| Abbassò la bacchetta, mosse un rapido passo verso la parete e tese la mano destra in avanti verso la pietra. *Sì!* esclamò nella sua mente, quando constatò che il silenzioso incanto era andato a buon fine. Aveva un varco. Aveva una strada per raggiungere Brendan, e la imboccò in pieno. Passò oltre al muro, un leggero brivido sotto la pelle nell'incontrare quella struttura molecolare stranamente inconsistente, e si ritrovò dall'altra parte, i muscoli tesi e scattanti, lo sguardo che saettava in ogni lato di quella fetida stazione, la bacchetta tesa davanti a lei, come se stesse reggendo uno scudo, pronta a difendersi o ad attaccare. Ma dietro quella parete, non vi era nessuno. Non un segno, non un rumore, niente che la riconducesse a lui, o a loro. Era sola. Ma lo era davvero? Poche frazioni di secondo per pensare, il respiro corto e agitato, la mano sinistra ferma, che impugnava la bacchetta, ma la destra che a ben guardare tradiva la sua paura, mosse pochi e veloci passi verso destra e si addossò silenziosamente alla parete, dove la pietra era solida. Un lampo colpì il suo sguardo, *verde?* di che colore? Non era riuscita a capire, il fondo del tunnel era lontano; e poi un altro, e un altro ancora, uno scontro; erano troppi, l'avrebbero preso, l'avrebbero ucciso, non poteva lasciarlo lì, *Diosanto non posso non posso NON POSSO PERDERLO*. Il suo primo impulso fu quello di schizzare via dal muro, attraverso la stazione, saltare sui binari, con la bacchetta alta, e correre verso quei lampi, verso quello scontro, verso il suo uomo, atterrando qualunque cosa e qualunque persona le sbarrasse la strada. Ma immediatamente dopo, qualcosa di più viscerale, di più vero, e soprattutto di molto più indispensabile in quel frangente, si fece strada nei meandri della sua mente. Era come davanti ad una creatura pericolosa, realizzò: doveva controllare ogni minimo movimento, ogni minimo sguardo, ogni minimo pensiero. Era un combattimento, probabilmente avrebbe guardato in faccia l'Oscurità, probabilmente si sarebbe battuta contro una Bestia davanti alla quale i basilischi, le manticore, e anche quei draghi che lei stessa qualche volta aveva visto, non erano assolutamente niente. In quel frangente, lucidità, sensi all'erta, controllo di se stessa, rapidità, questo le serviva. Nessun impulso, nessuna emozione, nessun sentimento, nessuna esitazione, nessuna distrazione. << Nessun drago ha pietà del domatore che fa la mossa sbagliata >> le aveva sempre detto Hazel, a Durmstrang. E nessuna mossa sbagliata era permessa, ora. Davanti a una creatura pericolosa, avevi un solo secondo per pensare. E lei si concesse quel secondo. Era chiaro ai suoi occhi che Brendan aveva voluto proteggerla dai mangiamorte; oltre ad erigere il muro, probabilmente era stato lui a portarli lontani da lei. E a quanto pareva, loro si erano dimenticati che Brendan non era solo, e l'avevano seguito. *E' lui quello che vogliono*. Ma si erano davvero dimenticati di lei? Poteva esserne sicura? Ovviamente no, forse qualcuno era rimasto ad attenderla, lì da qualche parte, non poteva saperlo; ma di certo non poteva nemmeno restare ferma lì ad aspettare che quel qualcuno le piombasse addosso, come non poteva aspettare lì senza far niente per aiutare il suo uomo. Il suo sguardo studiò rapidamente la stazione; l'unico varco era quello da dove erano entrati, ormai di nuovo libero dopo l'esplosione, che conduceva in superficie, lontano dal tunnel. C'erano altre vie per raggiungere Brendan, in fondo al tunnel? Apparentemente no; avrebbe potuto illuminare quell'oscurità, ma sarebbe stato un vantaggio per l'eventuale aggressore nascosto, e non poteva permetterselo. In lontananza, i lampi si susseguivano sempre più freneticamente. Doveva rischiare, l'unica era muoversi. E doveva farlo velocemente e in silenzio. Rapida, avvicinò i piedi a un centimetro l'uno dall'altro, guardandoli; puntò la bacchetta tra i suoi piedi, afferrandola con presa salda ma senza perdere la morbidezza del polso; sottovoce, senza distogliere lo sguardo, pronunciò la formula: "Felpàto", mentre, concentrata, immaginava di veder spuntare sotto le sue scarpe dei cuscinetti come quelli dei gatti, uno in corrispondenza di ogni dito e altri due più grandi lungo il resto delle suole, spessi, grigi, come di gomma, che le avrebbero permesso di non farsi udire mentre si spostava. *Avrai solo due minuti*, le ricordò una petulante ma dannatamente veritiera vocina che, molto probabilmente, apparteneva al suo spirito di sopravvivenza. Si coprì la testa con il cappuccio della sua mantella nera, nascondendo la sua chioma bionda. Due minuti. Ma se l'incanto avesse funzionato, se li sarebbe fatti bastare. In ogni caso, si sarebbe diretta di corsa, senza altri indugi, verso il fondo del tunnel, la bacchetta stretta nella sinistra e puntata davanti a sé, pronta a difendersi da qualunque cosa avesse tentato di sbarrarle la strada.
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