Icy Moon, Paul e Arya

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 8/2/2014, 18:41
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
16,412

Status:


Con una lentezza calda e soffocante, giunse infine il risveglio.
La ripresa dei sensi. Il lento dissiparsi delle tenebre che avevano avviluppato mente e corpo, cullandolo con la loro falsa promessa di pace e sicurezza. Una luce indistinta si fece largo nell’oscurità avvolgente, stuzzicando la vista, stimolandone la rinascita. Un brusio placido ed impreciso penetrò il suo sogno di tenebra, rompendo la barriera d'irreale silenzio che lo difendeva dai rumori del concreto. Fu come riemergere sulla superficie di un lago, dopo un eterno vagare nelle sue acque torbide. Al passo con il crescendo di suoni e visioni sempre più distinte, le sue membra percepirono il tocco delicato dell'aria e quello aggressivo della pietra.
Fece ricorso alla sua ancora flebile forza di volontà per non ricadere nelle profondità dell'incoscienza, e mise a fuoco gradualmente l'immagine che lo sovrastava. Le pareti di nuda roccia che lo circondavano eran bagnate dal bagliore rosso fuoco del tramonto, che si riversava da una finestra alle sue spalle. Il coro vago e monotono che lo aveva riportato a galla si scindeva ora nei suoni armonici della natura. Il fischiare impetuoso del vento ed il ripetitivo cinguettio dei volatili; l’insieme di quelle percezioni lo travolse, riportandolo all’origine di tutto.
Fu allora che ricordò.
Immagini, sensazioni e consapevolezze riaffiorarono sull’arido terreno della sua memoria, smaltendo il tepore che ne inibiva le capacità. Fu come se, a furia di sforzarsi nel tentativo di ricordare, fosse riuscito a crearsi una breccia nel recesso della mente che custodiva tutte le informazioni del caso. E da quel varco si riversarono a fiotti, imprimendosi dietro le sue palpebre chiuse, tangibili come spettri in visita dal passato. I momenti, le cause e le conseguenze, tutti i tasselli trovarono posto nella linea temporale degli eventi, aiutandolo a ricostruire il senso logico che lo aveva condotto in quello stato, in quel luogo. E quando il puzzle fu completo, fu pronto a ricominciare.


~ Hoy Island, Orkney.

AVKvNVS



Il tempo impiegato a riprendere pieno controllo delle proprie facoltà bastò affinché l’ultimo raggio rosato venisse inghiottito dalle tenebre della sera. Non una nuvola interrompeva la distesa blu violaceo del cielo, costituendo un perfetto retroscena per il disco perlaceo della Luna. In quel candido chiarore, il profilo del ragazzo pareva fondersi al bagliore lattiginoso delle stelle. Il pallore diffuso sul volto e sul collo lo faceva apparire non dissimile ad uno spettro, eppure la scintilla custodita nel suo petto non si era spenta, non del tutto. Un lieve spasmo percorse la sua mano, e le dita avvertirono con rinnovata intensità il gelo del frammento racchiuso in essa. Proprio lì, nella presa morbosa del suo arto, era custodita la causa della sua presenza in quel luogo sconosciuto. La scheggia di ghiaccio perfettamente levigata recava il marchio dell’entità che si era impadronita della sua anima, che ne aveva mosso le intenzioni e i passi, spingendolo ai limiti della propria volontà. La reliquia di un potere tanto immenso quanto contaminante, che ad ogni tentativo di resistervi rispondeva estendendo il suo controllo, stringendo con più insistenza il suo corpo nella morsa del gelo.
Il freddo era ciò di cui il suo spirito era stato infetto.
Dal primo istante in cui lo spettro di Isa si era cristallizzato in quella runa e si era legato morbosamente a lui, la forza irrompente del gelo lo aveva trasformato, condizionandone le scelte, i poteri, persino l’aspetto. Come se al posto del cuore gli fosse stato trapiantato un cristallo di ghiaccio vivo, che ad ogni lento battito gelava il sangue nelle vene, attecchendo nel corpo e nell’anima sbiadita.
Ma ormai quel potere batteva in ritirata. Il celeste spento dei suoi occhi, specchi dello spirito corrotto, cominciava a ravvivarsi. Una fiamma indistinta indeboliva il manto brinoso che impediva alla sua mente di agire per conto proprio. Il fuoco della consapevolezza, della volontà, della rinascita.
Tutto ciò di cui aveva bisogno era ritornare sui propri passi.
Doveva abbandonare la cella d’isolamento che si era costruito sotto l’influsso del Gelo, ripercorrere la via di ritorno e solo così sperare di divincolarsi da quel guscio di ghiaccio. Quella notte lo avrebbe ricondotto al cuore pulsante della propria vita.
Alle sue spalle affiorava la casupola di pietra abbandonata che lo aveva ospitato negli ultimi giorni, al riparo dalla civiltà e dalle tentazioni. L’aveva raggiunta senza effettivamente conoscerne l’ubicazione, mosso da una volontà che non gli apparteneva. Ed ora che poteva osservare nuovamente con i propri occhi, attingere alle proprie consapevolezze e decidere per sé, rischiava di annegare nel dubbio.
Camminava, stringendo nervosamente la bacchetta, lungo un sentiero aperto che sfociava in un panorama vasto e desolato. Costeggiando le macchie erbose si era lasciato alle spalle il folto della vegetazione, fronteggiando infine quello che sembrava un reticolo di isolotti situati sulle placide e scure superfici del mare. *Ma certo.*
L’ombra di un flashback gli passò davanti fugace, e non gli risultò difficile afferrare il motivo di quella scelta. Il paesaggio freddo e disabitato si addiceva perfettamente al suo stato d’animo condizionato da Isa; solo in quel momento, invece, poteva percepire la bellezza suggestiva del luogo. I fianchi rocciosi dei promontori che emergevano dalle profondità marine, le verdi vallate che si aprivano senza preavviso rendendo il tutto perfettamente asimmetrico... Un fascino al quale non sapeva resistere.
L’eco della sua passione per l’ignoto incontrò quello della prudenza, e ben presto venne sopraffatto da un senso di smarrimento che gli strinse il petto. Passi incerti lo condussero verso la campagna, mentre dentro di sé combatteva per non far vacillare la sua nota fermezza, finché, trattenendo il fiato, non si trovò di fronte ad uno strapiombo. *Riprendi il controllo, dannazione.*
Oltrepassando il velo di disperazione che falsava la vista, sollevò il capo e gettò uno sguardo aldilà dell’altura. A qualche metro di distanza, uno stretto groviglio di costruzioni interrompeva la distesa di verde, colorando di vita la desolazione del luogo.

STATISTICHE
Salute: 172
Corpo: 155
Mana: 153
Exp: 34

OGGETTI

- Equipaggiamento Attivo;
- Bacchetta Magica;
- Runa Isa (inattiva).
 
Top
Arya Von Eis
view post Posted on 8/2/2014, 21:17




Per tutta la vita aveva atteso il giorno in cui avrebbe abbandonato quel luogo, il luogo che per anni aveva dovuto chiamare casa ma che mai lo era veramente stata, un piccolo orfanotrofio situato sull’isola scozzese Hoy, nella periferia, se così poteva chiamarsi, di un pittoresco villaggio.
Si era ritrovata lì all’età di due anni, senza nemmeno comprenderne a pieno il motivo, a fatica era riuscita a stringere qualche amicizia, ma nulla di solido, col tempo aveva imparato che lì i bambini andavano e venivano, non restavano mai troppo a lungo, così preferì scegliere di non legarsi, aggrappandosi alla speranza che un giorno anche lei se ne sarebbe andata.
Quando finalmente arrivò quel giorno, non fu assolutamente come se lo immaginava, fu mille volte meglio, le stravolse la vita, ma le diede la possibilità di ripartire da zero e senza troppa nostalgia decise di partire, di accettare la sua natura ed abbandonare quel luogo in direzione Hogwarts, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio che vivere lì, senza un passato e probabilmente senza un futuro.
Non vi aveva più messo piede, la sola idea di poterci rimanere di nuovo bloccata la dissuadeva dal solo pensiero di tornarvi, preferiva passare il tempo libero a scuola, dedicandolo alle ricerche sul suo passato e a qualsiasi cosa che potesse aiutarla a farsi strada tra quella miriade di studenti, era stata nessuno troppo a lungo per esserlo anche nella sua nuova vita eppure furono proprio quelle ricerche a riportarla su quell’isola.
La sua prima idea fu quella di inviare un gufo, rapido ed indolore, ma alla fine si convinse di voler andare personalmente, era un addio, almeno per il momento definitivo, non avrebbe avuto più nessun legame con quel luogo, nulla che la costringesse a tornarci, a meno che non fosse stata lei a volerlo, non se la sentiva di liquidare la sua infanzia con un pezzo di carta.
Ci mise un po’ a decidersi, un bel po’ a trovare il coraggio, ma quando fu pronta non ebbe più dubbi.
Quella nuova “condizione” le imponeva di render conto di ogni sua azione, più o meno, dato che non sempre si può essere onesti al cento per cento, alla sua nuova tutrice, una cugina che non sapeva di avere e con la quale il fato l’aveva casualmente fatta incontrare durante le sue ricerche, il Ministero aveva poi fatto il resto ed ora, ora che aveva almeno in parte preso coscienza di ciò che era avvenuto, era il momento di tagliare i ponti con ciò che c’era prima, di comunicare alla direttrice dell’orfanotrofio che quella sarebbe stata la sua unica ed ultima visita, che aveva, almeno in parte, trovato la sua famiglia e che non era più sotto la sua responsabilità.
Senza girarci troppo intorno aveva espresso alla cugina il desiderio di voler tornare all’orfanotrofio per un ultimo saluto, domandandole così il permesso di farlo, non glielo avrebbe negato, l’aveva ritenuta in grado di decidere del suo futuro, non le avrebbe negato quel piccolo viaggio e così fu, il giorno seguente di prima mattina lasciò la scuola vestita in perfetto stile babbano, senza però separarsi dalla sua bacchetta, non avrebbe corso rischi, ma aveva imparato a non separarsene.
Il viaggio fu meno lungo e faticoso del previsto, e appena messo piede sul molo dell’isoletta si ritrovò a sorridere divertita, aveva tanto desiderato andarsene ed ora si trovava lì per sua scelta.
L’orfanotrofio non distava molto, spesso da bambina si era ritrovata a ripercorrere quelle stesse strade per evadere la monotonia di quelle quattro mura alla ricerca di una qualche avventura che magari avrebbe potuto trovare tra i boschi o sulle scogliere, la tentazione di deviare dal suo percorso l’aveva quasi corrotta, ma era lì per uno scopo preciso, avrebbe avuto il tempo successivamente per abbandonarsi ai ricordi e salutare i luoghi nei quali si rifugiava anni addietro.
Dall’esterno l’edificio era anonimo, si confondeva col resto delle costruzioni, a dir la verità ora che ci faceva caso non c’era nemmeno nulla che lo identificasse come orfanotrofio, ma lei ci aveva vissuto per anni, lo avrebbe riconosciuto tra mille, bussò al portone, ad aprirle una ragazza, doveva essere nuova, non l’aveva mai vista, un sorriso gentile e cordiale mentre la faceva accomodare domandandole come mai si trovasse lì, ma prima che potesse rispondere un ragazzino si avvicinò di corsa girandole intorno e pronunciando incredulo il suo nome, era forse l’unico vero amico che avesse mai avuto, l’unico per il quale aveva provato un po’ di nostalgia, lo salutò regalandogli un sorriso, avvisandolo che quello sarebbe però stato un addio, non voleva fermarsi troppo, se avesse potuto avrebbe evitato di incontrare chiunque per evitare l’amarezza che lasciano gli addii.
Chiese di poter parlare con la direttrice e dopo qualche minuto fu condotta nel suo ufficio, se lo ricordava più grande, ma tutto sarebbe apparso più piccolo dopo essere stati ad Hogwarts.
La conversazione durò più del previsto, per quanto vedesse passare di lì una moltitudine di bambini e ragazzi, quella donna, voleva bene ad ognuno di loro come se fossero figli suoi, le fece mille domande alle quali però avrebbe ricevuto solo risposte vaghe, meno informazioni dava sul mondo magico meglio era per tutti, finchè alla fine non arrivarono al nocciolo della questione...un addio forse più doloroso di quanto si era immaginata, ma ora...ora nulla la tratteneva lì.
Com’era arrivata se n’era andata, senza salutare nessuno, senza lasciare traccia del suo passaggio.
Si ritrovò sola per le strade di quel paesino, ormai il sole aveva ceduto il posto alla bianca luna, rendendo quelle vie ancora più suggestive, doveva rientrare, tornare al castello, ma...poteva concedersi ancora un po’ di tempo, imboccò una stradina, la stessa che solo qualche anno prima percorreva quasi tutti i giorni per raggiungere il luogo che preferiva, una scogliera dalla quale osservare l’orizzonte e sognare di andarsene.
Lentamente gli edifici si fecero più radi, fino a scomparire, lasciando spazio al verde prima ed alla roccia poi, davanti agli occhi le si aprì uno scenario che, per quanto visto mille volte, la lasciava sempre estasiata, come se ancora inseguisse il sogno di scappare, la luna si specchiava nell’acqua macchiandola di piccole luci argentee e gli unici suoni percettibili erano l’infrangersi delle onde sulla roccia ed il frusciare del vento tra le foglie degli alberi alle sue spalle.

*Ancora qualche minuto*
Lo domandava a se stessa, avrebbe portato quel luogo con se se avesse potuto, ma non poteva, quindi si sarebbe concessa qualche altro istante per imprimere indelebilmente quell’immagine nella sua memoria, chissà se sarebbe mai riuscita a rivivere nuovamente quei momenti di pace che fino a quel momento aveva trovato solo lì.

Statistiche:
Punti Salute: 111
Punti Corpo: 61
Punti Mana: 61
Punti Esperienza: 6
 
Top
view post Posted on 12/2/2014, 20:05
Avatar

Group:
Master
Posts:
115

Status:


Una cosa era certa: se c’erano persone a cui Selene Moonclear era affezionata, questi erano senz’altro i suoi familiari. E non stava parlando di coloro che l’avevano messa al mondo, dei suoi genitori biologici, ma di quelli che anni prma, le avevano cambiato la vita, diventando per lei una seconda famiglia. Dopo che Artax l’aveva morsa e Krystel le aveva spiegato come stavano le cose, si era unita al loro branco, considerando la coppia di Alpha alla stregua di due genitori. E così Angel era diventata sua zia, Tristan e Thalion i suoi fratelli, Elanor e Fenn due cognate, Thor, Ailiin, Nox, Maggie e gli altri, alla stregua di cugini. Ma questo poteva andare bene quando era ancora una cucciola. Dal giorno in cui era stata morsa, ormai erano passati anni, lei era cresciuta, maturata ed aveva accumulato esperienza. E da un po’ sentiva che quella famiglia, per quanto amorevole, non era mai stata veramente la sua, che aveva bisogno di altro, di essere finalmente lei responsabile di qualcuno, di crearsi un branco tutto suo. Sapeva di esserne in grado, sapeva che restando lì non avrebbe potuto farlo e non voleva autolimitarsi ed arrivare ad odiare chi le aveva regalato la libertà. E così ne aveva parlato con sua madre, con la sorella e le cugine, ottenendo il loro appoggio. Solo a quel punto si era rivolta a suo padre, augurandosi che non la considerasse un’ingrata. E per un attimo aveva temuto davvero che succedesse, lo sguardo di Artax era severo e… triste? Possibile? Sì, lo era: l’alfa le si era affezionato, la considerava come una figlia, come se fosse stata davvero la sorella di Thalion e Tristan. Ma sapeva anche lui che era giusto che lei imparasse a camminare da sola, che avesse un suo branco. Così, dopo averle affettuosamente passato una mano nel punto in cui l’aveva morsa, l’aveva lasciata andare e ormai da circa una settimana, Selene vagava da sola, senza una meta precisa. L’unica decisione che aveva preso era stata quella di allontanarsi da Londra. E a furia di vagare, aveva alla fine raggiunto Hoy Island, decidendo di stabilirsi lì: non poteva ancora allontanarsi più di così, non avrebbe potuto sopportarlo. Forse più tardi, quando fosse diventata più autonoma. Nel frattempo, la notte era calata ed era giunto il momento di uscire dalla tana che l’aveva ospitata in quegli ultimi giorni: avrebbe esplorato i dintorni. Non appena fuori, la luce lunare la colpì e la trasformazione ebbe inizio. La luna splendeva piena e limpida nel cielo, quella sera, sarebbe stata in tutto e per tutto un animale. Si mosse rapida, in direzione della veduta che più amava, la stessa che, inconsapevolmente, stavano raggiungendo Arya e Paul, pur da direzioni diverse. Nessuno dei tre lo sapeva ancora ma presto, molto presto, i loro destini si sarebbero incrociati e niente sarebbe più stato come prima

Edited by Caroline Dalton - 13/2/2014, 01:52
 
Top
view post Posted on 14/2/2014, 19:23
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
16,412

Status:


A dispetto di quanto per logica avrebbe potuto significare, in quelle circostanze, scorgere un barlume di vita e di speranza in una valle dispersiva, le sue sicurezze vacillarono ancor prima di prender forma. I piedi rimasero piantati al limitare del pendio, non un fremito che anticipasse le sue mosse, una sua precisa intenzione. Lo sguardo, che dapprima aveva percorso il profilo irregolare degli edifici che davan forma al modesto borgo, cominciava a perdere d’intensità, annebbiandosi nuovamente del tipico velo onirico. Le immagini del reale sfumarono, e dalla nebbiosa incertezza emersero nuovi pensieri molesti, pronti a sconvolgere la pace mentale che a stento aveva instaurato.
Un alito di vento scompigliò le ciocche ribelli che gli ricadevano sulla fronte, permettendo al bagliore lunare di riflettere il rosso spento dei suoi occhi. Era così che cominciava. Una volta, su una delle mastodontiche enciclopedie di medicina e psichiatria dalle quali assorbiva morbosamente concetti oltre la sua portata, aveva letto che gran parte dei fenomeni psichici vengono anticipati da una sensazione particolare. L’Aura – così era definita – travolge il soggetto, ne ottenebra i sensi e lo strappa crudelmente alla confortante concretezza della realtà, trascinandolo in uno stato di docile impotenza. Aveva letto di percezioni uditive, olfattive, gustative… ma nulla di corrispondente alla sua esperienza. Come il tempo e le supposizioni gli avevan poi dimostrato, nel suo caso l’Aura era mediata dalla sua natura mutaforma, palesandosi tramite un effimero cambiamento estetico. Nulla di meno invasivo, eppure tremendamente infido. L’evidenza delle trasformazioni aveva pian piano crepato le solide mura erte fra il suo animo ed il resto del mondo, inibendo con crescente limpidezza la sue capacità di tenere a freno le emozioni. E per quanto avesse lottato, tentando di trattenere ogni pensiero, di domare quella parte del suo potere fuori controllo, aveva ottenuto soltanto fallimenti, rassegnandosi a convivere con quel costante trapelare di sentimenti inopportuni.
La venuta del Gelo, inaspettata ma gradita, aveva donato riposo alla sua mente stanca, riuscendo dove lui si era rivelato impotente. Un nuovo guscio gelido si era innalzato a difesa della sua psiche, dissipando momentaneamente le tenebre che avvolgevano e rendevano inafferrabile la parte indomita della sua essenza… cullandolo nella falsa speranza che quel controllo non gli sarebbe più sfuggito.
Impreparato di fronte al risveglio, eccolo lì, di nuovo preda di un timore che scindeva in due parti conflittuali la sua coscienza. L’eco di una sommessa risata, relegata ai recessi della sua mente, sancì il sopravvento della metà oscura e irrazionale… la stessa che muoveva ora i suoi passi.
Si accorse, in preda ad uno sgradevole senso di vertigine, di aver serrato nervosamente le palpebre; inspirò una boccata d’aria gelida per stemperare quel fastidioso torpore, e riaprì gli occhi sul verde che circondava i suoi piedi. L’eterno navigare nel fiume di pensieri sembrava gli avesse rubato effettivamente pochi attimi, ma a giudicare dal lieve cambiamento dei rumori circostanti, gli stessi eran bastati a coglierlo di sorpresa. Al sommesso sospirare del vento si sovrapponeva il morbido suono di passi sull’erba, così flebile da risultare impercettibile, se non fosse stato l’unico ad emergere nel silenzio della desolazione. Si voltò, dando definitivamente le spalle alla discesa verso la civiltà, e affrontò a viso scoperto ciò che lo scorrere degli eventi gli aveva riservato.
E con un tuffo al cuore, si rese conto di quanto vicina fosse la fonte di quell’anonimo rumore. Nascosta nell’ombra, illuminata dai fasci di luce lunare, se ne distingueva soltanto la sagoma, abbastanza netta però da poter essere associata ad una persona. La morsa al petto si alleviò nel constatare che era assorta in un qualcosa che probabilmente non le aveva dato modo di notare la sua presenza, ma non abbastanza da soffocare la sensazione d’allerta che tendeva i suoi nervi come corde di un violino.
*Sicuro non si tratti di timore?*
Serrò ancor più forte le dita attorno alla bacchetta e al frammento di ghiaccio, e il dolore riuscì finalmente a scacciare ogni sensazione inopportuna. Avanzò lentamente verso l’estremità opposta della scogliera, aggrappandosi saldamente a quell’appiglio di sicurezza e padronanza di sé che sentiva di aver ritrovato; e seppur stregato dalla magia del luogo, riuscì a prendere in mano la situazione.
« Sembra surreale… » sussurrò di fronte allo spettacolo di luce che avvolgeva come una patina la natura viva oltre il pendio roccioso. Mentre si avvicinava al disco perlaceo della luna, attratti l'un l'altro come ferro e magnete, si trovò fianco a fianco con l’ospite inatteso. E non fu più solo nella notte.
 
Top
Arya Von Eis
view post Posted on 15/2/2014, 18:01




Lo sguardo fisso sullo specchio d’acqua, sapeva di essere sola, era sempre stata sola, almeno in quel luogo, in quell’angolo di paradiso che per anni era stato il suo rifugio, aveva passato ore ed ore su quella scogliera a guardare oltre quell’insenatura, fin dove il mare incontrava il cielo, sperando un giorno di osservare quello spettacolo da un’angolazione diversa, ma anche ora che finalmente aveva abbandonato quell’isola, non aveva più ritrovato nulla di simile, certo, Hogwarts poteva essere molto suggestiva ed andarci molto vicino, ma non era lo stesso, o forse, quelle rocce, quell’acqua, quell’erba erano diversi più per ciò che significavano che per il loro reale aspetto.
Quante insenature potevano esserci al mondo? Quanti boschi? Quante scogliere? Ma quante di queste potevano essere viste come un luogo sicuro, come una speranza, un sogno?
Persa in quei pensieri non si rese conto che, in realtà, quell’angolo di paradiso lo stava condividendo con qualcun altro, qualcuno di cui ignorava la presenza, qualcuno che però si era accorto di lei.
Nell’ultimo periodo si era spesso ritrovata a ricercare un momento tranquillo, un luogo isolato, dove poter mettere ordine nella sua testa, ma non c’era riuscita, sembrava che il caos dovesse perdurare nella sua mente, che solo tramite quello sarebbe potuta andare avanti.
Una volta si sedeva su quella scogliera riflettendo su cosa desiderasse per il futuro, su cosa mai potesse attenderla se avesse abbandonato l’isola e si costruiva castelli che le permettevano di andare avanti, ora che si ritrovava lì nuovamente quei pensieri si fecero strada, aveva intrapreso una strada pericolosa che non sapeva dove esattamente l’avrebbe condotta, cercava di immaginarlo guardando oltre la distesa d’acqua, ma non ne aveva idea, sapeva solo di averlo fatto per dimostrare qualcosa, per diventare qualcuno, per non essere più quello che era lì e questo le bastava, non aveva bisogno di altre certezze, solo avere uno scopo.
Fissava ora la luna che con la sua luce rendeva magico quello spiazzo di mondo, in passato si era convinta che i suoi genitori da qualche parte la osservassero con lei, ma aveva scoperto che non era così, erano morti e sinceramente non le importava più molto di loro, li colpevolizzava, pensando a tratti che se l’erano meritato.
Era cambiata da quando aveva lasciato l’orfanotrofio, pur restando fondamentalmente la stessa, aveva scoperto di essere in grado di provare sentimenti contrastanti, sentimenti che la portavano ad odiare più che ad amare, che la spingevano a non aver bisogno di nessuno se non di se stessa.
Fu solo in quel momento che sentì dei passi alle sue spalle, assorta nella sua mente non si era resa conto della seconda presenza se non quando questa era ormai troppo vicina per evitarla, non si voltò, magari era solo di passaggio, magari sarebbe andata oltre, ma lentamente, posò comunque la mano sull’impugnatura della bacchetta, stringendo quel legno che avrebbe dovuto proteggerla in ogni circostanza.
“Sembra surreale…”
Parole sussurrate lievemente in un tono che non sembrava presagire il pericolo, il suo cuore che con l’avvicinarsi dei passi aveva preso a pulsare più velocemente, rallentò fino a tornare normale, mentre al suo fianco un ragazzo si univa a lei nel godere di quello spettacolo.


-Già...l’ho pensato per anni...ed anche ora che ritorno dopo tanto tempo è rimasto immutato...un angolo di paradiso...-

Si era voltata leggermente, sorridendo all’ultimo arrivato, non aveva voglia di essere scortese, non lì almeno, non voleva rovinare quell’atmosfera di pace.
Lo osservò per qualche istante, attratto dalla luna che sembrava ora così vicina da poterla quasi raggiungere semplicemente sollevando una mano verso di lei, indubbiamente quello scenario doveva suggestionare chiunque si trovasse a passar lì per caso, innescando pensieri solitamente sepolti nel profondo della mente.


-Vieni qui spesso?-

Si sentì tornare bambina, una curiosità infantile, senza uno scopo preciso, senza un piano per ottenere chissà cosa, come ultimamente le accadeva, ma la più ingenua delle curiosità che la spingeva ad interessarsi a perfetti sconosciuti per il semplice fatto che questi siano, anche solo per un momento, entrati in contatto con lei.
 
Top
view post Posted on 20/2/2014, 18:01
Avatar

Group:
Master
Posts:
115

Status:


I suoi sensi erano all’erta più che mai, non si era mai sentita così libera, eccitata, pronta a tutto. Aveva assunto le sembianze di un lupo bianco e nero, un misto perfetto dei colori dei suoi genitori, quindi aveva iniziato a correre, desiderosa soltanto di assaporare l’aria frizzante della sera. Non aveva una meta precisa, ciò che le interessava era semplicemente sentire l’erba sotto le zampe e lasciare spazio ai suoi istinti. Quando era ancora una cucciola non aveva il pieno controllo delle sue capacità e spesso era costretta a trasformarsi contro la sua volontà. Ma grazie alla vicinanza della sua famiglia era diventata più abile a controllare le sue emozioni, a resistere alla trasformazione quando necessario e in generale a rendersi conto di quando era il caso di lasciare spazio al lupo e quando no. Quella, era una delle sere in cui poteva permettersi di lasciare che il suo istinto avesse la meglio. Quel pensiero le fece emettere un ululato gioioso, mentre continuava ad avanzare verso il punto in cui si trovavano i due ragazzi. Se avesse anche trovato una preda, sarebbe stato un perfetto “primo giorno di libertà”. Una prima caccia senza il suo antico branco, come se la sarebbe cavata? Era certa di essere in grado di farcela da sola, doveva soltanto dimostrarlo a se stessa. Al pensiero di una cena succulenta pronta per lei, non poté evitare di passarsi la lingua tra i denti, mettendo in mostra le fauci appuntite. Aveva proprio bisogno di mangiare, erano giorni che non ne aveva l’occasione. O meglio, qualcosa aveva mangiato, ovviamente, ma aveva dovuto accontentarsi di cibo adatto a un essere umano, la caccia in forma di lupo, fino a quel momento, non era stata possibile, non come voleva lei, almeno.
Quella sera, però, sarebbe stato tutto diverso: si sentiva pronta, carica, attiva, in grado di affrontare qualsiasi cosa. E lo avrebbe dimostrato a chiunque avesse avuto la sfortuna di incrociare il suo cammino. Nel giro di pochissimo, un odore familiare di carne umana raggiunse le sue narici. Si trovava a non più di una trentina di metri dal punto in cui si erano fermati Arya e Paul, a sud ovest, rispetto a loro. Non poté evitare un ululato gioioso, ma poi serrò le fauci, fermandosi di colpo. Doveva essere cauta e fare attenzione, non si sarebbe fatta sfuggire la cena. Per fortuna dei due giovani, il luogo era abbastanza silenzioso da permettere loro di sentire nell’aria l’eco dell’ululato. Avrebbero fatto le dovute associazioni e agito di conseguenza? O avrebbero bollato quel suono come uno scherzo della loro mente?
 
Top
view post Posted on 24/2/2014, 17:49
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
16,412

Status:


Quel sussurro inatteso, ambasciatore dei suoi pensieri, contro ogni previsione si rivelò fortuito. Fu come agitare le mani nella nebbiolina d’incoscienza che permeava l’ambiente, scomponendone il velo per riuscire a vedere cosa si stagliava oltre. E con sorpresa, dal fondo ne giunsero delle risposte, diradando completamente l’ormai flebile foschia che tratteneva le due voci dall’incontrarsi.
Trascendendo gradualmente l’incanto che ammaliava la vista, il ragazzo cominciò a dedicare parte del suo interesse alla figura che sostava al suo fianco, colei che aveva risposto al richiamo dei suoi pensieri. Staccando lentamente lo sguardo dallo sfondo magnetico, rivolse un’occhiata intensa alla sconosciuta. Dimentico delle sue abitudini, lo sguardo che si soffermò sul volto della giovane ragazza non era mosso da curiosità, né dalla maniacale cura per i dettagli che il suo essere previdente gli aveva donato. Le iridi sbiadite trovarono conforto nel verde di quegli occhi accesi d’interesse che, nel frattempo, si erano posati su di lui. Non ebbe cura di darsi un perché; per una volta nella sua vita, non era da se stesso che si aspettava delle risposte. La connessione che cercava disperatamente di instaurare con quella mente estranea provava l’inadeguatezza che in quel momento gli stringeva il petto. Serrò ancor più forte i pugni, mentre lo spettro di una muta battaglia disegnava sul suo volto un’espressione spaesata alla mercé della ragazza.
Le parole giunte in risposta avevano stuzzicato quel senso di smarrimento che fin dal suo risveglio lo aveva turbato; denotavano un’appartenenza a quel luogo, a quella situazione, di cui lui lamentava la mancanza. Fu con naturalezza che percepì quindi il bisogno di aggrapparsi alle sicurezze di lei, scorgendo in esse la speranza di capire di più sul misterioso luogo che lo stava ospitando.
« Non proprio. Sembra avermi attratto oltre i limiti della…consapevolezza. »
Pronunciò l’ultima parola socchiudendo gli occhi, abbandonatosi ad un pensiero nascente. Era giunto come un violento campanello d’allarme, un accenno di ragionevolezza che tentava di condizionare i suoi gesti, i suoi discorsi, il suo punto di vista. Deglutì silenziosamente, il capo chino e le ciglia ad adombrargli gli zigomi.
Stava forse dando sfoggio delle sue debolezze? Questa constatazione gli sfiorò la mente come una brezza gelida, risvegliando la parte di coscienza che avrebbe tentato di farlo desistere da un comportamento del genere. Confrontarsi così, a viso aperto, era sempre stata considerata una condotta da evitare, estremamente dannosa. Ma i tempi in cui si fidava ciecamente di quella voce interiore erano passati. Ciò che ne rimaneva era un’eco, rimasugli di una personalità che da tempo, seppur poco, aveva distrutto e sostituito. Che avrebbe continuato ad ignorare, per molto ancora.
Riaprì gli occhi, sollevato nel riscontrare ancora una volta la presenza immutata di ciò che aveva abbandonato per un attimo infinito. Stava per ritentare, lo sguardo acceso di fiducia, i muscoli tesi per l’ansia dell’attesa, quando un suono diverso dalle due voci interruppe il silenzio che li avvolgeva. Un inconfondibile ululato, tanto noto per la sua fama, gli rimbombò nei timpani mai così vivido ed autentico. Un brivido gli corse lungo la schiena, e l’aria intorno a sé parve assumere consistenza, caricandosi lentamente d’elettricità. Voltò di scatto la testa alla sua sinistra, lontano dal bagliore onirico, verso il vivo del paesaggio, dove le tenebre notturne si fondevano alla verde distesa d’erba. In quei pochi istanti l’urgenza che le sue insicurezze avevan proclamato scemò, sostituita da una priorità diversa. La sentì, più concreta, gelargli le membra e pesargli nel petto, alimentata da un timore reverenziale verso quel luogo che solo ora riusciva a valutare con chiarezza. Strinse le dita attorno al legno ruvido, abbandonandosi definitivamente al suo amor proprio, che gli gridava chiaramente di affrettarsi.
« Credo sia ora di andare. »
Istintivamente allungò la mano disarmata verso la ragazza - la cui identità era ancora avvolta nel mistero - fermandosi appena prima di toccarle la spalla. Strinse un’ultima volta i denti, mentre diverse voci si rincorrevano nella sua mente, e fece un passo verso la via di ritorno, costringendole, per il momento, al silenzio.
 
Top
Arya Von Eis
view post Posted on 3/3/2014, 03:16




Sapeva che fissare qualcuno non era un gesto troppo cortese e che spesso e volentieri si poteva mettere a disagio il proprio interlocutore, così, come se non avesse detto nulla, distolse lo sguardo dal ragazzo tornando a fissare un punto nel vuoto oltre il riflesso della luna sull’acqua.
Quella che sentì pronunciare al giovane fu una risposta strana, non riusciva a comprenderla, si aspettava un sì o un no, invece ciò che udì fu una frase apparentemente priva di qualsiasi significato, come se si trovasse lì per caso, per una qualche ragione che nemmeno lui sapeva, ma allo stesso tempo, come se sentisse di doversi trovare lì.
Le ci volle qualche istante prima di rispondere, restare in silenzio sarebbe sembrato scortese, in fondo era stata lei a porgere quella domanda, così cercò di trovare qualcosa che sembrasse almeno adeguato da dire, senza indagare troppo sulle parole di lui, forse era stato vago appunto perchè non voleva dire nulla di più, forse per altro, ma in quel momento sembrava opportuno non scavare troppo in profondità.


-Deve avere davvero qualcosa di magico allora...io sono capitata qui la prima volta per caso, trovandovi una via di fuga dalla realtà...una speranza-

Si sentì estremamente stupida, forse avrebbe fatto meglio a restare in silenzio, eppure nella voce di lui aveva scorto una sorta di insicurezza che l’aveva portata a cercare in qualche modo di rassicurarlo.
Prima però che il ragazzo potesse proferir parola la loro attenzione fu attirata da altro, anche se a dir la verità ad allarmarsi maggiormente fu proprio quest’ultimo, lo sentì voltarsi di scatto nella direzione dalla quale proveniva l’ululato, quasi istintivamente fece lo stesso, più per capire il perchè di quella reazione che per vera e propria preoccupazione, si trattava solo di un lupo, okey, non ne aveva mai visti, ne sentiti in quella zona, ma la cosa non poteva essere poi così preoccupante, eppure lui sembrava non essere dello stesso avviso “Credo sia ora di andare.” E così dicendo allungò una mano quasi fino a toccare la sua spalla, forse quel gesto, quelle parole, avevano quasi convinto anche la ragazzina a ritornare verso zone più “sicure” o, probabilmente, non voleva contraddirlo, non ora che sembrava aver riacquistato la sicurezza precedentemente smarrita.
Istintivamente, come solitamente faceva nelle situazioni di pericolo, posò una mano sull’impugnatura della bacchetta, stringendola tra le dita, ma colta da un improvviso ripensamento allentò la stretta mantenendo comunque il contatto con la sua arma.
Non conosceva il giovane accanto a lei, molto probabilmente si trattava di un babbano capitato lì per caso, non doveva commettere passi falsi, a meno che la situazione non lo richiedesse senza altra via d’uscita, così si limitò ad annuire col capo pronunciando un quasi impercettibile “sì”.
Non aggiunsero altro, almeno in quel momento, entrambi probabilmente concentrati ad ascoltare qualsiasi suono giungesse fino alle loro orecchie, per Arya la situazione era al quanto fuori dal normale, si era ritrovata lì dopo più di un anno, in quel luogo isolato dove si era sempre sentita al sicuro ed ora, non solo si era ritrovata a condividerlo, ma addirittura lo stava lasciando perchè non sicuro, possibile che in così poco tempo così tante cose fossero cambiate? O doveva prenderlo come il segno che quella sera non tutto sarebbe filato liscio?
Scosse il capo, non era decisamente il momento di mettersi a riflettere su quanto le coincidenze fossero improbabili, certo aveva avuto già modo di constatarlo, ma forse, per quella volta, semplicemente si trattava di una serie di eventi scollegati che non avrebbero portato a nulla.
Per un attimo pensò anche di bloccare il ragazzo facendogli presente che forse si stava preoccupando per nulla, che un lupo non avrebbe dovuto allarmarlo poi così tanto, probabilmente non si sarebbe nemmeno avvicinato alla scogliera eppure non lo fece, si limitò a seguire i passi di lui lasciandosi il riflesso della luna alle spalle.
 
Top
view post Posted on 11/3/2014, 12:31
Avatar

Group:
Master
Posts:
115

Status:


Era davvero stata fortunata: la prima volta che usciva a caccia le capitava già di imbattersi in due ragazzini che avrebbero senz’altro costituito una cena che le avrebbe fermato lo stomaco per un bel pezzo. Ma doveva essere cauta, non doveva spaventarli, o avrebbe rischiato di essere attaccata. O peggio, i due avrebbero potuto fuggire, e addio cena. Se uno dei due avesse saputo smaterializzarsi non avrebbe avuto la possibilità di seguirlo senza rischiare di far scoprire in qualche modo il suo segreto e non ne aveva per nulla intenzione. Non c’era più la sua famiglia a proteggerla e doveva cautelarsi, guardarsi le spalle da sola considerare tutte le possibili implicazioni di ogni sua azione. L’unica cosa certa in quel momento, era che avesse fame… e la fame aveva sempre avuto il sopravvento sul suo istinto, in un modo o nell’altro, nonostante fossero passati anni dalla sua prima trasformazione. E così era anche in quel momento. Fu quello il motivo che la spinse ad uscire allo scoperto, palesandosi ai due giovani.
Arya e Paul poterono così notare un lupo ringhiante, di formato decisamente più grande del normale, dal manto grigio, a pochi passi da loro. Che fosse affamato poteva ben intuirsi dal fatto che, scoperti i denti, si passava ritmicamente la lingua tra le fauci. I due ragazzi avrebbero dovuto usare grande cautela. Paul avrebbe potuto fare delle ipotesi sulla natura dell’animale, date le sue conoscenze e questa per Arya era decisamente una fortuna. Sarebbero stati in grado di collaborare? Solo il tempo avrebbe risposto a quella domanda


Nel caso decidiate di tentare di attaccare, postate le vostre sattistiche. Quelle di Selene sono:

Punti Salute: 170
Punti Corpo: 190
Punti Mana: 160
 
Top
view post Posted on 12/3/2014, 21:43
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
16,412

Status:


Fu incredibilmente brusco il cambiamento che coinvolse la sfera emotiva del ragazzo – non che non ci fosse abituato –, e così la percezione che aveva dell’ambiente intorno a sé. Se poco prima aveva faticato per togliersi di dosso il torpore che minacciava di impadronirsi dei suoi sensi, credendo di trovarsi in un luogo senza confini di spazio e tempo, adesso avvertiva ognuno di quei componenti netti e prepotenti.
Il silenzio che lo circondava non era privo di significato; il costante sussurrare notturno e l’eco selvaggio della natura lo colmavano di sensazioni, moniti. Sentiva sulla pelle nuda delle braccia l’aria frizzante esortarlo alla veglia, mentre il senso di timore crescente gli pizzicava le vene dall’interno, spingendolo ad avanzare.
Camminò deciso verso l’unica meta plausibile in quell’ignota distesa, un passo dopo l’altro, respirando l’aria gelida senza avvertirne il retrogusto pungente. Lo sguardo si posava rapidamente su ogni zona visibile di fronte a sé, vagando in cerca di indizi, combattuto fra l’indecisione e la disperata ricerca della sua fermezza. Con una punta d’esitazione inclinò lievemente la testa di lato, rivolgendo un’occhiata fugace alla ragazza che, catapultata fuori dalle sue attenzioni in pochi istanti, stava lentamente ed involontariamente perdendo quell’importanza fortuita che lui stesso le aveva attribuito. Faticava ad ammetterlo, ma ancora una volta le circostanze non gli avevano permesso di esser padrone delle proprie scelte; e tutto ciò che stava accadendo, le azioni commesse, i passi che lo avevano condotto fin lì, gli apparivano fastidiosamente privi di senso, frutto di una volontà estranea.
Avrebbe continuato ad ingigantire quella matassa di pensieri, perdendo nuovamente il contatto con la realtà, se qualcosa non avesse bloccato i suoi passi, inchiodandolo sul posto per lo stupore. Un qualcosa che emerse dal silenzioso vociare del vento come una minaccia, sovrastando qualsiasi altro suono o pensiero, interrompendo ogni sua considerazione. Gli occhi, scivolati in basso durante il breve momento di riflessione, risalirono velocemente la visuale incupita dalle tenebre, e subito s’interruppero, trovando quello che cercavano.
E lì stava, a pochi miseri passi da loro, la fonte della minaccia sonora, che già due volte aveva disturbato i suoi pensieri e piegato le sorti di quella strana avventura. Un lupo, ritto sulle zampe in una posa di fierezza e prepotenza, il ringhio dipinto in volto come una sordida minaccia, presagio di una sorte naturale e indiscutibile. I nervi del ragazzo si irrigidirono, e così le dita che circondavano il manico ruvido della bacchetta, mentre il chiarore perlaceo della luna faceva risplendere il manto argenteo della bestia, mettendo in luce quei tratti che le conferivano elegante ferocia.
Fu mentre rimirava il fascino letale della creatura, i muscoli dolorosamente in tensione, che un dettaglio stuzzicò la sua mente, emergendo dai recessi della memoria come un lume giunto in soccorso contro le tenebre. Lo spettro di qualche conoscenza, che lesto si sovrappose alla figura reale lì di fronte, recò con sé un flusso improvviso di domande e ipotesi; prima che potesse rendersene conto, quelle idee fugaci si condensarono in un’unica, agghiacciante constatazione.
Le dimensioni sproporzionate della muscolatura, gli arti innaturalmente lunghi e slanciati, lo sguardo vivido e luminoso… *la luna.*
Sopraffatto da tale convinzione, e dal senso di allerta che accelerò il suo battito cardiaco, Paul proruppe in un rumoroso sospiro, un fervente tentativo di raccogliere lucidità sufficiente ad agire nell’immediato. La mano destra, leggera come una piuma, brandì la bacchetta contro il muso crudelmente distorto del lupo, ed il tempo riprese a scorrere di fronte agli occhi sbarrati del metamorfomagus.
Con la mente rivolta a quanto era in procinto di fare, si ritrovò spiazzato ricordando subitamente la presenza della ragazzina al suo fianco. Lo vedeva, stava vivendo anch’ella quel momento così anomalo eppure tremendamente reale… e, forse, da una posizione diversa rispetto alla sua. Poteva ignorare quel dubbio e azzardare una mossa della quale si sarebbe potuto pentire?
Si morse la lingua, ritornando con la mente e con gli occhi al pericolo più imminente, e mosse con decisione e senza esitare la bacchetta da sinistra verso destra, un taglio orizzontale sugli occhi della bestia.
*Conjunctivitis.*
Niente di più innocuo e di meno eloquente agli occhi della ragazzina.
In realtà, ciò cui aveva mirato il ragazzo, quelle stesse iridi glaciali che ora si riflettevano nelle sue, erano state il bersaglio della sua magia, e forse si sarebbero rivelate il punto debole del loro nemico. Sperava di vederli offuscarsi da un momento all’altro, quegli specchi azzurri, perdendo di vista i loro volti e concedendo loro del tempo. Perché il tempo era l’unica cosa che continuava a sfuggirgli, ma di cui avevano disperato bisogno.

Salute: 172
Corpo: 155
Mana: 153
Exp: 34
 
Top
Arya Von Eis
view post Posted on 17/3/2014, 15:17




A passo spedito proseguivano lungo la strada che avrebbe dovuto condurli in un luogo più sicuro...ma sicuro da cosa? Un lupo? Un ululato poteva realmente preoccuparli così tanto da costringerli alla ritirata? Da quel che sapeva erano animali da branco, difficilmente li si trovava da soli, eppure avevano udito una sola voce, nessuna risposta, continuava a pensare che quella creatura non si sarebbe spinta fin lì, non avrebbe abbandonato il folto della foresta dov’era al sicuro e dove sicuramente avrebbe trovato prede facili da conquistare, correndo il rischio di avvicinarsi troppo alle zone abitate, non aveva senso, non da sola almeno, al contrario dell’essere umano, negli animali l’istinto di sopravvivenza dovrebbe avere la meglio e per un lupo solitario la cosa migliore era non correre rischi inutili.
Quel pensiero la rassicurava, il giovane davanti a lei era comunque riuscito ad infonderle una certa inquietudine, ma cercando di proseguire nel suo pensiero razionale tentava di scacciare quello irrazionale che le imponeva invece di accelerare il passo per allontanarsi il più possibile dal luogo dal quale avevano sentito provenire l’ululato.
Rimase inchiodata al terreno, fermando di colpo i suoi passi, immobile e pietrificata da ciò che le si parava davanti agli occhi, un lupo, un lupo decisamente troppo grande per essere vero, non ne aveva mai visto uno, ma era convinta che quello superasse di molto le dimensioni medie dell’animale.
Al contrario di tutte le sue supposizioni si trovava lì ed i suoi denti scoperti stretti in un ringhio terrificante lasciavano intuire le sue intenzioni poco amichevoli, sbarrava loro la strada, non vi era modo di aggirarlo, tanto meno di scappare, li avrebbe raggiunti prima ancora che muovessero un solo passo, in quel momento la preoccupazione del ragazzo sembrava più che fondata e la sicurezza di raggiungere il villaggio era invece svanita.
Istintivamente portò la mano alla bacchetta e non appena la presa si strinse sul manico ebbe la consapevolezza che forse potevano farcela, forse ne sarebbero usciti incolumi o, se non incolumi, almeno vivi, era pur sempre un animale e lei dalla sua poteva contare sulla magia, sperando che ciò bastasse estrasse l’arma pronta ad utilizzarla.
Arrivati a quel punto non le interessava più sapere se chi l’accompagnava fosse un babbano, un mago o qualsiasi altra cosa, ora sì, ne andava della sua sopravvivenza e quello sembrava l’unico modo per uscirne.
Avrebbe voluto possedere un maggiore controllo, forse una maggiore esperienza, perchè per quanto stringesse la sua arma, non riusciva a muoversi, a pensare lucidamente, l’unico pensiero che continuava a prendere forma nella sua testa era che non voleva finire i suoi giorni come cena di quell’animale.
Per un attimo guardò in direzione del ragazzo, stringeva anche lui una bacchetta, si sentì sollevata, erano in due ed entrambi armati, le possibilità di sopravvivere stavano decisamente aumentando ed in quel momento si rese conto che doveva far qualcosa, qualsiasi cosa che permettesse loro di guadagnare tempo, che desse loro una via di fuga, ma non era facile, sotto pressione, scorrere la lista degli incantesimi che aveva finora appreso alla ricerca di quello più adatto, non ne aveva il tempo.

*Il fuoco* fu il primo pensiero *Tutti gli animali temono il fuoco* ma non le veniva in mente nulla di efficace, se fosse sopravvissuta avrebbe rimediato a quella lacuna, doveva trovare altro, accecarlo? Poteva essere una soluzione, ma sarebbe bastato? Immobilizzarlo? Poteva funzionare, se fosse riuscita ad inchiodarlo al terreno avrebbero avuto il tempo fuggire, ma ne sarebbe stata in grado? Non aveva particolare dimestichezza con quegli incanti e non poteva correre il rischio di sbagliare o metterci troppo tempo, non era a lezione, se falliva non comprometteva la sua media scolastica, c’era molto di più in gioco.
Il lupo si faceva sempre più minaccioso, non potevano più indugiare, se volevano avere qualche speranza era il momento di agire.
Si cinse il collo col braccio dominante, posando la mano destra che impugnava saldamente la bacchetta sulla spalla sinistra, non doveva affrettare i tempi e mantenendo quella posizione pronunciò la prima parte della formula
-Everte- poi, con un movimento rapido distese il braccio in direzione del lupo decisa a scaraventarlo il più possibile distante da loro e nel farlo pronunciò la seconda parte dell’incanto -Statim-
Una volta messa la bestia, almeno temporaneamente, fuori combattimento, avrebbero avuto il tempo per studiare una mossa più efficace, scappare sembrava, almeno per il momento, da non prendere nemmeno in considerazione, non sapeva se avrebbe funzionato, ne per quanto l’animale sarebbe rimasto fuori gioco, sperava almeno di guadagnare tempo.

Statistiche:
Punti Salute: 111
Punti Corpo: 61
Punti Mana: 61
Punti Esperienza: 6
 
Top
view post Posted on 22/3/2014, 16:24
Avatar

Group:
Master
Posts:
115

Status:


Il fatto che ci fosse la luna piena aveva sempre permesso alle capacità e ai poteri suoi e dei suoi fratelli di essere al massimo. Quella sera non ci sarebbero state eccezioni. Aveva fame, ma aveva anche esperienza, non poteva dire di conoscere molti incantesimi d’attacco, ma ne sapeva a sufficienza da essere in grado di difendersi. E dove non sarebbero arrivati il suo intelletto e le sue conoscenze, avrebbe sopperito l’istinto, soprattutto in quel momento: era in forma animale, era più agile e veloce e aveva la forza dalla sua parte. Non ebbe bisogno di pensare tutte quelle cose, erano parte di lei, erano scontate. L’aria fresca della sera, la luce splendente della luna piena e l’erba sotto le sue zampe la aiutavano ad avere ben presente la situazione in cui si trovava. E sapeva anche di avere di fronte due ragazzini che forse non avrebbero saziato la fame che sentiva, ma che magari avrebbero potuto aiutarla a resistere ancora, il tempo di trovare qualcosa di più sostanzioso. E non la spaventavano neanche i loro attacchi. Tuttavia, non aveva mai amato avere una bacchetta troppo vicina al muso, come risultava quella di Paul, posta anche in posizione pericolosa, in direzione dei suoi occhi. Nel tempo che il ragazzo impiegò ad eseguire il movimento dell’incanto, Selene si sollevò sulle zampe posteriori, guadagnando la posizione eretta, ponendo quindi i suoi occhi fuori dalla portata dell’incantesimo. Una sensazione di fastidio la colpì al ventre, dove si erano schiantati gli incanti dei due ragazzi, quello di Paul, destinato ad altro obiettivo (- 10 ps), e quello di Arya, non abbastanza forte da farla cadere a terra ma sufficiente per procurarle un lieve fastidio (-5 ps), quindi si riabbassò di colpo, muovendo la zampa anteriore sinistra per colpire Paul facendolo volare a tre metri di distanza da lei ed Arya. Il ragazzo era stordito e un po’ ammaccato (- 15 ps) ma tutto sommato non poteva lamentarsi. L’erba aveva attutito l’impatto e la zampata non era stata troppo potente. E a quel punto, Selene avrebbe potuto dedicarsi alla ragazzina. La guardò avvicinandosi e leccandosi i baffi: una potenziale cena o magari… perché no? Un’alleata. Rimase immobile, muovendo la coda e fissando negli occhi la ragazzina, tormentata da quel dilemma.

Selene
Punti Salute: 155/170
Punti Corpo: 190
Punti Mana: 160
Punti xp: 25

Paul
Salute: 157/172
Corpo: 155
Mana: 153
Exp: 34

Arya
Punti Salute: 111
Punti Corpo: 61
Punti Mana: 61
Punti Esperienza: 6
 
Top
view post Posted on 4/4/2014, 19:34
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
16,412

Status:


Con una rapidità incalcolabile la visuale del ragazzo venne come barricata da un muro pulsante di muscoli e pelliccia, che lo privò per un breve attimo del candore lunare. Allo stesso, brusco modo non gli fu concesso il tempo di un sospiro, di lasciarsi andare a quella esitante sensazione di terrore che continuava a scalciare dentro il petto e in fondo alla gola, ché un fulmineo e doloroso colpo fisico lo travolse totalmente, sottraendogli per pochi istanti ogni contatto con la realtà.
Navigò nell’inconsistenza con il cuore in gola e la mente completamente vacante, per poi riatterrare malamente su quella scomoda terra e non sentirne affatto sollievo. Il dolore fisico che la botta gli aveva inflitto passò quasi in secondo luogo, pervaso e reso incorporeo dall’adrenalina prorotta durante il volo. Ma lo stesso non poteva dirsi della violenta ondata di dubbi, domande e constatazioni che si infranse prontamente sulle pareti già deboli della sua mente. Cosa significava tutto ciò? Perché quella situazione, che ostentava tutte le caratteristiche teatrali dei sogni, continuava ad evolvere prendendo pieghe imprevedibili e oscenamente realistiche?
La sua ragione, troppo disabituata ad affrontare circostanze spiacevoli che non si svelassero all’interno della sua testa, faticava ad ammettere quanto accadeva, più di quanto la sua immaginazione non ne fosse ormai avvezza. Ed era forse proprio quella la radice madre del suo più grande problema. Per tutto quel tempo, la realtà, il pensiero cosciente, era stata soffocata dai suoi conflitti interiori, vista di sfuggita dai profondi tunnel onirici nei quali veniva costantemente assorbito.
Eppure ciò non poteva giustificare quel che stava lasciando accadere, non lo avrebbe accettato quale segno di arrendevolezza. Persino nei sogni non aveva mai smesso di combattere, per difendersi, per prevalere. Doveva soltanto permettere alla fiamma del suo istinto, che bruciava di passione quand’era necessario preservare se stesso, di riaccendersi all’istante.
Si scrollò di dosso i postumi del trauma, issandosi sulle ginocchia e recuperando mentalmente il filo logico della situazione. Con le dita strette febbrilmente attorno alla bacchetta, tirando sospiri affannati ma silenziosi, ritornò con gli occhi al punto da cui era stato bruscamente allontanato… E si scoprì sorpreso a constatare che quell’atmosfera di frenetica immobilità, che pensava di aver ormai dissolto, persisteva ancora. La creatura si era ricomposta nella posa in cui gli era inizialmente apparsa, lo stesso crudo ringhio rivolto all’unica pedina rimasta in piedi. Aggrottò la fronte, prima di scorgere la bacchetta che la ragazzina stringeva saldamente in mano, escludendo automaticamente l’ipotesi che non fosse stata aggredita perché non vista come una potenziale minaccia.
Una punta di sollievo, per quanto inopportuna, gli illuminò gli occhi, donata da quell’imprevisto indizio sull’identità della sua compagna. Ebbene ora sentiva di essere in grado di liberarsi di quel filtro fantastico che falsava i suoi pensieri, e di inquadrare la situazione con la giusta dose di logica e ragionevolezza. Tenendo a freno l’irruenza, consapevole di poter in qualsiasi momento sconfinare oltre l’orlo della disperazione, collocò il loro nemico al posto che gli spettava. Un licantropo, era quella la definizione che aleggiava con insistenza lungo ogni angolo della sua mente, insieme a tutte le informazioni che le sue conoscenze – meramente teoriche – gli permettevano di attribuirle.
Più di ognuna di esse, a riempirlo di una sorta di timore era l’anomala curiosità che accompagnava quella consapevolezza. Era come se la minaccia fosse avvolta da un’aura di malizioso mistero, che esercitava sul ragazzo meno preoccupazione di quanto voleva la logica. Serrò le palpebre per allontanare in via definitiva – sperava – quella sensazione, e le riaprì sul suo bersaglio, incorniciato ora da contorni ben definiti. Se attaccarlo direttamente era una mossa destinata a fallire, avrebbe tentato di penetrare di nascosto le sue barriere e afferrarlo dall’interno. Levò il braccio in direzione della creatura, e puntò la bacchetta sulla zolla d’erba su cui si ergevano le sue zampe. Inspirò e si lasciò inebriare dall’odore aspro della terra, cercando un contatto con colei che stava per chiamare in soccorso. Il polso si mosse in circolo, compiendo un cerchio orario che racchiuse idealmente lo spiazzo verde sotto la mole del lupo, e senza interrompere la fluidità del movimento, protrasse il disegno verso l’alto. *Repsi Genìtum.*
Una linea verticale non più alta di un metro e mezzo, compiuta con la ferrea volontà necessaria ad estirpare il frutto del suo incantesimo dal ventre ruvido della terra, e ad accompagnarne la crescita. La bacchetta deviò decisa verso le zampe dell’animale, sferzando l’aria con una serie di intrichi che riprodussero il disegno vividamente definito nella sua mente. Una rete di robuste radici che avvolgessero gli arti della creatura, abbastanza resistenti da prevalere sulla sua forza sovrumana.
Completò il disegno infondendo fino all’ultima stilla della sua volontà, per quella mossa che, sperava, gli avrebbe restituito le redini della situazione.
 
Top
Arya Von Eis
view post Posted on 8/4/2014, 01:36




I loro incanti sembravano non aver sortito nessun effetto sull’imponente animale che, forse più infastidito che dolorante, con una zampata scaraventò il suo compagno di sventura a qualche metro di distanza...Lo osservò cadere...si preoccupò per lui, muovendo anche un primo passo nella sua direzione...ma...si rese conto di essere il prossimo bersaglio...ora toccava a lei...istintivamente si fermo...magari sarebbe stato più intelligente mettersi a correre...o forse no...che speranze aveva contro un lupo? Nessuna...quell’idea continuava a comparire e dissolversi nella sua inutilità.
Ora erano lei e lui...l’uno di fronte all’altra...era spacciata...l’unica cosa a cui riusciva a pensare...avevano perso la loro occasione per metterlo fuori gioco e adesso si sarebbe vendicato...anzi no...avrebbe portato a compimento ciò per cui si era mostrato...era un animale, non un essere umano...attaccava per vivere...attaccava per cibarsi...ecco quale sarebbe stata la sua fine...
*Arya Von Eis...cena del lupo di Hoy Island* eppure...eppure qualcosa non tornava...si aspettava di ritrovarselo addosso prima ancora di riportare lo sguardo su di lui, di sentire i suoi denti penetrarle la carne e invece...invece nulla...quando riportò la sua attenzione sull’animale questo la stava...osservando? Possibile? Avevano già superato la fase studio...era stato aggredito...erano armati e pericolosi...allora perchè non attaccava e basta? Perchè restare lì....avanzando di qualche passo...per poi tornare immobile a fissarla?
Qualcosa non quadrava...i suoi occhi puntati addosso la misero a disagio...cosa diamine voleva da lei? Perchè non la faceva finita e basta? Non aveva possibilità, attaccare non aveva funzionato, scappare era fuori discussione...era completamente in balia di quella creatura...che sembrava voler prolungare la sua agonia.


-Cosa vuoi? Cosa vuoi da me? Falla finita e basta-

Lo aveva veramente urlato? Sì...Stava seriamente parlando con quel lupo? A quanto pareva sì...completamente assurdo...illogico...non poteva capirla...ma la disperazione e la paura stavano prendendo il sopravvento...si sentiva impotente...non voleva far la fine della cena...ma non vedeva altre vie d’uscita...
Una lieve speranza nell’intravvedere il ragazzo sollevarsi in piedi...ora...ora non erano più vicini...solo uno di loro poteva essere alla portata dell’animale...solo uno di loro rientrava nella sua visuale...l’altro...l’altro poteva coglierlo di sorpresa...tentare di metterlo fuori gioco...forse non tutto era perduto...
Rabbrividì al successivo pensiero...già...in quel momento però era lei nel suo mirino...se le cose non fossero andate come dovevano sarebbe stata la prima...e forse l’unica a morire...già...l’unica se il ragazzo avesse deciso di cogliere l’occasione per fuggire...non lo conosceva...non poteva sapere come si sarebbe comportato...poteva solo confidare che non l’avrebbe abbandonata lì e tentare di fargli guadagnare più tempo possibile per attaccare indisturbato.
Il problema era solamente uno...non aveva la più pallida idea di come distrarlo...non poteva di certo lanciargli un bastoncino e giocare al riporto...dubitava fortemente avrebbe funzionato...no...zero...tabula rasa...forse forse se avesse avuto in tasca una bistecca delle dimensioni di un drago, ancora ancora avrebbe potuto funzionare...ma si era dimenticata di passare dal macellaio prima di andarsi a fare un giro.
Eppure era forse l’idea più suicida e potenzialmente più azzeccata che potesse venirle in mente, almeno ai suoi occhi...chissà se qualcun altro avrebbe concordato con lei...
Certo...non aveva un controfiletto di manzo in tasca, ma...perchè si trovavano lì in quella situazione? La cena...la cena di quell’animale era il motivo...era parso abbastanza chiaro fin dai primi minuti...quindi...perchè non tentare? Finché fosse rimasto lì a fissarla nulla gli avrebbe impedito di intercettare le mosse del ragazzo, ma se...se si fosse concentrato sulla prima portata...forse...forse c’era una possibilità
*Sei morta in ogni caso Arya...se lui scappa...sei morta...se scappi...sei morta...se attacchi sei morta...se non fai niente e lui attacca e fallisce...sei morta...così...se lui attacca e centra il bersaglio hai qualche speranza confidando nel San Mungo...se invece fallisce...beh...sei comunque morta...cos’hai da perdere?*
Okey...forse questa linea di pensiero non era proprio tra le più ottimiste, ma la situazione sembrava tutt’altro che rosea e la ragazzina seriamente non riusciva a vedere una via d’uscita...era un gesto disperato nella speranza di salvarsi o, nel peggiore dei casi, di porre fine in fretta a quell’agonia.
L’idea suicida si materializzò nella sua mente mentre fissava il lupo che, ancora immobile, sembrava indeciso sul da farsi, terrorizzata, ma non ancora decisa a darsi per vinta, stava cercando un modo per venirne fuori, osservava lo spazio circostante, valutando se ci fosse qualcosa che potesse aiutarla ad uscire da quella situazione, ma nulla...nessun nascondiglio, nessun ostacolo da frapporre tra lei e la bestia, nulla di nulla...non poteva scegliere miglior posto per cacciarli, erano prede senza via di scampo...e nemmeno la magia sembrava essere stata molto d’aiuto...già...quella magia sulla quale aveva imparato a fare completo affidamento...ma una volta non era così, una volta doveva arrangiarsi, contare solo sulle sue capacità, sull’ingegno e sfruttare qualsiasi cosa le potesse tornare utile, anche l’oggetto più insignificante si sarebbe potuto rivelare indispensabile...e fu osservando il manto erboso e le sue irregolarità che si rese conto di poter tentare quella via...niente magia...semplice logica, un pizzico di coraggio e...tanta...tanta fortuna.
Il luogo non sembrava offrire molto, il folto della foresta era ben distante, non poteva dunque contare su posti riparati facilmente raggiungibili e non vi erano nemmeno grossi massi, rami, o qualsiasi altro oggetto, abbastanza grande da poter essere scagliato contro quella bestia, una radura, ma...lei conosceva quei luoghi...aveva calpestato quell’erba per anni...era casa sua...sapeva esattamente dove si trovava...la scogliera...non era un prato qualunque...più di una volta si era ritrovata ad inciampare in qualche pietra e, anche se ora se ne vergognava, a raccogliere sassi più o meno piccoli da usare contro quei bambini che all’orfanotrofio reputava antipatici.
Inizialmente non ci aveva fatto caso, anzi, non ci aveva proprio pensato e anche quando realizzò quel dettaglio, le sembrò assolutamente irrilevante, non poteva certo mettersi a lanciare sassolini contro un bestione ben più grande di lei...ma...ma ora...la disperazione le faceva vedere in uno di quei pezzetti di roccia, l’unica via di scampo
*Ma tu sei tutta scema* erano lì...sotto i suoi piedi...intorno a lei...e abbassando lo sguardo decise di tentare...non sapeva se in realtà sarebbe riuscita ad afferrare la pietra che faceva al caso suo prima che il lupo l’attaccasse, ma anche in quel caso, il ragazzo avrebbe avuto più possibilità...in fondo era quello l’obiettivo...farsi aggredire per dar modo al giovane di attaccare liberamente...
Stringeva ancora la bacchetta, non le serviva, anzi, la intralciava in quel momento, ma non poteva riporla, non voleva far sentire l’animale minacciato e il movimento della sua arma poteva benissimo venir frainteso, lentamente, senza perdere il contatto visivo con il lupo, si abbassò fino a posare le ginocchia e le mani a terra, a quel punto, dopo aver lasciato la presa dalla bacchetta, iniziò a tastare il terreno, alla ricerca di qualcosa di abbastanza tagliente, o per lo meno di appuntito e quando lo trovò lo strinse nella mano destra
*Non posso farlo...non ce la faccio* era folle, sarebbe stato doloroso e poteva non servire a nulla *E’ un animale...un predatore...sono attratti dal sangue...* doveva averlo letto da qualche parte, ma in quel momento non le interessava indagare se ciò fosse vero o meno, doveva crederci se voleva andare fino in fondo.
Sollevò la manica sinistra e poso sull’avambraccio la fredda pietra appuntita facendo una leggera pressione
*Avanti Arya...premi più forte...rapida...non sentirai nulla* tentava di farsi coraggio, chiuse gli occhi e si lasciò guidare dalla disperazione del momento.
Premendo con più convinzione l’arma scelta, disegnò una linea retta che percorreva la lunghezza dell’avambraccio, non voleva un semplice taglio, doveva essere profondo, abbastanza profondo da spingere l’animale ad avventarsi su di lei, voleva la cena, lo stava invitando al banchetto...
Strinse i denti cercando di non urlare, anche se era convinta di aver emesso qualche suono, stava piangendo, sentiva il dolore, ma non la paura, al suo posto la rassegnazione...
Non volle guardare, poteva sentire il braccio bruciare ed aveva l’impressione che il sangue cominciasse ad abbandonare il suo corpo, lasciò cadere la pietra, tornando a fissare la bestia, questa volta la stava sfidando


-Avanti...cosa aspetti?-

*Ti prego...colpiscilo...atterralo...bloccalo...non voglio morire qui*
Il pensiero era rivolto al ragazzo, non poteva sentirla certo, ma doveva comunque sperare e confidare nelle sue capacità.
 
Top
view post Posted on 16/4/2014, 14:15
Avatar

Group:
Master
Posts:
115

Status:


Qualcuno una volta aveva detto che le cose non andavano mai come si credeva. Per Selene, Arya e Paul, quelle parole non erano mai state più vere. Quando Selene aveva deciso, quella sera, di avventurarsi alla ricerca di cibo, mai avrebbe potuto immaginare di imbattersi in due giovani prede umane. Quell’isola era sempre stata piuttosto disabitata e lei si era ormai rassegnata a cibarsi di animali. Sapeva che c’era un orfanotrofio in paese, ma avventurarsi fin lì l’avrebbe portata troppo in primo piano ed era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Sapeva di essere enorme, più grande che qualsiasi normale lupo e anche se non lo fosse stata, farsi vedere da esseri umani riuniti in gruppo l’avrebbe soltanto messa in pericolo, anche se questi esseri umani erano per la maggior parte ragazzini. Le avrebbero tirato contro di tutto e per quanta resistenza lei avesse potuto avere, sarebbero comunque stati in tanti contro una sola. Per questo, era diventata molto paziente, cacciava in silenzio prede animali, in attesa che qualche sventurato essere umano si trovasse sulla sua strada. Quando c’era una sola persona o anche solo due, la battaglia era sempre a suo favore. E in uno spiazzo aperto come quello in cui si trovava al momento aveva gioco ancor più facile, specie se i bersagli erano due ragazzini. La zampata contro il ragazzo aveva sortito l’effetto desiderato, mandandolo a rovinare lontano e ora poteva dedicarsi esclusivamente alla ragazza, che aveva preso a urlarle contro. Ma i suoi sensi si annebbiarono quando un odore intenso raggiunse le sue narici: sangue, sangue fresco, senza ombra di dubbio. I suoi occhi saettarono in direzione del braccio della fanciulla che sanguinava in maniera evidente, a causa di un taglio che la ragazza si era procurata da sola, o almeno così sembrava. E se così non fosse stato, non le sarebbe interessato molto: la cosa importante era che il sangue fosse lì e che sembrasse chiamarla a gran voce. Le fauci della lupa si spalancarono, al lingua fuoriuscì e, nel giro di un istante si era avventata sulla ragazzina gettandola a terra, le zampe anteriori premute sul suo addome, i denti affondati sulla sua spalla sinistra, essendo lei troppo imponente per mordere esattamente sul braccio. Ma il sangue sgorgava, dandole in parte alla testan e mischiandosi alla sua saliva. E mentre anche Arya cominciava a sentire la testa girare e le forze mancarle sempre più (- 30 PS), qualcosa avveniva dentro di lei, senza che lei se ne rendesse minimamente conto. Qualcosa che Selene all’inizio aveva visto come una possibilità non veramente realizzabile. La licantropia la contagiava, così come aveva contagiato la lupa prima di lei e tutti i suoi familiari. La ragazzina non avrebbe potuto rendersene conto, ancora, ma tutto le sarebbe stato più chiaro al successivo plenilunio, quando una luna identica a quella che la stava osservando dall’alto in quel momento, avesse assistito alla sua prima trasformazione in una creatura che la maggior parte delle persone credeva esistesse solo nelle storie per bambini. E mentre per la ragazzina avveniva tutto questo, Paul non era rimasto con le mani in mano. Dopo i dovuti collegamenti, aveva capito quale fosse la creatura che li stava attaccando, cosa potesse e dovesse fare per scampare dalla sua fame e aveva scelto una tattica che avrebbe potuto rivelarsi vincente…. Se non avesse pensato troppo. Quello fu il suo unico errore, il rimuginare, unito al fascino che, inconsapevolmente, Selene esercitava su di lui. Attese troppo, un istante decisivo stabilì la vittoria della lupa di un soffio. Così, pur avendo effettuato un incantesimo impeccabile, le sue piante si trovarono a stringere il nulla, poiché Selene, proprio nel momento in cui queste si muovevano per raggiungerla, aveva spiccato il balzo verso Arya, mutando quindi la sua posizone. Un nulla di fatto quindi per il giovane, ed un problema in più da affrontare. Una volta staccati i denti dalla spalla di Arya, Selene indietreggiò, leccandosi le fauci e scodinzolando, ancora incerta se attaccarla di nuovo per finirla o lasciarla in quelle condizioni.

Statistiche invariate per Paul e Selene.

Arya:
Ti gira la testa, il braccio che ti sei ferita e la spalla sinistra ti sanguinano, quest’ultima in maniera abbastanza vistosa. Perderai 5 PC ad ogni turno se non poni rimedio.
PS: 81/111
PC 61/61
PM: 61/61

La pianta evocata d Paul è ferma, nel punto in cui fino ad un momento prima si trovava Selene
 
Top
26 replies since 8/2/2014, 18:41   815 views
  Share