| Le due cugine si mescolarono presto ai passanti per le vie cittadine, facendosi largo tra la folla che rumorosa invadeva i marciapiedi. Colori e suoni inviavano stimoli vivissimi alle meningi della Corvonero, che ammaliata dalla bellezza della città, non poteva che smarrirvisi dolcemente. Amava Londra, non avrebbe mai smesso di stupirla. Jane incominciò a parlare di Alex, il suo cugino Auror che nella loro infanzia aveva insegnato loro a volare su un manico di scopa; Jessica ricordava ancora le giornate passate a casa di Jane a giocare a Quidditch in giardino, tra i folti alberi della tenuta Evans. Dolci, spensierati ricordi. "Sono contenta che stia bene, quando gli mandi un gufo, portagli i miei saluti!" mormorò con un sorriso. Non si stupì di sentire che Alex era di nuovo in viaggio, la vita da Auror non era facile e le missioni erano ogni giorno dietro l'angolo. Guardò la cugina negli occhi, si poteva scorgere la gioia con cui raccontava del fratello maggiore; gioia che scomparve, lasciandosi dietro solo tristezza quando toccò raccontarle di Hunter. "Oh... Mi dispiace" riuscì a mormorare, seriamente rattristita. Aggrottò le sopracciglia e si mise le mani in tasca, spostando lo sguardo verso il terreno ai suoi piedi. Le loro ombre si univano sull'asfalto, quasi a sottolineare la vicinanza di Jessica a Jane anche emotivamente. Hunter... Ricordava con un malinconico sorriso il loro primo incontro in Biblioteca a Hogwarts, Jessica gli aveva fatto diventare i capelli bianchi a furia di scherzi e dispetti. Quel pomeriggio di studio era finito con una battaglia di pallottole di pergamena e la chiamata in ausilio a Jane, solo per il gusto di infastidire Hunter. Quel giovane era un tipo a posto, almeno all'apparenza, e a Jessica era sempre piaciuto. Era sinceramente rattristita che le cose tra loro fossero finite in un nonnulla. "Jane mi dispiace davvero tanto, spero che tu stia affrontando la cosa con tranquillità. Sai che su di me puoi contare, sempre" mormorò affranta, concludendo la frase con un sospiro. Le voleva bene, era una delle persone più importanti della sua vita, sarebbe stata per lei sostegno e forza, se fosse stato necessario. Non fece altre domande, percepiva il desiderio della cugina di non parlarne e lo rispettava, oltre che comprenderlo. Camminarono per qualche minuto in silenzio, e poi la domanda fatidica toccò anche lei. Deglutì, percependo il suo cuore saltare un battito e bruciargli nel petto. Un riflesso involontario condusse il suo palmo aperto al centro esatto del torace, come a voler arginare il dolore anginoso che parlare del Grifondoro le causava. "Nathan. Beh, ecco... L'ultima volta che ci siamo visti, non è finita granché bene. Anzi, lo definirei un fiasco colossale" mormorò tetra, volgendo gli occhi verso una vetrina, senza guardarla realmente; si concentrò altresì sul suo riflesso sfocato e distorto, provando vergogna. Ricordava il viso di Nathan, la rabbia sui suoi lineamenti in una tetra serata a Hogsmeade. ironia della sorte, nello stesso posto in cui si erano incontrati per la prima volta. Che ne era di lui? "Vedi, poi sono dovuta partire per Evelyne... E non l'ho più sentito. A quanto pare è destino, le persone a cui mi affeziono o tentano di scagliarmi un Imperio a tradimento, o semplicemente scelgono strade alternative". Stava per definirle 'strade migliori', ma provava ancora un briciolo di rispetto per la sua persona, per umiliarsi in pubblico, persino davanti a Jane. Il riferimento lampante a Nicholas Black era intriso del disgusto più profondo. La tassina conosceva a perfezione l'accaduto, e anche in quella occasione era stata la spalla su cui piangere e l'abbraccio in cui trovare conforto. I sentimenti per il Mangiamorte erano negativi, pungenti, velenosi; avrebbe voluto provare le stesse cose per Nathan, ma quando rivedeva il viso scolpito e gli occhi color pece, provava solo grande tristezza e vuoto nell'anima. Ricacciò indietro lacrime di odio verso se stessa, per l'incapacità che aveva di tenersi strette le persone, sbattendo ripetutamente le palpebre. Si stampò un sorriso sulle labbra, i muscoli facciali si distesero, certo, ma il calore di quel gesto non si irradiò agli occhi. "C'est la vie, come direbbero quei maledetti francesi... O almeno credo" rise, sarcastica, scuotendo il capo. "Spero di restare lontano dalla loro erre moscia per un bel po' di tempo, adesso". Ma sì, doveva solo andare avanti, cogliere il bello di ogni attimo e lasciarsi indietro le paure. E poi era con Jane, non poteva desiderare altro.
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