| Dopo aver finito il suo discorso, Aquileia realizzò che aveva parlato senza essere espressamente interrogata sulle motivazioni della sua risposta al test. Senza prendere fiato, senza riordinare i pensieri, senza ponderare le parole. Per un istante, si chiese se veramente era in grado di controllare le proprie emozioni, come aveva sempre pensato da tre anni a quella parte. Forse era sembrata troppo precipitosa? Probabilmente sì. Ma ripensando all'entità e al significato della domanda che Rhaegar le aveva posto, immediatamente decise che in fondo non le importava. Come poteva tacere, lei, davanti ad una domanda del genere, dopo quello che aveva vissuto? Come poteva fermarsi a riflettere sulle conseguenze di una scelta sbagliata, di una deviazione senza ritorno, quando aveva visto il mostro della Vendetta avvicinarsi a lei? E soprattutto, quando aveva visto la sete di vendetta consumare l'anima della persona a lei più cara, prima di portarsela definitivamente via? No, il tempo delle riflessioni era finito. Non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe durata quella lotta dentro di lei, non sapeva quante volte ancora avrebbe dovuto fronteggiare quell'istinto che in certi momenti le oscurava lo sguardo e le faceva così paura, ma sapeva di per certo che mai, per nessuna ragione al mondo, si sarebbe arresa e l'avrebbe lasciato vincere. Mai si sarebbe abbassata allo stesso livello di quegli assassini, per quanto la tentazione potesse essere forte, mai avrebbe dato alla Vendetta la soddisfazione della vittoria. E quello, quello era il motivo per cui lei si trovava lì. Nel silenzio che seguì le sue parole, Aquileia si aggrappò con tutte le sue forze a quel motivo, lasciando che la tristezza che l'aveva catturata per un momento, si dissipasse quanto bastava. Non si era aspettata che, pur senza raccontare dettagli del suo passato, anche durante il colloquio le emozioni e i ricordi sarebbero riusciti a farla vacillare, seppur di poco. Si era rivelata una prova difficile. Ma nemmeno questo importava. Lei era lì, sapeva perché, e sapeva di essere stata sincera, soprattutto con se stessa. E questo, per lei, bastava. In quei brevi minuti, Rhaegar si era inserito nel discorso solo una volta, con una frase che ben completava quanto lei aveva detto. "Un lato che spesso e volentieri collima perfettamente con il Passato". Mentre teneva fisso lo sguardo su di lui, per una frazione di secondo Aquileia ebbe la stessa sensazione che aveva provato poco prima, quando lui aveva distolto lo sguardo verso il micio, sospirando profondamente... come se quel silenzio non fosse un vero silenzio. Ma forse era solo un caso... Rhaegar continuava a scrutarla in viso, grattandosi il mento con espressione pensierosa. E quando ricominciò a parlare, le rivolse un sorriso calmo, sincero, ma... *Triste.* constatò. *E se...* ma non pensò oltre, richiamata dalle parole del capo Auror. Mentre lo ascoltava, il tumulto che l'aveva assalita poco prima riprese a far capolino nella sua mente. Nuovamente, si aggrappò al motivo per cui era lì, ribadito dalle parole dell'Auror. "Perdere dignità significa divenire una bestia senza controllo, non essere più un Auror, ma un adepto del Male.". Il volto dell'Odio, la paura. Senza accorgersene, Aquileia riprese a stringere il suo anello, quando Rhaegar riprese: "Sarà difficile a volte resistere a quel desiderio intrinseco di vendetta perché Auror a volte significa soffrire non solo per noi, ma anche per gli altri". Il cuore prese a martellarle nel petto, mentre il capo Auror continuava a parlare, e piano piano lei sentiva delinearsi dentro la sua certezza. Nonostante le ombre che avrebbe dovuto ancora fronteggiare, nonostante tutto ciò che ancora le restava da imparare. "Difendere il Mondo Magico, combattere contro l'Oscurità che cinge il mondo nonostante tutto, e camminare a testa alta, sempre, nonostante le cicatrici del corpo e dell'anima. Questa è la Dignità di un Auror.". Aquileia dischiuse leggermente le labbra, il cuore a mille nel petto, un lieve sorriso che si delineava sul suo viso, mentre Rhaegar allungava la mano verso di lei e appoggiava qualcosa sulla superficie della scrivania. Quando scostò la mano, un distintivo d'argento comparve davanti agli occhi fieri della ragazza. "Non dimenticarlo mai, Aquileia". Lentamente, lei allungò la mano destra verso l'oggetto e lo prese. Fece scorrere il pollice sulle parole che incorniciavano lo stemma, e quando l'oro del suo anello toccò con un lieve "tic" l'argento del distintivo, il viso di Aquileia si illuminò di uno dei sorrisi più sinceri che avesse mai espresso. Le sue iridi chiaroscure tornarono nuovamente sul volto del capo Auror, e disse: "Non lo dimenticherò mai, signor Wilde.". Rhaegar le sorrise di cuore. "Benvenuta al Quartier Generale".
Quando Aquileia uscì dall'ufficio del capo Auror, dopo averlo ringraziato una volta a parole e mille volte dentro di sé, stringeva ancora saldamente il distintivo nella mano destra. Mentre camminava, ripensò a quello sguardo triste che aveva visto sul viso dell'uomo, a quel sospiro profondo... a quell'affermazione. L'idea che poco prima stava facendo capolino nella sua mente, ora prese forma. *Forse anche lui conosce il vero volto dell'Odio*. Era davvero così? Non poteva saperlo. Ma di sicuro, sentiva di poter imparare tantissimo da quell'uomo. Mentre rifletteva e stringeva il distintivo nella sua destra, la mano sinistra si spostò verso la piccola tasca laterale della borsa di pelle, e ne estrasse una foto. Un bel ragazzo dagli occhi verde scuro e dai ricci neri mossi dal vento la guadava sorridendole. Aquileia appoggiò la foto al distintivo, e sorrise. *Ce l'abbiamo fatta*. Stringendo insieme la foto e il distintivo, si avviò verso il fondo del corridoio, la mantella rosso rubino che fluttuava dietro di lei e i ricci castani che disegnavano onde ad ogni suo passo.
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