Esame GUFO Patrick Swan

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view post Posted on 17/3/2015, 23:58
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Semper Fidelis

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× Off-Game ×


× Legenda
Narrazione
«Dialoghi»


Sospinto dai propri desideri, un po' accelerando e un po' rallentando, cercando di evitare i lanci di incantesimi qua e la, giunse infine in Sala Grande. Li castň l'incantesimo, evocando il drago tanto atteso, chiamandolo Michael e aspettando che giungesse alla destinazione. La sua azione? Non era tanto quella di provocare danni, quanto quella di deviare, resistere, di far sě che nessuno toccasse nessuno, ma questo non o fece. Arrivň troppo tardi? Non ci riuscě. Sospinto dalla propria voglia di salvare i compagni caduti, Shinrestu Raven non ebbe altro da fare che osservare una strana scena, prima di far partire Michael: entrambi ormai smascherati, Vagnard ora scompariva, portato in un luogo sconosciuto a Raven stesso. Aryadne, invece, protetta dal duo Ministro-Swan, rimaneva ancora distesa al suolo. Salvarla? Lo avrebbe fatto. In un secondo momento magari. Perso un compagno, non gli rimaneva che completare la sua propria sfida: immedesimarsi nei panni di un strenuo difensore delle mura e del castello. A quel punto perň, con la mente giŕ di fuori, nei sotterranei, a risalire, a intraprendere una via e tattica diverse, Raven si accorse ancor di altro, o meglio: lo sentě. Un incantesimo lanciato da Patrick, che ora, sembrava rinchiudere Raven nella sua stessa bolla protettiva (o almeno era quel che sembrava che fosse, a giudicare dalle movenze del suo braccio, e sopratutto dalla voce di Patrick...), lasciando cosě quel che era all'esterno, come se fosse esterno, e includendo tra le sue difese anche Raven. Un buco. Sperava forse che Raven non vi entrasse?
Senza perdere ulteriore tempo, lasciando Michael alla propria sorte e destino e staccando con lui ogni possibile concentrazione o legame, Raven scelse subito cosa fare. Certo. Poteva attaccare ancora e godendo della propria invisibilitŕ, infliggere ai propri avversari pesanti danni. Ma non era questa la sua missione. Doveva di nuovo uscire dalla Sala. Come? Spostarsi avrebbe richiesto tempo, ed era un'opzione da scartare sin da subito. Non poteva perdere tempo: nel mentre i due sarebbero stati a lottare contro Michael, Raven avrebbe dovuto di giŕ proseguire in avanti.
Conosceva l'incantesimo castato da Patrick, e sapeva anche di trovarsi all'interno della bolla. Dunque, cosa fare? Non sapeva se avesse funzionato, ma sapeva che chiunque si trovasse all'interno dell'area protetta dal Cave Inimicum, poteva smaterializzarsi e portarsi al di fuori di essa. Cosě, istintivamente, lo fece.
Girň su se stesso in un rapido vortice. Come prima. Come sempre. Con la mente vicino all'ingresso nei sotterranei, non sapendo se ci fosse riuscito, ma contando sulle proprie abilitŕ nel farlo. Aveva fatto quel che poteva, concludendo, bene o male, positivamente la prima parte della missione. Ora non gli restava che passare alla parte finale.

Qualora non fosse riuscito a smaterializzarsi, avrebbe compiuto il tragitto verso i sotterranei a piedi, agendo quindi come nella seconda ipotetica.

Se invece la sua smaterializzazione avesse avuto successo e Raven fosse ricomparso esattamente li dove doveva: vicino all'ingresso dei Sotterranei, lo Shinretsu senza stupore avrebbe osservato le rovine, le pietre, i massi posti all'ingresso. E quindi avrebbe agito: sollevandone uno abbastanza grande per poter essere visto come pericoloso, ma abbastanza piccolo da poter essere preso in braccio, si sarebbe sdraiato a terra, proprio li, tra le rovine dell'ingresso nei sotterranei. Avrebbe quindi fatto in modo da mettere il masso sulla propria gamba ferita, proprio sul posto ove era stato ferito precedentemente, questo godendo ancora della sua invisibilitŕ, e quindi, sdraiato li, come se fosse stato coinvolto nell'esplosione e sommerso da detriti nel mentre saliva dai sotterranei, presentandosi come vittima e non come carnefice, avrebbe semplicemente gridato, cosě smascherandosi, e cosě rivolgendo le attenzioni dei presenti su sé stesso:
«Aiuto!» - Avrebbe egli gridato. - «Una pietra mi č caduta sulla gamba!» - Avrebbe gridato di nuovo, fingendosi parecchio dolorante e ferito.
Cosě, per terra, come se fosse colpito dall'esplosione precedente che tra le molti tutti avevano sentito, avrebbe fatto finire il Seocculto, degnano le attenzioni dei piů con la propria presenza.
Finiva la parte del combattimento.
Iniziava un'altra parte.


Punti Salute: 294
Punti Corpo: 324
Punti Mana: 367
Punti Esperienza: 70,5

Oggetti addosso:
Mantello di disillusione
Ciondolo della Fenice
Felix Felicis una dose
Pozione Polisucco 1 dose.
 
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view post Posted on 17/3/2015, 23:59
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- Deus ex Mazza -

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"L'istinto di sopravvivenza, messo universalmente in pericolo oltre ogni dire, ci porta impercettibilmente a far fuori non come prima solo le cose brutte ma anche quelle belle, perché sono davvero troppo poche per avere qualche possibilitŕ di restare a galla nel mare di quelle brutte da far fuori, da dimenticare, da non aver mai vissuto."

Col tempo Patrick aveva compreso che la piů grande presunzione dell'uomo era la convinzione di conoscersi, di poter prevedere i propri comportamenti e, in molti casi, su questa convinzione, basare le proprie scelte di vita, dalle piů piccole alle piů importanti. In genere, egli non applicava tale concezione solo su di sč, ma anche verso le persone a lui piů vicine e che pensa di conoscere bene, creando piů o meno aspettattive rispetto a determinate situazioni. Aveva capito che il suo punto di riferimento concerne le reazioni a eventi quotidiani che nulla hanno a che vedere con situazioni di straordinaria entitŕ. Di fatto, quando viviamo circostanze ad elevato impatto emotivo per la forte pericolositŕ che comportano, in molti casi, nessuno puň percepire a priori il tipo di comportamento che sicuramente assumerŕ, anche se ha avuto una esperienza simile precedentemente; questo perchč diversi sono i fattori che entrano in gioco: in primis il nostro personale ed unico modo di far fronte alle difficoltŕ, la tipologia e la gravitŕ dell’evento, le esperienze passate e, per finire, le innumerevoli ma determinate variabili legate all’evento stesso.

In tale frangente, il Fato sembrava perfettamente al corrente di tali dinamiche nello sgrovigliare il gomitolo di eventi che vedevano protagonisti i poveri umani: li metteva alla prova, continuamente, li testava per scoprire fino a che punto si sarebbero potuti spingere, audaci e temerari, codardi e vigliacchi, astuti e saggi, generosi e altruisti.

Di fronte alla minaccia, cosě imminente e cosě ingente, non v'era tempo per pensare, non v'era tempo per arrabbiarsi, non v'era tempo per tentennare: decidere all'istante poteva apparire come soluzione piů ovvia e semplice, ma essa sarebbe stata utile solo se presa dall'istinto. Perchč l'istinto di sopravvivenza stesso diventava allora protagonista, la morale, l'intelletto, il carattere passavano in secondo piano, cancellati dall'unica cosa in grado di salvarci la vita. Non da tutti era, inoltre, saper come lasciarsi andare a tale impulso primordiale, lasciarsi controllare senza perdere il senno, seguirlo senza perdere freddenza. Era forse questa la dote del guerriero? Uno spirito cosě forte da farsi trascinare dal suo inconscio con l'abilitŕ di cadere in piedi e non esserne danneggiato?

Sacrificio, difesa o fuga: queste erano le vie a cui l'istinto di sopravvivenza poteva condurre.

Il suo animo, la sua forza, la sua energia esplosero con violenza nella Sala Grande, catalizzate dalla bacchetta a creare la campana protettiva che il giovane aveva tanto bramato. Patrick avrebbe dunque potuto gioire della sicurezza del luogo se solo esso non fosse giŕ stato violato. Oscura, maligna, potente ed invisibile minaccia si era infatti insinuata subdola come un serpente all'interno della stanza prima che il Caposcuola compisse il suo incanto. Avrebbe potuto provare soddisfazione ed orgoglio, avrebbe potuto pensare alla prossima mossa, a come aiutare i suoi compagni fuori eppure non fu cosě. D'un tratto il calore e il potere del fuoco gli si palesarono innanzi, ardente ed assetata minaccia prendeva vita davanti a lui, originatasi dal nulla oscuro che si era infiltrato nella roccaforte del bene. Un drago di fiamme si accese di fronte a lui ed in lui tutto si spense.

No, non si trattava di uno svenimento, il Caposcuola non perse i sensi, non rimase immobile ed impaurito; al contrario egli fu posseduto, il suo guscio umano venne preso in assedio dalla parte di se che piů si celava, quell'inconscio che egli stesso temeva, incatenava e proteggeva, ma che, nonostante ciň non aveva mai smesso di esistere e crescere. L'inconscio ora, entrava in gioco da protagonista, forgiato dalle conoscenze e dalle esperienze assimilate nel tempo; egli decideva rapido e quasi istantaneo sul da farsi, manifestandosi nella realtŕ sotto forma di riflessi nervosi che, per definizione, correvano lungo i nervi alla velocitŕ della luce.

Sacrificio.

Per cosa? Avrebbe avuto senso? Se solo avesse conosciuto da dove provenisse la minaccia, avrebbe anche potuto pensare di lasciarsi colpire dal fuoco per attaccarne la fonte. Ma essa era celata alla vista e non aveva proferito parola, rischiare un attacco sarebbe stato come tentare una cinquina al lotto. Sebbene Patrick potesse essere generalmente propenso a tale gesto, l'utilitŕ della sua mossa sarebbe stata pari a 0, la perdita del suo contributo un danno per la sa fazione.

Difesa.

Valeva davvero la pena tentare quella via? Davvero il mago era cosě abile da poter difendersi da un attacco che, da quel che sembrava, era destinato ad alimentarsi piuttosto che a ridursi? Quali erano le vie d'uscita? Un banale protego poteva essere sufficiente? E l'Algor Flamma, sarebbe stato efficace su delle fiamme che per forma, velocitŕ e potenza parevano essere conseguenza di un incanto oscuro? Tale soluzione diveniva quindi Sacrificio, un offrir se stessi per il nulla.

Fuga.

Rapida, inaspettata e ben calcolata essa poteva rappresentare via di salvezza. Un atto da codardi? Forse, ma meglio vivi che morti. La bacchetta del Corvonero fu rivolta in un istante verso se stesso con una flessione rapida del gomito che la portň dal rivolgersi al terreno al puntare al suo torso, il cuore di tutto, appena vide le fiamme. Portarsi in salvo, evitare la minaccia a pochi passi da lui, sfuggire alla morte anche nel dolore, l'unico suo pensiero. Per l'inconscio non vi erano gli altri, non vi era guerra, non vi erano ideali: c'era morte o salvezza. Una necessitŕ che sarebbe auspicabilmente divenuto atto reale allo scandire mentale della formula:

*Proičcto!*

Nel suo corpo quell'appello risuonň forte e chiaro, quasi udendo dentro di se l'accento sulla "e" aperta, in quelli che in fin dei conti erano pochi attimi. Il braccio fu slanciato con controllo ma con forza verso l'esterno alla sua destra seguendo una traiettoria parallela al suolo, in quello che avrebbe dovuto presagire uno spostamento laterale, a puntare un punto sul pavimento circa 10 metri distante, a cui Patrick rivolse il suo sguardo solo in quel momento, non cosě presto da perdere il suo punto di vista dalla fiamma che pareva sempre di piů prendere la forma di un drago, non troppo tardi da gettarsi senza essere sicuro di non scontrarsi con macerie tavoli o altri oggetti e impossibilitato dal cadere in piedi. Se il suo incanto avesse avuto buon fine, si sarebbe spostato levandosi solo alcuni centimetri dal terreno, onde evitare che lo spostamento verticale lo lasciasse sulla traiettoria del mostro infuocato. Per fermarsi, in condizioni di sicurezza, avrebbe attuttito il colpo con la gamba destra, facendo pressione sul suolo piegando il ginocchio come un ammortizzatore; avrebbe quindi appoggiato l'altro piede e con la mano sinistra, avrebbe sostenuto il contraccolpo creando un ulteriore punto di contatto con il suolo, se necessario. A quel punto sarebbe stato in grado di contrattaccare con la bacchetta, tenuta con mano destra.

Aveva avuto pochi, sfuggenti, fondamentali istanti per salvarsi la vita e aveva deciso di utilizzarli al meglio agendo dal momento in cui aveva visto il fuoco materializzarsi davanti a lui. Sarebbero bastati? Oppure per lui il Fato aveva deciso che quello era il momento di bruciare all'Inferno?


Ci tengo a precisare che tutta la parte narrata sono riflessioni del narratore. Patrick non pensa, agisce d'istinto non appena realizza il pericolo.
 
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Jessica A. Evans
view post Posted on 18/3/2015, 01:11





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Un turbinio di colori, movimenti bruschi, suoni devastanti. Sembrava che l’inferno si stesse abbattendo su di loro, solleticandoli, stuzzicandoli, prima di avvolgerli definitivamente. Nel marasma generale di massi, frulli di vesti e macerie, le sembrň di intravedere qualcuno che si fosse sporto dalla curva a L. Una figura si era mossa, ne era certa! L’attenzione , perň, si distolse dalla sfuggente immagine, catturata dall’improvvisa sensazione di leggerezza al ventre. Il suo incanto aveva funzionato, facendo sparire i massi dal suo addome. Uno di loro, rotolň al suo fianco; si sentě libera dell’aggravamento del peso delle pietre e riuscě a disincagliarsi, rotolando di lato, atterrando su un fianco. La visione fu sfuggente, rapida, della durata di pochi millesimi di secondo, perché il timore di un futuro dolore al movimento, le fece automaticamente serrare le palpebre, in preparazione ad esso. Horus le aveva suggerito di chiudere gli occhi e, con sollievo, si rese conto che lo stava giŕ facendo. Non seppe, perň, cosa il compagno aveva intenzione di fare e non ebbe il tempo per restare a guardare. Il pensiero tornň nuovamente al movimento intravisto, ai margini del corridoio. Era sicura, sicurissima, di aver scorto qualcosa! Un movimento furtivo, in cui il suo sguardo si era casualmente imbattuto. Scivolň giů dal corpo di Horus, che si districň, a sua volta, alle sue spalle. Fu lenta, perň, troppo lenta; riuscě a rannicchiarsi sotto al mantello di disillusione, ma non illesa. Aveva gli occhi chiusi, intimorita dal dolore che avrebbe potuto provare atterrando sulla fredda pietra, ma nulla che s’aspettava, fu lancinante quanto quello che provň, inatteso e letale, all’altezza della sua caviglia destra. Lacrime di dolore scesero senza che se ne rendesse conto e con grande forza di volontŕ riuscě a ricacciare l’urlo straziante che le vibrava in gola. Avrebbe trattenuto tutto dentro. Il dolore, la paura, la stanchezza. E la rabbia. Era arrabbiata con sé stessa, col destino e con quegli essere immondi che li avevano attaccati senza una valida ragione. Sbarrň gli occhi e di scatto si mise a sedere, sentendo viscidi muscoli longilinei avvolgerle la gamba e zanne acuminate trafiggerle le carni. Cercň istintivamente di allungare le mani, in direzione della fonte del dolore, ma con orrore le ritrasse. Serpenti, dannati serpenti. Si erano avvinghiati attorno alla sua gamba, sostituiti ai suoi vestiti e i loro musi si incontravano all’altezza della sua caviglia, azzannandola inesorabilmente. La scelta dell’animale le diede, tuttavia, certezza di chi li stava attaccando. Chi, cosě codardo da attaccare a tradimento? Chi, cosě arrogante da scegliere serpenti? Luridi, infimi Mangiamorte. D’istinto, mentre la vista si appannava per l’ira e le lacrime, alzň lo sguardo dove, poco prima, aveva scorto l’ombra in movimento e, suo malgrado, si accorse che il corridoio era stato inghiottito dall’oscuritŕ. *DANNAZIONE!* Non si riusciva a scorgere nulla, ormai, sembrava che il mondo terminasse al limitare dell’angolo a L e scomparisse in un buco nero. Percepě Horus muoversi in prossimitŕ della sua posizione e capě che era abbastanza illeso da rimettersi in sesto, da solo. Non lo vedeva, anch’egli di nuovo celato dal mantello magico. Sconsolata, ritornň a dedicarsi alla sua precaria situazione, riprendendo il controllo della sua coscienza, cercando un modo razionale per togliersi da quel casino. Decise di rimanere in mobile, per non fare imbufalire gli animali, inspirando profondamente per sedare il bruciore. Le gambe entrambe distese davanti ai suoi occhi, la bacchetta ancora stretta nella sua mano, appoggiata al pavimento. L’immagine della sua gamba destra era macabra, un’accozzaglia di sangue, carne e tessuti in brandelli. Una macchia densa e scura si stava raccogliendo sotto la sua caviglia, mentre il liquido gocciolava, inesorabile, spillando dai morsi e atterrando sulla pietra. Allungň la bacchetta e, ignorando le scosse dolorose che, dalla caviglia, le arrivavano al sacro, modulando il suo respiro, puntň la bacchetta proprio dove le teste dei due serpenti si univano. La realtŕ scomparve, offuscata da una vivida immagine che mentalmente si dilatava, divenendo corporea, quasi tangibile. Immaginň i corpi muscolosi dei serpenti arrotolarsi, gonfiarsi e cambiare consistenza, divenendo una coppia di grosse zucche verdi, unite dai piccioli nel punto in cui, ora, si incontravano i loro capi famelici. Tenne l’immagine focalizzata in mente, mantenendo la mira con la bacchetta, in corrispondenza delle due teste. I serpenti erano vicini, vicinissimi… Poteva farcela. Non era la prima volta che si dedicava alle trasfigurazioni di media difficoltŕ e, da Corvonero doc, a lezione tra le mura scolastiche, se l’era cavata piů che discretamente. *CUCURBITA!* riecheggiň nella sua mente, mentre s’immaginava i due serpenti divenire due cucurbitacee verdastre unite dai gambi, come la parodia di due ciliegie acerbe ingrassate; rabbia cieca, disperazione, voglia di difendersi. Tutto ciň si fuse nel suo inconscio, facendole muovere automaticamente il braccio. Ci mise tutta la sua volontŕ, la sua anelante esigenza di reazione, incanalň nei suoi gesti la potenza scatenata dall’ira, seppur mantenendo la luciditŕ necessaria per focalizzare l’attenzione sui movimenti corretti per eseguire la trasfigurazione. Se l’incantesimo fosse riuscito, si sarebbe liberata della morsa lancinante dei serpenti, guadagnando tregua dal dolore. La disperazione negli occhi e nei gesti, la speranza ancora flebile che, come una fiammella nel buio, ancora brillava in un angolo del suo cuore… Era sempre l’ultima a perire, dopotutto.



SPOILER (click to view)
Punti Salute: 135/206
Punti Corpo: 157/185
Punti Mana: 190/200
Punti Esperienza:41
Equipaggiamento:
Indossato: Mantello di Disillusione;
Attivo:
•Ciondolo scaglia di basilisco: infonde coraggio a chi lo indossa (+4 mana).
•Ciondolo corno di unicorno: rende puro e all'apparenza piů forte chi lo indossa (+4 corpo). --> i tre ciondolo sono infilati nella stessa catenina d'acciaio.
•Anello dei troll: aumenta la potenza del mago (+5 mana)
•Un bellissimo diadema appartenente al tesoro di una veela.
Conferisce un fascino piů prepotente nei confronti del nemico. (Difatti invocando il suo potere blocca l' avversario in quest per un turno, utilizzabile una sola volta per quest)
•Pietra di Luna, Aumenta la concentrazione del pg. (10 punti Mana). Incastonata nel diadema di Veela.


OT// SPero che il mio messaggio sia arrivato al Master!! Ho avuto probňemi col pc all'improvviso, ecco il motivo del ritardo!
 
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Persefone D. Bennet
view post Posted on 18/3/2015, 13:20




Il mio tentativo di prendere la bacchetta, di stringerla nuovamente tra le dita della mia mano destra, aveva trovato accoglimento. Quanto era costata quella semplice decisione, quell'insieme di piccoli movimenti dettati da gesti attenti, accurati, minuziosi, a livello di energie e salute? Forse troppo, o forse troppo poco. Quelle maledette catene mi avevano costrettaancora e dolore e fastidio erano durati a lungo; quella dannata prigionia doveva venire meno.
Bramavo la Libertŕ. Libertŕ di respirare, sospirare, allargare le braccia e dilatare il torace riempiendo i polmoni di aria, come a volere urlare tacitamente l'inno alla voluta forza ritrovata. Ero consapevole del fatto che la mia salute, in ogni caso, non sarebbe stata nel pieno delle naturali potenzialitŕ. Forse anche l'intensitŕ della mia magia avrebbe risentito del mio avere esitato tanto a lungo.
Tuttavia, ero consapevole delle mie capacitŕ e, freddamente, sapevo che non sarebbero affatto bastate quelle misere catene a fermarmi.
Era ora di abbandonare quell'inattivitŕ fin troppo passiva.
Potevo finalmente sentirmi nuovamente intera: la mia bacchetta aveva giusta collocazione (la mia mano), la mia decisione aveva il diritto di ricercare ulteriore accoglimento (la libertŕ).
Fino a quel momento, ero rimasta distesa a terra. La vista non era compromessa, l'udito nemmeno. Sebbene collocata dietro il grande tavolo docenti, avevo potuto percepire i movimenti di Camille, sebbene non avessi potuto ragionevolmente comprendere a pieno quanto stava accadendo oltre quel tavolo. Non dovevo dimenticare di essere distesa, volutamente immobile, il piů possibile, al fine di non farmi stritolare da quel "serpente" metallico che mi avvolgeva malvagio.
Non avevo potuto godere della gioia di vedere in volto i due nemici smascherati dal Ministro. Nč, in effetti, potevo essere a conoscenza del fatto che Camille avesse compiuto tale azione di smascheramento.
Dietro quella barriera lignea (il tavolo stesso), mi era preclusa la comprensione visiva del tutto. Eppure, l'udito era forte e vigoroso quale senso. Avevo percepito l'allarme, l'urlo di solidale alleato che richiamava l'attenzione al fine di allertare i compagni per l'arrivo dei nemici. Un urlo era sempre un urlo del resto, no?
Ed avevo udito chiaramente lo studente Corvonero evocare il Cave Inimicum. Non era in mio potere avere la certezza che quell'ultimo richiamo magico avesse avuto successo. Ma conoscevo il talento del ragazzo. Dunque, se avessi dovuto scommettere, avrei certamente puntato tutto su "successo". Bhč, questo non era sufficiente a darmi la certezza di trovarmi al momento all'interno di quella bolla protettiva che il giovane poteva avere generato. Ma se avessi udito ancora le voci ed i movimenti di coloro che erano con me sin dall'inizio (docenti e Patrick) e se solo avessi goduto della vista di qualcuno di loro, allora avrei potuto dedurre con una certa ragionevolezza, di essere parte di quell'area custodita dalla magia. In quel caso, l'incertezza sarebbe diventata ragionevole dubbio ed il dubbio, sensata consapevolezza. Dunque, mentre ero in allerta, senso dell'udito pronto a captare qualsiasi rivelazione utile (non dň per scontato il sapere con certezza di trovarmi dentro l'area del cave inimicum. Del resto, sono distesa a terra e suppongo di non potere vedere con chiarezza quanto accade oltre il tavolo docenti, luogo in cui si trovano Patrick, Camille - Hope č sparita tramite passaporta-. Lascio che sia il master a decidere se Persefone riesce ad ottenere tale consapevolezza. Ecco perchč ho utilizzato il condizionale), non perdevo tempo e, nel momento stesso in cui udivo Patrick pronunciare il Cave Inimicum, bacchetta alla mano, puntavo quest'ultima, effettuando solo ed esclusivamente movimento del polso, verso un bersaglio ben definito, le catene, e, compiendo movimento circolare continuo del polso stesso, affinchč la bacchetta, in maniera solidale, effettuasse il movimento che si richiedeva per l'esecuzione dell'incanto da me scelto, pronunciavo mentalmente *E-VA-NESCO*.
Un incantesimo di semplicitŕ imbarazzante. Un'arma apparentemente cosě fragile per la sua banalitŕ, eppure cosě forte atta a fare perdere corpo e consistenza, esistenza e materiale presenza, anche alle diavolerie magiche complesse e malvagie come quelle catene, figlie di un Incarceramus ben castato. Oh, sě...Conoscevo l'incanto che era stato utilizzato contro di me...Non era magia ignota. Esperienza, ruolo e conoscenza, mi erano state di aiuto. E, con un semplicissimo incantesimo, avrei potuto essere nuovamente libera, senza nemmeno perdere tempo. Del resto, non avevo esitato in quell'istante. Non mi ero persa in congetture futili. Non avevo compiuto movimenti se non quelli di mano e polso. Vi era sě la possibilitŕ di avere udito qualcuno, ma certamente questo era avvenuto prima del tempo 0. E nel tempo attivo a mia disposizione, mi ero solo preoccupata di liberarmi.
E se l'evanesco avesse avuto esito positivo, prima di alzarmi mi sarei guardata bene attorno al fine di non incontrare potenziali ostacoli/pericoli. E se questi ultimi (ostacoli e pericoli) si fossero avvicinati a me, mi sarei spostata, rotolando, scattando come possibile al fine di evitare un eventuale, imminente impatto. Quindi non mi sarei levata, se non dopo essere stata sicura di non essere in pericolo. Se qualcosa di visibile si fosse avvicinato per attaccarmi, dalla posizione distesa avrei cercato di evitare il pericolo. Tuttavia, il tavolo era sě un limite alla visuale, ma era anche bersaglio materiale da attaccare prima di me...Almeno cosě potevo sperare...Dovevo sperare.



Proroga concessa dal master.

Persefone D. Bennet
Punti Salute: 177
Punti Corpo 203
Punti Mana 230
Punti Esperienza 73
 
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view post Posted on 24/3/2015, 07:00
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Il Fato

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Signori, Signore...
Le Fazioni sono oramai schierate e si sono presentate in campo ufficialmente, o si apprestano a farlo in questo turno.
Nemici, amici, hanno raggiunto i luoghi desiderati o comunque stanno per farlo...
Intenzioni, piani, progetti sono stati parzialmente posti dinanzi agli occhi di Nemici e Fato. Eppure, non sono ancora chiari e manifesti del tutto. La Mente dell'Oscuro Signore č ancora "Buio" insondabile.
La Terra di Battaglia vede piů scenari dislocati in un solo luogo: Hogwarts.
E' giunto il momento di "aprire le danze" entrando nel "vivo" del conflitto Bene-Male: un conflitto che non lascia piů spazio a preparazione...Solo azione.
Un conflitto che giŕ č in atto ma che attende risvolti e manifestazione di scopi ed intenti.
Prima di giudicare il presente turno, pertanto, chiudo ufficialmente questo "Primo, Grande Atto".
L'evento riaprirŕ, dopo un breve periodo di pausa, partendo esattamente da qui, ovvero dal mio giudizio relativo ai vostri interventi. Ogni zona di azione avrŕ la Battaglia quale protagonista. Ogni piano del Castello troverŕ senso e collocazione.
Sarŕ mia cura avvisarvi alla riapertura ufficiale dell'Evento.

 
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view post Posted on 27/1/2018, 01:18
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Il Fato

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"Watch your thoughts, for they become words.
Watch your words, for they become actions.
Watch your actions, for they become habits.
Watch your habits, for they become character.
Watch your character, for it becomes your destiny."


Il senso perdeva ogni traccia di ragionevole significato dell’evolversi degli eventi. Ogni gesto, ogni singolo movimento, ogni misero, fastidioso, imperituro, interminabile secondo appariva figlio illegittimo di un’Eternitŕ che non gli apparteneva per natura. Eppure, l’Istante nel corso del quale tutto prendeva consistenza era cosě simile, discendente dannato dell’Eternitŕ, destinato a morire rapidamente nel suo essere ciclicamente vivo, senza mai raggiungere veramente la fine, poiché pronto a rinascere in successivo secondo, figlio del figlio di un’Eternitŕ implacabile.
Le azioni venivano travolte da quella fugace Eternitŕ; esse venivano fagocitate senza pietŕ da secondi avidi e crudeli, privi di interesse per ciň che le umane gesta rivendicavano quale giustizia, raziocinio, coerenza. Non esisteva legge se non quella determinata da un Fato che si lodava della pretesa di essere giudice di quanto poteva essere quantificato o quantificabile. Perverso esecutore di mera oggettivitŕ soggettiva e personale - poiché solo il Nulla č indiscutibile per indole e specie - , il Fato osservava, sminuzzava, sezionava azioni, pensieri ed intenzioni… Come se Egli potesse Tutto comprendere… Come se non fosse previsto alcun margine di errore, soprattutto il Suo… Come se l’imperfetto giudizio di umana sorte fosse falsamente Perfetto! E la via che doveva apparire diritta e spianata per mano di un Giudice di cui si rivendicava correttezza e giustizia, diventava strada dissestata dal libero arbitrio dell’altrui volontŕ, quella dell’essere umano che, dinanzi a difficoltŕ e malasorte, combatteva coraggiosamente e senza sosta per raggiungere un solo obiettivo dal duplice volto, faccia di una medesima medaglia: Vittoria o Supremazia.
Da un lato vi erano Coloro che lottavano per vincere il Male, dall'altro vi era quel Male che a sua volta combatteva per prevalere, per il controllo di quel vile mondo che entrambe le fazioni abitavano ma che nessuno realmente possedeva né materialmente, né nell’intima anima della Sua Terra.
La Terra, ultima effigie di un ricordo di vera libertŕ, si riduceva ad essere la serva di Chi si celava dietro l’apparenza del bene e del male, seppur consapevole che Bene e Male avevano perso l’assoluto senso della propria essenza primordiale, pura, privata di ogni subordinato significato.
Non vi era un uomo votato al puro ed inviolabile Bene capace di soddisfarLo a pieno. Non esisteva creatura sě priva di sentimento da violar l’altrui vita e la propria con medesima crudeltŕ e disinteresse. Nemmeno il Signore Oscuro ripudiava l’umanitŕ a tal punto da non temere la morte… Al contrario, Egli forse amava di un amore sconvolgente sé stesso e la sua esistenza, sino a volere catturare il concetto di infinito e perpetuo essere.
Vana guerra dell’una e l’altra parte! La bilancia dell’equilibrio e della misura ora pendeva da un lato, ora dall’altro… Talvolta era in equilibrio.
Equilibrio. Ecco. Tanto affaticarsi per raggiungere un equilibrio molto piů stabile dell’instabilitŕ.
E paradossalmente, l’equilibrio non č mai la meta voluta. O l’uno o l’altro peso della bilancia.
Tanto affaticarsi per l’instabilitŕ, per far pendere la volontŕ del proprio agire da un lato e non dall’altro.
Ma questo č il libero arbitrio.

I sotterranei
Due studentesse Tassorosso, volenterose ma inesperte della tattica di guerra (come giusto che fosse), richiamata invano l’attenzione delle creature piů creative ma prive di senso di combattimento del mondo magico - gli elfi domestici - decidevano di armarsi di coltelli, mattarelli e di quanto una cucina attrezzata come quella di Hogwarts disponeva, per correre in aiuto ai compagni che, al piano superiore, avrebbero avuto bisogno di un miracolo per uscire da quella situazione tutti incolumi, piuttosto che di forchette e posate.
Ma Eloise ed Ophelia erano giovani e non potevano nemmeno immaginare quanto la portata dell’allarme potesse essere ampia.
Sole e non seguite dagli elfi domestici, le due fanciulle raggiungevano le scale per arrivare al piano terra.
Ma il libero arbitrio - e non il Fato - era stato benevolo. Chi aveva attaccato Hogwarts ed aveva portato a distruzione, al piano terra, l’area d’accesso ai sotterranei, aveva anche inconsapevolmente salvato la vita alle due fanciulle, impedendo loro di “approdare” al piano ove si stava svolgendo la battaglia, quella “attiva” almeno.
In effetti, ai piani superiori stava avendo luogo una ben piů insidiosa “guerra” di potere… Fatta di ricerca, di subdole azioni e di brama di informazioni…
Ma questa era un’altra storia.

Ophelia, Eloise, per intenderci, non riuscite ad accedere al piano terra poiché il passaggio non č accessibile a causa di quanto avvenuto nei turni precedenti. Potete sentire i rumori, eventuali urla. Ma non riuscite a metter piede al piano terra. Se volete ulteriori dettagli, č ragionevole pensare che l’arresto abbia luogo qualche gradino prima della cima delle scale.


Il Piano Terra (all’interno del Castello - l'ingresso, l'atrio, il corridoio).
Le macerie erano il simbolo dell’invasione. Coloro che avevano violato il suolo di Hogwarts erano riusciti a distruggere parzialmente il tempio della conoscenza, il simbolo del Mondo Magico.
Ancora una volta, in quell’istante di desolazione, il castello era lo specchio della civiltŕ magica.
La discordia non era mai venuta meno... Secoli di guerre e battaglie non avevano placato l’animo guerrafondaio e perennemente insoddisfatto del genere umano. La violenza era ancora una volta il mezzo scelto per raggiungere l’obiettivo.
Che triste, ciclico divenire!
Le forze eran spiegate. Le scelte eran state fatte: combattere “Per Hogwarts oppure contro Hogwarts”.
L'avanzata delle Tenebre, implacabile, procedeva. Buona parte del piccolo ma insidioso esercito godeva ancora del privilegio "salvifico" del Protego Totalus castato, poco prima, dal potente Peredur.
A poco sarebbero valsi gli incanti utilizzati contro quella massa informe eppure ben distinta. Vi era da considerare, inoltre, che alcune membra di quell’unico “corpo” si erano allontanate poco prima, avevano preso le distanze per agire insieme ed in maniera mirata, come fossero gambe e braccia di potente e violento mostro.
Cosě Vesper (ancora celata dal séocculto), Mosag, Achernarius (ancora celato dall'Illudo) e Rabastan facevano parte di quella scintilla di potere che doveva esser neutralizzata in ogni singola molecola, non essendo piů un tutt’uno con il “corpo” della stella oscura.
Come neutralizzare tanto potere?
Come potevano studenti, sě valorosi ma meno esperti del nemico, fermare coloro che, per arte e mestiere, “facevano guerra”?
Paul, Emily, Zoey ed Arya, situati in corrispondenza dell’ingresso alla Sala Grande, senza tuttavia potervi fare accesso, diventavano speranza di Hogwarts, insieme a Trhesy (celata da mantello magico) in prossimitŕ della scala principale, posta di fronte all’entrata del castello, ad Elhena abbattuta sin dal principio dal nemico, quindi riversa sul pavimento nel bel mezzo del corridoio di fronte alla Sala Grande, e a Lucilla che, giunta dai piani superiori al piano terra, senza tuttavia abbandonare le scale per metter piede ufficialmente al suolo ove si svolgeva la battaglia, celata dal mantello di disillusione, attendeva ed esitava.
Due soli incanti furono castati per cercare di arrestare quell’avanzata diabolica che non aveva pietŕ, sebbene dinanzi ad una massa di ragazzini, non di guerrieri spietati… Ma il Male era fatto di crudeltŕ, opportunitŕ, freddezza. Trhesy agiva in fretta, senza doversi coordinare con alcuno e restava, celata, in prossimitŕ delle scale.
Tuttavia l'ex Caposcuola Tassorosso, forse sopraffatta dal Tempo Tiranno, posta nelle condizioni di non poter indugiare in calcoli e riflessioni su giusto incanto da utilizzare, scelse incantesimo di terra che non avrebbe potuto avere esito positivo. Il Verdatio permetteva infatti di controllare le piante, non di evocarle. Per potere avere esito positivo, sarebbe stato necessario fosse stata presente una pianta. Invece... Vi era solo pavimento dissestato e rocce. Fu un nulla di fatto.
Mentre Peredur invitava a sbarazzarsi di ogni ostacolo come fosse rifiuto non pericoloso da smaltire e mentre Emily cercava, comunicando verbalmente, la collaborazione di Paul per tentare un attacco originale e sinceramente apprezzato dal Fato, per coordinazione con i compagni e volontŕ di rischio benché dinanzi al pericolo, Elhena cercava di liberarsi dall’ostacolo materiale che le impediva di alzarsi (il pesante masso) e di togliersi dall’area di “tiro” del nemico.
Purtroppo alla chiamata di Emily, Paul non rispose. L’oppugno a poco valse se non a scagliare qualche masso contro quell’armata protetta dal Protego Totalus.
Al contrario, il Neptuno castato da Peredur ed il Defňdio di Mosag vanificarono ogni tentativo di replica degli studenti di Hogwarts.
Una massa consistente di acqua trascinň in fondo al corridoio Elhena, Paul, Emily, Arya, Zoey, non senza farli cadere (eccetto Elhena che era giŕ riversa al suolo), sbattere contro la parete qua e lŕ come fossero piccoli esseri privi di massa, e non senza indurli a difficoltŕ di respiro e senso di soffocamento a causa delle considerevoli dimensioni della massa di acqua e l’inevitabile incanalamento della stessa nel corridoio stretto e lungo.
Il defodio di Mosag diede consistenza alla volontŕ della Mangiamorte: isolare il piano terra, o meglio impedire che qualcuno potesse accorrere dai piani superiori.
Cosě facendo, Trhesy ricadeva tra le macerie della distruzione, insieme a Lucilla.
Infine Vesper, mentre Peredur sgombrava la via, castava con successo l’incanto Manor ai danni dello studente Tassorosso che, travolto dalla potenza della massa d’acqua diventava altresě marionetta nelle mani del nemico: duplice violazione della libertŕ di agire.

Paul, Zoey, Emily e Arya venite travolti da un’onda d’acqua alta un metro. Il volume di acqua coinvolto, in quanto massiccio quantitativamente parlando, in pacifico accordo con quanto descritto in Descrizione Incanti, vi travolge e vi spinge in fondo al corridoio. Va da sé che perdita di equilibrio, caduta, “sballottamento” contro le pareti prossime alla vostra iniziale posizione (rasenti muro in prossimitŕ della Sala Grande) siano conseguenze dirette dell’onda d’urto e della collisione con l’onda d’acqua che, ovviamente, andrŕ scemando per intensitŕ e livello, disperdendosi lungo l’intera area del corridoio, sino a raggiungere altezza di una decina di centimetri. Quando ciň accade, voi siete sparpagliati in fondo al corridoio. Perdete 7 ps e 2 pc. Paul, subisci inoltre l’incanto Manor. Sei nelle mani di Vesper. Elhena, anche tu vieni trascinata in fondo al corridoio, ma essendo giŕ riversa a terra, subirai il maggiore “fastidio” della sensazione di affogare, poiché l’acqua ti travolgerŕ interamente. Perdi 14 ps e 6 pc. Trhesy, il tuo incanto ha avuto esito negativo poiché tu sostieni di evocare una pianta atta a soddisfare il tuo desiderio di accerchiare i Mangiamorte e “costringerli ad arrestare o ritardare l’avanzata". Ma il Verdatio NON evoca piante, le manovra, le fa crescere a proprio piacimento. Non le evoca dal nulla. La Descrizione Incanti č molto precisa su tale punto da sempre. Vieni colpita dalle macerie, conseguenza del Defodio di Mosag. Perdi 18 ps e 6 pc. Perdi l’equilibrio, cadi a terra e vieni costretta da massi e macerie con conseguente difficoltŕ di movimento. Discorso simile per Lucilla, che perde 20 ps e 10 pc. Avevate tutti visuale limitata. Ma gli incanti che sono andati a segno sono frutto delle ragionevoli descrizioni che ciascuno degli interessati ha fatto, andando ad eliminare o ridurre l’impedimento visivo con movimenti, avvicinamento, o utilizzando incanti ad ampio raggio.


Il Giardino
Se nel cuore del castello si consumava la vera battaglia e prendeva consistenza la ragione ultima di quella violazione (ragione che era a tutti celata indipendentemente da fazione di appartenenza e scelta di fedeltŕ, eccetto al Signore Oscuro, unico vero artefice di quanto stava accadendo, perverso burattinaio degli eventi), all’esterno esisteva ancora una resistenza, fatta di maghi dediti da tutta una vita alla lotta contro quello che poteva esser definito “male”.
Fenomeni naturali innaturali si ergevano maestosi e terrificanti.
Mostruose creature, violenti eventi, figli di Magia, celati dietro le false spoglie della Natura, diventavano ostacolo per il Capo Auror e difesa per i Mangiamorte.
Natura traditrice… Incapace di ribellarsi a ciň che era sbagliato, complice inconsapevole dell’errore!
Davanti all’ingresso del Castello si ergeva un mostro, figlio legittimo della Magia Oscura.
Dietro di lui, la coda dell’armata delle Tenebre. Davanti a lui, abilmente celato grazie alla fontana, il Capo Auror, apparentemente solo, pronto a fronteggiare il nemico.
Ma Rhaegar non era solo. Distante da lui, pronta ad intervenire, Caroline Dalton, scampata alla furia del “vento” prodotto dall'anemos di Ragnarok, si avvicinava al castello, desiderosa di attaccare i Mangiamorte, un Mangiamorte in particolare, forse da lei individuato nella zona del veritas poco prima dell'ergersi del Mostro che, dinanzi all’ingresso, impediva certamente la visuale dettagliata dell’armata oscura. In egual maniera, il Mangiamorte individuato dall’ex Preside, Nathan, decideva di soddisfare il tacito desiderio della donna allo scontro. E mentre quest’ultima si avvicinava al castello e si preparava a castare un incanto offensivo, Nathan, senza perder tempo (individuata Caroline cosě come questa aveva intercettato lui) correva verso di lei.
Lo stupeficium castato qualche istante successivo da Caroline, tuttavia, non giunse mai a destinazione ma andň a scalfire, sebbene non in maniera significativa, il fianco della creatura mostruosa che si ergeva dinanzi all’ingresso del castello.
Nel frattempo, altre azioni prendevano forma e consistenza, rapide ed efficaci: Ragnarok ordinava alla creatura da lui stesso "eretta" di allontanarsi e dirigersi verso un giovane uomo in avvicinamento dall’area prossima alla Foresta proibita, al Lago, per l’esattezza. L’intenzione era quella di schiacciare James come fosse putrido verme da abbattere.
Asterope castava con successo l’incanto magisterium ed i tornado venivano vanificati. Cefeo restava in attesa del minimo, desiderato, bramato passo falso dell’unico nemico degno di esser ritenuto tale: Rhaegar.
Tuttavia… Rhaegar, stratega di guerra esattamente come loro, o forse piů di loro, ricorse a ben altra Magia.
Una magia piů potente, insidiosa, profonda, faticosa, fatta di volontŕ e spirito, indole e potenza.
Elementalista esperto, egli chiedeva aiuto ed ausilio a quel sole capace di donare calore ma anche di infliggere danno con fuoco e distruzione. E la creatura, il mostro fatto di foglie e rami, si accendeva come lampadina in stanza buia, sino a far scintille, destinata a consumarsi rapidamente ed inesorabilmente.
La creatura avrebbe obbedito all’ordine di Ragnarok, avrebbe avanzato sino a consumarsi, ma mai avrebbe raggiunto intatto James. Una massa di fuoco e fiamme continuava ad avanzare verso il giovane Grifondoro, ancora sotto il dominio mentale di Ragnarok ma destinata a morire, prima di soddisfare le richieste del proprio padrone.

Se non fosse chiaro, il mostro fatto di rami e foglie prende fuoco mentre sta avanzando contro James. L’intenzione del mostro č quella di attaccare James, seguendo la volontŕ del padrone che lo manovra. Ma la creatura non raggiungerŕ mai integra lo studente Grifondoro che puň ritenersi fortunato, non essendo intervenuto in questo turno.
Ovviamente Caroline non vedi assolutamente nessun Voldemort, il quale si trova in una radura a diversi metri (minimo una quarantina) dal limitare della Foresta proibita (non sarŕ il folto, ma neppure campo aperto), da tutt'altra parte rispetto a te (che sei oltretutto impegnata con i primi combattimenti) e in luogo riparato dalla battaglia. Non tollero il metagame.
James era l'unico ad avere l'occasione, aguzzando molto la vista in una ben precisa direzione (cosa che avrebbe ovviamente dovuto motivare in on), di intravedere qualcosa nella foresta (Lord Voldemort per l'appunto), ammesso e non concesso che il Signore Oscuro fosse in quel momento in posizione tale da essere scorto: James non č intervenuto né - dunque - ha tentato tale azione, e Lord Voldemort resta personaggio NON visto da nessuno durante questo attacco a Hogwarts.


La Sala Grande
Laddove tutto aveva avuto inizio, il cerchio era destinato a chiudersi. Eppure nulla sarebbe piů stato come prima. Cocciutamente nella stanza si continuava a lottare per la posta piů alta: la vita.
L’improvviso assalto aveva sě colto di sorpresa docenti ed esaminando, ma non li aveva sconfitti, non aveva spento il fuoco del coraggio, la forza della volontŕ e la determinazione.
Persefone si liberava dalle catene che Raven aveva a lei riservato e si poteva alzare.
Dall’altra parte del tavolo, il nemico celato - Raven - , evocato il drago vendicatore, decideva di congedarsi per portare a termine quel subdolo ed articolato piano personale che nulla aveva a che vedere con l’invasione di Hogwarts da parte di Voldemort, ma che non era nient’altro che banale diversivo utilizzato dal Signore Oscuro per raggiungere ben altro obiettivo… Ai piani superiori…
Raven si smaterializzava laddove aveva desiderato, ovvero al piano terra, in cima alle scale. Ma altro epilogo lo attendeva: il Neptuno castato da Peredur travolgeva il docente di Volo e lo trascinava in fondo al corridoio non senza qualche fastidio e acciacco. Raven non ebbe quindi il tempo di mettere in scena la personale rappresentazione teatrale della caduta, del masso e della ferita. Tuttavia, era stato fortunato. Sebbene ancora occultato, il Mangiamorte avrebbe potuto giustificare la ferita con il trascinamento causato dall’irruente Neptuno. E la reputazione e la maschera della falsitŕ potevan esser salve.
Michael, il drago infuocato, avrebbe presto distrutto ogni cosa e chiunque. Primo fra tutti, il Caposcuola Corvonero. La vicinanza alle fiamme, la rapiditŕ delle stesse, avrebbero assicurato la vendetta del Docente di Volo, Mangiamorte potente.
E da una prima valutazione delle circostanze, forse razionale, forse corretta del Fato, gli esiti potevano apparire scontati, certi.
Come avrebbe potuto Patrick Swan salvarsi da ustione o morte? Egli si trovava nell’oggettivo svantaggio rispetto a tempo e reazione, poichč Michael era giŕ vivo, era giŕ vicino, pronto a divorare la vittima scelta.
Tuttavia… Ad ogni azione seguiva una reazione. Le leggi della fisica erano implacabili, nel Male e nel Bene.
La reazione di Patrick, lucida, rapida, lo avrebbe salvato.
L’uscita di scena con fuga laterale impedirono che Patrick venisse arrostito come polletto Vallespluga. La giusta scelta di incantesimo era stata provvidenziale. Ma l’esecuzione, benché durata pochissimi secondi, aveva richiesto il tempo necessario a Michael a raggiungere il Caposcuola proprio nel momento in cui il ragazzo si allontanava rapidissimo lateralmente grazie all’incanto proiecto.
La vita era stata salvata. Il braccio sinistro pagava il prezzo della maledizione del fuoco. Il contatto minimo e fugace, durato solo un instante (prima che Patrick si allontanasse dal pericolo) permetteva al drago di “mangiare" stoffa e tessuto, raggiungere la pelle del braccio, insinuarsi nella carne e dare inizio a putrida e cocente aggressione.
L’ustione avrebbe lasciato indelebile ricordo dell’accaduto. Ma avrebbe fatto di piů… Non era un fuoco come gli altri. Era un fuoco maledetto.
Patrick aveva salva la vita, ma avrebbe dovuto correre ai ripari nell’immediato. Potente magia occorreva per arrestare quel danno, quell’ustione che si sarebbe propagata sino a divorare l’intero arto.
Ma egli era votato alle arti curative. Il rimedio sarebbe stato possibile.
Tuttavia il terribile contatto non poteva essere stato piů doloroso: la maledizione stessa del resto altro non poteva fare che andare intensificando i suoi effetti procurando sofferenze sempre maggiori. Il Cave Inimicum, legato alla forza vitale del ragazzo, perdeva di efficacia e veniva meno alla sua ragion d'essere. Tutti i presenti, almeno quelli coscienti, poterono accorgersene nel momento in cui una certa quantitŕ d'acqua faceva il suo ingresso sul pavimento della Sala, residuo della battaglia che ancora si consumava al piano terra, lasciando tra i piedi, o contro i corpi riversi, un velo di pochi centimetri.
Nel frattempo, il Ministro castava con successo l’incanto Liquefacio. Sarebbe stato motivo d'orgoglio se solo fosse bastato a neutralizzare un fuoco maledetto di tale portata o anche solo a far risparmiare una dolorosa cancrena al suo pupillo. Per un momento Michael parve rallentare: la sua essenza, fatta di fiamme, sembrň appesantirsi, mutare quasi natura. L'incanto aveva mischiato una nuova componente al fuoco, la terra: cosě, sollevando faticosamente ma ineluttabilmente le sue ali, il drago continuava imperterrito, seppur con nuova maestosa calma, ad avanzare verso la parete di fondo della Sala Grande, colando lava rossa lungo il percorso e aumentando le sue dimensioni. Un problema che lasciava uno spazio di manovra di una manciata di secondi, ma pur sempre una speranza...

Patrick, riesci a salvarti. Il fuoco maledetto, tuttavia, non permette che tu resti illeso. Il braccio sinistro brucia. L’ustione non ti risparmia. Trattandosi di fuoco maledetto, bruciature e conseguenze del fuoco non potranno esser sedate con semplice magia curativa ordinaria. Se non poni rimedio in fretta, il fuoco continuerŕ a divorare la carne del tuo braccio (scusa la “cruditŕ” della mia descrizione), non sarŕ piů possibile la guarigione e l’utilizzo del braccio sarŕ compromesso. Dovrai essere curato al piů presto. Il San Mungo č il luogo adatto. Ma la Medimagia č un’arte che conosci bene. Sono aperto a ogni possibilitŕ. Anche Camille puň essere validissimo aiuto. Puoi stupirmi con effetti speciali. Mi aspetto un team affiatato che cerca di porre rimedio al termine di questa avventura. L’importante č che tu venga curato al piů presto. Perdi 45 ps, 15 pc e 7 pm. Per intenderci, a seguito di tale avvenimento in ON (GUFO), se prima non ti curerai, non potrai fare molto. Insomma, il dolore ed il pericolo di un braccio irrimediabilmente compromesso necessitano di intervento. Aryadne č ancora priva di sensi. E la stessa Chrisalide č a terra. Persefone e Camille siete in piedi. Vive. Raven perdi 7 ps e 2 pc.


Al quartier generale auror
tutto era tranquillo.
Chi pattugliava, chi si occupava della propria ordinaria mansione, chi rifletteva, chi decideva di mangiare qualcosa per ammazzare il tempo. Non vi erano pericoli da sventare, non c’era prigioniero da condurre ad Azkaban, non vi era battaglia da combattere… Non ancora.
E mentre tutto procedeva nella quiete, la Vice Preside di Hogwarts, insieme a giovane traditore privo di coscienza [Vagnard], giungeva al Ministero, disarmava il nemico, rompeva la bacchetta di Vagnard, apriva la porta della stanza dell’ufficio interrogatori del Quartier Generale e chiedeva aiuto.
Due giovani donne, auror fedeli, rispondevano all’appello [Aquileia, Lili], insieme a Hughes, Tallhart, Stockworth, Dunsen, Hosteen, navigati alleati di Rhaegar.
Essi attendevano Miss Lancaster preparare una passaporta che li conducesse al castello…

Un appunto. Hope, hai davvero effettuato trecentomila azioni “importanti”, non potevo concedere che tu castassi anche il portus nel medesimo turno. Insomma, spezzi la bacchetta di Vagnard, chiedi aiuto (e queste sono giŕ due azioni non da poco, soprattutto la prima). Poi torni indietro, prendi un oggetto lo casti e pretendi di raggiungere l’aula di Difesa… Un pochino troppo.


Al quarto piano.
Derek vedeva il finto Custode e lo lasciava passare.

Al quinto piano
Quello era il luogo giusto. Quello era il cuore pulsante della macabra cavalleria oscura che, senza conoscere il vero gesto da compiere, senza comprendere la macchinosa e geniale mente dell’Oscuro, eseguiva quanto era stato comandato con vigore, presunzione, forza, tirannia.
Quanto avveniva ai piani inferiori non era importante.
Un diversivo.
Un gioco sanguinario.
Uno sfogo di ira necessario e piacevole.
Null’altro contava se non la ricerca di qualcosa di indefinito o meglio... Non chiaro.
La resistenza che si era trovata lě, forse per caso, forse per intuito, forse semplicemente richiamata da sesto senso capace di sentire il pericolo come fosse sinistro fetore impossibile da non fiutare, aveva avuto la fortuna e sfortuna di imbattersi nell’astuzia di quei nemici oscuri disposti a tutto pur di non deludere Lord Voldemort... Poiché la delusione avrebbe condotto all’ira del padrone; l’ira avrebbe generato distruzione. La distruzione avrebbe divorato la loro stessa vita. La sconfitta significava morte. A questo dovevano essere disposti i fedeli del Male: a morire non solo in nome del proprio Signore, ma anche per mano dello Stesso.
Il valoroso Grifondoro, Sirius White, nei pressi delle scale del Quinto piano, al lato opposto dell'arco rispetto ad un'altra coraggiosa studentessa di Hogwarts [Niahndra], dinanzi al visibile nemico, il mostro dell’ombra, la creatura diabolica pronta a distruggerlo, ricorreva all’ausilio di ciondolo magico, capace di arrestare la furia del nemico… Di un solo nemico… Del mostro…
Una possibile morte veniva scongiurata. Ma vi era un’avversaria nascosta, subdola, spietata piů della creatura da Lei stessa evocata. Gargantua, a guardia di quel lato del piano che piů di ogni altro luogo necessitava di esser presidiato, protetto dalle bacchette dei figli di Hogwarts, attendeva il momento giusto per bearsi del proprio potere, della potenza magica atta a soddisfare le sue perfide intenzioni.
E mentre Sirius, consapevole di non essere al sicuro, decideva di allontanarsi dal mostro e di correre verso il lato opposto del corridoio, Gargantua evocava con successo l’incanto ignimenti. Ed una frusta infuocata avvolgeva busto, bacino e gambe dello studente Rosso-Oro.
Dolore. Arresto. Caduta sulle ginocchia. La bacchetta ancora stretta nella mano, ma… Difficile da gestire, poiché, insieme al busto, anche le braccia erano state strette da abbraccio infuocato.
Presso la Torre della Preside, si materializzava il fedele alleato dell’Oscuro, Agreas, come a voler controllare, supervisionare l’atto di ricerca di Astaroth che, varcata la soglia dell’ufficio della Bennet, si dedicava ora al vero scopo della missione.
Il tutto doveva comunque esser fatto a regola d’arte, intendendo tale una ricerca accurata e non certo attenta a non arrecar scompiglio o rovina. Gli occhi del fedele servo del Male individuavano, tra le cianfrusaglie, la presenza della metropolvere. Questa non poteva mancare laddove l’uscita da Hogwarts era consentita… Come giusto e ragionevole che fosse. Trattavasi dell’ufficio della Preside. Il caminetto non poteva avere solo funzione termica.
Ma Astaroth non era certamente giunto in tal luogo per valutare l’accessibilitŕ o l’efficacia delle vie di uscita del castello. Molto probabilmente, la fuga non era contemplabile. Quello che contava era cercare, cercare… Sě, ma… Cosa? Qualche indicazione era stata data. Oggetto lungo, sottile… Importante per Lord Voldemort… E se davvero vi era possibilitŕ che si trovasse a Hogwarts, l’ufficio della Bennet era il luogo giusto nel quale aspettarsi la custodia di manufatto prezioso… Doveva pur esser prezioso per esser tanto bramato dall’Oscuro. Invero, il Mangiamorte non poteva saperlo. Ma la fiducia nel proprio padrone lo portava a non farsi troppe domande e a proseguire rapidamente…
Ed infine, solo un messaggio…
Una comunicazione della Vice Preside…
Due parole fondamentali…
Lake District…
Al di lŕ della porta dell’ufficio violato della Preside, due nemici si confrontavano con astuzia ed abilitŕ. Che bel combattimento si stava preparando a colpi di magia selezionata ad arte per destabilizzare, confondere, ingannare ed infine irretire la controparte. Il Caposcuola Tassorosso all’angolo della svolta del corridoio, il Mangiamorte acquattato rasente al muro proprio in prossimitŕ della svolta, eseguivano incanto di difesa ed attacco. Il nebula antigravitas castato da Thren andava a creare i giusti presupposti per impedire all’avversario di oltrepassare quella linea di confine “Bene-Male” che avrebbe assicurato tempo prezioso per una eventuale ritirata o piů probabile attacco su quel fronte. D’altro canto, l’efficace dominus terra castato da Horus generava piccola scossa tellurica capace di destabilizzare chiunque avesse calpestato il suolo del corridoio nel raggio di qualche metro, inclusa la zona ove si trovava Thren.
Tuttavia il mangiamorte, un po’ per fortuna, un po’ per esperienza di battaglia, si era abbassato poco prima di evocare l’incanto nebula antigravitas. Questo abbassamento permetteva una maggiore stabilitŕ, grazie al baricentro prossimo al suolo. Non che egli non fosse costretto a cadere, seduto sul pavimento! Ma oltre tale inconveniente, nessun danno fisico.
Certo, il Caposcuola Tassorosso probabilmente non aveva intenzione di arrecar danno. Voleva piuttosto rendere difficoltoso il movimento, che fosse un movimento volto all'attacco o alla fuga.
E cosě sarebbe stato, per un tempo breve, ma forse utile per raggiungere il nemico e magari catturarlo, attaccarlo, sconfiggerlo… Purtroppo Horus non era a conoscenza della presenza del Nebula antigravitas… Magari lo avrebbe presto scoperto, se solo avesse avuto l’intenzione di addentrarsi nell’oscuritŕ…
E mentre guerra tattica stava avendo luogo nei secondi che si susseguivano crudeli, la studentessa Corvonero, Jessica, grazie ad incantesimo creativo trasfigurativo, riusciva ad aver salva la vita, trasformando le serpi velenose in grappolo di ciliegie. Veleno e dolore, tuttavia, ancora circolavano nel sangue, nelle membra della coraggiosa fanciulla, riversa sul pavimento.

Sirius, per via dell'attacco e degli eventi collaterali connessi (dolore, caduta, eccetera), perdi 25 ps e 4 pc.
Jessica, nuovo turno, nuovo danno inflitto dal veleno (non ancora da te curato), come preannunciato nel masteraggio dell'ultima volta: perdi altri 20 ps e 10 pc.


Alla Torre di Divinazione.
Beffarda magia… Crudele figlia di mente magica, incapace di cogliere il sottile confine tra Magia stessa e Malvagitŕ… Colui che aveva dedicato la vita alla protezione di quel mondo invaso da Mangiamorte ed aviditŕ di potere, si trovava ad obbedire senza consenso alle manovre del Signore Oscuro.
Il Docente di Cura delle Creature Magiche, imperiato da una alleata fedele dell’Oscuro, si trovava nell’ufficio della vice preside, Hope Lancaster.
L’ordine era quello di cercare… Una ricerca necessaria, non voluta, ma inevitabile, irrefrenabile.
Un Alohomora ben castato, frutto dell’astuzia di Colei che reggeva i fili del burattino, assicurava un buon paracadute, una scusa “diplomatica” in caso di necessitŕ.
Poi…
Ecco una lettera…
Giŕ aperta…
Ancora una volta un luogo veniva citato...
Lake District…
Sheiva, celato nella maschera del Custode, raggiungeva la torre di divinazione.


E' un destino comune ,lo sai: tutto cio' che vive deve morire, passando per via di natura all'eternita'.



Attenzione

La seconda parte del post č stata pensata al fine di garantire una chiusura rapida e ragionata del presente evento. A tale scopo, hanno contribuito alla stesura delle sue linee guida entrambi i capi-fazione, oltre a me medesimo. Va da sé quindi che qualunque azione supplementare possa aver compiuto (o non compiuto) il vostro PG alle ultime battute, č frutto di analisi ponderata volta a garantire coerenza non solo rispetto al quadro generale, ma anche rispetto agli intenti da voi stessi manifestati in corso di gioco, evitando forzature sia in un senso sia nell'altro. Il tutto, ovviamente, senza mai sancire il benché minimo squilibrio nelle concessioni e penalitŕ elargite a ciascuna delle due fazioni: non sono stati attribuiti arbitrariamente malus e/o bonus (catture incluse) che non fossero giŕ ampiamente determinati con un certo grado di certezza dallo svolgersi degli eventi; ciň che in assenza di diritto di replica, in virtů delle mie ultime decisioni, avrebbe potuto portare a bonus/malus considerevoli, e che non rientrasse nel normale masteraggio di fine turno, č stato diluito/ragionato in modo da non condizionare la coerenza ON e allo stesso tempo non fornire vantaggi/svantaggi gratuiti. Ogni dettaglio č stato considerato nell'ottica di non svalutare l'operato di nessun giocatore e di garantire i migliori sviluppi post-evento per entrambe le fazioni, oltre che per il background di ciascun personaggio.
Alla luce di quanto esposto, NON saranno ammesse disquisizioni con la pretesa di essere piů o meno costruttive in relazione agli esiti di questa avventura. Le mie decisioni sono irrevocabili. Potrete discutere della vostra situazione post-evento con i vostri rispettivi capi-fazione, i quali valuteranno con voi il da farsi.
Lŕ dove il testo presentasse sviste dovute a semplice errore umano (un nome al posto di un altro, un conteggio inesatto o simili), sarŕ possibile far pervenire il dubbio al proprio capo-fazione, il quale - se lo riterrŕ opportuno - me ne farŕ menzione ed io stesso, SE riconoscerň il disguido, ratificherň la correzione.




~ Sheiva, l'infiltrato, e Cedric, l'imperiato. Corridoio e Ufficio della Vice Preside, Torre di Divinazione.

- Nessun posto č piů sicuro di Hogwarts. - La voce rauca, di vecchio, sfuggě maldestra dalle labbra contratte, tese nello sforzo della corsa. Sullo sfondo, infinite sfumature di grida ed esplosioni si gonfiavano per risalire lungo gli squarci nelle mura, elevando un franco monito privo di incertezze. La torre vibrava, e in quei fremiti Sheiva poteva scorgere la bellezza di un piacere violento che risaliva lascivo dal basso, risvegliando sensazioni contrastanti. Il taglio dritto della bocca si incurvň appena, non piů di una piega tremolante verso l'angolo sinistro, e la grottesca parodia di un sorriso sfigurň la simmetria della seria e arida maschera del custode. Nessun posto era piů sicuro di Hogwarts: l'antico detto suonava come una beffa anche senza il suo laconico scherno. Uno sfregio al sangue versato in anni di inefficace difesa.
Il corridoio era deserto. Non poteva essere altrimenti, del resto: ormai chiunque avesse avuto abbastanza fegato da combattere doveva essersi fiondato da tempo ai piani inferiori, mentre i restanti codardi si erano rintanati piů a fondo nelle rispettive tane. Le condizioni erano perfette, ma Sheiva non sarebbe stato scelto per il compito piů difficile se non fosse stato maestro di strategia e prudenza.
Rallentň il passo avvicinandosi alla porta dell'ufficio della Vice Preside. Aperta o chiusa? Il primo dilemma era semplice, eppure non scontato. La donna era di sotto, gli esami prima e la battaglia poi dovevano averla tenuta impegnata, e ignara. Avvicinň con calma la mano destra alla maniglia. Se vi fosse stata da affrontare una qualche opposizione magica, sarebbe stato meglio scoprirlo subito; ma se nessuna percezione di tal fatta avesse disturbato il suo tentativo, stroncandolo sul nascere e costringendo le sue dita a ritrarsi, non avrebbe tirato fuori la bacchetta invano rischiando spiacevoli imprevisti nel mezzo di un corridoio a libero accesso, dove del resto potevano anche annidarsi nemici occultati: prima si sarebbe assicurato che per accedere non fosse magari semplicemente sufficiente ruotare la maniglia. Solo se chiusa, magicamente o meno, sarebbe ricorso a sistemi piů drastici, rinunciando al travestimento.
I polpastrelli sfiorarono il freddo metallo senza conseguenze e giŕ il primo tassello della verifica andň a comporre con ragionevole certezza una nuova parte del quadro. Aveva rischiato, sě, ma con buone ipotesi a carico: i suoi seppur pochi giorni da infiltrato, per di piů nelle vesti di custode, gli avevano giŕ fornito uno schema dei piů comuni usi degli insegnanti in merito alla gestione dei loro uffici. Di sicuro, in tempi di pace, se pure avessero voluto aggiungere un qualche ulteriore presidio alla sicurezza dei loro ambienti privati, dato il contesto scolastico avrebbero preferito porre barriere esterne che impedissero direttamente l'accesso e preservassero integralmente i propri interessi, senza neppure arrivare alla violazione, piuttosto che accettare il rischio dell'ingresso di soggetti indesiderati, quand'anche al suono di una sirena. Un qualcosa che a lungo andare avrebbe potuto rivelarsi fastidioso, per un pomo della discordia comune come poteva essere un registro voti. Certo, vi era sempre un qualche grado di imprevedibilitŕ in ogni predizione, ma il calcolo delle probabilitŕ era da sempre elemento portante della realizzazione di qualsivoglia piano. Ed era la ragione che lo aveva condotto a non sottovalutare quella prova.
Ciň nonostante, esitň qualche istante prima di passare alla seconda fase, e scoprire quindi se il classico giro di chiave - o un piů subdolo, non percepito, improbabile ma frazionariamente possibile incantesimo anti intrusi - si frapponeva ancora fra lui e il suo obiettivo. Un lieve rumore. Un fruscio. Forse un passo. Gli echi della battaglia disturbavano il silenzio della torre altresě deserta, ma non poteva ingannarsi su suoni che giungevano - seppur soffocati - da un luogo cosě vicino: l'interno della stanza. Non lui, che non arrivava sicuro del proprio diritto, magari per delega, ma che davanti a quella porta si stava prendendo il suo tempo. Qualcuno si muoveva, senza clamore. Forse chiudeva un cassetto. La Lancaster? Come aveva fatto ad arrivare lě? Perché avrebbe dovuto abbandonare la battaglia? E come avrebbe potuto raggiungere l'ufficio prima di lui, lui che aveva sorvegliato l'ingresso alla Sala Grande fino a pochi istanti prima di prendere la rincorsa per la torre? E se anche in qualche modo fosse stato cosě, come avrebbe potuto muoversi con quella calma sapendo ciň che stava accadendo al castello? Dove erano le sue responsabilitŕ di Vice? No, non era lei. Ma chi poteva avere tanta confidenza da usare il suo ufficio come il proprio? Chi poteva essere di grado tanto elevato da potersi aggirare liberamente per l'ufficio di una docente assente, e allo stesso tempo tanto incurante delle sorti del castello da perdere il suo tempo a nascondersi in una torre lontana dal pericolo? Un incaricato, un codardo... o un alleato?
Ruotň la maniglia e spinse. La porta cedette e si aprě docilmente. Se l'era aspettato, data la nuova variabile. Un uomo che riconobbe come il Docente di Cura se ne stava immobile nei pressi della scrivania. Sarebbe sembrata semplicemente una persona in attesa, un ospite bonariamente paziente e tranquillo da chissŕ quanto tempo... se solo Sheiva non si fosse fermato appena pochi secondi prima oltre la soglia ad ascoltare i movimenti sospetti nella stanza. Qualcosa non quadrava. Un codardo ingannava il tempo frugando? Un delegato cercava di fingere di non avere affari impellenti nel luogo in cui era stato inviato, salvo darsi da fare non visto? Se Sheiva fosse arrivato sicuro e di gran carriera non avrebbe mai apprezzato la sottigliezza di quel curioso comportamento: non avrebbe udito nulla, e avrebbe solo trovato qualcuno con l'aria di poterlo giudicare, qualcuno la cui presenza fosse piů legittima della sua. Forse perfino apparentemente inconsapevole del gran disastro in corso. Ma Sheiva sapeva di avere il coltello... o la bacchetta, per meglio dire, dalla parte del manico. Era il suo giudizio quello che contava. Era la sua previdenza che veniva premiata.
- Professore! - Il tono affannoso, lievemente sorpreso. Adorava inserire quella nota di panico che rendeva piů autentico il suo personaggio e gli permetteva intimamente di deridere il fatto che apparisse cosa cosě naturale. - Stavo giusto cercando rinforzi. Č in corso un attacco in piena regola! Deve raggiungere gli altri docenti al Piano Terra. - La mano libera dalla ramazza corse al petto, come a calmare il respiro. In realtŕ lě, tra le pieghe della veste, la sottile arma di legno era a un soffio dalle dita allertate.
- Davvero?! - L'atteggiamento del docente era il perfetto esempio della prevedibilitŕ: l'irrigidirsi improvviso della postura, il tono preoccupato, lo sgranarsi degli occhi, tutto era come doveva essere, in un momento come quello. - Aspettavo la Professoressa Lancaster al termine dei G.U.F.O, ora capisco... Grazie Argus, vado subito. - Non c'era esitazione. Dopo i primi momenti di sorpresa, e una considerazione quasi tra sé e sé, la decisione era stata presa. Anche questo rientrava esattamente in ciň che ci si sarebbe aspettati da un docente di Hogwarts. Eppure, ancor piů per questo, i pezzi continuavano a non incastrarsi al posto giusto. La ragione era semplice: mentiva. Un altro non avrebbe avuto motivo di origliare, ma Sheiva, l'infiltrato, sě. Black non era rimasto immobile e rispettoso ad aspettare, come si era premurato di dare a vedere, si era appositamente - e con una certa fretta - fatto trovare cosě. E in aggiunta a questo, aveva mentito ad una persona che doveva essere riconosciuta come schierata dalla sua parte, essendo il mangiamorte nelle sembianze del custode. Un nemico dei suoi nemici era dunque un amico? Perché non sapeva nulla di lui? Quando era stato inserito nel piano? Era davvero poi parte del piano? Ma poteva essere una coincidenza averlo trovato proprio lě, ad aggirarsi per l'ufficio della Vice Preside? Perché tagliare la corda innanzi a quella che era evidentemente stata un'interruzione, senza neanche provare a sfruttare fino in fondo l'irripetibile occasione? C'erano ordini o agiva di sua sponte?
- Quanta fretta. - Abbassň la mano sinistra, che ancora reggeva la ramazza, e il lungo manico scheggiato sbarrň la soglia mentre il docente stava per varcarla. Comunque stessero le cose, non poteva lasciarlo andare. Troppe incognite rendevano incerta la vittoria, e Sheiva odiava affidarsi al caso. Il suo tono non era piů affannoso o tremolante, pareva anzi quasi aver riacquistato parte del suo timbro originale. La polisucco cominciava forse ad esaurire i suoi effetti... Meglio cosě. In ogni caso, a qualunque punto ci si fosse spinti, quel giorno sarebbe finito tutto. E non solo perché tale era la volontŕ del suo Signore: quel vecchio corpo era diventato una zavorra ormai insostenibile per la sua irrequietezza; inoltre, la mocciosa del piano di sotto [Arya] - che aveva tutta l'aria di essere una possibile traditrice della Causa - aveva visto il suo piccolo travestimento, e nessuna ulteriore permanenza come infiltrato sarebbe stata possibile. Ma non avrebbe perseguito quella via in nessun caso: piuttosto sarebbe andato orgogliosamente incontro ad una onorevole e gloriosa morte.
Guardň il docente. Si era fermato, osservava in silenzio il braccio che gli sbarrava la strada. No, non il braccio: la pallida ombra del marchio che riaffiorava come un fantasma del passato su di una pelle sempre meno rugosa. L'assenza di reazioni, che fossero contro o a favore dei suoi intenti, era l'anomalia piů grande.
La mano destra scivolň via dal petto stringendo la bacchetta, ma non aveva intenzione di usarla. Non ancora. - Tu sei in conflitto. - Ritirň il braccio sinistro e con esso la ramazza, liberando il passaggio. Ma il docente non si mosse. Sheiva posň l'attrezzo al muro e con la stessa mano chiuse la porta, relegando entrambi all'interno della stanza. - Tu sei imperiato. - La risata proruppe genuina, improvvisa, creando una sonora crepa nella tensione accumulatasi a causa della situazione. Si concesse di allontanarsi dall'uomo, l'uomo che era costretto dall'incantesimo a riconoscere nei mangiamorte i suoi alleati; l'uomo che poteva essere alle dipendenze di un numero di persone cosě ristretto da potersi contare sulle dita di una mano. La lungimiranza dell'Oscuro aveva sempre fatto sě che ognuno dei suoi servitori sapesse solo l'indispensabile, che i compiti piů riservati fossero dominio di pochi cosě che neanche il peggiore degli scenari e l'onta della cattura potessero compromettere la reale missione. Sheiva non era uno sciocco, comprendeva un tale metodo, ma proprio per questo non aveva bisogno di "immaginarselo": il suo acume lo rendeva spesso partecipe delle pieghe piů delicate dei piani del suo Signore, trasformando la sua consapevolezza in una certezza, e la certezza in una diretta partecipazione.
Il suo sguardo vagň divertito sulla mobilia dell'ufficio. - Dimmi, amico... L'hai trovato? - Si sarebbe preso gioco di lui, ma senza perdere tempo. La serietŕ del suo compito non era in discussione e quella seppur leggera deviazione dal tracciato poteva rivelarsi un vantaggio o una condanna. Gli aveva anticipato l'onere della ricerca? La risposta poteva risparmiare la vita dei compagni in battaglia, in netta minoranza. Non avrebbero mai potuto conquistare la Scuola, si sapeva: non quando le forze dell'Oscuro necessitavano ancora di tempo per raggiungere una quantitŕ tale di affiliati da potersi chiamare esercito. Erano arrivati in grande pompa, al meglio delle proprie forze, al solo scopo di apparire mille invece di cento; al solo scopo di lanciare un messaggio; al solo scopo di favorire un gioco di voltafaccia; al solo - vero - scopo, soprattutto, di essere un diversivo per lui e gli altri infiltrati. Di fatto, avevano giŕ vinto. Quasi.
- No. - Le parole gli costavano, sě: rabbia, forse anche dignitŕ, ma non potevano fare a meno di fluire in meravigliosi sprazzi di incontrollata inconsapevolezza. Cedric c'era, ma era ancora intento a dibattersi nelle profonditŕ piů oscure del suo io, lontano dal piano della realtŕ. Lontano da Sheiva. - Ho guardato ovunque. Non credo neppure sia occultato, avrei percepito alterazioni della Magia. E poi conosco la Lancaster... non l'avrebbe messo qui. Non cosě. - Era plausibile, Sheiva lo sapeva. Non ci aveva davvero sperato, ma quel luogo andava ugualmente violato e visionato: bisognava escluderlo con reale sicurezza. Cosě il suo Signore aveva ordinato. La cosa divertente era che nessuno di loro, nemmeno lo stesso Sheiva, sapeva esattamente cosa stesse cercando, eppure a ciascuno di coloro che erano stati scelti per il compito piů arduo era stata data l'assoluta certezza che, se trovato, l'obiettivo sarebbe stato riconosciuto. Non era una buona notizia da riferire, ma per lo meno nulla di realmente inaspettato. Il lato positivo era che il lavoro sporco era stato giŕ fatto, e questo avrebbe permesso di anticipare la ritirata. - Altro? - Era passato a un tono secco, impaziente, abbandonando ogni facezia. Quell'individuo l'aveva giŕ stancato, e ora fremeva per passare al nuovo punto in programma. Solo fino a che Agreas fosse comparsa... - Sě, ho trovato questa. - Cedric porse a Sheiva la lettera. Gli occhi del mangiamorte scorsero appena qualche rigo prima di richiuderla e mettersela in tasca. Se era importante, non lo diede a vedere: il suo viso impassibile pareva aver esaurito ogni voglia di comunicare. - La porta era solo chiusa a chiave, l'ho aperta per garantirmi un alibi ma sono venuto qui con questo... in caso servisse... - Cedric indicň il fazzoletto bianco ben ripiegato sulla scrivania. Sheiva capě subito che stava parlando di una passaporta. - Gran bel lavoro, amico mio. Gran bel lavoro... - Il nuovo accenno di un sorriso tornň a disegnarsi sul suo volto, il volto di un uomo piů giovane di quello che aveva raggiunto la torre. Nella pelle brunita i denti bianchi si mostravano timidamente come gigli delicati, sbocciando tra le labbra quasi femminee. Gli occhi scuri viravano con decisione alle tonalitŕ piů cupe del marrone, caricandosi di una profonditŕ rassicurante, calma. La distesa liscia delle guance tradiva la freschezza di un'etŕ fin troppo acerba per aver giŕ scelto da che parte schierarsi. Eppure, non c'era esitazione nelle sue parole, o nei suoi gesti. La forma del suo sorriso non scaldava il cuore, e il suo sguardo perdeva ogni dolcezza nella scaltra supponenza delle palpebre crudelmente semichiuse con ostentata noia. - C'č un'ultima cosa che puoi fare per me. - Sheiva sapeva che per lui non restava altro che aspettare. Quanto, dipendeva dai suoi compagni al Quinto Piano. Ma ciň non toglieva che potesse a sua volta avvisarli che era pronto... che tutto sarebbe volto al termine nel momento stesso in cui gli avessero dato il via libera. Chiunque di loro gli avesse mandato il docente, che fosse inteso come dono o piano di riserva, non doveva essersi mosso dalla sua posizione originaria: per ciascuno dei quattro, ogni passo era stato preventivamente studiato con cura meticolosa, ogni compito assegnato con incastro perfetto rispetto a quello degli altri. Ciascuno avrebbe mantenuto la propria posizione fino alla morte, se necessario. Ma chi aveva mandato l'uomo non era morto, o l'imperio si sarebbe spezzato. - Torna dal tuo padrone. Digli che qui abbiamo finito. Se č in difficoltŕ... - Uno sguardo intenso, non serviva altro per farsi capire. Una pedina come lui era sacrificabile, sempre. Cedric mosse appena il capo in un cenno di assenso privo di entusiasmo. La sua anima era lontana secoli. Con sequenza meccanica si riavvicinň alla scrivania e afferrň il fazzoletto. Il riattivarsi della magia fu qualcosa di istantaneo, e presto anche la figura esile di Sheiva che lo osservava con disprezzo fu solo un altro ricordo.




~ Astaroth, l'infiltrato, e Agreas, la fenice nera. Quinto piano, Torre della Preside.

Astaroth osservň il breve appunto. Non era nulla piů di uno scarabocchio di poche righe su un pezzo di carta straccia, eppure le sue potenzialitŕ erano chiare alla vista di chi vantava la giusta prospettiva di lettura. *Quella volta...* E cosě la Lancaster era stata informata. E l'intromissione era costata cara. I limpidi occhi azzurri erano schegge di vetro dietro le quali la collera si addensava in caliginose volute minacciando tempesta. La fronte cedette ad una ruga profonda che l'adombrň di sfumature scortesi. Il pulsare sgradevole di una vena sulla tempia era il silente monito di emozioni ribollenti appena al di lŕ del circo vuoto delle espressioni. Lentamente sollevň la testa e le liquide iridi si macchiarono di sangue nell'incontrare lo sguardo antico, rosso e affilato di Agreas. La severitŕ di quella esistenza solenne rendeva sciocco il suo fragile impulso umano.
Il controllo scivolň nuovamente lungo le fibre del suo corpo e il velo della follia ricadde languidamente in un luogo segreto e nascosto. Un impercettibile segno di diniego: precipitň, senza reazioni, nel silenzio artefatto entro cui i clamori e le passioni della guerra erano solo una tentazione lontana. La fenice inclinň mestamente il capo, con la graziosa accondiscendenza di chi bada poco alle contingenze del mondo. Le palpebre si abbassarono con pesantezza, sospirose come in cerca di un bacio. Eppure non v'era compiacimento in quelle movenze voluttuose, solo arroganza e l'insolente, irritante concessione di un fallimento giŕ atteso. La lunga coda frusciň piano contro il legno del vecchio mobile, parendo un dileggio all'immobilitŕ infruttuosa dell'uomo, di cui solo il lieve tremore della mano tradiva l'impotenza, il senso ancestrale di sgomento. Lo spazio si contorse attorno alla muta figura del volatile, e l'oscuritŕ sul suo corpo si decorň di crudo lucore. Tremolň come la superficie di uno specchio d'argento, quindi avvizzě e si spense in un lampo amaranto.
Astaroth indugiň ancora qualche istante sull'angolo ormai vuoto della stanza. Di nuovo solo, si rendeva conto con sorpresa di quanto fosse stato in tensione, nonostante ogni razionalizzazione. Non aveva nulla da recriminarsi, né avrebbe potuto farlo il suo Signore: tutto rientrava perfettamente nei piani. Quel giorno avevano attuato un diversivo nel diversivo: nonostante l'importanza di controllare l'ufficio della Preside, le probabilitŕ maggiori erano sempre state in quello della Vice. Cosě la sua incursione diventava il diversivo di Sheiva, e i restanti al piano terra costituivano a loro volta un diversivo per lui, di modo che l'ultimo anello della catena degli inganni - quanto presumibilmente accadeva nell'ufficio della Vice - sarebbe stato anche il piů difficile da individuare e comprendere.
Abbassň il braccio con inaspettata calma, raccogliendo le fila dei pensieri. Con cura ripose nuovamente il biglietto cosě come l'aveva trovato. Non era necessario portarlo via con sé, di sicuro un semplice avviso come quello non celava informazioni nascoste, raccoglierlo avrebbe solo destato sospetti. Diverso sarebbe stato se avesse avuto per le mani ciň che effettivamente doveva aver indotto la Lancaster ad avvisare la Bennet.
Richiuse il cassetto. Non era tempo per certe illazioni. Vi avrebbe riflettuto ancora, certo, una volta lontano, una volta al sicuro. Non c'era piů nulla che dovesse o potesse fare in quel luogo. Sbirciň verso la porta e per un momento l'idea di Thren cosě vicino eppure lasciato solo al suo destino lacerň qualcosa nel profondo della sua sicurezza. Poi il quadro della porta fu sostituito dalla visione del camino e l'istintiva, non richiesta compassione morě nell'estasi folle del proprio trionfo. Pochi passi ed era lě, di fronte all'imponente soglia di pietra, spalancata in una voragine di neri resti che si divoravano pian piano l'un l'altro. In fondo lo sapeva: non era importante chi restava indietro. Chi restava indietro evidentemente non contava abbastanza: avrebbe dovuto aspettare, sě, aspettare e magari sperare nella clemenza del Sommo Signore, o usare misericordia su di sé. Lui, di contro, aveva avuto un ruolo... e l'aveva ancora. Era per quello, per quel ruolo, che Thren e Gargantua avevano accettato anche di morire quel giorno.
La mano calň nel piccolo cofanetto di porcellana e ne riemerse con un pugnetto di metropolvere di un innaturale verde brillante. Tra le dita era fine e impalpabile come cenere. Alle sue spalle la stanza non mostrava tracce evidenti di cosa fosse stato toccato. Bisognava solo andare, allora, e augurarsi che anche gli altri avessero fatto la loro parte.
Un passo avanti, oltre il parascintille in ferro battuto. Gettň ai suoi piedi la metropolvere e fiamme di smeraldo si levarono immediatamente a carezzare il suo corpo, gettando ombre malaticce sulle guance magre. Scandě le parole, scelte con cura. Il fuoco magico l'avrebbe portato ovunque, anche in luoghi indesiderati e sperduti se non fosse stato attento alle sue richieste o avesse pronunciato male qualche parola. Di certo la libertŕ della Preside in tal senso era illimitata, se pure poteva supporre un ragionevole blocco di sicurezza sulle visite in ingresso. Chi altri avrebbe mai potuto immaginare in condizioni ordinarie di beneficiare di quel camino connesso alla rete dei trasporti magici, data l'ubicazione, senza l'esplicito consenso della donna che l'amministrava e in sua assenza?
L'ombra dell'ironia aleggiava sulle labbra secche, inaridite. Aveva dovuto individuare un posto non cosě in vista da implicare un reale rischio di cattura al suo arrivo o da permettere al Ministero di risalire con troppa facilitŕ alla dinamica della sua fuga. Sicuramente, se non altro, sapeva che solo il Ministero - ancora per poco! - era in grado di creare quel tipo di allacciamenti, riservato pertanto raramente a zone esterne al mondo magico, e altrettanto certamente quelli del dipartimento dovevano essere in grado, con un po' di impegno, di risalire al percorso legato all'ultimo uso di quel camino. Lui, per parte sua, doveva anche presumere che ad un'analisi accurata dell'ufficio avrebbero trovato le tracce di un impiego recente della metropolvere. Non poteva nascondere i segni del suo passaggio, ma sarebbe ugualmente potuto essere ormai ovunque fino a che i galoppini della Preside avessero rimesso insieme i pezzi e raggiunto la sua attuale meta. - Erebus Emporium, Nocturn Alley. - Il proprietario avrebbe retto il suo gioco, almeno fino a che il suo raziocinio avesse mantenuto salda la consapevolezza delle conseguenze in caso cosě non fosse stato. E poi, Akeldama era un sostenitore della Causa che aveva sempre avuto l'intelligenza di agire nei suoi affari in modo tale da risultare irreprensibile agli occhi della legge. L'avrebbe messo in difficoltŕ, lo sapeva, ma tra tutti era forse colui che piů l'avrebbe saputo coprire apparendo al contempo attendibile agli occhi dei ministeriali che certo prima o poi avrebbero potuto presentarsi alla sua porta. Gli avrebbe fatto guadagnare tempo, e se avesse ceduto... sarebbe stato poi cosě importante? Quell'uomo non avrebbe mai saputo i suoi piani o da dove venisse e dove fosse diretto. Nessuno poteva permettersi di fare domande a un servo alle dirette dipendenze dell'Oscuro. La cieca obbedienza era da sempre la chiave di quello stile di vita, di quel credo, e seguiva una ferrea gerarchia. A quel punto sarebbe stato ormai irrintracciabile, probabilmente giŕ devotamente e bramosamente in ginocchio davanti al suo Signore.




~ Gargantua, l'infiltrata, e Cedric, l'imperiato (comparsa: Sirius, il Grifondoro). Zona scale e corridoio, Quinto piano.

- Cosě incauto. - Anche attraverso gli incantesimi di alterazione di cui la maschera la investiva, la sua voce aveva un qualcosa di fluido, sensuale, serafico nei suoi toni bassi, vibranti. Venne avanti con calma, emergendo dalle ombre dell'angusta rientranza, sotto l'egida immobile della creatura ormai completamente formata che con la sua mole ostruiva l'arco ed impediva il passaggio e la visione tra le scale e il corridoio. Vi era ancora qualcuno dall'altra parte? Avrebbe osato avvicinarsi al mostro apparentemente dormiente? Quanto sarebbe durato l'effetto della magia utilizzata dal ragazzino? - Cosě sciocco. - Doveva davvero essere tra i meno dotati della sua classe se aveva pensato di infilarsi nella tana del lupo con solo le proprie gambe a difesa del nemico. Avrebbe avuto maggiori possibilitŕ lavorando in gruppo, ma no, tutti quei bambinetti parevano unicamente intenti a garantirsi di primeggiare anche a costo di annullare a vicenda le proprie mosse. Era un'idea infelice, che lasciava spazio alla commiserazione e un alone di disgusto attorno al sorriso sardonico, fino a togliere ogni mordente alla battaglia. - E cosě ora sei solo. Tra le mie braccia di fiamme. - Si fermň alle spalle del suo prigioniero. Gli occhi scuri scivolarono con ironia lungo il corpo piegato, stretto in una morsa poco lusinghiera. Capě che gli era quasi impossibile muovere le bacchetta, ma non era il momento di correre rischi.
Uno scatto, e un calcio frontale dritto tra le scapole. La forza del colpo era quasi sorprendente per la sua corporatura, ma l'imprevedibilitŕ del gesto rese al ragazzo impossibile prepararsi. Cadde in avanti, avvinto dalle funi di fuoco, nulla piů che un giocattolo per la donna che con lui avrebbe potuto farla finita in qualunque momento. Pareva lo schema di un'esecuzione: il sadismo era un gusto dolcissimo sulla lingua, e le donava l'inquietante sicurezza di chi non ha nulla da temere, nč teme nulla. Con calma soave aggirň le gambe ora tese e rigide della sua vittima, gli calpestň con cura la mano della bacchetta e facendo peso sul piede che dolorosamente la schiacciava simulň un accenno di genuflessione, sě che le sue parole fossero un veleno sussurrato goccia a goccia nelle orecchie dell'impotente nemico. - Ti svelo un segreto. - La sua maschera era un mosaico di contrasti su cui la voce roca disegnava impressioni di follia. Lě, in quel momento di stallo, era piů pericolosa e letale che mai. - L'Oscuro č qui. - Fisicamente? Metaforicamente? Qui dove? Non aggiunse altro, ma lasciň che l'enigma delle sue parole investisse di paura l'innocente pedone sacrificale di quella partita tanto piů grande di lui. Era l'ora della fine?
Un movimento, colto all'angolo del suo campo visivo. Gargantua si voltň svelta come testa di serpente, ma lě dove fino a poco prima aveva trovato rifugio lei stessa vi era solo il suo servo imperiato. Era tornato, con la passaporta ormai esausta che stringeva ancora in mano, e potevano esserci solo due motivi per cui ciň fosse possibile: o aveva trovato quello che era stato mandato a cercare, o... *Sheiva.* Sheiva doveva aver completato il lavoro. Aveva capito la situazione e l'aveva rispedito da lei come messaggio di rassicurazione. Del resto, volendo fin troppo ottimisticamente considerare la prima ipotesi, il docente pareva non aver nulla da consegnarle: il suo sguardo vitreo non aveva premura, le sue vesti cadevano flosce, i suoi pugni erano vuoti. In ogni caso, qualunque cosa fosse successa, tutto era compiuto.
L'eccitazione brillň nei suoi occhi appena per un istante prima di ricordare che non sarebbe stato saggio far intendere il proprio collegamento con l'uomo. Il ragazzo non poteva ancora vederlo, schiacciato a terra col volto rivolto verso l'estremitŕ opposta del corridoio, verso la fuga mai raggiunta, ma se quello avesse aperto bocca avrebbe rivelato la natura di ogni legame. Poteva rendere cosě facile il compito di chi avrebbe indagato sullo strano caso dei livelli superiori? Poteva lasciare che le sue strategie fossero pronunciate a voce alta in un qualche indigesto momento di luciditŕ? Se fosse accaduto non solo lě, col ragazzino ancora vigile, ma in seguito, innanzi ad una giuria o ad esperti medimaghi? Uccidere entrambi? Far ricadere sull'uno le colpe dell'altro? Ma aveva tempo per allestire tutto ciň, se il piano era davvero giunto alla sua conclusione? Il suo Signore l'avrebbe salvata come promesso? Per la modalitŕ concordata, non ce l'avrebbe mai fatta a portare con sč anche solo uno dei due...
Non poteva riflettere oltre. Senza esitazioni puntň la bacchetta contro il petto del docente. Lui non reagě: era ancora sotto il suo controllo. Flettč il braccio portandolo verso di sč, per poi distenderlo nuovamente verso la sua vittima, nel medesimo punto che aveva messo a fuoco un istante prima. - Stupeficium. - il tono era perentorio. Doveva badare all'essenziale. Schiantando il docente avrebbe interrotto l'imperio e lui avrebbe perso il ricordo di ogni cosa fatta sin dal momento in cui era stato posto sotto incantesimo. Non poteva rischiare che qualcun altro gli cavasse le informazioni mentre era ancora sotto il suo controllo, per un inaspettato guizzo di ribellione o un controincantesimo potente, ma allo stesso tempo perché uccidere una persona che si era rivelata cosě inetta e malleabile, per di piů in una posizione di spicco nella Scuola, quando per le stesse ragioni e qualitŕ avrebbe potuto tornare ancora utile in futuro? Forse avrebbe perfino potuto ricattarlo per quella stessa storia, di cui era stato innegabilmente fondamentale complice.
Il lampo rosso proruppe con malvagia violenza. Vi fu appena un barlume di stupore sul viso di lui mentre ogni luce si spegneva dal suo sguardo e la sua schiena batteva sgraziatamente contro il muro alle sue spalle, sospinto dalla forza dello schiantesimo. La mano violacea del ragazzo sotto il suo stivale ebbe un fremito: paura? Rabbia? Frustrazione? Il ragazzo... non aveva visto da dove l'uomo era arrivato. Poteva essere rimasto svenuto nell'angolo per tutto il tempo. O poteva aver passato il mostro dopo che lo studente l'aveva bloccato. Il fanciullo aveva dimostrato manie di protagonismo, di certo il suo ego gli avrebbe suggerito di prendersi il merito di quel presunto tentativo di soccorso da parte del professore. Perché del resto questo sarebbe parso, agli occhi di tutti, e il ragazzo stesso ingenuamente ne sarebbe stato testimone vivente e diretto. - Stregare la mia creatura non ti č servito a molto, vero? Per voi tutti, dopotutto, c'era una belva ben peggiore al di lŕ di essa. - Rise, tra il corpo scomposto dell'uomo e quello teso e rigido del ragazzo, non meno immobile. Il suggerimento astuto chiariva al prigioniero, ancora schiacciato faccia a terra, come dovevano essere andate le cose. Sicuramente si sarebbe sentito intelligente ad aver colto anche questa piccola rivelazione, che avrebbe poi potuto raccontare a chiunque gli avesse chiesto cosa fosse successo. Era divertente pensare di avergli effettivamente mischiato fino a quel momento bugie e veritŕ, sě che se avesse dubitato di una cosa, avrebbe dovuto dubitare di tutto il resto. Il Signore Oscuro era stato lě? Non era forse vero che il docente fosse venuto dalle scale? A cosa avrebbe preferito credere? Bugie... o mezze veritŕ?
Sollevň lo stivale che schiacciava l'estremitŕ ormai esangue dell'arto, e senza ripensamenti gli colpě con forza la testa. Non voleva ucciderlo, ma stordirlo quel tanto che sarebbe bastato ai suoi scopi. Il sangue sgorgava in un denso rivolo ramificato dall'attaccatura dei capelli, accecandolo. Per un momento, rimirando la sua opera, ebbe l'istinto di abbandonarsi al pestaggio. Ma aveva cose piů importanti cui pensare, se non voleva rimanere intrappolata lě.
Senza dedicare piů la minima attenzione al campo di battaglia, si voltň verso l'estremitŕ inesplorata del corridoio, verso i suoi alleati, e corse via ridendo.


Sirius: i vari "colpi" che hai ricevuto, nonché gli strascichi del precedente incanto, ti sottraggono complessivamente 50 ps, 20 pc e 15 pm. Hai subito tra le altre cose una brutta botta alla testa, per cui si puň dire che versi in stato di semi-incoscienza: sicuramente le tue reazioni sono rallentate e il tuo raziocinio momentaneamente compromesso.
Cedric: sei svenuto, le tue statistiche sono azzerate.




~ Sheiva, l'infiltrato, e Agreas, la fenice nera. Ufficio della Vice Preside, Torre di Divinazione.

Black aveva fatto un buon lavoro. Aveva riferito di aver guardato ovunque e certo cosě doveva essere stato, dato che sotto l'influsso dell'imperio non avrebbe mai potuto mentire innanzi all'esplicita richiesta di colui che era stato costretto a riconoscere come alleato: eppure nulla appariva fuori posto, ogni passaggio era stato completato con cura e dedizione, proprio come se a svolgere il compito fosse stato lo stesso Sheiva. Chi aveva impartito l'ordine era stato meticoloso, ma del resto, dal ristrettissimo contingente scelto di cui lui stesso faceva parte, non si sarebbe mai aspettato altrimenti. Non c'era nulla da correggere o accomodare, nulla che potesse far capire troppo presto che proprio quella camera era stata violata: il docente era svanito assieme al suo fazzoletto; i cassetti erano chiusi; sedie e bauli giacevano in ordine lě dove presumibilmente erano sempre stati. L'unica differenza era la lettera nella sua tasca. Era probabile che prima o poi la Lancaster si accorgesse comunque della sua assenza, ma era un problema - eventuale, del resto - in lŕ da venire, e un dettaglio per la fazione avversa di non immediata soluzione. Tutti i primi piů ovvi sospetti sarebbero andati a vertere sulla - mille volte piů plateale - violazione dell'ufficio della Preside. Inoltre Sheiva non poteva rischiare di omettere al suo Signore qualche importante indizio, celato magari tra le parole o sulla carta stessa: ora che ci si era spinti cosě oltre, non poteva lasciarsi sfuggire l'originale. Un azzardo, ma che andava accettato. Cosě come si era dovuto accettare l'azzardo di attaccare l'intero castello, quel giorno.
Si avvicinň alla porta. Occorreva solo un ultimo colpo di pennello per completare un quadro altresě perfetto. La punta della bacchetta sfiorň con leggerezza il buco della serratura, mentre la mano dell'artista calibrava con scienza angolazione e pressione. Chiuse gli occhi. Non era questione di guardare: era questione di vedere. Il semplice ma ingegnoso meccanismo di chiusura gli si figurň davanti in tutta la sua maniacale precisione e millimetrica bellezza. Era un gioco di incastri e soluzioni, un gioco di strategia e mano ferma. Assolutamente godibile. - Mobiliclaustrum. - Lo sussurrň piano, mentre muoveva lentamente e continuativamente il polso dal basso verso l'alto, in un impercettibile esercizio di autocontrollo. L'oscillazione cominciava e si esauriva nel buio di quel centimetro scarso che era la vera via per il lecito accesso, e la lecita estromissione. Uno ad uno, i bianchi e sottilissimi fili dell'incantesimo si dipanarono dalla lucida estremitŕ del legno di abete per immettersi nell'angusto spazio del buco della serratura: la sinuosa materia luminescente sondava con delicatezza ogni anfratto, scivolando e avvolgendosi tra gli ingranaggi in cerca degli elementi portanti del sistema, pervasa da un'aliena consapevolezza. Sheiva percepiva l'esitazione di quella innanzi ad ogni nuovo elemento, e adattava via via ai nuovi impulsi la propria immagine mentale. Ma solo quando ogni spira fu saldamente al suo posto, la maestria del marionettista fu evidente. Come estensione tangibile del proprio pensiero, le trame pazientemente intessute si mossero all'unisono per concertare il brillante epilogo di quell'opera in due atti: la bacchetta dirigeva il rumoreggiare assorto dei piccoli oggetti di metallo che si sollevavano e ruotavano scandendo un ritmo leggero. Uno scatto. Nessuna forzatura. Sheiva riaprě gli occhi, conscio che la porta fosse di nuovo chiusa come se fosse stato dato un giro di chiave. Nel momento in cui la proprietaria dell'ufficio fosse tornata, ogni cosa sarebbe stata esattamente come l'aveva lasciata, nč avrebbe avuto modo di sospettare un'effrazione: la via d'accesso, in quanto primo e piů evidente presidio nonché biglietto da visita dello studiolo, non avrebbe fatto eccezione. Era tutto tempo fatto guadagnare alla Causa: piů li confondeva, piů il vantaggio restava saldo nelle mani del suo Signore. Piů li depistava, piů la veritŕ si allontanava diluendosi nello scorrere implacabile del tempo.
- Agreas. - Un bisbiglio, ma senza ricerca di risposta. Tornň a voltarsi verso il centro della stanza, sfoggiando calma e sicurezza. La grande fenice nera lo osservava in silenzio, gli occhi sgranati e vigili che brillavano d'intelligenza. Con un movimento maestoso, fluido ed elegante, spalancň le nere ali riempiendo la stanza della sua vasta, incontrollata oscuritŕ. Ma Sheiva non ne era intimidito: vi ritrovava anzi una grazia assoluta, struggente. Era come vedere il buio farsi carne e sangue solo per dare prova della veritŕ negli incubi: c'era qualcosa di agrodolce nella sua apparizione, una concretezza severa e malinconica, vera, che rendeva solo piů desiderabile l'inevitabile rincorsa finale di ogni uomo verso l'oblio. E Sheiva vi si gettň incontro senza esitazioni.
Per un momento, la fenice parve accoglierlo nella dissacrante emulazione di un abbraccio: le grandi ali si protesero in avanti, scaltre, cercando lo slancio per un volo per il quale non pareva potesse mai esserci abbastanza spazio. Sheiva ebbe solo un istante per sentir scorrere tra le dita il piumaggio lucido, caldo, dell'uccello: il corpo dell'animale si cosparse di crepe laviche incandescenti, rivelando la sua piů intima natura. Poi un bagliore di fuoco, e il nulla.




~ Lord Voldemort, il Signore Oscuro, Sheiva, l'infiltrato, Agreas, la fenice nera, e טללא, il demone. Radura, Foresta Proibita.

Creature straordinarie, le fenici. La fenice nera, poi, era un essere talmente raro, anzi unico e prezioso, da aver assunto nei secoli i tratti della leggenda. Quando anni addietro i suoi seguaci si erano duramente battuti per conquistargli quel premio, quegli sciocchi non avrebbero mai immaginato quali e quanti encomiabili servigi avrebbe reso alla Causa. Ma i piani dell'Oscuro avevano radici profonde: nessuna guerra veniva combattuta invano.
Cosě quel giorno Agreas tornava al suo padrone dal luogo piů inaccessibile del mondo magico, portando con sé la punta di diamante tra i Suoi infiltrati. Estranea alle leggi e ai vincoli magici degli uomini, fungeva ora da messaggera e tramite nel momento piů propizio di sempre.
I suoni della guerra erano un crogiuolo di tensioni sfuggenti, armonie scostanti che alternavano il grave, maestoso incedere di una semibreve ai concitati e ansiosi salti di una biscroma. La grande pancia della foresta si gonfiava di echi che danzavano tra i tronchi modulandosi in volteggi irriverenti, vibrando su tonalitŕ sempre piů cupe via via che la loro intensitŕ si scioglieva nell'oscuritŕ che toccava il cuore piů profondo e antico della macchia.
Un'ombra. Poi una luce intensa. Per un momento la radura parve la scenografia artefatta di un dramma senza mordente, con i suoi verdi troppo brillanti e l'unico protagonista, il grande sopravvissuto, congelato in un'attesa priva di sviluppi. Ma non fu che la fantasia di un attimo: la mestizia opaca, pulviscolare del sottobosco ricadde sui morbidi riccioli scuri di un giovane uomo, il capo chino appena screziato dalle frastagliate luci del giorno, la mano destra stretta al petto e un ginocchio impegnato a terra. - Mio Signore. - Mormorň con la voce danneggiata che sembrava il suono del vento fra i rami morti. Accanto a lui, una lunga piuma nera si cullava nell'aria densa scivolando dolcemente verso il suolo. La luce vi brillň sopra un istante come sull'orlo di una lama, quindi ricadde innocua ai piedi del ragazzo. - Astaroth non l'ha trovato. - Il segnale di Agreas era inequivocabile. L'Oscuro osservava la scena senza mostrare segni di sorpresa, respirando piano al ritmo della foresta, immobile. - Tu cosa mi porti? - L'aviditŕ consumava la domanda ancor prima che lasciasse le Sue labbra. Non invitň il Suo adepto ad alzarsi, e nel dubbio quello rimase piegato nella scomoda posizione che si era imposto, sottomesso. - Purtroppo non quello che vi aspettavate, mio Sire. - Sheiva levň il viso, privo della consueta ironia fanciullesca. Il collo delicato si tendeva verso l'alto, come un fiore del mattino. Cercň lo sguardo del suo Maestro e trovandolo ne rimase bruciato: l'intero mondo bruciava, in quegli occhi. Incapace di sostenerlo, le palpebre scesero misericordiosamente a coprire la sua vergogna. - Ma ho trovato questa. - Con dita ancora ferme prese dalla tasca la lettera che l'inaspettato alleato gli aveva consegnato solo pochi minuti prima e fece per porgerla rispettosamente al suo padrone. - Spiegherebbe... - Prima ciň che non puň attendere. - La brusca interruzione troncň ogni replica. Sheiva assorbě il colpo in silenzio, con calcolata umiltŕ, sospettando il sedimentarsi di un'ira inaffidabile dietro l'impenetrabile maschera di Lui, dalle sembianze solo vagamente umane. Ma la veritŕ era che Lui, l'Oscuro, non si era mai davvero aspettato nulla di diverso. Poteva mai essere cosě semplice? Se solo quel mentecatto di Darren Gordon non fosse morto quando pareva fosse finalmente pronto a cedere... Se solo Osiris Sekhmeth...
Con qualche passo ben equilibrato colmň la distanza che lo separava dall'adepto ancora inginocchiato. Sheiva sapeva cosa voleva e non aspettň che gli fosse chiesto. Sollevň in avanti il braccio sinistro e tirň su la manica esponendo l'incavo vulnerabile dell'arto. Il marchio nero riluceva nella pelle brunita, prezioso come petrolio stillante, vivo. L'Oscuro strinse dolorosamente la carne del suo servo e il lungo indice bianco calň nel mezzo del macabro disegno, che si contorse grottescamente in dolorosi spasmi. Dopo un tempo che parve interminabile, lasciň la presa e la realtŕ si sciolse fiaccamente, stremata dalla tesa allerta. Il cuore di Sheiva batteva ancora rumorosamente e il respiro leggermente affannato tradiva quanto il suo autocontrollo fosse stato messo a dura prova.
L'Oscuro perse rapidamente interesse per il Suo servitore. Non gli parlň, non lo guardň. Forse dopo, se tutto si fosse concluso come doveva, la sua lealtŕ e la sua intraprendenza sarebbero state premiate. Ma non ancora. Con andamento preciso e sicuro tornň verso il centro della radura mentre le fragili, pallide dita tiravano su dalle pieghe della veste una comune catenina di acciaio. Alla sua estremitŕ, un medaglione bronzeo, non piů grande del palmo di una mano, recava gli strani simboli di una magia arcana, oscillando gravemente nel silenzio stagnante. I riflessi del sole parvero improvvisamente meno brillanti e la Natura, impaurita, si ritraeva lasciando la sensazione, lŕ nel mezzo della spianata, di un vuoto ben piů vasto. Sheiva, il fiero, fedele, acuto negromante, giaceva ai margini dello spiazzo, avvilito come un mucchio di stracci. L'aria pesante, cinerea, giŕ si caricava di odori luttuosi: la battaglia non era che uno spettro sullo sfondo.
L'Oscuro si raccolse nei meandri della Sua mente. I muscoli rispondevano a un istinto atavico, stringendo rigidamente il disco perfetto. Il contatto, prima di tutto... Le incisioni baluginarono dolcemente come fuochi fatui forieri di morte. I sensi, e le percezioni che ne erano la forma, persero di significato. Vagava in una terra senza nome, senza luce, guidato dall'affinitŕ morbosa del Suo spirito per quelle tenebre. E lo sentiva, oh sě, lo sentiva, quel soffio mefitico che si allacciava alle esalazioni della Sua anima, completando i bisogni della Sua inestinguibile sete. טללא...
- Daemonis auxilium peto - Dal pugno sfuggivano frammenti di freddi raggi d'ossidiana. Gli alberi ingrigivano, soffocati da vapori sulfurei, incandescenti. La realtŕ parve ripiegarsi su se stessa, sě che per un istante il piano tangibile coincise con quello occulto di forze ribelli e sconosciute. Ne sfuggě una creatura come mai ne erano state vedute, diversa da tutto ciň che era noto: la sua figura era imponente, bestiale, eppure indefinibile; il suo profilo mutava dietro una selva di ombre, e cosě riempiva della sua inconsistenza l'intera radura, presenza incontenibile di pura possanza. Dall'alto del suo immenso corpo, la testa si volse lentamente verso l'Oscuro, in muta domanda. Le orbite cave precipitavano verso abissi che narravano di autentica perdita e promettevano perpetuo oblio. Era fatto di istinti primordiali, di pensieri fugaci, di interrogativi antichi e legami mutevoli. Il demone copriva il cielo con la sua tenebra fumosa, e niente pareva poter vivere sotto di esso senza il suo consenso. Neppure l'uomo che lo sfidava cosě apertamente, proclamandosi suo Signore... se solo non avesse avuto quel sigillo, il sigillo che tra loro si frapponeva come irridente prova di un contratto stipulato con l'inganno ormai molto tempo prima.
- Sai cosa voglio. - Non vi erano incertezze nella Sua autoritŕ. I termini del Suo controllo erano chiari e la Sua mente inattaccabile. Un rombo basso, di tuono, scosse la creatura, e con essa la terra. Le forme abbozzate dell'essere si fusero orribilmente e scivolarono rapidamente al suolo in una pozza scura. Agreas, tra le fronde, distese le ali e spalancň il becco in un'unica allarmata nota mentre le ultime tracce del demone si mescolavano alle ombre della foresta, dirigendosi inequivocabilmente verso il castello.




~ L'armata. Piano Terra, zona d'ingresso e giardino.

[Peredur] - Il sangue e la rovina saranno sě consueti, e diverranno cosě familiari scene d’orrore agli occhi della gente, che le madri dovranno sol sorridere nel mirare i lor bimbi appena nati squartati dagli artigli della guerra, ché l’abitudine alle truci gesta avrŕ spento ogni senso di pietŕ.* - La sentenza cadde come scure sulla marea muta dei difensori, la voce profonda si ingigantiva nel gelido turbine delle acque sconvolte, aggiungendo un qualcosa di teatrale. Il frastuono delle grandi masse incontrollabili si allargava contro la pietra sin quasi a sbriciolarla. La potenza del Neptuno si dispiegava liberatoria come il tonante ruggito d'un dio, e scorreva avida verso le zone piů remote del piano terra. Gli sciocchi resti di un tentativo mal riuscito di Oppugno giacevano irregolari e inerti sul contorno del Protego, innanzi all'armata, quasi ad incoronarla. Gli istanti passavano rapidi senza infliggere perdite ai devoti della Causa, punendo gli inflacciditi nemici per la loro fede sbagliata. Nulla poteva instillare di piů il senso dell'invulnerabilitŕ, della sacra moralitŕ delle loro azioni. Lě, sull'empia soglia di un mondo tutto da ricostruire, erano i nuovi padroni ad un crocevia posto al centro di infinite possibilitŕ.
Non sapeva chi aveva colpito, non gli importava: Peredur osservava il mondo creparsi e crollare con la flemma annoiata e feroce del predatore che ha in pugno la preda. Mosag sventrava imperterrita lo scalone d'ingresso e grossi blocchi taglienti precipitavano come monoliti nel fango dei calcinacci e delle polveri infradiciate. Quello che un tempo era stato il maestoso salone d'entrata di uno dei piů antichi castelli d'Europa, era ormai il mosaico d'una faccia mostruosa che lasciava presagire solo un corpo altrettanto mutilato e deforme.
Erano tanti, loro, i servi dell'Oscuro, erano potenti. Uno sfoggio quasi pleonastico innanzi a sě palese inettitudine del fronte avverso, che pure godeva dei vantaggi di un luogo ben conosciuto, un luogo abitato da un numero nauseante di maghi - o presunti tali - in ostentato stato di grazia. Come potevano essere lieti delle loro coscienze dormienti? Acquietarsi ogni sera sulle poltrone delle sale comuni come animali da compagnia?
Un vago sprezzo aleggiava sui tratti duri del viso, altrimenti impassibili. Non avanzň, non diede ordini: il pavimento accidentato, devastato dalle esplosioni e dalle demolizioni, non avrebbe costituito un terreno di battaglia favorevole; non c'erano nemici nel corto raggio dunque non era richiesta un'immediata offensiva; dagli alleati nessun segnale era giunto come prova della buona riuscita del vero piano, quello piů grande, quello per cui davvero erano lě quel giorno. Doveva essere cauto, evitare perdite, dare battaglia quel tanto che fosse stato necessario senza lasciarsi sopraffare dagli istinti del cacciatore. Tutto era sotto controllo, il piano terra era isolato, il giardino sorvegliato; gli occhi dei nemici erano tutti su di loro. Aveva il tempo di cui aveva bisogno, e la mentalitŕ per mantenere la calma, anche se rimanere indietro voleva dire restare all'oscuro di quanto stava accadendo in fondo al corridoio colpito dal Neptuno. Il tempo che lui guadagnava in stallo, senza vincere ma neppure rischiare premature sconfitte, era il tempo che i compagni infiltrati guadagnavano per portare a termine la propria opera. Avrebbe attaccato ancora, sě, ma al momento opportuno.

* Shakespeare paper "Giulio Cesare"


[Vesper] Era suo. L'immensa massa d'acqua aveva trascinato via tutti quei ragazzini come formiche, lo scalone continuava a disintegrarsi pericolosamente vicino, ma nonostante le condizioni estreme, il nemico era suo. La bacchetta era calda, vibrante, partecipava del piacere segreto del controllo, che fluiva in ondate di potere lungo il braccio elettrizzando ogni fibra del suo essere. Perfino Achernarius, al suo fianco, era parte necessaria e imprescindibile di quel quadro di gloria che faceva splendere chiara e inevitabile la vittoria.
La visuale non era delle migliori, a meno di non volersi esporre di piů oltre i resti della balaustra - cosa sconsigliabile per quanto fosse seoccultata -, ma sufficiente a non perdere il contatto con la vittima designata [Paul], sbattuta in fondo al corridoio oltre la sala grande, dal lato opposto al proprio. Un ragazzo ben piazzato, i capelli bagnati piů scuri di quanto sarebbero apparsi alla luce del sole una volta asciutti. Ma l'avrebbe mai rivista lui quella luce? *Se non ti ucciderň io, lo faranno i tuoi compagni una volta che avrai fatto ciň che ho in serbo per te.* Sorrise levando la bacchetta, e a dispetto delle circostanze e del suo cuore, era un sorriso bellissimo. Perfino la pallida cicatrice sulla sua guancia brillava di fioca, dolce malinconia, perlacea sulla pelle chiarissima, sfumata appena dalle delicate tonalitŕ del rosa. Gli occhi lucidi per la concitazione e le polveri risaltavano come freddi cristalli di acquamarina.
E l'ordine fu impartito. Ancora sconvolto e mezzo soffocato, il giovane doveva essere ben poco consapevole di sé mentre una forza estranea lo riportava a galla quel tanto che bastava a farlo gettare sul piů vicino compagno ancora in difficoltŕ [Emily]. Se vi era terrore nel suo sguardo o nella sua gola, Vesper non lo vide e non l'udě: del resto, non vi era modo in cui il giovane avrebbe potuto profondersi in spiegazioni assennate circa quanto gli stava accadendo, non con l'acqua a bloccargli il respiro, non nella concitazione della lotta. Manovrato da abile burattinaia, le sue mani cercavano di infliggere ciň che lui aveva scampato giŕ una volta, ma forse non di nuovo: la morte per annegamento.

Emily, Paul sta cercando di annegarti. Lui č cosciente di cosa č costretto a fare, ma non puň fermarsi in quanto č ridotto a "bambola" nelle mani di Vesper, che manovra il suo corpo a che schiacci il tuo sotto il livello dell'acqua prodotto dal Neptuno. Poco interessa alla DE se sei membro o no della sua stessa fazione: sei dalla parte sbagliata e tanto basta, che ti abbia o meno riconosciuta. Per tua fortuna il livello dell'acqua va scemando, ma perdi altri 25 ps e 6 pc.


[Ragnarok] Al di fuori dell'area del Veritas, il ragazzo che si era unito all'ultimo all'armata [Nathan] era pressoché irrintracciabile. Era stato abbastanza sveglio da portarsi dietro qualche astuto presidio magico che potesse garantirgli una qualche forma di vantaggio, piů che mai utile in quel frangente con un avversario del calibro dell'ex Preside di Hogwarts. Ragnarok non era certo che ne sarebbe stato all'altezza, data la disparitŕ d'esperienza, ma forse era stato proprio il suo trucco di disillusione a destabilizzare la donna e a far sě che lo Stupeficium lanciato dalla Dalton superasse senza ostacoli la zona in cui orientativamente il giovane avrebbe ormai dovuto trovarsi, per impattare invece con una leggera scarica di scintille rosse contro il massiccio corpo della creatura nata dal Nerborio. Un ultimo servizio reso inconsapevolmente dal gigante a difesa dei propri signori e padroni schierati alle sue spalle, prima di dedicarsi all'attacco voltandosi solennemente verso l'individuo in avvicinamento dalle sponde del Lago Nero [James]. Piů non aveva da temere dai venti, nemici della sua composizione naturale, fermati convenientemente da Asterope. Nulla gli avrebbe impedito di annientare l'umano...
E poi, d'improvviso, divampň. Le fiamme sbocciarono dapprima come germogli rossi tra i ramoscelli aggrovigliati, gemme brillanti che tremolavano nei confusi riverberi del sole. Poi un nulla, appena sospinto da una brezza leggera, e quelle risaltarono ferocemente contro il verde primaverile col loro cuore incandescente. I loro petali si aprirono sfiorandosi gli un gli altri in languide moine che colavano in rivoli permanenti, appiccicosi, lungo gli sterpi e le foglie piů aride. Un passo, e per un momento il gigante si ritrovň avvinto in una finissima rete di filigrana d'oro, animata da un'indole selvaggia, vivente, propria. L'investitura di quella nuova regalitŕ fece quasi dimenticare l'abominio della sua venuta al mondo, regalando l'illusione di un'immagine di pura gloria. La sorpresa era dipinta negli occhi dei presenti, e i loro sguardi bruciavano nel riflesso vitreo dell'incendio che danzava scarmigliato e indecente sulla retina.
*Wilde* Ragnarok contrasse la fronte, perlustrando ancora una volta il giardino innanzi a sé, indugiando sulla fontana. Poteva essere stato solo lui. Il gigante si consumava rapidamente, ma la sua incapacitŕ di provare dolore lo faceva continuare ad avanzare nel cieco proposito di rispettare l'ordine ricevuto. Sicuramente il mangiamorte poteva contare sul fatto che ancora per una generosa manciata di secondi preziosi avrebbe impedito al fanciullo solitario e temerario di raggiungerli, cosa di cui del resto questi avrebbe dovuto essergli grato, poiché data la disparitŕ numerica, e probabilmente di capacitŕ, tutto ciň avrebbe quasi certamente significato una sua molto piů rapida dipartita. Era il momento di preparare una nuova mossa? O di godere del momentaneo stallo? Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto dare apertamente la caccia all'auror, precipitarsi in quel campo e dare sfogo alla propria vena distruttiva. Ma sapeva di non poter disubbidire cosě apertamente ai dettami della formazione e ignorare la tattica imposta: non doveva abbandonarsi ai colpi di testa, separarsi dai compagni, essere vulnerabile bersaglio. Sembravano un esercito perché erano uniti, ispiravano terrore perché erano compatti, ma non doveva dimenticare dov'era, e chi c'era dall'altra parte della barricata. Vi era inoltre uno scopo piů alto, quello era chiaro, e portare ad una prematura disfatta l'intera armata per l'orgoglio di uno solo, per il suo di orgoglio, impedendo cosě il compiersi di quei progetti, era qualcosa che l'Oscuro non avrebbe mai perdonato. Che lui stesso, del resto, non si sarebbe mai perdonato.
Cosě, digrignando i denti, capě che ancora per qualche misero ma fondamentale momento, e ancora una volta, l'unica cosa da fare era rimanere all'erta.


[Armata] Una sensazione familiare, eccitante. Come un cane che oda il richiamo che preannuncia la ricompensa dopo il duro lavoro di guardia. Il segnale arrivň silenzioso, ma non meno imperativo. Ad ogni singolo mangiamorte che fosse giŕ degno di questo nome, il braccio bruciň: non come una stretta, non come una morsicatura, bruciň come un'erosione della carne viva, come il passaggio del ferro rovente che sfrigola, consuma, annerisce. Era un dolore puro, abrasivo, totalizzante. Era un male senza tristezza, desiderato, ambito, che segnava inequivocabilmente la differenza tra l'uomo comune, perso nell'infanzia della propria evoluzione, e un nuovo dio. Cosě tutti coloro che erano portatori del nero marchio dell'Oscuro comparteciparono tacitamente di un rito potente quanto le fondamenta della Causa stessa. E nel momento in cui il suo significato brillň con chiarezza dietro la maschera, tutti loro seppero cosa fare.
Vesper spezzň il Manor. In altre circostanze avrebbe mostrato palese riluttanza nel lasciare incompiuto un progetto di sabotaggio sě ben avviato, ma non allora: non erano ammesse deroghe a quanto stabilito e lei, ripensando a quel che il suo Signore le aveva detto poco prima dell'attacco, era consapevole che non l'avrebbe mai deluso a costo della vita. Scattň con Achernarius verso destra: avrebbero evitato la zona centrale del salone d'ingresso, ormai devastata dalle macerie, e costeggiando la parete di fianco avrebbero raggiunto piuttosto agevolmente l'uscita dove il grosso dell'armata giŕ si preparava alla ritirata. Gli effetti del Neptuno ormai erano scemati, un mucchio di ragazzini riversi e boccheggianti era tutto quello che si lasciavano alle spalle. Un margine di vantaggio minimo, era vero, ma sarebbe bastato, soprattutto vista la scarsa qualitŕ del fronte di resistenza. L'intero gruppo capitanato da Peredur si ricompattň e tornň in blocco a fronteggiare il giardino. I resti del Nerborio bruciavano negli ultimi spasmi di vita del mostro, tenendo impegnato lo sperduto ragazzo [James] che irragionevolmente era corso solo e sprovveduto da chissŕ quale singolare occupazione. Dovevano solo correre verso la Foresta, avendo cura di evitare gli unici due avversari che potevano realmente costituire un pericolo e rallentare la fuga: Wilde e Dalton. Ma avrebbero mai osato attaccarli vedendoli prorompere come un sol corpo nel mezzo del prato? Avrebbero mai potuto aspettarselo? Avrebbero avvertito il naturale istinto a nascondersi innanzi alla pazza corsa di una mandria di tal ferocia?
Non c'era tempo per pensare. A dispetto di qualunque azione ci si potesse attendere da uomini fin troppo determinati e avvantaggiati dall'effetto sorpresa, giunti appositamente per sferrare un grosso attacco ad uno dei principali centri del potere magico del Regno Unito, l'orda nera dei servi dell'Oscuro si riversň nel giardino senza alcuna logica apparente, ma in formazione compatta, abbandonando con noncuranza disarmante la postazione giŕ conquistata e difesa. A turno durante la corsa, prendendo esempio gli uni dagli altri, coloro che occupavano le posizioni piů esterne, in relazione al nucleo in movimento, si affrettavano a compiere tutti gli stessi gesti: gesti semplici, adatti alla concitazione del momento, ma sopratutto giusti per creare quella confusione e quei diversivi che avrebbero coperto la ritirata garantendo un quanto meno non immediato inseguimento. Era tutto ciň che occorreva: null'altro. Un leggero guadagno di una manciata di secondi, e nessuno piů avrebbe ritrovato le loro tracce. Le braccia si stendevano e le bacchette puntavano le cose piů disparate: un albero, un masso, la nuda terra perfino. Ovunque risuonava in concomitanza il - Bombŕrda - che era naturale completamento della gestualitŕ dell'incantesimo. Un fianco della fontana esplose in mille schegge taglienti: Ragnarok si ritrovň a chiedersi se Wilde fosse ancora lě, o fosse - in effetti - anche solo mai stato lě. Aveva capito che attaccare da solo sarebbe stata un'azione suicida? Si nascondeva? O era corso dalla Dalton? E a ben pensarci, e il ragazzo [Nathan]? Il mangiamorte che era comparso all'improvviso... li seguiva? Era tornato da dove era venuto? Sarebbe rimasto come spia? O magari era giŕ caduto sotto i colpi stocastici e folli dei nemici... e degli amici? Dettagli, in fondo. Mentre varcavano il limitare della Foresta Proibita, l'unica consapevolezza che contava era che comunque fossero ormai andate le cose ai diversi livelli del piano, l'armata non avrebbe potuto svolgere la sua parte in modo migliore.

Rhaegar, Caroline, Nathan, siete liberi - come ogni altro PG del resto - di indicare d'esservi mossi come piů ritenete opportuno nel mentre che le azioni si sono svolte come si sono svolte. La narrazione rimane appositamente nebulosa al riguardo, pur indicando possibili soluzioni da cui č a vostra discrezione trarre spunto. Nulla vieta anche, a chi fosse interessato/lo ritenesse nell'indole del pg nonché a suo rischio e pericolo, di provare a seguire/inseguire i DE, tenendo comunque conto del vantaggio sulle tempistiche che si sono procurati, nonché dei vari dissesti strutturali che coinvolgono in particolare piano terra e giardino. Tuttavia č altamente improbabile riuscire a raggiungerli e, dopo un po', addirittura rintracciarne il passaggio, essendosi predisposti apposita e segreta via di fuga di cui si accennerŕ meglio nelle note tecniche finali dell'evento.




~ טללא, il demone, Gargantua e Thren, gli infiltrati. Corridoio, Quinto Piano.

Gargantua correva e il marchio bruciava. Aveva anticipato quel segnale solo di poco, grazie alla comparsa del docente. Era davvero l'ultimo atto. In qualunque altro luogo si fosse trovata si sarebbe smaterializzata immediatamente dal suo Signore, ma non lě, non a Hogwarts, dove le magie di protezione erano costantemente rafforzate da una meticolosa opera di secoli, troppo radicate per poter essere spezzate quand'anche dall'Oscuro. Quanto tempo aveva? Gli ultimi tasselli sarebbero andati al loro posto? Sarebbe sopravvissuta a quella giornata di sangue? In pochi minuti avrebbe saputo se per lei vi sarebbe stata ancora una vita al servizio della Causa. In che modo sarebbe avvenuto? Avrebbe fatto male?
Sentě attorno a sč le vibrazioni di un'oscuritŕ che non la toccava davvero. Gli effetti dell'incanto Obscurum impregnavano l'aria in quel lato del corridoio. Una mossa astuta, si trovň a considerare, contro potenziali nemici, poiché tutti lo erano in quel luogo ostile e corrotto. Astaroth e Thren dovevano aver combattuto... forse lo scontro era ancora in corso. Che scenario avrebbe trovato?
Strinse la bacchetta furiosamente nel caso avesse dovuto prepararsi ad una nuova battaglia, l'ultima. Ma quando giunse nei pressi della torre della Preside, vide solo Thren, accovacciato. L'ingresso della torre era distrutto, di Astaroth nessuna traccia. Ancora non poteva sapere che un incantesimo, solo poco tempo prima, aveva squassato quello stesso pavimento sotto i loro piedi procurando piů di qualche disagio e squilibrio: Thren non si era lasciato intimidire e aveva ripreso rapidamente posizione senza grandi conseguenze. Fortuna? Esperienza? Comunque fosse, tutto in quel momento era anche troppo statico.
Ad un cenno dell'uomo, gli si accucciň accanto. - Lui... - Bisbigliň piano, incerta della situazione. Thren si portň l'indice alle labbra, quindi indicň lo squarcio nella parete opposta. Gargantua capě che Astaroth doveva essere ancora nell'ufficio della Preside... in trappola? O, svolto il suo dovere, giŕ altrove dopo aver trovato una qualche via d'uscita privilegiata? In nessuno dei due casi avrebbero ormai potuto farci molto. Tutti loro conoscevano i rischi, tutti loro avrebbero sacrificato se stessi pur di non cadere prigionieri. Ma del resto, se il marchio bruciava, poteva voler dire solo che sia Astaroth sia Sheiva avevano completato l'opera, nel bene o nel male: se il primo non era ancora tornato indietro... o l'imprevisto era sopraggiunto in un secondo momento, quando giŕ l'uomo si era creduto al sicuro; o la torre in quel momento era misericordiosamente vuota. E se era fuggito... lei e Thren avrebbero potuto individuare il suo stesso percorso di ritirata, nel caso tutto fosse andato storto? La mente volň all'incerto quadro che si era lasciata alle spalle, un lavoro grossolano per una come lei, ma la necessitŕ di seguire il piano era stata un'egoistica prioritŕ mascherata da obbedienza. E cosě il barlume di una speranza, di un piano di riserva, luccicň un istante nella sua testa prima di annegare nuovamente nella lucida consapevolezza degli ordini ricevuti. No, se davvero si fosse trattato di una trappola, se la Preside all'insaputa di tutti avesse imposto misure di sicurezza supplementari o predisposto uno sbarramento del suo ufficio dall'interno verso l'esterno, vi sarebbero rimasti invischiati in tre... Astaroth e solo lui era stato scelto per violare quella stanza, ancora una volta nel bene e nel male: muoversi allora sarebbe stata solo trasgressione mista a codardia, uno spreco di risorse nella migliore delle ipotesi, lŕ dove nonostante tutto l'Oscuro aveva promesso salvezza secondo un altro ben preciso schema. Rimanere lě, in attesa, allo scoperto, apparentemente vulnerabile, era la sua migliore possibilitŕ: doveva avere fede. Capiva anche che i nemici dovevano essere vicini, appena dietro l'angolo: la premura di Thren nel tacitarla, il suo modo di fare, la sua posizione, tutto tradiva il fatto che fossero nel mezzo di un appostamento per una guerra di strategia. Erano circondati, per quanto si fossero creati una fragile isola di pace, ciascuno con i propri innominabili peccati ancora freschi sui palmi della mani.
E poi, qualsiasi parvenza di ragione si perse in un silenzio improvviso e innaturale. Percepě la presenza della creatura, prima di vederla. Un'ombra si muoveva di fessura in fessura, allargandosi vertiginosamente nella sua sinuosa e irrefrenabile corsa verso di loro. L'oscuritŕ era densa, liquida, bruciava come ghiaccio sui pochi lembi di pelle scoperta. Non aveva nome, non uno che potesse essere pronunciato per bocca mortale: si poteva descrivere solo attraverso i feroci impulsi che scatenava in corpo, come una malevola voce fuori campo, ai margini della coscienza. Non aveva forma, né timbro. Scivolň sotto i due mangiamorte, ed indugiň il tempo di un respiro. Una sconosciuta sensazione di panico li avvolse mentre giŕ molli e inerti si fondevano alle profonditŕ occulte di un buco nero senza storia. Thren era in piedi, accanto a lei, quando si erano alzati? Vide i suoi occhi e capě che il suo terrore era riflesso del proprio. Vederlo dipinto su quei tratti solitamente cosě calmi, rendeva tutto mille volte piů irreale e spaventoso. Il pavimento saliva mentre la carne si scioglieva nel freddo, infinito nulla di un piano onirico inospitale alla vita. Infine divenne solo l'impronta di un'anima in balia di Cerbero, flebilmente ancorata al cosmo dal vago ricordo di un'esistenza terrena appena al di lŕ del velo tra i mondi. Non vide piů, ma viaggiň come mai prima aveva creduto possibile, alla volta - lo sapeva - della Foresta Proibita. Alla volta del suo Signore.




"In the end you'll see
who's fake,
who's true,
and who will risk it all
for you."


La Sala Grande
- FUORI! - La voce della Preside proruppe in un ruggito che non ammetteva repliche né esitazioni. Non era il momento di rimanere paralizzati dal terrore, non era il momento di chiedersi chi fosse amico o nemico, non era il momento di elaborare un piano. Era il momento di salvare il salvabile, il momento di agire, approfittando del seppur scarso margine di manovra che Camille aveva assicurato con il suo incantesimo: non aveva annientato Michael, era vero, ma aver rallentato il suo volo poteva ugualmente fare la differenza tra la vita e la morte. Il Ministro si ritrasse appena in tempo: avvicinandosi a Patrick aveva rischiato di rimanere coinvolta a sua volta nell'azione del fuoco maledetto, ma il prezzo pagato dal suo pupillo doveva pur essere valso un tacito, istintivo avvertimento.
La professoressa Galloway fu tra i primi ad abbandonare il campo. Meno coraggiosa di quanto il suo ruolo avrebbe richiesto, era rimasta nascosta per gran parte del conflitto. Illesa, dimenticata, non si era lasciata ripetere due volte il segnale di ritirata, arrivando a comprendere subito e senza sforzo che certamente la situazione doveva essere ormai peggiore lě che in qualunque altro luogo. Considerata la sua rapiditŕ di movimento, nessuna conseguenza diretta o indiretta dello scontro doveva averla sfiorata, quello stesso scontro che aveva visto protagonisti i suoi colleghi e perfino uno studente, del quinto anno appena: eppure la donna non si fermň, non si voltň. Attraversate di corsa le porte spalancate della sala grande, quasi scavalcando il corpo esanime dell'esile mangiamorte lě riverso [Chrisalide], sparě presto alla vista. Del resto, non si poteva chiedere a tutti di avere il cuore di leoni.
Diversa era l'indole di chi quel giorno aveva scelto consapevolmente di schierarsi in prima linea e di combattere il male nonostante i rischi: se Patrick, tormentato da dolori indicibili, a stento poté raggiungere l'agognata soglia, forte di una volontŕ incrollabile e indipendente, Camille e Persefone a loro volta non vennero meno alla propria integritŕ e alla moralitŕ dei rispettivi principi scegliendo di spendere preziosissimi secondi per portare in salvo anche coloro che, posti innanzi alla stessa scelta, avrebbero lasciato i loro nemici bruciare: la giovane serpeverde svenuta [Aryadne] e il suo misterioso complice esanime, ancora mascherato ma ugualmente immobile [Chrisalide].
L'urlo della Preside non si era ancora spento in gola, che giŕ Camille tornava a chinarsi sul corpo della ragazza di cui aveva poc'anzi rivelato l'identitŕ [Aryadne], e con la forza della disperazione prendeva su di sé quei pur miseri 45 kg fiondandosi alla bell'e meglio verso l'uscita. Persefone stessa puntň il fagotto di stracci neri che altro non era che il fragile nemico miseramente caduto presso l'ingresso [Chrisalide]. Cosě mentre Michael scivolava con ritmo regolare sugli ultimi metri che precedevano l'inevitabile impatto, gli ultimi superstiti di quella trappola mortale sciaguattarono nell'anomalo strato d'acqua che proveniva dal corridoio nel disperato tentativo di battere il fato sul tempo.
In un perfetto spirito di gruppo e comunione, che tanto era estraneo ai disgraziati servi dell'Oscuro, tutti loro collaborarono nell'aiutare i piů affaticati o in difficoltŕ a varcare la soglia della grande sala. Patrick e Camille cercavano ancora di richiudere i grandi battenti, ostacolati dai rimasugli del Neptuno, mentre Persefone preparava giŕ la mossa che avrebbe garantito il quanto meno momentaneo contenimento del disastro imminente. Nessuno di loro badň all'assembramento di studenti sconvolti che giaceva in fondo a quello stesso corridoio: loro tre sapevano cosa c'era in ballo, sapevano che vi era un ultimo tiro giocato che poteva ancora costare la vita di tutti. Non importava se vi erano altri mangiamorte lŕ attorno a dare battaglia, non importava quali e quanti cedimenti strutturali fossero in atto: bisognava sigillare quella porta.
La Preside puntň il braccio contro il legno massiccio mentre l'ultimo spiraglio centrale si chiudeva sul terribile spettacolo del grande drago di fuoco che impattava con una monumentale esplosione contro la parete di fondo del salone piů grande e rappresentativo della scuola. Volse quindi la bacchetta verso il basso e disegnň una linea retta orizzontale. In seguito la spostň nuovamente verso l'alto. *Occludo Magistre*. Movimenti semplici, rapidi. Immaginň la grande barriera levarsi a rivestire l'intera superficie, una crosta di pura magia impenetrabile. L'incantesimo era potente, un incantesimo difensivo di livello avanzato, ma sarebbe bastato? La veritŕ era che doveva bastare.

Aula di Difesa Contro le Arti Oscure
E infine la passaporta fu approntata. Lancaster, Goodheart, Black, Hughes, Tallhart, Stockworth, Dunsen e Hosteen, tutti Auror preparati, raggiungevano l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure, materia d'insegnamento della Vice Preside, nel corridoio del secondo piano.


"Indeed, this life is a test. It is a test of many things - of our convictions and priorities, our faith and our faithfulness, our patience and our resilience, and in the end, our ultimate desires."




Attenzione

L'evento termina qui, il topic resta chiuso. Lŕ dove voleste continuare a sviluppare il presente scenario, potete aprire tutte le role che desiderate, con chi desiderate (tra coinvolti e non coinvolti), in questa stessa sezione e/o in altre a vostra discrezione, proseguendo tranquillamente il filo conduttore delle vicende qui evolutesi e coerentemente ad esse. In molti casi, anzi, il bisogno di tempestivi interventi, comunicazioni e scambio di informazioni, renderŕ a maggior ragione imprescindibile una fase di role che abbia perfetta continuitŕ spazio-temporale con quanto da me sancito in questa sede. A voi sfruttare le occasioni fornite.
Ricordate che non č possibile raggiungere normalmente l'atrio d'ingresso del piano terra dal primo piano (e viceversa naturalmente) perché lo scalone di collegamento č crollato. L'accesso ai sotterranei č ostruito. La Sala Grande č sigillata tramite Occludo Magistre, dentro imperversa il Fuoco Maledetto evocato dal Fyindfyre: ci vorranno misure straordinarie per estinguerlo, e lo stesso sistema di contenimento al momento utilizzato č da considerarsi solo un palliativo. Nei corridoi del piano terra č rimasto un velo d'acqua, l'atrio č devastato da esplosioni e macerie. Il giardino č crivellato di grosse buche e cosparso di rocce fatte deflagrare per un ampio raggio dal castello alla Foresta Proibita; mezza fontana č saltata in aria, del Nerborio non restano che mucchi di legnetti e foglie fumanti. Il Veritas persiste nella zona antistante l'accesso al castello, in cielo campeggia ancora il Marchio Nero che va tuttavia via via sbiadendosi. I DE fanno in modo ovviamente di lasciare meno tracce possibili del loro passaggio nella Foresta, ma non č escluso che si possano in seguito rintracciare indizi a tal proposito data la concitazione della fuga. Al quinto piano, l'Obscurum persiste, il mostro nato dall'Elyfanto e il Nebula scompaiono invece una volta che chi li ha evocati (rispettivamente Gargantua e Thren) viene assorbito da טללא. Una volta eliminato in qualche modo il problema dell'Obscurum (sicuramente non basterŕ un Finite) o piů probabilmente esauritosi l'effetto, si vedrŕ l'ingresso per la Torre della Preside distrutto. All'interno dell'ufficio tuttavia non č chiaro se e cosa sia stato toccato, a prima vista. Nel corridoio vi sono anche i detriti del Colossum. Per quanto riguarda l'ufficio di Hope, anche qui a prima vista č impossibile stabilire se e cosa sia stato toccato: addirittura l'ufficio appare tecnicamente non violato. Per eventuali ulteriori dettagli rifatevi al masteraggio stesso.
Per le ultime annotazioni "tecniche" circa posizioni finali, situazioni personali e affini, leggete attentamente i post riassuntivi che seguiranno. Non ogni dettaglio potrebbe infatti essere stato sufficientemente descritto o citato in questo medesimo post, in quanto magari non strettamente rilevante ai fini dell'azione. Abbiate dunque particolare cura di leggere non solo le schede-dati inerenti il vostro PG, ma anche quelle degli altri personaggi in gioco, poiché potrebbero esserci punti di comune interesse - meglio chiariti da una parte piuttosto che dall'altra a seconda del minor o maggior interessamento nella faccenda di un dato individuo rispetto a un altro - nonché spunti per indagini di gruppo.


 
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view post Posted on 27/1/2018, 01:21
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Il Fato

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STATISTICHE E SITUAZIONI PERSONALI
PG della Fazione del Bene
ES/Ordine della Fenice/Auror/Abitanti del Castello
Persefone D. Bennet
Preside. Appena fuori dalle porte della Sala Grande.
Punti Salute 177/232
Punti Corpo 203/215
Punti Mana 230/230
Sirius White
Ustionato e disarmato. Prono, legato da funi di fuoco che svaniscono quando la mangiamorte che le ha create viene "assorbita" da טללא (cosa di cui naturalmente Sirius non č a conoscenza). I piedi sono rivolti verso l'arco delle scale (e dunque verso il punto in cui ricompare Cedric, che non riesce infatti a vedere), la testa č rivolta verso la parte lunga del corridoio, in accordo alla dinamica del precedente tentativo di fuga. Riporta un importante trauma alla mano della bacchetta e alla testa, da cui perde sangue, nonché indolenzimento generale dovuto al calcio tra le scapole e alla conseguente caduta faccia a terra.
Corridoio del quinto piano, nelle vicinanze dell'arco di accesso alle scale, presidiato dalla creatura nata dall'Elyfanto. La creatura ostruisce la vista e rende impossibile capire quel che accade per le scale (anche Sirius non fosse immobilizzato nella posizione in cui si trova): l'essere č rimasto immobile per un po' a causa del potere del ciondolo, quindi ha ripreso vita mentre dall'altra parte Gargantua si allontanava (cosa di cui Sirius, stordito, ha solo una vaghissima consapevolezza), infine č svanito quando la mangiamorte che l'ha creato č stata "assorbita" da טללא (dettaglio sconosciuto al ragazzo), all'altro capo del corridoio.
Sirius percepisce gli effetti del passaggio di טללא (silenzio, freddo, paura et similia), ma la vista annebbiata gli impedisce di cogliere un'ombra anomala diretta alla parte inesplorata del corridoio. Sarŕ comunque difficile per un ragazzo inesperto e semi-incosciente attribuire tali effetti al demone piuttosto che all'incantesimo Elyfanto o alla propria condizione psicofisica.
Punti Salute 126/217
Punti Corpo 267/291
Punti Mana 282/297
James Potter
Giardino, nei pressi del Lago Nero, dalla parte opposta rispetto a Caroline.
Punti Salute 185/307
Punti Corpo 228/290
Punti Mana 275/337
Caroline Dalton
Giardino, piuttosto distante da Rhaegar, ancor piů da James. A metŕ strada ancora tra i cancelli di Hogwarts e il Castello.
Punti Salute 261/261
Punti Corpo 248/248
Punti Mana 267/267
Camille Pompadour
Ministro della Magia. Appena fuori dalle porte della Sala Grande.
Punti Salute 254/256
Punti Corpo 195/196
Punti Mana 246/246
Patrick Swan
Appena fuori dalle porte della Sala Grande.
Gravemente ustionato al braccio sinistro dal fuoco maledetto.
Punti Salute 167/212
Punti Corpo 201/216
Punti Mana 226/233
Trhesy Torre
Indossa ancora il mantello della disillusione. Sepolta dalle macerie dello scalone d'ingresso distrutto da Mosag per isolare il Piano Terra.
Punti Salute 215/233
Punti Corpo 215/221
Punti Mana 231/231
Jessica Evans
Indossa ancora il mantello della disillusione. Avvelenata. Riversa sul pavimento.
Svolta del corridoio del quinto piano, dietro l'angolo che porta all'ingresso della torre della Preside. Percepisce gli effetti del passaggio di טללא (silenzio, freddo, paura et similia), ma dato il suo stato difficilmente vedrŕ un'ombra anomala allontanarsi alle sue spalle, dalla parte da cui lei e Horus erano giunti: sarŕ difficile per una ragazza inesperta e preda delle conseguenze di un avvelenamento attribuire tali effetti al demone piuttosto che all'incantesimo Obscurum o alla propria condizione psicofisica. Le sensazioni svaniscono rapidamente come son giunte all'oltremodo rapido passaggio di טללא.
Non sa se e quanti nemici vi siano ancora nei paraggi. L'effetto dell'Obscurum persiste.
Punti Salute 115/206
Punti Corpo 147/185
Punti Mana 190/200
Rhaegar Wilde
Giardino, dietro la fontana posta all'incirca frontalmente rispetto all'ingresso del Castello, se pur a una certa distanza dallo stesso.
Punti Salute 175/200
Punti Corpo 194/200
Punti Mana 200/200
Horus Sekhmeth
Svolta del corridoio del quinto piano, dietro l'angolo che porta all'ingresso della torre della Preside.
Percepisce gli effetti del passaggio di טללא (silenzio, freddo, paura et similia), forse ne intravede anche la "forma" come un'ombra anomala che si allontana alle sue spalle nello spazio di un istante, dalla parte da cui lui e Jessica erano giunti. Sarŕ comunque difficile per un ragazzo inesperto attribuire tali effetti al demone piuttosto che all'incantesimo Obscurum. Le sensazioni svaniscono rapidamente come son giunte all'oltremodo rapido passaggio di טללא.
Non sa se e quanti nemici vi siano ancora nei paraggi. L'effetto dell'Obscurum persiste.
Punti Salute 175/192
Punti Corpo 161/165
Punti Mana 175/175
Paul Grindelblack
Non piů seoccultato. In fondo al corridoio oltre l'ingresso alla Sala Grande, rasente al muro in prossimitŕ della stessa, travolto dal Neptuno. Non piů sotto l'influsso del Manor castato da Vesper.
Punti Salute 181/188
Punti Corpo 167/169
Punti Mana 170/170
Hope Lancaster
Vice Preside. In ultimo raggiunge l'aula di DADA.
Punti Salute 168/194
Punti Corpo 142/158
Punti Mana 165/180
Aquileia Goodheart
Auror. In ultimo raggiunge l'aula di DADA.
Punti Salute 164/164
Punti Corpo 125/125
Punti Mana 126/126
Lili Black
Auror. In ultimo raggiunge l'aula di DADA.
Punti Salute 160/160
Punti Corpo 120/120
Punti Mana 120/120
Niahndra Alistine
Scale, oltre l'arco di accesso al corridoio del quinto piano, presidiato dalla creatura nata dall'Elyfanto. La creatura ostruisce la vista e rende impossibile capire quel che accade nel corridoio: č rimasta insolitamente immobile per un po', quindi ha ripreso vita mentre dall'altra parte Gargantua si allontanava (azione di cui naturalmente Niah non č a conoscenza), infine č svanita quando la mangiamorte che l'ha creata č stata "assorbita" da טללא (dettaglio sempre sconosciuto a Niah), all'altro capo del corridoio. Solo a quel punto il passaggio potrŕ essere considerato libero e avvicinandovisi sarŕ possibile vedere Sirius e Cedric nelle rispettive condizioni in cui versano.
Niah percepisce gli effetti del passaggio di טללא (silenzio, freddo, paura et similia), forse ne intravede anche la "forma" come un'ombra anomala diretta al corridoio. Sarŕ comunque difficile per una ragazza inesperta attribuire tali effetti al demone piuttosto che all'incantesimo Elyfanto.
Punti Salute 147/147
Punti Corpo 98/98
Punti Mana 109/109
Elhena Attwater
In fondo al corridoio oltre l'ingresso alla Sala Grande, rasente al muro in prossimitŕ della stessa, travolta dal Neptuno.
Punti Salute 114/143
Punti Corpo 87/100
Punti Mana 99/99
Zoey Lesnicky
In fondo al corridoio oltre l'ingresso alla Sala Grande, rasente al muro in prossimitŕ della stessa, travolta dal Neptuno.
Punti Salute 116/123
Punti Corpo 72/74
Punti Mana 84/84
Derek Hide
Seoccultato. Quarto Piano.
Punti Salute 131/131
Punti Corpo 81/81
Punti Mana 81/81
Lucilla Lancaster
Indossa ancora il mantello della disillusione. Sepolta dalle macerie dello scalone d'ingresso distrutto da Mosag per isolare il Piano Terra.
Punti Salute 81/101
Punti Corpo 49/60
Punti Mana 57/57
Ophelia Lovelace
Sotterranei, sulle scale che di norma consentono l'accesso al Piano Terra. Il passaggio č attualmente inaccessibile: con Eloise si trova davanti alle macerie che lo ostruiscono.
Punti Salute 101/101
Punti Corpo 52/52
Punti Mana 55/55
Eloise Lynch
Sotterranei, sulle scale che di norma consentono l'accesso al Piano Terra. Il passaggio č attualmente inaccessibile: con Ophelia si trova davanti alle macerie che lo ostruiscono.
Punti Salute x/x
Punti Corpo x/x
Punti Mana x/x
DE senza maschera schierati per la difesa
Raven Shinretzu
Seoccultato. In fondo al corridoio oltre l'ingresso alla Sala Grande, rasente al muro in prossimitŕ della stessa, travolto dal Neptuno dopo essersi smaterializzato vicino all'ingresso dei Sotterranei dall'interno della Sala Grande. Ha avvertito il Marchio bruciare.
Punti Salute 287/310
Punti Corpo 322/330
Punti Mana 367/367
Emily Rose
In fondo al corridoio oltre l'ingresso alla Sala Grande, rasente al muro in prossimitŕ della stessa, travolta dal Neptuno.
Punti Salute 96/128
Punti Corpo 70/78
Punti Mana 79/79
Arya von Eis
In fondo al corridoio oltre l'ingresso alla Sala Grande, rasente al muro in prossimitŕ della stessa, travolta dal Neptuno.
Le vesti da Mangiamorte di Arya sono dietro una statua, lě dove sono state calciate da Sheiva nei panni di Gazza, nel corridoio del piano terra dove si trovano anche la Segreteria e l'Ufficio del Guardiano. Potrebbero essersi leggermente sparpagliate, in modo abbastanza evidente da farsi notare ad emergenza conclusa, a seguito dell'inondazione che deve aver investito anche parte di quel corridoio.
Punti Salute 38/113
Punti Corpo 54/63
Punti Mana 63/63
PNG
Arcturus Hughes
Vice Ispettore Auror. In ultimo raggiunge l'aula di DADA.
Punti Salute x/x
Punti Corpo x/x
Punti Mana x/x
Utherydes Tallhart
Auror. In ultimo raggiunge l'aula di DADA.
Punti Salute x/x
Punti Corpo x/x
Punti Mana x/x
Stockworth
Auror. In ultimo raggiunge l'aula di DADA.
Punti Salute x/x
Punti Corpo x/x
Punti Mana x/x
Dunsen
Auror. In ultimo raggiunge l'aula di DADA.
Punti Salute x/x
Punti Corpo x/x
Punti Mana x/x
Hosteen
Auror. In ultimo raggiunge l'aula di DADA.
Punti Salute x/x
Punti Corpo x/x
Punti Mana x/x
Rose Galloway
Docente di Trasfigurazione. Uscita dalla Sala Grande, se ne perdono le tracce: sconvolta, certamente non coraggiosa, fugge a rintanarsi da qualche altra parte in attesa del segnale di cessato pericolo. Probabilmente č nell'unica zona piů sgombra e non particolarmente danneggiata del piano terra, nel corridoio parallelo allo scalone dove si trovano anche la Segreteria e l'Ufficio del Guardiano, al riparo di qualche statua.
Punti Salute 180/180
Punti Corpo 140/140
Punti Mana 140/140
Dayne
Auror. A guardia della Sala Interrogatori al Quartier Generale Auror.
Punti Salute x/x
Punti Corpo x/x
Punti Mana x/x
Matthar
Auror. A guardia della Sala Interrogatori al Quartier Generale Auror.
Punti Salute x/x
Punti Corpo x/x
Punti Mana x/x
Rowan
Auror. Incaricata di allertare il Quartier Generale.
Punti Salute x/x
Punti Corpo x/x
Punti Mana x/x
 
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view post Posted on 27/1/2018, 01:24
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Il Fato

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STATISTICHE E SITUAZIONI PERSONALI
PG della Fazione del Male
DE con maschera schierati per l'attacco
Nathan Scott
Incolume e non smascherato. Indossi sempre l'abbigliamento da DE e il mantello della disillusione. Fuori dall'area del veritas, si perdono le tue tracce: puoi scegliere se seguire l'armata verso la Foresta e fuggire con gli altri DE (ricorda che avverti anche tu il Marchio bruciare), o attendere il momento propizio per rientrare al castello e nascondere il tuo pericoloso vestiario. Ma non dimenticare che Caroline č molto vicina e di fatto ha ingaggiato battaglia.
Punti Salute 235/235
Punti Corpo 239/239
Punti Mana 241/241
Vagnard von Kraus
Catturato. Svenuto. Sei nella Sala Interrogatori del Quartier Generale Auror.
Da questo momento potrai portare avanti in On solo le role che hai giŕ in corso e quelle che concernono fatti che seguono direttamente la linea temporale che da qui si diparte, onde evitare l'eccessivo svilupparsi di un futuro ipotetico.
Punti Salute 0/151
Punti Corpo 0/105
Punti Mana 0/103
Chrisalide Lovecraft
Catturata. Svenuta. Appena fuori la Sala Grande. Indossi ancora la maschera da DE.
Punti Salute 0/101
Punti Corpo 0/58
Punti Mana 0/58
Aryadne Cavendish
Catturata. Svenuta. Smascherata. Appena fuori la Sala Grande.
Punti Salute 0/132
Punti Corpo 0/85
Punti Mana 0/93
//
x/x
x/x
x/x
//
x/x
x/x
x/x
PG della fazione del Bene sotto controllo della fazione del Male
Cedric Black
L'effetto dell'imperio č svanito, non ricordi nulla di quello che č accaduto mentre eri sotto l'influenza dell'incantesimo. Sei svenuto nel corridoio del Quinto Piano, all'incirca nell'anfratto vicino l'arco di accesso. Non ricorderai di Sirius a terra, non noterai il passaggio di טללא.
Punti Salute 0/198
Punti Corpo 0/183
Punti Mana 0/177
//
x/x
x/x
x/x
//
x/x
x/x
x/x
PNG
Lord Voldemort
Il Signore Oscuro, ogni DE da lui portato al Castello (eccetto Astaroth, compresi Gargantua e Thren) e Agreas vanno via inoltrandosi nella Foresta Proibita. Il Protego Totalus di Peredur esaurisce il suo effetto giŕ mentre l'armata lascia il piano terra. La meta, sconosciuta a tutti, č il passaggio segreto scoperto tempo addietro dal fedele Vagnard [x].
Tutti i DE schierati per l'attacco (escluso Sheiva) sono dotati di abbigliamento da Mangiamorte.
Tutti i DE (esclusi Arya, Emily, Chrisalide, Aryadne e Vagnard) sono dotati di Marchio Nero.
Punti Salute 600/600
Punti Corpo 550/550
Punti Mana 550/550
Peredur Stormcrow
[Uomo]
Punti Salute 400/400
Punti Corpo 350/350
Punti Mana 360/360
Vesper Lennox
[Sorella di Rabastan] Seoccultata.
Punti Salute 350/350
Punti Corpo 300/300
Punti Mana 300/300
Mosag Connington
[Donna]
Punti Salute 300/300
Punti Corpo 250/250
Punti Mana 250/250
Thren Gascoyne
[Marito di Clizia] Evade dal corridoio del quinto piano grazie alle capacitŕ del demone evocato a mezzo del Sigillo di Salomone: essendo Spirito di Ombra e Fiamme, č in grado di manipolare le ombre e di far viaggiare attraverso di esse. Lord Voldemort piega tale capacitŕ di modo che il trasporto includa due passeggeri, escludendo la sua presenza quale Evocatore.
Si era infiltrato a Hogwarts come addetto alla manutenzione, completamente camuffato.
Punti Salute 300/300
Punti Corpo 230/230
Punti Mana 230/230
Ragnarok Dondarrion
[Uomo]
Punti Salute 250/250
Punti Corpo 230/230
Punti Mana 230/230
Asterope Mallister
[Donna]
Punti Salute 240/240
Punti Corpo 210/210
Punti Mana 210/210
Gargantua Clegane
[Donna] Evade dal corridoio del quinto piano grazie alle capacitŕ del demone evocato a mezzo del Sigillo di Salomone: essendo Spirito di Ombra e Fiamme, č in grado di manipolare le ombre e di far viaggiare attraverso di esse. Lord Voldemort piega tale capacitŕ di modo che il trasporto includa due passeggeri, escludendo la sua presenza quale Evocatore.
Si era infiltrata a Hogwarts come addetta alla manutenzione, completamente camuffata.
Punti Salute 260/260
Punti Corpo 230/230
Punti Mana 200/200
Achernarius Hightower
[Uomo] Occultato tramite Illudo Camaleontide castato da Mosag.
Punti Salute 210/210
Punti Corpo 200/200
Punti Mana 200/200
Walburga Forel
[Donna]
Punti Salute 200/200
Punti Corpo 200/200
Punti Mana 200/200
Rabastan Lennox
[Fratello di Vesper]
Punti Salute 200/200
Punti Corpo 195/195
Punti Mana 195/195
Cefeo Oakenshield
[Uomo]
Punti Salute 190/190
Punti Corpo 180/180
Punti Mana 180/180
Clizia Gascoyne
[Moglie di Thren]
Punti Salute 180/180
Punti Corpo 160/160
Punti Mana 170/170
Quirinus Hinchinghooke
[Uomo]
Punti Salute 180/180
Punti Corpo 160/160
Punti Mana 150/150
Nigellus Stokeworth
[Uomo]
Punti Salute 180/180
Punti Corpo 150/150
Punti Mana 150/150
Sheiva Greenfield
[Uomo] Evade dall'ufficio della vice Preside nella torre di divinazione grazie alle proprietŕ magiche delle fenici. Porta via con sé la lettera di Lilian Gordon a Hope Lancaster [x]. Sono svaniti gli effetti della Polisucco.
Teneva il vero Gazza in un'ala di servizio dei Sotterranei interdetta agli studenti. Il custode č ancora lě, legato, sedato, incappucciato. Non ha mai visto Sheiva se non come "addetto alla manutenzione camuffato" quando si č infiltrato a Hogwarts insieme a Thren, Astaroth e Gargantua (ne ha pertanto - inconsapevolmente - un non veritiero ricordo visivo); potrebbe tuttavia averne udito e ricordarne la voce.
Punti Salute 180/180
Punti Corpo 140/140
Punti Mana 140/140
Alcione Marillon
[Donna]
Punti Salute 180/180
Punti Corpo 140/140
Punti Mana 140/140
Bartimeus Daxos
[Uomo]
Punti Salute 170/170
Punti Corpo 140/140
Punti Mana 140/140
Astaroth Kattleblack
[Uomo] Evade dalla torre della Preside usando la metropolvere. Approda all'Erebus Emporium in Nocturn Alley, gestito da un tale di nome Akeldama.
Si era infiltrato a Hogwarts come addetto alla manutenzione, completamente camuffato.
Punti Salute 170/170
Punti Corpo 130/130
Punti Mana 130/130
Enopione Baelish
[Uomo]
Punti Salute 160/160
Punti Corpo 130/130
Punti Mana 130/130
Wulfa Cressen
[Donna]
Punti Salute 150/150
Punti Corpo 110/110
Punti Mana 110/110

SPIN-OFF
QUEST LAMENTO FRANGO [x]
PG DELLA FAZONE DEL BENE
Alice Lastrange
Stato Svenuta
Aaron Haderus Fenrir
Stato Svenuto
PNG DELLA FAZONE DEL MALE
Myrcella Scrimgeour
Stato Svenuta. Catturata.
Gardenya Lastrange
Stato Deceduta.
SINOSSI
Myrcella e Gardenya erano state segretamente incaricate da Lord Voldemort di portare avanti quello che si puň definire un piano di riserva, nel caso il grosso dell'armata avesse fallito nei suoi intenti venendo sconfitto anzitempo, prima che i restanti piani dell'Oscuro si compissero. L'obiettivo era la Torre dell'orologio: lě avrebbero dovuto incantare l'orologio stesso (o cercare di far sě che fosse possibile) a che il Tempo scorresse all'indietro entro un certo lasso, garantendo una seconda possibilitŕ ai Mangiamorte.
Myrcella era il braccio destro di Gardenya, si limitava ad eseguire gli ordini della seconda. Tutto ciň che Myrcella sa č ciň che strettamente concerne la sua missione: sa dell'attacco in massa dell'armata, ovviamente, e che tale attacco č stato voluto dall'Oscuro, ma non sa nulla della faccenda dei diversivi, dei progetti di Raven, della posizione mantenuta da Lord Voldemort durante il conflitto ed ogni altro dettaglio che riguardi piů nel concreto la strategia della battaglia principale o le sue motivazioni. La sua azione e quella di Gardenya sono sempre state indipendenti, pur funzionali alla buona riuscita del quadro generale, e come nella migliore tradizione del Signore Oscuro, ognuno dei suoi servi sa solo lo stretto indispensabile, ciň che a lui serve che sappiano.
Myrcella viene catturata da Jonathan Wolfe [PNG], membro dell'ES.
 
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view post Posted on 27/1/2018, 01:30
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Il Fato

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Peredur
Stormcrow
Peredur

Negromante

PS 400 | PC 350 | PM 360

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Peredur
Stormcrow

ENTJ

- Finitela. - La voce di Peredur Stormcrow era scura, autoritaria. Nessuno osň controbattere. E non solo perché tutti erano a conoscenza degli straordinari talenti dell'uomo, ma anche e soprattutto perché era ben noto per la sua imprevedibilitŕ. Non aveva amici, Peredur. Era leale solo all'Oscuro. C'era chi pensava che il fortunato incontro fosse avvenuto per volere dell'Oscuro stesso, a seguito di qualche misterioso evento del nebuloso passato dell'uomo. Nessuno si era mai azzardato a chiederglielo.
Lord Voldemort paper Memories

Gli ENTJ sono dei leader nati. Sono diretti, schietti e disinibiti, con una personalitŕ dominante. Si impegnano per imporre ordine e razionalitŕ alle persone, alle cose e ai progetti, coordinando e guidando intensamente le attivitŕ in maniera tale che tutto sia efficiente e conforme alle loro aspettative, spesso scientificamente accurate e e strategicamente definite. Il loro atteggiamento forte e autoritario li fa considerare, spesso, come insensibili, rudi, arroganti e prepotenti, nonostante non sia necessariamente cosě.
Nonostante infatti quest'apparenza forte e granitica, gli ENTJ percepiscono di avere poca presa sulla loro interioritŕ e sui sentimenti personali: trovandoli inafferrabili e incerti, gli ENTJ tendono a farne a meno, puntando tutto sul controllo del mondo esterno, sperando inconsciamente che questo possa condurre a una maggiore sicurezza interiore. Naturalmente, controllare il mondo esterno č quasi impossibile, quindi non c'č da stupirsi che appaiano vigili, sospettosi e irrequieti.

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Vesper
Lennox
Vesper

Negromante

PS 350 | PC 300 | PM 300

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Vesper
Lennox

ISFP

- Il Marchio Nero splende sul castello, come da Voi annunciato. - Una nota di incertezza si insinuava tra le parole della donna, la paura annidata nella solitudine e nel silenzio, logorante. Il suo corpo si protendeva in avanti, pur senza osare compiere il fatidico passo che l'avrebbe portata ad un soffio dal suo padrone. Il desiderio di approvazione era qualcosa di tangibile e penoso, un crescendo di contrasti che annullava la volontŕ nella cieca obbedienza. [...] - Gargantua, Sheiva, Astaroth e Thren sono ai loro posti? - Sě, mio Signore. - Pareva sollevata di non dover dare una delusione al suo padrone. Il viso arrossato dal freddo trasmetteva una puerile concitazione che ben contrastava con i suoi capelli nerissimi e lucenti. - Ho ricevuto un messaggio proprio poco fa. - Non deludermi, Vesper. Tu sai quanto puň essere profonda la mia delusione. - La donna sbiancň, e nel suo pallore la sottile cicatrice frastagliata che le attraversava la guancia risaltň come un marchio di fuoco.
Lord Voldemort paper Memories

Le emozioni dell'ISFP sono profonde, intense e soprattutto intime e personali. Questa intensitŕ contribuisce ad un senso di lealtŕ, perfino gelosia, verso i destinatari del loro affetto. L'ISFP č meno interessato al benessere delle masse: applica il sentimento piů specificatamente. Questo coinvolge persone, animali e specifiche cause che l'hanno colpito personalmente.
Gli ISFP hanno non solo la capacitŕ di amare intensamente, ma anche quella di odiare intensamente. La loro forte lealtŕ a certi gruppi o persone conduce ad una grandissima disaffezione per coloro che sono percepiti come potenziali nemici, avversari. Le fortissime passioni incontrollate di cui č capace l'ISFP hanno un potenziale distruttivo che puň mostrarsi in casi estremi.

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Sheiva
Greenfield
Sheiva

Negromante

PS 180 | PC 140 | PM 140

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Sheiva
Greenfield

INTJ

Il nuovo accenno di un sorriso tornň a disegnarsi sul suo volto, il volto di un uomo piů giovane di quello che aveva raggiunto la torre. Nella pelle brunita i denti bianchi si mostravano timidamente come gigli delicati, sbocciando tra le labbra quasi femminee. Gli occhi scuri viravano con decisione alle tonalitŕ piů cupe del marrone, caricandosi di una profonditŕ rassicurante, calma. La distesa liscia delle guance tradiva la freschezza di un'etŕ fin troppo acerba per aver giŕ scelto da che parte schierarsi. Eppure, non c'era esitazione nelle sue parole, o nei suoi gesti. La forma del suo sorriso non scaldava il cuore, e il suo sguardo perdeva ogni dolcezza nella scaltra supponenza delle palpebre crudelmente semichiuse con ostentata noia. [...] Chiuse gli occhi. Non era questione di guardare: era questione di vedere. Il semplice ma ingegnoso meccanismo di chiusura gli si figurň davanti in tutta la sua maniacale precisione e millimetrica bellezza. Era un gioco di incastri e soluzioni, un gioco di strategia e mano ferma. Assolutamente godibile.
Lord Voldemort paper Memories

Gli INTJ sono interessati a guardare la globalitŕ delle cose e andare oltre alle apparenze e le superficialitŕ. Danno poco credito alle opinioni degli altri o degli «esperti», preferendo guardare dentro di sé per trovare le risposte. Sentono di possedere gli strumenti e l'introspezione necessaria per determinare la veritŕ indipendentemente dagli altri. Quando consultano il mondo esterno per le informazioni, buona parte delle volte č per il gusto di confermare le proprie convinzioni. A causa di questa forza della mente, volontŕ e introspezione, gli INTJ sono i teorici piů produttivi tra tutti i tipi psicologici.
Gli INTJ spesso si mostrano come austeri e impassibili, mostrando una scarsa espressivitŕ emozionale. Combinato con l'aria da eruditi che spesso presentano, possono essere visti come intellettuali snob o elitari. Al di lŕ della possibile arroganza, il fatto che siano molto intelligenti č spesso fondato. Non solo gli INTJ hanno in media il QI piů alto tra tutti i tipi, ma sono generalmente bene informati, mostrando una vasta cultura e una memoria notevole (su ciň che interessa loro).
Gli INTJ maneggiano la logica e il linguaggio come spade. Vivono nel mondo delle idee e della pianificazione strategica. Sono perfezionisti, con una capacitŕ apparentemente infinita di migliorare qualsiasi cosa catturi il loro interesse.
Ogni autoritŕ, sia essa basata sulla posizione, sui titoli, sul grado, non ha alcuna forza che non sia quella delle idee che rappresenta. Slogan, dottrine, dogmi, non hanno alcuna presa sugli INTJ. Se un'idea o posizione gli appare condivisibile sarŕ adottata, altrimenti no e non importa chi la ha presentata o l'appoggia. L'autoritŕ in sé non ha alcun valore per gli INTJ. Questo non significa che ignorino le regole, tendono infatti a rispettarle quando le ritengono utili, ma potrebbero non condividerle. Il paradosso viene risolto dalla loro particolare visione del mondo, dominata dal pragmatismo.
Gli INTJ sono leader naturali, sebbene di solito preferiscano rimanere dietro le quinte finché non ritengono realmente necessario assumere la guida.
Con gli estranei gli INTJ si contraddistinguono per il loro comportamento estremamente controllato, non prendendo mai l'iniziativa per primi e mantenendo una grande distanza. Talvolta questa maschera inespressiva puň venire sollevata durante una conversazione ispirata e un'emozionalitŕ inattesa puň emergere: i loro occhi brilleranno di una luce viva e la loro passione crescerŕ al progredire della discussione, ma anche in questo caso un INTJ cercherŕ di mantenere il suo autocontrollo.
Le relazioni interpersonali, in particolare quelle romantiche, possono essere il tallone d'Achille degli INTJ. Non afferrano prontamente i "rituali sociali". Sono riservati e ipersensibili ai segnali di rifiuto.

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Thren
Gascoyne
Thren

Mangiamorte

PS 300 | PC 230 | PM 230

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Thren
Gascoyne

INTP

Ad ogni modo, nel mentre che l'incantesimo veniva formulato, Thren si avvicinava silenziosamente all'angolo del corridoio, coperto nei passi dagli ultimi rotolamenti dei massi. L'Obscurum era un incanto di breve esecuzione: solo pochi secondi, e avrebbe sporto la testa. Che l'incantesimo di Astaroth fosse o meno andato a buon fine, avrebbe visto la scena, nel primo caso non visto: due paia di gambe avvinghiate le une sulle altre poco oltre, a terra. Gli sarebbe piaciuto poter dire qualcosa di osceno, ma aveva cose piů importanti da sistemare.
Lord Voldemort paper Memories

Come agli altri intuitivi, agli INTP interessano gli schemi. Sono risoluti nel trovare temi che unificano vari argomenti, veritŕ metafisiche che spieghino l’essenza delle cose. Gli INTP sentono che se solo potessero trovare gli schemi universali allora tutto potrebbe essere spiegato e controllato.
Hanno un certo charme e affabilitŕ, specie quando discutono di argomenti che li interessano: diventano conversatori stimolanti, le loro menti attive possono collegare gli argomenti ad altri, portando a considerare varie sfaccettature. Se sono disinteressati, invece, cercheranno velocemente un modo di ridirigere la conversazione.
Nonostante l’apparenza genuina e cordiale, gli INTP sono piů interessati nel discutere le idee che nell’imparare i dettagli comuni sulle vite delle persone. Amano scoprire quali sono le motivazioni, gli interessi, le propensioni degli altri.
L’INTP eccelle quando bisogna immaginare un’eccezione in cui la spiegazione proposta cade. L’INTP č particolarmente orgoglioso di essere in grado di mostrare l’inconsistenza di molte delle idee e teorie comunemente accettate. Lo scetticismo č il cuore dell’uso distruttivo della Ti: puň mettere in discussione qualunque cosa, e deve passare il vaglio della logica e della coerenza per essere accettato.
Gli INTP criticano in particolar modo le strutture sociali e le istituzioni. Fanno critiche radicali dello status quo; molti si avvicinano a posizioni libertarie o anarchiche.
Gli INTP hanno un rapporto di amore/odio con la propria Ne. Li aiuta a rimanere mentalmente aperti, a vedere piú in grande e valutare opinioni diverse. Li aiuta anche ad amare il senso dell’avventura, dell’inatteso. Al contempo puň essere frustrante perché ogni volta che l’INTP pensa di aver trovato la veritŕ Ne mostra che ci sono altre possibilitŕ o altre informazioni che potrebbero ribaltare le carte in tavola. Questo processo puň andare avanti virtualmente all’infinito.
Non hanno pietŕ nell’analizzare idee e credenze, e hanno poco rispetto per il sacro.
Possono sembrare assenti e distanti dagli altri, perché spendono molto tempo dentro di loro. Odiano lavorare su cose di routine. Non amano controllare le persone. Sono tolleranti e flessibili, almeno finché le loro ferme credenze non siano violate o messe in discussione, nel qual caso possono diventare molto rigidi.
Se non trovano un posto che supporti l’uso delle loro abilitŕ migliori, possono diventare negativi e cinici.
L’INTP si annoia velocemente con le cose che ha analizzato abbastanza da comprendere. Una volta capite, una volta che non hanno piú nulla da offrire, la soddisfazione diminuisce e l’INTP cambia interesse.
Quando l’INTP sceglie un’area di interesse, č importante raggiungere un livello minimo di competenza in modo da evitare gli errori basilari. Ma spesso la competenza piena richiede troppo sforzo, ed č comune per l’INTP decidere di fermarsi e cambiare interesse, pensando che se e quando vorrŕ potrŕ riprendere ad impegnarsi sul precedente e diventare piú competente.
L’INTP ama lo humour e riesce a farlo su qualunque cosa. L’umorismo INTP č perň bizzarro, grottesco e poco compreso dagli altri. Spesso č umorismo nero e senza tatto. Se sentite qualcuno ridacchiare da solo mentre pensa, senza ovvie ragioni, č molto probabilmente un INTP.
Gli INTP tendono ad imitare lo stato emotivo degli altri: saranno attivi e scherzosi con persone scherzose, seri con persone serie. L’obiettivo č raggiungere abbastanza dati con l’intuizione per analizzare e capire la persona, inquadrandola. Sentono che imitando ed essendo accondiscendenti spingeranno l’altro a continuare ad esprimere sé stesso e cosí potranno capirlo meglio. Una volta inquadrato, se non gli piace lo lasceranno perdere, viceversa potranno mostrare sé stessi.
L’INTP teme le sue emozioni poiché non possono essere controllate. Fatica a mostrarle o a capirle in sé stesso.
In molte situazioni l’INTP č accondiscendente verso le persone e riluttante ad esprimere ciň che realmente pensa; puň sembrare debole o codardo per questo. Paradossalmente ha spesso idee sovversive o controverse, molto lontane dal senso comune e dal gruppo sociale a cui appartiene.
La propensione per l’evitare i conflitti e il desiderio di ammirazione da un lato e il desiderio di indipendenza dall’altro porta a moltissimi problemi nelle relazioni. Spesso sentono di non volere persone attorno. Quando passa troppo tempo, perň, ne hanno bisogno, almeno fino a che non ne avranno di nuovo abbastanza. Questo ciclo che alterna il valutare e lo svalutare gli altri č molto comune tra gli INTP.

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Gargantua
Clegane
Gargantua

Negromante

PS 260 | PC 230 | PM 200

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Gargantua
Clegane

ESFP

La punta toccava la pelle, in quel fragile punto cosě vulnerabile. Avrebbe potuto ucciderlo subito, fracassargli il cranio. Ma poteva esserle piů utile se avesse combattuto al suo fianco. - Imperio. - Pronunciň la parola con decisione e fermezza, il tono di comando non le mancava, da arrogante Mangiamorte conscia del proprio potenziale qual era. Ogni fibra del suo essere desiderava annientare la ridicola volontŕ dell'uomo, un altro odioso alleato di coloro che abusivamente occupavano un suolo che era dell'Oscuro di diritto.
Lord Voldemort paper Memories

La sensazione estroversa č la funzione dominante degli ESFP; riceve le informazioni dai cinque sensi, č istintiva, segue gli appetiti, č legata all’istante e al momento presente. Fa apprezzare il brivido e il comfort materiale. Soprattutto nella prima fase della vita questo porta ad un’etica del tipo “mangia, bevi, goditi la vita e sii felice”. Puň essere visto come superficiale, edonista o materialista. Molti ESFP sviluppano un gusto raffinato per cibi e bevande.
Sono molto bravi a notare dettagli del mondo fisico che ad altri sfuggirebbero: hanno una buona memoria fotografica e attenzione.
Dal momento che la funzione secondaria dell’ESFP č di giudizio introverso, dentro di sé essi sono molto piú seri di quanto appaiano dall’esterno. Hanno un grande senso di controllo interiore, e l’abilitŕ di gestire e regolare le proprie emozioni. Questa funzione dŕ loro la forza di “costruirsi” un sistema di valori e di sentimenti molto profondo e forte. Apprezzano certe cose e ne detestano altre, e si adoperano per essere consapevoli di quali siano queste cose. Ad esempio, si trovano in situazioni in cui qualcuno č irrispettoso verso qualcun altro, e provano odio e disgusto; cosí sanno di odiare la mancanza di rispetto. Il sentimento di tipo introverso si oppone a quello estroverso portando queste persone ad apprezzare l’autenticitŕ e l’unicitŕ dell’individuo e a vedere certe manifestazioni sentimentali come vuote, false e superficiali.
Il pensiero estroverso dŕ la capacitŕ di comunicare in modo misurato e articolato. Entra in gioco soprattutto quando l’ESFP dŕ consigli.
L'intuizione introversa porta l’ESFP ad essere estremamente orgoglioso e convinto di essere nel giusto e alla difficoltŕ ad ammettere i fallimenti personali.

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Astaroth
Kattleblack
Astaroth

Mangiamorte

PS 170 | PC 130 | PM 130

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Astaroth
Kattleblack

ISTJ

I limpidi occhi azzurri erano schegge di vetro dietro le quali la collera si addensava in caliginose volute minacciando tempesta. La fronte cedette ad una ruga profonda che l'adombrň di sfumature scortesi. Il pulsare sgradevole di una vena sulla tempia era il silente monito di emozioni ribollenti appena al di lŕ del circo vuoto delle espressioni. Lentamente sollevň la testa e le liquide iridi si macchiarono di sangue nell'incontrare lo sguardo antico, rosso e affilato di Agreas. La severitŕ di quella esistenza solenne rendeva sciocco il suo fragile impulso umano.
Il controllo scivolň nuovamente lungo le fibre del suo corpo e il velo della follia ricadde languidamente in un luogo segreto e nascosto. Un impercettibile segno di diniego: precipitň, senza reazioni, nel silenzio artefatto entro cui i clamori e le passioni della guerra erano solo una tentazione lontana.
Lord Voldemort paper Memories

Sono soprannominati “guardiani”, perché si interessano molto nel preservare e proteggere i modi passati di fare le cose. Difficilmente rischiano o si fanno trascinare dagli impulsi, se non hanno un’esperienza propria o altrui sulla quale basarsi con certezza. Preferiscono avere un piano ben preciso sul futuro, sulle cose da fare e sulle relazioni. Lo stesso vale per i loro valori e la loro visione del mondo: molti ISTJ continuano a mantenere le convinzioni e tradizioni con le quali sono cresciuti.
Anche per questo, gli ISTJ sono spesso visti come chiusi di mente e testardi; in realtŕ sono piů tolleranti di quanto molti credano. Siccome la loro funzione dominante č di tipo percettivo, gli ISTJ sono inclini alla subordinazione piuttosto che assumere un ruolo di controllo e dominante. Tendono ad essere degli ottimi collaboratori e lavoratori.
Gli ISTJ spesso sono poco in grado di capire al volo i rapporti di convivenza, ma sono decisamente tattici e logici. Sono spesso molto bravi in lavori di controllo, ispezione, burocrazia ed amministrazione, con una pazienza e tranquillitŕ sconosciuta ad altri Tipi, che permette loro di lavorare serenamente, con larga autonomia, efficienza e prudenza. Serietŕ e sicurezza nei propri obiettivi sono spesso doti ammirate, dai colleghi quanto dai superiori.
Non essendo particolarmente emotivi, ed essendo spesso incapaci di capire le emozioni altrui, sono visti come freddi e distanti: non significa che non provino emozioni: semplicemente, non le esternano.
In sostanza, gli ISTJ sono tra i piů tranquilli, sicuri, responsabili ed abitudinari tra i Tipi Psicologici. Sono degli amici leali, compagni devoti, ammirati per la perseveranza e la fermezza che mettono tanto nel lavoro quanto nella vita privata.

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Ragnarok
Dondarrion
Ragnarok

Mangiamorte

PS 250 | PC 230 | PM 230

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Ragnarok
Dondarrion

ENTP

Alcuni ridacchiavano, ma c'era chi, fremente di farsi valere, accecato dall'odio per l'uomo che aveva catturato suo fratello anni prima, non aveva neppure atteso che lo sbeffeggiamento giungesse al termine. Ragnarok era al margine del gruppo, dal lato da cui era possibile vedere il Capo Auror avanzare dai cancelli. Bloccarlo lě, nell'impotenza, meglio ancora respingerlo, ferirlo, prima che potesse anche solo muovere altri passi, costretto all'ascolto dell'avvilente presa in giro... sě, pareva una buona idea.
Lord Voldemort paper Memories

Gli ENTP sono versatili, di mentalitŕ aperta e instancabili. Dal momento che la loro funzione dominante č di tipo percettivo, il loro compito piů importante č quello di prendere informazioni. Le menti ENTP si muovono ad un ritmo frenetico, contribuendo alla mancanza di riposo, all’ansietŕ, alla sregolatezza del ciclo sonno-veglia. Non solo le loro menti controllano costantemente l’ambiente per nuove possibilitŕ, ma generano anche nuove idee e associazioni di idee in continuazione.
Man mano che imparano sviluppano gradualmente, in larga misura non intenzionalmente, le loro teorie sul mondo e la natura umana. Quando queste teorie non collimano con quelle convenzionali – e quasi sempre č cosí – diventano sempre piú scettici e critici del punto di vista maggioritario. Questa č una particolaritŕ per essere un tipo estroverso (gli altri estroversi tendono ad allinearsi al mondo esterno).
Gli ENTP hanno anche una forte spinta verso le relazioni interpersonali. Amano passare il tempo con coloro che hanno interessi simili e intrattenere conversazioni e attivitŕ stimolanti. Sono piú portati a discutere idee che parlare del piú e del meno. Sono interessati alle motivazioni e alle propensioni delle persone e sono anche dei discreti “lettori” dell’animo umano.
L’intuitivo mira a cogliere il maggior numero di possibilitŕ: ogni situazione stabile diventa in pochissimo tempo una prigione, una catena opprimente che richiede una soluzione. L’intuitivo non si trova dove ci sono valori solidi e riconosciuti ma dove ci sono situazioni in corso di sviluppo e promettenti.
Gli ENTP hanno un forte lato logico e razionale che, essendo introverso, rivolto all’interno, spesso non viene notato dagli altri. Č comune notare solamente il lato giocoso e brillante dell’ENTP e ignorare quello fortemente razionale.
Questo tipo di pensiero applica la logica e la ragione per il puro gusto di capire, di sapere qualcosa su una determinata situazione, un sistema o un problema. Inoltre dŕ anche il desiderio di autocontrollo, indipendenza. Quando viene usato, l’ENTP arriva fino alle fondamenta e le origini dei suoi pensieri per assicurarsi che siano chiari e logici. Sono bravi a trovare contraddizioni, eccezioni, a immaginare scenari in cui una spiegazione crolla. Č molto piů facile identificare tramite questo metodo ciň che č certamente falso, piuttosto che sbilanciarsi prematuramente su ciň che č vero. La combinazione di intuizione e pensiero li porta, specie nella prima parte della vita, a scherzare e prendere in giro con poco tatto, semplicemente perché non badano all’impatto emotivo che ciň che dicono puň avere sugli altri. Sono bravi con il sarcasmo e l’ironia anche di tipo cinico, e imparano con il tempo e lo sviluppo del sentimento a moderare questo lato.
Il sentimento estroverso dŕ carisma e la capacitŕ di gestire le relazioni, e soprattutto la forza di esprimere i propri giudizi.
La sensazione introversa si oppone all’intuizione estroversa; l’ENTP consciamente č interessato alle nuove idee, alle possibilitŕ, all’apertura, alla creativitŕ, alla globalitŕ; inconsciamente, perň, c’č la funzione delle tradizioni, della sicurezza, della routine, la metodicitŕ, i dettagli.
Il Tipo ENTP tende generalmente a comportarsi in maniera movimentata e talvolta caotica, ma necessita spesso l’approvazione degli altri.
Si preoccupano degli amici e della famiglia molto piů di quanto il loro comportamento a volte possa suggerire.

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Mosag
Connington
Mosag

Mangiamorte

PS 300 | PC 250 | PM 250

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Mosag
Connington

ESTP

- Muovetevi, l'Oscuro conta su di noi. - Chi ti ha eletto capo, Lennox? - Taci, Mosag. - Altrimenti che fai, Rabastan? E' giŕ molto se riesci a trasfigurare un fiammifero in un ago, non avresti l'onore di essere qui se non fosse per tua sorella. -
Lord Voldemort paper Memories
Mosag, impulsiva e intraprendente, decise che era il momento che il piano terra, con la Sala Grande presumibilmente piena di pezzi grossi, venisse isolato.
Lord Voldemort paper Memories

Gli ESTP sono divertenti, attivi e affascinanti. Dal momento che il pensiero dell’ESTP č di tipo introverso, spesso non viene notato dagli altri. Ciň che gli altri notano č l’intraprendenza nell’azione e con le persone. Il sentimento per quanto sia sottoposto al pensiero č di tipo estroverso e quindi contribuisce a dare un’aria di affabilitŕ al modo con cui si presentano.
Lo status sociale č molto importante per l’ESTP. Molto importante č perň anche il buon cibo, i beni materiali di alta qualitŕ, esteticamente apprezzabili, i piaceri dei sensi.
Dal momento che la funzione dominante č la Sensazione estroversa, ed č di tipo percettivo, gli ESTP sono portati maggiormente ad avere esperienza del mondo, ad “esserci” piuttosto che a strutturarlo e organizzarlo. E dal momento che sono estroversi, cercano dal mondo esterno stimoli in continuazione. Questo rende l’ESTP in assoluto il piú orientato all’azione tra tutti i tipi psicologici. Senza qualcosa da fare, un’esperienza nuova, l’ESTP diventa annoiato molto velocemente. Quando stimolato adeguatamente, l’ESTP agisce velocemente, porta le cose a compimento.
Gli ESTP hanno anche una grande intelligenza cinestetica: sono atletici, pratici, hanno una grande destrezza e coordinazione. Mostrano una instancabile energia fisica: sono portati ad utilizzare i loro corpi e i loro sensi per esplorare e manipolare il mondo fisico.
Pensare a cose astratte per troppo tempo č stressante per gli ESTP. Questo spiega perché il disturbo del deficit dell’attenzione č diagnosticato nell’ESTP piú che in altri tipi. Ciň tipicamente non č dovuto alla mancanza di intelligenza, che in sé c’č, ma al fatto di dover essere continuamente in movimento, stimolati.
Mentre possono imbastire dei grandi show in pubblico, a casa sembrano piú isolati, umanamente distanti. Questa disparitŕ comunemente viene interpretata come un segno di narcisismo o di ipocrisia. Le azioni pubbliche dell’ESTP sono dovute al bisogno di essere ammirati e rispettati. Finché sono interessati a mantenere un’alta reputazione fanno in modo di essere perfettamente puntuali, ben vestiti e di comportarsi in accordo con le convenzioni sociali (comportamenti questi che non fanno realmente parte dell’essenza dell’ESTP, come sa bene chi li conosce nel profondo).
Hanno la tendenza, specie nella prima parte della vita, ad agire in modo passivo-aggressivo. Interiorizzano le loro frustrazioni, e anziché parlarne apertamente agiscono per conto loro.
La sensazione estroversa č la funzione dominante degli ESTP; riceve le informazioni dai cinque sensi, č istintiva, segue gli appetiti, č legata all’istante e al momento presente. Sono molto bravi a notare dettagli del mondo fisico che ad altri sfuggirebbero.
Dentro di sé, gli ESTP sono disciplinati, e lavorano per essere autonomi e indipendenti nei loro pensieri e nelle loro idee. Č un tipo di intelligenza fluida: intuitiva, contestuale, che li rende capaci di risolvere problemi pratici. Sanno analizzare una situazione, vedere come le cose dovrebbero funzionare e quindi come aggiustarle.
Una delle problematiche č che l’ESTP puň convincersi facilmente di avere la risposta per problemi religiosi/politici/teorici, mentre in realtŕ non č un buon teoreta. Per contrasto potrebbe accadere che l’ESTP per varie ragioni nella vita potrebbe attaccarsi, fossilizzarsi su una particolare teoria, visione del mondo e cercare di organizzare tutto ossessivamente seguendola; cosí perde la sua naturale qualitŕ che č l’adattabilitŕ e la flessibilitŕ.
Inoltre prenderanno facilmente in giro persone piú riflessive, timide e chiuse senza rendersi conto che li stanno offendendo.

Il loop degli ESTP manifesta un comportamento esagerato, eccessivo, esplosivo e teatrale. Questo perché si pensa che solo il “mondo esteriore” abbia valore, e che quindi bisogna immergervisi con forza e totalmente: la portanza tipica degli ESTP diventerŕ un’eccessiva ricerca spesso inappropriata di attenzioni e desideri, che li condurrŕ al centro dei palcoscenico grazie ad un atteggiamento sfacciato. La ricerca di emozioni forti, di sensazioni incredibili e di pienezza vitale costante rimandano il loop degli ESTP al Disturbo Istrionico di Personalitŕ. L’esteriore immersione nel mondo fa da sfondo ad un egocentrismo sotterraneo, una necessitŕ di sentirsi apprezzati a livello profondo e personale.

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Nothing can happen more beautiful than Death.

 
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view post Posted on 22/2/2018, 23:32
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Il Fato

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Eloise Lynch
Punti Salute 2
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DE senza maschera schierati per la difesa
Raven Shinretzu
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DE con maschera schierati per l'attacco
Nathan Scott
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Punti Mana 4
Punti Exp 1.5
Aryadne Cavendish
Punti Salute 4
Punti Corpo 3
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PG della fazione del Bene sotto controllo della fazione del Male
Cedric Black
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Punti Exp 2
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