Gran Ballo di Fine Anno

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view post Posted on 22/8/2014, 18:56
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« But if I kiss you,
will our mouth read this truth,
and it's not complete yet,
mustn't get our feet wet,
cause that leads to regret,
diving in too soon. »

Iniziava seriamente ad odiare quell’alternarsi di emozioni ma, più di ogni altra cosa, iniziava ad innervosirsi per via delle diverse e contrastanti reazioni che affioravano nella sua mente ogni volta che Horus utilizzava un tono di voce piuttosto che un altro, ogni volta che le stringeva la mano per poi mostrare freddezza dinanzi ad una sua osservazione; la sua risposta sprezzante sembrò rappresentare la metaforica goccia che fa traboccare il vaso.
In quel momento Emily realizzò che, nonostante si trovasse immersa in piccola parte nelle acque dell’oceano, non si trovava in balia delle onde bensì del Tassino; ciò avrebbe dovuto sconvolgerla, spingerla ad allontanarsi del tutto e mandarlo al Diavolo, non tanto lui quanto tutto ciò che contribuiva a creare con ogni singola parola o gesto. Era sbagliato, era tutto sbagliato; lui non poteva comprendere, così come il suo sguardo, divenuto più freddo, non poteva giudicarla.
Eppure doveva ritenersi sollevata per il fatto che non avesse compreso la reale essenza della frase poco prima pronunciata, *Almeno non devo correre a nascondermi oltre gli scogli, pf*
Lui aveva distolto lo sguardo ed Emily fece altrettanto; era giunto il momento di allontanarsi ed andare via quindi, magari cercando di fare il tutto lentamente ed in modo carino, così che Egli non s’accorgesse del perché di quell’improvvisa fuga.
*Sei una Rose, non una codarda*
Nella sua testa, quel pensiero, sembrava aver senso ma considerando l’incapacità di comprendere quel tumulto di sentimenti contrari, voltare le spalle e raggiungere la festa, Hogwarts o il Madagascar, sembrava la cosa più logica da fare.
Ma qualcosa, per l’ennesima volta, sembrò rovinare i previdenti e lungimiranti piani escogitati dalla sua mente.
Sai..
*Uh?*
Avvertì la mano di lui allentare la presa già flebile e delicata sul suo fianco e lei credette di esser stata anticipata, credette di doverlo osservare andare via ancora una volta, restando solo con i suoi pensieri e le sue domande.
Ma ancora una volta lui la sorprese ed Emily si ritrovò a pensare a quanto la sua vicinanza la rendesse diversa; forse non è giusto affermare che i nostri modi d’agire siano l’ombra della nostra essenza, che essi, in qualche modo, si identifichino con la persona che siamo e la reazione della Serpina, o per meglio dire la sua mancata reazione, sembrò essere la prova di questo argomento.
“Quando non si sa cosa fare, bisognerebbe restare fermi”, gli aveva detto una volta suo padre. Emily restò dunque immobile, mentre lasciava che Horus le alzasse il volto, costringendola – come se ne avesse avuto bisogno – a guardarlo.
Non poteva non perdersi nella freddezza e nell’intensità di quello sguardo; schiuse le labbra come per dire qualcosa ma era troppo concentrata ad ascoltare la sua voce profonda e non più infastidita, a comprendere il senso delle sue parole cercando di capire se fossero vere o frutto di una presa in giro.
Il suo respirò le solleticò le labbra e quando lui strinse ancor di più la sua mano, lei fece lo stesso, rispondendo forse positivamente a quanto stava accadendo, seppur in modo del tutto inconsapevole.
La pressione esercitata da quella stretta sembrò donarle il coraggio di cui aveva bisogno per non spingerlo via, così come avrebbe invece fatto, senza mezzi termini, se al posto del Tassorosso ci fosse stata un’altra persona. Era quindi quello il problema? Doveva semplicemente accettare di provare attrazione ed desiderio? Prima ancora che Horus potesse socchiudere gli occhi e lei abbandonasse del tutto la sua capacità di rovinare, con la razionalità, ogni cosa, Emily inclinò di poco il capo verso destra, aggrottando di pochissimo la fronte mentre un bagliore di sfida si mescolava all’argento dei suoi occhi.
No, non sarebbe andata via. Se voleva comprendere cosa stava accadendo tra la confusione nella sua mente ed il silenzioso dolore proveniente dai battiti mancati dal suo cuore, forse doveva abbandonarsi a quel Disordine e non averne quasi timore.

… Mio e tuo malgrado., ripeté in quel sussurro che le fece pensare quanto fossero inevitabilmente vicini i loro volti, le loro labbra… Loro.
Mentre la Ragione, dolorante, cedeva al Piacere dell’abbandono, Emily socchiuse a sua volta gli occhi, giungendo alla fine della battaglia che, invece, Horus stava iniziando proprio in quel momento.
Ma non accadde nulla. Per quanto distante, la realtà sembrò richiamare a sé Emily. Mentre l’orgoglio si lasciava andare ad un sospiro di sollievo, nel suo petto, la delusione e l’insoddisfazione montavano a ritmo crescente. La Vice-Preside aveva richiamato entrambi sul palco, ancora una volta.
Con la medesima lentezza con la quale Emily aveva chiuso gli occhi, cedendo e dissipando il conflitto in corso nella sua mente con la promessa della lucente Comprensione, li riaprì, ritrovandosi a fissare il ragazzo mentre scostava il viso e, con tanti taciti ringraziamenti da parte sua, aumentava la distanza tra le loro labbra.
In quel momento, sembrò stranamente più facile respirare.

Ammaliamo il popolo.
Rispose la giovane Caposcuola mentre gli angoli della bocca s’incrinavano di poco, andando a formare un triste sorriso non affatto voluto e, a sua volta, compiva un passo indietro.
Non credo che il Popolo ami vedere una Regina senza il suo Re.
Asserì brevemente in risposta. Tuttavia non aveva alcuna intenzione di presentarsi su quel palco, una cosa del tutto priva di importanza in quel momento e per la quale il Narcisismo di Emily si sarebbe strappato i capelli, urlando isterico.
Ad ogni modo non potevano nemmeno presentarsi lì insieme, sbucando dal nulla, con gli abiti praticamente bagnati alla medesima altezza; avrebbero certamente attirato l’attenzione, cosa che la giovane Rose avrebbe certamente saputo controllare, ma non voleva sconvolgere la folla insinuando nelle loro pettegole menti, eccitanti domande sul suo conto.
Erano più distanti e l’unica cosa che sembrava tenerli ancorati a quanto accaduto pochi istanti prima, era la stretta delle loro mani che però andava dissipandosi lentamente.
Mossa da chissà quale assurdo e capriccioso pensiero, Emily rese quella presa più forte, avanzando nuovamente di un passo in modo che le loro braccia non penzolassero ridicolmente nel vuoto, oltre le onde che sembravano non curarsi di quell’umano evento.

In questo momento sono come intrappolata in una ragnatela.
Ciò che è normale per il ragno, è Chaos per la farfalla.
Sbatte le sue piccole, fragile ali per cercare di liberarsi da qualcosa che non doveva trovarsi sul suo cammino, finendo per peggiorare la situazione, finendo per essere vittima dell'uragano di battiti creato da lei stessa con l'intenzione di fuggire.
Quando il Chaos brucia intorno a noi come un selvaggio incendio, l'unica cosa da fare è abbracciare il calore delle fiamme.

Proferì, rompendo, a fatica, il loro contatto visivo come per paura che se avesse continuato a fissare quei suoi occhi, avrebbe finito per avvertire quel dolorante Piacere in grado di spingerla nuovamente al petto di lui. Ma per quanto dotato di eterea bellezza, non era lo sguardo di Horus a spingere Emily a reclamare la perduta vicinanza. La fanciulla compì un altro passo in sua direzione, assecondando il significato nascosto nel suo discorso; le iridi argentee scivolarono dalle loro mani ancora strette per volere di lei, lungo il braccio tonico del ragazzo, verso l’incavo della sua spalla e poi di nuovo sul suo volto perlaceo.
Devo dirlo…
Aryadne!
Una voce nervosa proveniente da almeno dieci metri di distanza costrinse Emily a voltarsi verso l’improbabile studente accorso sulla riva. Fu così semplice fare in modo che la rabbia e la frustrazione prendessero il controllo di quella situazione eppure la Serpina restò in silenzio fissando la figura del Serpeverde che si stava avvicinando di qualche passo. Un ragazzo alto, robusto e sui 17 anni che fissava la ragazza dai capelli vermigli con l’incertezza dipinta sul volto olivastro.
Io.. Non volevo interromperla… Vede credevo fosse Aryadne. Per caso sa dove posso trovarla?
Emily si limitò a fissare la fonte della sua ira più che motivata. Prima di tutto, ancora una volta, qualcuno la paragonava, seppur solo fisicamente, a sua cugina; secondo, la presenza di quell’idiota sembrava essere letteralmente fuori luogo, senza nesso e senso.

Non so dove sia Arya, perché mai dovrei?
La voce della Caposcuola arrivò distante, fredda, tagliente; ah, come era stato facile tornare a vestire i panni di sempre in così pochissimo tempo!
Beh, è sua cugina, credevo… Ok, provò a cercarla al Ballo.
Aveva continuato il ragazzo come se quell’interruzione fosse una cosa normale, come se incamminarsi sulla riva e disturbare la conversazione di due persone non fosse una scortesia tanto grande da meritarsi una risposta tanto sgradevole da parte di una concasata. Con uno sguardo indirizzato ad Horus, un sorriso sbilenco ed una scrollata di spalle, il giovane s’incamminò finalmente verso la festa, lasciando Emily in balia del disagio più assoluto.
Tutto sembrava aver perso significato.
Le sue iridi, ora spente, si posarono di nuovo sul Tassino ma soltanto per un breve istante.

Mi spiace.
Asserì atona ma sincera.
Per un po’ il suo cuore aveva ripreso a battere in modo tranquillo e stranamente, per questo, doveva ringraziare l’irriverente Serpeverde ma…
… Mentre con la sinistra stringeva un lembo di seta della lunga gonna, avvertì un dolore sordo al petto.



«Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare / Con le figlie del mare incoronate d’alghe rosse / Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.»
 
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view post Posted on 23/8/2014, 20:55
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Horus Ra Sekhmeth ♦ » » Schedule » Outfit » Details
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Sì. Sì poteva quasi sentirla l'acqua penetrare nei polmoni, annientando le vie respiratorie, offuscando la vista e i sensi. Poteva sentire l'urlo del vento della tempesta e poteva vederla di fronte a sé, l'onda gigantesca che l'avrebbe travolto, proprio ora che era riuscito ad emergere dall'oceano in cui era caduto, annaspando per un po' d'aria fresca. Tutto questo, si rifletteva nei gesti e nelle azioni di Emily che, anziché allontanarsi e sentirsi risentita per la provocazione di Horus, si mostrò invece ammaliata quanto lui. Il distacco fu necessario, dovuto e voluto, per poter emergere e poter respirare nuovamente, tornando padroni del proprio corpo, dei propri pensieri e dei propri sentimenti; tuttavia, non sarebbe stato facile, almeno per Horus, ora che il profumo del mare si era fatto così intenso, tanto da inebriargli la mente.
Accolse con un leggero sbuffo divertito le parole di lei —mandando definitivamente al diavolo il Ballo—, allentando a poco a poco la presa sulla mano di Emily. Scoprì che, nel farlo, era dannatamente difficile ed Horus si rimproverò per quelle sensazioni che il suo cuore continuava a bollare come sbagliate.
Cosa c'era di male, rispondeva una vocina dentro di sé, a cedere al fascino di una Sirena?
Annegherai, annegherai, urlava il cuore, disperato, non è Lei.
E Lei dov'è, invece? Lei non c'era, la verità era questa. Da quando Horus si era allontanato, Lei, anziché cercarlo per capire cosa fosse successo, combattere affinché quello che avevano costruito non andasse perduto, si era semplicemente abbandonata al silenzio e all'indifferenza, accettando la scelta del ragazzo senza neanche comprenderla.
Era così.
O no?

*Che pensiero egoista, Ra...*Pensò, corrugando lievemente le sopracciglia. La stretta delle loro mani si fece poi più forte, e non più per volere di Horus. Sorpreso, il ragazzo guardò Emily rinsaldare la presa, opponendosi a quel distacco, e accorciando nuovamente le distanze con un piccolo passo. Irrigidito, il Tassorosso rimase in silenzio, immobile; il timore di perdersi del tutto, ora, era così grande che anche solo una parola avrebbe potuto idealmente spingergli la testa sott'acqua, facendolo annegare. Ne era ormai sicuro. Ascoltò le enigmatiche parole di Emily cercando di coglierne l'espressione sul volto, ma la fanciulla, ostinata, fuggì il suo sguardo. Fu inevitabile, per Horus, chiedersi cosa significassero: era un rimorso? Una confessione? Forse, Emily stava esponendosi per la prima, vera volta?
Cos'era quell'improvviso avvicinamento, non solo fisico, ma anche emotivo? La risposta era così chiara, così limpida che il Tassorosso cercò ostinatamente —e vanamente— di ignorarla. Era lui, il ragno? No, si rispose, socchiudendo gli occhi e cercando di studiare ogni piccolo sguardo di lei. Qualunque cosa Emily intendesse, era indubbio che il ragno fosse qualcosa che la trascinava verso quegli Abissi a cui si era detta avvezza. E questa, questa era la dimostrazione che nessuno può vivere nell'oscurità senza ambire anche solo uno spiraglio di luce.

« Basta anche solo una piccola folata di vento... » Mormorò, assecondando la ragazza e stringendo forte la sua mano. « Per far sì che la ragnatela si spezzi, il ragno voli via, morendo, e la farfalla sia libera. » Il mare, attorno a loro, continuava ad esser accarezzato dal vento, incurante dei vorticosi ed effimeri sentimenti umani al proprio margine.
« Anche questo, è Chaos. » Concluse, mentre un sorriso beffardo illuminava il suo viso. L'autocontrollo a cui si stava disperatamente affidando per non crollare sotto il peso di quelle sensazioni era ormai incredibilmente blando. Quando lei si avvicinò ancor di più, lasciando che il suo sguardo corresse su Horus, il ragazzo sentì il sangue affluire alla testa, il panorama svanire e l'istinto, irrefrenabile —sbagliato— e terribile di baciare Emily una volta per tutte. Stregati, ammaliati, entrambi; rinchiusi in una gabbia d'acqua e vortici di vento da cui, sfortunati loro, era difficile oramai uscire.
« Devo dirlo... » Fu iineluttabile, per Horus, rimanere nuovamente agganciato a quel criptico viso, la curiosità che saliva come una bestiola curiosa, dentro di lui. Il cuore, nel petto, faceva male, dannatamente male; ma le fiamme in cui sembrava bruciare tutto il suo corpo ne attutiva il dolore.
Cosa doveva dire Emily, ora che si era così esposta? Horus scoprì di volerlo sapere ad ogni costo, qualunque cosa fosse. E con sommo nervoso, si odiò, per quell'interesse.

« Aryadne! »
Fu la seconda volta in cui una voce, più o meno sconosciuta, interruppe i pericolosi momenti che avevano intrappolato i due ragazzi. E fu la seconda volta in cui Horus si sentì irritato e al tempo stesso, sollevato per quell'intoppo. Emily, ancor prima di lui, scattò, ed Horus seguì il suo sguardo, osservando la figura robusta di un ragazzo. Contrariamente a pochi istanti prima, quando la voce era facilmente identificabile come quella della Lancaster, quella ansiosa e nervosa che aveva pronunciato il nome di Aryadne con così tanta leggerezza, era sconosciuta. Cionostante, Horus riuscì a non sussultare a quel nome e la sua attenzione si fece più acuta. Evitando di guardare ancora il ragazzo, sia per l'imbarazzo, sia per non mostrare il morboso desiderio di sapere cosa avesse da dire riguardo la Cavendish, il Tassorosso ascoltò avidamente il veloce scambio di battute tra i due osservando un punto fisso alla propria destra.
Era dal ballo precedente che Horus, intravedendo Aryadne dalla sommità del palco dopo tanto tempo, l'aveva cercata. Anni addietro, sulla Torre, le rivelazioni da lei fatte erano diventate un chiodo fisso difficile da accantonare, ma la sua improvvisa scomparsa e la sua imprevedibilità avevano reso Aryadne Cavendish impossibile da rintracciare, portando Horus ad uno stato di sconforto e, al tempo stesso, pieno di frustrazione. Aveva chiesto a qualche sporadico Serpeverde, aveva cercato di captare le voci, ma la "Vipera Rossa" era semplicemente sparita dalle scene.
Ed ora... quello sconosciuto studente dal volto banale, lanciava un'opportunità, una rivelazione che per poco non lasciò sfuggire un sussulto ad Horus quando candidamente svelò che Aryadne ed Emily erano cugine. D'improvviso, quella sorta di ebbrezza data dai sentimenti sembrò svanire, lasciando il posto ad una limpida lucifità, ai ricordi che si accavallavano, alla Speranza che tornava a montare. Forse tutto non era perduto, si disse il Tassorosso, costringendo a calmare il cuore che non batteva, ora, per il rimorso o per l'attrazione verso la Serpeverde, ma per l'eccitazione di quella scoperta. Quando lo sconosciuto se ne andò, bellamente liquidato da Emily, Horus incrociò soltanto per un istante il suo sguardo e il vago sorriso che questi gli rivolse— quasi volesse dire "scusa tanto per il disturbo eh, continua pure eh!" o "Bel colpo eh!"—, al quale non rispose se non con una fredda occhiata. Ringraziò l'oscurità che censurava il vago rossore delle guance e delle orecchie e pregò qualsiasi Divinità affinché il pettegolezzo non girasse: Emily Rose ed Horus Sekhmeth che flirtavano, lontani da tutti, immersi nell'acqua, presto di dominio pubblico. Rabbrividì al sol pensiero e si costrinse a concentrarsi su ciò che ora aveva in mano. L'atmosfera in cui i due ragazzi si erano immersi era, ormai, andata in mille pezzi, come se fosse stata di cristallo e qualcuno l'avesse brutalmente presa e scagliata in aria, frantumandola.
Gli occhi di Emily avevano perso quel brillio che li aveva illuminati, e allo stesso modo Horus sentiva il calore abbandonarlo.
Ciononostante, le scuse di Emily, sincere e malinconiche, nonostante l'atonia della voce, lo colpirono.

« ... Anche a me. » Rivelò, scuotendo leggermente il capo e distogliendo lo sguardo da lei. Il vento fresco gli sferzò il viso, portando con sé qualche goccia d'acqua. Osservando le luci brillare sulla superficie marina che a poco a poco cominciavano a morire, Horus sentì tutto il peso di quella rivelazione caracollargli addosso. Come aveva fatto a non accorgersene prima? La somiglianza tra le due era evidente: stessi identici fulvi capelli, stessi occhi, grigi e freddi come il ghiaccio, stessa candida pelle, persino stesse leggere efelidi sul viso, stesso magnetico fascino, stessa fragilità.
Senza volerlo, Horus ripensò alle cicatrici che solcavano orrendamente la schiena della Cavendish e si morse un labbro.
No, forse dopotutto Emily ed Aryadne non erano così identiche. Emily era diversa. Emily era meno sfrontata di Aryadne, più cauta, meno irriverente, più riservata.
Con la coda dell'occhio, il ragazzo scoccò uno sguardo alla ragazza, sentendo mille domande affiorare. Emily sentiva ancora Aryadne? Di sicuro non sapeva dove ella fosse, o almeno, così sembrava. Ma... essendo parente dei Cavendish, ragionò il ragazzo, Emily aveva accesso alla festa esclusiva della famiglia di cui Aryadne gli aveva parlato, che sapesse dove ella fosse o meno. Il cuore, a quella considerazione, sembrò accelerare. Emily era forse la chiave, l'indizio più prezioso che aveva, non doveva perderla, a qualsiasi costo. Doveva legarla a sé. Il come, il quando sfuggivano come un pugno di sabbia; la testa scoppiava per tutte quei quesiti e per le informazioni. E, soprattutto, per quei sentimenti che rimanevano acquattati nell'ombra, pronti a sommergerlo se fosse rimasto lì.

« Io... » Esordì, con voce roca, tornando a guardare la ragazza. Strinse per un attimo la sua mano, forte, per poi allontanarsi di un passo, tenendo ancora le dita intrecciate alle sue. Nuovamente, si morse un labbro. Avrebbe voluto dirle tutto, eppure...
« ...Credo sia giunto il momento di andare. » *Prima di annegare del tutto.* Indietreggiò ancora, lasciando che il loro braccio si tendesse e le loro dita, infine, scivolassero via una ad una.
Stagliata contro la luce della luna, la figura di Emily continuava a rilucere di piccoli bagliori dati dal suo abbigliamento. Era incredibile come la soluzione ai suoi problemi fosse stata dinnanzi a lui per tutto quel tempo; come, naturalmente, infine, si erano avvicinati; come fosse persino riuscito ad intravedere dentro quell'armatura in cui Emily si rifugiava, osservando una fanciulla diversa, capendo forse il segreto per poter scalfire la sua corazza: come la desiderasse, nonostante questo cozzasse con i suoi pensieri e con il suo cuore ferito e l'amore che aveva provato —che in fondo provava—, ancor prima di scoprire la relazione tra lei ed Aryadne.
Il Fato, talvolta, sapeva essere davvero ironico.

« Uno di questi giorni, ti porterò fuori dagli Abissi. » Una smorfia ironica si dipinse sul suo volto, fingendo una sicurezza che non aveva. La smania di voler tutto e subito, volerle parlare e conquistare la sua fiducia per poter così, accedere il prima possibile a Villa Cavendish, sovrastava qualsiasi cosa, persino l'attrazione e il sincero desiderio di volerla rivedere a tempo perso. Ma doveva pazientare, doveva attendere o avrebbe perso tutto. Piano, piano, doveva costruire e fortificare quel legame.
Le loro dita, infine, si sciolsero ed Horus, dopo averla guardata un'ultima volta, così minuta, stringere l'orlo della gonna nella mano libera, si voltò, allontanandosi.
Tutto ciò che desiderava era tornare ad Hogwarts, intrufolarsi nella Foresta Proibita e stendersi nella sua radura, osservando le stelle.
Soltanto così, avrebbe potuto calmare il cuore e la testa, in balia della tempesta.


« Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino
uguale a centomila ragazzini.
E non ho bisogno di te.
E neppure tu hai bisogno di me.
Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi.
Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro.
Tu sarai per me unico al mondo,
e io sarò per te unica al mondo. »


« I'm not strong enough to pay this ransom. One more monster crawled inside, but I swear I saw it die. Can you save me from the nothing I've become? »

 
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Persefone D. Bennet
view post Posted on 24/8/2014, 14:12




Il Ballo termina qui.
Grazie a tutti i partecipanti! ;)

 
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32 replies since 11/7/2014, 12:07   945 views
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