Tutto era svanito, la piacevole serata appena trascorsa in compagnia della grifondoro sembrava già un lontano ricordo, quella sensazione di pace e tranquillità che era riuscita ad infonderle aveva lasciato il posto ai soliti sentimenti e pensieri contrastanti, a quella sensazione di malessere che ormai permeava tutte le sue giornate.
Era riuscita ad uscirne solo in due modi, opposti e contrastanti, il primo appena vissuto nell’aula di Antiche Rune, il secondo, lasciando spazio al lato peggiore di lei, dando libero sfogo solamente ai sentimenti negativi, liberandosi così almeno temporaneamente di quel contrasto interiore.
Ora però nessuna di quelle due vie sembrava praticabile, le apparenze dovevano essere messe al di sopra di tutto, doveva regolarsi, nel bene e nel male e soprattutto non doveva permettere che la vicinanza della concasata le offuscasse la ragione, conosceva fin troppo bene quella sensazione, era il motivo per cui la evitava, non aveva una spiegazione razionale per ciò che era successo, cercava di giustificarsi e di respingere qualsiasi tentativo della sua mente di formulare ipotesi, ma non poteva incrociare quello sguardo senza perdervisi, senza desiderare qualcosa di più di quella fredda indifferenza.
Poteva fingere quanto voleva, poteva rivolgersi alla concasata con tutta l’educazione e la reverenza possibile, ma non cambiava nulla, sarebbe sempre e solo stata pura finzione, ben altre sarebbero state le parole che avrebbe voluto indirizzarle, ma non si poteva, non era il caso, assolutamente non in quella circostanza.
Doveva dunque recitare la sua parte, mantenne quindi lo sguardo alto, non poteva mostrarsi titubante, non le avrebbe concesso anche quel privilegio, non l’avrebbe messa nella condizione di sentirsi la più forse in quel gioco.
Il disappunto si poteva chiaramente leggere nello sguardo della Caposcuola che ora le stava osservando, cercò di seguirne la direzione per capire come mai, d’un tratto, sembrava essersi fatto ancora più contrariato.
Portò istintivamente la mano destra al colletto della camicia, lì dove gli occhi della concasata si erano posati, mancava il classico nodo a soffocarla, solo in quel momento si rese conto di aver semplicemente posato il cravattino intorno al collo senza premurarsi di legarlo, ma di certo non si aspettava quel trambusto, secondo i suoi piani, nessuno se ne sarebbe accorto, una volta in Sala Comune si sarebbe semplicemente cambiata e quella piccola mancanza sarebbe passata inosservata, ma se qualcosa poteva andar storto doveva farlo, avrebbe ormai dovuto imparalo.
Si voltò leggermente verso Zoey, anche lei non si era preoccupata di ridarsi “decoro” il che, agli occhi della Caposcuola doveva apparire più che sconveniente, due Prefetti che se ne andavano in giro in disordine, eppure, a quell’ora, avrebbe potuto chiudere un occhio, perchè se la stava prendendo tanto a cuore? Era evidente che nessuna delle due avesse intenzione di mettersi in mostra presa così, volevano solo andarsene nella propria stanza, erano stati gli eventi a condurle lì, non era necessario farne un caso di stato.
Lei per prima, in altre circostanze, non avrebbe mancato di far notare tale comportamento inopportuno, ma lì, ora, c’era altro a cui pensare che a come erano vestite loro due.
Evitò comunque il disperato tentativo di rimediare, avrebbe solo attirato ancora di più l’attenzione *Se cercavi una scusa per riprendermi...brava...l’hai trovata...contenta?* era l’unica cosa che le venisse in mente per giustificare quella reazione.
Un sorriso si abbozzò sul volto della rossa *Ecco che arriva la tempesta* “Effettivamente ho cose più importanti a cui badare e Lei dovrebbe saperlo. Ma a quanto pare ciò non Le è era chiaro fino a poco fa.” nuovamente qualcosa non andò come previsto, il tono era inespressivo e per quanto le parole fossero un chiaro ammonimento, non lasciavano trasparire né la soddisfazione del poter infierire, né l’aggressività che solitamente le riservava, semplice freddezza ed indifferenza.
Ed ecco che nuovamente si fece strada quel desiderio di prenderla e costringerla a guardarla, costringerla a rendersi conto che c’era e che non poteva far finta di nulla, che qualcosa era successo e fingere non l’avrebbe cancellato.
L’indifferenza era una tattica che aveva adottato lei per prima, forse non sarebbe stato corretto addossare tutte le colpe alla Caposcuola, cercò quindi di riprendere il controllo, non sapeva nemmeno esattamente cosa la trattenesse, di cose stupide ed impulsive ne aveva già fatte parecchie, una più una meno di certo non le avrebbe cambiato la vita.
Se lo ricordò nell’esatto istante in cui la concasata si rivolse alla grifondoro, si stava controllando perchè il motivo della sua presenza era una lite tra due ragazzine, erano in mezzo ad altri studenti e non poteva permettersi di dedicarsi a cose personali e poi...c’era Zoey.
Si era trovata bene con lei e sotto certi punti di vista si era anche aperta forse più di quanto si sarebbe aspettata, aveva forse visto il suo lato migliore, quello più sincero e spontaneo, cos’avrebbe pensato se di punto in bianco si fosse messa ad urlare dietro alla sua Caposcuola, apparentemente senza motivo? Non sapeva nemmeno lei dove sarebbero finite una volta tirato fuori l’argomento e sicuro non voleva che la ragazzina che le stava accanto si trovasse nel mezzo della bufera.
Adesso però stava oltrepassando i limiti, si erano già scusate per essere arrivate in ritardo, per non essere state rintracciabili, che senso aveva infierire oltre? Poteva benissimo andarsene senza metterla così sul personale, se ce l’aveva con lei poteva benissimo sfogarsi più tardi, non trovava necessario prendersela anche con chi non c’entrava nulla, soprattutto se non le era stato fatto nessun torto da quest’ultima.
Non furono tanto le parole ad infastidirla, quanto più il significato intrinseco, quello scetticismo, quella sorta di velata accusa, come se di proposito si fossero rese irreperibili fregandosene dei loro doveri.
Non ebbe comunque modo di replicare, voltò loro le spalle per tornare a rivolgersi alle ragazzine che avevano scatenato quel trambusto *Giusto la lite* aveva perso nuovamente di vista il centro della situazione, doveva concentrarsi.
Non capiva comunque il motivo per il quale si stesse ancora trattenendo lì, aveva detto di aver altro da fare, eppure sembrava decise a portare a termine ciò che aveva iniziato, come se così facendo dovesse dimostrare chissà cosa, che era perfetta mentre lei no? Lo sapeva già, non era necessario quel teatrino, ma nuovamente si stava rendendo conto di portare la faccenda su un piano personale, se avessero continuato così, presto sarebbe stata ingestibile, non sarebbero più riuscite nemmeno a collaborare per le cose più semplici.
Non poté però evitare di sorridere nel sentire la punizione che aveva appena inferto alla serpina, decisamente la partecipazione alla Giornata della Pozione non era impresa da poco, senza contare che la professoressa Pompadour incuteva abbastanza timore, ci avrebbe pensato probabilmente due volte prima di imbarcarsi in altre discussioni senza un valido motivo.
Sembrava finita, la Caposcuola aveva intimato a tutti di disperdersi e di ritornare nelle rispettive Sale Comuni ed intimoriti, probabilmente all’idea di incorrere in punizioni peggiori di quella appena toccata alla serpina, tutti scomparvero dal corridoio in tempo record, persino la contendente grifondoro sembrava essersi data alla macchia, preferendo affrontare il proprio Prefetto in separata sede piuttosto che in presenza della serpeverde.
Stava quasi per rivolgersi a Zoey con l’intenzione di congedarsi, convinta che il peggio fosse, almeno temporaneamente passato, quando fu Emily ad anticiparla, tornando ad osservarle rivolgendo giusto qualche parola alla grifondoro.
Ed ecco, per l’ennesima volta, quella stretta allo stomaco, non le stava guardando, ma avanzava nella loro direzione, non era nulla, doveva solo superarle, lo sapeva benissimo, ma in quel momento avrebbe decisamente preferito che le scale si trovassero nella direzione opposta.
Si sentì urtare la spalla, dubitava che quel contatto fosse stato accidentale, non per Emily Rose, lei che ben si guardava da qualsiasi contatto, che se poteva frapponeva mille miglia tra lei ed i suoi interlocutori, no, l’aveva cercato, ma non ne capiva il significato, semplice sfida? Voleva sottolineare maggiormente il suo disappunto? Cosa doveva rappresentare? Si stava già girando per bloccarla quando si trattenne, Zoey era ancora lì, avrebbe lasciato correre, nuovamente.
*Adesso basta...è troppo...stiamo oltrepassando ogni limite*
Alle ultime parole della compagna non poteva restare indifferente, non poteva fingere di non averle sentite, non poteva fingere che non l’avessero colpita, non se la sarebbe cavata così facilmente.
Si voltò leggermente verso Zoey con aria colpevole, mimando con le labbra un “Mi dispiace” chiuse gli occhi e strinse i pugni girandosi questa volta verso Emily che le aveva superate, mosse un paio di passi nella sua direzione ed afferrandole il braccio la costrinse a voltarsi -Qual’è il problema Rose?- ma in quell’istante lasciò la presa indietreggiando, tornando accanto alla grifondoro.
-E’ perchè ti hanno disturbata? Non possiamo essere sempre ovunque, siamo arrivate appena saputo. E’ per la divisa? Dannazione Emily me ne stavo tornando in Sala Comune, come facevo ad immaginare che quelle due avrebbero creato sto macello? Lo sai benissimo che sono la prima a non approvare la mancanza di decoro in pubblico- cercò il suo sguardo -O forse il problema non è nessuno dei due- questa volta il tono era quasi disperato, mentre prima le stava quasi urlando dietro, ora la voce era più bassa, ma allo stesso tempo più turbata -Ti rendi conto che è assurdo? Io non ce la faccio più, per quanto continuerai a fingere che non sia successo nulla? Non credo te la saresti presa tanto se si fosse presentato Fenix in ritardo e col cravattino slacciato-
L’avrebbe fatto di nuovo, per quanto avesse cercato mille giustificazioni, in quel momento, si rendeva conto che l’avrebbe rifatto ed era maledettamente assurdo, privo di senso, se l’era ripetuto fino alla nausea, in qualche occasione se n’era anche convinta, ma tutto crollava nell’esatto istante in cui incrociava il suo sguardo.