Don't forget to close the Door..., [Quest Fissa]

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view post Posted on 11/4/2014, 23:12
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Il Fato

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Storta e diroccata, le assi di legno mangiate dal vento e dai tarli, le tegole alla rinfusa ammassate sul tetto asimmetrico, la Stamberga Strillante si staglia sul cielo cupo di una notte con solo una falce di luna ad illuminarla. Chiunque, abitante di Hogsmeade o meno, se ne tiene alla larga: la nomea di "casa più infestata della Gran Bretagna" è un motivo più che valido per scoraggiare qualsiasi visitatore. E del resto, come dar loro torto?
La Stamberga, anticamente forse una casa di certo prestigio, ora giaceva abbandonata su una collinetta spoglia, qualche rachitico albero morto come unica compagnia e contorno. Le finestre, sbarrate, sembravano orbite vuote di un teschio deforme, mentre i comignoli che spiccavano contro il nero cielo, sinistramente illuminati dalla luce lunare, assumevano la forma di demoniache corna. I coraggiosi che si fossero avvicinati alla recinzione di filo spinato e pali di legno, avrebbero potuto udire sporadici sussurri, grida lamentose da far rizzare i capelli.
Tutto di quel luogo comunicava un chiaro "Alla larga, stolti!"
Ma, si sa, il coraggio umano talvolta va a braccetto con stupidità e un pizzico di spericolatezza. Chi avesse avuto l'ardore di resistere a quell'aura spettrale, scavalcando la recinzione e avvicinandosi alla Stamberga Strillante, avrebbe notato che la grande porta di legno massiccio penzolava dai cardini quel tanto che bastava per far passare un adulto o uno studente a gattoni.

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Una volta dentro, il silenzio regnava sovrano al di fuori di qualche sinistro scricchiolio e cupo rimbombo proveniente dal piano di sopra; il buio celava qualsiasi cosa, ma qualora fosse stata accesa una luce, l'incauto visitatore avrebbe notato uno spesso strato di polvere coprire il parquet marcio, la carta da parati che pendeva strappata e scollata dalle pareti piene di muffa. I pochi mobili rimasti giacevano ribaltati e spezzati a terra, alcuni ancora per metà coperti da un consunto lenzuolo bianco. Più avanti, delle scale mal ridotte, e con delle assi mancanti, portavano al piano di sopra. Ma ad attirare l'attenzione dell'inatteso ospite era una parete libera da mobili, affianco la scala.

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Lì, la carta da parati mancava in un punto e quella che sembrava una puzzolente macchia d'umidità, si allargava formando una sorta di rettangolo nero, grande su per giù un metro e mezzo per settanta centimetri. A delimitarne i bordi, un segno bianco, di gessetto, quasi qualcuno avesse voluto trasformare quella macchia in una porta. Ma... avvicinandosi ad essa, si potevano udire degli strani rumori, come se al di là vi fosse un tramestio. Che fosse realmenteuna porta, quella rozzamente disegnata sulla parete, con del banale gessetto?
Se l'incauto visitatore avesse avuto l'ardire di spingerla con una mano, questa si sarebbe aperta, spalancandosi e inglobandolo al di là di una dimensione diversa. Niente più Hogsmeade, niente più Gran Bretagna, niente più Stamberga... ma in fatto di orrori, forse, il prode ospite avrebbe preferito di gran lunga tornarsene alla vecchia casa strillante. Eppure, voltandosi... la porta non sarebbe stata più lì. Egli o ella sarebbe dovuto andare avanti, e trovare la porta da sé, in un luogo grottesco e spaventoso.

... Era un grido, quello?

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Benvenuti, incauti visitatori.
All'interno della Stamberga Strillante avete trovato una porta disegnata con un gessetto che vi ha catapultati in uno scenario che di quest in quest cambierà; ...dove finirete?
Per uscire, è semplice: trovate il gessetto e la parete libera e disegnate ivi la porta che vi condurrà fuori, sani e salvi.
Ma ricordate, a volte, la forza bruta, contro gli orrori celati dietro le porte infernali, non basta...

Quest aperta ad adulti e studenti dal secondo anno in su.
Minimo un partecipante, massimo due.
Non ci andremo leggeri, quindi, brace yourselves.

Buona fortuna.





Edited by MasterHogwarts - 15/4/2018, 00:05
 
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view post Posted on 14/4/2014, 16:34
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Monsters are real, ghosts are real too.
They live inside us and, sometimes, they win.




~ Una settimana prima - Sala comune Serpeverde, h. 20.40


Se beccherò qualcuno ad Hogsmeade e, per di più, di notte, sperate che il fantasma della Stamberga vi faccia fuori prima che io riesca a mettere a fuoco i vostri volti!
Braccia esili incrociate al petto, sguardo severo: Emily Rose ne aveva abbastanza di sentir parlare di quella maledetta storia. Nella sala comune dei Serpeverde, soprattutto tra i primini, giravano voci sinistri, per lo più incrementate da spudorate bugie, circa la Casa abbandonata che aveva sede nei sobborghi di Hogsmeade. Alcuni studenti non facevano altro che ridacchiare sotto voce, sperando di potersi avvicinare il più possibile alla Stamberga Strillante nella loro prossima gita ad Hogsmeade.
Ma cosa ha di così tanto speciale quella casa diroccata? Anche Hogwarts è piena di fantasmi e mi sembra che l’unico a suscitare davvero paura sia Pix, considerando la sua scorta di cacca bombe.
Sedendosi a gambe accavallate davanti al fuoco, Emily rabbrividì appena nel ricordare il corridoio del terzo piano infestato da una terribile puzza perché il Poltergeist del Castello, quel giorno, aveva deciso che si sentiva troppo “puzza di fiori primaverili”.
La giovane Caposcuola continuava ad osservare il gruppetto in lontananza con la coda dell’occhio mentre accanto a lei, Arya Von Eis, faceva lo stesso, visibilmente divertita. Con ogni probabilità, nella mente delle due fanciulle, stava facendo capolino il medesimo pensiero che nulla aveva a che fare con quanto successo, settimane prima, nel loro dormitorio.

Si dice che capitino delle cose sinistre in quella casa, sarei curiosa anche io di darvi un’occhiata.
Il Prefetto fece spallucce, allontanandosi dalla Concasata e lasciandola sola con i suoi pensieri. Che Emily stesse davvero pensando di avventurassi nei dintorni della Stamberga era cosa certa ma mai avrebbe ammesso di risultarne, almeno un po’, spaventata.
Per l’ennesima volta nell’ultimo periodo, pensò che la sua curiosità, presto o tardi, l’avrebbe uccisa.


~ Hogsmeade, Stamberga Strillante.


Una settimana dopo aver effettivamente pensato di recarsi ad Hogsmeade e dare uno sguardo alla famosa Stamberga, Emily vi si trovò quasi per caso. Aveva tardato nelle compere presso la libreria del villaggio e vedendo che erano ormai le nove di sera, si apprestò a fare ritorno al Castello.
*Oppure…*; uno strano, sadico, pensiero iniziò a fare capolino nella sua testa. Se si fosse avvicinata alla Casa “infestata” avrebbe potuto effettivamente rendersi conto di quanto grandi fossero le sciocchezze che si raccontavano su quel luogo e dare così sfogo, non solo alla sua curiosità, ma anche alla sua voglia di provare che non erano mostri e fantasmi le entità da temere ma altre, ben più forti, ben più pericolose.
*Tutti i mostri sono umani*, pensò la fanciulla mentre, senza ripensamento alcuno, si avviava lungo la strada che l’avrebbe condotta alla meta designata.
La casa era una delle ultime in fondo alla via. Si vedeva subito che era abbandonata. Dalle imposte chiuse non usciva un filo di luce e la notte, priva di stelle, regnava incontrastata. Emily si avvicinava sempre di più: l’oscurità non la spaventata; era soltanto buio e lei ne faceva parte.
Si avvolse di più nel soprabito ed arrestò il passo nei pressi della recinzione di filo spinato che sembrava voler fare da monito per gli ignari passanti.
Una folata di vento gelida improvvisa, l’ululato di un cane in lontananza e al sicuro tra gli stretti vicoli del villaggio che ormai sembrava essere fin troppo distante, le nuvole che coprivano la mezzaluna ed il suo bagliore assente che avrebbe potuto rassicurarla… Tutto sembrava volerle mostrare che il controllo che credeva di avere, fosse una pura illusione e che in quell’istante, avvolta da una strana e sinistra sensazione, Emily non stesse facendo altro che barcollare nel chaos e nell’oblio.
Conoscere ciò che spaventa equivale a conoscere ciò che si è, ma cosa temeva Emily Rose? Nella sua mente si erano, forse, fatte strada le mille voci che giravano riguardo a quel luogo?
*Sono bugie. E Le bugie confondono*, pensò mentre, animata dall’orgoglio e da una buona dose di masochismo, oltrepassava la recinzione con bacchetta alla mano.
*Le bugie possono mescolarsi con la verità per attaccarci. È un attacco psicologico e potente. Quindi, non devo ascoltare. È soltanto una casa abbandonata*
Uno scatto felino oltre la pesante porta scardinata ed un cigolio che annunciava il primo passo sulle assi mobili: entrò nel buio e tese il braccio sinistro davanti a sé:

Lumos Solem!
Il legnetto di Salice Piangente tastò l’oscurità prima di darvi una forma; una luce, paragonata a quelle di dieci candele, rischiarò il tetro luogo, aprendosi dinanzi alle chiare iridi della fanciulla.
Era in una saletta gelida dal parquet di legno consunto e marcio, un cappello era appeso a un attaccapanni di legno in bilico, la tappezzeria cadeva in pezzi. Una finestra sbatté al piano superiore ed il rumore venne seguito da macabri cigolii e altri di dubbia entità.
Era primavera ma quel luogo era freddo come i sotterranei del Castello in pieno inverno. Emily fu assalita da uno strano brivido che le percorse velocemente la schiena.

È il freddo.
Disse, sussurrando, a sé stessa.
Inspirò profondamente e andò oltre. Nessun fantasma le aveva fatto gli onori di casa, continuava a ripetersi che non c’era nulla di cui temere in quel luogo polveroso, in cui si alternava puzza di fuliggine e di muffa.
Decise di dare ascolto alla poca sanità mentale a cui poteva far affidamento in quel momento, continuando il tour della casa. Il suo sguardo venne catturato dai pochi mobili presenti, gettati a terra come in seguito ad una lotta o coperti da lenzuola che, un tempo, dovevano esser state di un candido colore chiaro. *Chissà cosa è successo qui*, si disse mentre, facendo attenzione alle assi mobili del pavimento, si avvicinava sempre di più alla scala poco affidabile che l’avrebbe condotta al piano di sopra.
Almeno queste sembravano essere le sue intenzioni, prima che qualcosa, del tutto discordante con ciò che la circondava, richiamasse la sua attenzione.
C'era silenzio di tomba, freddo ed odore di umidità.
Su di una parete, completamente libera da mobili, coperta da un’orrenda tappezzeria a righe consunte, era stato disegnato un rettangolo perfetto. Emily avvicinò lentamente la mano destra, sfiorandone i bordi bianchi. Sembrava che qualcuno l’avesse da poco disegnato; ritirò in fretta la mano, osservando le tracce di gesso tra l’indice ed il medio e strinse con veemenza la bacchetta nella sinistra. Una strana espressione di incomprensione si stava facendo spazio sul suo viso perlaceo.
Almeno una cosa sembrava esser sicura: qualcuno era stato lì e non da molto tempo. Altrimenti come spiegarsi quel tratto preciso, intatto, che ancora non sottostava al marciume che sembrava essere l’unico abitante di quella Stamberga?
Le iridi argentee si soffermarono maggiormente sulla macchia d’umidità che rientrava nella figura geometrica perfetta. Qualcosa sembrava spingerla a toccare la parete.
*Che idiozia*
Era un cliché: credeva di sentire il richiamo di un’entità superiore soltanto perché era esattamente ciò che tutti si aspettavano da un luogo come quello. Emily, dunque, decise di toccare quella maledetta parete, farsi un giro al piano di sopra e tornarsene al Castello. Magari avrebbe cercato Arya, ovunque ella si trovasse, dicendole che aveva ragione: nulla di strano albergava in quella casa.
Il palmo della destra di Emily si posò sulla tappezzeria sporca, quasi rabbrividendo a quel contatto. Ma come le era venuto in mente? Era in un posto polveroso, col pavimento coperto di melma, umido, freddo e lo sporco sembrava già essersi insinuato nel suo esile corpo.
Mentre nella sua mente si faceva spazio l’immagine del Bagno al quinto piano di Hogwarts, delle sue vasche e dei diciassette saponi dall’odore diverso, inaspettatamente qualcosa accade.
Un rumore di passi alle sue spalle, il suo nome che veniva pronunciato forte.
Emily si voltò nell’istante stesso in cui quella che si scoprì essere una porta, veniva spalancata.
Arya era dietro di lei ma sembrava fin troppo lontana per salvarla da quanto stava accadendo: qualcosa la tirò verso la parete con tanta forza da prenderla alla sprovvista.
Istintivamente la giovane Caposcuola fece l’ultima cosa che si aspettava di fare: tese la mano verso il Prefetto.
«... Le candele alti affondarono nel nulla; le fiamme si spensero del tutto; l'oscurità delle tenebre sopravvenne; tutte le sensazioni sono apparse, inghiottito in una discesa corsa pazza come dell'anima nell'Ade. »




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Arya Von Eis
view post Posted on 14/4/2014, 17:33




Una settimana prima - Sala comune Serpeverde, h. 20.30

Una sera decisamente come tutte le altre, anzi, stranamente non si trovava in giro per qualche turno di sorveglianza e, ancora più sorprendente, nemmeno la sua Caposcuola sembrava in procinto di attivarsi per abbandonarli, solitamente almeno una delle due evitava accuratamente di condividere la Sala Comune con l’altra, ma quella sera sembrava potessero convivere senza particolari problemi, sedevano addirittura l’una accanto all’altra, senza dirsi nulla, ovvio, ma sembravano entrambe attirate dallo stesso gruppo di studentelli del primo anno.
I ragazzini sembravano progettare la loro prima visita ad Hogsmeade, o meglio, erano particolarmente attirati dall’idea di perdersi e casualmente avvicinarsi alla Stamberga Strillante in piena notte
*Illusi...ci fate così fessi?* evidentemente avevano fatto i conti senza l’oste, non avevano speranze di riuscire nel loro piano, ma non sprecò nemmeno parole per smontarli, sarebbe stato più divertente vederli fallire inesorabilmente, la delusione sui loro volti non avrebbe avuto prezzo.
Capiva il fascino che i racconti su quella casa diroccata potevano suscitare, ma vista così...alla luce del sole, non sembrava nulla di particolare o speciale, il pericolo più grande probabilmente sarebbe stato la rottura di un gradino ed una gamba rotta...
Si trovò però in sintonia con la loro curiosità, anche se non aveva mai più di tanto preso sul serio quell’idea, eppure, mentre loro parlavano, lei meditava su una possibile scampagnata notturna ad Hogsmeade
*Al massimo puoi sempre dire che hai visto qualche studente entrarci e che da brava Prefetto non potevi lasciarlo lì dentro* sorrise divertita, incrociando lo sguardo della Caposcuola...probabilmente lei era di tutt’altro avviso, sembrava decisamente contrariata dai discorsi dei fanciulli, non si aspettava nulla di diverso, potevano cacciarsi nei guai e le conseguenze le avrebbero subite tutti...in effetti non aveva tutti i torti, ma probabilmente non avrebbero mai attuato i loro piani, Arya non vedeva motivo per preoccuparsi di futili discorsi campati in aria e forse anche Emily aveva abbandonato quel pensiero, ciò che le disse successivamente lasciava intendere che in fondo anche la giovane Rose era incuriosita da quel rudere.
*Oh...non sei l’unica...ma fidati...io un’occhiata la darò...*
Sorrise facendo spallucce, se le avesse confidato le sue intenzioni probabilmente le avrebbe riservato la stessa tirata d’orecchi pensata per quel gruppetto di sprovveduti, meglio tacere ed agire direttamente...
Si alzò dirigendosi verso il dormitorio, per quanto sembrasse tutto tranquillo, quella situazione la metteva leggermente a disagio ed in imbarazzo, così chinando leggermente il capo in segno di saluto si congedò.


Hogsmeade, Stamberga Strillante.

La settimana seguente finalmente poteva concedersi alla curiosità, niente lezioni...o meglio...solo la mattina era impegnata, il pomeriggio era a sua completa disposizione *Hogsmeade arrivo* già...tutti quei discorsi le avevano messo quella malsana idea in mente ed ora non si sarebbe schiodata da lì finché non fosse, in prima persona, andata a constatare la veridicità di quelle voci...non si aspettava nulla di particolare, ma almeno quel tarlo avrebbe smesso di corroderle il cervello...
Non aveva fretta...sarebbe stato decisamente tutto più interessante e suggestivo se ad illuminare quell’esplorazione fosse stata unicamente la luce lunare
*Ma cosa ti aspetti di trovare* non lo sapeva nemmeno lei, da una parte era convinta che fosse solo una casa diroccata, dall’altra sperava di imbattersi in altro...
Dopo pranzo si diresse verso il dormitorio per cambiarsi, la divisa non era di certo la tenuta più comoda per districarsi tra scalini malmessi ed intonaco cascante, optò dunque per qualcosa di poco elegante ma sicuramente più a tema, un paio di jeans ed una felpa, ormai quella sembrava la tenuta ufficiale per le sue visite ad Hogsmeade, ma non poteva nemmeno uscire dal castello in tuta da ginnastica, non voleva attirare troppo l’attenzione, una volta pronta, semplicemente, lasciò il castello in direzione della sua meta.

Il villaggio era sempre abbastanza caotico, soprattutto ora che le giornate si erano allungate ed il clima rendeva le passeggiate più piacevoli, si unì alla folla, soffermandosi ogni tanto ad osservare qualche vetrina, il sole stava tramontando, poteva abbandonare le vie più trafficate per avvicinarsi alla Stamberga.
Mentre percorreva quella vietta che sembrava infinita si rese conto che il buio stava via via occupando il cielo e, una volta raggiunta la meta, la luna aveva già preso il suo posto d’onore.
Da lontano non sembrava nulla di così terrificante, anzi, a fatica si distinguevano i contorni dell’edificio, ma una volta raggiunto il filo spinato, messo lì per tenere a distanza gli incauti visitatori, qualcosa di sinistro poteva sentirsi nell’aria...nulla di tangibile, sono una sensazione, qualcosa che poteva far rabbrividire
*Suggestione Arya...si chiama suggestione* di certo non si sarebbe lasciata intimorire dal sussurrare del vento o da qualche ululato lontano e nemmeno dalle illusioni ottiche che la luna creava con le sue ombre.
Si guardò intorno alla ricerca di un passaggio, ma come intuibile, nulla aveva intaccato quelle difese se non il tempo, così, cercando di fare attenzione, scavalcò la recinzione, impigliandosi anche per un attimo al filo spinato, uno strattone e...
*Dannazione* la manica della felpa si era leggermente strappata, sospirando proseguì per la sua strada cercando di tenersi alla larga da quel che restava degli abitanti del giardino...qualche albero, morente, se non già morto, degno delle raffigurazioni di un libro di fantasmi.
Giunse finalmente alla porta, sentiva dei rumori provenire dall’interno
*Fai davvero?* era scettica, non aveva nemmeno per un momento creduto che qualcosa di sinistro ci fosse realmente, ma non poteva negare l’evidenza, il suo udito funzionava benissimo, poi si accorse di qualcosa di più bizzarro ancora, una luce *Di sicuro i fantasmi non hanno bisogno di luce...qui c’è qualcuno*
Fu a quel punto che il pensiero di tornare indietro si fece strada...poteva affrontare la suggestione e tutto ciò che c’andava dietro, ma non aveva la minima idea di chi potesse abitare quel luogo, sicuramente nessuno di affidabile, ma...c’era sempre un ma...magari si sbagliava e stava sprecando un’occasione...no, sarebbe entrata comunque...
Si abbassò leggermente per passare attraverso la fessura lasciata dalla porta scardinata.
L’ambiente era illuminato e si potevano chiaramente vedere i segni del tempo...ragnatele...macchie d’umidità un po’ ovunque...i mobili erano coperti da lenzuola che di bianco ormai avevano ben poco, vista così non sembrava ci fosse nulla di pericoloso
*Una stupida vecchia casa abbandonata* ma dato che c’era tanto valeva esplorarla e poi...c’era ancora una domanda alla quale rispondere, se non era stata lei ad illuminare quel luogo, chi era stato?
Non ci volle molto a scoprirlo, guardandosi intorno si soffermò su una figura che sembrava ammirare un rettangolo sul muro
*Ma che diavolo...* si avvicinò maggiormente -Emily- *Che diavolo ci fai qui?* tra tutte le persone che poteva aspettarsi di trovare, la sua Caposcuola era decisamente l’ultima, ma non aveva dubbi fosse lei, eppure era lì...era lì e...e non capiva come mai quella macchia sul muro l’attirasse tanto.
Mentre la chiamava la vide posare una mano sulla parete e quando si voltò per scoprire chi avesse pronunciato il suo nome, troppo velocemente, senza un senso logico di nessun tipo, quel disegno nel muro sembrava aver preso vita, si stava aprendo e nel farlo, prima ancora di poter dir nulla o fare ipotesi, stava trascinando all’interno del buco appena creato la compagna.

*Se è uno scherzo non è divertente*
Se l’erano cercata, erano andate lì alla ricerca di qualcosa di sinistro ed ora eccole accontentate, sentì un brivido lungo la schiena, aveva paura? No, forse, in realtà non ebbe il tempo di realizzare cosa stesse accadendo, la Caposcuola allungò la mano verso di lei e senza pensarci l’afferrò, voleva trattenerla lì, senza prendere in considerazione il fatto che, al contrario, avrebbe potuto seguirla ovunque quel buco conducesse.



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view post Posted on 16/4/2014, 01:04
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Il Fato

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Non una, ma ben due incaute fanciulle ebbero l'ardire di varcare la Porta. Sciocco coraggio, egoistica ostentazione della propria forza d'animo celata abilmente dietro banale voglia di avvalorare la propria scetticità, tutto questo aveva spinto, volenti o nolenti, le Serpeverdi nelle braccia di un'entità assai più maligna del Fato stesso. E dunque, non vi fu alcun bagliore, ad abbracciare le due ragazze una volta che ebbero varcato l'uscio. Non vi fu alcun suono, alcun boato, nulla di tutto ciò. Semplicemente, le ragazze compirono un passo oltre la linea bianca di gesso e così, come se avessero semplicemente attraversato una stanza, si ritrovarono in un mondo diverso, la Porta, svanita, persa, come la realtà dalla quale le Serpine provenivano.
Non c'erano più muri macchiati di muffa a rinchiudere le giovani, anzi a dirla tutta, non c'erano neanche i muri: davanti a loro si apriva un enorme spazio aperto, l'odore acre della cenere pizzicava le narici e una gelida brezza faceva frusciare i mantelli e le foglie su quei pochi alberi rinsecoliti che circondavano l'area tutt'intorno. Non v'erano rumore, se non, in lontananza, il cupo scricchiolio di qualcosa di metallico e pesante, un lamento trasportato dal vento.
A pochi passi delle fanciulle, vicino a quella che sembrava una vecchia bacheca di legno tarlato con attaccato un foglietto di carta, v'era un grande cancello nero, semi-aperto, attaccato a due grandi pilastri di ferro scheggiato a righe bianchi e rossi, la vernice corrosa in più punti, che sostenevano, in alto, un enorme cartello che sovrastava le due inaspettate ospiti.

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Il legno dell'insegna era marcito in più punti, le lettere per metà cancellate, ma, se quel che v'era scritto non fosse stato un indizio esaustivo, ciò che si trovava oltre quella sorta d'ingresso, era più che sufficiente per rendere l'idea del luogo misterioso ove le fanciulle si trovavano.

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Sullo sfondo, contro il cielo rossastro del tramonto, si stagliava l'ombra di una vecchia ruota panoramica; alcuni raggi, creando asimettrici vuoti di cielo, mentre le cabine, penzolanti, sembravano tanti occhi di mostro posati sulle due figurine ferme ai cancelli.
A terra, al centro di quella che sembrava una piazzetta, la sagoma di un dinosauro, mutilato da sconosciuti atti vandalici, che arrancava verso l'entrata come il corpo di un soldato ferito.
Poco più avanti si intravedeva la punta di un tendone da circo, un banchino dei popcorn appena a sinistra dei cancelli, e tanti, tanti cartelli le cui sagome spuntavano tra un chiosco e l'altro, taluni sbarrati, altri a pezzi, altri ancora, incredibilmente integri. L'asfalto del terreno era crepato in più punti; qui e là spuntavano erbacce e in alcune zone la spazzatura si ammassava, vecchi ricordi di quello che un tempo fu, forse, un glorioso ritrovo per vecchi e bambini.
Indietro, non si tornava. Avanti, era l'unica via. Senza indizi, senza aiuti, Arya ed Emily erano intrappolate in un mondo che, chissà, forse si sarebbe rivelato più reale del previsto, contro ogni aspettativa. Più delle loro Paure.




Here we are.
C'è solo una cosa che dovete ricordare: NIENTE si trova per lì per caso.
TUTTO può risultare utile.
Provate, quindi, a cogliere gli indizi nascosti e a prendere tutto ciò che potete di ciò che vi viene posto dal Caso. Potrebbe risultarvi utile per scappare.

Avrete un inventario che verrà elencato in ogni mio Post. L'inventario comprende: borse (se ne avete), tasche, mani. Attente a cosa prendere e a cosa non prendere.
Durante il gioco potreste liberarvi di oggetti o di avere bisogno di buttarne alcuni, per prenderne altri. Sta' a voi, riuscire, o meno, a capire le priorità. Indietro non si torna.


InventarioEmily C. RoseArya Von Eis
//PS: 116
PC: 66
PM: 67
PS: 111
PC: 61
PM: 61

 
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view post Posted on 25/4/2014, 23:54
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Sarà stata colpa dei gatti neri, di tutte le volte che era passata sotto le scale, degli specchi che aveva rotto, degli auguri fatti in anticipo, del sale che aveva rovesciato e di tutte le volte che aveva lasciato il cappello da strega sul letto.. Sarà stata colpa loro, altrimenti come spiegare l’esistenza della Sfortuna, quella Dea irrequieta alla costante ricerca di vittime, che nell’ultimo periodo, sembrava aver concentrato tutte le sue attenzioni su Emily? Eppure, si poteva ben dire che fosse la Serpina stessa la causa del suo ritrovarsi perennemente in situazioni di difficile gestione – il che, era un eufemismo se riferito a ciò che stava vivendo in quel momento.
Quando aveva chiuso gli occhi? L’unica cosa di cui era assolutamente certa era la sensazione provata nell’istante in cui Arya aveva stretto, forte, il palmo della sua mano. Salvezza? Sollievo? Azione ed emozioni inutili che non l’avevano risparmiata da ciò che quella dannata Casa aveva in serbo per loro. Voleva soddisfare la propria curiosità ma si era ritrovata ad accondiscendere ai desideri macabri, ai vizi orripilanti, di una catapecchia in rovina – o di chi per lei.
Era stato solo un secondo, il tempo di avvertire il tocco ruvido della parete contro qui aveva posato il candido palmo, per far scattare nella sua mente, sull’attenti dall’istante stesso in cui aveva deciso, stupidamente ed inconsciamente, di varcare la soglia di quella porta, la sensazione del pericolo. Eppure, alla vista del Prefetto, aveva pensato, per il breve attimo coincidente con la presa di lei, che quella spontanea paura del nulla (inteso come qualcosa di cui non conosceva minimamente l’esistenza) fosse giunta al termine con la stessa velocità con la quale s’era presentata. Ma la vita sembrava voler regalare ad Emily Rose una sempre nuova sfumatura di Iella. Difatti, mentre andava aprendo con estrema lentezza gli occhi, sperò che quell’aria improvvisamente fredda e quell’odore che nulla aveva a che fare con la puzza di cenere e muffa alleggiante nella Stamberga, fossero dovuti al vento che soffiava da una finestra apertasi improvvisamente davanti a lei.
Stupidi pensieri che lasciano il tempo che trovano.
Illusorie speranze di una mente che si lascia andare all’immaginazione per restare ancorata a ciò che conosce piuttosto riconoscere e fare i conti con la realtà dei fatti.
Ma Emily, al di là delle sue futili rassicurazioni mentali, non stava tenendo la mano di Arya in una casa abbandonata, come due idiote spaventate, alle prese con dei fantasmi inesistenti. Le due Serpeverde erano state catapultate in una dimensione completamente nuova e, per dirla tutta, nell’ultimo posto che la giovane Rose avrebbe mai pensato di vedere durante la sua vita, breve o lunga che fosse.
Mille modi per morire e Lei, tramite le sue azioni, aveva scelto uno dei luoghi che odiava per eccellenza: uno stupido Lunapark (babbano, per giunta). Perché, al di là del cartello che la sovrastava e dell'ampia piazza che s'apriva innanzi le sue iridi argentee e nonostante la confusione del momento, anche questa restava una certezza: si trovava dinanzi l'entrata di un maledetto (mai aggettivo sarebbe parso più adatto) Lunapark.
Ovunque Emily posasse lo sguardo, poteva osservare soltanto decadenza. Gli alberi rinsecchiti, l’insegna consumata dal tempo (e da chissà cos’altro), le scolorite tende visibili in lontananza.

Che diavolo..
Parole dette a voce bassa, come per timore che qualcuno potesse udire la sua presenza. La confusione era l’unica emozione visibile sul volto della fanciulla, oltre all’improvvisa paura che, nata nell’istante in cui una forza sconosciuta l’aveva attirata in quel luogo, lasciava un’ombra nei suoi occhi chiari, svanendo lentamente e lasciando il posto allo sconforto.
Nella tradizione buddista è presente un insegnamento chiamato “uomo dalle due frecce”. Un uomo viene ferito da una freccia; a questo punto, invece di agire per capire cosa fare per salvare la propria vita, egli comincia a maledire il mondo, a lamentarsi della propria sfortuna, a imprecare.
Dice il Buddismo che, in questo modo, egli viene così colpito da due frecce: la prima, produce la sofferenza reale. Ma la seconda è legata a una sofferenza che l’uomo si è auto-inflitto.
Doveva dunque, respirare piano, osservare il luogo in cui si trovava e cercare di capire come venirne fuori, piuttosto che farsi prendere dalla disperazione. Ma come poteva tornare lucida se tutto ciò che era accaduto nell’arco di tre minuti l’aveva condotta alla flebile soglia che divide la sanità mentale dal suo opposto?
Inspirò profondamente e piuttosto che asseconda la dipartita della propria lucidità, cercò di concentrarsi su ciò che la circondava. Allorché le iridi chiare vagavano velocemente da una presenza all’altra, Emily cercò di concentrare lo sguardo su ciò che aveva innanzi per poi distanziarlo sempre di più, cercando di fare ordine in tutto quel caos. Solo in quel momento si rese conto di stringere ancora la mano di Arya e si voltò nella sua direzione, lasciando scivolare gli occhi dal suo profilo alle loro mani intrecciate.
*Non sono sola*, pensò prima ancora che un pensiero inquietante si facesse strada nella sua mente annebbiata: si trattava davvero di Arya o faceva parte dello scherzo al quale il suo scetticismo l’aveva condotta?
Quel malsano pensiero la spinse a lasciare immediatamente la presa, fissando la ragazza con un’espressione incerta dipinta sul volto.
*Lei era nella Stamberga e ha tentato di trattenerti. Se siete in questo posto è solo colpa tua*; le conveniva, dunque, smettere di comportarsi come una persona affetta da turbe psicotiche, cercando di capire per quale assurdo motivo si trovasse lì e, soprattutto, come uscirne, possibilmente indenne.
Come se non vi fosse stato alcun precedente dubbio sulla reale presenza di Von Eis, Emily la lasciò lì, immobile e probabilmente presa dai suoi stessi pensieri, per avanzare in direzione del cancello che scoprì essere aperto. Indugiò oltre le inferriate mentre, inconsciamente, cercava di evitare le lettere in legno consunto che suggeriva loro il nome di quell’assurdo luogo lontano dal tempo e, sicuramente, dallo spazio: non era ancora pronta e abbastanza lucida per accettare il fatto che si trovassero lontano da Hogwarts, da Hogsmeade ma dove nessuno avrebbe potuto trovarle (semmai qualcuno fosse stato tanto masochista da andarle a cercare).
La sua attenzione venne presto catturata da un foglietto posto sulla bacheca alla quale si era avvicinata per raggiungere l’entrata e scrutare meglio la figura di un finto *almeno spero lo sia* dinosauro dilaniato che arrancava inquietantemente verso l’uscita come a volersi trascinare, appunto, verso la salvezza.
Emily avvicinò la sinistra al pezzo di carta, decisa a prenderlo tra le mani. Il timore di essere catapultata nuovamente chissà dove tramite il semplice tocco di una qualsiasi cosa, prese per un istante il sopravvento. La mano della fanciulla dai capelli vermigli, restò sospesa in aria per pochi attimi; ma la lucidità stava certamente cercando di riprendere il controllo della situazione e, scuotendo appena il capo in quel che era un gesto del tutto naturale, la Serpina agguantò l’oggetto tra le mani.
Prima ancora di capirne la natura, fu costretta a voltarsi al suono improvviso di un cigolio metallico (più forte e vicino di quelli angoscianti e provenienti da chissà dove, trasportati dal vento).

Non credo sia il caso di entrare già in…
Troppo tardi. Senza nemmeno consultarla, Arya sembrò decisa a svolgere una gita turistica all’interno di quel lugubre, disperato e minaccioso Lunapark.
*Ma che vada, tanto peggio di così non può andare*
Era sicuramente un pensiero ironico, ma la Malasorte poteva sicuramente suggerire al Fato di scorgervi una sfida.



«But, my Dear, this is not Wonderland and you are not Alice.»




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Arya Von Eis
view post Posted on 26/4/2014, 02:13




E come era ovvio accadesse, la prospettiva più rosea non prese vita, se per un solo istante aveva pensato che, per una volta, potesse andarle bene, beh, si era decisamente illusa.
Aveva stretto la mano della compagna istintivamente, come per rispondere ad una richiesta d’aiuto, l’obiettivo? Restare entrambe saldamente con i piedi piantonati in quella decadente catapecchia, ma ovviamente non fu così.
Non ebbe il tempo di realizzare nulla che lo scenario era decisamente mutato, non le ci volle molto a comprendere che non si trovavano più all’interno della Stamberga, niente più polvere, niente più mura ammuffite, a dir la verità “niente più mura” era il pensiero corretto, sotto i piedi poteva sentire lo scalpiccio dell’erba rinsecchita e di quel che rimaneva di foglie cadute.
L’odore acre le invase le narici e, complice la gelida brezza, le risvegliarono i sensi, riportandola alla realtà, sempre che quella potesse definirsi tale.
Si era resa conto di aver abbandonato la desolazione della casa abbandonata, ma fino a quel momento non aveva avuto modo di realizzare completamente dove si trovasse, un luogo aperto, quello era certo, ma in un primo momento qualcosa la trattenne dall’indagare oltre, forse, il timore di rimpiangere il luogo dal quale provenivano.
Mosse due finti passi camminando sul posto, il suono che le arrivò di rimando le confermò di trovarsi in uno spazio aperto, si guardò intorno
*Almeno non siamo al buio* il pensiero non la rassicurò comunque più di tanto, il sole stava tramontando e di lì a poco l’oscurità avrebbe ricoperto loro e tutto ciò che le circondava.
*Okey...dove diamine siamo?*
Quella domanda trovò facile risposta, lo scenario che si palesava loro davanti non lasciava molto spazio alla fantasia, un enorme cancello nero semi-aperto sembrava pronto a richiudersi alle loro spalle se solo si fossero azzardate a varcarlo, sopra di esso un cartello logoro riportava il nome di quello che un tempo doveva essere stato un parco divertimenti *Quasi mi aspettavo ci fosse scritto “Non aprite quella porta”* decisamente quel luogo doveva essere abbandonato da anni o forse se lo augurava perchè, se così non fosse stato, non voleva nemmeno sapere chi potesse infestare quello spettrale parco.
Sentì la mano della compagna lasciare la sua, non si era nemmeno resa conto di tenerla ancora stretta, anzi, quasi aveva dimenticato di non essere sola
*Dannazione Emily in che guaio ci hai cacciate?* Evitò di dirlo ad alta voce, la situazione sembrava già abbastanza critica senza che ci si mettessero anche loro due a complicarla con le loro discussioni

-Voglio andarmene di qui e alla svelta-

Non attese una risposta, se la mente della compagna fosse stata affollata dalla metà dei pensieri che girovagavano nella sua, sicuramente nemmeno l’aveva sentita e, infatti, si stava già allontanando in direzione del cancello.
Per contro, si voltò istintivamente nella direzione opposta, con una vaga speranza di ritrovare la porta che le aveva condotte lì, ma la delusione le si dipinse in volto
*Dovevo immaginarmelo, siamo bloccate qui...e adesso?*
La delusione lasciò il posto allo sconforto, non potevano tornare indietro e nessuno sarebbe arrivato su un cavallo bianco in loro soccorso, anzi, probabilmente nessuno sapeva dove si trovassero, erano sole e se volevano uscire di lì, potevano contare solo sulle loro forze e peggio ancora, si ritrovavano nuovamente a dover collaborare, che lo volessero o meno.
Tornò a rivolgere lo sguardo verso il nero cancello, malediceva la compagna per averla coinvolta, ma si rese ben presto conto che, probabilmente, si sarebbe cacciata in quel guaio anche da sola e se proprio doveva condividere quella sventura con qualcuno, era felice si trattasse di Emily.
Sospirò, mentre lentamente, cercando di non prestar troppa attenzione agli alberi morenti che sembravano controllare ogni loro passo, si avvicinava anche lei a quella che sembrava l’unica strada percorribile
*Se non possiamo tornare indietro, l’unica è andare avanti*
Man mano che avanzava, ciò che le attendeva oltre il cancello si faceva più nitido, in lontananza spiccava una vecchia ruota panoramica, per un attimo pensò che, da quell’altezza, avrebbero per lo meno potuto vedere se un’effettiva via di fuga c’era o se avrebbero dovuto vagare per quel luogo in eterno, magari facendo compagnia agli spettri di chi, prima di loro, si era già avventurato tra quelle rovine, ma si ritrovò a constatare di non essere convinta che mettere piede su una vecchia giostra potesse essere una mossa vincente, per quanto ne sapeva la vecchia struttura poteva cedere da un momento all’altro, forse era il caso di valutare altre opzioni.
Quando arrivò all’inferriata arrugginita notò che l’attenzione della concasata si era spostata su una bacheca in legno poco distante, ma non se ne curò troppo, aveva già stabilito che, in ogni caso, se volevano uscire dovevano entrare.
Sospinse leggermente il pesante cancello, ma esitò sulla soglia, per quanto apparentemente non ci fosse nulla di così inquietante
*E’ solo uno stupido vecchio parco abbandonato* qualcosa la tratteneva dal compiere quel passo, forse proprio il dinosauro mutilato che sembrava aver esalato il suo ultimo respiro nel tentativo di raggiungere l’uscita *Che sciocchezze...è solo un vecchio pezzo di plastica*
Scosse il capo, si sentiva ridicola, eppure...fu in quel momento che si ricordò com’erano capitate lì, si trovavano alla Stamberga, una fessura nel muro e “Puff” eccole in quel posto, in un attimo tutte le rassicurazioni che aveva pensato andarono in frantumi, si rese conto che, qualsiasi cosa fosse quel luogo, non doveva essere nulla di “normale” o “tranquillo” se volevano uscirne incolumi dovevano prestare la massima attenzione *Okey, ma più indugiamo, più tardi ce ne andiamo* senza riflettere ulteriormente sospinse ancora una volta il cancello, spalancandolo abbastanza da passarci tranquillamente.
Non aveva ancora ben chiaro un piano, non sapeva nemmeno esattamente cosa aspettarsi da quel parco, ma aveva intravisto una serie di cartelli, non confidava di trovarci scritto chissà cosa
*”Uscita” mi sa che è pretender troppo* ma avrebbe almeno avuto una mezza idea di com’era fatto quel terreno di gioco *Conoscere l’ambiente è già un buon inizio*.
“Non credo sia il caso di entrare già in…”
Le parole della compagna sembrarono perdersi nel cigolio del cancello, forse aveva ragione, forse non era una mossa saggia, ma al momento sembrava l’unica, prima ancora che terminasse la frase aveva già varcato la soglia, voltandosi solo un istante


-Cosa dobbiamo aspettare? Che il dinosauro si animi e ci indichi la strada? Voglio andarmene da qui...il prima possibile-

Quasi inquietata dalle sue stesse parole posò lo sguardo su quel gigante di plastica, augurandosi che fosse ancora lì fermo e privo di vita, per poi proseguire verso i cartelli.



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view post Posted on 15/5/2014, 00:32
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Il Fato

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Curioso come la cosa, forse, più innocua dentro quel luogo misterioso, inquietasse allo stesso modo le due fanciulle, come in un tacito accordo. Poteva davvero quel dinosauro animarsi e divorarle in un sol boccone? O era tutto per colpa del suo aspetto? O forse era per la sua posizione riversa a terra, le piccole e corte zampe che sembravano ambire l'uscita, in punto di morte, quasi egli non desiderasse altro che fuggire dal quel posto ma che neanche sul finir della propria vita, non vi fosse riuscito, rimanendovi intrappolato per l'eternità?
Che fosse vero o no, il dinosauro non si mosse quando Arya spostò il pesante cancello arrugginito. Del resto, niente si mosse, al di fuori delle Serpeverdi e della ruota panoramica cigolante, le cui cabine continuavano a dondolare pigramente nel vento: il luogo era indubbiamente deserto e, a dirla tutta, sembrava che fosse stato anche abbandonato in gran fretta. Per quel che potevano vedere le ragazze, infatti, il banchino del popcorn era aperto, così come erano aperti i banchi dei giochi ai lati del cancello. Gli oggetti, le bibite, le buste dei popcorn, i premi del tiro a segno: tutto era ancora al suo posto, come se fossero stati usati fino a qualche attimo prima, ma il decadimento e lo spesso strato di polvere non lasciavano adito a dubbi. Era passato molto tempo, prima che qualcuno avesse messo piede nel MorningChild FunFair.
Nel frattempo, mentre Arya prendeva il coraggio a due mani ed entrava, spinta dal desiderio imperativo di tornare indietro, Emily, allo stesso modo, si avvicinava alla bacheca e, combattendo anch'ella la paura e lo shock di quanto accaduto poco prima, afferrò il bigliettino strappando anche il chiodo malamente conficcato nelle assi marce della bacheca, che rimase penzolando all'estremità della pergamena.

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Una volta che la Caposcuola vi avesse fatto caso avrebbe notato che quel foglietto malandato e stropicciato, quasi mordicchiato in alcuni punti, rappresentava una mappa. E non una mappa qualsiasi ma, a quanto sembrava, la mappa del lunapark in cui le due ragazze si trovavano. Dal foglietto, che sembrava esser stato disegnato e scritto a mano, si poteva comprendere che il luogo non era eccessivamente grande: qualche banco che le ragazze avevano già notato stagliarsi di fronte e ai lati, la ruota panoramica il cui scheletro vedevano stagliarsi in lontananza, una casa degli orrori, un bagno, delle torri, un autoscontro, delle montagne russe e il classico tunnel dell'amore. Ma nessun altro indizio, nessun'uscita di emergenza, al di fuori dei grandi cancelli da dove erano entrate.
Il parco era delimitato da una recinzione in acciaio alta più di quattro metri e mezzo, e da una folta, selvaggia vegetazione che sembrava crescere ovunque, infiltrandosi e spaccando l'asfalto della pavimentazione. Senza possibilità di tornare indietro, l'unica opzione era avanzare e le ragazze avanzarono, nel silenzio, finché... SBAM. Il cancello, alle loro spalle non si richiuse con un forte tonfo, spinto da una forte folata di vento originatasi dal nulla.
Tanto per citare il pensiero della fanciulla dai capelli rossi: poteva andare peggio di così? Oh, il Fato ci avrebbe scommesso ed era sicuro che Emily non avesse idea di quanto la sua osservazione fosse lontana dalla realtà.
In quel momento, il cigolio delle strutture metalliche diede loro il benvenuto, al MorningChild Funfair.





Scegliete da dove cominciare. Sappiate che v'è un'ordine dei luoghi da visitare, potreste dover tornare indietro e ripercorrere luoghi già visitati. Lo saprete solo giocando.

Oggetti acquisiti: mappa del luogo [CLICK per la versione grande]; chiodo — in mano ad Emily.


InventarioEmily C. RoseArya Von Eis
Emily: mappa, chiodo
[in mano]
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Edited by MasterHogwarts - 15/5/2014, 01:48
 
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view post Posted on 26/6/2014, 22:23
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Solo quando il cancello si richiuse alle sue spalle con un tetro cigolio, Emily si rese cont di aver oltrepassato la soglia metallica ritrovandosi accanto ad Arya, rinchiusa in quel posto orribile.
Era andata incontro alla compagna senza temere il non poter tornare indietro, senza pensare che chiunque (o qualunque cosa) l’avesse volute lì, desiderava anche che entrassero nel Luna Park, evidentemente senza uscirne.
Cosa stava accadendo?
Perché?
Chi?
Molte erano le domande che affollavano la mente della fanciulla e la confusione unita alla scarica di adrenalina dovuta allo spavento, non era certamente d’aiuto.
Emily si portò la destra alla tempia, stringendo gli occhi e cercando di calmarsi, allontanando ogni negativo pensiero.
La sua impulsività le suggeriva di correre in lungo e largo, cercando una via di uscita perché almeno una cosa sembrava essere certa:
Se v’è stata un’entrata, dovrà esserci anche un’uscita.
Si ritrovò a pensare ad alta voce, come se ciò avesse potuto darle una qualche sorta di rassicurazione.
Massaggiando la vena pulsante alla testa, la Serpina avvertì qualcosa di freddo e fastidioso sfregare contro lo zigomo: abbassando il braccio, i suoi occhi chiari si posarono sul foglietto raccolto poco prima ed ora stropicciato nel palmo.
Assecondando il masochista inconscio che inaspettatamente l’aveva condotta in trappola pur di seguire Arya, Emily si era quasi dimenticata dell’importanza dell’oggetto che aveva trovato.
Cercando di stirarlo il più possibile tra le mani, si rese conto di essere entrata in possesso di una piccola mappa. Le iridi argentee cercarono gli oggetti disegnati in modo ch’Ella potesse orientarsi e, soprattutto, constatare quanto quelle indicazioni fossero anche lontanamente attendibili.
Guarda.
Il suo tono di voce sembrava essere cambiato, così come l’espressione che delineava i suoi tratti pallidi: non più arrabbiata od agitata bensì curiosa.
*Combatti la paura di ciò che non conosci con la curiosità*
E così avrebbe fatto, senza dimenticare che il pericolo, di qualunque cosa si trattasse, poteva essere sempre in agguato: infondo nessuna delle due ragazze sapeva per quale motivo si trovassero lì ma certamente non era per farsi un giro sulle giostre e divertirsi.
Il suo cuore riprese a battere velocemente. La giovane Caposcuola avvertì una strana e fastidiosa sensazione all’altezza del petto, come se qualcuno l’avesse colpita con forza, rendendo quasi impossibile respirare. Che si trattasse di un attacco di panico?
Voltò il capo vermiglio verso destra e sinistra, velocemente, quasi sperando di vedere un grande cartello riportante la scritta “USCITA” a caratteri cubitali; cercò di respirare normalmente, scandendo ritmicamente il movimento del torace ma ogni parte del suo corpo sembrava essersi paralizzata.
*E se non vi fosse un’uscita?*
Non si trovavano in un luogo chiuso ma addirittura spazioso, eppure Emily stava avendo un classico attacco di claustrofobia.
*Dannazione*
Nonostante ciò, la Serpina cercò di mantenere il controllo della situazione: non era in uno spazio angusto e per quanto ne sapeva, poteva esserci un cancello dall’altra parte, un buco nella recinzione, un’uscita… qualcosa.
Porse con lentezza la mappa ad Arya, stringendo poi la presa intorno alla bacchetta mentre il braccio sinistro si alzava di poco dinanzi a lei: era pronta ad avanzare, pronta a trovare una via di fuga.

Da dove iniziamo?



«There will be no happy way out»


Edited by Emily Rose. - 5/8/2014, 12:14
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 30/6/2014, 03:04




Non aveva atteso la compagna, restare ferme a fissare il vuoto dietro di loro o il cancello di fronte non le avrebbe di certo aiutate, paradossalmente, l’unica via d’uscita sembrava essere l’entrata, così, anche se leggermente titubante, oltrepassò il cancello, fermandosi giusto in prossimità del gigante riverso a terra.
Non era convinta di voler proseguire da sola, forse sarebbe stato più saggio aspettare che Emily la raggiungesse, ma fu in quel momento che sentì l’enorme cancello richiudersi rumorosamente alle sue spalle, sobbalzò leggermente sul posto
*Dovevo aspettarmelo* colta di sorpresa da quel rumore e istintivamente si voltò, aveva preceduto la compagna e ora poteva esserci un cancello a dividerle.
Fortunatamente la Caposcuola si trovava accanto a lei, anche se non sembrava soddisfatta da quella mossa azzardata, probabilmente avrebbe dato la colpa a lei a se ora si trovavano bloccate lì dentro, ma aveva poco da recriminarle, o così o così.
Fissò il cancello per qualche secondo
*Chiuso...ovviamente* non che tra le sue priorità ci fosse quella di tornare al punto di partenza, ma di certo non era rassicurante l’essere intrappolate come topi in gabbia.
“Se v’è stata un’entrata, dovrà esserci anche un’uscita.”
La constatazione di Emily era tanto ovvio quanto errata, ma quello ancora non potevano saperlo, lo avrebbero scoperto a breve e la cosa di certo non le avrebbe rassicurate, ponendo loro un ulteriore problema ma, per il momento, l’illusione di una possibile via di fuga, allietava ancora i loro pensieri.


-Che a occhio e croce non è quel cancello- disse indicandolo, voltandosi poi leggermente verso la compagna -Ti va un giro in giostra?- le chiese quasi sorridendo allargando le braccia come ad indicare l’enorme parco giochi.

Decisamente non era il momento ideale per pensare al divertimento e meno ancora per scherzare, ma non aveva idea di come uscire da quel luogo e la tensione stava prendendo il sopravvento, così dalle sue labbra era uscita quella proposta del tutto fuori luogo, nel tentativo di rendere la situazione meno pesante.
Le bastò comunque osservare l’espressione della compagna per tornare seria, sicuramente non avrebbe apprezzato quel suo prendere la cosa con tanta leggerezza, eppure, qualcuno doveva farlo, era necessario che, almeno una delle due, non si lasciasse sopraffare dall’angoscia.
Prese tra le mani un lato del pezzo di carta che l’altra ragazza le stava porgendo, concentrandosi su di esso, magari poteva essere importante
*Bingo* una passaporta sarebbe stata di certo più utile, ma una cartina del luogo era sempre meglio di un pugno sul naso.
Iniziò ad analizzarla, voleva disperatamente trovare una breccia in quel perimetro con la scritta “Uscita” e fu in quel momento che le fu chiaro come il Sole che l’unica via d’accesso era l’enorme cancello chiuso.
Sarebbero sul serio rimaste intrappolate in quel luogo? Si guardo intorno, decisamente non si vedeva anima viva e, fortunatamente, nemmeno morta, si voltò nuovamente verso il cancello, nella vana speranza di trovarlo nuovamente aperto, ma si dovette presto rassegnare all’idea che per di là non si passava.
Ora era il panico, finite in un posto che sembrava lontano dal tempo e dallo spazio, senza via d’uscita, il vento e i cigolii delle vecchie strutture parevano urlare che quella sarebbe stata la loro nuova dimora, voci in realtà inesistenti che, però, prendevano forma nei pensieri distorti dalla disperazione della serpeverde.
Tornò a guardare quella mappa, apparentemente inutile, l’avrebbe presa, appallottolata e gettata a terra, stupidi banchi dei giochi, pop corn, giostre di vario tipo, i bagni, c’erano anche i bagni
*Beh certo, sia mai che uno si ca*** addosso constatando di essere bloccato qui a vita* ma di un’uscita manco l’ombra, la disperazione stava via via lasciando il posto al nervoso per l’essersi cacciata in quell’assurda situazione *Dannazione Rose, tu e le tue idee, potevi tenere le mani in tasca?*
Stava già per farle notare, con toni poco garbati, la loro scomoda situazione, sottolineando le colpe della rossa, quando, alzando lo sguardo dalla cartina, notò che la compagna si stava decisamente facendo prendere dal panico, non riuscì ad infierire su di lei, anzi, quasi si sentì in colpa per aver anche solo pensato di farlo.
Nuovamente ne ebbe la conferma, una delle due doveva mantenere il sangue freddo e se non ci riusciva la Caposcuola, lo avrebbe fatto lei per entrambe.
“Da dove iniziamo?”

*Bella domanda*
In realtà brancolava nel buio, ma era certa di una cosa, qualsiasi cosa le avesse condotte lì, chiunque fosse il sadico che si divertiva con quel gioco, non l’avrebbe avuta vinta facilmente, se un modo per uscire esisteva, lo avrebbero trovato.
La cartina non riportava uscite, eccezion fatta per l’enorme cancello, ma guardandosi intorno si poteva chiaramente notare che quel luogo era abbandonato da tempo, sicuramente doveva avere chissà quanti anni e le sue condizioni non erano delle migliori, l’asfalto era crepato in più punti e di certo non solo quello cadeva a pezzi.
Fu questo a far nascere nella mente del Prefetto la speranza che, magari, da qualche parte lungo il perimetro del luna park, potesse esserci qualche varco, non un’uscita vera e propria, nulla di segnato sulle cartine, ma uno spiraglio al quale aggrapparsi, un’apertura creatasi col tempo o per il disperato tentativo di qualcun altro di uscire di lì, forse era sperare troppo, ma doveva almeno provarci.
Un altro cigolio la fece sussultare
*Dannata ruota* alzò gli occhi in direzione dell’imponente struttura, abbassandoli nuovamente sulla cartina, tornando poi a guardare le cabine della giostra, ora avevano una meta.
Indubbiamente qualche minuto prima scherzava, fare un giretto sulle giostre non era tra le sue priorità, eppure, in quel momento, l’idea di salire sulla ruota panoramica non le sembrava più così assurda, non era esattamente al centro del parco, ma la sua posizione avrebbe loro permesso, probabilmente, l’intera visuale del luogo, del suo perimetro e, magari, anche dell’esterno.
Era il punto più alto e, decisamente, avrebbero impiegato meno a raggiungerla che a fare il giro del perimetro, una volta salite, se fossero state fortunate, magari con l’ausilio della magia, avrebbero potuto tentare di scovare delle falle nella recinzione.
Restava solo un piccolo, forse non così piccolo, problema, quanto stabile poteva ancora essere la struttura di quella giostra? Non lo sapeva, ma di sicuro da quella posizione non l’avrebbe scoperto, non resta che avvicinarsi e vedere se la sua idea poteva essere messa in pratica.


-Da qui- puntò il dito sulla cartina nel punto dov’era segnata la ruota -Saliremo su quella ruota- disse guardando in direzione della giostra

Sfilò la cartina dalle mani della compagna, piegandola e riponendola in tasca, probabilmente l’avrebbe presa per pazza ma, se avesse avuto pazienza e non l’avesse sommersa d’insulti nella convinzione che volesse semplicemente fare un giro in giostra, le avrebbe spiegato la sua idea lungo il tragitto.
Mosse un passo in avanti
*No, spè* il dinosauro steso a terra, per quanto innocuo, non si era minimamente mosso, bloccava comunque la strada, avrebbero dovuto girargli intorno, si girò un momento per controllare che la compagna la seguisse, incrociò il suo sguardo, la Caposcuola cercava di sembrare tranquilla, ma non ci voleva un genio a capire che non lo era affatto *E come biasimarla* anche Arya era spaventata all’idea di restare lì per sempre e, per quanto nulla fino a quel momento avesse lasciato presagire che il luogo potesse essere pericoloso, non potevano escluderlo a priori.
Senza pensarci, come se fosse il gesto più naturale del mondo, le poso una mano sulla guancia, una mezza carezza, un gesto d’affetto, nato da quel sentimento soffocato ma che in quel momento prepotentemente era tornato a farsi strada.


-Emily- una piccola pausa, voleva che quelle sue parole uscissero sicure e rassicuranti -Usciremo da qui...Torneremo a scuola...Te lo prometto-

lasciò scivolare la mano fino a perdere quel contatto, voltandosi nuovamente in direzione della ruota, non sapeva se era in grado di mantenere quella promessa, ma era una motivazione in più per non arrendersi

-E poi se vuoi potrai punirmi per...boh...aver attraversato un sinistro cancello senza permesso?-

Nuovamente quella dannata tendenza a sdrammatizzare, iniziava a risultare fastidiosa anche a lei, come diamine riusciva a scherzare sulla loro situazione rimaneva un mistero.
Circumnavigò, si fa per dire, il colosso steso a terra, ritrovandosi nuovamente la strada bloccata, questa volta da quello che pareva essere un banco dei pop corn.
Per la prima volta, da quando era entrata, notava quanto quel luogo sembrasse essere stato abbandonato in fretta e furia, se non fosse stato per lo strato di polvere che ricopriva ogni cosa e per il disordine generale, si sarebbe aspettata che l’omino dei pop corn comparisse da sotto il bancone da un momento all’altro.
Si avvicinò, non aveva dimenticato la sua meta, ma visto che c’erano potevano dare un’occhiata, non sapeva nemmeno lei cosa sperava di trovare, forse un qualche indizio su cosa fosse successo, forse proprio l’omino dei pop corn che suggerisse loro come uscire
*La chiave del cancello è sperare troppo vero?* insomma, brancolavano nel buio, volevano andarsene e se all’interno di quel parco, qualcuno o qualcosa poteva aiutarle, di certo non avrebbe tirato dritto.
Passò un dito sul bancone lasciando una scia priva di polvere che ora si depositava sul suo indice, forse no, l’omino non sarebbe arrivato in loro soccorso.

 
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view post Posted on 3/7/2014, 23:46
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Il Fato

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Volenti o nolenti, al Destino non si sfugge e si fa quello che vuole lui, punto. In ogni caso, uscire dal MorningChild era senza ombra di dubbio il nuovo obiettivo delle Serpeverdi, che, d'altronde, non avevano altra scelta. L'unico aiuto era una logora mappa che Emily mostrò alla compagna, ma nessun'uscita all'orizzonte, neanche quelle di sicurezza. In compenso, c'erano dei bagni, nel caso fossero rimaste lì a vita, come pensato da Arya.
Ovunque le giovani si voltassero, comunque, il perimetro del parco era delimitato da alte recinzioni in ferro, le punte arruginite infiammate dalla luce del tramonto. Il silenzio, era il loro unico compagno. Ma, fortunatamente Emily e Arya potevano contare l'una sull'altra, per uscirne vive. O almeno, per provarci. Fu così che lo spirito di iniziativa della Prefetta fu, ancora per una volta, il motore delle due Serpeverdi. Elaborato quello che sembrava essere l'unico piano, le due si incamminarono per il desolato parco. I loro passi risuonavano con innaturalezza, come se si trovassero all'interno di una cupola che faceva rimbombare il semplice suono delle scarpe sull'asfalto. Tuttavia, sopra le loro teste, v'era soltanto un cielo che si tingeva di scuro, ampie nuvole che lo tinteggiavano a macchie. Neanche un corvo passò, gracchiando. Il vento, improvvisamente, si quietò. Persino il cigolio della ruota panoramica sembrò fermarsi.

Sì, sì lo sapeva. Lo sapeva, che qualche intruso era giunto. Sentiva.
Shhhh, silenzio, silenzio.
Se avessero saputo, Arya ed Emily avrebbero avanzato lo stesso?
Chissà. Nel frattempo, però, la frustrazione —e la speranza, vana— era tanto grande da portare la Prefetta a cercare nel banchetto dei pop corn un altro aiuto, addirittura, la chiave; ma, a parte il caos di bottiglie e sacchetti di vuoti, ed un cappello a terra oltre il bancone, non v'era niente. Una boccetta d'olio era l'unica cosa in piedi, in mezzo a quel marasma.
Superato il banchetto, le ragazze continuarono a camminare, mentre l'immensa ruota panoranica, a man a mano, si faceva sempre più grande e minacciosa. Il cigolio aveva ripreso a farsi sentire, forse, ancor con più insistenza. Una cosa era chiara, ora che era così vicino a loro: la ruota, era ferma, come morta. L'unica cosa in movimento, erano le cabine che ancora si reggevano ai ganci, smosse pigramente dall'aria. Alla base della ruota, grandi cavi d'acciaio ne reggevano la struttura, mentre i cavi dell'elettricità si attorcigliavano, come radici di un albero secolare. I punti dov'era scrostata la vernice bianca sembravano ustioni. Poi, qualcosa attirò l'attenzione delle ragazze, proprio davanti il cassone del motore e vicino il cancelletto che portava alle cabine, dove una volta, probabilmente, c'era l'addetto che accoglieva i clienti e dove ora, stagliato nel gabbiotto, c'era solo un'ombra nera bruciacchiata. A terra, divelto, c'era qualcosa di antropomorfo, le braccine raccolte al petto, lo sguardo cieco.

A2QKOew
Un bambolotto smarrito dalla fretta, chissà da chi, chissà quando, chissà da quanto. Un'orbita era vuota, mentre la testa era girata, verso le due ragazze.

Un buco nell'acqua? Forse.
O forse no, dipendeva dai punti di vista.






ATTENZIONE: per oggetto acquisito, non si intende per forza averlo con sé, ma sapere dove si trova e poterlo recuperare direttamente in un post, senza aspettare il responso del Master.
Potete decidere se prenderlo con voi, o lasciarlo lì e prenderlo quando e se vi servirà.

Oggetti acquisiti: Boccetta di olio; bambolotto.


InventarioEmily C. RoseArya Von Eis
Emily: mappa, chiodo
[in mano]
Esterno: Olio, bambolotto
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Emily non credeva al destino. Non riusciva ad ammortizzare le sue insicurezze con un sistema di credenze volta a rassicurarla con parole come: "Non preoccuparti. Questa è la tua vita ma tu non ne hai davvero il controllo. C'è qualcuno o qualcosa che vi provvede al tuo posto - è già tutto deciso".
Il suo mondo era fatto di scelte e chances, il che lo rendeva ancora più spaventoso.
Se l'avesse pensata in modo diverso, avrebbe potuto dire che v'era una ragione per la quale si trovava in quel luogo e qualsiasi decisione avesse preso, non vi sarebbe stato scampo alcuno dalla sorte che il Fato aveva deciso per lei.
*Ma non è così. Sei qui perché hai detto più volte che la curiosità t'avrebbe uccisa. Parole sante*
Pensava mentre riprendeva lentamente il controllo di sé e la lucidità mentale di cui aveva bisogno. Si chiese perché non fosse capace di mandare tutto all'aria, di dare spazio alla rabbia che le inondava il cervello, di imprecare e spaccare oggetti marcescenti; perché preferiva che ogni cosa sembrasse al suo posto e che ne avesse il controllo, anche quando non era così.
Cercò quindi, di lasciar cadere il timore di perire in quel posto, alzando gli occhi al cielo più scuro ad ogni secondo che passava e facendo figuratamente evaporare quella sensazione di claustrofobia che l'aveva agguantata in precedenza.
Il tocco leggero, inaspettato, della mano della Concasata, al di là della volontà della fanciulla che compiva quel gesto, la destabilizzò nuovamente, infrangendo quella ricerca di pace e controllo che la Serpina stava effettuando.
Emily arretrò istintivamente d'un passo, allontanandosi da quell'irruente contatto.
La promessa da Arya pronunciata, l'infastidì ancor di più:

Troverei il modo di uscire di qui anche se fossi sola, tranquilla.
Si sentì in dovere di replicare; animata da quella improvvisa determinazione, prese ad avanzare, tenendosi sulla direzione assunta dalla compagna ed ignorando l'ennesima battuta di quest'ultima.
Giunte nei pressi del banchetto dei pop-corn, fu Arya la prima a fermarsi, evidentemente alla ricerca di chissà cosa; nel frattempo la Caposcuola osservava la ruota panoramica in lontananza con una strana espressione dubbiosa dipinta sul volto - divenuto, se possibile, ancora più pallido dopo aver preso coscienza della loro reclusione in quel luogo: l'aria stava cambiando.

Credi sia possibile che qualcuno sappia che siamo qui?
Formulata in quel modo, la domanda poteva sembrare ambigua. Certamente nessuno, ad Hogwarts, avrebbe mai potuto intuire dove fossero finite le due ragazze, a meno che, qualcuno che fosse già entrato in quel luogo e ne fosse poi uscito, le avesse anche viste dirigersi nella Stamberga senza venirne fuori.
Troppo irreale e comunque non concernente con quanto la Caposcuola andava pensando, "avvertendo".
Le folate di vento erano venute improvvisamente a mancare.
I rumori minacciosi che fino a pochi secondi prima facevano da sottofondo al loro avanzare, si erano spenti improvvisamente, come se qualcuno avesse premuto il tasto "off" di un interruttore.

Magari mi sbaglio. Ma se così non fosse, dubito che sia contento di averci qui.
Se Arya cercava di sdrammatizzare, Emily era sicuramente brava a rendere il tutto ancora più inquietante.
Riprese a camminare, assicurandosi d'essere seguita dalla compagna; restare immobile rendeva il tutto ancora più spaventoso e se davvero qualcuno o "qualcosa" dimorava in quel luogo, per quando poco sicuro potesse sembrare, trovarlo poteva tornare utile per andarsene da quel posto maledetto.
La giostra si alzava sempre più vicina e grande, mostrando uno scenario orripilante. Davvero il Prefetto voleva salirvi?
Per quanto le riguardava, poteva anche adempiere al suo geniale piano, lei non avrebbe rischiato di rompersi l'osso del collo cadendo da una di quelle cabine putrescenti.
Fu proprio mentre osservava la base della ruota, realizzando quanto potesse essere pericoloso anche solo pensare di scalare la struttura invece che il tentare di rimetterla in funzione che Emily sentenziò il suo verdetto:

Io non salgo.
Proferì con decisione mentre riponeva la destra nella tasca posteriore dei pantaloni neri e chinava il capo verso il basso, non più concentrata sulla costruzione cadente ma su ciò che v'era intorno.
*Ma che diami-*
Scattò velocemente verso il cancelletto che conduceva alle cabine della giostra: aveva forse cambiato idea?
Coerentemente con quanto pensato e detto poco prima tuttavia, la ruota non sembrò essere il suo obiettivo quando si fermò accanto ad una macchia nera senza vita.
Da lontano, brutto scherzo della mente provata dalla situazione, Emily non capì subito che ciò che aveva catturato il suo sguardo, fosse soltanto una bambola a pezzi e non qualcosa, qualcun altro.
Che fosse la presenza avvertita poco prima?
*Sciocchezze, Rose*, si tranquillizzò, concentrandosi su quelle contorte e piccole braccia raccolte al petto.
Un piccolo brivido le percorse la schiena: aveva sempre odiato quei giochi da bambina ed aveva sempre odiato i Luna Park, v'era stata soltanto una volta e si era sentita completamente fuori luogo.
La sensazione di essere osservata peggiorò quando la giovane Caposcuola realizzò che tutto ciò che trovava inquietante, sembrava materializzarsi dinanzi a lei.
Gli occhi della bambola, un'orbita vuota e l'altra che sembrava seguire i suoi movimenti, spinsero la fanciulla ad inginocchiarsi per osservarla meglio, mettendo da parte il disgusto.

Lumos!
Asserì decisa, tenendo la bacchetta dinanzi a sé, volendo illuminare il tetro oggetto.
Istintivamente agguantò il corpicino senza vita con la destra, avvicinando la testa alla luce del rametto di salice quando questa si fosse palesata.
Dov'era finito l'altro occhio?



«Death sits in the chair across from me and watches.
Death sees but has no eyes.
Death knows but has no mind.
We often sit together in the night.
Death has one move left,
I have none»


Chiedo perdono al Master: volendo copiare i codici html della mia ultima risposta, ne ho inavvertitamente alterato il testo. Ho riportato tutto alle condizioni originali.


Edited by Emily Rose. - 5/8/2014, 12:39
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 5/8/2014, 15:22




Scosse il capo, decisamente infastidita dall’ennesima risposta poco educata della compagna, aveva cercato di essere gentile anche se in realtà l’avrebbe semplicemente presa a parole per averle cacciate in quel guaio, ma se l’unica cosa che poteva ricevere in cambio era quell’atteggiamento, beh, si sarebbe ben guardata dal rivolgerle ulteriormente la parola se non fosse stato più che necessario.
Aveva una meta, che la Caposcuola la condividesse o meno, avrebbe proseguito verso la ruota.
C’aveva creduto veramente? Probabilmente no, la sosta al banco dei pop corn si rivelò completamente inutile, forse sì, lontanamente aveva sperato di trovare lì, subito, il modo di andarsene, ma non ne era mai stata realmente convinta, non voleva lasciare nulla di intentato, ma da lì ad crederci ne passava.
Il silenzio innaturale che ora regnava in quel luogo doveva essere in netto contrasto col caos che doveva aver portato al suo abbandono, osservando il disordine, il banchetto buttato all’aria, tutto lasciava intuire che, molto tempo prima, qualcosa era successo, repentinamente, portando chi si trovava all’interno ad uno stato di agitazione, una folle corsa verso l’uscita.
I pensieri su cosa potesse essere successo furono interrotti dalla voce della compagna
*Se c’è qualcuno può pure venire a darci il benvenuto* si tenne la risposta per sé, era uno di quei casi in cui parlare non era strettamente necessario e come si era ripromessa prima, evitò di esprimersi, tanto lo sapeva, a Emily non interessava seriamente una risposta, tanto valeva risparmiare il fiato.
La successiva affermazione quasi le fece saltare i nervi
*Nemmeno io son contenta di essere qui se è per questo, mi dicesse come andarmene me ne andrei pure* evitò, di nuovo, non sapeva nemmeno quale grazia divina le permise di non riversare sulla compagna la sua frustrazione, voltandosi lentamente per riprendere la strada, le rivolse semplicemente un’occhiataccia, sperando che comprendesse che, quel tipo di supposizioni, non erano di certo d’aiuto.
Non poteva negare che le parole della Caposcuola potessero avere un qualche fondo di verità, qualcosa d’innaturale c’era e fu in quel momento che, il soffocante silenzio sceso su di loro svanì, riproponendo l’inquietante cigolio delle cabine mosse dal vento
*Se stai giocando con noi non sei divertente* ecco, si era lasciata influenzare da ciò che la compagna aveva appena detto, ci mancava solo quella *Per Salazar Arya, vediamo di andare avanti senza parlare con l’amico immaginario*
Si avvicinava cautamente verso l’enorme struttura che, ora, vista così da vicino, sembrava ancora più grande anche se forse, meno inquietante, da distante il colosso sembrava scrutarle con i suoi mille occhietti, quelle cabine ciondolanti, adesso, invece, si poteva notare come fosse un ammasso di metallo logorato dal tempo, apparentemente privo di vita.
Bene, avevano raggiunto la meta e ora? Esaminava l’area circostante, rivolgendo spesso lo sguardo verso la cabina che si stagliava più in alto verso il cielo che andava via via verso tinte più cupe
*Bisogna arrivare lì* “Io non salgo.”
Come se le avesse letto nel pensiero la Caposcuola aveva già emesso il suo verdetto, lei sulla ruota non ci saliva e non accettava repliche


-Rose, come vuoi, ci andrò da sola-

La risposta arrivò secca, dura, non era minimamente intenzionata a discutere, se non voleva salire poteva restarsene a terra, ma lei non era arrivata fin lì per poi tirarsi indietro all’ultimo, doveva solo capire come fare.
Inizialmente l’idea che andava per la maggiore era quella di arrampicarsi, anche se, a dir la verità, non era mai stata una cima nella scalata, ma se proprio non c’era altra via c’avrebbe provato pregando di non rompersi qualcosa.
Nuovamente fu Emily a distrarla
*Ma che diamine? E’ impazzita* la vide avvicinarsi al cancelletto che portava alle cabine *Sì decisamente, ma se ha appena detto che non sale* qualche istante dopo però fu chiaro che non aveva cambiato idea, non calcolò minimamente la ruota, chinandosi a terra *Ma che...oh vabbè non importa*
Al contrario della compagna, Arya, ancora ferma sul suo proposito di raggiungere il punto più alto, nel seguire i movimenti della Caposcuola si concentrò su quello che doveva essere il motore della giostra, forse, almeno iniziava a sperarlo, non sarebbe stato necessario arrampicarsi.
Nel suo “geniale” piano c’era giusto un piccolo piccolo piccolissimo, quasi insignificante intoppo, quell’aggeggio sembrava morto almeno quanto tutto il resto della struttura, se seriamente voleva sperare di non dover scalare la ruota, doveva capire come rimetterla in movimento.


-Em...-

Si era giusto voltata con l’intento di richiamare l’attenzione della compagna, ma cambiò idea in corso d’opera, la Caposcuola sembrava ancora intenta ad esaminare non vedeva bene cosa e disturbarla poteva forse essere più pericoloso che cadere dalla cabina più alta *No va...mi arrangio*
Rimase qualche minuto ad osservare il groviglio di cavi elettici che si intrecciavano a qualche passo da lei, non sembravano particolarmente danneggiati, se solo fosse riuscita a rianimare quel dannato motore, forse forse tutto sarebbe ripartito *Già, ma il diploma come meccanico non l’hai preso ancora* giusta obiezione, eppure il modo per aggirare l’ostacolo forse c’era, doveva solo arrivarci.
Fortunatamente non si trovavano in una situazione di imminente pericolo che richiedesse una repentina reazione, ebbe il tempo di riflettere e di cercare una soluzione appropriata e così si ricordò quel piccolo dettaglio che ogni tanto trascurava
*La bacchetta...bacchetta = magia...magia = forse c’è una soluzione*
Mise dunque la mano destra in tasca, afferrando l’impugnatura della bacchetta ed estraendola delicatamente, ci mancava solo che la rompesse presa dalla fretta, non aveva ancora chiaro in mente se effettivamente poteva conoscere un incantesimo adatto, ma l’idea le venne rigirandosi il legnetto tra le dita *Potrebbe funzionare*
Smise dunque di giocare, tornando a concentrarsi sul suo obiettivo, fece un passo indietro, si trovava troppo vicina e voleva evitare il contatto diretto tra quell’ammasso di ingranaggi e cavi e la sua arma, un mezzo sospiro d’incoraggiamento e poi puntò la bacchetta in direzione del motore pronunciando l’unica formula che le era venuta in mente -Mōtŏr Repàro-
Non sapeva se avrebbe funzionato, era sicura che l’incantesimo in sé servisse a riparare oggetti rotti, era altrettanto sicura che potesse pure renderli nuovamente funzionanti, almeno così le pareva, era forse un po’ meno convinta della sua conoscenza del latino, ma sperava che nell’insieme l’effetto fosse quello desiderato.

 
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view post Posted on 22/8/2014, 21:16
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Il Fato

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Mie care, tocca darci una mossa, io per primo. Continuiamo senza perderci troppo con i tempi!


C'è chi dice che l'unione fa la forza, soprattutto in situazioni ostiche; ma se quel qualcuno conoscesse Arya Von Eis ed Emily Rose, probabilmente, preferirebbe rimanere in dignitoso silenzio per evitare magre figure e chiare occhiatacce.
Se inizialmente le due, infatti, erano riuscite, in un modo più o meno velato, a farsi coraggio a vicenda man a mano che la loro "gita" al MorningChild proseguiva, il loro rapporto tornava a raffreddarsi e spiccava la singola azione ora che i piani dell'una cozzavano con i pensieri dell'altra.
Emily, inquietata da quella strana sensazione di aver centinaia di occhi puntati addosso, si concentrò sui resti del bambolotto, incuriosita da un dettaglio all'apparenza piuttosto inunfluente. Date le condizioni di quel luna park, il Tempo era stato più che inclemente sui giganteschi macchinari e sulle strutture del parco, erodendo ogni cosa e lasciando morir persino le piante e l'erba: era, dunque, già un miracolo che quel bambolotto fosse ancora, per la maggior parte, integro, nonostante le crepe, le ammaccature e le incrostature di polvere che ne deturpavano i lineamenti. Dentro il cranio di plastica, illuminato dalla luce della bacchetta della Caposcuola, non v'era nulla, nemmeno il resto del povero occhio azzurro che, evidentemente, era andato perduto tempo addietro. Tuttavia, prendendo in mano il bebé, Emily poté notare due curiosi dettagli: le braccine, le cui dita erano tutte sbeccate e sporche di terriccio —la cui provenienza, non era data sapere, vista la pavimentazione in mattonelle di cemento—, erano tese in avanti, come se avesse abbracciato la sua padroncina. Sul bavaglino consunto, pieno di macchie e buchi sul ricamo, v'erano delle lettere ivi ricamate:

ClHxh3m


I fili che costituivano il ricamo erano, come tutto il resto, piuttosto logori e mancanti laddove la stoffa si era lacerata. Un nome? Una marca? Un indizio?
Era tutto da scoprirlo, e capirlo.

Mentre Emily si ritrovava con nulla in mano, se non un giocattolo senza neanche un occhio, Arya si concentrava sul vero obiettivo: la ruota panoramica. Cosa avesse spinto le due ragazze a raggiungere gli estremi del parco fino alla carcassa di quella vecchia giostra poteva essere soltanto la flebile promessa di una vista dall'alto e di una schiarita di idee che questa poteva loro regalare. Ma a quanto sembrava, la ruota cigolante non aveva nessuna intenzione di scarrozzare le Serpeverdi per un giro.

Silenzio.
Nel tempo in cui Arya rifletteva, qualcosa si mosse, da qualche parte, alle loro spalle e tutt'intorno. Per un secondo soltato fu udibile un pesante, roco respiro ansante, poi più nulla. Immaginazione?
In ogni caso, che la Prefetta avesse udito o meno, ciò non aveva scalfito la sua concentrazione mentre si preparava a castare l'incanto. La Magia che la sua bacchetta emise colpì il motore della vecchia ruota e all'interno del cassone ammaccato provennero alcuni terribili scricchiolii, rumore di ingranaggi che si allineavano e tubi che si allacciavano. Il fracasso si spense poco dopo con un piccolo scoppiettio di un presunto avviamento. Non v'erano dubbi, quindi, che fosse stato riparato eppure... mancava qualcosa. Qualcosa di fondamentale nonché principale e allo stesso tempo banale... se si ragionava nei termini di un parco divertimenti, o ancor meglio di una grande struttura, certo.

Le cabine della ruota panoramica, improvvisamente, scricchiolarono tutte assieme, dondolando al medesimo tempo come in una danza sconosciuta. Lo stridio delle giunture arrugginite non era che un sottile sottofondo, come... un rantolo.

tWfHGfW








Obiettivo raggiunto: motore ruota panoramica riparato.


InventarioEmily C. RoseArya Von Eis
Emily: bambolotto [in mano]
Esterno: Olio, mappa
PS: 116
PC: 66
PM: 67
PS: 111
PC: 61
PM: 61

 
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Arya Von Eis
view post Posted on 10/9/2014, 15:53




Non sapeva se a inquietarla di più fossero i momenti di innaturale silenzio o i rantolii e cigolii che li interrompevano, forse, quasi preferiva discutere con la compagna, almeno le loro voci avrebbero riempito il vuoto e coperto i rumori, ma in quel momento sapeva di dover restare concentrata, almeno il tempo necessario per castare l’incantesimo, avrebbe avuto, successivamente, tutto il tempo per lasciarsi inquietare.
Non appena pronunciò la formula ebbe l’impressione di aver fatto più danni che altro, i rumori provenienti dal cassone sembravano tutto tranne che rassicuranti, più che aggiustare sembrava che qualcosa si stesse rompendo, ma quella sensazione svanì lentamente, mentre i secondi passavano si rese conto che, in realtà, tutto sembrava mettersi a posto.
L’espressione preoccupata e delusa lasciò, per un attimo, spazio ad un mezzo sorriso soddisfatto, l’incantesimo aveva funzionato, nel giro di poco la ruota si sarebbe messa in movimento e lei avrebbe potuto salirci e farsi un’idea più completa della situazione intorno a loro, avrebbe potuto constatare se, come sperava, vi fosse qualche apertura nella recinzione e, cosa a cui pensava solo ora, se all’esterno vi fosse qualcosa ad attenderle o solo il vuoto.
Un leggero scoppiettio
*Ci siamo*, era pronta a saltare sulla prima cabina, ma tutto si spense nuovamente, nessun movimento, tutto rimase statico come qualche istante prima, nuovamente la delusione le si dipinse in volto.
Non riusciva a capire, aveva fatto tutto correttamente, almeno così credeva, il motore sembrava essersi riparato, aveva pure tentato l’accensione, allora perchè sembrava non essere cambiato nulla?
Demoralizzata posò entrambe le mani sul cassone chinando la testa, qualcosa era andato storto, ma cosa? Scosse il capo, c’era andata così vicina, non poteva lasciar perdere ora, forse si stava solo intestardendo, forse era meglio concentrarsi su altro, ma non lo fece, era decisa a salire e avrebbe trovato il modo.
Il cigolio delle cabine attirò la sua attenzione, una falsa speranza, si erano mosse spinte dal vento o da qualsiasi altra cosa che nulla aveva a che vedere col corretto funzionamento della giostra.
Posò lo sguardo sul cassone del motore, intorno a lei, doveva esserle sfuggito qualcosa, magari un tasto
*Un pulsante con scritto “Premi qui” sarebbe gradito*, una leva, qualsiasi cosa potesse avviare l’enorme struttura.
L’illuminazione arrivò, ammesso che fosse quella giusta, quando accidentalmente rivolse lo sguardo in direzione della compagna, teneva tra le mani un bambolotto
*Un bambolotto?* e lo illuminava con la sola luce della bacchetta, rapidamente cercò di ampliare la sua visuale, il parco era morto, spento, nessuna luce, nessuna musica, nulla che funzionasse, forse si era focalizzata sulla cosa sbagliata, si era concentrata sul singolo elemento, tralasciando tutto il resto, dimenticandosi che, se tutto è spento, nulla può funzionare.
Ecco il nuovo obiettivo, ridare vita al parco per rimettere in funzione la ruota
*E magari sembrerà anche meno spettrale* un piccolo incentivo in più, non era completamente convinta che illuminato e operativo sarebbe stato più accogliente, ma a lei serviva funzionante, quindi, rassicurante o no, doveva trovare l’interruttore generale *Evviva, odio la caccia al tesoro*
Anche in questo caso avrebbe gradito un insegna luminosa con scritto “Per accendere premere qui” ma tanto era tutto spento, quindi anche ci fosse stata un’insegna luminosa sarebbe stata tutt’altro che luminosa.
Estrasse la mappa che aveva precedentemente sottratto dalle mani della compagna e iniziò a esaminarla, magari c’era un qualche misero indizio su dove potesse trovarsi il pannello elettrico generale.
Ovviamente non c’era nulla di esplicito
*Troppo facile se no vero?* vi erano segnate tutte le attrazioni, i bagni, il banchetto dei pop corn che avevano visitato poco prima, i banchi dei giochi, ma nemmeno l’ombra di ciò che cercava, era addirittura segnata l’esatta ubicazione della carcassa del dinosauro, ma non sembrava esserci altro, in effetti, a un normale visitatore, non sarebbe dovuto interessare dove fosse l’interruttore generale.
Stava ormai perdendo le speranze, convinta che l’unica soluzione fosse girare in lungo e in largo tutto il parco quando, riguardando la mappa per l’ennesima volta, qualcosa attirò la sua attenzione.
Ogni attrazione, baracchino o quel che sia era numerato e, sul fondo, era riportato il nome corrispondente, solo per una di quelle rappresentazioni mancava la numerazione, un disegno circolare arancione posto appena oltre l’ingresso del parco, accanto ad uno dei banchi dei giochi.
Non era molto, non era di certo un indizio significativo, anzi, non era nulla, quella costruzione poteva essere qualsiasi cosa, ma, escludendo tutto il resto, controllare non le costava nulla, magari sarebbe stata fortunata
*E poi dai, vicino all’ingresso, potrebbe anche essere*.
Ripose la mappa in tasca e si avvicinò alla Caposcuola per capire che intenzioni avesse, l’idea di separarsi non le pareva brillante, per quanto si trattasse di Emily, in quella circostanza, preferiva averla accanto piuttosto che chissà dove, avevano il medesimo obiettivo, uscire di lì, probabilmente avrebbero potuto mettere da parte le loro diatribe almeno finché non fossero state nuovamente al castello.

-Rose, vorrei tornare verso l’ingresso per controllare una cosa- disse pacatamente posandole una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione -Cosa fai? Vieni con me o resti qui? L’idea di separarci non mi piace, ma se decidi di rimanere andrò da sola.-

In ogni caso sarebbe tornata indietro, sarebbe andata a controllare, avrebbe cercato il modo per accendere tutto, sperava in una risposta positiva da parte della compagna, ma, in caso contrario, avrebbe proseguito comunque.

 
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view post Posted on 27/9/2014, 21:09
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Monsters are real, ghosts are real too.
They live inside us and, sometimes, they win.



Dico solo che potrei chiamare Padre persino quell rozzo del giardiniere. Seppur preferirei la morte piuttosto ch’esser sua figlia.
Schiena dritta, postura composta, Emily giocherellava con le patate nel piatto che aveva davanti: faceva roteare la forchetta intorno ad una, infilzandone un’altra, scansandone alcune troppo poco cotte; lo sguardo perso, la voce atona.
No davvero, passo più tempo con lui che con te. Non sei mai a casa e credo che il Ministero non faccia lavorare nessuno ventiquattro ore su ventiquattro, quindi…
SMETTILA. Smettila con questi capricci da bambina insolente. E deciditi a mangiare qualcosa.
Più per la perenne assenza di discussioni costruttive tra lei ed il padre che per il tono autoritario utilizzato da quest’ultimo, la ragazza dai capelli vermigli spostò di lato il piatto della cena, incrociando le braccia al petto e guardando fuori dalle ampie vetrate che davano sul giardino principale; stava facendo buio e piuttosto che chiedere il permesso di alzarsi, sarebbe rimasta lì, in silenzio, in attesa che il non curante Jacob Rose terminasse il proprio pasto e si dileguasse chissà dove, a far chissà cosa.

La mattina dopo, aprendo la porta della sua camera per dirigersi nel salotto e convincersi a far almeno colazione, Emily trovò il passaggio bloccato da una grande scatola rossa. Sul viso pallido della fanciulla comparve una spenta espressione triste: si trattava dell’ennesimo regalo volto a farla tacere, a dirle “stai buona”. Piegandosi sulle ginocchia, l’allora neo-Serpeverde, aprì lentamente la scatola scarlatta, chiudendo le esili dita intorno al corpicino senza vita ivi contenuto.
*Una stupida… Bambola?*
Emily sospirò cercando di capire se quel regalo fosse quanto pensato in precedenza, un modo per compensare l’affetto del genitore mai ricevuto, o semplicemente una presa in giro coerentemente a quanto lui stesso aveva proferito la sera precedente.
*… Capricci da bambina insolente*
Senza garbo alcuno, ripose la bambola ove l’aveva trovata e fu solo in quel momento che intravide una piccola busta rosa. L’espressione irritata che aveva dipinto gli alti zigomi della Serpina lasciò presto il posto alla curiosità: Jacob non si era mai sprecato in parole.
Aprendo con delicatezza la minuscola lettera, quasi intimorita dal contenuto, Emily iniziò a leggerne le parole stampate:

Lanciata nell’agosto del 2012, Lottie è una bambola innovativa, ideale per le bambine…

*Seriamente?*
Vai al diavolo, Jacob!
La porta della camera da letto della giovane Rose si chiuse con un sonoro tonfo mentre l’imprecazione della ragazza si spegneva nei corridoi vuoti.


~ Presente

*Lottie*
La scritta riportata sul bavaglino consunto del giocattolo dal tetro aspetto, ritrovato in quell’orrido parco, costrinse la Caposcuola ad un tuffo nel passato e soltanto quando Arya le posò una mano sulla spalla, chiedendole di seguirla per portare a compimento il suo intelligente piano, Emily sembrò risvegliarsi.


Devo controllare una cosa.

Presa alla sprovvista dal tumulto di domande che le affollavano la mente, non si chiese nemmeno cosa avesse intenzione di fare la compagna o, almeno, dove accidenti volesse dirigersi quella volta.
Si voltò in direzione della Serpe, guardandosi intorno, avvertendo solo in quell’istante e nuovamente i macabri rumori, i cigolii e le folate di vento che popolavano quel luogo.
Le iridi argentee si posarono finalmente sulla concasata in attesa di una risposta:

Ho bisogno di… questa.
Affermò decisa; le dita sfiorarono accidentalmente la gamba di lei per afferrare la mappa piegata e riposta in tasca.
Se hai bisogno, scintille rosse. Io farò lo stesso.
Aggiunse prima di aprire l’importante documento che aveva tra le mani per darvi uno sguardo veloce. Le intenzioni della giovane Rose erano chiare: doveva dirigersi al banco dei giochi e controllare se vi fossero altre bambole come quella riposta pochi istanti prima nella tracolla di pelle nera.
Nel caso in cui ne avesse trovate di simili e, cosa importante, della stessa marca, avrebbe potuto provare che un paio di anni fa quel posto era ancora funzionante, popolato da famiglie felici e persone vive.
Altrimenti, la spiegazione relativa a quel ritrovamento poteva essere una ed una soltanto: qualcun altro aveva fatto visita, volente o nolente, al Morning Child, lasciandosi dietro tracce della propria presenza.
E se così fosse stato, dove si trovava adesso? Era forse riuscita a trovare l’uscita? Oppure era ancora lì? Magari nascosta, seguendo le mosse delle due nuove, povere, malcapitate.
Incamminandosi verso le montagne russe in modo da oltrepassare il Tunnel dell’Amore, Emily si sarebbe diretta verso i banchi dei giochi ai lati dell’Ingresso del Luna Park.
Avere una meta e qualcosa da cui partire, erano un modo per dimenticare che, probabilmente, quel luogo non nascondeva uscita alcuna e se fossero state tanto fortunate da avere una possibilità di salvezza, le risposte ai quesiti che si era appena posta, le avrebbero forse aiutate?




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