| Il Prefetto aveva preso la sua battuta con la giusta ironia, aveva affermato lui stesso che il suo obiettivo era di spaventarla, ed Eloise non riuscì a trattenersi dal dargli un’amichevole e leggera gomitata, come se avesse a che fare con un vecchio amico. Fu un gesto immediato, non ragionato, e in una parte remota della coscienza della Tassa si chiese se non fosse stato azzardato. Non era normale prendersi libertà del genere – specialmente con uno studente più grande e un Prefetto – ma era stato proprio lo stare al gioco del ragazzo a legittimare la sua reazione. Nonostante tutto, non si era ancora concesso grandi sorrisi o grandi risate. La ragazza sentì di aver osato troppo. Giovane, pivella Eloise, che ancora non aveva avuto occasione di incontrare quegli individui che non spendono nemmeno una briciola delle loro energie per mettere a proprio agio chi li circonda. Non vogliamo qui generalizzare e assumere senza ragione che il Prefetto appartenga a questa categoria di persone, ci limitiamo ad augurare alla donzella di rimanere nell’ignoranza ancora per qualche tempo.«Che malvagio, eh!» Aveva esclamato nel momento in cui aveva sganciato la gomitata incriminata. Davanti alla possibilità sempre più concreta di aggiungere alla lista dei luoghi noti anche quello stanzino abbandonato, ogni dubbio e titubanza ebbero il buon gusto di dissiparsi. Cosa leggeva negli occhi del Prefetto mentre lui osservava la strabenedetta porta? Era forse interesse? Anche lui non riusciva a resistere alla curiosità. D’altra parte, era un Corvonero, la sua era una Casata nota per la sete di conoscenza e, benché non si potesse fare di tutta l’erba un fascio, sarebbe stato uno spreco non approfittare di quel fortuito spiraglio. A conferma delle sue supposizioni, una spinta sulla porta e un invito a entrare. Nonostante le previsioni, Eloise si stupì della tranquillità con cui il ragazzo aveva preso quella decisione. Da nessuna parte stava scritto che era vietato entrare o che sarebbe stato pericoloso, stare nell’ignoranza questa volta avrebbe potuto avere i suoi vantaggi. Guardò prima il ragazzo, poi la porta, poi ancora il ragazzo. La sua espressione mutò dal sorpreso al furbesco, e finalmente si decise a entrare.«Scopriamo allora questa stanza nascosta…» Disse, mentre superava il confine di sicurezza. Ciò che stava facendo - per inciso: entrare in un’aula abbandonata insieme a un perfetto sconosciuto – non rispondeva esattamente ai principi di responsabilità e amor proprio. Non sapeva niente di quel tizio e la sua curiosità la stava mettendo in una situazione pericolosa. Ah, Eloise, quante numerose volte ti accadrà di compiere altri gesti così azzardati! La piccola, però, non prestava alcuna attenzione alla voce della coscienza, tanto era concentrata a conoscere quel nuovo ambiente. Quando gli occhi si furono abituati all’oscurità, aiutati dalla luce che entrava dalla porta, Eloise iniziò a distinguere meglio ciò che stava all’interno. La mobilia era posizionata in modo ordinato, come se fosse stata utilizzata fino al giorno precedente, con l’unica differenza che, come aveva già osservato dall’esterno, era ricoperta da teli. Quella caratteristica fece scorrere un brivido ghiacciato sulla schiena della Tassorosso: era così che si faceva quando moriva qualcuno, lo si ricopriva con un telo per nascondere l’orrore alla vista dei più. Eppure, quello studio pulsava di energia, si poteva percepire sulla pelle e dagli odori che i suoi muri aveva ospitato persone vere, che provavano emozioni, che si agitavano e gioivano, che si arrabbiavano e piangevano. Aveva lasciato sulla porta tutte le preoccupazioni e le stanchezze accumulate durante la giornata, e si era immersa completamente in quel mondo parallelo. Avvicinandosi a una poltrona, i nervi a fior di pelle, sollevò il lembo di un lenzuolo, mentre cercava di scoprire cosa c’era sotto.
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