L’Antro del Contrabbandier Ranocchio

“Belay!”
Prima ancora che il ministeriale potesse infilarsi del tutto all’interno di quel lurido buco, uno strepito gracchiante s’era levato a mo’ di antifurto.
“Belay! Belay! Belay!”
La topaia era spoglia e mal illuminata, sembrava non esserci anima viva oltre al rumoroso pennuto che l’aveva accolto. Il pappagallo sbatteva le ali impazzite in volute confuse e semi circolari, ogni volta avvicinandosi un poco di più all’intruso. Continuava a starnazzare avvertimenti da lupi di mare.
“Fermo! O diventi amo per squali! Belay!”
Se già quella sottospecie di incanto gnaulante non era abbastanza, un sonoro trambusto si aggiunse alla baraonda generale. Da un pertugio rozzamente aperto nel muro emerse la figura trasandata e barcollante di un uomo maturo che si fece avanti a suon di rimbrotti.
“Per mille spingarde, uccello! Vuoi finire in pasto a Davy Jones?” Per calcare la minaccia, l’uomo vestito da pirata sbatté sul tavolo —unico arredo di quella topaia— il boccale che teneva in mano. Parte del liquido schizzò fuori, lui non sembrò farci caso.
Ora che il pappagallo aveva finalmente chiuso il becco, la sua attenzione si era spostata sull'entrata del suo negozio.
“Ahoy!” proruppe sorpreso mentre si grattava la barba ispida e inspiegabilmente rovinata da acqua salmastra. Il pirata squadrò il signor Remar dall’alto in basso, soppesando gli abiti che indossava e che zoccavano terribilmente con quell’accozzaglia di tessuti, bande e indumenti che invece portava il bucaniere.
“Cosa cerchi, ratto di sentina?” Il gergo piratesco rendeva difficile capire due parole su tre e al resto ci pensava il rum che s’era scolato poc’anzi e che oltre ad appesantirgli il fiato gli faceva pure strascicare la parlantina.
Non il migliore degli inizi per una trattativa.
Ci siamo incagliati a ridosso di Pasqua, ma eccoci pronti a solcare i sette mari.

Il pirata si volse meravigliato verso il suo compagno pennuto. “Hai sentito? Il bellimbusto vuole trattare”
Qualcun altro al posto suo avrebbe potuto preferire lusinghe e vezzegiativi per addolcire aspiranti collezionisti e garantirsi così scambi più vantaggiosi, ma il contrabbandiere faceva eccezione.
A sentir nominare le figurine però un barlume di lucidità gli aveva attraversato gli occhi. Vath aveva la sua curiosità.
“Yo oh oh” Fu l'eco.
Il pirata mosse una mano come a voler scacciare il pappagallo e riprese a parlare senza staccare bene le parole l'una dall'altra.
“Per la benda di Barbanera! Invidiabile, dici?” Il borbottio echeggiò tra le pareti spoglie con la potenza di un tuono e sfociò poi in una fragorosa risata. “La mia collezione è più preziosa delle perle delle spiagge più lontane, più maestosa della grande balena bianca! La madre di tutti i tesori”
Non aveva allungato neanche un'occhiata al boccale sul tavolo, infervorato com'era. “Di solito vedo solo marmocchi e mezzi mozzi senza ancora un pelo di barba da queste parti. E ora tu! Molto strano, molto strano!”
Si strofinò le mani avvolte nei guanti e poi fece cenno all’uomo di avanzare con una sonora pacca sul legno del bancone. “Allora! Nomina la carta che vuoi, il contrabbandiere ce l’ha”
Per il giusto prezzo ovviamente.

Il contrabbandiere proruppe in una risata baritonale al retrogusto di rum e ne approfittò per dare una sonora pacca sulle spalle dell’altro uomo. “Tre cartucce, eh? Per finire tutta la collezione?” Un’altra pacca prima di recuperare le distanze.
Quel signor Vath era come uno squalo. Non avrebbe saputo in che altro modo descriverlo, e lui ne aveva viste di bestie terrificanti. Gli squali avevano quei musi piatti e quegli occhi vuoti e morti che rivedeva nello sguardo inespressivo dell’uomo.
Non una parola di troppo, non una ruga che tradisse un’emozione; era la completa antitesi di un uomo di mare e d’avventura come lui. La cosa lo innervosì.
Borbottò una mezza imprecazione tra la barba, così stretta e pregna di gergo piratesco che sarebbe stato impossibile distinguerne le parole, e si diresse a passi pesanti verso il pertugio nella parete di legno. Lo si sentì trafficare per qualche istante finché non ne riemerse con l’album di figurine nel pugno sinistro. Fischiettava un motivetto.
Attento a non imbrattare l’album con l’alcol versato, lo aprì sul tavolo sotto al naso del ministeriale; gli mostrò due pagine complete battendo in modo eloquente sulle tre carte che gli erano state nominate. Erano lucide e immacolate.
Poi, senza alcun avvertimento, richiuse con violenza il portalistino e lo allontanò dalla presa dell’altro.
A quel rumore, il pappagallo si animò nuovamente. “No prey, no pay!” Gracchiò tutto contento, come se avesse ormai un conto in sospeso col signor Vath.
“Per una volta tanto quel pennuto ha ragione. Un uomo si misura in ciò che vuole ottenere...e in quanto è disposto a cedere pur di ottenerlo”
Il contrabbandiere aspetta una tua prima offerta.

Cinquanta figurine. Lo sguardo rapace si posò su ciascuna carta e poi tornò sul volto del contrattatore.
Aveva già detto che non gli piaceva? Lo scambio era tutta una questione di bisogni e necessità da soddisfare; com’era possibile giungere ad un negoziato se le parti in gioco non avevano una chiara visione degli obiettivi di ciascuno?
“Dieci, venti, cinquanta doppioni; figurine d’oro, d’argento, di bronzo!” Sembrava impazzito. “Ho combattuto contro piovre più affettuose, per la miseria”
Si batté un paio di volte la mano aperta sul petto e la risata roboante gli fece ondeggiare le bandane che gli ornavano il largo cappello. “Non voglio sapere come rimorchi” Il pensiero sembrò divertirlo un monte, ma tornò serio poco dopo.
“Mi stai offrendo l’equivalente di 3 Galeoni per queste perle preziose” Accarezzò affettuosamente la copertina dell’album. “In carte che non ti servono. E, francamente, neanche a me più di tanto.”
Una nota di biasimo rincarata dalla totale assenza di espressioni gergali. Il contrabbandiere fece un passo indietro e distolse lo sguardo. “Non credo tu ci tenga abbastanza. Affronterei il Kraken per la mia collezione di tesori, puoi dire lo stesso?”
Tossì per il fervore con cui aveva difeso l’onore delle sue figurine.
Quando si fu calmato, tornò a fronteggiare il signor Remar. “Voglio diciotto pezzi d’oro oltre a quaranta doppioni.”
Il rum non si pagava da solo.
Controfferta: 40 doppioni e 18 Galeoni.

Il contrabbandiere lo guardò inebetito per un po’. Sbatté le palpebre con lentezza avendo cura di registrare le parole dell’altro.
Era la prima volta da quando Vath era entrato che il pirata rimaneva in silenzio per più di dieci secondi, ma sembrava prossimo ad un eccesso d’ira da un momento all’altro.
Cosa nella sua controfferta gli aveva fatto credere che potesse accontentarsi di un misero Galeone oltre ai doppioni? Non gli aveva forse dimostrato quale fosse la sua priorità?
Al fine di potersi vantare di essere bravi negoziatori, non si doveva forse essere in grado di prevedere e comprendere le necessità dell’altro?
Prese un bel respiro e poi rilassò le spalle. “Ascoltami, mi sembri uno sveglio. Rigido quanto uno stoccafisso, ma sveglio.”
Puntò all’album di figurine dalle pagine piene e pesanti. Nessuna carta mancava all’appello, era molto bravo a fare in modo di essere sempre preparato; nonostante la nebbia alcolica il cervello gli funzionava ancora bene quando si parlava di affari.
“I tuoi amici sono taccagni quanto te?” Sembrava una domanda sincera, d’altronde al di là del linguaggio pittoresco non aveva una reale volontà di offendere. “Perché se sì, la tua pubblicità mi serve quanto una donna in mare.”
“Quanti denari hai già dilapidato? Trenta, quaranta pezzi d’oro? Non ti avvicini neanche lontanamente alla fortuna che ho speso io.” Strinse il pugno guantato con forza. “Ma possedere l’intera collezione… vale fino all’ultimo zellino. Voglio aiutarti a provare la stessa soddisfazione.”
Si grattò il mento barbuto facendo le sue considerazioni. “Tredici Galeoni, oltre a quaranta doppioni a tua scelta. E un ricordo piacevole di questa contrattazione.”
Altrimenti avrebbe sempre potuto tentare fortuna presso il negozio di dolci.
Controfferta: 40 doppioni e 13 Galeoni.

Cadevano forse le maschere?
In quel tugurio spoglio, l’atmosfera era cambiata. L’energia che prima schioccava come accumulo di tensione iniziava a diradarsi rivelando un nuovo lato di entrambi i contrattatori.
Sarebbe stato esagerato affermare che si fossero finalmente compresi e accettati reciprocamente fino in fondo date le sostanziali divergenze che ancora li separavano, ma nei loro discorsi era affiorato il seme della verità.
Il pirata tirò un paio di sospiri, la voglia di buttar giù un sorso di rum che gli bruciava nelle vene come il canto di una sirena.
“Corpo di mille balene, giochi la carta delle seppioline che ti aspettano a casa, eh?” La risata che gli nacque in gola si trasformò in un colpo di tosse tonante e ilare.
Scosse la testa. “La terraferma m’ha rammollito le ossa”, si maledisse mentre allungava le mani sull’album per estrarre le tre carte che servivano al signor Vath.
“Eccoti il bottino, marinaio. Con gli omaggi di Frosk.”
La contrattazione si era conclusa con l’ultima offerta del ministeriale.
Figurine dalla 1 alla 50, 6 Galeoni. Abbiamo concluso.
Ti verranno aggiornati il conto e il foglio delle Cioccorane. Buon proseguimento.