From womb to tomb we are bound to others, Privata

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view post Posted on 25/7/2014, 14:45
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L'aria frizzante del pomeriggio novembrino solleticava il mento e la gola di Elhena, non ancora protetti dalla calda barriera della sciarpa giallo-nera che nel giro di poche settimane sarebbe stata costretta ad indossare. Con le mani affondate nelle tasche di una gonna lunga appena sopra al ginocchio, color terra di Siena, la ragazza si godeva il via vai che animava Hogsmeade. Era sabato e la maggior parte della gente, tra maghi presi da pensieri sconosciuti e studenti in libera uscita, si era rintanata in uno dei locali, desiderosa di scaldarsi le membra con un boccale di Burrobirra bollente. Tuttavia, non mancavano le figure per la strada, spesso ferme ad ammirare le merci esposte in questa o in quell'altra vetrina.
La stessa Tassina ammazzò mezz'ora buona davanti a Mielandia. Non era propriamente golosa, ma la sinfonia di colori vivaci e zucchero possedeva una magia unica, tale da attirare il suo sguardo come la melodia del Pifferario di Hamelin faceva voi topi. Un altro quarto d'ora si volatilizzò di fronte a BiblioMagic, mentre nel campo visivo, per un istante, entravano quattro bambini - primini, quasi sicuramente - entusiasti e all'obbediente seguito del Prefetto o del Caposcuola di turno. Senza divisa, era impossibile stabilire a quale Casata appartenessero. Lei stessa aveva visitato così per la prima volta Hogsmeade. Ora, tuttavia, il suo status di studentessa del secondo anno le permetteva di muoversi liberamente senza timore di essere ripresa da qualcuno.
Lisciando grinze immaginarie sulla felpa bianca con cappuccio (ancora in buone condizioni, ma aveva conosciuto tempi migliori e presto sarebbe stata troppo piccola per lei) entrò da "I tre manici di scopa". Nel sollevare un braccio la manica della felpa si ritirò di un paio di centimetri, rivelando il bordo color prugna di una dolce vita col collo a V. Mocassini beige calpestavano il pavimento lindo.
Elhena si lasciò avvolgere dall'atmosfera calda e accogliente del locale, mentre individuava un tavolo libero, in disparte come piaceva a lei, e si lasciava scivolare su una sedia.
Poggiò i gomiti ossuti sul legno. Nella tasca centrale della felpa aveva riposto con cura il biglietto col quale il Caposcuola Sekhmeth aveva acconsentito a vedersi quel sabato pomeriggio. La Tassina era stata molto vaga, ma ora rimuginava tra sé e sé, preparandosi al momento in cui avrebbe fatto le sue domande. Sarebbero state informazioni in cambio di informazioni. Incrociò le caviglie, si rilassò appena contro lo schienale della sedia e attese, lanciando ogni tanto occhiate all'orologio da polso. Era lievemente agitata, ma non aveva fretta. L'agitava il pensiero di dover trasformare in parole quanto era divenuto tanto chiaro nella sua mente: le parole generavano sempre confusione. E snocciolare senza inutili giri la verità avrebbe assunto una sfumatura ridicola.
Non aveva più avuto occasione di trovarsi faccia a faccia con Sekhmeth dalla disastrosa spedizione nella Foresta Proibita lo scorso giugno. Né era riuscita a costruire un quadro esauriente su che tipo di persona fosse. Educata. Sicuramente. Misteriosa. Certo. Ma era dire tutto e dire niente. Aveva rivelato alla Pompadour la sua capacità innata, spinta dall'ansia e con la convinzione che la donna, in quanto Ministro della Magia, ne sarebbe comunque venuta a conoscenza. Non che fosse di importanza vitale, ma era servito a inserire un racconto altrimenti confusionario in una cornice un poco più precisa.
Horus sarebbe stata la seconda persona a saperlo.



On gdr segue di poco tempo la role "Ho fatto una promessa", per cui Elhena è ancora al secondo anno, non è ancora Prefetto e gli eventi da "Police & Thieves" in poi non sono ancora accaduti.


Edited by Gwen chan - 26/7/2014, 19:46
 
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view post Posted on 21/8/2014, 17:40
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Horus R. Sekhmeth ♦

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« We, we, weee!! Horus, ragazzaccio, dico
a te! »

Horus roteò gli occhi verso l'alto, stringendo tra le braccia una pesantissima cassa mentre, alle proprie spalle, un paio di scatoloni lievitavano a mezz'aria, in attesa che il ragazzo si togliesse di mezzo per potersi andare a posare sopra una logora mensola. « Ssssssì, signor Lysander? » Rispose, con un sorriso sul volto più simile ad una colica, che ad un'espressione di spontanea gentilezza. L'anziano proprietario dell'Ars Arcana sbuffò, mettendosi le mani sui generosi fianchi. « Quello scatolone non va là! VA LI'! » Sbottò, indicando con un dito cicciotto una libreria che minacciava di scoppiare da un momento all'altro. Grosse pile di pacchi erano ammonticchiate fra gli scaffali, pieni di cianfrusaglie di ogni tipo. A terra cumuli di cartacce, cartoni, MagiScotch appallottolato e vetri rotti la facevano da padroni, coprendo quasi interamente il vecchio parquet. Horus seguì con gli occhi l'indicazione dell'uomo e gemette, cercando di non caracollare sotto il peso della cassa. Uno scatolone lo spintonò sul fondoschiena, rischiando di mandarlo a gambe all'aria. « S-signor Lysander, non è per niente ma sono cin-----ciiinque volte... » Il ragazzo ondeggiò pericolosamente mentre si spostava, lasciando passare gli scatoloni, e si dirigeva verso la disgraziata libreria.« ...Che mi fate spostare questa cassa! Non–c'entra–lì! » La sua voce, esasperata, rimbombò per tutto il retro-bottega. L'isteria, del resto, era ormai tipica del negozio in quei giorni, più o meno da quando Lysander aveva deciso di rimodernare praticamente tutto. E la colpa, principalmente, era di Horus che, a causa del calo di clienti, aveva convinto il proprietario ad apportare delle modifiche non solo alla merce in vendita, ma anche a tutto il locale, confusionario, di un antiquario muffito e troppo pedante, per nulla accattivante. Inutile dire che il Caposcuola si era maledetto in ogni lingua conosciuta —e anche sconosciuta— per quell'eccesso di zelo. Con insolito entusiasmo, Lysander aveva accolto i consigli del giovane, divenendo ancor più petulante e prendendo un'iniziativa esagerata. La mancanza di Mya —per ignote (o forse no) ragioni—, inoltre, aveva contribuito ad accollare sulle spalle di Horus il più di quell'infausto lavoro ed il giovane si era ritrovato a lavorare come un mulo da soma per diversi weekend. Era incredibile quanta roba celasse quell' in apparenza modesto negozio. « Allora fai posto! » Berciò l'uomo, pestando i piedi e schiacciando un rotolo di MagiScotch che schizzò via rimbalzando sull'unica parete libera come se fosse un Bolide. *Brutto panzone rinco---
Dooon! Dooon! Dooon!
I sonori rintocchi colsero di sorpresa i due affaccendati che sussultarono entrambi rumorosamente. Horus, in particolare, sgranò gli occhi, osservando davanti a sé un punto vuoto.

« OH CAVOLO. ELHENA. » Esclamò, mollando di peso la cassa a terra ed ignorando i brontolii di Lysander.
« Non puoi andartene ora! » Gli urlò dietro, mentre il giovane filava di corsa nello spogliatoio per cambiarsi. Mentre Horus si infilava di gran fretta nell'arrangiata doccia — un'antica vasca da bagno con i piedi di leone collocata alla bell'e meglio nel minuscolo bagno grazie ad un Incantesimo Estensivo simile alle tende da campeggio—, Lysander continuò a brontolare. Il ragazzo, tuttavia, non vi badò, conscio di aver diritto a quelle poche ore libere. Erano giorni che Elhena Attwater, la Tassina del secondo anno che aveva condiviso con lui l'avventura in Foresta, gli aveva inviato un criptico messaggio, chiedendogli un incontro ai Tre Manici di Scopa. Il motivo? Sconosciuto. E la curiosità di Horus, giustamente, aveva subito un'impennata non indifferente, portandolo a promettere alla fanciulla un appuntamento per quel sabato pomeriggio. Il problema era che Horus non aveva messo in conto la pesantezza del rinnovo del negozio, riuscendo a convincere Lysander con la promessa di un paio di ore extra, al suo ritorno dal pub. Quel giorno, quindi, grazie alla continua indecisione del vecchio, aveva perso così tanto tempo —e aveva preso così tante arrabbiature— da aver completamente dimenticato non solo la Attwater, ma anche le ore che continuavano a scorrere. Quando Horus uscì dalla doccia, indossando in gran fretta una t-shirt bianca e un paio di jeans grigio antracite che aveva portato come cambio, Lysander stava ancora lagnandosi. Nel tempo in cui il giovane impiegò per finire di allacciarsi le creepers nere, l'uomo si era piazzato con tutta la sua mole davanti la porta del negozio, nel tentativo di sbarrarla. « Non puoi abbandonarmi proprio ora! » Disse, con voce volutamente lamentosa. Horus lo guardò, inarcando un sopracciglio. *Trenta secoli sulle spalle e non sentirli.* « Signor Lysander, non fate così. Sarò di ritorno presto e quando torno mi tratterrò lo stesso tempo in cui sarò via. » Con voce conciliante, Horus cercò di rabbonire l'uomo e, al contempo, arraffò la giacca, indietreggiando. I baffoni di Lysander vibrarono per l'indignazione e l'uomo sembrò gonfiarsi per un secondo. Prima che esplodesse, però, il Tassorosso se l'era svignata dalla porta sul retro, seguito dall'eco: "Non ti pagherò gli straordinari di stasera, allora!".
*Sarà bene che sia una cosa urgente, Elhena...* Pensò, sospirando di sollievo e incamminandosi per la via principale di Diagon Alley. Agitato, Horus guardò l'orologio da polso che sua madre gli aveva regalato per la maggiore età, com'era costume tra i Maghi. Su uno splendido sfondo blu, rappresentante l'universo, costellato da tante piccole stelle, le affusolate lancette d'argento si muovevano forse troppo velocemente per la fretta di Horus. Erano già le 16.25. Per uno puntuale come lui, già solo quei venti minuti —trenta circa, se si contava il tempo che avrebbe impiegato per arrivare alla Passaporta— erano una catastrofe. Riuscì a prendere per un pelo quella delle 16.30 e in un batter d'occhio, con la consueta sgradevole sensazione di esser stato acchiappato per l'ombelico e lanciato a gran velocità, giunse ad Hogsmeade. Senza perder altro tempo, Horus affrettò il passo, macinando in breve tempo la distanza che lo separava dal luogo d'incontro. Una volta varcata la soglia dei Tre Manici, Horus cercò con lo sguardo la figura minuta della Tassorosso. La ritrovò in un angolino piuttosto tranquillo, lontano dalla folla chiassosa tipica del pub, e la raggiunse.
« Ciao, scusami per il ritardo! Mi hanno trattenuto a lavoro. » La salutò, sorridendole affabile e prendendo posto dinnanzi a lei. Era stato poche volte ai Tre Manici di Scopa: forse era un po' rumoroso, ma tutto sommato, non era male. E la Burrobirra era talmente squisita da compensare egregiamente il chiasso. Il ragazzo, per qualche attimo, cercò con lo sguardo il garzone di turno, attirandone l'attenzione, tornando poi a rivolgersi alla fanciulla.
« Spero mi farai perdonare lasciandoti offrire qualcosa! » Le chiese con naturalezza e senza troppi formalismi; decise, poi, di non incalzare Elhena, prendendo la cosa con calma e lasciando che fosse lei, a fare il primo passo. Nonostante gli avesse inviato solo un biglietto via Gufo, da quelle poche, concitate lettere —e varie cancellature— che lei aveva scritto, Horus aveva avuto l'impressione che la ragazza fosse inquieta per qualche motivo e la richiesta di parlargli fuori le mura del Castello non aveva fatto altro che rinsaldare quell'ipotesi.
Inutile dirlo, la curiosità lo logorava. Fortuna che lo mascherava più che bene.


« The illusion of linked Destinies is one of the most ephemeral things in the whole World. »



Yuhuuu, garzoncinaaaa ♥
 
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view post Posted on 23/8/2014, 14:57
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L'aria cominciava ad essere più fresca in quel di Hogesmeade, rispetto alla mattina afosa che accoglieva tutti i presenti con fronti sudate e schiene bagnaticcie. Aveva attaccato dall'ora di pranzo e forse gli sarebbe toccato anche la sera. Era già passato un anno a lavorare come garzona lì, ed era buffo ricordarsi di come afferrava i vassoi tentennando, o come i boccali gli "ballassero" fra le mani quando erano estremamente pieni, o addirittura quando doveva attraversare mezza sala piena di gente, con il vassoio pieno di whisky incendiari, grappe o super alcolici e doveva cercare di non starnutirci sopra. E guardarsi ora, e compiacersi del fatto che riusciva quasi a trotterellare quando passava con qualcosa di leggero fra le mani o svincolarsi dalle persone che si stavano alzando o che le stavano per andare addosso, con così tanta scaltrezza. Era sempre la stessa piccina, ma diversa, più agile, in qualche modo, cambiata. I suoi movimenti erano meccanici: annodarsi il fiocco dietro del grembiule dove teneva il libretto per le ordinazioni e la penna, pulire il bancone, azionare la manovella per le burrobirre, tagliare fette di torta, e così via.
Poteva sembrare una delle solite sere, ma a quanto pare il fato le aveva scelto quella due clienti inusuali.
Il locale era mediamente popolato, sul bancone erano appoggiati due signori, a debita distanza, e ai tavoli una quindicina di persone che sorseggiavano burrobirre, o streghe che mangiucchiavano muffin e torte deliziose. E lei che ogni tanto sgraffignava qualcosa dalla cucina per calmare i rombi che le lanciava ogni tanto lo stomaco.
La piccola campanella attaccata la porta suonava, era appena entrata una ragazza, un po' più grandicella di lei. Capelli biondi poco oltre le spalle, dolcevita viola, avanzava veloce verso uno dei tavoli più in fondo, uno tra i più isolati tra l'altro. Quando si sedette era da sola,rivolta verso di lei, aveva un'aria familiare. Forse l'aveva vista in giro per il Dormitorio, o fra le scale, non gli era nuova. Voleva andare da lei ma un gruppo di maghi adulti riuniti in una tavolata da sei, la richiamarono a gran voce per fare il terzo giro di burrobirre. Appena girò i tacchi alzò il sopracciglio destro sbuffando in silenzio, e se ne andò dietro il bancone a caricare altri sei boccali. Nel frattempo un altro scampanellio rimbombò sopra il leggero brusio della gente: un ragazzo abbastanza alto, dalla chioma fulva, si guardò intorno e alzò leggermente la testa, come se si fosse accorto di qualcuno, e proseguì verso la stanza del locale e si sedette proprio accanto alla ragazza bionda. Aveva appena finito di servire tutta quella burrobirra, ma rimase un attimo interdetta.

**Non mi dire che quello è...**
Aveva visto solo una volta un ragazzo così, a uno dei Balli di fine anno dove solitamente lei si rintanava agli angoli, passando per lo più al banco del cibo e fissare gli incontri, i balli, i litigi e tutto quello che accadeva lì.
Forse...non era proprio lui ma un suo simile.
Si avviò verso il tavolo, e arrivata a destinazione si fermò davanti a loro.

<< Buonpomeriggio! Cosa vi posso portare? Qualcosa da mangiare? - Guardando la ragazza bionda nei suoi occhi chiari in tono squillante e sorridente, poi voltò verso il ragazzo - o da bere..?>> . Stavolta volse lo sguardo verso l'altra persona, e...a quanto pare aveva ragione lei. Appena si voltò alla vista di quel contrasto di colori, pelle chiara, capelli ramati, occhi chiarissimi, quasi grigi e la voglia scura sull'occhio sinistro, sgranò leggermente gli occhi ma poi tornarono ad un'apertura normale, lasciò la frase senza finirla, in attesa di una risposta dei due nuovi clienti.

Ho cercato di regolarmi con la descrizione di Gwen, ovvero prima dei provini di Quidditch >w<

 
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view post Posted on 23/8/2014, 16:26
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Salutò con un cenno Horus quando vide comparire la sua inconfondibile figura sulla soglia del locale e lo guardò prendere posto di fronte a lei. Nella sua testa i pensieri avevano già cominciato a frullare come falene impazzite attorno a una lanterna, mentre lei cercava di incastrare ciascuna parola con la successiva. Le ricordava un gioco per bambini dove certe forme di legno potevano essere abbinate solo a certe altre.
"Figurati. Anzi, grazie di essere venuto".

Quando il ragazzo affermò di volerle offrire qualcosa, il primo istinto di Elhena fu di rifiutare. Dipendere da qualcuno, anzi essere in debito con qualcuno persino di pochi Zellini la metteva in imbarazzo. Tuttavia sia le era stato insegnato come spesso fosse meglio accettare con garbo, senza approfittare della cortesia, sia desiderava evitare la danza di rifiuto ed insistenza che di solito in quei frangenti trovava terreno fertile.
Perciò ringraziò nuovamente il suo Capocasa e quando una ragazza dall'aria vagamente familiare con indosso un grembiule da cameriera si avvicinò al tavolo, la Tassina ordinò:
"Per me un boccale piccolo di latte e menta per favore".
Attese che la garzona si allontanasse con le ordinazione, seguendo per qualche istante i movimenti agili della sua piccola schiena, prima di parlare nuovamente. Sapeva - o intuiva - che la vita scolastica e non di Sekhmeth doveva essere molto piena, come dimostrato dai numerosi minuti di ritardo con cui era arrivato, per cui non sarebbe stato affatto il caso di girare attorno all'argomento. Deglutì una volta, con la bocca che già cominciava a seccarsi, ed esordì.

"Io non sono brava con le parole. Hai visto com'era pasticciato il mio biglietto. Però cercherò di essere il più chiara possibile e preferirei che questa conversazione rimanesse confidenziale. "

Oddio, come inizio sarebbe potuto andare peggio, tutto poteva sempre andare peggio, ma sembrava proprio una scena estrapolata da un film di spionaggio di serie B. Forse se nella vita ci fosse stato un regista a dirigere ogni istante, ogni passo, ogni gesto molti errori o gaffes o attimi imbarazzanti sarebbero stati evitati.

"Cioè, non è nulla di che. Credo... Ok, allora la cosa più importante è che ad Hogwarts c'è o c'era fino a poco tempo fa un Rettilofono non registrato al Ministero. "

La ragazza parlava con un tono di voce normale, sottile, magari di una tacca appena più basso del suo solito. Non che con il chiacchiericcio che regnava nel bar ci fosse il pericolo che qualcuno captasse qualcosa, ma non si poteva mai esserne certi.
Parlava ed elencava sulle dita affusolate.

"Seconda cosa, questo ragazzo si divertiva a giocare al Pifferaio di Hamelin con le lucertole."

Lei era seria, serissima, però la storia suonava ridicola persino alle sue orecchie e sperava vivamente che Horus non scoppiasse a riderle in faccia.

"So che sembra una faccenda... irrilevante, ma qualcuno con un'abilità non registrata è un fuorilegge, no? Almeno la professoressa Pompadour la pensava così sono andata a riferirglielo per chiedere consiglio"
si affrettò ad aggiungere, giusto per sicurezza.
Distrattamente tamburellò sul tavolo prima di aggiungere un altro tassello al discorso.

"Terzo, ho scoperto di essere io stessa una Rettilofona. Non che sia di primaria importanza. Tuttavia, ecco, me ne sono resa conto parlando con una lucertola alle serre e, non so, vorrei aiutarla a ritrovare quei fratelli che quel ragazzo ha portato via"
concluse.
Avvertiva il sudore caldo sui palmi delle mani, il calore dell'imbarazzo sulle guance, la goffaggine di un racconto che non sarebbe mai stato dignitoso.

"E ho pensato che forse, siccome a volte ti ho visto in Sala Comune con una lucertola sulla spalla, forse potevi sapere qualcosa. O avere qualche idea in proposito."

Chinò la testa e sorbì un poco della sua bibita.

 
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Horus R. Sekhmeth

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Non passò molto tempo, prima che la garzona che Horus aveva cercato con lo sguardo, si palesasse al loro tavolo, agile nel districarsi tra la folla dei Tre Manici. Horus diede distrattamente un'occhiata al menu, mentre Elhena si decideva ad ordinare, sentendosi sollevato nel sapere che aveva accettato il suo invito.
Sapeva bene che non sempre offrire qualcosa ad una ragazza, soprattutto se poco più di una conoscente, era conveniente e, a volte, era un gesto che veniva frainteso. Ma c'erano occasioni in cui quelle piccole cortesie, quelle "scuse" erano il mezzo più efficace per mitigare imprevisti di quel tipo; se Elhena avesse rifiutato, l'imbarazzo sarebbe aleggiato come una pesante coltre su entrambi per tutto il resto della loro conversazione.

« Per me un boccale medio di Burrobirra alla zucca, per favore. » Esordì, rivolgendosi con un sorriso alla garzona. Era una fanciulla minuta, dai lunghi capelli neri e dai grandi occhi di ghiaccio. Un viso pulito, come tanti alla sua età, probabilmente al suo primo anno di scuola. La Casata? Non avrebbe saputo dirlo con certezza, eppure ebbe il vago sentore di averla intravista in Sala Comune e che una volta avesse visto di sfuggita una ragazza molto simile a lei esclamare qualcosa ad uno dei cactus ballerini, in una strana e unilaterale conversazione.
In ogni caso, al Caposcuola non sfuggì lo sguardo di lei, gli occhi sgranati per un attimo quando li aveva posati su di lui. Si sentì irritato, ma la fanciulla si riprese con tanta professionalità che fu impossibile biasimarla. Era abituato, ormai, a passare per un tipo... strano. Lasciò che la ragazza appuntasse i loro ordini e, una volta che se ne fu andata, si rivolse ad Elhena che cominciò subito a parlare, saltando inutili preamboli. Con tanti ringraziamenti da parte di Horus.
Il nervosismo della Tassina, che il ragazzo aveva ipotizzato in precedenza, trovò ancor più conferma nella sua frase d'esordio. Sorpreso, per quella richiesta —scontata, a dirla tutta—, Horus si limitò ad annuirle con decisione, poggiando un gomito sul tavolo e la guancia sulla mano aperta.

« Cioè, non è nulla di che. Credo... Ok, allora la cosa più importante è che ad Hogwarts c'è o c'era fino a poco tempo fa un Rettilofono non registrato al Ministero. » *Cos--- E a me?* A quelle parole Horus fece molta fatica a restare impassibile, evitando di alzare le sopracciglia e continuando a guardare Elhena con un'espressione neutra sul viso. Era solo l'inizio, si disse. Certo, detta così, con quel tono di voce basso da cospiratore, sembrava qualcosa di assolutamente assurdo: chissà quante persone non registrate c'erano al Ministero, uno studente Rettilofono non era che una briciola. Eppure, l'istinto del Tassino sapeva bene che Elhena non era una sprovveduta, né una paladina della giustizia pronta a punire qualcuno solo perché aveva gettato in terra una cartaccia. C'era altro dietro, e il ragazzo rimase in silenzio, lasciando che la Attwater continuasse con il suo ordinato discorso, senza perdersi neanche una sua parola, per quanto inizialmente senza un filo che lo facesse ricondurre a lui.
Fu quando lei rivelò il secondo e il terzo punto salienti di quel discorso, che quel filo cominciò a palesarsi nei suoi ricordi, con una vividezza incredibile. Si rivide cinque anni prima, giovanissimo e vestito ancora con gli abiti nel ballo, al limitare della Foresta Proibita, chiacchierando —per così dire— con uno strano e sibilante ragazzo appollaiato tra gli alberi.

*Re Rettile...* Ancora una volta, Horus fece fatica a non esternare troppo i propri pensieri e si limitò a far scivolare la mano all'altezza della bocca, con aria assorta.
Per un attimo il viso di Elhena scomparve, come sparì tutto il resto che li circondava: Horus venne catapultato nei suoi stessi ricordi, cercando di ritrovare ogni più piccola sensazione di quel momento che ormai, credeva fosse più che celato nei cassetti della memoria.
Poteva sentire l'umidità dell'erba bagnata su cui si era steso, appesantire il leggero chiffon del mantello. E poteva ancora sentire su di sé quegli occhi freddi, dalle pupille verticaleggianti, che rilucevano al bagliore della luna sopra di loro. Quella falsa promessa, infine, non era stata rispettata.
Horus sbatté un paio di volte le palpebre, tornando al presente. Da dove cominciare? Quanto dire? Decise, infine, di procedere con cautela, con il primo, fondamentale quesito.

« Elhena, prima di risponderti devo farti un paio di domande. Secondo te, la mia lucertola ha a che fare con questo... Rettilofono illegale? » Suonava incredibilmente scontata, così, di primo acchitto. Eppure, aveva senso. Di lucertole ce ne sono a iosa e Syr poteva essere benissimo una di quelle. Certo, il colore della sua pelle e dei suoi occhi la rendeva forse più particolare, ma poteva essere che Elhena avesse fatto immediatamente il collegamento?
*Frena, Ra. Non sai ancora se possa esser lui o meno. Non era... solo un Rettilofono.*
Horus sospirò, appoggiandosi al comodo schienale della sedia e incrociando le braccia. « Dimmi cosa vuoi sapere nel preciso. Dove ho preso la lucertola, se anche io parlo con loro... insomma. Posso essere uno come tanti con uno strano animale domestico. Qualcosa che ti ha spinto a venire da me, al di là della mia lucertola da compagnia ci deve essere, no? » Il tono della sua voce era pacato, gentile. Sapeva che poteva sembrare una domanda arrogante e presuntuosa ed il ragazzo fece del suo meglio, per non dare quell'impressione alla Tassina. Ma prima di qualsiasi ipotesi, doveva sapere se quel filo era davvero riconducibile a colui che aveva intravisto in passato, solo così avrebbe potuto parlare chiaramente alla fanciulla. Un Rettilofono era un Rettilofono, ma un ragazzo-serpente... era diverso. E se così fosse stato, se le identità di chi conosceva Elhena e di chi Horus fossero combaciate, probabilmente si sarebbe rivelata una cosa ancor più grossa di quanto i due ragazzi avrebbero potuto immaginare.

« No one knows and no one will know, but I feel like losing senses. I am in this corner here alone. »



Cccciukyna mi sono preso una piccola licenza poetica. :*-*:

Per il conto, pago entrambe le cose io.
 
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In automatico la tassina aveva preso il blocchetto per scrivere, insieme alla penna nera che teneva nel taschino del grembiule. La ragazza dai capelli biondi voleva - << Un boccale piccolo di latte e menta per favore >> annuì scrivendo solo "lat. menta" . Subito dopo girò lo sguardo verso gli occhi chiari del ragazzo, in attesa della sua risposta che, ben presto arrivò - << Per me un boccale medio di Burrobirra alla zucca, per favore >>. Scrisse di nuovo in diminuitivo "burr - zucca". Posò la penna e il blocchetto nei loro posti originari e diede un ultima occhiata ai due clienti prima di sfrecciare nella sala.
<< Torno subito! >>
Con un sorriso veloce a bocca chiusa, girò i tacchi (o meglio le Converse) lasciò i due clienti parlare tra loro e superare le tavolate imbandite di dolci e burrobirre che finivano una dopo l'altra, con rutti seguiti da qualche urletto o enormi risate, tintinnì che si ripetevano come una musica. Assordante. Il più delle volte tornava al dormitorio barcollante con i suoni che sembravano dei martelli sulle tempie e l'unico rimedio per la sua emicrania era andare a dormire, senza chiaccherare con le sue compagne di stanza, senza divertirsi in Sala Comune, così per quattro volte a settimana.
Salì sopra il bancone, c'era solo lei, prese un boccale dei soliti e lo mise sotto la manovella della burrobirra alla zucca, che afferrò con la mano destra e la tirò un po' giù. Colava un liquido arancionastro che andava pian piano riempendo il boccale. Arrivato a 3/4 la ritirò e si portò la burrobirra in cucina per portare poi assieme l'altro boccale di Lattementa. Andò in cucina, dove l'aspettavano due maghi che invece di correre volavano nella piccola saletta angusta, uno di media età e l'altro più bassetto verso la sessantina, il secondo alla sua vita si bloccò in quell'enorme caos e la guardò negli occhi come per dire "Che c'è?"
Ophelia gli chiese del lattementa reggendo la burrobirra con entrambe le mani, e poco dopo, lo stesso signore barbuto e basso gli diede un bel bicchierone pieno di liquido verdastro. Appena preso, la menta gli saliva fino alle narici, che le solleticavano le vie olfattive, non doveva starnuire, per, nessun, motivo. Afferrati entrambi trattenne un po' il respiro, ma non li portava con difficoltà anzi, le sembravano due bicchierini da superalcolici a differenza delle normali sei-sette burrobirre sui vassoi, e li posò davanti ai due ragazzi, cercando di ricordarsi chi aveva ordinato cosa.
Con le mani libere passò i palmi e i dorsi sul grembiule e salutò i due maghetti con -
<< Ecco a voi! Se volete altro fate pure un fischio! >> Abbozzando un sorriso nell'ultima frase. Non poteva sapere quanta gente poteva arrivare ancora, ma era sicura che se fosse arrivata altra gente una semplice mano alzata non sarebbe mai riuscita a trovarla. Era abituata ai fischi, ci aveva fatto l'abitudine. Lasciò i due ragazzi parlare in disparte, anche se un pizzico di curiosità certamente ce l'aveva. Ma il suo spirito professionale le bloccava automaticamente quei pensieri di bambina. Tutto regolare, si era rimmersa nel normale spazio continum del lavoro.


Ookay! Aluora
Horus Sekhmeth - Boccale piccolo di Latte e menta x 1
Boccale medio di Burrobirra alla Zucca x 1

Conto aggiornato!



Edited by Giuky93 - 29/8/2014, 14:14
 
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Sorbì un altro sorso della propria bevanda, lentamente e assaporando il gusto pastoso del latte e quello fresco della menta.

"Non proprio"
rispose istintivamente alla prima domanda di Horus. "Cioè, non escludo a priori la possibilità che lo sia".

Fece un'altra pausa per comporre una frase che avesse un senso compiuto. Con le dita disegnava cerchi sul tavolo usando la condensa che si stava formando sul boccale.


"Quindi, sì, se potessi dirmi dove l'hai trovata sarebbe utile. Se l'hai comprata o no.”


La richiesta uscì abbastanza dura dalle sue labbra ed estranea alle sue orecchie. Per poco non si morse la lingua. 
"Ok, non era proprio il modo di domandare un favore. Sono solo un po' nervosa." si affrettò a scusarsi, mentre ingollava un altro piccolo sorso.
"È come una caccia al tesoro con gli indizi dati con il contagocce. Non credo che tu sia coinvolto. O almeno, non è stato quello il motivo principale per cui ti ho chiesto di incontrarci oggi. La vera causa è quella lucertola che tieni. Perché dopo i Registri al Ministero, quei rettili sono l'unica pista che mi viene in mente di seguire."

Se fosse stata più esperta avrebbe potuto passeggiare per il giardino e chiacchierare con qualsiasi lucertola con cui si fosse imbattuta. Avrebbe cercato testimonianze, insistito per avere dettagli o informazioni sempre più precise. Avrebbe allargato un quadro al momento soffocante e confuso fino a trasformarlo in uno scenario ad ampio spettro. Se fosse stata più esperta. Non lo era. Perciò 
doveva affidarsi a metodi più lunghi, più complessi. Più... Babbani.


"Le lucertole non sono comuni come animali domestici. Quindi i casi sono tre. Uno, l'hai comprata normalmente o te l'hanno regalata. Comunque non l'hai raccolta nei prati e la storia finisce qui. Due, l'hai effettivamente trovata da qualche parte, ma non c'è nulla di troppo strano. Di nuovo mi trovo in un vicolo cieco. Tre, quel rettile non proviene da un negozio e la sua presenza nasconde qualcos'altro. Qualcosa di più grande."


Finì il proprio latte e menta, lasciando giusto due dita sul fondo. Le avrebbe bevute più avanti. Le unghie ticchettavano sul legno. 
"Sto solo facendo ipotesi. Funziona così, no?"

Quella era una faccenda che aveva scoperto starle a cuore. Anzi, le era stata a cuore fin da subito, passata la sorpresa iniziale per la scoperta di un mondo su cui non si era mai soffermata. Oltre i cavilli legali. Oltre la presunta pericolosità di chi possedesse una qualunque abilità magica senza essere propriamente registrato. Oltre tutto questo, si era imbarcata in quell'avventura per affetto ed empatia. Aveva provato ad immaginare cosa avrebbe provato se uno stregone si fosse presentato a casa sua, incantando i suoi genitori a seguirlo, e le risposte non erano state piacevoli. 
Perciò ora cercava di mettere da parte la timidezza e di indagare con l'audacia necessaria per strappare dati preziosi, spesso custoditi gelosamente.

 
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Horus R. Sekhmeth

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Horus sapeva bene di aver messo "alle strette" la fanciulla. O meglio, era consapevole del fatto che la sua domanda fosse un tantino retorica, immaginando già che Elhena ritenesse Syr un punto importante della sua curiosa ricerca prima ancora che fosse lei stessa a dirlo apertamente.
Tuttavia, ancora una volta, ascoltò la fanciulla parlare con quel pizzico di nervosismo che ormai la contraddistingueva; si sforzò di non sorridere nell'immaginarla qualche tempo addietro in Foresta, quando un pericolo molto più grande di quella situazione tranquilla al pub, li minacciava entrambi. In quel caso, constatò il Caposcuola, Elhena fu sì, nervosa, ma era riuscita a celarlo con una —involontaria— maestria. Ed ora... eccola lì, in preda all'agitazione, crucciata da parole pronunciate forse con troppa enfasi e con chissà quale altro dimore a gravare su quelle esili spalle. Curioso, si disse.
In quel mentre, la garzona portò loro le bibite; Horus la ringraziò con un sorriso, frugando poi nella sacchetta porta-monete e lasciandole l'importo dovuto sul tavolo.
Si portò lentamente il boccale alle labbra, saggiando la frescura del vetro con le dita. Lo sguardo non abbandonò mai la ragazza, seppur gli occhi si socchiusero appena per il piacere della bibita a rinfrescargli il palato.
Inevitabilmente, però, nascosto dal bicchiere, Horus sorrise, quando Elhena gli elencò le sue tre ipotesi su dove il ragazzo avesse potuto recuperare Syr.

« Effettivamente, sì, si fa così. » Concordò con lei, abbassando il boccale e poggiandolo sul piano del tavolo, senza però lasciarne la presa. Per un attimo Horus si voltò a guardarlo, pensieroso.
Aveva avuto bisogno di sapere se Elhena si fosse imbattuta in quella lucertola per un caso, se avesse più o meno idea di quanto grande, in realtà, sarebbe potuta essere quella storia. Quanto dannatamente si intrecciava con un ricordo del passato di Horus, ormai sepolto da tempo.

« A dire il vero... » Esordì poi, riportando la sua attenzione verso di lei « Tutte e tre le tue ipotesi sono potenzialmente corrette. » Tacque un istante, appoggiandosi meglio al morbido schienale della sedia.
« Uno... » A sottolineare la numerazione, Horus alzò l'indice. « Me l'hanno... regalata e al contempo l'ho trovata nei prati. Due... » Un altro dito si sollevò « L'ho effettivamente trovata da qualche parte, appunto. Precisamente al limitare della Foresta Proibita. Non c'è nulla di strano, probabilmente, quel luogo pullula delle più disparate creature Magiche, figuriamoci quelle Babbane. Tre... » Un ultimo dito completò la triade, bene in mostra davanti la ragazza. « Syr non proviene quindi da un negozio e nasconde qualcosa di più grande. E che io credevo dimenticato da molto tempo. » Con un sospiro impercettibile, abbassò la mano, mentre si portava nuovamente alla bocca la sua bevanda. Bevve piano, piccoli sorsi per gustarsi la Burrobirra e il mix alcolico dato dall'alcol e dalla dolcezza della zucca, certo, ma anche per prendere tempo, riordinando il discorso e l'ammasso di ricordi ingarbugliati nella sua memoria. Ben presto, più di metà bibita se n'era andata. Era ormai chiaro: era il momento di esporre le carte in tavola.
« Quando hai iniziato il discorso, Elhena, credevo che tu sospettassi qualcosa riguardo l'origine di Syr. O meglio... » Si corresse, aggrottando le sopracciglia « Credevo sapessi molto di più di quanto tu avessi voluto dire, conoscendo retroscena di come io l'avessi recuperata. Sarà il tuo nervosismo, sarà per il curioso argomento e per le incredibili coincidenze che ci hanno portato qui. Poi mi son detto che era impossibile che tu fossi a conoscenza di accadimenti avvenuti più di cinque anni fa, quando ancora non eri ad Hogwarts. » Horus si strinse lievemente nelle spalle, mentre un piccolo sorriso ironico incurvava un angolo delle sue labbra. « Ma ora, finalmente, capisco. Ciò che è successo a te e ciò che è successo a me, probabilmente, sono due tasselli di un puzzle ben più grosso e che combaciano in maniera sorprendente. »
Era sicuro di star confondendo la giovane, ma il ragazzo non vi badò conscio che ben presto avrebbe capito, incrociò le braccia e sospirò, questa volta, più rumorosamente.
« Avevo... dodici anni. Era la fine di un Ballo di Primavera e mi ero allontanato per un po', avvicinandomi al confine della Foresta Proibita. Mi sdraiai sull'erba e credetti di essere solo... finché una strana voce non mi costrinse a balzar su di scatto. » Se solo avesse chiuso gli occhi, Horus ne era certo, avrebbe potuto rivivere quei momenti con una vividezza incredibile: la bellezza di Sivra nell'abito che lui le aveva regalato, Mya che parlava con Niko e lo sguardo della stessa Sivra che si posava sui due, per poi rabbuiarsi subito. Credeva di esser stato geloso di lei, quando in realtà... * Che idiota.* « Era una voce strana, inumana. Simile ad un sibilo e, allo stesso tempo, parlava un inglese scorretto, ma comprensibile se si fosse fatta attenzione. Non avevo mai sentito nulla di simile. Proveniva dalla Foresta, da un albero che confinava proprio con la porzione di prato in cui mi trovavo. Lì, nascosti tra i rami ho scorto due occhi rossi, le iridi verticali come quelle di un serpente, rilucere appena al bagliore della luna piena. » Il solo pensiero, nonostante gli anni passati e gli orrori a cui aveva assistito nel tempo, gli provocò uno sgradevole brivido che lo percorse dalla nuca alla schiena.
« Poi, all'improvviso, gli occhi rossi sparirono, venendo sostituiti da un altro paio, di color giallo intenso. Quella voce tacque e ne arrivò un'altra, proveniente dal medesimo punto. Era una voce umana, di un ragazzo. Forse un po' roca, ma non v'erano dubbi che appartenesse ad una persona. Chiedeva "dov'è andato" o qualcosa del genere e, spaventato, mormorava "sta tornando". Lì ho capito che qualcosa non andava. I due toni di voce erano diversi, ma allo stesso tempo uguali. Ho compreso che erano lo stesso essere. » Tacque ancora un istante, bevendo un altro sorso di Burrobirra per allietare la gola arsa. Quando poi riprese, lo sguardo di Horus era puntato, distrattamente, verso il boccale. « Ti risparmio i discorsi. E' stato quanto di più strano mi sia mai potuto succedere. E d'un tratto, ancora una volta la voce cambiò, divenendo un sibilo. Non v'era più nulla di comprensibile e ben presto si moltiplicò, in decine di altri sibili. Quando abbassai lo sguardo, verso i miei piedi, e tutt'intorno, non v'era un punto libero da lucertole e serpenti. Erano ovunque. Sui miei abiti, sulle mie spalle, sui miei piedi e, soprattutto, sopra l'albero laddove la voce proveniva. Lo chiamai "Re Rettile", un po' per quello strano potere che sembrava esercitare, un po' a presa in giro. Parlava, poi, di un corpo, come se l'avesse posseduto e credetti che quella creature, di umano, non avesse più nulla oramai. Capì che quella voce, disperata, che avevo udito poco prima, non fosse che un... rimasuglio, di colui che un tempo era stato un umano. » Le parole uscirono dalle sue labbra con una semplicità e una naturalezza che non si era aspettato. Il tono era basso, confidenziale, eppure sicuro, senza tradire l'inquietudine che, in realtà, Horus stava provando nel ricordare.
« Non potevo... e non volevo fuggire. » Confessò, alzando lo sguardo verso Elhena e guardandola con sincerità.« E... giocammo. Di un gioco pericoloso. Lui mi chiese tante cose, sottolineando la differenza fra la mia natura umana e la sua... di Sanguefreddo. Mi sfidò ed io, nella mia arroganza, vantandomi del mio nome, mi imposi, dicendo che un Falco non si inchinerà mai ad un Serpente, volando sopra la sua testa e cibandosene. Nuovamente, lui mi chiese di dimostrarglielo. Come ben sai, io porto il nome anche del dio Sole, Ra. E Ra, nella mia religione, viene scortato, nella notte, da un serpente, Mehen, che lo protegge da un suo simile, malvagio, Apophis. Per comprendere quale dei due fosse il Re Rettile, e per comprendere quanto io fossi disposto a Volare in alto, egli mi lasciò Syr. A Luna Nuova, affermò, quando la lucertola si fosse rinnovata e lui con essa, avremmo parlato "del mio Volo". » Concluse, racchiudendo quelle ultime parole imitando delle virgolette con le dita. Esausto, come se avesse parlato per eoni, Horus sorseggiò ancora la sua Burrobirra, lasciando il silenzio calare su di loro per qualche istante. I due racconti si incastravano più o meno perfettamente, sebbene tante parti fossero ancora del tutto oscure. Aveva atteso, sperato ed infine, dimenticato.
« Il Re Rettile e il ragazzo Pifferaio, probabilmente, sono la stessa... » Sorrise. « Creatura.
Ma io, da quel giorno, non l'ho mai più rivisto. Syr non ha mai mutato pelle. Mai. In cinque anni.»


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Quando Horus ebbe concluso il suo lungo racconto della propria avventura di dodicenne con un misterioso essere da lui chiamato Re Rettile, Elhena aveva finito di bere la propria bibita e già stava rimuginando sui fatti appena appresi, per comprendere come potessero incastrarsi con le informazioni già in suo possesso.
“Ammetto di essermi un attimo persa tra tutte le divinità da te citateconfessò, imbarazzata, abbassando lo sguardo sulle proprie mani intrecciate sul tavolo. “Però credo di aver capito il senso” aggiunse e, per dimostrare il fatto, ripeté per grandi capi la storia che il Caposcuola le aveva appena riferito.
“Sei proprio sicuro che Syr non abbia mai mutato pelle?” domandò. Anche se, in realtà, dubitava che una persona diligente e attenta come Horus, soprattutto se sfidato nell’orgoglio di sé come persona e della sua tradizione, non avesse monitorato giorno per giorno il piccolo rettile in attesa dell’importantissima muta.
Condivido la tua ipotesi che il Re Rettile e il Ragazzo Pifferaio, ti dispiace se lo chiamo così? Sì, ecco, potrebbero davvero essere la stessa persona.” commentò, mordicchiandosi nervosamente le labbra e intrecciando e disintrecciando le dita. Era come ricostruire un puzzle cui mancavano i pezzi e, per di più, essendo costretti a partire dal centro. Costruirlo nella confusione di un locale che, pur confortevole come I Tre Manici di Scopa, non era di certo pensato per lo studio. Non era affatto silenzioso. Insomma, non era la biblioteca.
Un diffuso e allegro chiacchiericcio ronzava nelle orecchie, in maniera dispettosa, e non appena un pensiero faceva capolino alla base del cervello, lo cacciava via, impedendo al conscio di afferrarlo, codificarlo ed elaborarlo. La nebulosa di ipotesi rimaneva tale.
Forse, se quelle erano tutte le informazioni in loro possesso, continuare ad elaborare teorie tanto affascinanti quanto impossibili da dimostrare, almeno finché non si passava sul piano dell’azione concreta, sarebbe stato di fatto inutile. E lei aveva promesso che sarebbe tornata da Oruo in meno di un mese, ormai, con qualche novità.

“Ascolta, io pensavo di tornare alle serre tra un mese circa. È la che ho incontrato una giovane lucertola di nome Ouruo e ho scoperto di possedere questa … abilità. Forse Syr la conosce” ipotizzò, prima di aggiungere “Le ho promesso che sarei tornata a riferire quanto avessi scoperto. Ho proposto alla professoressa Pompadour di venire con me e, ora, giro l’offerta a te. Anche se sarà un vero pasticcio di lingue e traduzioni!”
Soffocò un singulto di risata pensando a quanto ridicola suonasse la frase da lei pronunciata ed immaginando la scena di tre maghi, di cui un adulto, e di due lucertole intente ad intrattenere un’amabile conversazione.
“Inoltre… non voglio essere invadente, ma potrei...ecco, potrei provare a parlare con Syr” propose, attorcigliando una ciocca bionda attorno al polso.
“Non che io sia sicura di riuscirci” precisò, con gli occhi che faticavano a rimanere fissi su un punto. “In fondo ho ancora così tanto da imparare.”


Perdona il post corto
 
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view post Posted on 25/10/2014, 22:00
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Ripensandoci, il racconto di Horus suonava più astruso che mai, anche in un mondo Magico come quello in cui vivevano i due ragazzi. E mentre Elhena riassumeva ciò che aveva capito, Horus non poté che confermare il suo pensiero, terminando di sorseggiare la sua bibita. Sorrise sotto i baffi, quando la giovane ammise di essersi persa dietro i nomi delle Divinità da lui citate e, meschinamente, ne fu contento. La sua Religione era più o meno conosciuta tramite i libri di scuola, elementare prima, e Hogwarts poi, ma mai nessuno aveva approfondito e certi dettagli erano noti solo ai pochi che la conoscevano e la tramandavano da millenni; costava, quindi, una certa... fatica, al ragazzo, esporli.
*Che fanatico...* Si biasimò, perdendosi per un attimo nei propri pensieri, osservando con fare vacuo il bicchiere vuoto. Sussultò a malapena, quando Elhena gli rivolse una domanda, palesemente retorica. Horus si limitò ad annuire col capo, scacciando dalla mente i rimproveri verso se stesso e tornando presente alla situazione. Diamine, se era sicuro, avrebbe voluto risponderle, sfogando un pizzico di quella delusione vecchia di anni. Aveva atteso a lungo che Syr lasciasse indietro la sua vecchia pelle, ma mai aveva notato alcun cambiamento in lei. Se non altro, aveva imparato a capirla. Ma la voce di Elhena gli impedì —fortunatamente— di approfondire la risposta e il discorso, ben presto, prese una piega diversa, decisamente più attiva. Interessato alla faccenda più che mai, Horus appoggiò i gomiti sul tavolo, avvicinandosi lievemente verso la fanciulla e seguendola con attenzione. L'idea di andare a farsi una chiacchierata con le lucertole poteva sembrare sempre più bislacca, quasi (quasi!) quanto l'incontro col Re Rettile, ma per chi era dentro quella storia come Horus, Elhena e... *Camille?* poteva rivelarsi fondamentale.
« Sarei davvero felice se potessi venire anche io. » Le disse, nella breve pausa che seguì, sorridendo alla ragazza e provando ad immaginare come sarebbe stata confusionaria, ma straordinariamente illuminante quella situazione. Ebbe una fugace visione di loro tre, seduti in circolo nella Serra, una tazza di tè vicino ad ognuno di loro e le due piccole lucertole al centro, intenti a disquisire del più e del meno e sulla qualità degli insetti a colazione.
*Pfff...* A sua volta, Horus soffocò una risatina, chinando appena il capo divertito: cavolo, aveva bisogno di un'altra Burrobirra. Tuttavia, la richiesta di Elhena allontanò completamente il desiderio di richiamare la piccola garzona e lasciò per un attimo spiazzato il ragazzo. Horus sospirò, appoggiandosi allo schienale a allungando una mano verso il bicchiere, con gesto automatico.« Immaginavo me l'avresti chiesto... » Ammise, giocherellando distrattamente con il bicchiere vuoto. Le sopracciglia si corrugarono leggermente, mentre il giovane valutava velocemente la cosa. Per come stavano le cose attualmente, non poteva certo negare ad Elhena quel favore, tanto più se si rivelava utile anche per lui. Eppure, una vocina infida dentro di lui continuava a metterlo all'erta, facendogli notare che, in fondo, non poteva sapere se Elhena avrebbe riferito davvero tutto quanto. D'improvviso, il Caposcuola si rese conto di provare un pizzico d'invidia per quella Tassina. Le scoccò un'intensa occhiata, chiedendosi come sarebbe stato parlare con Syr faccia a muso, chiedendole tutto quello che l'aveva tormentato da anni.
« Suppongo non ci sia nulla di male. » Convenne, infine, piegando verso l'alto un angolo della bocca in un sorriso sghembo e passandosi una mano fra i capelli. « Ma vorrei esser presente anche io, se non ti dispiace. » Concluse, con tono affabile, ma definitivo. Non avrebbe certo risolto le cose, e sicuramente non avrebbe compreso niente se non la traduzione di Elhena, ma in ogni caso, esser lì era già qualcosa. *Devo fidarmi.* D'altronde, non poteva fare altrimenti: era impossibile pensare che la ragazza potesse nascondere qualsiasi cosa. Non quando il suo viso era così pulito, così innocente. No, si disse, era davvero miserevole dubitare di lei. E irriconoscente: l'aveva o non l'aveva aiutato, nel suo piccolo, contro quel cavolo di Licantropo, tempo addietro?
« Dimmi solo quando e dove. » Disse, risoluto.

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view post Posted on 12/11/2014, 21:52
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Per stare svolgendo una ricerca nel vuoto delle incertezze, la Tassina stava raccogliendo più materiale del previsto, forte di aiuti inaspettati. Da un lato la professoressa Pompadour pareva non solo disposta a sfogliare i registri ministeriali alla prima occasione, ma anche sinceramente interessata all’argomento. Fosse solo per un motivo di sicurezza per Hogwarts e il mondo magico in generale. Dopotutto, a seguito degli avvenimenti che avevano sconvolto la scuola negli ultimi tempi, soprattutto dopo l’attacco che l’aveva profondamente scossa con la distruzione e le morti portate con sé, nemmeno una minaccia minima o apparentemente insignificante poteva essere ignorata.
Un banale sassolino staccato dalla montagna nelle giuste condizioni e in un clima di negligenza umana poteva ben trascinare con sé una valanga di fango e detriti, in grado di ingoiare ogni edificio al suo passaggio.
Elhena scostò una ciocca di capelli, ricacciandola dietro l’orecchio, mentre con le dita tamburellava sovrappensiero sul tavolo. Così esprimeva il proprio nervosismo di tredicenne che avrebbe dovuto preoccuparsi solo dello studio, delle amicizie o di minori questioni di cuore. Non di lucertole parlanti e Rettilofoni illegali. Non di un’abilità che era comparsa violentemente nella sua vita.

“Pare giusto”
commentò alla condizione di Horus di essere presente quando avesse interrogato Syr. “Dovrai però fidarti di me per la traduzione” scherzò, per allentare la tensione. “Anche se probabilmente sarà un lavoro lungo e faticoso”
Da un certo punto di vista era come una persona che, dopo poche lezioni di una lingua, decidesse già di spacciarsi per madrelingua, sperando di essere capito da altri e viceversa, pur con un vocabolario assolutamente insufficiente. Anche se, in fondo, il paragone non era nemmeno corretto. In realtà lei conosceva quella lingua, la conosceva dalla nascita, se ne era solo dimenticava: riafferrare quei concetti sarebbe stato un lavoro lungo e faticoso.
Un’altra domanda poi premeva contro una tempia.

“Vorrei tornare da Ouruo per la fine di novembre, ma qualunque data andrebbe bene. Davvero. Potrei farti una richiesta”
domandò. Non era un reale quesito, quanto un’introduzione di cortesia. La Tassa si concesse un momento di silenzio, sia per ordinare i propri pensieri, sia per concedere ad Horus la possibilità di un rifiuto. Il quesito frullava nella testa, mentre l’albero genealogico della famiglia Attwater stendeva i propri rami tra una memoria e l’altra.
“Sai se capacità di questo tipo possano saltare una generazione? Vorrei capire da chi l’ho ereditata, se mio padre me l’abbia nascosto e in caso perché. Non ricordo di avertelo mai detto, ma sono Mezzosangue”
buttò lì, nella speranza che un altro tassello andasse al suo posto. Almeno che alcuni pezzi del puzzle fossero scartati perché non adatti a quel determinato spazio.
Altrimenti si sarebbe appuntata la data dell’appuntamento, avrebbe ringraziato il Caposcuola e avrebbe atteso.

 
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view post Posted on 24/11/2014, 17:55
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Horus R. Sekhmeth

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Le persone che si intravedevano oltre la polverosa finestra dei Tre Manici si susseguivano una dopo l'altra, assomigliando a tante formiche indaffarate. Dalla posizione in cui si trovava il tavolo ove sedevano Horus ed Elhena, era visibile la porzione che dava direttamente su Diagon Alley, e le sgargianti tonalità delle tuniche e degli abiti dei Maghi e delle Streghe che passeggiavano, richiamavano l'attenzione molto di più, rispetto ai vestiti Babbani. Horus si era concesso un paio di minuti di riflessione, in merito alla data del prossimo incontro con la Tassina, osservando nel frattempo, con il mento appoggiato alla mano, la via Magica affollata. Un bambino, il cui volto era per metà celato da un'enorme sciarpa, trotterellava dietro la mamma, camminando come un pinguino per quanto era stato infagottato nel suo mantello di lana. Le labbra del ragazzo si inclinarono appena osservando quella scena, chiedendosi quanto mai potesse far freddo, fuori, per conciare così il proprio figlio.
*Se cade rotola; fortuna che non c'è la neve, altrimenti diventerebbe un pupaz...*
« Oh! » Esclamò d'un tratto, alzando la testa e guardando Elhena. Improvvisamente gli era venuto in mente un piccolissimo dettaglio che entrambi i ragazzi dovevano tenere a mente e non sottovalutare, se non volevano restare delusi e veder falliti i propri progetti.
« Non possiamo aspettare troppo, l'inverno sta arrivando. » Disse, eloquente, incrociando le braccia e appoggiando la testa allo schienale del divanetto: le lucertole, come molti animali, andavano in letargo. Syr era strana, su quel punto di vista. D'inverno adorava nascondersi sotto il comodino di Horus, dormicchiando lì per giorni interi. Sbucava raramente, mettendo il musino fuori soltanto per arraffare qualche briciola o qualche insetto o ragno in Sala Comune, concedendosi qualche volta una dormita sulle ginocchia di Horus quando leggeva davanti al camino acceso, per poi tornarsene a ronfare a pieno ritmo fino alla primavera.
« Syr ha un sonno irregolare in letargo: ogni tanto si sveglia per qualche ora, anche se non saprei darti nessun preavviso. Ma non so bene se Ouruo e le sue sorelle seguano questo ritmo strano o se vadano in letargo come tutte le lucertole in maniera permanente fino alla fine dell'inverno. Se vogliamo agire, in ogni caso, dobbiamo farlo il prima possibile. » Concluse, pensieroso. Stabilire o meno quando un animale andava in letargo era arduo. Non era un fattore temporale, quanto più meteorologico e si sa che questo fattore era imprevedibile di anno in anno. Se il Freddo giungeva in anticipo, rischiavano di trovare più di un rettile addormentato già a fine novembre. In più, l'eccitazione per la probabile scoperta dell'identità del Re Rettile stava cominciando a montare con prepotenza, in lui, spingendolo ad agire al più presto. Suonava quasi incredibile: fino a pochi giorni prima, aveva quasi dimenticato la figura misteriosa che gli aveva affidato Syr, che, dal canto suo, non sembrava per niente interessata al cambio di pelle, e ora, grazie ad una fortuita scoperta di Elhena, quel caso si era magicamente riaperto. C'era da dirlo: l'abilità della fanciulla era stata una piacevole, quanto provvidenziale scoperta. E a tal proposito...
« Sai se capacità di questo tipo possano saltare una generazione? Vorrei capire da chi l’ho ereditata, se mio padre me l’abbia nascosto e in caso perché. Non ricordo di avertelo mai detto, ma sono Mezzosangue. »
« Uhm. » Alla richiesta della giovane, Horus si grattò pensosamente il mento, mentre ci rimuginava su. Non poteva dirsi un esperto di abilità simili, né poteva dire di conoscere Rettilofoni, al di fuori di Elhena. Eppure, questo genere di cose erano note più o meno a tutti i Maghi e Streghe già da una certa età scolastica, e dedurre qualcosa in merito non era poi così azzardato.
« Indubbiamente è ereditaria, come tutte le Abilità Innate. Credo, però, che non sia per forza necessario che debbano saltare tot. generazioni. Potrebbe accadere anche a distanza di secoli, come potrebbe succedersi alla generazione successiva nell'immediato. » Affermò. Mantenne un dignitoso silenzio, e una certa impassibilità espressiva, sullo status di sangue della ragazza. Non era uno di quei Purosangue sempre pronti ad additare e giudicare qualcuno dalla propria origine, soprattutto se Mezzosangue. Erano i Nati Babbani che gli creavano qualche piccolo... come dire... scompenso? Era radicato in lui il pensiero che aveva ereditato da suo padre e dai suoi nonni, secondo cui la Magia non era destinata a quegli stessi Babbani che, in passato, l'avevano perseguitata. Era incoerente, ingiusto, falso ed ipocrita.
Elhena, tuttavia, non era uno di quelli. Ed, anzi, era molto più brillante di tanti Purosangue che Horus aveva conosciuto: grandi, grossi, ignoranti e stupidi come capre.

« Se vuoi saperne di più a riguardo, perché non guardi nei registri del Ministero? Non penso siano privati, basterebbe richiedere il cognome di tuo padre. Questo sempre se lui non avesse voglia di rivelarti qualcosa in più... Effettivamente, la Rettilofonia non è ben vista da tutti. Forse te l'ha celato per quello. Non chiedermi perché. E di certo, non ti giudicherò per questo. » Disse, prudentemente. Non aveva mai saputo perché parlare con i serpenti fosse considerata un'abilità... losca, ai limiti dell'Oscuro. O meglio, aveva provato a chiedere e a leggere, — così ricordava, almeno— ma quello strano mal di testa che ogni tanto lo coglieva giungeva sempre nei momenti meno opportuni e ogni volta che provava a ricordare qualcosa a riguardo...
*Sarò stanco...?*

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Si stava facendo tardi. Il sole autunnale era ormai scomparso oltre l'orizzonte, gettando sul terreno lunghe lame di fredda luce biancastra. Solo la parte superiore del disco era visibile dietro la linea spezzata dei tetti delle case, dai cui comignoli cominciavano a fuoriuscire le prime sottili volute di fumo.
Elhena guardò con discrezione l'orologio da polso, semi nascosto dalla manica della felpa, e constatò sorpresa che la conversazione era durata quasi due ore. Un altro frammento di vita che scivolava attraverso le pieghe del tempo, perso per sempre.
Se non fosse stata in compagnia del proprio Caposcuola, nella convinzione che quest'ultimo le avrebbe fatto da garante in caso di necessità, la Tassina avrebbe dovuto affrettare il passo verso Hogwarts.
Non voleva, infatti, rimanere ad Hogsmeade dopo il tramonto, quando le tenebre calavano sul villaggio magico e il freddo si intrufolava sotto i vestiti, mordendo la pelle delicata fino alle ossa. Né aspirava a violare il coprifuoco.
Tornò a dedicare la propria attenzione a Horus, sfregandosi la base della nuca, nascosta dai capelli, con il dorso della mano, a voler cacciare un pensiero molesto. La fronte si corrugò per la concentrazione.

“Ti potrebbe andare bene l’ultimo sabato di questo mese” propose, dopo un momento di riflessione. “Tra tre settimane” proseguì, contando sulle dita affusolate, che la ragazza scrocchiò tirandole con quelle dell’altra mano e viceversa.
“Se poi dovessero sopravvenire cambiamenti di programma, ci sono sempre i gufi, sebbene io creda che le occasioni di incontro, almeno fugace, non mancheranno” concluse. Dopotutto, appartenendo alla medesima casata, trovava improbabile non incrociarsi mai o in Sala Comune o la mattina, a colazione. Quanto tempo poteva richiedere la trasmissione di un messaggio di poche parole?
“E nel frattempo io potrei esercitarmi con questa … mia nuova abilità, nella speranza di migliorare abbastanza da essere utile quando sarà il momento” aggiunse la ragazzina, abbassando lo sguardo per un attimo fugace e guardando un paio di volte a destra e a sinistra, quasi temesse che qualcuno stesse ascoltando.
Una ventina di giorni. Potevano essere molti o pochi. Sarebbe tutto dipeso da come sarebbe stata in grado di gestire il tempo a disposizione.
E poi c’era quell’altra questione che le stringeva il petto poco sopra l’addome, diffondendo una lieve sensazione di malessere in tutto il corpo. Era una tensione nervosa da stress. Perché, per come si volesse girare la questione, i suoi genitori non le avevano detto tutta la verità.
Sperava che avessero i loro motivi.

“Già, i registri ministeriali” sospirò. “In effetti non ci avevo pensato” soggiunse, posando il mento sul palmo della mano.
Si alzò per recuperare il mantello appeso alla sedia
. “Tuttavia, non credo che li consulterò. Una faccenda importante e perciò devo parlare faccia a faccia con i miei genitori. È il minimo” stabilì.
Le labbra si arricciarono in un mezzo sorriso, la timida smorfia di quando salutava qualcuno e non sapeva come andarsene senza apparire troppo fredda o goffa.

“Ti ringrazio molto, Horus. Mi sei stato davvero utile.”
Lo salutò e uscì dal locale.
Già, le sue indagini non riguardavano soltanto Ourou, Syr e il misterioso Re Rettile. Inglobavano anche la sua famiglia, gli Attwater e altre famiglie Purosangue anglo-gallesi – se l’abilità le derivava dal nonno paterno – e i Fitzwarren, famosi per sposarsi tra cugini da generazioni, se invece ad essere Rettilofona era la nonna.

Due vie.

 
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