roccia.
In quel momento sentì per un attimo la tensione calare, erano salvi, almeno per il momento, lasciò che il braccio che impugnava la bacchetta scivolasse lungo il suo fianco, prendendo aria e tirando un leggero sospiro di sollievo, ma sapeva di non potersi rilassare troppo, non era ancora finita, non sapeva quanto quella barriera avrebbe retto e loro erano decisamente provati per tentare una fuga disperata verso il villaggio.
Si voltò verso il ragazzo, quel giovane sconosciuto che, però, sentiva più vicino di tutte le persone incontrate fino a quel momento, forse per quella maledizione che ora li legava al medesimo destino, forse, semplicemente, per quelle sensazioni che così prepotentemente li avevano spinti l’uno verso l’altra, quella ricerca di conforto e di sostegno che li aveva resi indispensabili l’uno per l’altra.
Incrociò il suo sguardo, qualche secondo, anche lui sapeva che non era finta, che non potevano crogiolarsi in quel successo, dovevano andarsene e nuovamente fu lui ad istruire la ragazzina sul da farsi, esclusa la possibilità di fuggire, date le loro condizioni, le presentò l’unica alternativa fattibile, smaterializzarsi.
L’aveva già provata una volta, non era stata piacevole, ma qualsiasi cosa sarebbe stata meglio che attendere lì l’arrivo inesorabile della morte e sicuramente senso d’oppressione e nausea nulla erano rispetto a ciò che aveva provato qualche minuto prima, quando le fauci dell’animale avevano penetrato la sua carne.
Non era del tutto conscia di quali fossero gli effettivi rischi di quella pratica se mal esercitata, non sapeva del rischio di spaccamento, del dolore che avrebbe potuto provare, ma probabilmente, anche sapendolo, avrebbe corso il rischio, non sarebbe voluta restare lì un secondo di più.
Nuovamente fu lei ad essere sostegno per il giovane, faticava a reggersi, a muoversi, così, una volta che lui si fu rimesso in piedi, stabilizzando l’equilibrio sulla gamba sana, lo seguì anche lei, senza togliergli l’appoggio, avevano ancora bisogno l’uno dell’altra, almeno per quell’ultima mossa, legati fino alla fine.
“Stringiti a me...”
Non se lo fece ripetere due volte, voleva andarsene, voleva nuovamente sentire il conforto di poco prima, quando appoggiata al suo petto si era sentita per qualche istante al sicuro, non sapeva cosa sarebbe successo da lì a pochi istanti, avrebbero abbandonato quel luogo in favore di qualcosa di più accogliente, qualcosa di più sicuro e una volta lontani dal pericolo le loro strade si sarebbero potute dividere, quel pensiero la indusse a stringersi più forte, come se dopo quella notte non si sarebbero più rivisti, gli doveva la vita e forse, quell’abbraccio, sarebbe stata l’unica occasione per ringraziarlo.
Chiuse gli occhi, lasciandosi guidare dai movimenti di lui, lasciandosi trasportare lontano, sperando in cuor suo che la meta fosse il San Mungo, non sapeva quanto le loro forze avrebbero retto, soprattutto passato il pericolo, quando l’adrenalina e l’eccitazione iniziavano a calare, necessitavano di cure, ma non aveva dubitato di lui nemmeno per un istante da quando, invece che darsi alla fuga, le era rimasto accanto, non avrebbe dubitato nemmeno in quel momento, sapeva che li avrebbe portati al sicuro.

 
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view post Posted on 26/5/2014, 02:13
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Era… in trappola. Maledizione! E quelle maledette rocce la circondavano e lo spazio che le lasciavano non era sufficiente a permetterle di saltare. Se solo ne avesse avuto appena un po’ di più, se solo non fosse stata così maledettamente…. Ringhiò furibonda mentre si scontrava contro una delle rocce, nell’istintivo tentativo di buttarla giù. Era da troppo che non si nutriva e la fame, oltre ad indebolirla le annebbiava la mente. Se si fosse messa in piedi e avesse provato a saltare, forse avrebbe avuto maggiori possibilità di uscirne. Ma in quel momento era talmente furiosa da non riuscire ad essere razionale e l’unica cosa che le riusciva di fare era andarsi a scontrare su quelle maledette rocce, nel tentativo di buttarle giù. La lingua a penzoloni, stanca e sfibrata, per un momento, la giovane lupa grigia vide di fronte a sé l’immagine dei suoi genitori: cos’avrebbero pensato Artax e Krystel vedendola messa all’angolo da due ragazzini? Si accasciò sulle zampe, malinconica: li avrebbe enormemente delusi, di questo era assolutamente certa. Eppure, non vedeva altra via d’uscita da quella situazione. Sì, certo, avrebbe potuto provare ad issarsi sulle zampe posteriori, ma non era certa che l’avrebbero retta… e se anche ci fosse riuscita, nulla le dava la certezza di riuscire a saltare abbastanza in alto. Oh, non avrebbe avuto problemi se… se, se, se, se… fosse stata lucida, in forze, nutrita, sana, senza ferite di alcun genere. Ma quella non era esattamente la sua condizione attuale: era stanca, ferita, debilitata ed afamata. E circondata da quelle maledette rocce. In più non aveva la minima idea di dove fosse finita la sua bacchetta, dato che non le serviva, per trasformarsi.
Mentre lei era persa in quelle elucubrazioni, Paul e Arya erano decisi a non restare con le mani in mano e ad approfittare del vantaggio che erano riusciti a guadagnare decisero di mettere ulteriore strada tra loro e la lupa, smaterializzandosi al San Mungo. Paul si rimise faticosamente in piedi, sorreggendo la compagna ed effettuò la piroetta necessaria alla Smaterializzazione. Fu per lui una fortuna che non si fosse spaccato, ma lo sforzodi smaterializzare se stesso ed un altro peso morto (poiché Arya era totalmente incapace di supportarlo in qualsiasi modo, non sapendo smaterializzarsi) gli costò un ulteriore indebolimento, insieme ad una notevole perdita di sangue (- 20 PS – 15 PC). Ma la meta fu raggiunta e ben presto i due ragazzi poterono osservare la porta che celava l’Ospedale San Mungo agli occhi dei babbani.Lo strappo dovuto alla Smaterializzazione, aveva però riaperto le ferite di Arya che avevano ripreso a sanguinare (- 15 PS). I due ragazzi dovevano muoversi quantomeno a varcare la soglia dell’edificio.


Potete inserire in scheda la vostra nuova condizione. Aprite al San Mungo e statevene buoni a farvi curare, postando le vostre statistiche e i danni riportati. Potete anche semplicemente varcare la soglia del San Mungo e poi svenire in accettazione, a vostra discrezione, l’infermiera o chi per lei si regolerà di conseguenza spedendovi al reparto adeguato.
Le vostre attuali statistiche sono:

Paul
La gamba destra sanguina copiosamente. Metterti in piedi risulterà difficoltoso, così come fare un qualsiasi movimento con essa ti darà dolorose fitte lungo tutta la gamba
Salute: 1o2/172
Corpo: 140/155
Mana: 153
Exp: 34

Arya:
Ti gira la testa, le ferite si sono riaperte a causa dello strappo dovuto alla Smaterializzazione e hanno ripreso a sanguinare
PS: 66/111
PC 56/61
PM: 61/61

Guadagnate entrambi 1 xp e 2 Punti Salute a testa più:
- 2 PM per Paul
- 2 PC per Arya


Edited by Selene Moonclear - 28/5/2014, 19:18
 
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