Real Eyes, Realize, Real Lies., Privata

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view post Posted on 24/9/2014, 12:57
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VII Anno

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☾repuscolo, il primo momento in cui il ragazzo poteva finalmente sentirsi bene, ed essere libero di uscire dall’ombra dei corridoi del castello. Non che il sole lo uccidesse, ma la sua nuova energia pareva praticamente inesistente durante quelle ore, e un senso di malessere generale lo aggrediva lasciandolo senza forze, prigioniero di quella luce. Se poteva esserci un lato positivo in tutto questo, riguardava l’assolvere i suoi ultimi compiti da studente. Studiava molto, forse troppo, dedicando del tempo a infinite letture di piacere, come i grandi classici della magia e le biografie dei maghi del passato. Le sue giornate erano confinate oramai fra la stanza della Sala comune e la Biblioteca. L’unico luogo di Hogwarts dove la gente era costretta a parlare sottovoce e solo quando era necessario. Si ritrovava spesso a riflettere fra quei vecchi scaffali pieni di letture, in compagnia delle emozioni che scaturivano quelle pagine, ma che ormai non sembravano più appartenere al suo lato umano. Quegli occhi erano diventati freddi, come il suo sguardo nei confronti di chiunque, come se da lì in avanti una mano di ghiaccio gli stringesse il cuore. La scuola non sarebbe durata in eterno, come ogni cosa era destinata a finire, diversamente da quel che si poteva imparare, nonostante avesse ottenuto i Mago, lui sarebbe rimasto un eterno studente di magia.

Sulle rive del lago ≈

Per ironia l’orario del coprifuochi stava per giungere, ma l’orologio del ragazzo funzionava al contrario per così dire, quando tutti se ne stavano al caldo in Sala Grande, lui poteva uscire, beandosi dell’oscurità e di quella pace che solamente la notte era in grado di donargli. L’Autunno iniziava a farsi sentire, e diversamente dalla maggior parte dei suoi concasati, lui lo preferiva di gran lunga ad ogni altra stagione. La sua divisa da studente era sostituita da un jeans e da un leggero maglione nero, come fosse un ragazzo di passaggio, e forse un po’ lo era, dopo tutto cosa gli impediva di smaterializzarsi? Ora, adesso, in quel preciso momento?
“Pf”
Un leggero sospiro dileguò quella voglia di evadere da quel confine, sulle rive del lago nero poteva far tornare alla memoria parecchi ricordi, cercare di ricordare cosa aveva provato.. Amore, divertimento, fiducia e anche una gran bella dose di acqua fredda, chissà se esisteva un incantesimo che ti riportasse indietro, a quei momenti, per riviverli sempre, come la prima volta.
Si sdraiò del tutto, con l’erba umida che sfiorava il collo e le mani, il cielo sfumava in un blu sempre più cupo e profondo, c’era un silenzio assoluto, niente poteva romperlo, o almeno così credeva..
 
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view post Posted on 24/9/2014, 22:07

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« No matter how many breaths that you took,
you still couldn't breathe;
no matter how many nights that you'd lie wide awake to the soud of poison rain.
Where did you go? Where did you go? Where did you go?»




Dormitorio Grifondoro, prima di cena ~
L'orologio appeso in un non identificato angolo della stanza continuava imperterrito a ticchettare, scandendo ore, minuti e secondi.
Zoey, affaccendata, non se ne accorgeva, o forse non gli prestava attenzione; non le piaceva quell'orologio. Quel ticchettìo era fastidioso e la metteva in ansia, eppure non aveva il coraggio di staccarlo dalla parete e metterlo via: per una persona la cui precisione sfiorava il disturbo ossessivo-compulsivo, non sapere che ora fosse era un problema grosso.
Una volta tanto, non prestava attenzione alle lancette che si spostavano; le era stato appena recapitato un pacchetto con una lettera, ed era ansiosa di aprirli. La loro provenienza (Tulsa, Oklahoma), non lasciava spazio a dubbi sul mittente: doveva essere sua madre, o sua nonna.
Lesse la lettera velocemente: era di sua nonna Willow, lo sapeva senza bisogno di leggere la firma a piè di pagina. La carta profumava di lavanda, e la prima parola che compariva era "u-we-tsi-a-ge-hu-tsa", un termine cherokee che voleva dire "figlia del mio cuore", appellativo che solo l'anziana Blueriver usava nei suoi confronti.
Sua nonna diceva di averle spedito un "dono per motivarla in un periodo monotono come quello"; un dono che le avrebbe fatto particolarmente piacere, diceva, perché sapeva quanto le piacesse.
Senza ulteriori, indugi, Zoey strappò via la carta dal pacchetto, e all'interno vi trovò un libro dalla copertina logora, che un tempo doveva essere stata color ocra.
*Ma questo...è...*
Non ebbe esitazione nel riconoscerlo: il titolo parlava chiaro. Era una delle prime edizioni di "Dracula", datata 1899; aprendolo, vi trovò la firma autentica di Bram Stoker e la sua prefazione originale.
Sorrise, felice; era sempre stato il suo libro preferito, e adesso sua nonna le regalava una copia passata fra le stesse mani dell'autore irlandese.
Stringendolo al petto, proseguì con la lettera: Willow sosteneva di averlo trovato in una vecchia libreria di Tulsa, e che era convinta avrebbe reso contenta la giovane Grifondoro. Non diceva molto altro, se non informazioni generali su come stesse, e come procedesse la scuola.
Sorridendo fra sé, piegò la lettera e la infilò nel cassetto del comodino; le avrebbe risposto in seguito. Era ora di scendere in Sala Grande, ma di fame ne aveva ben poca, e poi si ricordò che le sarebbe toccata la ronda serale subito dopo.
Decise che mettere qualcosa sotto i denti, in fondo era un buona idea; indossando la spilla da Prefetto, e mettendo al sicuro il manoscritto nella piccola borsetta a tracolla di cuoio, senza sapere esattamente il perché, scese ai piani inferiori.

Giardino, nei pressi del lago, poco prima del coprifuoco ~
La sera stava scendendo, presto sarebbe stato tutto buio; l'aria era fresca, ma non eccessivamente, abbastanza da consentirle di non sentire freddo malgrado sopra la divisa non indossasse nulla.
Pareva che non ci fosse nessuno a girovagare per il giardino: sembrava quasi un altro luogo, se paragonato alle ore di luce, quando al contrario era affollato da studenti rumorosi che passeggiavano e ridevano fra loro. Doveva ammettere che lo preferiva così: amava quella quiete, e il vento leggero la metteva di buon umore. Sorrise, serena.
Decise di proseguire sino ad arrivare alla riva del lago, dove avrebbe potuto sedersi e contemplarne la superficie.
Aveva un legame particolare con quell'elemento: le piaceva nuotare e avrebbe potuto trascorrere una giornata intera in acqua.
Anche nella riserva a Broken Arrow c'era un lago, molto più piccolo di quello che avevano ad Hogwarts, ma bastava a terrorizzare a morte la madre di Zoey, poiché quest'ultima adorava recarvisi di notte.
C'era ancora un po' di luce, e da lì poteva vedere perfettamente il sole che pian piano spariva all'orizzonte: era un bellissimo spettacolo. Si appoggiò con la schiena alla corteccia di un albero, e rimase immobile ad osservare, rapita.
Finché non si accorse di qualcun altro: sdraiato a terra, sull'erba soffice, a pochi metri da lei, c'era un ragazzo.
Sussultò, sorpresa: davvero non si aspettava di trovare qualcuno.
Studiò la figura, e si accorse di conoscerlo, malgrado non indossasse alcuna divisa. Lo aveva incontrato per la prima volta molto tempo prima, e poi lo aveva incrociato più volte, e si erano visti in varie occasioni. Dopotutto, appartenevano alla stessa Casata.
Si chiese se fosse il caso di chiamarlo, nel caso non si fosse accorto della sua presenza; forse sarebbe stato meglio andarsene, dato che non sapeva cosa pensare di lui e non sapeva nemmeno dare un nome a ciò che suscitava in lei, ma era curiosa di sapere cosa stesse facendo lì a quell'ora, con il coprifuoco imminente. Del resto, Nathan non era mai stato tipo da rispettare le regole.
Si schiarì la voce, e attese.

 
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view post Posted on 25/9/2014, 22:51
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Bugie, di quello era caratterizzata la sua vita, lui ne era consapevole, durante gli ultimi tre anni di scuola non aveva fatto altro che mentire, nascondere la sua lealtà all’oscurità fingendosi ancora uno studente di quella casata, di quei fieri colori rosso-oro. Forse anche per questo era restio a lasciarsi indosso quello stemma, e alla prima occasione ritornare ad abiti normali, lui non apparteneva più a quella casata oramai da anni. Ancora pochi mesi, gli esami, e anche le fredde mura di Hogwarts sarebbero rimaste solo un vago ricordo, a volte piacevole come le conoscenze fatte, altre altrettanto meno come le persone perse. Un pensiero che ridondava nella mente era: Lui sarebbe rimasto un ricordo per Hogwarts? Avrebbe fatto qualcosa per cui valeva la pena essere ricordato? Tom dopo tutto l’aveva fatto.. ma lui non era così, non fino a quel punto. Non aveva più visto Caroline da quell’ultima notte, e in realtà non riusciva nemmeno ad immaginare una sua reazione nel rivederlo, magari proprio in quel momento. Inumidì le labbra come per assaporare un ricordo ancora vivido nella mente, si era ripromesso di non mordere più quel collo, chissà se era in grado di mantenere le promesse, almeno a se stesso.
Inspirò più forte nell’attimo in quei pensieri svanirono dalla sua mente, le iridi chiare tornarono ad ammirare l’oscuro manto del cielo, non vi era nuvola alcuna quella sera, e le stelle da quel lato del lago erano un’infinità in cui perdersi. Un modesto numero di lezioni d’Astronomia riaffiorarono fra i ricordi, un po’ ne sapeva di quel che stava guardando, e non poteva negare un certo fascino verso le storie e le leggende su quei puntini luminosi.. *Ma che ti prende.. solo uno stupido inciampa in ciò che si è lasciato alle spalle* la sua voce interiore l’ammonì cercando di farlo tornare alla realtà, a quello che era veramente, non certo un sentimentale attaccato a vecchie emozioni, lui era un Vampiro, niente di più, e niente di meglio.
Si alzò col busto, piegando le braccia con i gomiti a mò di appoggio, non c’era solo il cielo da ammirare quella sera, anche il lago aveva il suo effetto, e per un amante delle bellezze come lui, quei paesaggi non potevano certo essere ignorati, e francamente, solo nella calma notturna valeva la pena perdersi in essi. Ignaro della presenza di un’altra bellezza, ben diversa e migliore di quelle che lo circondavano, ma forse lei non sarebbe rimasta lì a farsi ammirare senza dir nulla. Non passò molto dal notarla, forse per i sensi più acuti che possedeva in quelle ore, o per il profumo, ogni cosa in lui era amplificata, avvertiva cose che da umano gli erano sempre sfuggite, era… eccitante.
Si girò lentamente verso l’ospite della notte, lei se ne stava lì, fissando vagamente il ragazzo, con la schiena poggiata al vecchio tronco della quercia, spettatrice secolare di amanti e litigi sulla riva del lago. Se era lì per la ronda serale perché non aveva avvertito subito il suo compagno? Perché fermarsi?
Era così bella, l’aveva riconosciuta, ma forse si sbagliava, quanto era passato? Un anno? Forse più.. Lei era appena stata promossa Prefetto, ora i suoi lineamenti erano più marcati e i capelli decisamente più lunghi, impossibili da non notare. Occhi neri in cui perdersi, più scuri dei pensieri del ragazzo, ma al tempo stesso lucenti, vivi, curiosi, occhi che capivano subito che persona avevano davanti. Chissà se scovavano la verità o la menzogna posandosi su di lui.

« Zoey »
Pronunciò quel nome, senza accenno di sorpresa, o indecisione su quel che ricordava, se non fosse stata lei poco gli importava, in fondo era solo un nome. Un lieve sorriso, seguito da un gesto con la testa, per intendere di avvicinarsi a lui, e magari sedendosi di fianco, o lasciare che si beasse qualche secondo della sua evidente altezza nei confronti del ragazzo sdraiato.
Per qualche arcano motivo, lui sentiva che la ragazza non avrebbe infranto la calma di quel momento con una ramanzina da Prefetto, quella ragazza non era così, non per dire che infrangesse le regole, ma solamente che rispettava le cose belle, quelle semplici, come due ragazzi in riva al lago nero…. anche se fuori orario..
 
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view post Posted on 26/9/2014, 16:25

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Pian piano, il cielo diventava più scuro; riusciva già a scorgere le prime stelle, e non erano poche, segno che l'indomani sarebbe stata una bella giornata, o almeno così i cherokee interpretavano il cielo stellato. Nessun mito, nessuna leggenda, stavolta.
Il ragazzo sembrò accorgersi della sua presenza ben prima che lei la palesasse schiarendosi la voce; questo le provocò un brivido di inquietudine lungo la schiena.
- Zoey. -
Il suo nome, pronunciato da lui, sembrava...sbagliato, ecco. Non sapeva neppure lei definirlo.
La metteva estremamente a disagio, inutile girarci attorno, e questo era successo sin dalla prima volta in cui l'aveva incontrato al Campo di Quidditch; sembravano trascorsi decenni, eppure le sensazioni erano sempre le stesse.
Una vocina in testa, la vocina del buonsenso, probabilmente, continuava a sussurrarle che non avrebbe dovuto trovarsi lì, e di andarsene il prima possibile, eppure, malgrado una parte di lei le desse ragione e volesse tornare al Castello, l'altra non voleva saperne di muoversi. Anzi, era incuriosita.
Per un istante che parve infinito, rimase ferma dov'era, contro la quercia, come se l'albero secolare avesse potuto offrirle una qualche protezione da un pericolo indefinito; poi si avvicinò di qualche passo, guardinga.

- Nathan. - disse piano, con la classica pronuncia strascicata e lenta dell'Oklahoma; alzò il mento, in cenno di saluto, mentre con gli occhi continuava a scrutarlo attentamente.
Fisicamente, non sembrava cambiato molto dall'ultima volta in cui l'aveva incrociato - anche se poteva sbagliarsi, considerando il fatto che era di fretta e gli aveva rivolto poco più di uno sguardo -, ma gli occhi...c'era qualcosa di diverso, lo riusciva a vedere chiaramente, e non capiva di cosa si trattasse. Solo che fosse qualcosa di troppo grande per comprenderlo da sé.
Le iridi chiare, cerulee, la inquietavano e inchiodavano dov'era; non ricordava di essersi sentita così, al Campo di Quidditch.
Distolse lo sguardo, quasi con noncuranza; non voleva fargli intendere qualcosa di più.
Tossicchiò, ancora a disagio; fissò un punto impreciso all'orizzonte.

- Rispettare le regole proprio non ti piace, eh? - sospirò, scuotendo la testa; per qualche ragione, non agì come avrebbe agito in circostanze simili con altri studenti, invitandoli a rientrare per evitare di infrangere il coprifuoco.
Probabilmente era a causa del senso di pace che trasmetteva quel luogo; sembrava di essere fuori dal mondo, complice anche il crepuscolo, che offriva silenzio e quiete.
*Forse perché della fatal quïete
Tu sei l'imago a me sì cara vieni,
O Sera*
, recitò la sua mente, ricordando un sonetto scorto per caso da qualche parte, che le era rimasto impresso nell'inconscio. Rabbrividì. Paragonare la sera al sonno eterno, per così dire, era un pensiero che la turbava.
Giocherellò con una ciocca dei lunghi capelli castani, e rimase in silenzio per un po'; poi si avvicinò ancora di più, senza tuttavia cedere all'impulso di sedersi sull'erba. Voleva mantenere un minimo di vantaggio.
*Ma vantaggio, per cosa, poi?*, si chiese; preferì non darsi una risposta.

- Stai comodo, lì? Cercavi un posto migliore del dormitorio che ti conciliasse il sonno? - indagò, ironica; doveva pur mantenere un minimo di controllo.
Continuò a fissare il lago, apparentemente imperturbabile; si rese conto di essersi irrigidita, e si notava. Passandosi una mano fra i capelli che il vento continuava a muovere e a portarle davanti agli occhi.
Decise di sedersi anche lei, mandando al diavolo una volta per tutte tutti quei brutti presentimenti che l'affliggevano dal momento in cui lo aveva riconosciuto. Cosa mai sarebbe potuto accaderle, in fondo? Erano pur sempre fra le mura di Hogwarts.
Lo fissò, attendendo una risposta, sul viso un'espressione seria; non avrebbe giocato con lei come l'ultima volta. Stavolta, se necessario, lo avrebbe affrontato direttamente.
Si rilassò un po', tranquillizzata da quella riflessione. Del resto, non poteva certo sfuggire sempre tutto quanto al suo controllo.

 
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view post Posted on 28/9/2014, 21:55
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C’era una strana tensione nell’aria, insolita, e per qualche ragione anche Nathan ne era complice. Zoey non era diversa solo nell’aspetto, sembrava più sicura e autorevole di come la ricordava, oppure nascondeva in modo impeccabile uno stato d’ansia e inquietudine che la sfioravano, nel momento in cui gli occhi del ragazzo si posavano sui di lei. Amante del controllo? O paura a lasciarsi andare? Il carattere indisciplinato e imprevedibile di Nathan si scontrava senza alcuna eccezione contro quello della ragazza, razionale e sincero, o almeno così era quel che credeva lui. Ogni persona emanava delle sensazioni, certi babbani le definisco emozioni a pelle, conoscendo di sfuggita qualcuno o magari parlandoci pochi minuti, puoi farti un’idea, se ne vale la pena e desideri rivederla, oppure no, parte tutto da lì, dalla prima volta che l’hai vista. Nathan non era un tipo da lunghe chiacchiere, non era spinto dalla voglia di conoscere ogni cosa, ogni segreto dell’altra persona per dire se potesse piacergli o no, per lui l’affetto che lega due persone non poteva essere misurato dalla quantità di parole che si scambiano, si affidava più a queste sensazioni d’impatto, alle emozioni del momento. Magari poteva aver commesso un errore il più delle volte, fidandosi di quelle emozioni per poi restarci fregato, ma nonostante questo il suo essere impulsivo e il volersi buttare totalmente nelle scelte e nelle persone, non l’aveva mai abbandonato. Una testa dura insomma. Anche con Zoey si affidava a quelle sensazioni, a quello che sentiva quando le stava vicino.
Le regole, obbligo che la ragazza non mancò di evidenziare, ma in fondo uno come lui non era fatto per le regole, per dei limiti imposti da altri, quando mai lei l’avrebbe capito? Chissà se quel carattere sconsiderato sarebbe riuscito a fuoriviare quello impeccabile della ragazza. Un‘impresa ardua ma stimolante, veder cadere il controllo da quegli occhi scuri e profondi, osservare Zoey essere trasportata dalle emozioni senza alcuna razionalità a frenarla.

« Se rischi puoi essere punito, ma se non lo fai mai, sai quanti tramonti perdi »
Sorrise accentuando la frase, come se volesse darle un messaggio di fondo, rivolto in modo più generale che al momento preciso. Lo divertiva rispondere in quel modo, e vedere un accenno di sorriso fra le labbra della ragazza. Cauta e restia a fidarsi, qualcosa teneva la sua schiena ancorata al tronco della quercia, ogni suo passo successivo pareva poi ben pesato, nonostante ogni cosa le diceva di andarsene, o magari chiamare Gazza a far compagnia a quel Grifo, la scelta finale fu quella di sedersi. Ora era vicino a lui, rispettando la distanza d’intimità, ovviamente. L’erba umida della notte accolse il calore di un altro corpo, decisamente ben più caldo di quello del Vampiro, lui non smise di guardare la ragazza nemmeno per un istante, doveva aggrapparsi fin da subito a quel che sentiva.
« Odio dover dormire. Penso che se ne avessi il potere, inventerei un incantesimo in grado di togliere il sonno e la stanchezza »
Sorrise, pensando alla sua situazione, perdere le ore in cui era più ricettivo e forte non doveva essere proprio il massimo, in realtà quel pensiero di non riuscire mai a trovare del tempo per tutto, gli rimbalzava in testa sin dal primo giorno di scuola. Poi rimase in silenzio, non aveva paura dell’imbarazzo di non aver parole, anche se star vicino a Zoey risultava diverso dallo stare vicino a qualunque altra ragazza, o almeno così era per lui. C’era chi considerava Nathan un adulatore, chi sparlava, e chi non ne aveva mai sentito parlare, ma se c’era un momento in cui potevi assistere alla sua realtà era un tramonto in riva al lago. Zoey era l’unica lì vicino, anche se le loro anime potevano essere lontane, quel momento era Loro e di nessun altro. Non avrebbe giocato con lei, in alcun modo, e non credeva neanche che la personalità della ragazza glielo permettesse. Spostò senza riflettere, lo sguardo sulle labbra di lei, l’attimo di un battito, per poi essere distratto dal vento che smuoveva i lunghi capelli. La fissò metterseli in ordine con la mano e le guerre della razionalità non contavano più niente.
 
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view post Posted on 29/9/2014, 16:28

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Nessuno dei due sembrava essere particolarmente loquace, in quel frangente; d'altronde, cosa c'era da dirsi?
Nel suo caso, comunque, si trattava più che altro del disagio che Nathan le provocava, più che del non avere nulla di cui discorrere. Fissò la superficie dell'acqua, appena appena increspata dal vento leggero della sera. Sì, un bel panorama davvero; si era ripromessa più volte di recarsi sulla riva del lago, per osservare il paesaggio e starsene tranquilla, ma chissà perché, poi aveva sempre abbandonato questo programma, dando la precedenza ad impegni ben più urgenti e importanti.
Sospirò; era forse questo il suo problema? Era talmente focalizzata su quel che doveva fare, da dimenticarsi di se stessa e di quel che voleva fare? Non era da escludere. Era sempre stata una perfezionista e raramente, se non quasi mai, si era lasciata andare. Dipendeva anche dalle persone.
Poco tempo prima, si era lasciata andare con Arya, ed avevano finito per trascurare i propri doveri; non era accaduto nulla di grave, ovviamente, ma Zoey non faceva che ripensarci, e si chiedeva cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente. Si sarebbero cacciate nei guai, poco ma sicuro.
*Perché ho tanta paura che le cose prendano una piega diversa da quella che mi aspetto?*, si chiese, frustrata; e a dire il vero, non sapeva darsi una risposta precisa. Sapeva soltanto che, per stare bene, doveva avere tutto quanto sotto controllo, e così era la maggior parte delle volte.
Eppure, anche in quel momento, non stava andando contro i suoi doveri? Non avrebbe dovuto andarsene, e avvertire che uno studente stava infrangendo il Coprifuoco?
*Lui non rispetta le regole, ma in questo momento non lo stai facendo neppure tu.*, si disse, abbassando il capo, mentre con le dita strappava qualche filo d'erba e se lo rigirava fra le mani.
Erano pari, dunque; e quella constatazione pose fine anche all'ultimo dei suoi scrupoli. Quella sera, nessuno sarebbe stato denunciato, e quello andava contro ogni suo principio che aveva così faticosamente costruito nel corso del tempo. Il motivo per cui lo stesse facendo, le era ignoto.
Alzò finalmente la testa, e puntò le iride scure sul viso del Concasato, con un'espressione indecifrabile; poi, lentamente, sorrise.

- E mi pare che tu, di tramonti, non te ne perda nemmeno uno. -, commentò, piano, con cautela; non si fidava del tutto di quel ragazzo. E perché mai avrebbe dovuto, dopotutto? Non sapeva nulla di lui, e la prima impressione che dava, era che non si trattasse di una persona molto affidabile. D'altra parte, un po' le dispiaceva non conoscerlo bene.
Si voltò di nuovo verso il lago, poi puntò i piedi contro il suolo umido, e appoggiò braccia e mento sulle ginocchia, contemplando quanto aveva davanti agli occhi; la verità, era che invidiava da morire chi riusciva a godersi un bel tramonto senza farsi affliggere da un senso di malinconia quasi struggente. La Natura, in generale, le faceva sempre questo effetto; lei non era cresciuta in una grande città, moderna e piena di agi, dalla quale provenivano ragazzi e ragazze a volte fin troppo superficiali. Non era quello il suo posto. Il suo posto era in mezzo alla Natura, circondata da grandi alberi sotto i quali sdraiarsi e vicino ai corsi d'acqua; circondata da prati, fiori e sentieri naturali. Era cresciuta fuori dal mondo e dalla civiltà, di questo era consapevole, e andava benissimo così. Non poteva rimanere indifferente davanti ad un tramonto.

- Io soffro d'insonnia, quindi dormo poco e non sono abituata al riposo; ma non mi dispiacerebbe ogni tanto dormire quanto una persona normale. - osservò, e mentre lo diceva, prese un sassolino e lo scagliò nel lago; subito, sulla superficie dell'acqua, si formarono dei cerchi concentrici, che a poco a poco svanirono.
Sorrise; non sarebbe mai stata troppo grande per quel gioco.
Si voltò verso Nathan; reclinando la testa da un lato, assorta, lo osservò. Si chiese perché le sembrasse tanto diverso, e non si riferiva all'aspetto fisico.
Qualche istante dopo, scosse la testa, e tornò a guardare davanti a sé, cambiando posizione e incrociando le gambe. Il cielo diventava sempre più scuro, e il vento più gelido.
Fu scossa da un brivido; presto avrebbe fatto decisamente più freddo. Si pentì di non aver preso almeno il cardigan dalla sua stanza.

- All'inizio del primo anno, venivo spesso qui, probabilmente perché è l'unico luogo di Hogwarts che mi ricorda casa. Poi, non ci ho più messo piede...fino a stasera. - disse, lentamente, prima che potesse frenare la lingua; perché gli stava dicendo quelle cose? Cosa poteva importargliene?
Forse aveva semplicemente bisogno di qualcuno con cui condividerle, ma non le sembrava opportuno parlarne proprio con lui.
Maledicendosi, arrossì per quella confessione; forse non era nulla di che, ma per una come lei, abituata a tenere tutto per sé, era fin troppo. Sperando che lui non vedesse le sue guance colorite per l'imbarazzo, voltò il capo dall'altra parte, fingendo di stare osservando qualcosa.
Iniziava a pensare che sedersi lì, accanto a Nathan, fosse una delle peggiori decisioni mai prese; si sentiva incredibilmente a disagio e fragile, senza un apparente motivo, e ciò non le piaceva affatto.

 
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view post Posted on 1/10/2014, 13:10
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Disagio; Senso di pena e di molestia provato per l’incapacità di adattarsi a un ambiente, a una situazione, anche per motivi morali, o più genericamente senso d’imbarazzo. Le definizioni del dizionario le aveva trovate sempre così dannatamente esatte, traducevano in parole quello che potevi sentire in una situazione, ma naturalmente non era la stessa cosa.
La maggior parte delle volte non sapeva spiegare quel che sentiva ora, non era così bravo con le parole, ma in quel momento poteva benissimo ritrovarsi nell’ultimo stralcio della definizione, il senso d’imbarazzo. Perché sentiva di provarlo accanto a Zoey? Insomma, di ragazze con cui divertirsi in riva al lago ne aveva una lista piena, ed anche molto meno tirate e sulla difensiva della Grifondoro; ma quel che sentiva non poteva essere lontanamente paragonato. Lei non era come loro, non l’aveva mai vista contornata di ragazzi, né in qualche modo cercava di attirare l’attenzione su di sé, e dire che nulla le mancava, anzi, possedeva quel fascino non indifferente; era bella ma non ostentava, era intelligente, una ragazza con cui non potevi pensare di divertirti una sera e dimenticarla il giorno dopo, Nathan sentiva che guadagnarsi la sua fiducia risultava un’impresa ardua tanto quanto il torneo tre maghi, ma che alla fine ne sarebbe valsa la pena. Forse stava vagando troppo con la fantasia, con i suoi infiniti film mentali che a volte erano veri e propri documentari a puntate, come pensava di conoscere fino in fondo quella ragazza e di riuscire a scalfire quell’armatura di Controllo che la proteggeva? Lui era il più sconsiderato che fosse passato fra quelle mura, ma nonostante tutto non provava un senso di pentimento, o voglia di mettere la testa a posto, era Lui che aveva scelto di fare quelle cose, e non loro che avevano scelto lui. Quella sera probabilmente avrebbe commesso un’altra pazzia, non poteva ignorare quel che sentiva, o quello che voleva, era così, doveva cogliere l’attimo e afferrarlo, le conseguenze dei suoi gesti sarebbero venute dopo, e il Dopo in quel momento non contava un bel niente.
« Dici che.. non siamo persone normali? »
Sorrise, pensando quanta verità ci fosse su quella battuta soffocata, lui non lo era davvero e non che si dispiacesse oltremodo per questo, ma anche Lei, accettando di sedersi vicino a quel ragazzo, poteva dirla lunga; Incoscienza? O estrema sicurezza in se stessa? Strano quanto a volte le due cose coincidano.
« Si possono fare tante cose di notte, molto interessanti, ma forse.. non sai neanche ti cosa parlo »
Ammiccò, stirandosi di nuovo sul manto erboso, aspettava con ansia il momento di scoccare una frecciatina che cercasse d’imbarazzare la ragazza, chissà se fosse tanto sveglia da leggere fra le righe e cogliere al volo il senso della frase. I suoi occhi vennero distratti per un attimo dalla schiena della ragazza e dai lunghi capelli che la coprivano per metà, fu tentato per un istante di sfiorarli con la mano ma qualcosa lo bloccò, un gesto semplice ed innocente, fatto da lei con noncuranza. Nathan le afferrò la mano, lentamente, non voleva ammonirla, il suo tono di voce calò in modo drastico, quasi fosse intimo.
« Non disturbare l’acqua »
Riferendo al sasso lanciato un istante prima dalla Grifondoro, di giorno quelle acque parevano così calme, ma di notte era tutta un’altra cosa, un po’ come le paure degli uomini, l’oscurità dava luce ai mostri più profondi. Mantenne il contatto con la mano della ragazza per alcuni secondi, la sua pelle era calda, nonostante l’evidente calo della temperatura, e a differenza di quella del ragazzo estremamente morbida. Poteva apparire un gesto semplice, ma l’avvicinarsi tanto era sempre un rischio per uno come lui, così… inaffidabile. Se Zoey era abituata ad ascoltare sempre la vocina della prudenza, di sicuro in quel momento la sentiva gridare ai quattro venti. Scosse la tesa, distogliendo gli occhi dal viso della ragazza, la sua mano abbandonò la dolce presa ritornando alla freddezza tipica del corpo di un Vampiro, Zoey aveva uno strano effetto su di lui, non sapeva dargli una spiegazione, né un limite, o era qualcosa di importante o non era nulla.
« Vivi in riva ad un lago? »
Rispose con un sorriso lieve, le rivelazioni della ragazza l’affascinavano, voleva sapere molto su di lei, anche se non avrebbe spinto quel tasto di sua spontanea volontà. Lasciava che le cose andassero da sole, la spontaneità era una caratteristica fondamentale di lui, non stava lì a pensare al modo in cui sarebbe apparso agli occhi degli altri, né si preparava un copione da recitare in base a chi avesse davanti. Zoey poteva essere come lui, a parte la paranoia che le faceva da ombra; chissà se quel punto in comune sarebbe stato uno spiraglio a cui aggrapparsi..
 
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view post Posted on 12/10/2014, 21:55

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« No matter how many breaths that you took,
you still couldn't breathe;
no matter how many nights that you'd lie wide awake to the soud of poison rain.
Where did you go? Where did you go? Where did you go?»





Di due cose era certa; la prima, era che di questo passo anche lei avrebbe infranto il coprifuoco - e stranamente, quell'idea non la ripugnava come al solito.
La seconda, che Nathan era un provocatore nato, e stava cercando in tutti in modi di suscitare una qualche reazione inaspettata in lei. Sorrise; tutto sommato, la divertiva quel suo atteggiamento che non aveva nulla a che fare con le persone che Zoey era abituata a frequentare. In effetti, si era tenuta sempre alla larga dai tipi come il Grifondoro, perché non sapeva mai cosa aspettarsi, e questo la metteva in difficoltà.
Viceversa, era pronta a scommettere che nemmeno il moro era abituato ad avere a che fare con ragazze come lei, ligie alle regole, rispettose dei propri doveri, e maniache del controllo, ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Allora perché s'intratteneva lì con lei? Ricordava bene il soprannome che sua sorella Shayla le aveva affibbiato quando erano piccole, e parlava chiaro: "Killjoy", "Guastafeste".
L'unica cosa che le veniva in mente come spiegazione plausibile, era che il ragazzo provasse una sorta di crudele divertimento a vederla a disagio; e in effetti, Zoey era consapevole di essere buffa quando si trovava in imbarazzo.
Sbuffò impercettibilmente; no, lei di certo una persona normale non lo era, per rispondere alla domanda - probabilmente retorica - di Nathan.
Si voltò verso di lui, sorridendo e alzando le sopracciglia.

- Definisci "normale" - lo invitò, scherzosa. Sì, certamente la domanda di Nathan era stata giocosa, poteva capirlo dal suo sorrisetto appena accennato.
*Ha un bel sorriso*, si sorprese a pensare, e subito se ne pentì, distolse lo sguardo, tornando a fissare dritto davanti a sé.
Poi però una nuova frecciatina da parte del moro tornò a colpirla, ma non ottenne l'effetto desiderato; Zoey soffocò una risata, e tornò a guardarlo, divertita dal tono ammiccante del Concasato.

- Hai ragione, ad esempio tu sembri gradire il vagare per il cortile di notte e sederti sull'erba bagnata ad osservare l'acqua, rischiando di prenderti il raffreddore, ma, d'altronde, la vita senza rischio non è nulla, e tu mi sembri un uomo impavido. - Era il suo turno di scoccare la frecciatina, e lei aveva colto l'occasione al volo. Ridacchiò, soddisfatta.
Se Nathan voleva vederla reagire in qualche modo alle sue provocazioni, lei avrebbe reagito. Un po' perché faceva parte del suo carattere, un po' perché non voleva dargliela vinta.
Era determinata a rendergli pan per focaccia, quando, mentre si apprestava a lanciare un altro sassolino nel lago, il Concasato le afferrò il polso, impedendole di stendere il braccio e tirare; non poté fare altro che lasciare andare la piccola pietra, che scivolò dalla sua mano e ritornò sul suolo del lago.
"Non disturbare l'acqua", aveva detto, piano, con un tono di voce molto basso; si voltò, stupita. Ecco, quella, ad esempio, era una cosa che non si aspettava.
Il cuore accelerò i battiti; dopo qualche istante, ritrasse il polso dalla sua stretta. La differenza di temperatura era notevole; la mano di Nathan era gelida.
Non rispose, ma stavolta rimase a fissarlo, chiedendosi cosa stesse pensando.

- Lungi da me l'idea di disturbare il lago. - sussurrò infine, dopo una lunga pausa; era la prima frase che le era venuta in mente, perché non sapeva cos'altro dire, ma quel silenzio era imbarazzante.
Il buonsenso continuava a farle pressione perché si alzasse e tornasse dentro, al sicuro, nel Castello; ma lei rimaneva lì, sull'erba umida, le gambe incrociate, accanto a quel ragazzo così misterioso, di cui, in fin dei conti, non sapeva nulla.
Tossicchiò, a disagio; c'era voluto un niente perché cadesse dalla sua posizione di vantaggio. Era di nuovo in balìa degli eventi.
La domanda successiva, pronunciata quasi con noncuranza, non mancò di metterla in difficoltà; gli interessava davvero? Era saggio raccontargli qualcosa in più sulla sua vita e dargli più confidenza?
*Non dimenticare*, disse una vocina dentro di lei *che hai iniziato tu a raccontargliela.*
Era vero, sebbene non del tutto: era stata un'innocente confessione, uscita fuori dalla sua bocca quasi involontariamente, per giunta. Ma ormai il danno era fatto, tanto valeva esporsi un po' di più.

- Non, non proprio in riva. Ma vicino. Molto vicino. - rivelò, sorridendo nostalgica; spostò i capelli dietro le orecchie. - Vivo con la mia famiglia in Oklahoma, USA, e rispetto a qui, il panorama è decisamente più verde e naturale. -
Beh, se non altro, specificando la sua provenienza, il suo accento sarebbe sembrato meno bizzarro; sorrise tra sé, scuotendo la testa.

 
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«Il corpo pecca, ma una volta che ha peccato ha superato la sua colpa perché l'azione è una forma di purificazione: nulla più rimane se non il ricordo di un piacere o la voluttà di un rimpianto. L'unico modo per liberarsi di una tentazione è di abbandonarvisi: resistete, e la vostra anima si ammalerà di nostalgia per le cose che si è vietata, di desiderio per ciò che le sue mostruose leggi hanno reso mostruoso e fuori legge. »
«Basta», balbettò Dorian Gray, «basta, mi sconvolgete. Non so che cosa rispondere Tacete, lasciatemi pensare. O meglio, lasciate, che tenti di non pensare».

Quanto tempo era passato da quell'incontro sul campo da Quiddicht? Mesi, un anno buono forse, ormai il tempo per il ragazzo aveva assunto la forma di una clessidra senza la dorata sabbia, non aveva alcun essenza. Lo specchio nella sua camera del dormitorio, così come la chiara superficie del lago, avrebbero riflesso sempre la medesima immagine, stesso viso, stessi occhi blu, per sempre. Ricordava vagamente un celebre romanzo di una scrittore babbano, aveva letto quel libro così tanto volte che ricordava strascichi di dialoghi a memoria, ed ora si sentiva vicino al protagonista più di qualunque altra cosa. The Picture of Dorian Gray, così si intitolava, un libro per cui meritava di certo un Oltre ogni previsione su un’eventuale prova. D’altro canto per Zoey i giorni erano trascorsi, non che la cosa gravasse su di lei, almeno non così presto, anzi più cresceva e i più i suoi lineamenti si definivano, i lunghi capelli non venivano accorciati di un centimetro, restando stesi lungo quasi tutta la schiena, infiniti e lisci, proprio come amava il ragazzo. Lei non era la stessa ragazzo che aveva conosciuto quel giorno sul campo, un anno può sembrare poco, come anche un’infinità di tempo; chissà come sarebbe apparsa ai suoi occhi fra 5 o 6 anni, fin dove sarebbe arrivata con quella brillante testolina. Stranamente sentiva l’irrefrenabile curiosità di scoprirlo, il che implicava un rapporto duraturo e la volontà di Nathan di non perdere quella ragazza, di non farle del male e di proteggerla. Quando mai aveva creduto ad un’amicizia fra uomo e donna? Forse senza l’attrazione fisica di mezzo. Era quindi un’infatuazione quel che avvertiva? Lei era affascinante, nonostante i suoi modi molto riservati; nulla faceva trapelare da quegli occhi, se non qualche accenno di sorriso sincero da quelle labbra. Probabilmente neanche il più potente dei divinatori sapeva quanto Nathan avrebbe voluto baciare quelle labbra, forse l’impeto con cui mordeva il collo di una vittima poteva darne l’idea. La sua mente navigava abile fra le fantasie più intime, quando fra quei pensieri si eresse prepotente la figura di Zoey che scaraventava Nathan nelle profondità del lago, con tanto di: “Te lo do io non disturbare l’acqua” Forse era meglio governare l’istinto tipico di uno Scott, di azzardare troppo velocemente, e di capitolare altrettanto dolorosamente.
Sarebbe riuscito a strappare un bacio a quella ragazza? O per meglio dire a conquistarsi il suo bacio?
- Vado a caccia di raffreddori; e sì la mia vita è sorretta dal rischio, infatti non dovresti starmi così vicino, a meno che anche tu non hai paura di rischiare -
Piano piano le sue parole stavano scivolando in uno scioglilingua a base di “Rischio” era meglio fermarsi qui e non confondere ulteriormente Zoey, che sembrava già perplessa e complessata di suo, chissà chi gliela aveva fatto fare di sedersi lì; ora poteva stare al caldo in Sala Comune, invece di inumidire la gonna con la brina del prato, e far compagnia notturna ad un giovane Vampiro.
- Sei una che resiste alle tentazioni o che vi si abbandona totalmente? -
Chiese non appena le loro mani cessarono il contatto, per volere della ragazza. Lei declinò subito l’idea di lanciare il sasso, chissà quante cose aveva pensato e deciso di non fare da quando l’aveva intravisto da dietro la vecchia quercia. E se Nathan si abbandonasse alle tentazioni adesso? *..nulla più rimane se non il ricordo di un piacere o la voluttà di un rimpianto* Rimpianto, la cosa che più spaventava quel ragazzo; esatto, vi era una cosa che spaventava un avventato Mangiamorte Vampiro. Non poteva avere rimpianti, lui non era così e non lo sarebbe mai diventato, al costo di diventare esperto in tuffi a forza di volare nel lago nero.
Intanto, fra un sorriso e una frecciatina beffarda, Zoey continuava ad aprirsi a quel ragazzo, che infondo quanto rappresentava in più di uno sconosciuto? Nathan posava i suoi occhi chiari e al contempo privi d’anima, sul viso della Grifondoro, l’ascoltava con attenzione, avvertendo una timida nostalgia di casa.
- USA? Pazzesco.. non proprio dietro l’angolo è -
Ironizzò con un sorriso sull'ennesima sorpresa della Prefetta, le sue origini incuriosivano molto il ragazzo. Gli Usa rappresentavano un desiderio profondo in lui, sin da piccolissimo. Ora, nonostante la materlizzazione, non era intenzionato a provare tratte tanto lunghe, soprattutto dopo la recente esperienza a Parigi, dove si salvò senza neanche rendersene conto.
- Mi fa piacere sapere queste cose su di te, non fermarti -
Disse fissandola con curiosità, come se una regina esponesse una storia al suo reame. Cosa poteva rivelare la ragazza a quel Vampiro? magari quell’angolo di solitudine poteva essere un’ottima location per una confessione inaspettata. O magari parlare della storia della sua famiglia, i Cherokee se non cadeva in errore. Gli interessava tutto di lei, voleva conoscere le idee e le ambizioni che si nascondevano abili oltre quel bell’aspetto esteriore.
 
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view post Posted on 24/10/2014, 14:46

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Where did you go? Where did you go? Where did you go?»




Raccontare la sua storia, o comunque alcuni pezzi di essa, era una cosa che faceva raramente, perché non si avvicinava mai troppo a qualcuno o legava abbastanza da cominciare a fidarsi (la fiducia era infatti per lei un processo complesso che richiedeva molto tempo), o da abbattere l'imbarazzo di parlare di se stessa. Zoey non era una ragazza egocentrica, non viveva per le attenzioni altrui; anzi, essere al centro dell'attenzione, la mandava completamente in tilt. Ricordava quando a sei anni era stata organizzata una festa a sorpresa per il suo compleanno: la cosa l'aveva talmente destabilizzata, tanto che quasi era scappata via quando aveva sentito gli occhi di tutti i presenti puntati su di lei. Uno dei motivi per cui non diceva mai la data del suo compleanno era proprio il fastidio che provava nell'essere al centro dell'attenzione; diceva sempre che era nata in Giugno, senza mai specificare il giorno preciso. Era più semplice così.
Con la coda dell'occhio, notò che Nathan la stava guardando in modo strano; finse di non accorgersene, mentre puntava i piedi al suolo e poggiava il mento sulle ginocchia, abbracciandosi le gambe. Si sentiva in qualche modo protetta in quella posizione, che uno psicologo avrebbe definito "di chiusura". Perché in questo era brava Zoey: a chiudere fuori le persone e il mondo esterno. Pensava che così non avrebbe corso alcun rischio.
Nel frattempo, il vento soffiò contro di loro; non era freddo, ma mite; sorrise, alzando gli occhi verso il cielo.
*U-no-le*, pensò, con gioia; era una parola cherokee, che più che l'elemento nella sua fisicità, evocava la sua essenza. Era una delle ragioni per cui amava la sua lingua - beh, dei suoi antenati - e la sua cultura: tutte le parole designavano la natura di qualcosa, e mai si fermavano alla superficie.
- Dare la dignità all'uomo, bambina, è all'origine di tutte le cose. -
Era quello che le veniva spesso ripetuto da bambina; allora non capiva, ma crescendo, aveva imparato ad assegnare a quella frase un significato, e l'aveva fatta sua: ogni uomo nasce con una dignità, ma negli occhi di chi osserva, essa può crescere o affievolirsi a seconda dell'influenza che egli ha su di noi. Non sopravvalutare. Non sottovalutare. Dare ad ognuno la possibilità di esprimersi. Solo in seguito sviluppare un'opinione su quel che ci sembra quell'uomo, ricordando che, per l'appunto, quel che appare quasi mai è quel che è.
Da qui l'estrema discrezione che caratterizzava la giovane Grifondoro: raramente dava giudizi affrettati, e mai s'impicciava negli affari altrui. Dava a tutti un'occasione, e poi decideva se fosse il caso di troncare o continuare la conoscenza.
Solitamente, quando aveva a che fare con persone come Nathan, sceglieva la prima opzione, ma stavolta le era complicato fare così: non l'avrebbe mai ammesso, ma quel ragazzo la incuriosiva, sebbene la irritasse da matti la sua propensione a rompere tutte le regole e a farle saltare tutte le sue sicurezze che a fatica aveva costruito.

- Non dovrei starti vicina perché altrimenti rischierei di beccarmi il raffreddore anch'io? - chiese sbattendo le palpebre, con finta ingenuità e candore; doveva ammettere che, nonostante tutto, era divertente rispondergli a tono. Aveva parecchie frecce da lanciare ancora; del resto, lei era sempre stata innegabilmente brava nel tiro con l'arco.
Un'altra cosa che nessuno sapeva, fra l'altro; forse doveva davvero cominciare ad uscire dal guscio. "Nutshell" era un altro della lunga lista dei suoi soprannomi, non tutti esattamente gratificanti.
Si voltò alla domanda di Nathan, e lo guardò, accigliandosi; era un'altra domanda provocatoria? Pensarlo era lecito, tuttavia il suo tono di voce e la sua espressione non ostentavano malizia stavolta; soppesò le parole e deglutì, prima di rispondere. Non era proprio il genere di domande a cui era abituata a rispondere.

- Io, mmh...non mi sono mai trovata finora dinnanzi a situazioni che richiedessero una tale scelta. Ma non sono una tipa impulsiva, quindi...credo che rifletterei bene prima di fare qualunque cosa. Certo, se ne valesse davvero la pena, persino io potrei fare qualcosa di stupido o insensato. -
Disse, e tacque; era visibilmente in imbarazzo, e la tensione nervosa attorno a lei si poteva tagliare con la lama di un coltello. Non le era mai capitato di sentirsi così a disagio e agitata, generalmente per lei era facile mantenere il controllo sulle proprie emozioni. Altro motivo per cui Nathan la irritava.
Prese a giocherellare con il ciondolo che portava al collo, e poi a torturare le frange della borsa a tracolla, che giaceva sull'erba umida; se ne era completamente scordata, ed ora la stoffa era bagnata.
*Dannazione, spero che il libro non si sia rovinato...accidenti a me*, pensò mordendosi il labbro inferiore preoccupata; trasse rapidamente fuori il piccolo volume antico, e trasse un sospiro di sollievo quando si accorse che era intatto. Se lo portò al petto e lo strinse, quasi potesse sentire l'abbraccio di sua nonna attraverso le pagine.
Rendendosi conto che poteva dare l'impressione di essere completamente andata, ripose in fretta il libro nella borsa, arrossendo; tossicchiò, a disagio ancora una volta. Quando non era Nathan a metterla in difficoltà, ci si metteva lei stessa.
Poi, con sua enorme sorpresa, le arrivò una frase del ragazzo che la colpì; era sincero? Gli faceva davvero piacere conoscere qualcosa in più su di lei? Lentamente, sorrise, arrossendo delicatamente. Forse, poteva fidarsi, almeno un pochino.

- Io...mmh...appartengo ai cherokee. Vivo con mia madre, mia nonna, e ho due sorelle più piccole. Niente padre, lui...ha preferito lasciarci. - ammise, con vergogna; distolse lo sguardo e puntò gli occhi altrove, senza realmente vedere ciò che aveva davanti. No, oramai il ricordo di suo padre non la toccava più; ma la rendeva comunque triste. E preferiva di gran lunga che nessuno la vedesse così.
Sospirò e tornò ad osservare il quieto lago.

 
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view post Posted on 5/11/2014, 18:49
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L’ascoltava parlare, rispondere a quelle domande e cercare di rivelare cose che forse di rado lasciava andare agli altri, lui si era fatto un’idea ben chiara di Zoey, non avendo la presunzione di conoscerla da tanto tempo, azzardava delle mere ipotesi.
Ossessionata dal controllo, non poteva far a meno di programmare ogni secondo della sua giornata, la sua diligenze e serietà la portarono subito a meritare quella spilla rosso-oro, ma c’era altro oltre quella figura, una ragazza che forse teneva dentro di se la paura per il futuro o il rischio che i suoi piani perfetti venissero sconvolti, magari dal primo giovane zuccone sorpreso in riva al lago nero. Vedere quella Zoey che pian piano rivelava una parte personale di se, proprio a lui, a quel ragazzo che più o meno tutte conoscevano fra i corridoi della scuola, lo riempiva d’orgoglio. Allora non doveva essere così male dopo tutto, magari non prima di essere diventato una bestia notturna.
Se davvero c’era una ragazza nella scuola che incarnasse il suo esatto opposto era proprio Zoey. Sentiva che il suo animo era buono, una dolcezza nascosta abilmente, ma comunque presente, e il metterci l’anima e la convinzione in tutte le cose della sua vita. Lui era un egoista, un cinico, il più delle volte ascoltava solo la voce dei suoi pensieri e non era solito programmare le cose, agiva d’istinto, trasportato dalle emozioni del momento, come una nave in balia delle onde.. il futuro? Nahh cosa poteva importagli che sarebbe accaduto se non avesse fatto alcune scelte, lui andava dritto per la sua strada, inseguendo un obiettivo, ma con la convinzione che la vita avrebbe potuto cambiare le carte in tavola in qualunque momento. La paura, o l’inquietudine per lui erano sempre sentimenti sbagliati, perché provarli per qualcosa che ti possa capitare nel futuro, non evita quell'evento, fa soltanto vivere un presente sbagliato. Magari se avesse accanto una come Zoey il suo carattere poteva migliorare, diventare leggermente più.. serio? E cercare di vedere oltre il divertimento della giornata, o del provarci con la prima che passi per il giardino della scuola..
- Se ne valesse davvero la pena -
Rimarcò con tono basso le parole della ragazza, chissà se avesse davvero messo in pratica quel che asseriva, in quel momento Nathan non poteva certo dire il contrario, dopo tutto erano in piena notte seduti in riva al lago, più insensato di così. Sorrise continuando a guardarla come si fissa un quadro per la prima volta, e doveva ammettere di perdersi alcuni secondi senza udire alcuna parola dalla sua bocca, poteva rimanere lì senza dir nulla, che Nathan sarebbe rimasto a vederla allo stesso modo.
La temperatura continuava a scendere al limitare della foresta, e se Zoey invece di fare la galletta si sarebbe portata la divisa pesante ora non era costretta a tremare, e per di più a far liberare Nathan dal suo bel maglione.
- Tieni, forse ti va un po’ largo, sia mai che per colpa mia ti predi davvero un raffreddore -
Sorrise porgendo il maglione alla Grifa, per lui il freddo era quasi inesistente, ma decisamente più apprezzato del caldo. Intanto un altro tassello privato della ragazza veniva rivelato, la sua famiglia, le sue origini, e quel peso di un abbandono che ancora stentava a nascondere del tutto, almeno a se stessa. Certe emozioni erano difficili da seppellire, specialmente per una ragazza emotiva e vera come lei.
- Ehi non devi mai essere triste vicino a me, intesi? -
Sorrise sfiorando il mento di Zoey con il dito, lui azzardava un po’ troppo, ma era nella sua natura, era lei la ragazza posata e razionale, e lui lo spavaldo campione di tuffi nel lago.
Quella frase non poteva esser detta con leggerezza, cosa che il ragazzo faceva molto spesso, un suo brutto difetto era il non dar peso alle parole, suo padre glielo avevo sempre ripetuto “le parole possono uccidere le persone”. Quando un uomo dice delle cose ad una donna, si prende l’onere di dirle la verità e di rispettare quelle parole, diventa una responsabilità per lui, che uomo è uno che parla a vanvera?
Lui sarebbe riuscito ad onorare quelle parole, senza dire frasi di circostanza, che poi venivano trasportate dal vento poco dopo. Un Vampiro non era certo il classico esempio di dolcezza e protezione per una fanciulla, ma in fondo Nathan quando mai era stato come tutti gli altri?
 
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view post Posted on 8/11/2014, 00:22

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Quando era arrivata lì, nel momento in cui si era seduta sulla soffice terra umida, si era sentita a disagio; in imbarazzo. Si era sentita in uno stato d'animo simile molto tempo prima, un mattino estivo al Campo di Quidditch, dove si era recata per inseguire il suo gatto, credendo erroneamente di essere sola. L'interlocutore, adesso come allora, era stato sempre lo stesso, ed era il ragazzo che sedeva vicino a lei, forse l'unico capace di farla sentire fuori posto.
Ma ora, mentre pian piano il guscio che la avvolgeva perennemente iniziava a schiudersi, rivelando una Zoey diversa, fragile come un cristallo, spaventata dai suoi ricordi e incapace di lasciarsi indietro il passato, la giovane cherokee si chiedeva se per tutto quel tempo avesse mal giudicato Nathan; la stava ascoltando pazientemente, mostrando un lato di lui che la Prefetta non credeva potesse esistere. Si sentiva quasi...al sicuro.

- Sì, se ne valesse davvero la pena. - ripeté, convinta, annuendo. Era decisamente più calma, l'ansia immotivata di poco prima scivolava gradualmente via dal suo corpo e dalla sua mente.
Era possibile mutare atteggiamento così rapidamente, da un momento all'altro? Iniziava a non riconoscersi più; lei non era mai stata una persona lunatica, anzi, tutt'altro. No, non era quello il problema, nessun brusco cambiamento di carattere stava avvenendo in lei: semplicemente, quel Grifondoro, così diverso da come era Zoey, aveva influenza su di lei, probabilmente come nessun altro prima.
Era la dura realtà, ed era costretta ad ammetterlo; e la Dea sola sapeva quanto le costasse accettare questa possibilità, orgogliosa e testarda com'era.
Continuava a guardarla con espressione indecifrabile, e davvero non sapeva cosa dire; ma prima che l'imbarazzo sopraggiungesse a tingerle di nuovo le guance di un rosso vermiglio, lui si tolse il maglione nero che indossava e glielo porse, perché lei non prendesse freddo.

- Oh...io...grazie - sbatté le ciglia, sorpresa; esitante, ma grata per il gesto, prese il maglione dalle mani del ragazzo, e poi aggiunse, sentendosi quasi in colpa: - ...e tu? Non hai freddo? -
Ma senza attendere la risposta, lo indossò, facendolo passare per la testa; era caldo, e aveva il suo profumo.
*Un po' largo? E' enorme*, sorrise divertita, pensando a che effetto dovesse fare quel largo capo d'abbigliamento sul suo corpo esile.
Il freddo, almeno, era stato scongiurato; si chiese per quale motivo lui non sembrasse minimamente scalfito dalla temperatura gelida e dal vento tagliente della sera inoltrata.
Si sentiva stranamente bene; nonostante ciò, non poté sopprimere il velo di tristezza che calò sul suo sguardo non appena andò a toccare il delicato argomento che aveva sempre cercato di evitare con tutti gli altri. Si chiese, in effetti, come fosse possibile aver rivelato la parte più difficile della sua storia, in fretta e sinteticamente.
L'aveva detto d'istinto, senza neppure rifletterci sopra, e questo era assai strano per lei. Non prendeva mai decisioni avventate.
Distolse lo sguardo; non voleva che la vedesse così, era...umiliante, semplicemente.
Ma poi, si sentì sfiorare con delicatezza il mento, e si costrinse a voltarsi, verso di lui, verso quegli occhi che le erano sempre parsi così freddi.
- Ehi non devi mai essere triste vicino a me, intesi? -
Quelle parole, sembravano così sincere...poteva crederci? Perché lei voleva davvero tanto crederci, stavolta. Sapeva anche, però, che questo andava contro tutto quello che aveva sempre evitato così strenuamente fino a quel momento. Eppure, adesso sarebbe stato così facile abbandonarsi a quella promessa senza chiedersi più nulla...
Le dita, esitanti e fredde per la bassa temperatura della notte, andarono a toccare la mano gelida del ragazzo, che ancora sfiorava il suo viso, e se la portarono alla guancia liscia e morbida.

- No - gli disse, accennando un sorriso; - Non sono triste, adesso. -



Sometimes we must grow stronger, and you can't be stronger alone in the dark.



Edited by ~ Zoey. - 14/11/2014, 19:55
 
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Aveva messo da parte tutti i suoi pensieri e le sue preoccupazioni, decidendo di accantonarle oltre tutto ciò che stesse al di là di quel lago, poco dopo il crepuscolo il giovane vampiro si immerse nel freddo manto del giardino di Hogwarts. Non credeva possibile che, in una notte come le altre, in cui anche la piovra gigante riposava sui fondali, potesse trovare un’anima pronta a sedersi al suo fianco, qualcuno che ancora non lo considerasse un ragazzo leggero, senza propositi su cui far durare un rapporto. Non era riuscito a mantenere un rapporto stretto con nessuna persona fra quelle conosciute fra i banchi, né con altre ragazze fondamentali nella sua storia, l’unico a cui poteva sentirsi vicino era per l’assurdo, L’oscuro signore, o quella donna che l’aveva trasformato in un vampiro. Quella notte però, una sua conoscenza piuttosto superficiale, e che non aveva alcun motivo per sedersi lì vicino a lui, lo sorprese, e lo catturò interamente con le sue parole, le espressioni del viso e quel profumo che ormai non poteva più definire superficiale. Quella ragazza, l’unica dopo Jessica, era riuscita ad aprire una breccia fra i suoi sentimenti, nonostante essi scomparivano riducendosi in polvere notte dopo notte, come era riuscita in questo? Lei era solo se stessa, niente di più, si confidava col ragazzo, dandogli fiducia e merito di ascoltare la sua vita, anche quei lati di cui provava vergogna e risentimento, chissà come l’avesse presa conoscendo i segreti oscuri di Nathan. Per un attimo schiuse le labbra intento a proferir parola, come se volesse dire: Zoey sono un vampiro, vattene via; ma non ci riuscì, o meglio non voleva, quelle ore da soli, seduti in riva al lago rappresentavano la sua fuga, il suo rifugio dalla realtà e non avrebbe rovinato tutto come al solito, non stavolta. Zoey non avrebbe mai visto quel lato di Nathan, lei sarebbe stata al sicuro, e una volta che il ragazzo prendeva una decisione ci si immergeva completamente. Lui voleva dare una svolta a quella conoscenza fatta solo di saluti e sorrisi distratti, aveva bisogno di lei, di saperla vicino, senza accettare che qualcun altro possa rubargli quel tesoro.
*Scusami se lo sto facendo per me* Pensò a quel gesto egoista che stava per fare, sperando che la ragazza non lo strozzasse col suo stesso maglione, ma era più forte di lui, non lo faceva con casualità o con chiunque gli capitasse, erano solo le forti emozioni a veicolare quella scelta, e Zoey si meritava di diritto quel gesto dal ragazzo. Nel momento in cui le loro mani si toccarono, poté sentire quel calore tipico del corpo umano, quella sensazione che non faceva parte di lui, quando poi le sue dita vennero portate sulla guancia della ragazza un sorriso lieve si dipinse sul suo viso; dopo tutto quello che aveva fatto, tutte le persone morse, ancora era degno di vedere quelle cose, di star vicino a persone come lei.. Senza dar spazio a parole di alcun significato, o decine di modi per finire dritto in infermeria, il ragazzo avvicinò il suo viso a quello di Zoey, sollevando il busto dal freddo manto. La mano ancora accarezzava la guancia di lei mentre le sue labbra annullarono del tutto l’aria che le separava. Le aveva rubato un bacio, col senno che non sarebbe finita quella notte col sorgere del sole, ma che si sarebbe visti ancora, notte dopo notte, con tutti i loro fantasmi e le paure rinchiusi nel castello alle loro spalle..
 
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view post Posted on 26/11/2014, 00:38

In a coat of gold or a coat of red, a ℓισи ѕтιℓℓ нαѕ ¢ℓαωѕ.

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« No matter how many breaths that you took,
you still couldn't breathe;
no matter how many nights that you'd lie wide awake to the soud of poison rain.
Where did you go? Where did you go? Where did you go?»




D'improvviso, regnava il silenzio; e questo la metteva a disagio più di qualsiasi altra cosa. Era sempre stato così: Zoey non era mai stata in grado di gestire il silenzio. Non sapeva mai cosa dire o fare, e riempirlo le risultava un'impresa titanica, più complicata delle fatiche di Ercole. Non le veniva naturale.
Quando poi era in imbarazzo, arrossiva e assumeva un poco delicato color peperone, e, nella peggiore delle ipotesi, iniziava a straparlare. Ed era paradossale: era una ragazza riservata, e parlava poco generalmente, ma sotto pressione, diventava quasi logorroica, e iniziava a blaterale frasi senza logica, soltanto per riempire quel dannato silenzio.
Quantomeno, era quel che accadeva la maggior parte delle volte (ovvero quasi mai, perché faceva sempre attenzione che non si trovasse in condizioni simili, spesso evitando di socializzare) ; ma questa volta, il silenzio, incredibilmente, non stava svolgendo un ruolo da antagonista nei suoi confronti.
Scoprì che non le era difficile tollerarlo; questa volta, semplicemente sembrava...adatto. Opportuno. Giusto. E non le pesava affatto.
Non aveva idea di cosa pensasse Nathan, ma non aveva neppure idea, del resto, di cosa passasse per la sua, di testa.
Si fidava di Nathan?
*Credo...sì. Non so per quale motivo, ma sì, mi fido.*
Ed era una buona idea fidarsi di Nathan?
Questa era un'altra domanda, ben distinta dall'altra. Ed era un'altra questione a cui non poteva dare una risposta certa.
*Col senno di poi, forse me ne pentirò, ma per adesso, sto bene così.*
D'altro canto, non sapeva neanche cosa stesse facendo; si sentiva confusa, ma confusa in una maniera positiva.
Concluse che non era completamente in sé, né abbastanza lucida per riflettere; ci avrebbe pensato l'indomani, probabilmente si sarebbe data dell'idiota, ma non avrebbe rovinato quel momento.
Sembrò che, per un momento, Nathan volesse dire qualcosa; lo guardò, incuriosita.
*Sì? Cosa?*; ma non arrivò alcuna parola.
Ma quando le loro dita si sfiorarono, nel momento in cui Zoey trattenne la mano di lui sulla sua guancia, il ragazzo sorrise, forse più per un riflesso involontario che per altro; si chiese, ancora una volta, cosa lui stesse pensando.
Poteva percepire quanto l'aria fosse satura di tensione, come se inevitabilmente dovesse accadere qualcosa.
Vide il ragazzo sollevarsi, avvicinare il viso al suo; poté ammirare meglio i suoi occhi, di un azzurro così bello come non ne aveva mai visti. Così differenti dai suoi, anche in quello che comunicavano. Poi, nell'arco di un istante, sentì le labbra di lui sulle sue, delicatamente, leggermente; lei lo lasciò fare. E anzi, ricambiò, seppur esitante; perché in fondo, inconsciamente, anche lei aveva bisogno di quel contatto, come aveva bisogno di sentirlo e saperlo vicino.
Sottraendo dolcemente la bocca, ma rimanendo vicina al punto da potersi specchiare nelle sue iridi cerulee, lo guardò, e stavolta lo guardò davvero, studiandone i tratti e i dettagli; sorrise impercettibilmente, il cuore che ancora le martellava nel petto, quasi scalpitasse per uscire fuori. Stavolta furono le sue dita, incerte, che andarono a sfiorare il viso di lui, e lo trovarono straordinariamente freddo, come se fosse stato di marmo.

- Cosa vuol dire tutto questo per te, Nathan? - gli chiese, in un sussurro; ma, per quanto detestasse ammetterlo, era terrorizzata dalla risposta che avrebbe potuto ricevere.
Aveva, però bisogno di sapere. Perché, adesso che iniziava a capire ciò che realmente provava, non poteva permettere che il suo cuore andasse in pezzi ancor prima che realizzasse del tutto cosa c'era in gioco.
Lei era una cosa, conosceva se stessa e i suoi sentimenti; ma il ragazzo che le stava davanti? Quali misteri celavano i suoi occhi? E li avrebbe mai condivisi con lei?

 
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view post Posted on 2/12/2014, 20:49
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VII Anno

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Sinceramente non l’avrebbe mai detto, sin da quando vide quella ragazza quasi un anno prima, che una notte potesse trovarsi accanto a lei e baciarla senza finire in fondo a Lago Nero. Zoey aveva ricambiato il bacio, timidamente, e seppur incredibile la cosa lo fece sorridere, lui non era abituato a quei brevi assaggi, non era tipo da bacetti a stampo, ma dopo tutto era attratto anche da questo lato della ragazza, riservato e inesperto. La serietà della Prefetta abbracciava ogni suo lato, da quello accademico a quello sentimentale, era assurdo che avesse lasciato fare proprio a Nathan quel gesto così intimo, a meno che non riponesse in lui un’inspiegabile fiducia. Quali erano allora le intenzioni del ragazzo? Poteva dire di essere una persona seria nei rapporti col l’altro sesso? Poteva, ma chi gli avrebbe creduto, erano i fatti passati e le storielle che circolavano al castello ad incastralo e a smontare ogni sua buona intenzione. L’unica cosa da dire era che amava rischiare, buttarsi sugli eventi e vedere cosa il destino avesse in serbo per lui, a tal proposito ricordava una frase in particolare, letta su un vecchio libro di Storia “Nella vita bisogna tentare, perché se non hai mai tentato non hai mai vissuto” Le parole avevano un tale potere su di lui, potevano cambiare radicalmente la sua vita e il suo modo di vedere le cose, molto spesso dava retta ai pensieri degli antichi scrittori del passato per orientarsi e fare la scelta giusta... quelle poche e rare volte. Quell’azzardo aveva portato ad avere Zoey più vicina di qualunque altra ragazza nella sua vita, poteva pensarlo come un semplice bacio, niente di più, lo stesso che diede ad una ragazza con gli occhi viola proprio in riva a quel lago, ma non sarebbe stato sincero con se stesso, per la ragazza significava forse qualcosa di importante, e stranamente anche per il Vampiro non era stato un semplice bacio. Le emozioni che sentiva, se poteva definirle ancora emozioni, lo lasciavano un po’ confuso, come poteva essere stato imprigionato da quegli occhi, come se fosse una matricola alle prime armi? Poteva davvero mettere la testa a posto con quella ragazza al suo fianco? Cercare di cambiare, e non solo riguardo ai comportamenti che le altre gli attribuivano, ma anche a sfumare quell’oscurità nel suo cuore. Fu lei a interrompere quel contatto come se volesse di più, una sicurezza, convincersi che quel che stesse facendo non l’avrebbe ferita o presa in giro in alcun modo. Con la mano sfiorò quel viso che il tempo non avrebbe mai cambiato, guardando il ragazzo negli occhi gli rivolse poi una domanda, del tutto inaspettata.. Nathan a quel tocco chiuse leggermente gli occhi, quel calore era così diverso da quel che sentiva ogni giorno da quando era stato trasformato, era una sensazione così bella che a fatica riusciva a sottrarvisi, poi quelle parole lo distrassero completamento dal momento. Non riusciva ad esprimere quel che significasse per lui tutto questo, non era amore, non poteva esserlo, ma neanche un inganno.. Era attratto da lei, e per questo l’aveva baciata, ma non c’era solo la mera attrazione, era qualcosa di più, forse se esistesse una parola avrebbero dovuto definirla insieme. Sospirò, poggiando la mano su quella di Zoey, la stessa che sfiorava dolcemente il suo viso, e poi la strinse, non troppo, ma abbastanza che lei potesse sentire la pressione in quel gesto. Non voleva che Zoey intravedesse una finta dolcezza in lui, o un senso di indecisione su quel che stava facendo, lui era convinto di loro due, voleva quella ragazza, lei e nessun’altra.
"Significa che, non voglio che domani finisca, che i problemi o quello che gli altri dicono lo facciano finire.. Significa che voglio noi."
Concluse cercando di far capire a quella zuccona che cosa rappresentasse per lui, quel che provava in quel momento; sapeva di essere egoista nel nascondere i suoi segreti, forse l’avrebbe messa in pericolo se avesse deciso di rivederlo, ma non poteva nemmeno decidere per lei. Le cose si fanno in due, non l’avrebbe obbligata, né tanto meno morsa, attendeva solo che un pensiero uscisse dalle sue labbra, prima di farla smettere di parlare troppo e baciarla come se fra pochi attimi il sole avesse deciso di mandarlo via da quella riva..
 
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18 replies since 24/9/2014, 12:57   395 views
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