Thinking , Privata

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~Hope™
view post Posted on 6/3/2014, 08:47





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Si muoveva lenta attraverso le strade affollate della capitale, provando a farsi strada tra la gente che egoisticamente invadeva i marciapiedi, incurante di chi aveva intrapreso la medesima scelta. Un lungo cappotto rosso le avvolgeva il fisico minuto e contrastava fortemente con i lunghi fili dorati, che annidati in morbidi boccoli, ricadevano lungo la schiena. Tutto appariva caotico e normale nel contempo, il vociare confuso, le risate sguaiate dei giovani, le urla eccitate dei bambini, e poi c’erano i suoi pensieri che parevano voler fare più rumore di tutti quei babbani. Si fermò un istante guardandosi intorno, alla ricerca di una via di fuga, una semplice viuzza che potesse condurla lontana da quel caotico fluire. Una stradina, ben avvolta da due grossi palazzi, attirò la sua attenzione, e con passo deciso si incamminò in quella direzione, tirandosi finalmente fuori da quella chiassosa monotonia. In realtà non aveva voglia di restare sola, aveva scelto di lasciare il castello, terribilmente tedioso di Domenica sera, per provare a distrarsi da quei rumorosi pensieri, ma nonostante tutto era riuscita nell’impresa di sentirsi sola tra la folla, sola almeno per modo di dire. Percorse la stradina, prima di imboccarne un’altra ancora più stretta e poi subito dopo, un’altra ancora. Stava vagando, senza una meta reale nella mente, sospinta dal solo desiderio di non fermarsi, e di proseguire in avanti. Il rumore dei tacchi urtava contro i mattoni rossi dei palazzi, rimbombando ritmicamente, come a voler scandire il tempo di quella che poteva apparire come una fuga. Finalmente decise di fermarsi e sollevando lentamente il viso, osservò con decisione la maestosa Torre di Londra che si ergeva in tutto il suo splendore proprio davanti a lei. Aveva avuto modo di osservarla da lontano più volte, ma non aveva mai sentito l’esigenza di raggiungerla, di cimentarsi in uno dei numerosi giri turistici del Museo della Magia, presente all’interno, più per una questione di tempo che d’interesse. La domenica, l’antico edificio pareva chiuso alle visite dei babbani, ma era precluso ai maghi. Superò il piccolo portone in pietra e salì la scalinata che l’avrebbe condotta nello spazio antistante, ancora indecisa sul da farsi. Magari quel giro l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee, ad allontanare quei maledetti pensieri dalla mente, a tornare a respirare almeno un po’. Eppure, non appena ebbe raggiunto il vasto piazzale si mosse in direzione del muraglione, che secolare, si ergeva sul lungofiume, adornato da alcuni alberi che per la stagione, avevano perso il verde manto, permettendo ai visitatori di osservare quella parte di Londra, con maggiore libertà. Adagiò le mani sulla nuda pietra e si protese in avanti per osservare meglio. Lo aveva fatto ancora, si era isolata ancora una volta dal resto del mondo, insaziabile masochista quell’era. Rimase quindi li ferma, in silenzio, osservando il fiume scorrere calmo e la vita con esso.




 
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Just;
view post Posted on 8/3/2014, 16:47




Le sere di Londra si coprivano di malinconie in quella primavera appena nata. Non malinconie dolci, di quelle in cui affondano i romantici, ma polverose, fatte di ricordi densi, che faticano a scivolare via. Era per quello che aveva cercato il fiume? Si chiese se l'immagine di quell'enorme massa, che scorreva fluente e decisa, non lo avesse affascinato in contrapposizione alle sue memorie così ferme. Le dita andarono ad accarezzare il medaglione blu, un cristallo che poteva ricordare una lacrima alle menti più poetiche, esplorandone la superficie irregolare. Era quello il vero centro delle sue malinconie, il medaglione che racchiudeva le sue ali incatenate; e ormai il momento era prossimo, nel quale avrebbe dovuto discernere cosa lo teneva a terra da cosa lo avrebbe reso in grado di volare. Il suo cuore lo capiva, era come cercare di indossare in tutta fretta un paracadute mentre già correva verso il baratro. Si districò dalla memoria, e riaffiorò sulla realtà e sul fiume, che privo delle pastoie umane scorreva placido. Sospirò, stropicciandosi gli occhi, e si guardò attorno come appena destatosi da un sonno profondo: il luogo era sempre lo stesso, la luce del tramonto andava scemando, una giovane donna vestita con cura si era appoggiata al parapetto ad alcuni metri da lui. Se non fosse stato perfettamente conscio di aver pensato per tutto quel tempo, avrebbe detto di aver dormito davvero. *In verità, quanto è che dormo? Sono mai stato sveglio?* La mente c'era, gli occhi percepivano i colori, la pelle l'umidità di Londra, le orecchie i mormorii della gente, che accordatisi all'assopirsi del giorno sembravano essersi fatti più leggeri. Ma la Coscienza? Gli sembrava quasi di starsi guardando intorno per la prima volta, e pur essendo sicuro di aver già provato quella sensazione negli ultimi giorni, da quando aveva lasciato il castello, fu altrettanto sicuro di non essere mai stato così presente in quella realtà che ora viveva. Volse lo sguardo verso la donna appoggiata al parapetto, a poco più di due metri alla sua sinistra: come lui, sembrava totalmente persa in qualcosa di suo, in chissà quale dimensione interiore inesplorabile e nascosta. Il suo viso portava la freschezza di un'energia giovanile, ancora non finita, e insieme la stanchezza comune nelle giornate che i prossimi anni della sua vita le avrebbero dato. Come un fuoco d'artificio che, sparato a tutta forza nel cielo, si accorge lentamente dell'esistenza della forza di gravità, e splende al massimo pur capendo finalmente quali sono le leggi che regolano la sua salita. Lo spinse l'improvviso desiderio di dire qualcosa, di suggerirle che la salita verso il cielo non era destinata necessariamente a trasformarsi in una discesa; sarebbe stata una menzogna, probabilmente, ma se solo fosse riuscita a preservare la freschezza, la pace sui loro visi… *Ho perso la mia pace* constatò continuando a guardare la giovane donna; *ho perso la mia pace, e mi chiedo se davvero l'ho mai avuta.* Lui e lei, libri diversi, storie diverse, stessa morale. Lei, fresca, curata, una certa dolcezza nei lineamenti e nel vestire, lui, spezzato dal peso, la schiena ormai curva su un volto stanco e malsano, un jeans e un maglione sintetico su una t-shirt che non ricordava nemmeno. E per entrambi, lo stesso punto fisso, un mondo interiore del quale non riuscivano a liberarsi. Aprì bocca. La richiuse. La riaprì.
"…un bel posto per pensare." E lo era. Ma ugualmente, si chiese perché avesse sentito la necessità di dirlo. Lui e lei non erano compatibili, non era giusto che parlassero. Un giovane mago stanco alle prese con le ombre della memoria, una giovane donna assente con lo sguardo verso mondi infiniti. Era difficile pensare che quell'affermazione avrebbe mai potuto attecchire, dar vita a un dialogo: mondi come i loro... avevano bisogno di stare separati. Avevano bisogno di stare soli.
 
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~Hope™
view post Posted on 14/4/2014, 11:04





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Rimase immobile in quella posizione per diversi minuti, forse secondi, o magari ore, chi avrebbe potuto dirlo. Ferma ad osservare il lento fluire del fiume poco distante, Hope lasciava scorrere i pensieri insieme ad esso. Respirò a fondo l’odore intenso di quei primi giorni di primavera, stagione a lei cara, chiuse gli occhi per concentrarsi a fondo su quell’odore di rinascita che tutto poteva, cancellava inevitabilmente ogni cosa. Inevitabilmente i pensieri corsero all’infanzia, quell’infanzia trascorsa nel Derbyshire, ai pomeriggi trascorsi nel giardino, insieme al forte desiderio di superare quel maledetto cancello e fuggir via, senza mai guardarsi indietro, correre, solo correre fino a non avere più fiato in gola. Eppure era sempre rimasta li, a subire, a sottostare, senza mai reagire, senza mai ribattere a quelle parole che come lame, più di una volta, avevano penetrato il suo piccolo cuore di bambina. Aveva atteso, paziente, sudando quei MAGO più di qualsiasi altra cosa, unica ancora di salvezza per poter cambiare quel destino infame che l’aveva soggiogata fin da bambina. Riaprì gli occhi osservando un battello che con la prua tagliava in due il lento piume, risalendo la corrente con il suo carico di curiosità e spensieratezza. Odiava profondamente quei momenti di soluti in cui la memoria infame ripercorreva epoche della sua vita ormai andate, morte e sepolte, eppure comunque presenti; ciò nonostante pareva destinata a ricercare quella solitudine, come a voler rigirare più e più volte quella lama invisibile conficcata all’altezza del petto, verso sinistra. Per non dimenticare, mai. Respirò a fondo, lasciò fuoriuscire ogni singola molecola di gas presente, per poi inspirare, in modo che i delicati alveoli riossigenassero il sangue. Ridestandosi, Hope si guardò intorno, rendendosi conto, per la prima volta, di non essere sola in quel pomeriggio di primavera. Un ragazzo, un giovane uomo in realtà, sembrava aver scelto quel medesimo posto per osservare il placido Tamigi scorrer lento, o magari, come lei, aveva pensato bene di isolarsi dal mare di babbani per riuscire a star solo con i propri pensieri. La sua voce improvvisamente richiamò l’attenzione della donna su quel viso giovane ma comunque apparentemente vissuto, di chi, come lei, aveva conosciuto fin troppo della vita in breve tempo. *Pensare…* in realtà Hope non aveva alcuna intenzione di pensare, o almeno avrebbe tranquillamente evitato di rivivere quei ricordi ancora una volta e forse quell’incontro inatteso, poteva egoisticamente fare al caso suo. Del resto non era stata lei la prima a interrompere quell’ineluttabile silenzio, e quel pensiero allontanò gli ultimi inutili sensi di colpa. -Ogni posto è buono per pensare, ma nessuno lo è come il proprio letto, in una notte silenziosa e buia.-. Osservò con maggiore attenzione il profilo del giovane, che nonostante la giovane età pareva vissuto, come se tutto il peso di quello strano mondo, fosse adagiato con decisione sulle sue gracili spalle incurvate. Afferrò con decisione i due lembi del cappotto e si strinse in esso, più per abitudine che per reale bisogno. Prontamente numerose domande sul conto di quel ragazzo, affollarono la sua mente, allontanando definitivamente i pensieri che precedentemente l’avevano spinta a isolarsi, e inevitabilmente si trovò a scrutare con maggior attenzione il giovane sconosciuto. Non poteva esser sicura che si trattasse di un mago, ma la scelta del posto la portò a crederci realmente. Un giovane mago vissuto, vestito in maniera completamente diversa rispetto a lei, come se guardarsi allo specchio prima di lasciare le proprie stanze, fosse stato l’ultimo dei suoi pensieri. Non che Hope tenesse all’aspetto esteriore, amava vestire bene, indossare capi comodi e nel contempo piacere, solo l’ipocrisia l’avrebbe spinta a credere diversamente, tuttavia il giovane le ricordava un po’ se stessa, qualche anno prima, quando era semplicemente una giovane auror inesperta, concentrata completamente sul suo lavoro. Girò leggermente il capo verso di lui e abbozzo un fugace sorriso di circostanza. -In realtà non amo i posti troppo affollati dove la gente non fa altro che mettere in mostra il suo egoismo. Inoltre conosco ancora ben poco di Londra e talvolta è piacevole soffermarsi a osservare senza essere necessariamente visti-. Era stata la curiosità forse a farla parlare? Il desiderio di chiacchierare o soltanto quello di conoscere meglio il suo strano interlocutore? Nessuno avrebbe potuto dirlo, neanche la stessa Hope.




 
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