Per Aspera ad Astra

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view post Posted on 21/12/2014, 10:58
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Panta rei.
Tutto scorre.
Aveva letto quella massima a sette anni, non comprendendone ancora il reale significato, sull'interno copertina di un volume di incantesimi di proprietà del nonno paterno, vergata nell'elegante grafia dell'anziano mago.
Solo anni più tardi, in bilico tra gli studi di Magia e le lezioni di filosofia antica, scoprì quale uomo per primo la pronunciò. Eraclito.
Tutto scorre.
Tutto muta, superando le illusorie percezione nulla rimane uguale a se stesso nell'incessante scorrere del tempo. In ogni frammentario istante l'universo viene stravolto.
Tutto scorre. Eppure allo stesso tempo tutto era destinato a ripetersi.
Affrontato da poco - La Gaia Scienza riposava sul suo comodino con un segnalibro ad indicare dov'era arrivata la lettura - Nietzche aveva affascinato la Tassina non per un'effettiva adesione al suo pensiero, che in fondo non condivideva, ma per quella sua insolita concezione del tempo.
L'eterno ritorno.
Tutto quanto è stato, di nuovo sarà. Nulla finisce per sempre.
Il tempo è un cerchio sul quale gli uomini ripercorrono i propri passi e quelli di coloro che li hanno preceduti.
Allo stesso modo, nel fragile microcosmo di Hogwarts, gli addii non sempre erano tali, definitivi, ma preferivano vestire i panni ben più rassicuranti degli arrivederci, perché chi rimaneva ad attendere nutrisse la speranza di veder tornare un giorno chi era partito.
Spesso accadeva.
Si accoglievano vecchi amici, offrendo loro una tazza di tè fumante e li si pregava di raccontare le loro avventure. Oppure ex professori riprendevano possesso delle loro cattedre, per gioia o timore degli studenti. Dopotutto le porte di Hogwarts erano sempre aperte, a chi non avesse mire di distruzione, certo.
Elhena conosceva il professor Peverell di fama, quale ex Capocasa dei Tassorosso, prima della Pride e di Hawkins, e di erudito esperto di Storia. Forse un pizzico eccentrico?
La ragazza preferiva non formulare giudizi basati unicamente sull'opinione altrui, specialmente se suddetta opinione si riduceva ai pettegolezzi da corridoio.
Purtroppo non aveva ancora avuto il piacere di seguire una delle lezioni di Peverell, a causa di vari impegni istituzionali, primo fra tutti il dover portare d'urgenza in infermeria un primino Grifondoro che avevs ritenuto saggio giocare con un frisbee zannutto nello spazio angusto di un ripostiglio, dove il gioco non aveva trovato altro bersaglio se non la faccia del malcapitato.
La Tassina conosceva sempre di fama il club fondato da Peverell, la Scuola di Atene, a cui proposito aveva letto un vecchio articolo alla Redazione della Gazzetta, spulciando vecchi numeri alla ricerca di uno spunto.
Perciò un paio di mattine prima non aveva potuto ignorare gli avvisi appesi sulla bacheca fuori dall'aula che annunciavano l'imminente ri-apertura di quell'esclusivo circolo culturale. Apertura solo per chi avrebbe avuto l'onore di essere invitato.
Sebbene dubitasse delle proprie capacità - la sua cultura era lungi dall'essere raffinata - Elhena si era ritrovata a rimuginare, cercando di decidere se valesse la pena bussare alla porta del docente. A soppesarli, i pro parevano di poco superiori ai contro, e l'unico rischio derivante da un rifiuto era solo il rammarico. Nulla più.
La ragazza si sistemò il cerchietto tra i capelli, controllo di avere i vestiti in ordine, che le unghie fossero pulite. Si asciugò i palmi sudaticci con un fazzoletto fresco di bucato e, con le nocche, diede un paio di colpi alla porta dell'ufficio di Peverell.

 
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view post Posted on 21/12/2014, 14:07
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Il Silenzio.
Beato fantomatico benedetto Silenzio.
Il basso scoppiettio dei ciocchi del camino, andava accavallandosi, in una ideale staffetta, con il vergare rapido, e preciso, della piuma sulla pergamena. Il becco della nobile, ed orgogliosa piuma, che si pavoneggiava, salda nella morsa, grattava sulla superficie ruvida ingiallita del supporto, lasciando chiare, nette tracce ferrose, una calligrafia svolazzante, inclinata, sottile. Appunti. Una serie di codici sparsi sulla scrivania sembravano voler reclamare bulimicamente a gran voce spazio, ed ancora spazio, rilevanza, importanza, come se già non ne avessero a sufficienza. Codici aperti, chi sull'inizio, chi nel mezzo, chi sul finire, sembrava non esservi uno schema preciso, così come nemmeno tra gli argomenti, che fosse imperante il Caso? O peggio il Caos?
La piuma, salda nella presa dell'Anziano Mago, sembrava trarne uno smisurato piacere, vivendo in uno stato di estasi quei momenti di concentrata dedizione, dedicandosi a quanto meglio le riuscisse: scrivere. Scivolava lesta sulla pergamena, prima irruenta, come se non vi fosse un domani, precipitosa come a non volersi far scappare nemmeno una sillaba, in uno stato di bisogno, e scarse capacità mnemoniche, poi tornava alla calma, alla riflessione, l'interpunzione, la quiete che solo una virgola era in grado di ripristinare, in un oceano di emozioni compulsive, irruente, che spazzavano la superficie con impavida sagacia, ed altezzosa superbia. Appunti meditati, ponderati, pesati, ogni parola sembrava dover essere calibrata, tagliata, il lavoro di un artigiano, il tagliatore di gemme, lì all'opera, in un'inedita veste, tutto per qualcosa che probabilmente nessuno avrebbe mai letto, o visto. Appunti, semplici appunti. Eppure, un lungo, e laborioso processo mentale, che sembrava voler lentamente prender guisa nel Verbo, perdendo buona parte dell'ineffabilità che sino a quel momento l'aveva contraddistinto, e reso grande, unico. Un tributo d'onore, un silenzioso domestico grazie, tra quella che era stata un'idea, ed il suo Artefice, che lentamente ne stava anche divenendo illuminato, ma pur sempre, carnefice. Idea, che per quanto elegantemente venisse redatta aveva smesso di essere tale, frastornata nella sua essenza, tradotta e tradita, in quell'unico primo punto della piuma. Era bastato un singolo, innocente, innocuo punto, ed era stata strappata al suo Mondo, trascinata attraverso gli elementi, sino a varcare una nuova Dimensione, e giungere infine lì.
L'Anziano Mago con un'innata calma lasciava spaziare lo sguardo da una pagina all'altra, prima di tornare a vergare il lungo rotolo, ormai scritto per metà, un guanto bianco abbandonato a metà strada tra un codice, e la pergamena, passata la fase d'analisi, sembrava essere ormai nel vivo della fase di scrittura. Cosa poi in fondo stesse scrivendo, con ogni probabilità non l'avrebbe compreso nemmeno lui, sino alla conclusione della sessione. Era pur sempre una questione di Genio, ed estro, ineludibili gregari di una Vita spesa in un vicendevole servizio. La lunga veste cremisi, spiegazzata nella seduta, riluceva dei chiarori del fuoco, ravvivandosi, quasi rifulgendo di una seconda misteriosa vita, ignota ai più, come se potesse a sua volta prendere, ed uscire dalla stanza, mollando tutto e tutti, per lidi ignoti ai mortali, stufa della noia, se mai ve ne fosse stata. Quelle stanze gli erano tanto famigliari, da trovare sorprendente esservi appena tornato, per scherzo o per caso che fosse. Spoglie come le aveva trovate, e lasciate, avevano un che di lugubre, peccaminoso, tornate ai rassicuranti fasti d'un tempo, era tutta un'altra Storia. Perchè di Storia pur sempre andavano trattando, certo, ci sarebbe voluto tempo, ma Storia sarebbero diventati, Storia e polvere.
Il nobile animale, amico di un'intera esistenza, riposava, il capo celato sotto un'ala, tranquillo, ed elegante sul suo trespolo, poco distante. L'ora non era tarda, certo, cenato si era cenato, come tradizione imponeva, ma l'intera serata era ancora in agguato, prolifica nella sua benigna quiescenza. L'emergere lesto del becco, lo sguardo fulvido, curioso, della nobile compagnia parve sfuggire al Mago, che proseguì gaudiente nell'opera, prima che l'inevitabile precipare della situazione, reclamasse una qualche reazione. Un paio di colpi, non propriamente un colpo di mortaio, in fondo.

*Toc Toc*

Il primo pensiero era sempre lo stesso.
Che avesse scordato qualcosa d'importante?
La soluzione era dietro la porta.
Nulla di troppo difficile, in fondo.
Del resto, gli anni dei problemi,
erano ormai felicemente alle spalle.
Sospirò, alzando lo sguardo.
Aveva il loro interesse.


Avanti.

 
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view post Posted on 21/12/2014, 20:20
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Quando la giovane Tassa ebbe udito l'invito ad entrare dall'altro lato della porta, si concesse giusto il tempo per un ultimo respiro, prima di stringere la maniglia e manifestare la propria presenza.
Era perfettamente conscia di non aver preparato il docente circa quella visita improvvisa con alcuna lettera, perché, dopo aver stracciato cinque pergamene macchiate di inchiostro nel tentativo di scrivere una richiesta di incontro che non fosse eccessivamente formale e, soprattutto, non assumesse i toni della supplica, aveva optato per affrontare di petto la questione. Ovviamente, era pronta ad un giustificatissimo rifiuto.

"Buonasera, professore. Spero di non arrecarle eccessivo disturbo con questa mia visita improvvisa"
esordi, chiudendo l'uscio dietro di sé per evitare che nel caldo ambiente penetrassero gli spifferi gelidi che dall'atrio percorrevano i corridoi. Tuttavia la ragazza rimase sull'ingresso.
"Non ho ancora avuto l'occasione di assistere ad una sua lezione, quindi mi rendo conto di essere un viso del tutto sconosciuto. Mi scusi, non sono mai stata brava con le presentazioni. Mi chiamo Elhena Attwater, Prefetto Tassorosso"
continuò, sfiorando inconsciamente la spilla appuntata sul seno, come se da essa volesse trarre una qualche arcana forza.
"So che lei è stato Capocasa dei Tassorosso. Perdoni la richiesta, ma al momento siamo sprovvisti di un mago adulto che ci faccia da guida. Esiste la possibilità che lei torni a ricoprire quel ruolo?"

Non era nei suoi piani formulare quel quesito. Specialmente, non così brutalmente. Eppure esso era salito alle labbra per volontà propria, mezzo come altri per rompere il ghiaccio. Il mento della Tassina diede un rapido colpo ad indicare le carte sparse sulla scrivania di fronte a lei.

"È impegnato in una qualche ricerca?"
chiese, con sincera curiosità, mentre si riallacciava al discorso che, seppur a spanne, si era preparata già nel pomeriggio.
"Quando ero al primo anno acquistai un libro scritto da lei, "A spasso con Omero". Lettura in certi punti ostica, forse anche per l'età che avevo quando lo affrontai, ma piacevole."

Ecco, piacevole non era l'aggettivo migliore che potesse scegliere. Elhena avrebbe voluto darsi una manata sulla fronte, ma si trattenne nel timore di peggiorare ulteriormente la sua situazione.
Sperava che Peverell non si offendesse per la scelta semplice della parola e la prendesse per un complimento, nella migliore intenzione della Tassa.

"Tuttavia ho trovato particolarmente illuminante l'articolo a proposito del tentativo di secessione della Scozia. A livello molto più grezzo, ne sono consapevole, ma ho sempre sostenuto molti dei concetti in esso contenuti. Ammetto che mi stuzzica alquanto la possibilità di sostenere uno scambio di opinioni sull'argomento"
concluse. Il tono era pacato, appena velato da una nota di sincero entusiasmo. Con modi resi goffi dalla timidezza, la giovane cercava di avvicinarsi al vero motivo che l'aveva condotta lì. Il nocciolo della questione. Finora non aveva nemmeno nominato la Scuola di Atene.
Finora, appunto.
Per quanto erudito, dubitava che Peverell potesse leggere nella mente e difficilmente avrebbe conosciuto l'obiettivo di Elhena se lei non lo esplicitava.
Prenderla larga era stato un modo per evitare di apparire maleducata.

"Non nego però che la principale ragione che mi conduce qui siano gli avvisi apparsi di recente in bacheca. La sua fama precede la Scuola di Atene. La sua storia mi ha affascinato, anche per una certa aura di ... sacralità che da essa ho percepito. Lo ammetto. Non credevo che, in quest'epoca di cambiamenti, avrei avuto l'occasione di assistere alla sua rinascita."

Ora parlava come una vecchietta. Fantastico. Ma come pensava di guadagnare l'ammissione con un'amabile conversazione lei che ancora adesso, ormai maggiorenne, rischiava di balbettare per l'imbarazzo?
Grazie all'impulso si gettava in nuove sfide, quando altrimenti sarebbe rimasta in eterno ferma. Peccato che poi giungesse la Ragione a ricordarle quanto avrebbe fatto meglio a riflettere prima di agire.

 
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view post Posted on 22/12/2014, 11:46
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Era statisticamente assai probabile che il tardo visitatore fosse una donzella, a sua volta studentessa. Per quanto idealmente più verosimile che potesse essere un collega a spingersi a cercarlo, la schiettezza e la ferocia dei numeri sembravano voler spazzare dal tavolo qualunque creativa ipotesi, prim'ancora che vi fosse il tempo di formularla. Eppure, era così, aveva i dati dell'anagrafe, da qualche parte certo, ma erano in quella stessa stanza. Sarebbe stato decisamente poco galante lasciar aspettare sulla soglia una per quanto inaspettata visitatrice, per concedersi il tempo di trarre con la giusta precisione il dado, congraturarsi con l'altro sè stesso per l'eccellente analisi, rimettere in ordine, tornare alla scrivania, e soavemente invitare ad entrare. Sarebbero potute trascorrere se non delle ore, almeno una mezz'ora, un buon giro di clessidra, anche con l'aiuto di Atlante, e di quanti fosse in grado di convocare così su due piedi. La capacità di perdersi in un bicchier d'acqua? O ingegnosamente ingannare l'attesa? In fondo, se era vero, come era vero, che la ormai assodata giovane avesse un deciso vantaggio di prima mossa, con ogni probabilità era giunta lì con un piano, già ampiamente pianificato, un discorso, un'introduzione, un piatto forte, ed un ineludibile problema, che avrebbe riguardato presumibilmente Storia, o la Biblioteca, dal canto suo, lui era nel suo ufficio, sulla sua poltrona, e non temeva per natura le visite inaspettate. Quanto le due cose riuscissero nel ricreare un equilibrio era dubbio, ma era comunque meglio di nulla.
Mentre la bronzea serratura scattava, ed i denti giravano, facendo abbassare la maniglia, l'energico schiocco di uno dei ciocchi del camino catturò l'attenzione dei due quieti osservatori, mentre una colonna di scintille incandescenti risaliva la colonna di aria calda, su per la cappa del camino, perdendosi nei meandri millenari delle strutture del Castello. Troppo tardi, la giovane, perchè di donzella e studentessa trattavasi, era già dentro, ed il secondo risuonare della serratura sembrava voler anche annunciare laconico l'intenzione di rimanere. Una giovane, di Tosca, forse del II Anno, non certo del I, un Prefetto, come una certa baldanza sembrava voler annunciare a modo di improvvisata fanfara.
Chi era?
La conosceva?
Difficilmente scordava un nome, eppure...
Una buona premessa, i convenevoli, e la giustificazione che andava cercando, che levava entrambi dall'impiccio di non ricordare quanto in realtà avrebbero dovuto. Certo, per riuscire a saltare più d'un mese di lezioni ci voleva un certo impegno, ma tutto era possibile, i Prefetti e le loro interessanti attività alternative. Fortuna che qualcuno se ne occupava! Non sarebbe certo stato il suo compito, fintanto che l'insonnia gli avesse impedito di trascorrere un'intera nottata in un letto, nessun problema a fare la ronda, per carità, c'era di peggio, ed i discorsi che emergevano di ronda non erano mai banali, ma da lì ad occuparsi delle idiozie dell'ultimo mal capitato, ne correva decisamente. O forse no? Gli erano capitati in sorte Spade, ragni, libri, pozioni, epitaffi, lame, centauri, il tutto senza neanche disturbarsi ad uscire da quella porta. Certo, aveva del sorprendente, se non fosse stato vero.
Eppure, Attwater, qualcosa di già noto. Dove poteva aver già sentito quel cognome? In certi ambienti erano quasi tutti esclusivamente uomini, vuoi per Caso, vuoi per altro, restavano il padre, qualche zio, o qualche nonno. Perchè avrebbe dovuto conoscerli? Ciò nonostante, qualcosa veniva prima.
Sorrise benevolo, agitando la piuma, facendo cenno di farsi avanti, e prendere posto.


Mademoiselle Attwater, prego si accomodi, è un piacere.
In effetti non credo di poter affermare di averla vista a lezione, ma se Hogwarts ha avuto bisogno di lei, immagino che sia ampiamente scusata, in fondo, son solo lezioni. A me hanno appeso le presentazioni fuori dalla porta, quindi per certi versi parto avvantaggiato, sa già chi sono, il che immagino crei una serie di aspettative, che dovrei cercare quanto meno di non deludere, lei parte avvantaggiata in quest'altro senso.
Ma non corriamo, è giusto l'ora del The, posso offrirle qualcosa da bere?


Solare, melodioso, tra i rotacismi delle alveolari R, ed i francesismi di sillabe sincopate con una certa normanna eleganza. Procedeva spedito, da cicerone, ma pacato, risoluto nel concedere ad ogni immagine il suo giusto e legittimo spazio. Non vi sarebbero state querelle, non ancora.
Aspettative.
Un bel problema da fronteggiare.
O forse, in fondo, fregarsene, era la soluzione?
Eppure la teoria del discorso sembrava essere non così peregrina, la giovane proseguiva, verbosa, impacciata, risoluta.
Sfiorando l'inaspettato, tra tutti gli argomenti inaspettati, che potessero essere prospettati, in ordine di rilevanza.
Chiedere, e fare ipotesi era del resto legittimo, per quanto inaspettato, ed insolito.
Cosa ribattere?
Ribattere?


Immagino che ipotizzare, e speculare sia del tutto legittimo, per quanto la domanda sia anche più inaspettata della sua visita, in tutta franchezza. Non sbaglia, sono stato un Tassorosso diversi anni fa, ed ho seguito le sorti di Tassorosso per un altro considerevole lasso di tempo, allo stato attuale sono un Professore di questa Scuola, quindi immagino sussista la possibilità che ciò accada. Come del resto, sono un cittadino Inglese, in possesso di pieni diritti politici, quindi sussiste anche la possibilità che diventi Primo Ministro, o Ministro della Magia.
Ho risposto alla sua domanda?


In fondo, una qualche risposta era stata fornita. Incapponirsi più di quel tanto, su quello che non era il reale punto della questione, non sarebbe stato poi così eccessivamente costruttivo. O forse sì? Che vi fosse dell'altro? Ma ecco che di inaspettato, in aspettato, aveva innanzi una lettrice. Una lettura quanto meno singolare, Omero, ostica, certo. Sorrise, annuendo. In fondo era vero, perchè negarlo? Non era nemmeno uno di quelli venuti meglio, anche quello, perchè negarlo? Il che era un peccato, povero Omero. Eppure, era stata una visita veloce, un soggiorno complicato, diversi innumerevoli annosi problemi prima con i Greci, poi con i Turchi. Lontani i tempi dell'Impero, l'urgenza di siglare degli accordi, ed evitare ulteriori fronti, e bagni di sangue. Omero, una gestazione difficile, ma era servito al suo scopo, aveva svolto la sua parte sino in fondo, con profitto. Forse Omero non era del tutto soddisfatto, probabile, ma un minimo, quello sì. In fondo, l'Aedo per eccellenya non era stato un semplice cantore, o una semplice divinità, per generazioni e generazioni di Uomini era stato Maestro di Vita, l'Abc, come più di recente poteva esserlo diventato la Bath, o Zott, e con quel libello, per poche pagine, senza grandi pretese, per una manciata di pochi eletti, Omero era tornato ad essere cantore, ma anche una Guida, nelle irte difficoltà che l'esplorazione del passato avrebbe potuto tendere all'inesperienza, che sempre avrebbe fortunatamente contraddistinto l'ingenuità della gioventù. Perchè, del resto, non era nemmeno un Male assoluto essere ingenui, anzi...
L'articolo?
Quello svelto inanellare repentino, ed inaspettatodi colpi di scena l'avrebbe condotto anzi tempo, all'Orco, certo, ma anche alla fossa? Si sarebbe ritrovato nella tomba? Per quanto non l'avesse preventivato? Un Mondo perfetto, edificato sulla razionalità immutabile e prevedibile della certezza, messo in crisi così repentinamente da una giovane Studentessa, certo, di Tassorosso. E per giunta, non era la prima volta. Tutto quello sapeva del già visto, del già sentito. In un'altra guisa, con un altro sembiante, ma l'essenza sembrava volerlo convincere che quella fosse la vera Chiave di volta. Se tutto era destinato a tornare, a che pro andarne in cerca? Non poteva certo affermare di essersele cercate, i problemi, e di pari passo i piaceri, sembravano aver ormai imparato quella così famigliare e virtuosa via della redenzione, dell'espiazione, sino a raggiungerlo direttamente, evitandogli l'impiccio di scarpinate fuori dall'uscio.
Se quella conversazione era già avvenuta, tanto valeva prendere un The, rilassarsi, mettersi'l core in pace, e tante grazie.


Dunque, non posso negare un certo piacere nel sentirle nominare Omero, a suo tempo fu un parto abbastanza travagliato, ero ancora relativamente giovane, ed il periodo non dei più felici. Immagino che la narrazione non possa che averne risentito. Vede, per così dire, se ne sarà ormai accorta anche lei, a volte quello che scriviamo inizia con il piede giusto, e fila liscio sino all'ultimo punto, sono eventi rari, ma non impossibili. Più spesso invece, la gestazione è lunga e travagliata, torniamo a ripetizione ad intervenire sulle bozze, cercando di raddrizzare il tiro, ma per quanto ci si sforzi, è piuttosto difficile, se non del tutto impossibile, correggerlo. A volte tanto varrebbe ricominciare tutto da capo, ma per tutta una serie di ragioni che uno psicologo meglio le saprebbe enumerare, ci ostiniamo nel voler proseguire lungo la via tracciata, a costo di qualche rischio, consci che il risultato difficilmente sarà perfetto, per un innato senso del pericolo, per così dire. Quando scrissi a "Spasso con Omero" erano in corso dei negoziati con i Greci, e con i Turchi, che probabilmnente se non vi fossero stati avrebbero permesso un Omero un po' migliore, o forse non l'avrebbero permesso affatto, in quanto non avrei potuto calcare il suolo dell'illustre Aedo. Capisce?
Ma trovo decisamente interessante che legga il Profeta, non è scontato, e che soprattutto si occupi anche di Politica. Non deve sentirsi in obbligo di plaudere ad ogni mio scritto, che in fondo non è detto nemmeno che rispecchi sempre il mio punto di vista. Ma già che vuole discuterne, ed è graziosamente venuta a trovarci, mi dica pure. Lei personalmente cosa avrebbe scritto, e cosa avrebbe taciuto? Se fosse venuta a lezione lo saprebbe, ma non è un problema, per quanto la forma abbia sempre una sua rilevanza, noi ci occupiamo di contenuti. Se quindi dovessimo scegliere tra forma, e sostanza, indubbiamente dovremmo preferire la seconda, perchè se la prima si è sempre in tempo a curarla, la seconda c'è, o non c'è, non si può... inventare. Ma mi dica pure.
Esiste anche la possibilità che lei abbia letto qualcosa che non era scritto, ma solo lasciato intendere, o ancora meglio, che nemmeno pensavo. Son geniali casualità, che possono capitare.


In effetti sì, era una Ricerca.
Mentre docili, e mansueti, i codici si chiudevano, e si impilavano ordinatamente ai due lati della scrivania, lasciando il piano di quercia sgombro, e l'eco della voce si spegneva, lo sguardo interessato del nobile animale scrutava ormai da vicino i due conversatori. Che fosse interessata? Che stesse semplicemente cercando qualcosa? Che volesse quel qualcosa? Che fosse infastidita, ma non lo desse a vedere, per un atavico senso del dovere, e del pudore? In fondo, anche a quello doveva avervi ormai fatto il callo, una certa esperienza, qualche pausa ristoratrice, non poteva annichilire così il vantaggio di anni ed anni.
Ma era pur sempre una ricerca ancora allo stato embrionale, frutto di intensi e lunghi studi.
Insomma, quanto distanti si sarebbero potuti spingere? Non sarebbero bastate quattro notti di quel passo, e quattro vite.
O forse non sarebbe sopravvissuto, tagliando la testa al toro?
Certo, un deprecabile biglietto da visita, andare oltre, appena varcata la soglia.
L'avrebbe avuta sulla coscienza?
Ecco!
Attwater, un po' più giovane di lui, ma l'aveva conosciuto.
Al Wizengamot!
In fondo non erano tantissimi, i nomi erano quelli.
Era inevitabile l'addizione, per certi versi.
Ma non il tempo di crogiolarsi in quel trionfo, che già il tavolo, ormai sgombro, nuovamente era preda allo sconquasso, decisamente più prevedibile dei precedenti. Atene. Aveva davvero davanti una giovane Ateniese? In effetti, la bacheca era stata aggiornata, non ancora il Profeta, si sarebbe aspettato che almeno aspettassero le notizie del mattino. Ma evidentemente le notizie correvano. Gole profonde?
Tornò a sorridere alla giovane Tassorosso, arrotolando il lungo foglio di pergamena, posandolo sopra la più bassa delle tre pile di codici che nel frattempo si erano andate silenziosamente formando. Qualcosa in fondo andava detto.


In effetti sì, una ricerca che la mia modestia mi spinge a definire geniale, ma... nessuno è perfetto.
Immagino possa conoscere almeno di nome Gamp, e le sue leggi, no? Un argomento terribilmente affascinante, ma temo ci spingerebbe un poco oltre, e non vorrei sequestrarla per un altro mese alla vita di una diligente Studentessa, confido mi capisca. Ma a tempo debito potrà leggerne almeno una parte.
Onestamente non pensavo ad Atene, ma immagino possa avere il suo senso. Viviamo anni di grandi restaurazioni, e non è detto che sia finita qui, i Consiglieri mi hanno rivoluto, sapevano che mi sarei spinto un po' oltre la Teoria sul Decadimento della Magia nell'Era Moderna, benchè questa resti un'affascinante tassello, irrinunciabile per l'istruzione di qualunque Mago che si rispetti. Ciò nonostante, ammettiamo che sia già un'Ateniese, in fondo tutto è possibile, cosa si aspetta? Cosa dovrei aspettarmi io? E qui torniamo all'angusto ruolo giocato dalle aspettative, in fondo, non so se lo sa, ma ho avuto modo di conoscere suo Nonno, Edmund.


Qualcosa di terribilmente lineare, a tratti noioso.
Procedere con i piedi di piombo poteva essere un amabile modo per non confondere eccessivamente un giovane studente.
In fondo c'era tempo, e non c'era fretta.
Benchè, ed il punto era dirimente, era l'ora del The.
Parlare metteva sete, la riarsura di una gola secca, più secca del letto di uno qualunque dei tanti wadi del Sahara, non era certo un valido alleato, anzi. Una spina nel fianco, che tagliava le gambe alle sillabe, strozzava la musicalità degli accenti, la lunghezza dei tempi, spingendo verso la morsa di un'austerity linguistica di rari eguali. Gesticolava, la piuma ancora stretta nella salda morsa della mano, quasi restio a volersene separare, quasi restia a sua volta a giacere solinga e romita nel calamo, in attesa di una nuova sessione di morbosa passione. E mentre la destra dava sfoggio di giovanile vigore, ed instancabili doti atletiche, la sinistra placida, sul bracciolo della poltrona, tentava strenuamente di riportare ordine ed equilibrio, in quello che sembrava un caravanserraglio persiano, un Bazar, dove la parlantina di un mercante di spezie, sbracciato e sciatto, sporco ma loquace, e benigno, cedeva il posto all'eleganza del vicino venditore di tappeti, calmo, quieto, ricercato nei modi e nel parlato, moderato nella gestualità, ossequioso con i clienti che si accostavano, anche solo in cerca di una qualche informazione.
E le pareti si beavano del lungo, incessante, martellante, ritmico periodare.
Tutto era normale.

 
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view post Posted on 22/12/2014, 22:45
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La giovane Tassorosso, pur percependo ancora il nodo dell’imbarazzo, fece quei pochi passi che la separavano dalla sedia più vicina, sulla quale si accomodò, cercando di apparire il meno invadente possibile: schiena dritta, per quanto una certa propensione a chinarsi sui libri tendesse a farle disegnare un arco, mani in grembo, dita intrecciate, caviglie incrociate. Il tutto cristallizzato in una posa da educanda (nonna Patricia aveva cominciato a minacciare di metterle un vassoio provvisto di tazze e teiera se non imparava a camminare come si addiceva ad una signorina!)
“Berrei volentieri una tazza di tè” rispose. Dopotutto, non negava di essere anch’ella un’appassionata di suddetta bevanda, sia ben ghiacciata in un torrido pomeriggio di luglio, sia bollente, a riscaldare le fredde sere d’inverno. Di recente aveva sviluppato una particolare predilezione per il tè verde. Ad essere onesti, la prima volta che aveva assaggiato quel tipo di infuso, il suo palato, abituato al classico tè nero Prince of Wales, aveva rifiutato il nuovo gusto. L’allora dodicenne aveva ingollato il liquido per educazione, spingendo via la tazza ad indicare che non avrebbe voluto il bis. Era stato suo zio a portarlo, in una scatola di latta decorata da ideogrammi di buon auspicio, da un viaggio in Cina.
Al pensiero le si formò un groppo in gola. Tuttavia non era quello il momento, né tantomeno il luogo, adatto per pensarci. Doveva rimanere concentrata.

“Purtroppo, come lei stesso comprende, i doveri da Prefetto spesso sottraggono tempo allo svago, agli hobbies e, purtroppo, anche alle lezioni. Tuttavia ho chiesto gentilmente ad una mia concasata di passarmi gli appunti. Comprendo che non sia la stessa cosa del seguire una lezione frontale, ma le assicuro che potrà considerarmi una presenza attiva trascorse le vacanze di Natale” affermò, in uno slancio di entusiasmo. Non stava indossando una maschera. Non più di quanto facesse di solito. Non c’era affettazione nelle sue parole, ogni vocabolo pronunciato era sincero, forse anche troppo. C’era in lei il desiderio di piacere all’altro, certo, ma non per un fine personale, o per egoismo ed egocentrismo, ma per la volontà di calare l’interlocutore in un’atmosfera piacevole.
Non rivelò tuttavia che buona parte del suo tempo, nell’ultimo mese, era stato assorbito dalla lettura del tomo di Trasfigurazione avanzata, tra le cui pagine odorose di nuovo, la Tassa stava perdendo quasi la ragione, fino a scordare lo scorrere del tempo, tanto era immersa nel tentativo di afferrare l’essenza di ogni paragrado. Comprendere, comprendere realmente. Scavare oltre la superficie dell’inchiostro su carta.

“In verità, non è mio solito avere aspettative. Certo, come essere umano sono portata a costruire nella mia mente l’immagine della persona che ho davanti, da quanto di lei mi è stato raccontato o dal suo comportamento. Eppure è un tratto contro cui combatto, una sorta di sfida con me stessa. Le aspettative tendono troppo spesso a scivolare nel pregiudizio oppure possono portare alla delusione. Infine rischiamo di giudicare le persone in modo frettoloso, non per quello che sono realmente, ma per come secondo noi avrebbero dovuto essere. Le mettiamo da subito sotto esame. Lei non trova?”
Fece una pausa per sorbire un sorso di tè ambrato che nel frattempo era stato versato, beandosi del calore che emanava dalla tazza. Con gli occhi che sbirciavano da sopra il bordo concavo di ceramica, annuì quando Peverell accennò ad una sua possibile ascesa verso le posizioni più alte del potere britannico.
Dubitava che miss Pompadour fosse tipo da lasciare la guida del Regno Unito magico al primo arrivato. E se, ammettiamolo pure, l’uomo con cui stava conversando – una conversazione che la faceva sentire come se i suoi neuroni fossero stati pressati, frullati e centrifugati – non era di certo il primo scappato di casa, tra godere di un ottimo pedigree culturale ed accademico e sapere guidare un Paese, scorreva il mare. Non erano in pochi quelli che sostenevano che l’attuale Ministro, alla luce dei fatti recenti, dovesse essere sostituito, insieme alla quasi totalità dello Staff di Hogwarts, ma con costoro Elhena dissentiva fermamente. Se l’argomento avesse deciso di rispuntare nel corso della chiacchierata, avrebbe difeso le sue posizioni. Per il momento preferì lasciarlo cadere e far navigare la sua metaforica barca verso altri lidi.

“Comprendo il problema da lei descritto nel lungo e spesso difficile processo di stesura di un testo scritto, anche se l’ho maggiormente sperimentato con la parola orale. Vede, essa non è mia amica. Quella scritta, almeno, è gentile, si fa correggere, modificare, è paziente. Il foglio non nutre le stesse esigenze di molti uomini in carne ed ossa” – capaci di bollarti come tonta per una frase balbettata – “La frase pronunciata non può essere ritrattata, se non a fatica. Chi, come me, non è abile nell’arte dell’oratoria, magari per un esame, pur preparatissimo, deve faticare a costruire un castello di affermazioni, tesi e prove nell’arco di pochi minuti, quando lo stesso processo sarebbe stato più semplice con una penna e una pergamena davanti. Persino ora dubito di riuscire a trasmettere ciò che davvero intendo con questo strano discorso.”
In effetti temeva che buona parte di quanto appena enunciato si fosse perso nel muro di incomunicabilità che spesso percepiva ergersi tra lei e gli altri. Tra ciò che uno intendeva e ciò che l’altro udiva. I gesti, il tono, la scelta di uno specifico attributo, tutto contribuiva ad arricchire la comunicazione di sfumature che spesso sfuggivano al controllo. Per lei scrivere una ricerca nella quiete di un ufficio non aveva lo stesso peso del discutere una tesi di fronte ad una commissione. Ecco.
“Greci e Turchi non sono mai stati in buoni rapporti. Non i Babbani. Il popolo greco ha sempre lottato per la libertà, forte di essere la culla della civiltà occidentale. Dall’altro lato, gli Ottomani, per quanto in possesso di una cultura altrettanto raffinata, hanno macchiato col sangue il loro ingresso nella modernità. Dubito che tutti i maghi Purosangue ne siano a conoscenza. Il sangue e il fuoco di Smirne, per esempio.”
In sé percepì una fiamma. Un fuoco si diffuse dai piedi fino alla lingua, improvviso e violento. Nasceva in lei, imprevedibile, quando si toccava il delicato rapporto che correva tra comunità Magica e comunità Babbana. Covava sempre sotto le ceneri, mai placato, perché non c’erano i fondamenti per una sua fine totale. Un’affermazione bastava a ravvivarlo.
“Per rispondere alla sua domanda, nell’articolo ho colto un invito ad una maggiore collaborazione tra le due realtà. Ritengo che entrambe avrebbero maggiori benefici da un sostegno reciproco che non da un perenne ergersi di muri, di incomprensione. Ciascuno vede l’altro come il barbaro, il diverso, il nemico. È inutile negarlo, certi Purosangue considerano i Babbani alla stregua di bestie, uomini delle caverne che a colpi di clava li hanno costretti alla clandestinità. Tutti i Babbani. Come se tutti gli Spagnoli fossero stati Inquisitori. Le chiedo di perdonare l’eccessiva schiettezza. Vede, lei ha inavvertitamente toccato una materia che mi sta molto a cuore. Io temo chi sostiene che solo i Purosangue debbano ricevere un’educazione magica, temo l’ideologia di Voldemort perché, in fondo, l’ho già vista. Tutti i Mezzosangue e i Nati Babbani l’hanno già vista. Nei libri di Storia. Dov’erano i maghi quando Londra veniva rasa al suolo?”
In ultimo abbassò la voce, così che l’ultima frase fu più rivolta a sé stessa che a Peverell. Non era questa la piega che aveva immaginato, ma se tali erano i binari che il loro scambio di opinioni avrebbe assunto, allora era disposta a seguirlo. Era disposta a gettare all’aria i piani e farsi trasportare dalla corrente.
Spalancò gli occhi sorpresa ad udire il nome di suo nonno. A differenza dei Fitwarren, che erano legati alla purezza di sangue al punto da incrociarsi tra cugini, gli Attwater non avevano mai ostentato il fatto più del necessario. Di esso si fregiavano, ma senza eccessi. Perciò, se la nonna insisteva perché imparasse sfilze di antenati su su fino al capostipite e conoscesse a menadito l’albero genealogico di famiglia, Edmund preferiva che la nipote si spremesse le meningi magari su un testo in francese o in celtico da tradurre. Né aveva sollevato un polverone quando il figlio si era innamorato di una Babbana.
C’era stato un tempo, prima della nascita di Elhena, che aveva visto Villa Attwater scenario di feste nelle sere d’estate, piccoli party eleganti per mantenere i contatti nella buona società magica. Molte di quelle amicizie erano ormai disperse nel vento, ma Patricia non mancava di ricordarle quali fossero, secondo lei, le famiglie da frequentare e quelle che sarebbe stato preferibile evitare. Elhena tuttavia non ricordava se in quegli istanti, magari tutti e tre seduti a tavola nelle sere d’estate, quando la Tassina era ospite dai nonni, qualcuno avesse accennato ai Peverell.

“Spero che mio nonno le abbia fatto una buona impressione.”
 
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view post Posted on 24/12/2014, 22:43
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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Ormai il grosso era fatto, la giovane si accomodò, che si potesse già trarre il classico sospiro liberatorio?
 Che fosse già tutto finito? L'imbarazzo alle spalle, una triste Storia che andava chiudendosi, lasciando il posto ad una nuova gaia stagione, un inizio inedito, all'insegna di pace e prosperità, che si potesse guardare al futuro con rinnovato ardore? In quanti si erano già accomodati su quella stessa poltrona? Quante volte era già stata girata quella scena? Se un grande Maestro fiammingo si fosse appostato nell'angolo, con ogni probabilità, prima dello scadere del terzo mese, avrebbe invocato pietà. Sarebbe stato troppo anche per lui. Certo, la cura del dettaglio, ottimo il ripetersi quasi forsennato del motivo, con la minore delle varianze, perfetto il mantenersi inalterato di un ambiente quasi asettico, ma ogni cosa aveva il suo tempo. Sorrise, che fosse dovuto all'enorme sproporzione di anni tra lui, ed i suoi ben più giovani interlocutori, sembrava non poterne fare a meno, o che fosse in fondo anche dovuto ad altro, la cosa gli dava un insano piacere. Qualcosa che molto difficilmente sarebbe potuto essere razionalmente giustificato, ma nessuno ne chiedeva conto, quindi, perchè porsi il problema?
 Ripose con una certa reverenza la piuma nel calamo, voleva essere un temporaneo arrivederci, per quanto fossero stati veloci, non avrebbe avuto più di quel tanto senso trascorrere il resto della conversazione con una piuma stretta in pugno. Se poi la Biblioteca aveva poco a che spartire con quanto sarebbe seguito, non c'era proprio motivo alcuno. Sfiorò lesto con le dita sudate la sottile morbida lana della veste, una altrettanto sottile asticella di legno fece la sua comparsa, il tempo di evocare il necessario, e riscomparire misteriosamente. Sul piano relativamente sgombro della scrivania, apparve un vassoio, un paio di tazze con relativi piattini e cucchiaini, una teiera fumante, limone, zucchero, il necessario per un The, senza che vi fossero pretese di un ricevimento, senza che vi fosse l'imbarazzo di una stamberga di dubbio gusto.
 Il tempo di una tranquilla infusione, e sarebbe stato tempo. Il che non poteva che mettere di buon umore.

Prefetto? La spilla? Il dito nella piaga? Che non fosse semplice per certi versi era certo consolidato, dato per assodato, del resto non lo era nemmeno dall'altro verso. Forse anche maggiormente. Dipendeva un po' dai casi, quanto andava a prevalere l'istinto di conservazione, quanto l'azzardo, quanto i colpi di testa. Era una ricerca continua, forsennata, quasi disperata dell'equilibrio, solo in un'inedita salsa, probabilmente incompresa ed impensata, ignorata più per fretta, prassi, negligenza, eppure ogni cosa era relativa, o almeno molto poteva avere il vanto, e la dannazione di esserlo. Quanto alla leggera potevano essere prese certe decisioni? Eppure, presto o tardi qualcosa andava anche deciso. Era un dato di fatto. Il punto era proprio quello, che ciò non divenisse un alibi per non decidere, e rinviare alle kalende greche. Ma era sempre possibile decidere? O era sempre possibile rinviare? Quando e come decidere cosa fare? Un problema di asimmetrie informative? C'era possibilità di risolverlo? Probabilmente non così semplicemente, e non così in fretta. A volte, il salto nel vuoto, era inevitabile. Di lì, la necessità, e l'accortezza di essere bene informati. Prevenire, era pur sempre meglio di curare, no?


Capisco benissimo le implicazioni che possa portare la spilla che i miei successori le hanno affidato, ma non posso che essere sodale alla loro decisione. Mi creda, nel dirle che sono decisioni estremamente pesanti e sentite in primo luogo proprio per chi è chiamato a formularle, che sovente ha cognizione di causa, che per ovvie ragioni difetta chi riceve la proposta, di quanto in realtà si nasconda dietro una prima spilla, e spesso dietro ad una seconda. Non so se abbia mai riflettuto, del resto, sulla molteplice natura, per così dire meccanica, nel suo basilare, quasi primitivo, meccanismo della spilla stessa, e sul significato che si potrebbe facilmente attribuire, senza peccare di eccessiva malizia, alla stessa. Del resto, è sempre stata mia convinzione che ad Hogwarts quasi nulla accada, o sia, per caso. Ad ogni modo non può che farmi piacere, una presenza attiva sarà sempre la benvenuta in una qualunque delle mie classi, nonostante il piacere che provi nell’udire il suono della mia voce, il dibattito e la discussione sono strumenti indispensabili per un proficuo apprendimento. Ma anche questo, temo, ci spingerebbe un poco oltre.

La gestualità limitata, quasi contenuta, un braccio che si spostava, un gesto, un dito disteso, una gamba che cambiava posizione, al sopraggiungere di un già iniziale insofferente torpore, in quel caldo sonnolento clima dello studio, eppure, mai così vivo. Scariche di energia, ondate di vita, quasi emanate a raggera dal caminetto, il fuoco, presenza costante, immanente, presi tra due fuochi, che rischiassero forse infine di prendere a loro volta fuoco? Incenerirsi? Che forse Minerva non fosse la benigna e silente spettatrice che si credeva essere? Il fuoco era il suo elemento, chi meglio di lei avrebbe potuto comprenderlo, afferrarlo, controllarlo, con risultati strabilianti, anche per il più talentuoso dei Maghi? Il tentativo di non turbare oltre quel tanto che vi fosse di accettabile quel tenue equilibrio che si andava creando, mantenendo, e rinforzando, sillaba dopo sillaba. Quanto era necessario a poter affermare che vi fosse un’intesa? Che vi fosse una triplice Intesa? O era un’Alleanza? Quanto sarebbe stato dirimente il punto? In fondo, non era in gioco una guerra, o forse sì? Se vi fossero giunti, che avrebbero fatto? Ma l’intesa andava pazientemente coltivata, come una pianta, come quella stessa pianta grassa che all’estremo angolo destro della scrivania, dietro al paralume, sembrava voler reclamare un suo posto, un suo ruolo, in quella Storia, pur non riuscendoci. Snobbata, misrattata, frutto di un qualche esperimento andato male, era lì per l’indulgenza, ed il placet dell’Anziano Mago, che fosse una scommessa? Un pegno? Un voto? Così come la boccia di un pesce rosso fosforescente, una singolare scelta di gregari, non v’era che dire, eppure, quelli erano capitati in sorte, e nessuno sarebbe stato lasciato indietro.
Le aspettative che tornavano, forti di un’atavica prepotenza, come sbarazzarsene? Farlo? Se fosse stato possibile, l’avrebbero davvero fatto, a cuor leggero? In fondo, le aspettative, si legavano indissolubilmente con l’inconscio, con tutta una serie di meccanismi che inconsciamente erano silenziosamente all’opera ogni istante della giornata, a vagliare, cernere, ed esaminare ogni tipo d’informazione che fosse degna di stimolare quel loro minimo indispensabile ma sufficiente interesse. Un meccanismo di sicurezza, un’eredità dei progenitori, o forse di qualche generazione successiva, non la prima, ma forse la cinquantesima. E se anche Eva le avesse condivise? Quanto sarebbe mutata la Storia? Come si sarebbero trovati nell’Eden? Il The? Certo, il Sommo era pur sempre Sommo, non si discuteva, ma poteva davvero aver pensato a tutto e tutti, e quindi anche a quel sottile cruciale dettaglino? O avrebbe dovuto ordinare il The a qualche ornitorinco? O a qualche castoro, particolarmente sviluppato, in società con un babbuino, ed un bonobo? Erano anche quelli problemi. Certo, se non l’avesse conosciuto, probabilmente non ne avrebbe sofferto, ma un’eternità senza The, avrebbe davvero avuto lo stesso sapore? Intanto, servizievole la delicata Teiera svolgeva la sua funzione, liquido ambrato andava addensandosi nelle due tazze, spirali di calore si levavano dalla superficie ancora turbinante, bolle d’aria ribollivano tra i garganelli della mistura, tra l’altalenante movimento del pulviscolo, evaso alle cure dei filtri.


Vede, non mi fraintenda, non la prenda come una critica, ma ho imparato a mie spese, e ciò non significa che non lo faccia, badi bene, che combattere contro la propria natura, il più delle volte o non porti da nessuna parte, o al peggio crei seri problemi. Probabilmente lei vede solo la parte negativa della medaglia, il più delle volte, ma qui una certa esperienza non nego possa avere il suo valore, seguire il proprio naso può avere i suoi vantaggi. Nel dubbio, se la scelta è obbligata, è meglio affidarsi al naso, che al caso, no? Le aspettative, come i pregiudizi, per quanto primitiva, sono comunque una forma di conoscenza, che a volte ha ancora qualcosa da insegnarci. Noi trascorriamo le nostre lunghe esistenze perennemente sotto esame, che sia esso condotto da noi, o da altri, è un processo ineluttabile, fa parte della nostra stessa essenza.
Nel momento stesso in cui io le prospettassi anche solo il paragone tra il ruolo di Capocasa, Ministro e Primo Ministro, lei sarebbe inevitabilmente spinta a formulare un giudizio di valore su quanto le stia anche solo ipoteticamente prospettando, lei, perfettamente in buona fede, sarebbe chiamata da sé stessa, e dal suo essere umana, a mettermi sotto esame, a farsi un’idea con le informazioni in suo possesso complete o meno che siano, e a pervenire ad un giudizio più o meno di pancia. Mi segue? Non ci vedo nulla di sbagliato, in tutto ciò. Quando ha bussato alla mia porta, non sapevo che sarebbe arrivato, eppure immediatamente è iniziato un laborioso processo di aspettative sull’ignoto individuo che attendesse aldilà dell’uscio, il suo discreto bussare è stato immediatamente portato al banco degli imputati, la sua lieta e piacevole venuta ha poi innestato un secondo esame, questo Ufficio può vantare innumerevoli visite, a volte è inevitabile fare dei paragoni, e crearsi delle aspettative.
Ad ogni modo il The è servito, è una miscela un po’ ricercata, cinese, un The affumicato, dal sapore intenso, ma confido possa piacerle, anche questa è un’aspettativa.


Sorrise, per certi versi divertito, anche solo dal pensiero. Giunti ad una certa soglia, era ormai sufficiente relativamente poco, ed una tazza di The faceva ampiamente parte di quel poco. Era inevitabile che ne facesse parte? Una benedizione. Non c’era altra possibile definizione, una benedizione. Certo, in Scozia c’era anche altro, forse non molti avrebbero pensato di primo acchito al The, ma non poteva definirsi poi così simile ai suoi connazionali. Non lo erano mai stati. Era un Peverell. E lo sarebbe sempre stato. Il popolo aveva altre preoccupazioni, altre occupazioni, altre mire. [...]
Il Verbo?
Scritto o orale?
Anche lì, la questione era decisamente dirimente, o forse non lo era affatto? Che in fondo tutto tornasse al ruolo delle aspettative? Un po’ come le Profezie. Un ruolo squisitamente a fisarmonica, tutto dipendeva dal contesto, dai fruitori, dagli interessati, dal potere che veniva abilmente concesso loro. Un rischio evidente di divenirne schiavi, come salvare baracca e cavoli? Perché era possibile, doveva pur esserlo.
[…]


Probabilmente allora il problema non sono le aspettative, ma il ruolo che vuole o non vuole dare lei, a loro, se segue quello che voglio dirle. Le aspettative, così come per certi versi le Profezie, sono armi di inaudita potenza, ma agiscono, limitatamente al potere che decidiamo noi consapevolmente o meno di dare loro. C'è sempre il rischio di divenire loro schiavi, fa quindi bene a diffidare dall'affidarsi totalmente, ma nulla è completamente buono, o totalmente malvagio.
Verba volant, scripta manent.
Dipende da cosa si aspetta, e dall'orizzonte temporale in cui prevede che ciò abbia effetto, senza poter prescindere dalla sua intrinseca natura. Alcune Arti si possono imparare, ma non si raggiungerà mai la maestria che avremmo avuto se ci fossero capitate in sorte, sin dall'inizio. Il dono della favella, è per l'appunto un dono, oratori si nasce, difficilmente lo si diventa, e non è indispensabile diventarlo, quindi, perché porsi il problema? Son certo, che se questa è la sua preoccupazione, i miei colleghi, come ho fatto io, saranno abbastanza abili da vedere oltre le parole. Le parole sono per natura effimere, volano, sono ancorate al presente, scorrono via, mi saprebbe recitare come ha esordito entrando? O come le abbia risposto io? Eppure, ciò che viene scritto dura per l'eternità, travalica lo spazio ed il Tempo, vince la morte e la corruzione, si tramanda di generazione in generazione. Io sono uno Storico, sono portato per deformazione professionale, se me lo concede, ad occuparmi dello scritto, ciò nonostante non sottovaluto il potere della Voce, a volte la parola giusta, al momento giusto, può tutto.
Ma non abbia fretta, lei è terribilmente giovane, ed io terribilmente vecchio, la verità è quasi sempre nel mezzo.


Il Tempo era tiranno.
[...]
Che in fondo stesse diventando una corsa?
La sensazione di essere perennemente in ritardo? Che la vecchiaia l'avesse rallentato, più di quanto non fosse prevedibile accadesse, o forse c'era altro? Una sommossa? Un colpo di mano? Contrattempi, perdite di tempo, imprevisti? Eppure ciò non sembrava sufficiente a spazzare il tavolo da ulteriori estreme ipotesi. Greci, Ottomani, rapporti tesi, in fondo, anche quella non era una novità dell'ultimo ventennio. Che fosse destino che andasse così? Certe cose era destino che accadessero, opporsi avrebbe portato qualcosa di meglio? O peggio? C'era un'altra via? Per quanto il baratto di popolazioni e territori non fosse di per sé la migliore delle pratiche, quanto era legittimo sacrificare per la ragion di Stato? Tutto? O c'era un limite, oltre il quale tutto perdeva di senso? Se per la ragione, andava sacrificato lo Stato, quanto poteva aver senso? Ne avrebbe avuto? O forse no? L'abilità dello statista stava nel mitigare gli interessi, individuare quelli superiori, e perseguirli con tenacia, in barba alle masse. Un affare torbido, certo, non per anime candide, bisognava essere disposti a sporcarsi all'occorrenza le mani, mettere a posto in un modo o nell'altro l'occorrente, un gioco di potere. E bisognava essere bravi a giocare, e nel giocare quel gioco. Per il bene di molti.
E la passione.
Come essa andasse ad intrecciarsi con il potere, con la conoscenza, come essa potesse spingere all'impensabile, al Verbo, all'azione, al peccato prima, ed alla redenzione poi. Flussi e riflussi, la passione poteva essere un pericoloso nemico, minare alle fondamenta un piano ben orchestrato, farne incrinare improvvisamente un addentellato considerato forte come le fondamenta della terra, un ingranaggio difettoso, affrettare i tempi di esecuzione, e condannare l'opera di anni di fatica alla dannazione eterna. La passione era, e sempre lo sarebbe stata, esaltazione e dannazione della ragione, della prudenza, della calma, dell'introspezione, della non fretta. Accanto al mutare di tutto, e tutti, dove fondare epistemologicamente il fondamento di qualcosa di nuovo, e saldo? La Storia non si andava componendo di se, ma, forse, eppure, quanto fascino poteva annidarsi in pieghe inaspettate che avrebbero potuto in un qualche futuro secondario passato i tornanti di quella stessa Storia? Se non fossero stati i Greci, a chi sarebbe toccato? Se non fossero stati i Babbani, quale clan di Maghi?
In fondo, era una questione di fede, e di speranza.


Certo, siamo tutti debitori di molto, moltissimo, nei confronti dei Greci, probabilmente senza di loro saremmo ancora in una qualche caverna, probabilmente non avremmo un libro di cui discutere, qualcosa da leggere, la razionalità ed il pensiero logico non sarebbero al centro dei nostri stessi pensieri, e non saremmo, quanto meno stati, i padroni del Mondo. Ciò nonostante, non sarei poi così certo che se il passato potesse essere cambiato, e spostati di qualche migliaio di miglia i Turchi più ad Est, magari con i Cinesi, la Storia sarebbe davvero cambiata. Mi segue? Se ammettessimo anche, in via del tutto ipotetica che tutti gli Uomini fossero anche Maghi, e che quindi non esistano Babbani, è davvero così sicura che qualcosa sarebbe cambiato nell'essenza? Certo, probabilmente i conflitti avrebbero assunto nuove sfumature, nuove linee di faglia si sarebbero delineate, in seno a questa nostra nuova ideale società. Lo sviluppo, la crescita nasce anche nel contrasto, nelle differenze, seppure anche riconducibili ad un unico denominatore comune, le differenze, i dissapori, i contrasti, e quindi anche i conflitti armati, esisteranno sempre, sono terribilmente salutari per la Storia, la Storia stessa si nutre di questi. Cosa crede che accadrebbe se provassimo a sfrondare il Manuale della Bath di tutti questi eventi, per così dire peccaminosi? Ma allo stesso tempo, non sarei così certo, o anche solo frettoloso, nel vedere solo gli aspetti più macroscopicamente negativi che tali eventi possano avere avuto. L'Oscuro Signore è solo l'ultimo alfiere di una corrente di pensiero che per quanto le possa suonare stramba, si fonda su alcuni presupposti teorici, anche abbastanza forti, e che in fondo a suo tempo furono accolti anche in seno ad Hogwarts. Se la nostra società, per come si è andata definendo nel corso dei secoli, dovesse domani mattina essere chiamata ad operare la scelta più radicale dell'ultimo millennio di Storia, come consiglierebbe di procedere? Democraticamente, o autoritariamente? Pensa di poterne fare una colpa collettiva se tale possibilità venga vissuta con un certo timore? Cambiare è sempre un'attività perigliosa, le rivoluzioni son fatti spiacevoli, per quanto pacifiche possano essere.
Ciò nonostante sono anche certo che la schiettezza non vada mai perdonata, di cosa dovrei scusarla? Essere sinceri, nei limiti del possibile, è un dono, e considerati i tempi, anche un dono notevole, per dimensioni ed impegno. Immagino che ormai sia acqua passata per lei, ma perché pensa che Salazar volesse puntare solo sui Purosangue? Era innegabilmente un grande Mago del suo tempo, dovremmo essere ancora oggi riconoscenti ai Serpeverde per quello che fanno per Hogwarts, nonostante qualche piccolo incidente di percorso, che nel corso del Tempo tenderà poi a sparire. In fondo, se anche i Maghi fossero intervenuti per salvare Londra, Berlino, Parigi, cosa ci permette di affermare che non sarebbe successo altro? L'intervento dei Maghi avrebbe alterato equilibri di poteri delicati, e vecchi di secoli, che sarebbero dovuti essere necessariamente ripareggiati, in una qualche maniera, aprendo a scenari che al momento ci potrebbero sembrare impossibili, o improbabili, ma mutando un singolo elemento, è una pia illusione pensare che il resto del quadro resti immutato. Ad ogni azione, segue una reazione, anche la Magia ha le sue regole, che per quanto ci si sforzi non possono essere violate impunemente. Mi segue?


Sorrise soddisfatto, prendendo infine con delicatezza la meritata tazza di The, accostandola alle labbra. Le spirali di vapore ormai ridotte, quasi spossate da quell'iniziali sfoggio di titanica potenza, vapore che andava addensandosi parassitario sulla cristallina mezzaluna degli occhiali argentati. Un'innegabile soddisfazione, che non poteva essere celata, e se anche fosse stato possibile, a che pro? La ricerca dell'onestà perduta, un dono, certo, che era disposto a fare. Un rischio? Per certi versi sarebbe anche potuto esserlo, bene, ma quanto poteva contare rispetto al tutto? La conversazione scivolava via, spegnendosi nella penombra della stanza, come l'eco della voce, prima che infine si chetasse.
Un'ultima questione, irrisolta.
Tornò ad appoggiare la tazzina sul piattino, lasciando che la ceramica tintinnasse allegramente. Il primo sorso sempre senza nulla, una prova di qualità, passata senza problemi.


Assolutamente, ma lo conosco solo di vista.
Siamo colleghi presso il Wizengamot, devo averlo conosciuto ormai qualche anno fa, ma temo di non potermi spingere molto oltre. In certi ambienti è inevitabile conoscere superficialmente i propri colleghi, cedendo di buon grado tutto lo spazio necessario a quanto di importante. Ad ogni modo immagino lo si possa definire un buon Giudice.

 
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view post Posted on 26/12/2014, 00:08
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La Tassa soffiò delicatamente sul proprio tè prima di sorbirne un nuovo sorso, degustandolo appena prima di deglutire perché ipotizzò che questo avrebbe potuto fare piacere al suo ospite. Con le orecchie aperte e il cervello attento, seguiva il fiume di parole che eruttava in mille volute dalla bocca di Peverell, sforzando la memoria a breve termine abbastanza da ritenere il succo di tutto il discorso e ad esso poter ribattere.

"La spilla è un simbolo di potere, come un collare, un sigillo, un salvacondotto o i fasci con la scure. Ogni epoca e ogni cultura ha i suoi. Sono un mezzo per identificare a colpo d'occhio il capo e i suoi luogotenenti.
Ritengo che conferire il potere a qualcuno non è una scelta da prendere a cuore leggero.
Anzitutto, per le responsabilità che esso comporta, per l'effetto simile ad una droga che ha su certe persone. Il potere inebria, così dicono. Né è possibile prevedere chi ne sarà affetto.
I più timidi e gentilo possono trasformarsi nei peggiori dittatori. Se posso permettermi, le consiglio di leggere il romanzo Babbano "L'Onda".
Nella gestione del potere esiste una sottile linea tra il puro rispetto delle leggi e l'adeguarsi alla situazione. Tra l'essere un sovrano inflessibile e un buon re.
È un patto. Chi consegna la spilla si affida a chi la riceve. Spera che il suo giudizio sia corretto, di non essersi fatto ingannare.
Chi accetta la spilla si affida soprattutto a se stesso, interrogando cuore e mente sulla capacità di esercitare la carica.
Non tutti nascono con l'indole al comando. Non tutti ricevono fin dall'infanzia un'educazione atta a suddetto fine. Hogwarts premia il merito, al di là di reddito, stato di sangue o condizione sociale. Perciò anche il figlio di umili origini può scalare le vette, catapultato in un universo a lui sconosciuto e che dovrà imparare a gestire. Certo, esiste la possibilità di rifiutare, però perché rifiutare l'offerta che potrebbe cambiare una vita, uno dei tanti mattoni per costruire il proprio destino. Sa, si dice che il Fato debba essere aiutato.
Alcuni Prefetti sono Coriolani, chiamati a servire il castello dalla loro umile occupazione nei campi. Altri rifiutano come Celestino V. Io ho scelto di accettare, ormai sono mesi e, per quanto io possa svolgere un processo di autoanalisi, sarà compito di altri giudicare il mio operato. Per quanto io desideri eccellere, la carriera non è la mia priorità. Ecco, così la penso sulla carica di Prefetto e sul potere in generale. Scusi se ho divagato."

Quell'improvvisa loquacità sorprendeva Elhena in prima persona. Il tè, ora piacevolmente tiepido, aiutava la gola a mantenersi fresca. Era come se, avuta l'occasione, ella riuscisse ad esprimere una serie di idee finora rimaste confinate nella sua mente a livello di nebulosa concettuale.
Discutere con Peverell era faticoso, richiedendo una sforzo quasi fisico, ma non meno stimolante, come il cercare di correre allo stesso passo di un campione.

"È vero. Siamo continuamente sottoposti a giudizi. Anzi, capita di sentirsi sotto esame anche durante le rare volte in cui non è così. Secondo me. Esistono mille modi per formarsi un giudizio su qualcuno, dalla mera osservazione al colloquio all'esame. In sé il giudizio non ha un'accezione negativa. Magari la persona si limita a categorizzare chi ha davanti per poterlo meglio comprendere e sapere di conseguenza come comportarsi. Ordinare e classificare, del resto, è ciò che ha permesso all'uomo primitivo di sopravvivere, di riconoscere l'animale feroce da quello addomesticabile, di distinguere la pianta commestibile da quella velenosa. Non lo nego. Eppure quante volte la prima impressione si rivela errata? Quella stessa prima impressione che poi è così difficile da cancellare, che rimarrà sempre come un alone sui giudizi successivi. L'avere aspettative è anche un metodo per combattere l'ignoto, perché è più semplice prepararsi per la sfida di cui si hanno già delle informazioni, piuttosto che gettarsi nel vuoto. Lo condivido. Conoscendo tali meccanismi, l'uomo si prepara all'incontro, si adatta al proprio interlocutore, nei gesti, nella postura, nel tono. Non che questo avvenga per tutti, ciascuno ha un suo livello di flessibilità e adattabilità. Comunque non nego che all'udire un accenno ad una eventuale sua candidatura a Ministro il mio cervello non abbia subito iniziato a fare collegamenti o a formulare ipotesi. Ad immaginare la reazione della signorina Pompadour.Insomma, penso che le aspettative siano un'arma a doppio taglio."

Posò la tazza ormai vuota sulla scrivania di fronte a sè. Rinfrancata, scostò una ciocca di capelli dal volto. Cercava di impilare le idee come mattoncini lego perché potessero formare la costruzione del proprio pensiero. Non pretendeva di avere ragione, però sarebbe stato bello se qualcuna delle sue parole avesse attecchito nella memoria di Peverell.
In effetti la Storia non si fa con i sé e con i ma. Essa è un flusso continuo di possibilità e di bivi, si origina dalle scelte di pochi uomini a volte, delle masse in altre, e infine trascina tutti in una corrente impetuosa che alcuni chiamano progresso. I fili della Storia di un popolo si intrecciano infine con quelli delle diverse nazioni, così via, in un gigantesco intreccio che coinvolge i cinque continenti. Coinvolge tutti, volenti o nolenti, in una trama così fitta che ora un filo tirato può distruggere il tutto.
Scusi, sto divagando.
La Storia per me è composta da come e perché. Comprendere perché qualcosa è accaduto aiuta ad evitare che succeda di nuovo e, a mio parere, solo perché Maghi e Babbani non hanno mai collaborato, non è impossibile che si aiutino a vicenda. Non si può cambiare il passato e struggersi su di esso è inutile, però si può imparare.
Non sono d'accordo invece su una presunta necessità dei conflitti. Comunque, slo Statuto di Segretezza, sebbene emanato per comprensibili ragioni di sicurezza, non è sempre esistito. Di conseguenza non è obbligatorio che esista in futuro. Se fosse per me, procederei per gradi, ad esempio facendo frequentare ai Purosangue dei corsi di Babbanologia. In tal modo imparerebbero non solo come funziona un telefono - E sarebbe ora - ma anche quanta cultura abbiano prodotto i Babbani. Mi corregga se sbaglio, ma la Scuola di Atene si occupa di cultura, giusto?
concluse.


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view post Posted on 26/12/2014, 15:30
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Il tempo di una tazza di The, e la replica? O la giovane avrebbe lasciato correre? In fondo, una decisione era già stata presa, certo, eppure... c'era margine. Margine per discuterne, margine per disfare, rimontare, uscire, rientrare. Ed il The sarebbe sempre stato lì, come Minerva, in tacita e silente attesa, paziente. Si sarebbe atteso il necessario, si sarebbe lasciato correre, avrebbe insistito, sottolineato, pignolato? Guadagnato che si era l'equilibrio, una certa insana reticenza a romperlo, avrebbe infine fatto da ultima clausola di salvaguardia, innanzi all'irrompere di una nuova stagione di caos. Che l'Uomo fosse davvero e sino alla fine un animale politico? E che in quanto tale non potesse rinnegare sé stesso, in qualunque circostanza? Che Ille ed Ipse non sbagliassero era pleonastico, ma quanto ci avessero preso davvero, in ogni singola elucubrazione, era un altro affare, più sottile, più delicato, di cesello, per quanto il risultato infine non differisse dal precedente. L'Auctoritas di chi era stato, restava tale da rimanere comunque eccessivamente aldilà delle possibilità di chiunque sarebbe venuto. La quiete, e la pacatezza trasudata da questi, dalle loro parole, non sarebbe mai potuta essere travalicata da ciò che sarebbe seguito, perché tutto era già stato detto? Il dubbio era legittimo, ci sarebbe sempre stato tempo e modo per dubitare di tutto e tutti, eppure, di qualcosa doveva pur esservi certezza, qualcosa da cui partire, una base, di cui non iniziare a dubitare, un punto fisso, di mirabile stabilità.
[...]
Ed ecco che tutto correva nuovamente avanti, quanto era legittimo pretendere di comprendere dinamiche del potere ormai vecchie di un millennio? Erano stabili, fisse, o mutevoli? Hogwarts era o non era cambiata? Era un punto fisso, o non lo era? Il cambiamento poteva sposarsi con quel processo di fissa stabilità rassicurante, o erano inconciliabili, e dicotomici? Era una questione di buon senso, c'era argine? E che in fondo non fosse anche tempo di rinobilitare il povero Celestino? In fondo, anche lui aveva pur deciso. Certo, non aveva incontrato il favore del Poeta, ma forse le cause erano un poco più complesse, e profonde, di quanto in realtà non potessero trasparire.


In effetti ha ragione, non tutti nascono con l'indole per il comando, così come non tutti nascono intelligenti, se me lo permette. Sono da anni un fervente sostenitore del diritto naturale di chiunque ad essere un idiota, se ha un minimo di dimestichezza con le etimologia tanto meglio, l'essenziale in tali casi del tutto legittimi, è avere dei veri amici, che lo facciano presente. Del resto è mia convinzione, che l'idiota non sappia di essere idiota, e che per scoprirlo debba essergli obbligatoriamente rivelato, da qualcuno di cui si fidi già in precedenza, e che questi debba essere mosso dalla più nobile delle predisposizioni: l'amicizia.
Eppure, sempre se me lo consente, una spilla solitamente si compone di tre parti, uno stemma, il potere, che viene esercitato sugli altri, ed è infatti diretto verso di loro, una parte acuminata che penetra il tessuto, il pericolo che si annidi nello svolgere tale attività, che infatti è rivolta verso chi detiene tale potere, ed un fermaglio, che bilancia il pericolo, trattenendo il potere, e che potrebbe tranquillamente essere il buon senso, e che del resto è anche il pezzo più prossimo al depositario di questo potere. Mi segue? Lei ha ricevuto una spilla, che ha qualche centinaio d'anni, qualcuno di più delle poltrone su cui siamo accomodati, ma la trovo abbastanza preparata al riguardo, più di altri, senza dubbio.
Ma mi permetta una domanda: ritiene che debba avere più coraggio un Coriolano, o un Celestino? Non è così scontato, mi creda, non voglio influenzarla, potrebbe tranquillamente restare orientata su Coroliano, e probabilmente avrebbe anche ragione, ma in fondo Celestino, a suo modo, è una grande figura, che come Serpeverde a distanza di secoli ha ancora molto da insegnarci. A volte ciò di cui potremmo davvero avere bisogno è un Celestino, più che un nuovo Coroliano.


Minerva era tornata sonnecchiosa, il nobile capo ciondoloni, che in fondo fosse stata una lunga intensa giornata? Come l'aveva trascorsa? Di cosa si occupava tutto il giorno una fenice? Aveva una vita intensa? O aspettava anche lei la venuta di un qualche Messia, restio a suonare i campanelli? Che fosse già venuto, in notturna, restio a palesarsi? Che l'avesse fatto, e nessuno l'avesse creduto? Che vi fosse un'altra ennesima verità celata? Che non facesse nulla? O tutto?
L'anziano Mago tornò ad intrecciare risoluto le lunghe dita davanti il volto, all'altezza del naso, dando requie a quella serie di gesti continui, enfatici, manieristi che si andavano susseguendo nel corso della conversazione. Che fosse già tempo di proseguire? Quanto poteva essere già trascorso? Il The era tiepido, almeno mezz'ora dalla tazza, quasi un intero giro di clessidra da quando la giovane era entrata? Troppo? Forse un po' meno, in effetti.
Le aspettative.
Erano un'arma a doppio taglio? Lo erano davvero? Cosa non lo era? C'era qualcosa? Certo, si poteva tentare, eppure, era difficile rintracciare qualcosa... Come cavarsela? Come arrabattarsi? Una soluzione c'era sempre, difficile era trovarla.


Certo, le aspettative sono un'arma a doppio taglio, con le quali dobbiamo convivere, ma cosa non lo è? Anche le migliori intenzioni possono in realtà portare alle più catastrofiche conseguenze, il libero arbitrio, in realtà potrebbe essere solo funzione della realizzazione di una serie di Profezie. L'amore stesso, può essere un'arma terribile, le viene in mente qualcosa che sia solo del Bene, o sia solo del Male? I Grandi del Rinascimento si interrogavano su quanto potesse l'Uomo contro Natura, probabilmente la domanda è ancora attuale, più che mai, non è forse la stessa Magia un'arma a doppio taglio?

La Storia.
Era davvero Magistra Vitae?
Perché forse tutto convergeva lì.
Una questione annosa, irrisolta, sempre lì, pronta ad essere scoperchiata, rivoltata, analizzata, riesaminata, a fronte di una non meglio definita nuova scoperta, nuova teoria olistica, di tutto e tutti, per quanto poi in realtà, essa non comprendesse nulla di nulla, e lasciasse l'amaro in bocca anche al più stolto degli stolti, fuori del suo ideatore. Che fosse una questione troppo personale per essere innalzata agli altari delle cronache? Che vi si annidasse un insito cruccio, e gusto personale? Che la Storia fosse in realtà quello e quanto le veniva concesso di essere? La Storia, come il resto, poteva potenzialmente essere tutto, e nulla, e lo sarebbe sempre stata. Imparare dal passato era possibile, quanto inutile, per molti versi, per altri, quanto di più indispensabile, e tale sarebbe rimasto. Storia si occupava di qualcosa di più alto, e profondo, che travalicasse il semplice fatto, si occupava di comprendere la realtà, per come era stata, e per come sarebbe comunque continuata ad essere, certe cose non cambiavano, sarebbero sempre state. Era un metodo, nulla di più, nulla di meno. Cosa poi fosse effettivamente accaduto nel 1236, era una postilla, anche abbastanza insignificante.
Che in fondo ci stesse prendendo?
Sorrise, nuovamente divertito, dagli sforzi della giovane Tassorosso.


Mademoiselle Attwater, vede, probabilmente lei ha centrato il punto della questione. Il "per me" è quanto di più dirimente, ed essenziale potesse in realtà pronunciare. Il valore che decidiamo di affibbiare ad una cosa, nobile o vile, qualunque essa sia, in questo caso la Storia, è frutto di quello che siamo, delle nostre esperienze passate, della nostra educazione, delle nostre scelte, del nostro gusto, chi potrebbe permettersi di ergersi a Minosse dell'intera Umanità prima del Tempo? La Storia offre delle potenzialità, può essere un'insostituibile alleata, e l'amica e la maestra di una vita, ma dipende interamente da noi, dal potere che vorremo affidarle. Certo, conoscere qualcosa è quasi sempre meglio che non conoscerlo, ma non si può conoscere tutto. Io con la modestia che mi contraddistingue da quando avevo la sua età, i vizi ce li portiamo sin nella tomba, ho la pretesa di insegnare ai miei studenti a pensare, ed a comprendere razionalmente le cause alla base di un problema, potremmo definirlo un corso di logica applicata se vuole, alla Storia, ciò che mi preme è far pensare, e riflettere, se poi non tutti ricorderanno l'anno dell'entrata in vigore dello Statuto di Segretezza, pace all'anima, non sarà morto nessuno, altro privilegio del mio Corso.
Vede, probabilmente il suo potrebbe essere considerato un approccio eccessivamente dirigista, per quanto condivida le sue idee, e mi sia speso per decenni nel vano tentativo, rispetto la volontà anche di persone preparate ed intelligenti, di proseguire secondo le attuali politiche, di stampo autarchico. Probabilmente il Ministero potrebbe spendersi di più a favore della distensione, come avrà avuto modo di leggere ho mal digerito la non gestione degli ultimi eventi, ma non sono il Ministro, e non ho ambizioni di sorta. Per dirla tutta, non è un mistero, non sono nemmeno un fervente sostenitore dell'attuale deriva democratica, e di quanto essa possa produrre, ma son stato per decenni un fedele servitore dello Stato, ed ormai son troppo vecchio. Ma probabilmente, il punto su cui riflettere è un altro, quella che lei propone è una riconciliazione, aconsensuale, senza neanche il consenso di forse la maggioranza di chi potrebbe decidere, i Maghi. L'interrogativo, se anche i Maghi accettassero, è sui Babbani, con chi dovrebbero riconciliarsi? Non sanno che esistiamo, come la prenderebbero? Ci ha pensato? Pensi a quelle persone preparate, ed intelligenti, che mosse dai migliori fini, sono restie di ricongiungersi dopo secoli di separazione da qualcuno che in fondo sappiamo esistere, come dovrebbero reagire i Babbani? In virtù di una non meglio qualificata superiorità razziale, che lei, come me, aborriamo, in realtà ci sentiamo chiamati a dover decidere per tutti, quando in realtà, se anche ne avessimo il potere, non ne avremmo mai, e mai ne potremmo avere, la legittimazione a farlo. Salvo, certo, voler ritenere che l'anima dei Maghi sia più nobile di quella dei Babbani, ma è una vecchia querelle, che nessuno è ancora riuscito a vincere.


Restava un ultimo punto in agenda.
La Scuola di Atene.
In fondo, erano lì per quello.
Non proprio, il due di briscola.


In effetti ha ragione, anche qui, gli Ateniesi si occupano di cultura, forse non nella maniera più immediata e semplice possibile, da intuire, ma essenzialmente sempre cultura è. Del resto, pur sempre sotto l'egida del Corso di Storia della Magia siamo, no? Ma mi dica, saprà già qualcosa, si è documentata, riscontra un certo interesse, e soddisfa tutti i requisiti. Immagino avrà qualche domanda, in fondo se è Atene che l'ha spinta a venire da me, non vorrei abusare della sua pazienza, per niente.

C'era sempre quel rischio.
Che in fin dei conti si perdesse il senso originale del discorso.
Qual era la causa scatenante, la vera causa, dopo cent'anni di Guerra?
Non era poi così strano che si perdesse, in un torrente di sangue.
In quel caso di parole.

 
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Era un rapido, continuo scambio di battute. Colpo su colpo. Parola su parola. La forza dell’esperienza da un lato e l’energia dell’innovazione dall’altro. La Tassina corrugava la fronte davanti ad un vocabolo particolarmente complicato, si torceva le mani quando le garbatissime repliche di Peverell rischiavano di farla sentire più stupida di quanto in realtà non fosse, come uno schermidore inesperto che indietreggi di fronte ai colpi dell’avversario più preparato di lui. Quindi, metaforicamente parlando, si raggomitolava su se stessa, la testa che per un fugace momento si andava ad incassare nelle spalle in un gesto infantile di difesa, le unghie che si aggrappavano alla stoffa della gonna, a trattenere in quel gesto anche i frammenti delle proprie idee. Poi si riapriva e cercava di ribattere paragrafo dopo paragrafo. Del resto, finché nessuno pretendeva di cambiare con la prepotenza le idee altrui – e non era certo quello il caso – il dialogo stava proseguendo su piacevoli binari.
“Cento anni di Prefetti a cui guardare “ sospirò, con una punta di sarcasmo nella voce meno sottile del solito. “Se sia meglio un Celestino o un Coriolano? Onestamente, non lo so. Credo che entrambi abbiano avuti i loro pregi e i loro difetti. Che l’immagine di eroe o vile dipenda molto dai giudizi altrui, di chi scrive la Storia e le biografie, che tutto nel tempo possa essere stravolto, contorto, imbastardito. Coriolano da un lato rappresenta l’uomo che, chiamato a servire il proprio Paese, accetta l’onere, per poi tornare alla sua occupazione di contadino una volta cessato il pericolo.
Dall’altro lato, Celestino è il monaco mite che fugge dagli intrighi di Roma sapendo benissimo che non riuscirà a gestirli e, temendo di essere inghiottito dall’Urbe come da una belva feroce, si rifugia tra le rocciose montagne d’Abruzzo. Forse anche avere l’umiltà di ammettere di non essere in grado di svolgere un compito è un atto di coraggio. Del resto, il Papa non è un’occupazione temporanea!
Ora come ora, sarei più propensa a sostenere un Coriolano, a tifare per chi almeno prova a mettersi in gioco, perché ci sarà sempre il tempo in seguito di ritirarsi, di dichiarare la propria sconfitta. Eppure ogni persona è diversa, quello che per me è un male minore, per altri sarebbe un’enorme disgrazia. Non biasimo Celestino per aver temuto per la sua incolumità, così come non dubito che molto del mito di Coriolano sia stato costruito postumo. Penso che, se questo stesso dibattito fosse avvenuto pochi anni fa, le avrei dato risposte del tutto diverse. Solo recentemente, infatti, ho cominciato a preferire l’azione all’inazione, lo schierarsi alla pacifica neutralità.
Non so di chi abbiamo davvero bisogno. Se di Coriolani che sappiano agire o di Celestini con l’intelligenza di rifiutare un compito di potere prima di causare danni. Purtroppo il mondo non è un immenso laboratorio scientifico in cui si possano eseguire esperimenti senza conseguenze anche gravose, perciò nella nostra piccolezza possiamo solo limitarsi ad osservare il flusso della Storia, a cercare le cause degli eventi passati e a trasmettere ai posteri il nostro pensiero. Così come ora noi ci scambiamo convinzioni sui grandi del Passato, basandoci in parte sul quello che sentiamo nella testa e nel cuore, in parte su quello che nei libri è stato scritto, lo stesso farà chi verrà dopo di noi. Nessuno è un narratore totalmente sincero, perciò, in mancanza di una gira tempo abbastanza potente da permetterci di osservare direttamente i fatti, dobbiamo per ora affidarci.”

Discorso tanto chiaro nella mente quanto contorto si era mutato in suono e parola. Sperava che almeno qualcosa fosse giunto puro e integro alle orecchie di Peverell. Chi erano davvero Godric, Tosca, Corinna e Salazar? Chi erano i grandi di ciascuna cultura, di ciascun popolo? Chi erano stati gli uomini venerati quasi come divinità nella loro gloria di condottieri, guide spirituali, musicisti, pittori e così via, prima che la grandezza bussasse alle loro porte? Quanto di quello ripetuto con tanta diligenza a lezione o durante gli esami da studenti solerti corrispondeva a verità e quanto erano solo pettegolezzi assunti a ben maggior rango perché, spesso, chi redigeva le cronache del tempo era l’avversario, il nemico? Il lusso di leggere la versione di una vicenda da ambo le parti – da tutte le fazioni coinvolte, quando queste erano più di due – era conquista recente, né ancora era sufficiente a tracciare una linea netta tra la menzogna e il suo virtuoso opposto.
“Mi scusi, l’entusiasmo rischia di trasformarsi in autoritarismo contro la mia volontà. Io ho questa utopia e, proprio perché utopia, sarà difficilmente realizzabile. Anzi, dalle migliori intenzioni si corre il rischio di un’orribile degenerazione! Sì, ne sono consapevole e grazie a lei questa consapevolezza è aumentata. Però, ecco, il mio è un sogno, una nebulosa, brillante, aspirazione e, sa, logica e sogni raramente vanno a braccetto. Invenzioni o pratiche oggi considerate così normali da essere scontate, quasi da non riuscire ad immaginare come doveva essere la vita prima, derivano di solito da menti visionarie che hanno dovuto combattere contro il muro di rifiuto delle loro epoche. Non che io abbia la presunzione di paragonarmi a quei rivoluzionari!”
Giusto un veloce stringersi delle spalle.
“ In fondo, fa paura abbandonare il proprio nido. Perché mutare un processo che non ha mai tradito a favore di un altro non ancora testato e che potrebbe rivelarsi un fallimento? Tutto corretto. Peccato che sia la deviazione dalla norma ciò che fa progredire il mondo e, con le dovute eccezioni del caso, è il progresso a permettere la sopravvivenza. Un progresso che andrebbe gestito, perché, come purtroppo si è avuto modo di osservare, è anch’esso un’arma a doppio taglio. Tutto, a ben vedere è un’arma a doppio taglio.
Sì, non è possibile scaricare sulla testa di milioni di Babbani una notizia bomba come l’esistenza di un altro mondo sempre esistito sotto il loro naso. Si arriverà a quel punto, se mai ci si arriverà, tra decenni, addirittura secoli. Però sono convinta, nella mia immaturità e ingenuità, che piccoli passi siano fattibili. Come dicevo prima, sarebbe già una grande conquista che i maghi imparassero i nomi degli elettrodomestici! Cose così. sembra una banalità, vero? Una maggiore consapevolezza, insomma. Anche se un rapporto tra i Ministri Magico e Babbano che vada oltre la semplice accettazione dell’esistenza della controparte sarebbe auspicabile, specialmente in periodi di crisi come quelli che stiamo vivendo.”

Le conseguenze, è vero, rischiavano di essere disastrose. Già udiva i cori di Babbani indignati nello scoprire tutto d’un tratto che centinai di Maghi che avrebbero anche avuto il potere di fermare o limitare i danni di catastrofi non avevano mosso un dito. Li udiva e, in una certa misura, li appoggiava. Generazioni sarebbero dovute passare e con esse la memoria affievolirsi, perché un contatto reale non scatenasse una rivolta.
Già sarebbe stata una gioia non udire più “Babbano” usato come insulto. Perché di fatto di insulto si trattava. Babbano, babbeo. Questo significava. Grazie i Babbani i Maghi erano sopravvissuti, grazie ai matrimoni misti era stato impedita quella degenerazione genetica che probabilmente sarebbe esplosa se tutti i Purosangue avessero continuato ad incrociarsi tra famiglie sempre più imparentate, finché il fratello sarebbe giaciuto con la sorella.
Pizzicandosi il naso tra pollice e indice per contenere il principio di un mal di capo, Elhena ricordò la foto un poco imbronciata di quel prozio morto per emofilia prima che lei nascesse. I genitori erano cugini di primo grado. Una volta nonna Patricia le aveva preso il mento fra le lunghe dita fredde e l’aveva osservata a lungo negli occhi azzurro-verdi.
“Hai la fierezza dei Fitzwarren” aveva decretato ad esame concluso, rivolta ad una bambina ingobbita e lungi dall’essere fiera o anche solo sicura di sé. Ora seduta nell’ufficio dell’anziano professore di Storia della Magia stava una giovane che presto sarebbe sbocciata in donna e, a ripensarci, forse l’affermazione di Patricia non era stata poi così lontana dal vero.

“Be’, ammetto di avere qualche domanda, ma spero che lei perdoni la loro banalità. Quali compiti sono chiamati a svolgere i suoi membri? In che senso la Cultura di cui si tratta è diversa? “

Per dare un maggiore senso di realismo al tutto ho evitato di rileggere quanto scritto, così da rendere meglio l'idea di chi parla senza essersi preparato prima un discorso. Lo trovo più vicino alla psicologia del personaggio. Spero che non sia un problema
 
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Scorrere, era impossibile ingabbiare la forza espressa ed inespressa del Verbo, da dove fossero partiti, ed ove stessero andando, con ogni probabilità non era dato saperlo. Lo sarebbe mai stato? Una serie di voli pindarici, strambi, il mal di mare che si faceva sistema, si innalzava a nuovo emblema di modo di essere, vivere, e pensare, prima di essere nuovamente riportato sulla terra, il fuoco che lamentava un'attenzione che gli veniva negata, la ceramica che tintinnava soavemente quasi a voler ribadire il proprio diritto fiero all'esistenza, l'aroma dell'infuso che si andava placando, raschiando il fondo della tazza, la teiera che alacre tornava in azione, saltellando da un lato all'altro in quello che meglio le riusciva, versare il The. Una tensione stoica, protesa verso l'infinito del cielo, aggrappata però alle debolezze della carne e della terra. Avrebbero mai potuto abbandonare la corruzione di quel mondo? Probabilmente no, non in quella vita, ma era quella stessa consapevolezza ad animare in prima battuta la conversazione stessa, quella breve intensa esistenza. Si erano giocati il pubblico, ma non sembrava importare più di quel tanto, un danno collaterale, uno dei tanti, che andava preventivato, non tutti potevano essere portati avanti, qualcosa andava sacrificato. Era inevitabile. Il consenso universale probabilmente non sarebbe mai stato raggiunto, lo stesso ideale democratico si basava su presupposti fallaci, la dittatura della massa, del volgo, delle pance, schiavi delle emozioni e dei colpi di testa, lo Stato sarebbe deragliato, l'Impero si era dissolto, senza che nessuno potesse muovere un dito. Con quale legittimazione poterlo fare? Era una questione di coerenza, banale. Sarebbe sempre stato meglio un Celestino, un urlo al cielo, l'ammissione di impotenza, innanzi ad una missione troppo grande, a fronte di capacità troppo modeste, il venir meno delle forze, l'estremo atto d'amore di un uomo, disposto a sacrificare, molto, se non tutto ciò in cui aveva creduto, ciò che aveva fatto per un'intera esistenza, per un Bene Superiore, un'ideale che non sarebbe dovuto morire lentamente con lui, viziato dall'agonia, indebolito, fiaccato nell'essenza, prima della tomba. Coriolano, l'eroe, certo, vinto dal tradimento, che si arrendeva, consegnandosi al Nemico, nel pieno della consapevolezza, tradendo il proprio Paese, schiavo delle emozioni, del rancore. Dove perisse l'Eroe, ed iniziasse l'Antieroe? Era sufficiente il riscatto finale? Non lo era? Lo sarebbe stato? Quanto era pericoloso il Coriolano?
Era una questione di fede, naso, e gusto, non strumenti più o meno avanzati, che all'occorrenza sarebbe anche potuto essere semplice rintracciare, non studi filologici e storici di difficile conduzione, tutto poteva essere fatto, ma alla fine era pur sempre una personalissima decisione, e tale sarebbe rimasta.
Eppure, come ribattere alla giovane?
Un sorriso, un cenno del capo, un assenso, un agitare del dito?
In fondo, sarebbe stata una questione lunga, inutile scavarsi ulteriormente la tomba, era pur legittimo avere una certa giovanile preferenza per il Coriolano, William aveva indubbiamente avuto la sua parte, ed erano a posto così.


Anche il Coriolano non è solo luci, ma anche ombre, immagino conosca la tragedia sino all'ultimo Atto. Se dovessi scegliere, probabilmente la mia scelta ricadrebbe su Cincinnato, non le negherò che il Coriolano non abbia mai riscosso particolarmente il mio favore, ma anche questa è una questione de gustibus. Nel dubbio, comunque, scelga sempre, sarà comunque meglio che far scegliere inconsapevolmente ad altri, perché incontro a questo si andrebbe. La totale neutralità, l'ignavia, il disinteresse, o comunque voglia definirla, è una pia illusione che possa essere la soluzione ad un problema, nella maggior parte dei casi.

In fondo, una politica dei piccoli passi, era decisamente auspicabile in più d'un campo. Per quanto si fosse dimostrata croce e delizia di più di un esperimento, perché non tentarla di nuovo? Un nuovo grande sperimentalismo? Perché no? Si sarebbe potuto, certo, contro indicazioni? Non mancavano. Vero, ma era pur vero che il tentativo non avrebbe potuto generare chissà quali risultati catastrofici, sempre in tempo si era per cambiare rotta, di lì a centinaia d'anni, chi sarebbe stato presente, per contestare questo o quel risultato? Chi per incensare questo o quel decisore savio, ed avveduto? Un'agenda, fissare un'agenda, precisa, dettagliata. Ed iniziare. Ma in fondo, non era un problema suo. E ne era lungamente grato al Cielo. Non dover passare la giornata a risolvere problemi era ormai divenuta una tacita abitudine, che il solo pensiero di dover anche solo di dover ponderare il contrario, avrebbe portato più morte e distruzione, di quanto non avesse causato la peste, in cent'anni di piaghe. Era troppo vecchio per certe cose, ed anche per altre, ma non per tutte, quello no, quello non lo sarebbe mai stato.

Non ha nulla di che scusarsi, le ho chiesto io di essere sincera, se nel farlo, si lascia anche prendere dalla passione, quale migliore benedizione invocare? In fondo, per quanto mi riguarda ringrazio il cielo di non dover più risolvere problemi di tale portata, son troppo vecchio, lei invece, è troppo giovane, ma tra qualche anno, sarà sicuramente chiamata ad operare le sue scelte. Quindi, quale migliore occasione? Nulla da perdere, se non, certo, una preziosa parte del nostro Tempo, ma temo sia inevitabile, almeno questo. Del resto, mi trova abbastanza concorde, forse a sorpresa, ma son sempre stato un valido Alleato, ed Alfiere del progresso, e del cambiamento, nonostante le apparenze. A volte, son proprio i più giovani i più timorosi nei confronti dei cambiamenti, in quanto potenzialmente potrebbero essere quelli a perderci di più, chi è invece ormai al tramonto della propria esistenza, in alcune circostanze, potrebbe sorprendentemente essere più portato a sbilanciarsi in avanti, avendo relativamente poco da perdere. Spesso si punta sulla giovinezza, nella speranza che essa porti anche quel minimo di salutare e salubre innovazione, che però è destino non arrivi mai. Anche qui, si lasci guidare dal suo naso, nel dubbio!
Certo, una maggiore collaborazione potrebbe essere nell'interesse di tutti, quanto sia probabile che si verifichi, non so proprio. In fondo, se per l'appunto come scrivevo, il Ministero non riesce a prendersi il disturbo di un semplice comunicato stampa, temo che le faconde immaginifiche forze di Utopia siano ancora aldilà delle nostre possibilità, almeno per parecchi anni.


Ecco, lentamente le parentesi si chiudevano, la via si faceva più stretta, ardua, o piana. Il sentiero più lineare, chiaro, ma non per questo semplice, ed invitante. Atene. Era davvero possibile ipotizzare la possibilità che gli Ateniesi avessero dei compiti? Per certi versi ne avevano, per altri no. In fondo, non era un Corso, niente pergamene, consegne, aule, libri. Pur essendovi per certi versi tutto, e di più. Un discorso complicato, certo, che si sarebbe in buona parte svelato da sé, senza grandi problemi, a tempo debito. Nulla di che preoccuparsi, benché preoccuparsi in fondo fosse lecito. Che razza di informazioni poteva aver messo insieme? Perché l'aveva fatto, almeno da dichiarazioni. Qualcosa era stato pubblicato, non certo al meglio, ma qualcosa era andato. Chiarezza? Lo sarebbe davvero stata?

Dunque, personalmente ritengo nulla per cui debba sentirsi preoccupata, o in grado di prepararsi anticipatamente. Gli Ateniesi si contraddistinguono per un'elevata capacità di analisi e risoluzione di problemi, in situazioni di pericolo, immersi in un contesto ad altissimo contenuto storico, per così dire. Prendono liberamente parte ad una serie di escursioni, le cui dinamiche sono abbastanza imprevedibili anche per me, con l'unico compito di comprendere cosa accada intorno a loro, per uscirne, migliori di quanto non ve ne siano entrati. Gli Ateniesi viaggiano nella Storia, la Cultura è un prodotto dei Popoli e dei Tempi, quindi cambia per forza di cosa. Mi segue? Ma sono restio nell'indirizzarla troppo, finirebbe con il farsi suggestionare da quello che le ho detto, e rischiare di perdersi... altro?

Per certi versi era divertente, anche quello.
Una novizia, una nuova formula, applicata a qualcosa che non lo era.
E se fosse sempre stato così? In fondo non era così peregrina come idea.
Eppure, non c'era fretta.
Non ve ne sarebbe mai stata?
O forse sì?
Dannata fretta.



Mi adeguo di buona lena, non è mai un problema!
 
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Nell’udire quel nome, Cincinnato, che nell’etimologia faceva riferimento ai capelli riccioluti dell’uomo cui era stato attribuito, Elhena si accorse di aver commesso un errore. Aveva dato a una determinata sostanza una differente forma, una forma che a quella sostanza non si addiceva. Aveva chiamato qualcosa con un termine diverso da quello corretto, perché non sempre la memoria è in grado di riconnettere precisamente frammenti di informazioni accumulati durante le varie esperienze, letture, sedute di studio o ogni altro evento possa arricchire la psiche e la cultura dell’individuo.
E ora, cosa fare? Rivelare il proprio errore, scusarsi e ritornare sui propri passi, sopportando lo smacco di uno stupido sbaglio? Oppure tacere, ignorare il fatto e sorvolare, evitando di sbattere contro un ostacolo che poteva essere facilmente aggirato, almeno finché quest’ultimo non avesse preso a muoversi, a spostarsi, inseguendola come avrebbe fatto un missile a ricerca termica. Nella fattispecie, finché Peverell non avesse fatto presente il fatto, cosa finora non accaduta. Che anche l’anziano mago non si fosse accorto dello sbaglio della Tassina o avesse preferito non infierire, da educato ospite, per non metterla eccessivamente a disagio – la ragazza di questo sarebbe stata profondamente grata – era ignoto ad Elhena.
Parlare o tacere?
La giovane Prefetta valutò i pro e i contro di ciascuna ipotesi, in un tempo che, per quanto soggettivamente lungo, non occupò che pochi istanti di orologio. In fondo, ridotto alla sua minima essenza, il risultato non cambiava colore. Che si parlasse di un Coriolano o di un Cincinnato il senso non mutava. Sia uno sia l’altro, affiancati alla pallida figura e, purtroppo, bistrattata figura di Celestino, emanavano un’aura di forza e potenza. Perché, a ben vedere, di questo si trattava: forza contro debolezza. Ardore contro apatia. Azione contro inazione.
Inoltre sarebbe stato assai sciocco tirarsi la zappa sui piedi, per citare un Babbano modo di dire, rivelando il proprio errore, quasi per eccesso di onestà. Dopotutto l’evitare di rimarcare ogni singola sbavatura del discorso, discorso tra l’altro portato avanti a braccio senza preparazione a priori alcuna, non coincideva necessariamente con la menzogna, ma solo con quel pizzico di furbizia utile a non perire in un mondo ostile contro chi non era sveglio di mente.
Dall’altra parte, però, tacere avrebbe gettato un’ombra sul piacevole dialogo, un alone che avrebbe disturbato in seguito la Tassina, financo fosse stata l’unica a percepirlo, aggravando gli incontri successivi con il peso di una minuscola zavorra. Con la convinzione – anzi, la speranza cieca – che il professore avrebbe scusato l’errore e non si sarebbe lasciato influenzare da quel singolo particolare, Elhena parlò.

“La prego di scusarmi, ma devo aver fatto confusione tra le diverse nozioni in mio possesso circa la storia e la mitologia dell’Antica Roma. Pensando in realtà a Cincinnato, ho nominato Coriolano. Spero che lei capisca come, se si è giovani, inesperti e non dotati di una memoria eidetica, l’errore sia sempre possibile. Purtroppo la mia mente non è una perfetta enciclopedia. Poche hanno questo privilegio , vero? Comunque, la mia risposta non cambia. Celestino continua a non godere del mio favore.”

Oh, la bellezza di un pondo tolto dallo stomaco prima ancora che ivi si depositasse. Seguì una sensazione di leggerezza e luce.
“Se permette, aggiungerei un’ultima considerazione sulla neutralità. Credo che, collocata nel pratico, la neutralità non sia sempre negativa. Dipende anche dalle dimensioni su cui ci si concentra. Un re che decidesse di non condurre il proprio Paese in guerra sapendo che i risultati sarebbero disastrosi per mancanza di risorse monetarie o militari, non sarebbe codardo ma saggio. E anche in questo frangente il primo errore da cui fuggire è di non fare di tutta l’erba un fascio. ”
La giovane si concesse un istante di quiete per riprendere fiato, riposare le labbra e riordinare i pensieri, come un atleta in defaticamento al termine di una corsa. Più ci si avvicinava alla meta, più le parole acquisivano peso, ciascuna doveva trasmettere il sincero interesse della Tassa e la sua volontà di un miglioramento continuo. Come conferire una maggiore dignità a una motivazione che, nella sua semplicità, altri non era se non il desiderio di migliorarsi e di acquisire sempre più esperienza e saggezza, che della prima era figlia e sorella?
“Ammetto di essere sorpresa di questa nuova prospettiva, dei vecchi aperti al progresso perché non ne saranno toccati più di tanto.”
Un commento buttato lì in risposta, quello che, in altra occasione, avrebbe potuto essere il trampolino di lancio per un nuovo e fertile dibattito, se solo il tempo non fosse stato tiranno. Sfortunatamente così non era, né la Tassina aveva la sfacciataggine di approfittare più del necessario dell’ospitalità di Peverell. Decise per ora di lasciar cadere l’argomento, privo di una soluzione definitiva del resto, e di volgere le proprie energie alla Scuola di Atene.
Le sovvenne di come avesse avuto l’abitudine, fino a pochi mesi prima, di considerare Storia della Magia come una delle sue materie preferite, seconda solo a Trasfigurazione, prima che l’alternanza di insegnanti passeggeri, scomparsi prima di imprimere il segno nel ricordo degli studenti, contribuisse a far scemare l’interesse della ragazza verso la materia. Sperava che con Peverell, con le credenziali di cui si fregiava, la passione potesse riaccendersi.
Passeggiate in luoghi ricchi di storia? Non negava che la frase avesse suscitato con immediatezza scenari esotici, anche per influenza dei film di Indiana Jones visti da bambina misti ai racconti dei viaggi di Laurence, passione della ragazza, ricchi di mistero e di avventura. La fantasia volava. Fu prontamente riacciuffata da una logica più severa. Non era il tempo o il luogo di abbandonarsi a voli pindarici.

“Con passeggiate, con viaggi nella Storia, lei intende visite a luoghi che sono stati testimoni di eventi storici e che ancora ne conservano la memoria, ipotizzo, o qualcosa di più … peculiare. Viaggi nel tempo, insomma? Le escursioni della Scuola di Atene sono solo nello spazio o c’è qualcosa di più? E in caso di risposta affermativa a favore della seconda ipotesi, immagino la massima attenzione a non alterare i flussi storici. Comunque, mi piacerebbe scoprilo di persona.”
Ecco, nella massima sincerità, il succo della questione.
 
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view post Posted on 29/12/2014, 09:16
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Una piega del tutto inaspettata? Come prevedere ciò che di lì a pochi attimi sarebbe accaduto. Era tornato ad una delle attività che in fondo meglio gli riuscivano, nonostante si dedicasse per dovere e diletto ad altro: sorseggiare una buona tazza di The, ascoltando un lieto ospite, possibilmente senza troppi problemi per capello. In fondo, fiumi di The, una serata pacificamente quieta, investibile in quanto la Tuke avesse deciso, purchè non fosse troppo distante dalla comune definizione di accettabile, per quanto, del resto, se la Tuke avesse scelto picche, difficilmente se ne sarebbe usciti, con quadri. Certo, da lì a pensare che in fondo tutto si fosse basato su un fraintendimento di fondo, sarebbe stato tanto improbabile, da non essere prevedibile. Il Coriolano, a modo suo, era una figura altrettanto particolare, forse più vicina alla natura stessa di Celestino, un confronto era possibile, discutibile, non era scontato cosa sarebbe emerso dal dibattito. Cincinnato era su un altro livello, lo era da sempre, l’archetipo perfetto del servitore dello Stato, senza macchia, Pater Patriae, Imperator, Dictator, salvatore dello Stato, probabilmente senza di lui la Storia non sarebbe nemmeno stata la stessa, cosa ne sarebbe stato di Roma? Una provincia marginale di Cartagine, una città ai margini di un impero marittimo, africano, priva di arte e parte, destinata ad una lunga agonia, dopo aver assaggiato per una breve parentesi di pochi anni la vera gloria. Probabilmente non sarebbe nemmeno esistita Hogwarts, l’Europa si sarebbe limitata a qualche ascia sventolata con baldanza sopra elmi di cuoio, e tutto si sarebbe limitato all’effimero del Barbaro. Non avrebbero vissuto la tragedia di un nuovo 476, certo, le legioni non si sarebbero ritirate dalle Isole, ma cosa ne sarebbe stato? Un medioevo ellenico duraturo, lungo migliaia di anni, prima di cosa? Chi sarebbe stato la scintilla scatenante di quelle ripartenze europee, che li avevano portati a conquistare il Mondo? L’Impero ci sarebbe stato? Sarebbero stati invasi dai cinesi? Dai Giapponesi? Stanchi dell’isolazionismo autoimposto, non sarebbero servite fregate e cannoni come biglietti da visita? O le fregate sarebbero giunte dalla direzione opposta? Un’avventura decisamente interessante per gli Ateniesi, forse un po’ lunga, ecco, aldilà di ogni suo sperimentalismo. Eppure…
Possibile che tutto si basasse su un semplice lapsus? Da lì a farne una colpa, ne sarebbe comunque sempre corso, ed anche molto. Colpa di che cosa? Sin lì era rimasto più che stupito che una giovane studentessa dei primi anni, o anche se fosse stata degli ultimi, avesse sentito parlare di Coriolano, Celestino, scoprire una clessidra più tardi che in realtà la conversazione era vertita su Cincinnato, sembrava quasi voler essere semplice ironia, una postilla. Certo, il dibattito ne sarebbe stato immediatamente soffocato, cosa eccepire? Nessuno era perfetto, la memoria era qualcosa di pochi, per pochi, e tale sarebbe rimasta. Ricordarsi qualcosa, figurarsi.


Effettivamente ora mi è più chiara la sua scarsa esitazione, pochi potrebbero, ed ancora meno lo ammetterebbero. Cincinnato è un eroe senza macchia, un divo, temo che le notevoli virtù di Celestino, innanzi a tale magnitudine non possano che sciogliersi al Sole. A posteriori ne sarebbe risultato un confronto azzardato, impietoso, mentre grazie al suo lapsus, abbiamo avuto modo di prenderla più alla larga. La neutralità è sempre una soluzione temporanea, l’indice di una qualche insita debolezza, che potrebbe solo accelerare l’inevitabile. La neutralità deve essere riconosciuta da tutti i combattenti, per quanto saggio un Re che si dichiarasse neutrale per penuria di risorse, quanto crede che durerebbe, nel mezzo di una guerra magica? La neutralità il più delle volte è riconosciuta per interesse reciproco di tutti, se si ha interesse nei confronti di qualcuno, questo qualcuno deve avere una qualche posizione di forza, la neutralità non è quindi una decisione imposta dalle circostanze, mi segue? Allo stesso tempo, non sempre è possibile dichiararsi neutrali, nonostante l’interesse che potrebbe avere una parte, non è detto che l’altra lo riconoscerebbe, dichiararsi neutrali, equivarrebbe quindi ad essere neutrali per gli uni, e comunque nemici degli altri, venendo meno il senso stesso alla base della dichiarazione. Pensi semplicemente a Bene, e Male, la dicotomia per eccellenza, la più triviale di tutte, e la più dirimente, quando sarà il momento chiunque sarà chiamato a scegliere, e dovrà farlo, la neutralità non sarà più sufficiente. Nonostante tutta la saggezza insita nella moderazione, non sempre si può restare neutrali, farlo sarebbe un Male per noi stessi, gli ignavi formerebbero un pericolosissimo terzo fronte, che diverrebbe all’atto della sua costituzione il bersaglio di una temporanea alleanza di Bene, e Male, per annichilire qualcosa che potrebbe sovvertire equilibri di potere millenari. Non si può restare neutrali per sempre, non è storicamente possibile.

L’enfasi del parlato, la forza degli occhi, la determinazione che trasudava in quella che sembrava una Teoria a lungo dibattuta sembravano aver preso l’anziano Mago, in un’improvvisata, ma non troppo, filippica. In fondo, anche quella era Storia, le dicotomie e le profezie ne erano una parte importante, il piatto forte, al centro di ogni qual volta popoli e razze diverse decidessero, nel corso dei millenni, infine, di tirare su la cresta, e tornare a farsi sentire. Stagioni intense della Storia dell’Uomo, stagioni vive, permeate di energie arcane, violente, materia di studio, fonte di passione, interesse, dannazione, croce e delizia del fior fiore di studiosi, che si andavano susseguendo nel corso dei secoli, come foglie. Con il tempo, sostrato perfetto per la fertile sagacia dei Poeti, e dei Bardi, che muovevano i loro primi passi dagli orrori, e dai successi della quiete di chi era venuto, per placare la loro irrequietezza, dar sfogo al loro estro, conquistare gli animi, e le menti, di chi sarebbe venuto. In tutto ciò, l’impensabile, si stupivano in molti, innanzi all’ovvio, per chi avesse ormai da tempo maturato i requisiti per una gloriosa e calma pensione. I vecchi erano sì propensi al cambiamento, forse non tutti certo, ma potevano esserlo, statisticamente con probabilità migliori, essendo un campione decisamente più concentrato, di quanto non fossero i giovani. Vero, falso?
Tornò a sorridere, divertito, alla giovane.


Le racconto un forse divertente aneddoto, che spero voglia almeno lasciarle di che pensare. Certo non tutti i più anziani di noi sono così anelanti ai cambiamenti, ma è bene diffidare dai luoghi comuni, come sto cercando di farle capire, ancora più di quanto già lei non fosse abituata a fare, in fondo, perdoni la modestia, ma sono un suo Professore, ed è sempre il momento giusto per imparare qualcosa. Ad ogni modo dicevo: ai tempi dei miei primi anni ad Hogwarts, le lascio immaginare quanto tempo fa, Volo era un Corso opzionale, dalla breve durata, frequentabile nell’arco dei primi due anni. Non essendo mai stato un patito delle scope, o del Quidditch, ero risoluto nel posticipare di quanto più possibile l’agonia di un semestre a cavallo di una scopa, i meriti sportivi esercitavano su di me una deterrenza tale, da essere secondi forse solo a quella che avrei poi scoperto essere Divinazione. Ovviamente l’illustre e molto nobile casato dei Peverell non aveva alcuna intenzione di non vedermi nella squadra di Tassorosso, ed ai miei tempi, a differenza di oggi, lo spazio di manovra nei confronti del volere dei propri Genitori era infinitamente ridotto, se non nullo. Un mio trisavolo, all’epoca, immagino oggi potrebbe vantare qualche anno più della mia scrivania, sosteneva da sempre la necessità di tornare alla Caccia al Babbano, disertando il Quidditch, che a suo dire era perfettamente inutile, ed in merito si era prodigato in tutte le sedi competenti, perché il Ministero ne riammettesse la legittimità, almeno giuridica. In lui, per così dire trovavo una certa sponda, per quanto fossi ancora meno interessato per ovvie ragioni a questa nuova riedizione di uno Sport ormai antistorico, di quanto già non fossi al Quidditch, son certo che questo mio trisavolo fosse meglio disposto al cambiamento, di molti valenti giovanotti che di lì a qualche anno avrei avuto modo di conoscere, in giro per il Mondo.

Il trisavolo, e le sue stramberie. Per certi versi aveva preso molto da lui, non avrebbe approvato, indubbiamente, un filobabbano, sarebbe stato l’onta del casato sino a qualche secolo addietro, ma tutto era destinato a cambiare, ed ormai il trisavolo era polvere, già da un po’. Lentamente tornavano ad appropinquarsi al piatto forte della serata, Atene. L’Ufficio sembrava voler trattenere le forze, il respiro, per bersi quelle ultime parole, prima di tornare ad una nuova sessione di quieto vivere. Una replica pacata, in un oceano di convenevoli, garbo, formule fisse, gentilezze, la cavalleria non era morta, andava solo cercata, certo, i cavalieri avevano ormai cent’anni, ma esistevano ancora, ed erano lì, quasi a voler sfidare il Mondo, e le sue nuove rozze regole, il suo nuovo stile di vita, frettoloso, frivolo, irriverente per il piacere del dettaglio, e del particolare. Che fosse quella la contraddizione in termini, portata ad ennesima potenza? Erano ancora lì. Legittime preoccupazioni venivano mano mano eccepite, quando vi aveva speso a sua volta? I mesi, forse anche gli anni, prima che quel minimo andasse al proprio posto, ed ancora allora, molto si sarebbe potuto scoprire, erano solo sulla spiaggia di un oceano, detto conoscenza, Magia era tanto vasta, da essere inconcepibile anche solo ipotizzare cosa potesse esservi oltre i primi metri della riva, quando ancora si intravedeva il fondale, centinaia d’anni di ricerca e l’oceano era ancora lì, inevaso, inesausto, intatto, inesplorato, e tale sarebbe rimasto, per quanto? Era destino che tale rimanesse, sino a quando?

Entrambe le cose, senza però le legittime preoccupazioni che andava sollevando. Gli Ateniesi hanno la possibilità di esplorare i meandri del Tempo, alterarlo alla radice, anche profondamente, risalendo una nuova corrente di quello stesso Tempo Passato, che però per forza di cosa sappiamo non potrà realizzarsi mai. In fondo, viviamo in uno dei possibili passati possibili, certo, ma è poi così sicura che sia anche il migliore? Non usiamo una Giratempo per escursioni di Gruppo, se è questo che la preoccupa, i limiti che un approccio del genere potrebbe nascondere sarebbero talmente rilevanti, ed i rischi tanto catastrofici, da avermi spinto a suo tempo a scartare l’eventualità, ed in fondo non sarebbe nemmeno lo scopo di Atene.

Tutto, e niente.
Come sempre.

 
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view post Posted on 31/12/2014, 11:02
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“La ringrazio per la comprensione” rispose Elhena, annuendo appena. La ruga che attraversava la fronte, corrugandone la superficie altrimenti liscia, si spianò e un osservatore attento avrebbe potuto notare come la posa della studentessa perdesse quella rigidità che l’imbarazzo per l’errore le aveva fatto acquisire.
Parole magari di circostanza, ma sentite dalla ragazza, che si sporse in avanti a prendere la tazza ormai vuota e a posarsela in grembo, stretta fra le mani a coppa. Altrimenti le dita avrebbero finito con lo strappare la stoffa della gonna. La ragazza non aveva controllo su quei gesti, quei minuscoli tic, quel muovere incessantemente le mani o mordersi le labbra o attorcigliare ciocche di capelli attorno al polso, ma quando se ne accorgeva, impegnava tutta se stessa per farli cessare.
Tenere qualcosa in mano le dava un'illusione, una parvenza di tranquillità.
Contenta che l'equivoco si fosse chiarito senza spargimenti di sangue cerebrale, pensò che fosse venuto il momento di lasciare cadere anche la discussione sul potere.
Non tutto il male viene per nuocere
Soffocò una risata pacata ed educata in uno sbuffo, sollevando il mento e fissando davvero negli occhi il suo interlocutore. Per la prima volta da quando si era seduta, permise a se stessa di studiare il viso del proprio ospite, vincendo la repulsione dell’essere osservata a sua volta, esaminata da una persona che era poco più di uno sconosciuto. Non amava essere guardata Elhena, non amava sentire su di se gli sguardi della gente, degli altri, come se le iridi altrui potessero ferirla e violarla. Così, con uno sforzo di volontà per lei non indifferente, che le stringeva la bocca dello stomaco in una morsa di nausea figlia del panico, cercava di guardare la persona che di volta in volta si trovava di fronte, ma dopo pochi minuti, la timidezza prendeva il sopravvento e la Tassa correva ad osservare qualche punto lontano. Le pupille spaziavano per l’ambiente e quel fissare da sotto in su che in un altro contesto sarebbe stato considerato un’ottima tecnica di seduzione, per la ragazza non era altri che il frutto di una lotta interiore tra una parte del cervello che imponeva la fuga e un’altra che ordinava l’esatto opposto. Lotta tra la buona educazione occidentale e il proprio benessere.
Ora si chiedeva quanto potesse essere vecchio Peverell. Più di suo nonno, senza dubbio, ma fino a che punto? Era possibile che la sua età sfiorasse o superasse il secolo? Non aveva l’aspetto di un centenario, ma non si poteva mai sapere. Chi le assicurava che non fosse invecchiato davvero molto bene, mantenendo la mente sveglia e il corpo sano secondo il celebre detto latino, ridotto da massima di salute a marchio sportivo?
Di quanti eventi, magici e non, era stato testimone?
E, in fondo, che importanza aveva in quel momento?
Elhena si accorse di aver posato di nuovo la tazza sulla scrivania, sovrappensiero; scoprì di avere ambo le mani chiuse a pugno, strette così forte che solo un’istintiva repulsione per il dolore impediva alle unghie di conficcarsi nella carne fino a far sgorgare il sangue. Un tremito lieve scuoteva le gambe per tutta la loro lunghezza, ma non era paura. Era rabbia.
Per la seconda volta, Peverell, pur inconsapevolmente, toccava il punto debole della Prefetta. Il suo berseker button, il tasto dolente, quello capace di trasformare la persona più tranquilla in una furia.
Caccia al Babbano.
Sapeva che era assurdo indignarsi tanto per il passato, era come gridare allo scandalo del trovare una donna di colore a fare da cameriera in un romanzo ambientato nel Missouri degli anni Cinquanta. Per parafrasare Benedetto Croce, sprecavano il fiato coloro che puntavano il dito contro le pratiche di un popolo del passato, come schiavitù e sacrifici, se quelle stesse pratiche costituivano per l’epoca la norma.
Peccato che Elhena nutrisse seri dubbi sull’idea che tutto nella Storia fosse Ragionevole e degno di giustificazione, perché figlio del suo tempo.
Deglutì, accorgendosi di avere la bocca improvvisamente secca. Afferrò la punta della cravatta giallo-nera, che spuntava da sotto il maglioncino come un serpente dalla sua tana, e la avvolse attorno al polso. Scrociò le caviglie, fece aderire entrambe le piante dei piedi, avvolti in morbidi mocassini, sul freddo pavimento di piedi, incrociò di nuovo le caviglie.

“Non sono convinta che il voler cambiare il programma scolastico per tornare ad un hobby per me barbaro sia il miglior esempio di cambiamento positivo” commentò, con la voce che si abbassava quasi in un sibilo “Ma ho ancora molto da imparare e potrei aver frainteso”.
Distolse lo sguardo dall’anziano docente, lasciando che le parole del maestro sulla Scuola di Atene e le sue attività agissero su di lei come un balsamo calmante. La mente fu invasa da scenari dall’altri tempi, misteriose civiltà ormai perdute, sepolte sotto le sabbie, perse nella giungla più intricata, inabissate nell’oceano, tornavano in vita grazie alla magia; ma forse stava solo correndo troppo con l’immaginazione.
Era un enorme puzzle, un complicato mosaico cui mancavano i tasselli – di cui Peverell era estremamente parco – e che la Tassa aspirava a completare.

* Usa il cervello *
“C’è un aspetto che mi sfugge. Lei ha parlato di un Passato Irrealizzabile, ma il passato è appunto… passato. E se anche si tornasse indietro nel tempo, in un momento X, quello non sarebbe più passato, ma presente. E tutto quanto verrà dopo X, futuro” obiettò. Era tornata calma. La testa macinava informazioni, valutando ipotesi e scartando quelle che parevano errate. dati gli avvenimenti recenti pochi si potevano permettere il lusso di pensare con tranquillità.
“A meno che gli ateniesi non viaggino su una linea temporale unica, ma su più linee. Tra universi paralleli, come in una ragnatela!” esclamò e gli occhi, tendenti più al verde che all’azzurro nella penombra dell’ufficio, brillarono per l’eccitazione di aver trovato un possibile appiglio.
“Ipotizziamo che ad ogni decisione si creino due universi. O più. Tanti quante le opzioni di scelta. Come in Sliding Doors. E sempre, così, ad ogni bivio. Significherebbe che esistono infiniti universi alternativi al nostro, alcuni molto simili, altri diversissimi, ma proprio perché “altri da noi”, sono irrealizzabili. Forse è questo che lei intende con Passato Irrealizzabile. O sono su una strada del tutto sbagliata?”
Gli angoli della bocca, prima tremanti d’ira, si curvarono all’insù in un accenno di sorriso speranzoso.


O.T L’ispirazione vien scrivendo. Come sai, se hai letto la scheda pg (e se no, lo saprai adesso), Elhena è una Rettilofona ancora inesperta. Quando è in stato emotivo alterato, soprattutto arrabbiata, la voce muta in sibilo, metaforicamente e letteralmente. Insomma, c’è il rischio che le sfugga qualche parola in Serpentese Non era qualcosa che avessi previsto quando ho iniziato a preparare il post.
 
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view post Posted on 2/1/2015, 20:22
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Comprensione. In fondo, tutto si basava su quel piccolo cruciale dettaglino, era indispensabile, quanto la fede in una chiesa, e la fiducia in un mercato finanziario, senza comprensione, come avrebbero potuto fare? Non si sarebbe fatto, non poteva esserci soluzione alcuna, se non vi fosse stata, sarebbe venuta meno la premessa a qualunque cosa sarebbe mai potuta seguire. Un errore, un semplice errore non poteva essere nulla, e non lo sarebbe stato. Era già passato, trascorso, dimenticato, orbato nei meandri del tempo, e dello spazio, e tale sarebbe continuato a rimanere per tempo. Tutto correva avanti, il Tempo sembrava voler fagocitare ogni singolo pensiero, libarsene, nutrirsene, alimentare quel suo millenario ego mastodontico, perennemente in cerca di una qualche conferma, una rassicurazione di sorta, come se in fondo qualcuno potesse metterlo in dubbio, in verifica. Certo, la giovane studentessa dava segnali di un certo nervosismo, altalenante, un succedersi di gesti, espressioni curiose, tra il rigido ed il semirigido, per quanto il succedersi dei colpi di scena fossero inaspettati per lui, evidentemente dovevano esserlo anche per lei, era inevitabile che andasse così. Il nervosismo che fosse anche in parte dovuto? Era pur sempre lei ad aver cercato quell’incontro, per quanto potesse aver preparato la cosa, la piega che la stessa aveva ormai presa doveva essere del tutto inaspettata ed imprevedibile, anche per la più celebre e nota delle veggenti, ed era lei a poterci materialmente perdere qualcosa. Per quanto fosse ormai lontano nel tempo, ricordava ancora qualche sparuto incontro con i suoi Professori, ai tempi della Scuola, un’altra epoca, altre cose, altre Storie, per quanto diverso, in fondo quanto era cambiato? Perchè era cambiato? Lo era davvero? O non lo era davvero? Che fosse cambiato tutto, perché alla fine non cambiasse nulla? Che fosse anche quella sempre la solita Storia?
Eppure, inconsapevolmente, ecco che il trisavolo aveva nuovamente colpito duro, che la giovane non la pensasse propriamente così sembrava evidente, così come anche che fosse restia nel manifestarlo troppo apertamente, come del resto era evidente a chiunque l’inutile seviziosa crudeltà di una pratica di tal fatta. Eppure, che ci potesse essere il dubbio? Un fraintendimento? Che dovesse farsene inconsapevolmente carico? Che dovesse invece sgombrare il campo? Del resto, era comunque qualcosa di positivo, il cambiamento, in qualunque salsa venisse proposto, era pur sempre un cambiamento, una crepa nella banale sterile ripetizione, della quotidianità, un tentativo, per quanto ancora un germe, passibile di controlli e verifiche. E tale sarebbe sempre rimasto. Ucciderlo, a prescindere, avrebbe avuto senso? Quanto? Perché? Una sponda, innanzi alla possibilità di dover tacitamente giocare ad un altrettanto stupido gioco, non poteva essere il germe di una geniale innovazione? Un passo avanti, decisivo, notevole, il primo di una lunga serie, verso qualcosa di meno radicale, ma più incisivo. Quanto il trisavolo, in fondo, credesse e confidasse nel suo progetto veramente, non era dato saperlo. Ma era sempre stato, nella sua eccentricità, una persona di fine intelletto, che non si fosse giocato tutto in enoteca, era più di una probabilità. Che fosse tempo di rasserenamenti?


Vede, non ho la presunzione di avere tutte le risposte, ma comunque per arrivare ad un cambiamento positivo, è essenziale un cambiamento, qualcosa che non è mai del tutto banale, e scontata, ma dev’essere perseguita, e conquistata con perseveranza, e cocciutaggine il più delle volte. Per quanto trovi indiscutibile la natura barbara del passatempo originalmente concepito, perché escluderne modifiche? E se la conoscenza babbana dei Maghi potesse un giorno decollare proprio da lì? In generale gli assoluti son decisioni rischiose, quanto sofferte, potremmo finire con il pagarne le conseguenze, anche inaspettatamente, per quanto mossi dai migliori intenti.

C’era anche un’altra questione, taciuta, che sembrava passata sotto silenzio, sfuggita a quella serie di analisi puntuali? Il sibilo. Eppure, sembrava non averci prestato più di quel tanto, forse preso da altro, forse da profonde elucubrazioni. Il Passato stava già tornando? Atene, il suo potere, le sue brame, le sue oscure malie, l’eterno ritorno? Era passato, ma non lo era del tutto, non definitivamente. Il Passato poteva e non poteva essere cambiato, a determinate condizioni, ma perché cambiarlo? E se lo si fosse fatto, che sarebbe accaduto? Se anche solo si fosse perso un fatidico Quid, e fossero saltate generazioni di progresso tecnologico? Sarebbero tornati alle caverne, per lo sfizio di una banda di dodicenni, ed un vecchio eccentrico? Probabilmente non glielo avrebbero nemmeno permesso, sul nascere. Avrebbe avuto senso. Mettere a repentaglio millenni di sviluppo, per qualche escursione scolastica? Non più di tanto, effettivamente. Ma c’era sempre una seconda soluzione. Che del resto anche la giovane iniziava ad intravedere. Certo, il tutto sfuggiva alla comprensione, anche dei più saggi, i limiti della prevedibilità di tutto ciò erano direttamente legati alla mole di possibili ramificazioni, dovute alle scelte dei singoli individui, l’albero andava arricchendosi, non sempre, non tutto era fogliame fresco, e mai lo sarebbe stato, ma una parte dei contributi venivano da lì, sarebbero sempre venuti da lì. In tutto ciò, la principale leva d’azione, erano sempre state le Profezie. Per quanto ambigue e sfuggevoli, avevano il potere di indicare quali svolte erano state imboccate, quali sarebbero state prese, ed a quali condizioni, a quali costi. Sorrise, che stessero addivenendo ad una soluzione?

Per quanto ignori Sliding Doors, temo di non averlo mai letto, ritengo che tutto sommato la sua intuizione sia corretta. Gli Ateniesi abitualmente risalgono l’albero, tornando indietro di qualche secolo, ed innestando da lì il ramo di una nuova profezia dormiente, che tale è destinata a rimanere, essendo il tempo ormai già trascorso. Per quanto sia quindi un’attività estremamente rischiosa da farsi nel presente, per le imprevedibili conseguenze che potrebbe avere sul futuro di tutti, domani, agendo su un Passato ormai irrealizzabile, i rischi vengono ridotti di molto, per quanto, certo, ne rimangano alcuni, non così trascurabili. Mi segue? Ovviamente non tutte le decisioni creano bivi nell’albero, ma quelle più rilevanti, secondo le logiche della Tuke, che però son destinate ad essere aliene alla nostra comprensione. Penso quindi di poter affermare con una certa sicurezza, che gli Ateniesi viaggino nella Storia, non senza qualche rischio, certo.

In fondo, cosa c’era di male? Per quanto non sembrasse aver mai destato l’interesse della stampa, e dell’informazione, era pur sempre un argomento anche quello. E discuterne nulla toglieva al resto, come avrebbe potuto? Avrebbe persino potuto aiutarlo? Era una possibilità, perché lo era, reale, perché non sfruttarla? Un sorriso, benevolo, in fondo, era una lezione anche quella, come sarebbe potuto non esserlo?

 
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La caccia come prima via di incontro?
Ci sarebbe stato da discutere per innumerevoli giri di clessidra sulla bontà o meno di una simile affermazione, per dimostrare quanto potesse essere crudelmente superficiale o sottilmente geniale, a seconda del punto di vista e delle convinzioni di chi sosteneva ora una tesi, ora un’altra. Tuttavia la Tassina sentiva come il proprio autocontrollo, così faticosamente riconquistato, avrebbe potuto squagliarsi all'istante come un ghiacciolo alla ciliegia sotto il sole d’agosto del Sahara se solo l’argomento fosse stato toccato o, peggio, sviscerato nei successivi istanti.
Da parte sua, riteneva assai sciocco, quasi puerile, credere che tra i maghi e i Babbani si sarebbe instaurato un rapporto positivo, di reciproca fiducia, se i secondi avessero visto i primi come i loro cacciatori, misteriosi, usciti da chissà dove e capaci di uccidere in un colpo senza lasciare traccia del proprio passaggio. Al contrario sarebbe stata minato sul nascere ogni embrione di fiducia reciproca tra le due fazioni.
In fondo, considerò la Tassa, si trattava solo di sottigliezze, di minuzie e sfumature. Esistevano numerose sfaccettature di quello che veniva chiamato razzismo e, di sicuro, nessuno, nemmeno lei, ne era del tutto immune. Nella propria ingenua inconsapevolezza, era quasi impossibile essere certi che una frase pronunciata con le migliori intenzioni non fosse potenzialmente offensiva. Perché, del resto, affermare che la caccia al Babbano potesse diventare, in mancanza di opzioni migliori, il modo per svelare ai non Maghi la presenza di un mondo gemello rimasto nascosto per cinquecento anni e passa e porre le basi per una successiva collaborazione, rasentava il ridicolo. Sarebbe stato come dotare le anatre di parola prima e spronarle, poi, a camminare fianco a fianco a coloro che le impallinavano ogni autunno, che uccidevano compagni e cuccioli.
“Non sapevamo come rivelarvi la nostra esistenza, così abbiamo pensato che usarvi come prede! Vi dispiace mica?”
L’umorismo nero strappava un sorriso che poco aveva di allegro, di chi ride perché tutti gli altri stanno ridendo e sarebbe imbarazzante non imitarli.
Pensò che ci fosse sempre, in sordina, un certo paternalismo magico nei confronti di chi, invece, magico non era, l’abitudine a considerarsi superiori per un dono ricevuto dal Cielo e di cui, ancora, non si conosceva l’effettiva provenienza. E soprattutto, così lampante da non essere vista, come l’evangelica trave nell’occhio di cui l’uomo non si accorge, troppo preoccupato del bruscolo nell’occhio del compagno, troneggiava l’amara ironia di tutta la faccenda. Perché si cacciano gli animali, non le persone.
Cacciare i Babbani, così come essi avevano cacciato i Maghi. Rendere loro pan per focaccia. Infine, spacciarsi per amici. No, non poteva funzionare. Inoltre, nulla assicurava che i Babbani non avrebbero reagito e, a ben vedere, avevano i mezzi per farlo. Eccome se ne avevano. Questi i pensieri che le frullavano in testa, ma che non aveva la forza mentale di trasformare da brandelli sparsi, connessi solo a livello quasi inconscio, in parole e frasi dotate di una loro propria logica.

“Non sono affatto convinta che la “caccia al Babbano” potrebbe essere il metodo migliore per stabilire una qualsivoglia forma di contatta, ma ci rifletterò su. A mente fredda” acconsentì Elhena e, dal tono della sua voce, dovette essere chiaro come il dibattito su quel punto fosse concluso. Solo il primo round, era sottinteso.
Scrocchiò le dita senza pensarci e quel rumore secco coprì il battito appena accelerato del suo cuore. Oh, non rimpiangeva affatto di aver bussato alla porta di Peverell, invece di migrare verso lidi più sicuri, alias la Sala Comune Tassorosso, dove recuperare lo studio arretrato, ahimé sempre presente, e riposare un poco, prima che le occhiaie la facessero somigliare a un panda gigante. Eppure, ancora si chiedeva se fosse stata una buona idea, domandandosi tra sé e sé quale impressione stesse facendo al ben più navigato docente. Positiva? Negativa? Una volta abbandonata quella stanza, si sarebbe ricordato in qualche modo di lei o sarebbe rimasta solo quale viso fluttuante in mezzo a tanti, destinato a dissolversi dalla memoria dopo pochi giorni?
Infine, tutto tornava alla principale ragione che ivi l’aveva condotta: la Scuola di Atene. Essa attirava ogni filo del discorso come una calamita avrebbe fatto col ferro.

*Tutte le strade portano a Roma*
“Temo di non capire” confessò, preferendo la sincerità ad un inutile arrampicarsi sugli specchi. In fondo, che l’argomento Tempo e affiliati facessero scervellare savi e non fin dall’inizio del Mondo non era affatto una novità. Prima che il filosofo francese Bergson trasformasse l’idea di Tempo da istante a durata, introducendo – o rispolverando – l’opposizione soggettivo versus oggettivo, poi avvalorata in ambito scientifico da Einstein e promossa in quello letterario da Proust, prima che Sant’Agostino alzasse bandiera bianca nel tentativo di dare una definizione del Tempo, già nella Preistoria ogni popolo e cultura aveva sviluppato la propria concezione personale dello scorrere dei giorni, delle stagioni e degli anni.
Cercare di comprendere cosa fosse il Passato, cosa il Futuro, cosa il Presente, era sufficiente per far impazzire un uomo. Perché il Tempo scorreva in un senso e non in un altro? Era davvero una freccia puntata teleologicamente verso una destinazione ultima, secondo la concezione cristiana, oppure girava in tondo, tornando periodicamente sui suoi passi.
La fine di tutto è anche un nuovo inizio. Tutto quanto è, è già stato e sempre sarà. Forse bisognava essere folli per capirci qualcosa.
“Sliding Doors è un film, non un romanzo, su una giovane che in una realtà prende la metropolitana e nell'altra no, generando due linee temporali diverse” ci tenne a precisare, soffocando un mezzo sorriso. “Non comprendo l’utilità dell’impiantare Profezie dormienti. Capisco il viaggiare nel Tempo per essere testimoni diretti di un fatto o, al massimo recuperare un artefatto, sempre che questo non distorca il flusso temporale. Mi perdoni, ma mi sfugge cosa Lei intenda con Profezia dormiente. Gli Ateniesi rivelano brandelli del Futuro da cui provengono, rispetto al Passato in cui viaggiano, e lo nascondono sotto forma di Profezia? Se si vuole evitare di, mi passi il termine, giocare col Tempo, influenzare il Passato con una Profezia potrebbe aver conseguenze negative. Se la si nasconde perché nessuno possa trovarla, allora perché seminarla? A meno che Il Tempo non sia un rete ben più complessa di quello che la mente umana può concepire, così che modificare il Passato non agisce sul Futuro da cui si proviene, che è già esistente, pur su un altro livello, ma genera un nuovo ramo e un nuovo sviluppo. Mi scusi, sto facendo ipotesi.”
La letteratura e la cinematografia sull'argomento tempo, dopotutto, abbondavano, dalle disavventure di Ritorno al Futuro, al paradosso di Benjamin Button, passando per le toccanti vicende narrate in “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo”.
Alcuni sostenevano che modificare volontariamente il Passato fosse impossibile, perché in tal caso non sarebbe più esistita la ragione scatenante il desiderio di viaggiare nel tempo e l’intero processo sarebbe stato vano.
 
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17 replies since 21/12/2014, 10:58   178 views
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