Hidden wounds can't be healed., Paul e Arya

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view post Posted on 26/5/2014, 17:52
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~ Avoided the Icy Moon.

I loro corpi vennero assorbiti dal vortice dimensionale, avviluppati in una morsa violenta e opprimente. Fu come avvertire il tocco prepotente della magia che tastava ogni centimetro della sua pelle, soffermandosi inesorabilmente sulle ferite, allargandone a forza i solchi ed esasperando il male che si riversava sul giovane. Un'ispezione bruta, troppo intima, ma necessaria affinché quelle mani invisibili alle quali si erano affidati riuscissero a condurli in un luogo più sicuro.
E quando le loro dita ferree ebbero afferrato i lembi della ferita maledetta, Paul potè udire una protesta gutturale attraversarne i tagli, e la presa farsi improvvisamente più mansueta, divincolandosi da quell'orribile contatto e rilanciandoli, quasi temesse il contagio, nella dura realtà da cui provenivano.

Il suolo sbattè violentemente sui suoi piedi, piantando spilli roventi nella gamba ferita, mentre nuove luci e colori strappavano agli occhi il conforto dell'oscurità. Soffocando a malapena un urlo e accogliendo a bocca aperta i fiotti d'aria fresca che gli spiravano addosso, si abbandonò con brusca rassegnazione alla parete che lo fronteggiava.
Il palmo schiacciato sulla vetrina gelida lo sorresse, placando i bollori del corpo stremato e febbricitante. Soffocato dall'abbraccio che ancora costringeva il suo arto, Paul si voltò di scatto verso la sua compagna, legata a sé dalla stretta che li aveva tratti in salvo. La vista ancora annebbiata, il placido russare della città dormiente che echeggiava nel momentaneo vuoto della sua mente, lo portarono a ricercare quello sguardo per dissipare lo smarrimento che lo attanagliava.
Ma bastò un attimo di esitazione sulle macchie vermiglie che ora riprendevano ad allargarsi sulla manica della ragazza, perché i pensieri tornassero a rincorrersi e scontrarsi sulle pareti della sua testa. Preda dei capogiri, e delle stilettate che continuavano a sottrargli le forze, venne travolto e spinto sull'orlo dell'incoscienza da quelle ondate di assordanti consapevolezze, moniti e proteste.
La mano sconvolta dai tremiti scivolò lentamente sulla parete, la bacchetta premuta debolmente nell'incavo del pollice che rigava il vetro e disegnava linee irregolari sulla condensa opaca, mentre cercava di raggiungere il riquadro inconsistente che dava accesso alla struttura interna. Si trascinava affannosamente tirando a sé la ragazza, sostenendosi a vicenda per non cedere alla sconfitta, prima che sfumasse per sempre la possibilità di controbattere a ciò che la sua mente tentava di imporgli.
Sentiva dietro gli occhi il bruciore di quell'immagine, impressa a fuoco nella sua memoria, che lo aveva perseguitato pochi istanti addietro come una minacciosa promessa. Il riflesso di quei bulbi gialli spifferargli senza pietà una verità che andava occultata, riposta con timore lontano dallo sguardo e dal giudizio altrui.
Il lato di sé che recalcitrava e voleva predominare si faceva emissario di quell'imperativo; e Paul quasi lo assecondò, tentato ed allarmato dal prospettarsi di quelle occhiate indagatrici, dal rischio di esser lì lì per posizionarsi sotto il fascio accecante e fastidioso dei riflettori. Ma il dolore, il disgusto per esser stato violato e contaminato, spingevano nella direzione opposta. Ed ebbero la meglio.
Solo un sussurro permise che pervenisse dall'eco soffocato di quelle urla interiori. Mentre la mano, coadiuvata dalla bacchetta, varcava la soglia magica, penetrando la finta superficie di vetro, gli occhi indeboliti del ragazzo si velarono di un accesso di disperata inquietudine, incrociando quelli della ragazza.
« Resta sul vago... »
Inspirò un'ultima volta, come a voler prepararsi ad un tuffo, un tuffo in acque ostili, e si lasciò cadere con il resto del corpo attraverso l'ingresso rivelato, traendo con sé la compagna in quell'ultimo atto della tragedia.
Le luci dell'atrio gli ferirono gli occhi e lo fecero avanzare di un altro passo verso l'incoscienza; ma non sarebbe stato un problema, ormai avevan rivelato la loro presenza.
Forse, d'altronde, avrebbe preferito trascorrere gli istanti successivi fra gli spettri sibilanti del sonno.



Paul
La gamba destra sanguina copiosamente. Metterti in piedi risulterà difficoltoso, così come fare un qualsiasi movimento con essa ti darà dolorose fitte lungo tutta la gamba
Salute: 102/172
Corpo: 140/155
Mana: 153
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 27/5/2014, 11:35




Aveva chiuso gli occhi, ormai stremata, voleva andar via da quel luogo e si affidò completamente al suo compagno, si strinse a lui, seguendo i suoi movimenti e in un attimo sentì il distacco con la realtà, un distacco per nulla piacevole, una stretta alla stomaco, si sentì come strascinata via, una sensazione già provata e poi più nulla, per un battito di ciglia fu come se non esistesse.
Quando quell’istante svanì, ridandole consistenza, il dolore tornò più acuto di prima, sentì nuovamente il terreno sotto i piedi, questa volta più duro, una lastra di cemento, si sentì instabile, destabilizzata, probabilmente sarebbe caduta a terra in quel momento se non fosse stata così saldamente aggrappata al ragazzo che l’aveva tratta in salvo o forse furono il calore del sangue che nuovamente fuoriusciva dalle sue ferite e quel dolore quasi insopportabile a permetterle di raccogliere le ultime forze per varcare la soglia.
Erano salvi, dovevano solo entrare, lontani quella scogliera che li aveva visti protagonisti di una macabra vicenda, ora potevano finalmente intravvedere la salvezza, al San Mungo li avrebbero curati, sarebbero tornati in perfetta forma, rendendo quell’avventura solo un brutto ricordo.
Un brutto ricordo del quale, però, non si sarebbero mai liberati e non solo per le cicatrici che avrebbero portato per sempre con loro, ma per quella maledizione con la quale dovevano imparare a convivere, contagiati dalla creatura, ne avrebbero condiviso la medesima sorte.
Arrancando, sorreggendosi a vicenda o almeno quello era l’obiettivo, anche se, entrambi ormai privi di forze, si stavano forse semplicemente accasciando insieme, stretti l’un l’altro, come a sancire quel legame che il Fato aveva loro riservato, stavano ormai per varcare la soglia dell’ospedale.
“Resta sul vago...”
Furono le ultime parole che il giovane riuscì a rivolgerle prima di trascinarla dentro con sé, prima di cedere completamente, un consiglio, forse un avvertimento, la sua voce sembrava preoccupata, come se fosse importante che ciò che era realmente accaduto non fosse portato alla conoscenza di tutti.
Annuì senza parlare, non ne aveva più le forze, ma quelle parole confermavano solo i suoi dubbi, non c’era via di scampo, quella malattia che li aveva contagiati non era curabile o non avrebbe avuto senso nasconderla.
Fu in quel momento che, nella mente della ragazzina, scattò qualcosa, tipo un processo di difesa o meglio, di negazione, non le sarebbe stato difficile restare vaga, voleva, lei per prima, fingere che tutto quello non fosse mai accaduto, come se, negando il contagio, la malattia sarebbe svanita da sola.
Erano dentro, non si era nemmeno accorta degli ultimi passi compiuti, ormai, non solo le forze la stavano abbandonando, ma anche la lucidità iniziava a venir meno, non distingueva bene i contorni dell’ospedale, tutto era annebbiato, sentì il corpo di lui farsi più pesante, come se si fosse arreso, ormai sicuro di essere in salvo e non era l’unico, l’adrenalina e l’eccitazione provocate dalla paura e dalla voglia di sopravvivere stavano ormai lasciando il suo corpo, rendendo più reali il dolore e la debolezza di corpo e mente.
Non tenne più salda la presa che la legava al giovane e lentamente si accasciò a terra, chiuse gli occhi, lasciando che i suoni di quel luogo si facessero via via più distanti, fino a scomparire del tutto.



Arya:
Ti gira la testa, le ferite si sono riaperte a causa dello strappo dovuto alla Smaterializzazione e hanno ripreso a sanguinare
PS: 66/111
PC 56/61
PM: 61/61
 
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view post Posted on 28/5/2014, 08:06
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A_STARA_STARA_STARA_STARA_STARA_STAR

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Non era passato molto da quando aveva iniziato a lavorare al San Mungo, occupando il posto di quel pazzo scriteriato dal nome impronunciabile e dall’ufficio impresentabile (in cui si rifiutava di mettere piede più del necessario… sì, ogni tanto doveva passarci ovviamente, ma si rifiutava di alzare gli occhi sulle pareti, limitandosi a tenere gli occhi bassi e fare il suo dovere per poi uscire di lì il più in fretta possibile) ma sembravano essere secoli che stava lì. Da quando era arrivata, c’erano state una marea di cose da sistemare e riorganizzare, reparti disastrati e persone fin troppo simili a Fuco Lindo da far riprendere o da sbattere fuori, nel caso fossero totalmente irrecuperabili. Aveva avuto tempo giusto mezzo secondo di chiedersi se Fuco fosse realmente riuscito ad andare a salutare Camille e fosse realmente partito per l’Uganda per poi risolvere che non poteva saperlo e, a dire il vero, neanche le interessava. L’importante era che fosse sparito a tempo indeterminato. Era riuscita a combinare qualcosa, ma le cose da fare erano ancora tante e, a dirla tutta, si fidava solo di se stessa e di sua madre, lì dentro. Ma in quei giorni sua madre non c’era, per cui doveva tenere tutto sotto controllo personalmente, ancora più del solito. E non era mai stata tanto felice di essere così impegnata ed avere poco tempo da passare seduta dietro una scrivania. In quel preciso momento, si stava dirigendo al piano terra, dove c’era la Stregaccoglienza. La ragazza che si occupava di smistare i malati nei vari piani era un po’ svampita ed era già capitato che mandasse al quarto piano qualcuno che era stato semplicemente punto da qualche insetto o morso da animali strani facendo perdere tempo a loro e diminuendo le possibilità del paziente di turno di ottenere appropriate cure tempestive. Scosse la testa a quei pensieri… che svanirono nel nulla non appena notò accasciati di fronte alla porta due ragazzini… cosa diamine…? Si mosse velocemente, osservando le loro condizioni: la ragazzina era accasciata sopra al ragazzo e aveva una spalla che sanguinava copiosamente. Neanche la gamba di lui era in condizioni migliori. Osservando rapidamente le ferite, era chiaro che qualcosa li aveva morsi… ma cosa? Era un semplice morso? Oppure si trattava di qualche animale velenoso? In base alla risposta, le cure sarebbero certamente cambiate. Ma al momento, non erano in grado di risponderle. Mosse rapidamente la bacchetta, puntandola verso la spalla della ragazzina, quella che sembrava più debole dei due
-Ferula- Si trattava di un palliativo, una volta che avesse ripreso conoscenza e fosse stata in grado di rispondere alle sue domande avrebbe potuto prestarle una cura migliore. Si voltò quindi verso la ragazza della Stregaccoglienza
-Per il momento, questi due ragazzi saranno spostati al primo piano, in seguito si vedrà. Aiutatemi.- concluse, rivolta ad un gruppo di apprendisti che era rimasto fermo lì. Due di loro scattarono come risvegliatisi da un sogno e, con un colpo di bacchetta, li trasferirono su due barelle fluttuanti che poi condussero, con l’ausilio di un semplice “Mobilicorpus”, fino al piano designato. Caroline li seguiva dappresso, chiedendosi cosa avesse potuto causare quello scempio. Sperò che presto i ragazzi riprendessero conoscenza, così da poterlo sapere da loro.
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 28/5/2014, 12:58




Erano riusciti a raggiungere la salvezza, ma non appena varcata la soglia del San Mungo, entrambi, si erano accasciati a terra privi di forze, ora, le loro sorti erano in mano ai medimaghi.
Non sapeva quanto fosse passato, secondi, minuti, ore? Non ne aveva idea, aveva perso i sensi e solo in quel momento si stava lentamente risvegliando dal torpore, i suoni, i rumori dell’ospedale cominciavano a farsi nuovamente più vicini, più chiari e riaprendo gli occhi anche le immagini si facevano via via più nitide.
Si guardò intorno, per quanto le forze le permettessero di fare e, chinando il capo verso sinistra, riuscì a intravvedere le bende che le avvolgevano la spalla, qualcuno doveva averli soccorsi e...spostati, non capiva esattamente dove si trovasse, ma di certo non era più sul freddo pavimento dell’ingresso.
Inconsciamente andò a cercare la figura del ragazzo, l’unico che in quel momento desiderava avere al suo fianco, l’unico che sapeva la verità, presto qualcuno avrebbe loro chiesto cosa fosse accaduto, esclusa la possibilità di dire le cose come stavano realmente, non restava che mentire, omettere e lui sarebbe rimasto l’unico a condividere con lei quel segreto.
Lo vide, steso poco distante da lei, anche lui privo di sensi, sperava stesse bene, cioè, per quanto si potesse stare bene ospiti di un ospedale, cercò di muovere il braccio, come nel tentativo di raggiungerlo per svegliarlo, ma non ne fu in grado, ancora troppo debole per quel movimento.
Tornò a guardare il soffitto, chiudendo per un attimo gli occhi, nella speranza che, riaprendoli, si rivelasse tutto un brutto sogno, ma quando li riaprì, era ancora stesa nello stesso posto, non era stato un incubo, era reale e il ricordo di quel morso le causò quasi più dolore della ferita stessa.
Ricacciò indietro quel pensiero e con lui le lacrime, non era successo, erano stati attaccati da un lupo, un semplice lupo, nulla di magico, nulla di maledetto, solo un lupo, questa era la verità, questo era ciò che continuava a ripetersi, questa era la versione ufficiale che avrebbe dato, forse senza nemmeno specificare che si trattava di un lupo, sarebbe rimasta più vaga, un animale, avrebbe detto solo quello.
Fu solo in quel momento, quando cercò di riprendere il controllo dei suoi pensieri, che si accorse che non erano soli, c’era qualcun altro con loro, cercò di metterne a fuoco il viso, aveva così intensamente fissato le luci della stanza mentre era in sovrappensiero che quell’impresa le richiese qualche istante in più.
Inizialmente pensò di avere le allucinazioni, le sembrava di riconoscere Caroline Dalton, ma forse era ancora troppo confusa e i volti di persone conosciute sostituivano quelli di perfetti estranei, sbattè le palpebre un paio di volte, così da eliminare quell’illusione per lasciare spazio alla realtà, ma anche in seguito il viso restava immutato.
Che fosse seriamente lei? In realtà poteva essere, ricordava che le aveva detto di voler lavorare al San Mungo, ma lo ricordava vagamente, nella sua testa era ancora tutto troppo confuso e non riusciva a concentrarsi su qualcosa in particolare, non riusciva a ricordare se effettivamente avesse ottenuto il posto, quindi, per quanto ne sapeva, poteva semplicemente essere una visione troppo reale.


-Come sta?-

Quella domanda fu quasi un sussurro, ma non riuscì a trattenerla, sapeva come si sentiva lei, in realtà non aveva idea di quanto potessero essere gravi le sue condizioni, ma era sveglia, riusciva a pensare e a parlare, più o meno, quindi il suo pensiero era rivolto al compagno, voleva sapere se stava bene e se si sarebbe ripreso.

 
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view post Posted on 28/5/2014, 18:54
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Quasi avessero ascoltato la sua tacita richiesta, attendendo il crollo della resistenza che prima vi aveva opposto, le ombre dell'incoscienza gli si strinsero addosso, bendandogli gli occhi e avvinghiando i pensieri nella loro vischiosa ragnatela.
L'ultima sensazione che riuscì ad attraversarlo, prima che la lucidità evaporasse del tutto, fu il vuoto della caduta. La stretta della ragazza attorno alla sua spalla, mentre le ultime ondate di adrenalina si ritraevano indebolendo le loro forze, e insieme sprofondavano in un abisso senza base.
Attraverso il sipario oscuro che lo separava dalla veglia, intravide soltanto qualche guizzo di luce e sagome nebbiose, mentre il suo corpo ondeggiava fra i remoti sussurri che si rifrangevano sulle pareti del suo inconscio, troppo distanti per esser colti. Dov'eran finite l'impellenza, la reticenza ad abbandonarsi in quel posto? Dispersi nelle placide acque dell'assopimento, quei fastidiosi bisogni si eran forse quietati, repressi dal prevalere del buonsenso. Si lasciò confortare da quella convinzione, troppo comoda perché valutasse se fosse il caso di metterla in dubbio. Soltanto più tardi, quando si fosse risvegliato e la debolezza non fosse più giunta a reprimere le sensazioni moleste, avrebbe smascherato l'illusione. Avrebbe rilevato ancora una volta il rimbombo - mai soggetto a cedimenti - di tali urla interiori. Ora non poteva accorgersi che, pur confinate, esse agivano ugualmente sul suo inconscio, e che persino il suo corpo, rivelando quella sorta di sinistra inquietudine, segnalava la sua volontà di evadere.
Le dita della mano sinistra, guidate da simile istinto, avevano scavato sinuose nella tasca dei pantaloni, ghermendo con silenziosa determinazione il cristallo runico rimasto inviolato dagli orrori della vicenda. Come se il Gelo di cui recava il simbolo potesse ridonare vigore alla sua corazza intaccata, ed in esso trovasse riparo dall'ormai inevitabile intromissione di sguardi estranei.

Trascorsero diversi minuti - non seppe bene quanti - prima che un'ondata di brividi lo strattonasse definitivamente fuori dalla dormi-veglia. L'immediata reazione che seguì al suo risveglio, prima ancora che le palpebre si divincolassero dalla stretta che le cuciva assieme, fu quella di liberarsi dalla morsa gelida che lo paralizzava. Accecato da quel doloroso bisogno, con uno scatto improvviso scaraventò di lato il frammento di ghiaccio. I colpi secchi sul lastricato gli urtarono i timpani come un campanello d'allarme, districando i sensi dal torpore e iniettandogli la dose di spavento necessaria a fargli riaprire gli occhi.
Dischiudendo lievemente le palpebre, attese che tutto quel chiarore asettico smettesse di oltraggiargli la vista. L'agitazione si placò gradualmente, mentre il sordo bruciore delle ferite tornava a sovrapporsi al freddo dispersosi lungo il braccio, e solo allora, riacquisita la sensibilità, venne travolto dalla consapevolezza. L'inquietudine che minacciò di invadergli il petto non fu più una semplice reazione ad un improvviso e brusco agente esterno; crebbe, contornata dal disagio, mentre silenziosamente voltava la testa verso il resto della stanza. Gli occhi si posarono sul corpo disteso della ragazza, e saettarono poi fulminei sulla sagoma che si stagliava nitida davanti all'ingresso. La figura femminile che li osservava rimase inizialmente irriconosciuta agli occhi del ragazzo, ancora troppo confuso per orientare compiutamente pensieri e memoria; ma ugualmente - e a maggior ragione -, egli venne ridotto al silenzio dal rinascente istinto di auto-preservazione che, minaccioso, cominciava ad affilare i suoi artigli di ghiaccio.
 
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view post Posted on 30/5/2014, 00:04
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A_STARA_STARA_STARA_STARA_STARA_STAR

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I secondi passarono rapidi, mentre i due ragazzi venivano sollevati e trasportati al primo piano con la magia. Una volta che entrambi furono collocati ognuno su un lettino, Caroline li osservò attentamente: era intervenuta subito sulla ragazzina, essendo la più piccola e quella più a portata di bacchetta, ma neanche le condizioni del ragazzo erano ottimali. La perdita di sangue nella giovane era momentaneamente arrestata, per cui stabilì di concentrarsi, ora sull’altro ragazzo. A una prima occhiata non sembrava aver riportato altre ferite oltre quella alla gamba e quello era di certo un fatto positivo. Si prese un altro istante soltanto per essere sicura di ciò che avrebbe fatto, quindi si avvicinò al ragazzo posizionandosi al livello della gamba. La ferita doveva essere disinfettata, pulita, purificata se era avvelenata. Ma come diavolo avrebbe potuto fare ad accertare quell’ultimo particolare? Poteva fare un prelievo, ma ci sarebbe voluto troppo tempo e non poteva permettere che quel ragazzo continuasse a perdere sangue. Che poi, guardandolo meglio, ora che gli era più vicina e che si era necessariamente dovuta prendere tempo per fare le valutazioni del caso, le sembrava di conoscerlo, ma al momento le era difficile ricollegarlo ad un nome. Una voce la riscosse dalle sue elucubrazioni, una voce femminile molto flebile, proveniente dalla sua destra che poneva una semplicissima domanda. Si voltò incontrando gli occhi della ragazza che si era svegliata e in quel momento il suo cervello iniziò a collegare: lei conosceva fin troppo bene quella ragazzina la vedeva molto spesso anche in occasioni che mai si sarebbe aspettata. Quella era l’ultima di una lunga serie
-Arya? Non ti avevo riconosciuta. Come ti senti? Ti fa male la testa o da qualche altra parte?- Volse per un momento le spalle all’altro ragazzo, concentrandosi sulla giovane che le aveva posto una domanda precisa. E la risposta richiedeva che tornasse a pensare all’altro ragazzo, quanto prima.
-Male, avete entrambi perso molto sangue, anche se ero più preoccupata per te. Ora fascerò temporaneamente anche lui, per arrestare l’emorragia ma non ho potuto fare altro, finora- Tornò quindi a voltarsi verso l’altro ragazzo, stabilendo di pulire la ferita prima ancora di fare qualsiasi altra cosa: di certo, non avrebbe potuto fare chissà quali danni e nel frattempo avrebbe avuto modo di scoprirne di più. Puntò quindi la bacchetta verso la gamba del giovane tracciando una X sopra la ferita e sussurrando la formula dell’incanto a cui aveva deciso di ricorrere
-Mundovùlnus- Quindi, si voltò verso la ragazzina: non poteva proseguire nella cura, se prima non ricava altre informazioni, non poteva rischiare di metterli in pericolo. Si mosse, quindi avvicinandosi al letto della giovane e tentando di assumere l’espressione più rassicurante di cui era capace
-Ascoltami Arya, ti ricordi cos’è successo? È evidente che qualche animale vi abbia morso ma… ho bisogno di altre informazioni: approssimativamente, da quanto siete stati morsi? E soprattutto da che cosa?- Si fermò: la ragazzina era ancora debole e mai l’avrebbe voluta affaticare in quel modo, ma non aveva scelta: l’unica cosa che poteva concederle erano pochi attimi per assimilare le sue parole
-Devo capire chi ha fatto questo per sapere come curarvi. Se era qualche animale velenoso, il suo veleno potrebbe essere in circolo nel vostro corpo da chissà quanto. E non tutti i veleni hanno effetti immediati. Nel caso non lo fosse, invece, dovreste avere altri tipi di cure.- Tornò silenziosa, in attesa che la ragazzina comprendesse ciò che aveva detto. E sperò che fosse sufficientemente lucida da collaborare.
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 3/6/2014, 00:36




Mentre poneva quell’unica e semplice domanda, come una risposta involontaria, come suggellando quel legame che fin lì li aveva uniti, sentì un rumore, qualcosa che, scivolando sul pavimento, producendo quel lieve suono, le diceva che il suo compagno era nuovamente vigile, era sveglio e cercava di attirare l’attenzione anche se ancora privo di forze, ma nuovamente, quelle potevano essere solo sue fantasie, nello stato in cui si trovava, non avrebbe distinto facilmente la realtà dal sogno, magari, quel rumore, era solo nella sua testa.
Ma la sua voce aveva attirato l’attenzione della donna che vegliava su di solo e quando si voltò poté confermare che la sua visione era decisamente troppo nitida e reale per essere frutto della sua fantasia, a mettere fine a ogni dubbio, le parole di Caroline, l’aveva riconosciuta, non c’erano più dubbi.
Come in un vortice fu risucchiata dalle domande, la preoccupazione della donna era evidente, senza troppi giri di parole le aveva chiaramente detto che le condizioni del ragazzo non erano delle migliori, anzi, forse nemmeno le sue, ma tutte quelle parole, pronunciate così velocemente, le si confondevano in testa e per metterle in ordine le ci volle un po’, quando fu nuovamente in grado di parlare, però, Caroline era già a lavoro per curare il ragazzo.
Attese, non voleva distrarla, non sapeva nemmeno se la sua voce sarebbe arrivata fino a lei in quel momento, così, aspettò che si voltasse prima di rispondere con calma.


-Io...Miss Dalton è lei? Io...credo...non lo so, mi sento stanca, ho provato a muovere il braccio, ma non ce la faccio, la spalla, mi fa male-

Una smorfia di dolore, mentre tentava nuovamente di raccogliere le forze per sollevare l’arto, sapeva di averlo ancora attaccato al resto del corpo, ma doveva sincerarsene.
Furono le parole di lei ed il tono apparentemente e improvvisamente calmo, a riportarla alla realtà, il momento delle domande era arrivato, non doveva tradirsi, non poteva permettersi di sbagliare, doveva raccogliere le energie e concentrarsi.


-Io...non ricordo bene, non ricordo tutto, ero...ero tornata all’orfanotrofio, sulla scogliera, ho incontrato quel ragazzo e poi...e poi qualcosa ci ha attaccati- aveva quasi le lacrime agli occhi, un po’ per il dolore, un po’ perchè tentava di negare a se stessa la verità, la voce strozzata, ma doveva continuare -Un cane...credo, forse un randagio, non lo so- fece una piccola pausa, che ore erano? Non aveva idea di quanto fosse passato -Da quanto siamo qui? Caroline è tutto confuso, so che ci ha attaccato, abbiamo tentato di difenderci e ci siamo smaterializzati qui-

Quella parte era vera, la confusione, la rapidità con cui tutto era avvenuto, la perdita della cognizione del tempo, non poteva essere più precisa, almeno non subito, non in quel momento.

-Velenoso? No...non credo...cioè...doveva essere un randagio-

La voce le mancò leggermente pronunciando quell’ultima parola, si sentiva debole e anche parlare le richiedeva uno sforzo immenso, se ci aggiungiamo che doveva mentire, il tutto si raddoppiava, ma il licantropo non era da considerarsi velenoso, o meglio, lo era, ma per quello non avrebbe potuto fare nulla, quindi dirglielo non sarebbe stato di nessuna utilità.
Socchiuse gli occhi, tentando di recuperare le poche forze di cui disponeva


-Puoi curarci?-

La domanda era decisamente ridicola, si trovavano in un ospedale, era ovvio che potessero curarli, ma in quel momento avere delle certezze era l’unica cosa che le interessava.

 
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view post Posted on 17/6/2014, 00:33
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Perdonate il mostruoso ritardo

Avrebbe dovuto compilare due cartelle nuove con i dati dei due ragazzi, trascrivendo il tipo di danno che avevano riportato e come fosse stato curato. E avrebbe dovuto avvisare le loro famiglie, quantomeno quella di Arya. Se si erano smaterializzati, evidentemente, l’altro ragazzo aveva l’autorizzazione, ma lei sicuramente era ancora troppo piccola. Avrebbe dovuto avvisare i suoi familiari. Ma prima ancora di pensare a questo, avrebbe dovuto curarli al meglio. Ma non avrebbe potuto farlo, se non aveva informazioni decenti. Per fortuna, Arya sembrò riprendersi abbastanza da rispondere alle sue domande. All’inizio confusa, in seguito la ragazzina riuscì a darle un quadro sufficientemente chiaro della situazione anche se… un cane? Sollevò un sopracciglio, perplessa: doveva essere un cane davvero enorme se poteva fare simili danni. Eppure, dalla sua esperienza, sapeva che simili cani potevano esistere, aveva studiato che, seppur rari, erano piuttosto grandi e quando attaccavano facevano dei gravi danni. Ma Arya aveva ragione, non erano velenosi. E se anche si fosse trattato di un altro canide non lo sarebbe stato. Sperò che la memoria della ragazzina fosse buona, da ciò che le avrebbe detto dipendeva tutto ciò che poteva fare. Non era ancora così esperta da riuscire a distinguere il morso di una bestia da quello di un’altra e doveva fidarsi di ciò che le veniva detto. E doveva muoversi a curarli: c’era solo lei, lì e non aveva tempo da perdere. Annuì alla domanda di Arya.
-Sì. Certo che posso, ora fai un respiro profondo e stai tranquilla, farò tutto quanto mi è possibile. Bendo la sua ferita e poi torno a dedicarmi a te-. Tornò quindi a voltarsi verso il ragazzo, osservando la ferita che aveva pulito appena pochi istanti prima: pulirla era soltanto il primo passo per guarirla. Avrebbe potuto farla sparire nel giro di poco, ma non era ciò di cui avevano bisogno i due ragazzi, decise: Arya sembrava piuttosto confusa, l’altro ragazzo non aveva ancora detto una parola. Qualsiasi cosa fosse successa non aveva intenzione di liquidarli utilizzando incantesimi potenti per dimetterli il prima possibile. Avrebbe concesso loro di rirpendere le forze lì, era il minimo. Presa questa risoluzione, mosse la bacchetta in modo da disegnare un semicerchio, mentre le sue labbra sussurravano:
-Medèor Vulneràtio- quindi la bacchetta si mosse nuovamente, facendo attenzione a non toccare la ferita ma dando un colpetto nella sua direzione. Lentamente, i tessuti iniziarono a rimarginarsi. Il giovane avrebbe avvertito dolore per tutto il processo, purtroppo, quel cerebroleso del suo predecessore non amava utilizzare anestetici e al momento lei non ne aveva a disposizione, ma avrebbe dovuto fare in modo di procurarsene. Magari avrebbe potuto farsi rifornire di qualche pozione decente da Camille… ma quello non era il momento per pensarci, aveva cose più urgenti di cui occuparsi. Dopo aver avvolto la ferita del ragazzo in una fasciatura, per agevolare il processo di cicatrizzazione, tornò a rivolgersi verso Arya sospirando:
-D’accordo ragazzina, ora, finché do un’occhiata alla tua ferita, finiamo la chiacchierata. Devo necessariamente scrivere ai tuoi genitori, non posso dimetterti, altrimenti, neanche quando starai bene. Puoi dirmi i loro nomi?- Quell’informazione poteva esserle utile anche per scoprire altro sul quadro clinico di Arya: malattie pregresse, possibili allergie e quant’altro. Più riusciva ad evitare di usare la magia per quelle informazioni, meglio sarebbe stato, gli incantesimi debilitavano sempre un po’ sia lei che li eseguiva, sia chi li subiva.
 
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view post Posted on 4/7/2014, 11:49
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La tensione continuò a permeare l'aria mentre la scena si svolgeva, davanti ai suoi occhi, con una superficialità tale da relegarlo a mero spettatore.
Stette ad osservare i movimenti della strega, ad analizzare ogni parola proferita, lottando ogni istante contro il doloroso slancio che prendeva il suo cuore al minimo sentore di pericolo.
Disteso sul lettino, nel suo torbido riposo, era in realtà immobile ma vigile, e come un riccio sentiva che da un momento all'altro, qualora la minaccia avesse raggiunto un certo livello di rischio, i suoi aculei sarebbero finalmente spuntati e nulla avrebbe più potuto dissimulare la sua presenza.
E come a voler affrettare quell'eventualità, la ragazza prese posto al suo capezzale, scrutandolo con occhio critico e denotando evidentemente la sua appartenenza a quel luogo. Ma quello sguardo, lo stesso che aveva immaginato varcata di malavoglia la soglia dell'edificio, carico del medesimo dubbio, disappunto che aveva predetto e disgustato, si stava posando sulle sue ferite controverse, scandagliando indisturbato in cerca di una verità. La sola sensazione di freschezza genuina che gli fluì attraverso la gamba ferita, ad un gesto imprevisto della guaritrice, fu in grado di troncare lo sguardo aggressivo e certamente traditore che, silenzioso e stanco il corpo, l'istinto avrebbe indotto in risposta a quelle silenziose provocazioni.
Nonostante l'atmosfera carica d'attrito avesse definitivamente bruciato l'ovatta che sminuiva i suoi sensi, gli risultava tremendamente difficile formulare delle reazioni a quel che accadde nei minuti successivi. Le frasi, i movimenti gli giungevano concisi ed inconfondibili, ma prima che potesse interiorizzarli e porsi delle domande, se ne aggiungevano altri, e presto si scoprì a galleggiare inerme in quel fiume di constatazioni, mentre l'urgenza generale contribuiva a fargli pesare quella condizione.
Nella confusione più totale, sentì che le uniche parole a superare la barriera delle percezioni furono due nomi. Giunsero come in risposta a dei quesiti inespressi che avevano bussato inuditi sulle pareti del suo inconscio, e forse per questo riuscì a trarne qualche consapevole riflessione.
Aggrappato a quel debole successo, non si accorse in tempo - e forse fu un bene - del rinnovato interesse della donna nei suoi confronti... Fu un gemito infastidito, esalato dalle sue stesse labbra, a riscuoterlo e renderlo sensibile al dolore acuto e persistente che gli percorreva la gamba. Gli occhi si posarono sul bianco della fasciatura, oltre la quale la ferita si richiudeva, in un'illusione di guarigione, sigillando per sempre la maledizione nella sua carne. Rifuggì anche quella visione, il bruciore diffuso ora in tutto il corpo rendeva più densa l'elettricità che caricava ogni scena tradotta in urgenza dai suoi sensi esaltati. Un'ultima frase risuonò nitida mentre dirigeva lo sguardo sul letto accanto al suo; fu proprio quell'attimo, inaspettato ed irruente, a spingerlo al culmine della sopportazione.

« Arya era con me, l'ho accompagnata personalmente sull'isola... E posso garantire per lei. »
Proferite con la stessa sicurezza di una risposta ben congegnata, le parole vennero scandite senza tentennare come se realmente fossero state ponderate da tempo dal suo cervello, mettendo insieme le informazioni che aveva recepito e assimilato seppur inconsapevolmente.
Era stata l'ansia, il rischio di una rivelazione a trasformare il pensiero in suono, smorzato semplicemente dal sincero esaurimento che attanagliava il suo corpo dolorante. Ed ora che aveva dato sfogo a quella trepidazione, sentiva finalmente sue le consatazioni prodotte precedentemente, reale la sua presenza ed incidenza in quella stanza.
Si trovava al San Mungo, sotto gli occhi di Caroline Dalton... E lui ed Arya dovevano andarsene, in fretta.
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 5/7/2014, 01:24




Sollevata...si sentiva leggermente sollevata, Caroline non sembrava particolarmente preoccupata, poteva rimetterli in piedi senza troppi problemi evidentemente, ma a rendere più serena la ragazzina c’era anche il fatto che la sua narrazione dei fatti sembrava risultare credibile, alla donna sembrarono bastare le poche informazioni che Arya ricordava.
Il gemito di dolore del ragazzo non fu per nulla rassicurante, possibile non ci fosse un modo meno doloroso? Evidentemente no, tra le tante cose che potevano dirsi di Caroline, non avrebbe aggiunto il “sadica”, sperava solo di sopportare il dolore quando fosse stato il suo turno, anche se le riusciva difficile immaginare qualcosa peggiore di ciò che aveva provato quando il licantropo l’aveva azzannata.
Ed ecco il secondo round, come promesso, la donna era tornata a rivolgersi a lei, se le avesse chiesto maggiori delucidazioni si sarebbe probabilmente trovata in difficoltà e avrebbe continuato sulla linea del “non ricordo”, ma fortunatamente non sembrava interessata ad approfondire l’accaduto.
Quando le rivolse la nuova domanda Arya rimase per qualche istante interdetta, questa volta il vuoto mentale era reale, per un attimo si ritrovò smarrita, come se non avesse una risposta.


-I...i miei genitori?-

Ripetendoselo ad alta voce riuscì finalmente a uscire da quel momentaneo stato di confusione, era ovvio, non poteva sperare di entrare e uscire senza che qualcuno le domandasse chi dovessero avvisare, forse, per un attimo, sperò di riuscire a passarla liscia, ma Caroline non sembrava particolarmente propensa a chiudere un occhio.
Fu in quel momento, mentre ancora cercava di mettere in fila le parole, che il ragazzo s’intromise nella conversazione, il sentire la sua voce la rincuorò, per quanto la Dalton le avesse assicurato che sarebbe riuscita a curarli, il sentirlo parlare era la conferma che stava bene, cioè, per quanto si potesse star bene con una gamba lacerata.
Ciò che però disse, probabilmente, non l’avrebbe salvata dal fare comunque quei nomi, sapeva un po’ come funzionava negli ospedali babbani e lì non ci sono santi che tengano, se sei minorenne chiamano i genitori o chi per loro, se anche lì era uguale, il fatto che il giovane garantisse per lei non sarebbe bastato, senza contare che, qualche minuto prima, aveva asserito di averlo incontrato sulla scogliera, quella discordanza poteva destare dei sospetti.
Osservò con fare perplesso il volto di Caroline, nella speranza di intravvedere qualche segno che potesse lasciarle intendere che quello era sufficiente, ma forse sarebbe stato il caso di aggiungere qualcosa, rifiutarsi di darle quelle informazioni poteva destare ulteriori sospetti e non era il caso di dar vita a nuovi dubbi.


-Tranquillo, non serve che mi copri- disse rivolta al giovane, poi tornò a parlare con Caroline -In realtà ci siamo incontrati per caso- sorrise -Credo si stia preoccupando che io non passi altri guai dato che mi trovavo così distante da scuola da sola, ma non è necessario- riprese fiato prima di continuare, era ancora un po’ debole -Trhesy Torre, è...è lei che devi avvisare, studia a Hogwarts, Tassorosso, è mia cugina, nonché mia tutrice legale- non aveva le forze per dare ulteriori spiegazioni, spiegare che i suoi erano morti anni prima, l’orfanotrofio, la scoperta della cugina, era troppo per il momento, sperava bastasse -Caroline- pronunciò il nome della donna con un tono che preannunciava la richiesta di un favore -Puoi dirle che sto bene?- si era ripromessa di non crearle problemi e di non darle troppi pensieri, una lettera dall’ospedale non era proprio conforme ai suoi propositi -Sapeva che mi trovavo a Hoy e forse si aspettava di vedermi già di ritorno a scuola, non vorrei si preoccupasse troppo-

 
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view post Posted on 5/7/2014, 03:20
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A_STARA_STARA_STARA_STARA_STARA_STAR

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Il ragazzo, per il momento, era sistemato, decise. Il resto doveva farlo il suo organismo, cercando di riprendersi dal trauma subito. Inoltre lui era robusto, aveva una capacità di recupero maggiore rispetto ad una ragazzina come Arya. Doveva riposare e riprendere le forze, nel frattempo lei sarebbe tornata a dedicarsi alla giovane serpina, sperando anche di ottenere una risposta alle sue domande. E mentre, molto lentamente, rimuoveva la fasciatura che le aveva fatto in precedenza, la ottenne davvero. Ma non da lei. Il giovane, che fino a quel momento non aveva riconosciuto, parlò, dandole la possibilità di ricollegarlo ad una sua conoscenza: Grindelback. Non era brava con i volti delle persone, ma era sempre stata molto capace nel riconoscerli dalla voce. La stupì udire quelle parole: Grindelback, che era stato in dormiveglia per tutto quel tempo, era non soltanto riuscito a comprendere ciò he aveva detto ad Arya, ma anche a parlare a voce abbastanza alta da garantire per lei. Ma garantire… cosa? Arya era minorenne, qualsiasi garanzia avesse potuto dare lui, lei aveva bisogno del consenso dei genitori per dimetterla. E lui, di certo, non poteva essere suo padre. Che fossero parenti? Stava per chiedergli a che titolo garantisse, quando la voce di Arya le giunse alle orecchie: parlava di una tutrice legale, non di una madre. Cosa le era successo? Qual era il suo passato? Perché aveva dovuto essere affidata ad una cugina? Domande, domande, domande a cui difficilmente avrebbe avuto risposta. Ma quelle domande cessarono di avere importanza una volta udito il nome della ragazza: Trhesy Torre, Tassorosso, Hogwarts. Conosceva solo una ragazza maggiorenne che corrispondeva a quella descrizione
-La conosco. Lavora anche lei alla Gazzetta con noi, ricordi? La informerò il prima possibile. Ora vediamo di sistemare questa ferita.- Mentre parlava, le mani si muovevano, staccando delicatamente la benda che aveva avvolto intorno al braccio della ragazzina
-Resta ferma. Mi dispiace non avere con me pozioni anestetiche, ma sono arrivata da poco e non ho avuto molto tempo per procurarmene- E parlava, parlava a caso, nel tentativo di distrarre la ragazzina da quello che stava facendo. Una volta che la benda fu del tutto rimossa, osservò attentamente la ferita, quindi puntò la bacchetta contro il braccio della ragazzina
-Stringi i denti, ora, ti farà un po’ male- Contemporaneamente a quelle parole il suo polso destro ruotò in senso orario e la bacchetta colpì in direzione della ferita, senza toccarla
-Artum Emendo- E mentre l’incantesimo faceva effetto, Caroline si sollevò, guardando la ragazza negli occhi.
-Io mi assento un attimo, scrivo un biglietto a tua cugina per chiederle di venire qui e tranquillizzarla come mi hai chiesto. Voi restate qui e riposate, gli incantesimi devono fare effetto o le ferite rischiano di non sanarsi bene.- Si allontanò tranquilla: poteva andare nel suo ufficio, non potevano smaterializzarsi in quelle condizioni. Tuttavia erano abbastanza stabili da poterli lasciare soli per qualche istante. Il tempo di raggiungere il suo ufficio e mandare un biglietto a Trhesy.
 
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view post Posted on 26/7/2014, 15:39
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Fu rapido il passaggio da quella sensazione di rinnovata sicurezza, di riacquistato controllo di sé e delle redini della situazione, ad un rinascente sentore di pericolo ed esitazione. Così immediato che si ritrovò, interdetto, a fissare il suo sguardo impassibile sulla fonte di quel cambiamento, mentre gli riecheggiava in testa il vibrare di una corda spezzata. Fu quando credette che ormai non ci fossero più funi di credibilità a tenere in piedi la loro storia, che dalle parole della ragazza giunse qualcosa alla quale la sua mente reagì prontamente, con meravigliata astuzia.
Improvvisamente seppe che altre deboli giustificazioni non sarebbero state necessarie, e che se anche esse fossero crollate, sarebbero atterrati su una base di solida certezza.
Attese paziente che lo scambio di rassicurazioni fra le due terminasse e, non appena Ms. Dalton si fu lasciata la stanza alle spalle, inspirò un po' di quell'elettricità che le parole avevano rilasciato nell'aria.
Dimentico del dolore, al di sopra della stanchezza che anzi rendeva il tutto più reale e tangibile, allungò un braccio verso il comodino solitario alla sua sinistra e richiuse il pugno attorno alla bacchetta, accogliendo l'ondata di sollievo prorotta meccanicamente da quel gesto abitudinario. Proprio a quel crescendo di sicurezza e allo slancio derivante da quanto aveva udito poco prima è da attribuirsi la serie di gesti che compié subito dopo: il
*Muffliato* diretto fugacemente contro la porta, lo sforzo di mettersi seduto sulle lenzuola e, soprattutto, l'urgenza nello sguardo che rivolse ad Arya.
Ristabilire un contatto visivo con quegli occhi d'un tratto familiari ebbe effetto sui sentimenti angosciosi come l'aprirsi di un rubinetto. Attraverso quel sottile filamento, destinato oramai a rafforzare e render più complessa e articolata la sua trama, essi fluirono e si riversarono senza sosta travolgendo l'obiettivo. Un gesto brutale, del quale non poté tra l'altro evitare il contraccolpo; ma per una volta la ragionevolezza rimase alta al di sopra del dolore, e gli permise di esser consapevole della necessità di quel contatto.

« Conosco Trhesy, siamo compagni di casata... Faremo in modo che l'accaduto non desti troppi sospetti. »
Inciampò su quelle parole dando sfogo alla fiducia che aveva recuperato da quella fortuita intuizione, ma non impiegò molto a rendersi conto di esser stato brusco. Immobile, col mento sollevato e la bocca socchiusa, abbassò lo sguardo sulle dita della mano, confuse col bianco del tessuto che stavano torcendo convulsamente. Per contro a tanta determinazione ed impellenza, un'improvvisa supposizione transitò in un angolo della sua mente. E se la ragazza non avesse condiviso il suo desiderio di mantenere nascosta quella verità? Se per lei non sussistesse alcun pericolo? *Se non capisse?*
Per quanto tentasse di soffocare quei pensieri, di dare priorità a ciò che realmente la meritava, l'imprevisto si ripeteva, le ipotesi insistevano, in quel che Paul capì essere uno slancio di comprensione ed empatia verso la ragazza stessa. Il timore egoistico e la ferocia con cui si era appellato alla segretezza avevano prevaricato l'apprensione per la situazione in sé. Ed era stata una reazione ragionata, paradossalmente, dalla sua psiche per renderne scontata, forse meno impegnativa, l'accettazione. Ma adesso tanta insofferenza si scontrava con il tormento di quegli occhi, con il mare in tempesta che aveva deciso di navigare, e non più di aggirare sul ciglio del suo invalicabile iceberg.
Si morse il labbro inferiore, rivolgendo nuovamente il volto teso alla ragazza, gli occhi sbarrati come in risposta ad una grave consapevolezza.

« È l'unico modo... Puoi fidarti di me. »
Con l'eco di una tale bestemmia penetratagli nel profondo, deglutì a forza quella strana sensazione che sentiva inerpicarglisi su per la gola. Il suo stesso corpo ne era turbato, stranito, ma non poteva più farne a meno... avrebbe mantenuto fede a quella promessa.
 
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Arya Von Eis
view post Posted on 29/7/2014, 00:50




Fortunatamente non ci furono domande, nessuna necessità di dare ulteriori spiegazioni, era bastato, nuovamente, quel poco che aveva detto, a favorirla, probabilmente, il fatto che Caroline conoscesse Trhesy.
I minuti successivi non furono tra i più piacevoli, la benda che le avvolgeva la spalla e che, inizialmente, servì a limitare i danni, doveva essere ora rimossa, operazione che richiese solo qualche attimo ma, malgrado la delicatezza impiegata dalla donna, il tessuto che, in alcuni punti, aveva aderito alla ferita, ora sembrava restio a volersi staccare, provocando alla ragazzina un leggero fastidio, solo un fastidio, nulla di realmente paragonabile a ciò che aveva sentito quella sera.
Sospirando, quasi sollevata quando quell’operazione finì, non ebbe però il tempo di rilassarsi troppo che Caroline già si stava scusando per il dolore che avrebbe provato a seguito del successivo incanto.
Strinse i denti, socchiudendo gli occhi, reazione forse esagerata, il dolore si rivelò, in realtà, più sopportabile di quanto pensasse, incrociò lo sguardo della donna che pareva aver finito, si stava congedando, non poteva fare altro al momento, dovevano solo attendere.


-Grazie-

Fu l’unica cosa che riuscì a dirle, era esausta e ora che il peggio sembrava passato nulla la distraeva dal prendere coscienza di ciò che era accaduto, non erano stati aggrediti da un cane *Magari* la creatura incontrata sulla scogliera li aveva contaminati e presto sarebbero stati come lei, non avevano via di scampo.
Chissà cosa sarebbe accaduto se avesse detto a Caroline cosa li aveva realmente aggrediti, non lo sapeva, in realtà non sapeva nemmeno il motivo esatto che l’aveva spinta a mentire, era stata una reazione spontanea, non voleva si sapesse, non sapeva cosa sarebbe accaduto, non sapeva come doveva comportarsi ma non voleva che altri decidessero per lei, era una cosa sua.
Fu in quel momento che sentì gli occhi del giovane su di lei, si era sollevato, mettendosi a sedere e il suo sguardo sembrava condividere con lei la medesima angoscia.
Erano stati in due fin dall’inizio, aveva affrontato il licantropo insieme, si erano protetti, erano stati feriti entrambi, erano scappati insieme e ora, in quella stanza, in quel momento, tutto poteva avere fine, potevano dividersi.
Se l’era chiesto, si era domandata se il ragazzo, una volta in salvo, sarebbe semplicemente tornato alla sua vita o se avrebbero affrontato la cosa insieme e adesso, quella verità si faceva più vicina, non era convinta di voler conoscere la risposta.
Non lo conosceva, non sapeva nemmeno il suo nome, non era nessuno per lei eppure quell’esperienza l’aveva così avvicinata a lui che l’idea di ritrovarsi sola ad affrontare il resto le pareva terribile, aveva avuto bisogno di lui e ne aveva ancora, non lo avrebbe mai ammesso, non gliel’avrebbe mai detto, ma lo sapeva.
Le sue parole suonarono brusche, come se quella fosse l’unica opzione, come se lei non avesse nemmeno la possibilità di ribattere, le cose dovevano essere così.
In realtà non aveva la minima intenzione di opporsi, non voleva che la cosa trapelasse almeno quanto il ragazzo, a lei stava più che bene non destare sospetti.
Stava già per rispondergli, per rassicurarlo che poteva contare sulla sua riservatezza quando notò che aveva abbassato lo sguardo, non capiva cosa gli passasse per la mente, forse non era convinto di ciò che stava dicendo? Forse lo aveva detto solo per tranquillizzare lei, ma quell’istante non durò a lungo e subito lui riprese la parola.
“Puoi fidarti di me”
Sarebbe rimasto, quella era la risposta, sarebbero stati in due ad affrontare quella situazione, era sincero, poteva notare che il pronunciare quelle parole gli era costato molto e forse proprio quello sforzo, le rendeva così vere.


-Mi hai salvato la vita, non potrei non fidarmi- gli sorrise per tranquillizzarlo -Faremo in modo che l'accaduto non desti troppi sospetti- ripeté le sue parole per confermargli la sua intenzione a non divulgare ai quattro venti ciò che era successo -Ma...cosa succederà? Cioè come faremo a nasconderlo?-

Non voleva nemmeno pensare che prima o poi si sarebbero trovati nella stessa condizione della creatura che li aveva attaccati, figuriamoci dirlo apertamente, ma il punto del suo discorso doveva essere abbastanza chiaro.

 
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view post Posted on 11/8/2014, 22:00
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Non aveva visto entrare il gufo dalla finestra, eppure doveva essere entrato per forza perché la lettera, che sostava sulla sua scrivania, prima non c’era.
Il sigillo sulla ceralacca recava l’emblema del San Mungo.
*Strano*
Pensò. Cosa mai potevano volere da lei al San Mungo? C’era solo un modo per scoprirlo.
Rotto il sigillo scorse le poche righe. Mistero svelato: Arya era stata aggredita da un cane randagio.
... Da un cane randagio? La sua fronte si aggrottò con aria perplessa. Come si fa a farsi aggredire da un cane? Rinunciò a dar senso alle sue Morganiche conclusioni ed uscì.
[...] pochi minuti dopo si materializzò nell’atrio dell’ospedale magico. Il messaggio diceva che era ricoverata, ma non diceva dove. Non poteva di certo mettersi a girare per tutta la struttura alla ricerca della cugina, avrebbe potuto impiegarci ore.
La giovane strega con la cuffia in testa dietro una scrivania sembrava fare al caso suo.

-Salve-
Salutò quando fu ad un metro da lei.
-Sto cercando Arya Von Eis. Mi hanno detto che è ricoverata qui-
Mentre diceva quella frase pensò a tutte le domande che avrebbe potuto farle l’impiegata: perché voleva vederla, che genere di visita era venuta a fare... Ma appena quelle eventualità le si formarono nella mente si affrettò ad aggiungere
-Sono la tutrice-
Quell’appellativo, per quanto potesse suonarle ancora strano e soprattutto impersonale, le avrebbe fatto risparmiare tempo

 
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view post Posted on 13/8/2014, 20:35
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A_STARA_STARA_STARA_STARA_STARA_STAR

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Si era così preoccupata di avvisare Trhesy tempestivamente che l’unica cosa che aveva ritenuto importante inserire nel messaggio erano il ricovero di Arya e la causa. Solo poi aveva realizzato che forse avrebbe dovuto dare qualche informazione in più alla ragazza, ad esempio, il piano a cui Arya era ricoverata. Dovette quindi aumentare il tempo passato lontano dalla stanza dei due ragazzi, per attendere la giovane, ma non se ne preoccupava troppo: il più era fatto, ora dovevano essere gli organismi di Arya e Paul a fare il resto. Il tempo intanto scorreva, ma per fortuna, Trhesy non si fece desiderare. Si avvicinò alla Stregaccoglienza, chiedendo informazioni. Stava per dargliele, quando la sua ultima affermazione la colpì: la tutrice? Ma… aveva poco più di diciassette anni…. Scosse la testa, decidendo di rimandare quelle osservazioni ad un altro momento e superando l’addetta:
-Trhesy, vieni, ti ho mandata a chiamare io. Ho ricoverato Arya Von Eis, ma per dimetterla ho bisogno della firma di un parente legalmente responsabile per lei.. e lei mi ha fatto il tuo nome. Dovresti firmarmi questi- spiegò, mettendole sotto gli occhi alcuni documenti: la cartella clinica di Arya, con alcune voci mancanti, quali il gruppo sanguigno, eventuali allergie a farmaci o altro e cose simili.
-Ho dovuto essere rapida e ho fatto a meno di queste informazioni, per fortuna non erano necessarie per il tipo di cura che le ho somministrato. Tuttavia preferirei averle prima di dimetterla, se hai modo di farmele avere. Altrimenti puoi spedirmele via gufo, comunque il prima possibile. È già stata ricoverata due volte in nel giro di poco tempo, se dovesse ricapitare la magia potrebbe non bastare. Per ora siamo state fortunate.- Le mise in mano i fogli, quindi si mosse verso il piano superiore:
-Intanto, vieni, ti accompagno da lei. Mi ha detto di essere stata morsa da un cane randagio, la ferita era alla spalla. Non ho avuto l’impressione che fosse avvelenata, per cui non ho utilizzato incantesimi troppo potenti. Ora sta riposando.- Mentre parlava, aveva raggiunto la stanza di Arya e Paul, aprendo la porta.
-Ecco, siamo arrivate. Se sta dormendo, lasciata dormire, altrimenti, se se la sente, puoi riportarla a casa, ormai è qui da un po’. Evita di smaterializzarti, però, non lo consigliamo mai ai pazienti in uscita.- Dei mezzi di trasporto magici, la smaterializzazione era la più pericolosa per un paziente in uscita dal San Mungo, le sue ferite avrebbero potuto riaprirsi in qualsiasi momento.
 
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16 replies since 26/5/2014, 17:52   371 views
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