Appena oltre la coltre

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view post Posted on 29/1/2015, 17:38
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« Più ti avvicini alla luce
più grande diventa la tua ombra.
»



Al secondo anno, William aveva già preso piena confidenza con i corridoi del castello. Finalmente le scale avevano smesso di creargli problemi con la loro assai fastidiosa voglia di cambiare. Munito di nuove sicurezze il ragazzo era ansioso di mettersi alla prova in nuovi ambiti, cercare rinnovati stimoli e arricchire la sua conoscenza. Il primo anno aveva preferito rimanere nell'ombra, limitarsi a svolgere le lezioni ottenendo ottimi risultati ma - una volta ambientato - era ora di puntare a vette più alte. Il suo genio e la sua competenza lo avevano da poco portato ad ottenere il titolo di Prefetto, del resto si era distinto egregiamente dagli studenti della sua casata portando con sé ottimi risultati in tutti gli esami svolti. Adesso faceva parte di un team ben assestato capeggiato dalla caposcuola Rose e dalla collega prefetta Von Eis. Sebbene non avesse avuto il piacere di incontrarlo, diverse voci giravano riguardo uno studente anziano, un tale Von Kraus, rinomato per la sua schiettezza, la sua stravaganza e - soprattutto - la sua cattiveria. Mentre passeggiava tra i corridoi del primo piano si ripromise di incontrarlo un giorno di questi; di certo, con un tipo come quello, non poteva che nascere un episodio interessante.
Sembrava carico di energie e voglia di fare, l'aver riscosso un certo successo sia in campo pratico tramite gli esami sia in campo pseudo politico tramite la carica di Prefetto lo aveva rinvigorito. Era giovane ma Hogwarts sapeva comunque riconoscere i suoi meriti, questo era ciò di cui aveva bisogno, la conferma che si stesse muovendo lungo il sentiero giusto, l'idea di aver intrapreso un percorso verso la precisa meta della perfezione e della conoscenza. Non vi erano ronde notturne o noiose pratiche che lo infastidissero, osservava i regolamenti e i suoi doveri con garbo riuscendo a gestire tutto alla perfezione. Magari era solo l'ardore di un nuovo inizio ma Black sembrava aver preso il giusto ritmo.
Forte di quella convinzione alzò lo sguardo verso la bacheca di Storia della Magia e scorse qualcosa che attirò irrimediabilmente la sua attenzione: La scuola di Atene, il club di Storia! Sembrava proprio ciò che stava cercando, un'attività extra-scolastica che mettesse in moto le sue idee, portandolo a compiere riflessioni accurate. Stava ancora riflettendo sull'argomento quando una voce femminile si frappose fra lui e i suoi pensieri, rovinando quell'atmosfera di pace che il ragazzo si era appena ritagliato. Si voltò sulla destra mantenendo uno sguardo indifferente cercando di individuare la figura che le aveva appena chiesto se volesse o meno partecipare al club. Il primo particolare che saltò agli occhi del giovane fu un rosso divampante: il colore dei capelli della caposcuola, Emily Rose.

« Rose, che piacere. »
Esordì con un tono della voce che non lasciava ben intendere se la sua affermazione fosse o meno ironica. Dopo averle risposto il suo sguardo scivolò sulla spilla attaccata al petto, il che gli riportò alla memoria il loro primo incontro, costringendolo ad un lieve sorriso divertito.
« Sì, è mia intenzione iscrivermi al club di Storia. »
Concluse infine, senza fare troppe domande e senza indugiare nei dettagli. Non aveva idea del motivo per cui la ragazza si fosse interessata ma - in quel momento - la cosa non lo interessava più di tanto.
_ ___ __________________ ___ _

Un quarto alle undici, era in netto anticipo rispetto all'orario dell'appuntamento, se così si poteva definire. Rose era stata chiara, bisognava trovarsi lì per le undici esatte, di fronte la porta dell'ufficio del professor Peverell. Non gli era stato detto altro né William aveva fatto domande. L'atteggiamento della caposcuola era sicuramente insolito nei suoi confronti e il giovane non poté fare a meno di pensare a cosa l'avesse potuta portare ad agire a quella maniera. Certo, gli argomenti della conversazione che avevano tenuto in sala comune non potevano essere definiti "usuali" ma, ciò bastava ad aver attirato la sua attenzione a tal punto? Magari si trattava solo della nuova carica di prefetto e la ragazza voleva tenerlo sott'occhio; era inutile rimuginarci tanto, non l'avrebbe certo capito senza chiederlo e - anche per quanto concerneva ciò - non ne aveva alcuna intenzione. Incrociò le braccia all'altezza del petto e la destra iniziò a tamburellare sul bicipite opposto mentre attendeva. Detestava le attese ma questa volta poteva incolpare solo se stesso per il suo largo anticipo.
Fissò la porta del professore quasi potesse guardarci attraverso. Da ciò che aveva letto nella bacheca, in quell'orario il professore era di riposo, non aveva lezione né pranzo. Se Rose non avesse avuto alcuna intenzione di entrare - cosa di cui dubitava - al limite il ragazzo avrebbe potuto approfittare dell'orario per chiedere delucidazioni al professore di Storia in merito a questa fantomatica Scuola di Atene. Eppure di una cosa era convinto il ragazzo, se la Serpe gli aveva chiesto di incontrarsi lì e a quell'ora, probabilmente aveva qualcosa di cui discutere sia con lui che col professore. Del resto il tutto era partito dalla curiosità del ragazzo a proposito della partecipazione del neo-Prefetto al club di Storia, non poteva essere altrimenti.

 
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view post Posted on 30/1/2015, 00:12
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«All our knowledge begins with the senses, proceeds then to the understanding, and ends with reason. There is nothing higher than reason.»

*Come se le sole lezioni di Storia della Magia non mi tenessero già occupata*
Pensò Emily quando, uscendo dall’aula del Professor Peverell non poté far a meno di notare l’annuncio riguardante la “Scuola di Atene”.
Invitante, certo, ma non al riparo da eventuali e ragionevoli dubbi: ne sarebbe valsa la pena? Quanto tempo avrebbe sottratto alle sue giornate già abbastanza corte per via dei mille impegni che le facevano desiderare di non aver inserito TUTTE le materie facoltative nel proprio programma di studi?
Non conosceva abbastanza il “famoso” professore in questione e per quanto fossero ardite le voci di corridoio sul suo conto, Emily non era il tipo da farsi abbindolare da altrui opinioni che, in quanto tali, non potevano far affidamento su precisi elementi rappresentanti la certezza assoluta e dunque, la verità.
Chi fosse Ignotus restava, dunque, un mistero. Un’incognita che stuzzicava troppo fastidiosamente la curiosità della Serpina che, più di una volta, si era persa nei discorsi contorti dell’insegnante trovandovi più significato di quanto, forse, potessero averne.
*O forse è solo una tua impressione. Non ti basta permettere alla Pompadour di inserire anche te nella lista dei partecipanti al suicidio di massa che si tiene ogni qualvolta decide la data di una Giornata della Pozione?*
Povera curiosa, sado-masochista Rose, di quel passo, la sua sanità mentale l’avrebbe abbandonata in uno schiocco di dita. O, almeno, così sarebbe dovuto essere: paradossalmente la giovane Caposcuola riusciva a restare calma soltanto quanto indaffarata a correre tra un’occupazione e l’altra. La sua abilità di multitasking riusciva a distoglierla dai costanti ed ininterrotti pensieri negativi circa la sua situazione attuale – descrivibile con l’uso di una sola parola: disastrosa, su ogni fronte.
I doveri di Caposcuola erano più un sollievo che un peso: le ronde notturne le permetteva di stancarsi più del normale, tenendola lontana dal suo flusso di coscienza capace di rivoltarsi contro la genitrice e spingerla a maledire Morfeo con tutta la baracca. Ed ovviamente, inutile dirlo, l’insonnia non rendeva la già scontrosa Serpeverde più docile di quanto si tendesse a sperare.
Ed ecco giunti al dilemma principale: sprecare tempo prezioso per un nuovo impegno – entusiasmante o noioso che si rivelasse, considerate le mancate, veritiere, informazioni sul Docente di riferimento – in modo che, oltre ad aggiungere una nuova distrazione al suo già lungo elenco, potesse decorare maggiormente il suo curriculum scolastico, oppure, tirare dritto per la sua strada, senza lasciarsi trascinare.
*Scuola di Atene*
Tuttavia non poteva fare a meno di pensarci: la Conoscenza era uno degli obiettivi principali a cui Emily mirava. Certo, non avrebbe mai potuto attingere al Sapere Supremo ma le piaceva pensare di potercisi avvicinare. Quindi perché non tentare? Infondo, nessun altro corso poteva istruirla meglio sulla storia del Passato e maggiormente sul modo in cui la Conoscenza stessa si fosse evoluta. Ovviamente il problema di poterne rimanere delusa era in agguato: l’idea di partecipare ad un altro Club del The dove conversare di Quidditch – non che le dispiacesse del tutto – non poteva dirsi nei suoi programmi.
Quell’accavallarsi di dialoghi mentali, di quella pura dialettica rivolta a contrastare assurdamente sé stessa, trovo presto pace grazie ad un ordinario incontro con un non ordinario studente: William Black, il nuovo Prefetto verde-argento.
Prima si avvicinarlo ed interromperlo nella sua riflessione, Emily restò in disparte per un po’, poggiata contro la trave opposta alla bacheca ove era riportato, in modo affatto anonimo, la Comunicazione di quel nuovo Club. Sembrava interessato ed era questa la ragione fondamentale per cui la fanciulla non aveva semplicemente tirato dritto per il corridoio, ignorandolo: prima di lui, dopo Von Eis, molti Serpeverde avevano tentato l’ardua carriera di Prefetto, fallendo miseramente. Pian piano, tutti quei piccoli fallimenti, erano iniziati a gravare sulle esili spalle della Caposcuola che, seppur rifiutandosi di ammettere di aver bisogno di aiuto a gestire gli affari della sua Casata (e forse era anche così, nonostante il Capocasa avesse, figuratamente, tirato le cuoia), non riusciva ad ammetter alcun margine di errore; ecco, dunque, che istruire il nuovo Collega era diventato un affare di media importanza: sapeva riconoscere le persone in gamba e non aveva alcuna intenzione di lasciarsi sfuggire quell’elemento.
Emily Rose si ritrovava, che la persona in questione lo volesse o meno, a prendere sotto la sua ala protettiva un giovane studentello che, a dirla tutta, nemmeno era riuscita ad inquadrare a dovere.
Con passo leggero, sorridendo impercettibilmente al pensiero del loro primo incontro (e alla sfacciataggine del concasata mostrata), si avvicinò alle sue spalle.
Non fu difficile incastrarlo in una sorta di appuntamento per il giorno seguente. Nessuna ragione in particolare, soltanto un orario ed un luogo.

Ore 11:00, Primo Piano, in prossimità dell’Ufficio del Professor Peverell.

Precisa come un orologio svizzero, alcuni leggeri passi risuonanti pel corridoio vuoto, annunciarono l’arrivo della fanciulla. Le labbra rosee si incurvarono in un sorriso, solo apparentemente, orgoglioso.

Sei qui senza motivo alcuno. Dovresti fare più domande e non solo ubbidire.
Asserì, arrestando il suo avanzare una volta giunta al fianco del Prefetto. Le iridi argentee si soffermarono appena sul viso pallido del ragazzino per poi posarsi, diffidenti, sul portone dell’Ufficio.
Solitamente preferisco non buttarmi alla cieca nelle cose e, soprattutto, devi ancora abituarti ai vari onori ed oneri dell’esser Prefetto, non mi va che perdi tempo in stupidaggini. Ergo, direi che una capatina per capire meglio che tipo è questo nostro docente di Storia ed in cosa consiste il suo Club, potrà schiarirci le idee.
Aggiunse, atona.
Poi magari scopriamo che, addirittura, non ne siamo degni. Ma alcune volte è proprio questa la parte entusiasmante: non sapere cosa ci aspetta.
Proseguì con una tonalità di voce più rilassata prima di bussare, con decisione alla porta.

 
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view post Posted on 30/1/2015, 11:35
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Lavorava di buona lena, alle prese con un codice papiraceo indubbiamente antico, che non osava nemmeno sfiorare con i guanti di seta bianca, che gli coprivano le sottili, e bianche mani. La lunga veste da camera zaffirea, coperta in parte di polvere, aveva ampie maniche, alla moda orientale, arrotolate sin oltre i gomiti, l’intero piano della scrivania era ricoperto da appunti, vergati con una calligrafia inclinata, e corsiva, agile e slanciata.
Il mago curvo sul codice, lo studiava attento ad ogni particolare, passando di simbolo in simbolo, con metodica attenzione, dietro ad un'enorme lente d'ingrandimento dorata, salvo tornare spesso in cima alla pagina, forse in cerca di conferme. Era in ritardo, aveva un buco, nel mezzo della mattinata, uno di quei pochi, unici due che fosse riuscito a farsi infilare nell'orario, ed era in ritardo. Saranno state le 11? Di più, di meno? Era già quasi ora di pranzo, non aveva letto il giornale, aveva saltato allegramente la passeggiata, non aveva nemmeno aperto la posta, nulla di che non potesse attendere, c'era altro. Amalia, e Minerva non sembravano avessero accettato di buon grado la decisione. Cassandra, più paziente per natura, assisteva silente all'alacre lavorio, dall'interno della boccia, quel giorno di un viola acceso, la guardò pensieroso, prima di tornare al cartiglio misterioso. Prima o poi sarebbe pur dovuto uscire da lì, era stata una promessa, l'avrebbe mantenuta. Ma un The, prima del pranzo?
Era già arrivato Ottobre, il parco sembrava aver silenziosamente recepito il messaggio, ed aveva iniziato i preparativi per l'Autunno, l'Inverno stava arrivando. In fondo, era stato un mese tranquillo, un po' affollato? Una settimana tranquilla, ed una giornata tranquilla, Minerva assopita sul trespolo aveva smesso di interessarsi a lui già una buona mezz'ora prima, tra l'irritato e l'indispettito. Non si era mai entusiasmata troppo per il geroglifico, ma era anche comprensibile, in fondo.
Qualcosa di inaspettato lo interruppe improvvisamente, bussavano alla porta? Un altro esame? Si era dimenticato? No, non era periodo sicuramente, era appena cominciato l'Anno, che diamine andava esaminato? E delle voci, non erano soli. Che avessero temporaneamente chiuso la Biblioteca, e dirottato lì il traffico in eccesso? Era stato declassato a deviazione? Per quanto, certo, d'alto profilo e borgo, era diventato una deviazione? Si sarebbe lamentato con quell'incompetente del Custode, zotico, maleducato, ed ignorante. Ovviamente un ventenne, sembrava una maledizione. Per quanto, indubbiamente, qualche centinaio di individui dovessero essere sotto tale soglia, per legge, o effettivamente vi sarebbe stato più di qualche problema irrisolto di fondo, non si capiva come fosse possibile che anche tutti gli altri dovessero essere sempre più prossimi a tale soglia. Tanto sarebbe valso abdicare, e tornare ad una forma anarchica pleistocenica dell'organizzazione sociale? Quello zotico non capiva nulla, anzi, era pure tocco, ma erano finite le scusanti, l'avrebbe impalato. Era tempo di tornare alla pratica? Doveva averlo ancora da qualche parte quel manuale persiano, una ripassata veloce, sì, ecco, decisamente meglio.
Dopo un attimo di silenziosa tronfia riflessione, tornò a piegarsi sul codice.


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view post Posted on 30/1/2015, 17:21
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« Ciò che è interessante nelle filosofie è la loro assurdità. Presentano varie possibilità del mondo. Non occorre sceglierne una e accettarla, ma devono esserci. È un povero gioco quello che si accontenta di smascherarle tutte come assurde. Proprio l'assurdo è la cosa più importante: anzi, si potrebbe dire, quello che hanno di più vivo e vitale. »



Pungente come sempre, del resto doveva essere parte del suo fascino. La caposcuola si permise persino di ammonirlo per non aver fatto troppe domande e per essersi limitato a seguire le direttive impartitegli. Poi si esibì in uno sproloquio di cui William capì ben poco, gli parse fin troppo confusionario, forse le ronde notturne avevano cominciato a darle alla testa. Non voleva che il suo neo-prefetto perdesse tempo in faccende inutili quindi aveva deciso di accompagnarlo a fare le presentazioni col docente di storia? Se questo aveva senso per lei...
*Se non la conoscessi, direi quasi che si preoccupa per me.*
Sorrise a quell'idea, sebbene assurda avrebbe gradito le attenzioni di Rose, si trattava pur sempre della caposcuola della sua casata, tra gli studenti la carica più elevata da raggiungere. Come se non bastasse lei l'aveva ottenuta da giovanissima, strappando lo scettro agli studenti Serpeverde di sesto e settimo anno. Indubbiamente, per meritarsi quella spilla la ragazza doveva aver dimostrato di essere un tipetto particolare e - in effetti - il denunciare il padre mangiamorte la metteva già su un piedistallo - persino agli occhi di William che, in fondo, ambiva a qualcosa di simile sebbene non si accontentasse di vedere suo padre marcire ad Azkabam.
Non rispose alle sue affermazioni, non in quel momento almeno. Preferì attendere il momento propizio, quello in cui lei non avesse modo di ribattere con la sua lingua biforcuta. Era quel tipo di ragazza che sapeva stare al gioco contrattaccando con un'ironia e una perfidia tale da metterlo in difficoltà, alle volte. Certo, anche quello era parte del divertimento, ma ora la sua attenzione era rivolta alla Scuola di Atene, dunque assestare il colpo definito alla ragazza si sarebbe rivelata la scelta più opportuna. La osservò dunque bussare alla porta, dunque le si avvicinò. Attese che il professore proferisse verbo e quando li invitò a venire avanti il neo-prefetto afferrò il pomello della porta dell'ufficio, si avvicinò ulteriormente alla ragazza e con un sorriso beffardo in volto le sussurrò all'orecchio.

« E privarmi della possibilità di un appuntamento con te? Giammai. »
E aprì la porta rapido, allontanandosi di un passo dalla ragazza, invitandola ad entrare per prima. Galante, infondo, lo era sempre stato. Solo dopo che questa fosse scivolata all'interno dell'ufficio William avrebbe fatto lo stesso, ponendosi al centro della stanza, proprio di fronte il docente. Come v'era da immaginare, l'intero ufficio era colmo di libri, vi erano librerie lungo tutte e quattro le pareti, manoscritti di ogni forma e dimensioni, grossi tomi e piccoli volumi. La stanza, ad una prima impressione, sembrava calda ed accogliente, uno di quei luoghi in cui è piacevole passare le giornate nell'ozio. Con quella visione in mente, il ragazzo non trovò eccessivamente stravagante il suo docente in vestaglia, benché la cosa lo sorprese visto l'orario. Del resto, erano le undici del mattino, il professore aveva già dato lezione in mattinata e a breve si sarebbe mosso per il pranzo. A meno che non avesse affrontato le sue lezioni in vestaglia v'era da immaginare che l'uomo si fosse cambiato per quelle due ore di libertà che aveva.
« Buongiorno professore, chiedo venia per il disturbo ma sia io che la mia caposcuola Rose siamo stati irrimediabilmente attratti dal suo annuncio in bacheca. »
Salutò con un inchino assai poco consueto, si chinò con la schiena il più possibile mentre il braccio sinistro scivolava dietro la schiena. Era tipico approcciarsi così con chiunque quando era di buon umore, nonostante fosse a conoscenza di quanto la cosa mettesse generalmente a disagio i suoi interlocutori. Dunque si raddrizzò, attendendo risposta mentre il suo sguardo continuava ad osservare l'ambiente che lo circondava. Gli arazzi persiani o di caccia attirarono subito la sua curiosità, da certe cose si poteva evincere la gigantesca passione per quell'uomo riguardo la sua materia. Era evidente che Peverell facesse quel mestiere perchè ne era appassionato. Eppure, la cosa che più suscitò l'interesse del ragazzo fu il meraviglioso esemplare di fenice che osservava con eleganza e compostezza i suoi movimenti. Non aveva mai avuto il piacere di esaminarne uno dal vivo e - avendo studiato recentemente le proprietà delle sue lacrime - quasi fu tentato dall'afferrarlo e portarlo via con se. Quasi.

 
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view post Posted on 30/1/2015, 20:55
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*cos?*
Emily indugiò, per un breve istante, sulla soglia, regalando uno sguardo, tra l’infastidito ed il confuso, al suo giovanissimo Prefetto: da quando era diventato così intraprendente?
Sempre scostante, freddo e riservato, le si era addirittura avvicinato per … Stuzzicarla?
Decise di lasciar perdere, non che la cosa le interessasse più del dovuto infondo e, soprattutto, aveva affari più importanti su cui concentrare la propria attenzione. Sul tardi, magari, avrebbe ripreso il discorso, giusto per punzecchiarlo un po’.
Entrando nella stanza, assecondando l’incoerenza di parole e gesti da parte del Serpeverde, Emily strinse istintivamente gli occhi, cercando di abituarsi alla calda luce presente nella stanza, al centro della quale, decise di arrestare il suo rispettoso avanzare.
Grazie a Salazar, William prese la parola per primo: indecisa se spendere più di un qualche pensiero sull’improbabile – vista l’ora - mise del Docente ¬o chiedersi perché mai, proprio su questa, si aprissero delle larghe chiazze di polvere, costringendo la sua sinistra a trattenere più di uno starnuto, Emily optò pel restare immobile.
Assumendo un’espressione rilassata, arricciando di poco il naso per farsi passare il prurito derivante dagli oggetti pulverulenti, posò le iridi chiare sulla figura incurvata del Professore.
*Cosa legge?*, avrebbe voluto chiedere, come se quegli strani codici fossero la cosa più stramba presente nell’Ufficio. Volto ad enfatizzare tale fugace riflessione, lo sguardo ricadde irrimediabilmente sulla maestosa Fenice che quieta, sembrava sonnecchiare e, al contempo, studiare attentamente i presenti.
Nostalgica, Emily pensò ad Audley, vecchio insegnante di Storia, insostituibile Capocasata. Non era mai stata nel suo Ufficio: ogni qualvolta necessitava del suo aiuto, eccolo spuntare, per invocazione divina, dietro il primo angolo. E poi... Il Nulla, Nigel era sparito senza alcun perché, senza avvisare nessuno e, soprattutto, lasciando tante domande senza risposta.
Per spegnere radicalmente quell’ondata di melanconia, la giovane Caposcuola decise di annunciare, a sua volta, la propria presenza.
Salve Professore. Il mio collega non si è perso in giri di parole. La curiosità è esattamente la ragione per la quale abbiamo deciso di bussare nel suo Ufficio.
Asserì, rispettosamente, mentre la strana voglia di chiedergli dove avesse trovato una veste da camera di quel magnifico colore, provava a farsi spazio nella sua mente venendo, fortunatamente, ignorata quasi sul nascere.
Ma forse preferisce che ritorniamo in un orario meno … Scomodo?
Cosa volesse davvero dire utilizzando l’aggettivo “scomodo”, nemmeno Emily avrebbe potuto spiegarlo a dovere ma, sicuramente, riguardava il fatto che l’uomo sembrava piuttosto impegnato e che, evidentemente, non si aspettava visite di alcun tipo; a meno che non amasse esibire la collezione Autunno-Inverno di vestaglie da camera ed in tal caso, Emily gli avrebbe volentieri dato qualche consiglio.


 
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view post Posted on 31/1/2015, 01:52
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C'era di che temere?
Non era più abituato agli assalti alla diligenza, e l'onorabilità dell'arma bianca sembrava qualcosa di ormai talmente distante, e dimentico, da quasi far ridere. Insomma, era metà mattinata, erano in pochi a tentare la strada a quell'ora, solitamente i piaceri del cibo, le lezioni, o lo scarso senso del bisogno, tipico delle mattinate, gli evitavano visitatori a quell'ora. Se ormai la frittata era fatta, tanto valeva riceverla imperturbabile. Se avessero certo scelto un altro momento, sarebbe stato diverso. Sembrava sempre più ricorrente dover accogliere ospiti inattesi, nei momenti meno opportuni, nelle circostanze meno consigliabili, per l'onorabilità di un Lord di Sua Maestà, ma erano passati i tempi dei formalismi. Per buona parte del suo tempo, certo, per quanto potesse sembrare difficile a credersi, la veste da camera era ancora concentrata in rare ricorrenze, e con un po' di fortuna lì sarebbe rimasta. Certo, tiri mancini della Tuke a ripetizione, sembrava che tutte tali rare ricorrenze fossero destinate a diventare di dominio pubblico, ma non se ne sarebbe scandalizzato. Era pur sempre più presentabile di quanto non fosse qualche assurda moda passeggera, in voga tra i più giovani, e meno fortunati. Una questione di gusto, essenzialmente, a fare gli abiti serviva un Sarto, non se ne usciva, possibilmente anche bravo. Tagliarlo, sarebbe equivalso ad ottenere vesciche e verruche di lana, seta o cotone, con scarse possibilità che un giorno sarebbero mai assomigliate ad un qualche vestito. Ma la definivano moda. Contenti loro, non tutti, ma pazienza. Se la sarebbero tenuta, tale e quale, ed arrivederci.
Due giovani Serpeverde erano apparsi. Nulla di troppo preoccupante. L'altro Prefetto, e la Caposcuola. Singolare coppiata? Non meno delle altre, senza dubbio, quanto meno un comun denominatore poteva essere rintracciato facilmente, senza andar a scomodare un indovino, un veggente. Sorprendentemente l'iniziativa sembrava averla il primo, ecco, quello era insolito. Un saluto peculiare, prima di un'altrettanto peculiare sentenza. La curiosità li spingeva alla sua porta, uno sforzo di encomiabile onestà? La giovane volle confermare le parole, in fondo, fosse o non fosse vero, dovevano averla in ogni caso concordata una qualche versione dei fatti, no? Ma concordare la schiettezza più assoluta, era decisamente più comodo, ed immediato, che non contorte Storie, strappalacrime, di dubbio interesse, ed ancor più dubbio gusto. Volevano giocare? Giochi da Serpeverde? Era già passato l'attimo del codice, poggiò la pesante lente sul piano, tornando ad osservare i due giovani Studenti.


Mademoiselle Rose, Mister Black, ma che piacere!
Nono, nessun disturbo, forse un po' di disordine, ma nulla di irrimediabile.
Prego, accomodatevi! Posso offrirvi qualcosa?


Un tono allegro, mite, affabile.
Due potrone lì, in attesa.
La sottile famigliare asticella di legno già alla mano, un leggero tocco sul piano, che rifulse di sfavillante energia, prima che una lastra di quello che aveva tutta l'aria di essere vetro lo ricoprisse, incarcerando in quell'inedita prigione, tutto il suo sapienziale contenuto. Certo, ospiti, certo non c'era tempo di rimettere tutto in ordine, ma almeno salvare il salvabile, quello sì. Era appena arrivato, un pezzo unico, una nuova perla per la sua collezione. Lesto, tornò ad occuparsi del giovani ospiti.
Se curiosità andavano cercando, ne avrebbero avuta!


Ah! La schiettezza di un Grifondoro, signor Black, ma immagino ci consenta di saltare una lunghissima fumosa premessa. La curiosità è una gran bella bestia, converrete con me, difficile da trattare, ecco, ma nessuno è perfetto. Posso chiedervi da dove nasca in particolare la vostra? Immagino che di per sè Atene possa essere un'iniziativa particolare, ma ognuno di noi può vedervi tutto e niente, diventa subito una questione squisitamente personale, per quanto in origine potesse non esserlo.

Tornò a sorridere, divertito.
Due potenziali nuovi Ateniesi.
Se la Tuke li aveva condotti lì, ci sarà stato un motivo?
O era semplicemente uno scherzo del Caso? Una casualità?
Era davvero possibile credere a quello che veniva definito Caso?

 
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view post Posted on 31/1/2015, 13:11
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« La cosa importante è non smettere mai di domandare. La curiosità ha il suo motivo di esistere. Non si può fare altro che restare stupiti quando si contemplano i misteri dell’eternità, della vita, della struttura meravigliosa della realtà. È sufficiente se si cerca di comprendere soltanto un poco di questo mistero tutti i giorni. Non perdere mai una sacra curiosità. »


Fu un piacere ricevere la conferma che il docente non fosse troppo occupato per accogliere i nuovi arrivati nel suo ufficio. Del resto William non amava perder tempo - e questo si era anche capito. Il ruolo di prefetto non gli concedeva troppi spazi liberi così come doveva essere per Rose che, con buone probabilità, aveva anche meno tempo di quanto non ne avesse lui.
All'invito del professore ad accomodarsi, William rimase imperturbabile; si limitò unicamente ad un gesto del braccio sinistro, invitando la sua concasata ad accomodarsi in una delle due poltrone prima di lui. Fossero state sedie ne avrebbe volentieri spostata una per aiutarla ad accomodarsi ma, nel caso di poltrone, c'era ben poco da fare. Si sarebbe seduto anche lui, nella poltrona di fianco, osservando con cura i lineamenti del suo docente, sebbene vi si fosse già soffermato altre volte durante il corso delle lezioni. Black amava disquisire con gli adulti e, più anziani questi erano, più ne rimaneva affascinato. Del resto il tempo è parte integrante del bagaglio di esperienza di un uomo, sebbene non sempre una veneranda età fosse sinonimo di saggezza. Peverell aveva però l'aria di essere quel tipo di persona che ne aveva eccome di storie da raccontare, non solo quelle degli altri. Rimase incuriosito nell'osservarlo mentre agitava la sua bacchetta al fine di sigillare la propria scrivania, evitandosi così di dover rassettare tutto. Un incanto particolare quello, chissà quali altre applicazioni avrebbe mai potuto avere.

« Molto gentile. » Esordì atono all'offerta del professore. « Se l'orario non è scomodo accetterei volentieri del tè. Sebbene io sia nuovo nel castello le voci riguardo la sua cultura per questa bevanda non hanno tardato ad arrivare. »
Sorrise freddo, sebbene fosse sinceramente incuriosito dalla cosa. Gli sarebbe bastato spostare lo sguardo poco più a destra per notare una grossa teiera a fianco ad altre bevande più o meno note. Da ciò che aveva sentito in giro per i corridoi, la pratica del tè era come un rituale per il docente, una sorta di rito in un tacito accordo, lo scambio di informazioni e diletti di fronte una fumante tazza di tè aromatizzato o meno. La cosa gli riportò alla memoria un episodio in cui il giovane si intrattenne con un vecchio orologiaio magico: i suoi orologi promemoria erano conosciuti in tutta Londra. Quell'uomo era un gran chiacchierone nonché un'amante del lavoro manuale. Sebbene tutto ciò che facesse fosse fattibile anche per mezzo della bacchetta egli preferiva installare i suoi marchingegni manualmente. In un primo momento William ritenne fosse un'inutile perdita di tempo ed energie ma col tempo capì la passione che legava quell'uomo ai suoi ingranaggi e della spiritualità che quei gesti accompagnava. Se i suoi orologi magici erano di così alta qualità, probabilmente il motivo era anche quello. Perché dunque perdere l'occasione di una tazza di tè in compagnia di un uomo che - senza alcun dubbio - ne sapeva ben più di lui sull'argomento? Chissà che non ne avesse tratto una nuova lezione, anche da un'esperienza così abitudinale.

I convenevoli finirono presto, l'ora del pranzo non era poi così lontana, era interesse di tutti arrivare al sodo il prima possibile e, a quanto pareva, sia Rose che il professore si erano accorti della scarsa propensione del neo-prefetto a perdersi in minuzie.
*Grifondoro?*
Sebbene il primo pensiero fu quello di dare fuoco a librerie e arazzi dell'ufficio il ragazzo dovette mantenere la calma, limitandosi ad un sorriso stizzito. Non era gli era ancora del tutto chiaro se il professore lo avesse davvero scambiato per un Grifondoro - cosa assai improbabile - o se avesse voluto stuzzicarlo con il preciso intento di destabilizzarlo, prima di quella domanda che si poteva definire "la portata principale della conversazione".
« Immagino sia parte dell'astuzia Serpeverde quella di spendere il tempo concessoci per argomenti ben più interessanti di formali convenevoli. »
Incrociò le mani portandole al ventre mentre la gamba destra si accavallava sulla sinistra. Lo sguardo del giovane rimase fisso su quello dell'insegnante; questo avrebbe presto notato come il giovane William avesse sempre una risposta pronta per ogni frecciatina scagliatagli contro. Ma era giunto il momento di passare alle cose serie: Perché tanto curioso? Domanda lecita, Black non dovette riflettere troppo prima di plasmare la sua risposta a modo.
« Vede professore, sin dalle prime lezioni tenute qui ad Hogwarts ho sempre avuto l'impressione che queste non si limitassero unicamente ad infarinarci in merito all'argomento trattato. »
Si prese del tempo per riflettere su quanto aveva appena detto e su come aveva intenzione di continuare. Il concetto era ben chiaro in mente, andava solo esposto nel modo corretto.
« Difesa contro le Arti Oscure ci insegna ad affrontare le nostre paure, Trasfigurazione a guardare ciò che ci circonda da un differente punto di vista, Erbologia a sfruttare ciò che abbiamo a disposizione, Pozioni ci abitua alla metodicità e alla creatività. »
Era un ottima base da cui partire. Era sua intenzione porre delle colonne portati prima di enunciare il motivo di base. Del resto, non aveva ancora detto perché, dei corsi a disposizione, lui avesse scelto proprio quello di storia.
« Mi è parso invece di notare - e mi corregga se vado in errore - che Storia si premuri di insegnarci a filosofeggiare, analizzare i contenuti studiati e rielaborarli in chiave moderna. In parole povere ci insegna a riflettere, ponderare, ci spinge a ricercare il perché di certi avvenimenti e a comprendere come questi potessero essere evitati e se fosse più o meno giusto farlo. »
Si interruppe, era soddisfatto di quanto aveva appena detto, glielo si leggeva in volto. Avrebbe potuto frenarsi al finire di quella frase ma il giovane aveva anche un buon esempio da portare e un buon filosofo avrebbe di certo apprezzato una metafora.
« Ricordo ancora con piacere la lezione riguardante Atlantide. E' stato molto accurato nello spiegarci come si sia arriti all'inabissarsi dell'isola ma è stato volutamente evasivo circa il perché. » Sorrise, non voleva insinuare che avesse spiegato male la lezione, questo era palese. « Eppure il ragionamento è venuto da sé: l'ingordigia dell'uomo, la volotà di questo nel cercare un potere sempre più grande, una situazione politica sempre più favorevole. Atlantide era un paradiso naturale, ricco, florido. Chi la abitava viveva nel lusso ma non fu sufficiente. Bastò una piccola scintilla ad accendere il loro la fiamma della rivoluzione, il tarlo del dubbio. L'uomo - per sua natura - non si accontenterà mai dei suoi averi, ne vorrà sempre di più e io questo l'ho capito riflettendo sulla sua lezione, porsi dei limiti al fine di non giungere all'inesorabile autodistruzione. Immagino fosse questo il fine ultimo, o almeno lo spero. »
Spostò il bacino sulla punta della poltrona, adesso era il suo turno di fare le domande. Non era solo una questione di essere o meno ammessi al corso, Rose aveva apertamente chiarito quanto fosse necessario anche capire se partecipare ne valesse davvero la pena.
« Ciò che mi chiedo è dunque se la Scuola di Atene sia anche questo o se sia un mero club del libro. »



Edited by William Black - 31/1/2015, 13:39
 
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Nemmeno per un istante Emily pensò di aver fatto la scelta sbagliata nel recarsi presso l’Ufficio dell’insegnante – e nel trascinare, con sé, il proprio Prefetto.
La gentilezza mostratale da Black - nel non aver dato voce alla pura verità consistente nel fatto che, fosse stato per lui, si sarebbe iscritto e basta, sperando di esser scelto tra gli aspiranti partecipanti – non sarebbe, tuttavia, passata inosservata.
Passò presto a domandarsi quanto strano potesse sembrare, agli occhi di Peverell, la loro visita. O non erano stati gli unici? Quanti erano giunti lì con le loro medesime domande e curiosità? Quanti con una scusa? Non era certo argomento di interesse per la Caposcuola, la quale, indecisa in un primo, dibattuto, momento, stava cercando di unire l’utile al dilettevole: cosa più importante, avrebbe cercato di capire se, quel Club dal nome per nulla trascurabile, potesse meritare la sua attenzione, avrebbe messo maggiormente a fuoco la figura dell’imperturbabile e, fin troppo, impetuoso Black, ed avrebbe fatto la conoscenza di uno dei più stimati professori del Castello.
Accettò di buon grado l’invito a sedersi, apprezzando la galanteria del compagno e raggiungendo la comoda poltroncina alla sinistra del Docente, dinanzi a lui.

Del the andrebbe benissimo, la ringrazio.
Si limitò a rispondere, seguendo con lo sguardo il movimento del legnetto di Quercia che, con un leggero tocco, offriva protezione a quel che doveva essere un importante pezzo da collezione (e studio). In seguito, udendo il Serpeverde al suo fianco richiedere, con garbo, la ‘sua’ medesima bevanda, accennando ad una di quelle celebri (e celeri) dicerie che passavano di bocca in bocca, da studente a studente, la ragazza dai capelli vermigli sorrise appena, un sorriso leggermente enfatizzato nell’udire il Signor Peverell dare dell’adepto di Godric al suo Concasata. Un semplice errore non voluto? Forse un lapsus? In qualunque cosa quell’affermazione consistesse, Emily non ci badò più del dovuto, prestando maggiormente attenzione a ciò che William avrebbe proferito al riguardo e sperando che non fosse il tipo da farsi coinvolgere emotivamente da simili etichettature. C’era da dire, tuttavia, che il Consacasata era ancora uno studente dalla tenera età: quanti piccoli scontri nati da discussioni su quale Casata fosse migliore dell’altra, aveva dovuto sedare? Fin troppi. Tanti da averne la nausea.
Notò il sorriso stizzito, confidando che una probabile reazione sbagliata, da parte del ragazzino, dinanzi a quel semplice convenevole, si fermasse a quella semplice espressione facciale. Fortunatamente fu proprio così e nonostante la giovane Rose desiderasse conversare con l’insegnante, dovette “subirsi” la rapida risposta dello stesso Black, il quale, a tratti presuntuoso, esponeva le sue motivazioni senza sapere che la sua Caposcuola non ne condivideva alcuni punti. Doveva quindi smentirlo davanti all’insegnante? O aspettare che prendesse quest’ultimo la parola?
In un apparente momento di indecisione, indietreggiando di poco con la schiena ed invertendo la posizione delle gambe, accavallandole in modo contrario al precedente, Emily decise di rispondere al Docente prima ancora che quella conversazione si limitasse al semplice botta e risposta degli altri due presenti o, peggio ancora, al mero monologo del suo compagno (che restava, comunque, non di scarse basi). Inoltre, avrebbe solo fatto la parte della saccente (o presunta tale) e non era lì per quello – anche se doveva ammetterlo, amava smentire gli altrui discorsi, soprattutto quando peccavano di presuntuosa sicurezza.

Immagino che Lei abbia ragione. La curiosità è, dopotutto, un’arma a doppio taglio. Ma se la curiosità intellettuale viene unita ad innata sensibilità, forse c’è salvezza.
Asserì Emily, nel momento in cui sentì fosse giusto prendere in mano la parola (e la situazione). Accompagnò le parole con un sonoro ma educato sorriso volto ad enfatizzare la teatralità della sua ultima ipotesi. Aveva più volte pensato che la curiosità l’avrebbe fatta, letteralmente, uccidere ma, nonostante tale primo timore, aveva sempre finito per considerarla più una virtù che un difetto. Le persone curiose tendono, molto più di altre, ad indagare ed ad imparare. La conoscenza acquisita è un propellente straordinario per una curiosità finalizzata ad apprendere e per coloro che sanno - e son consapevoli di quello che non sanno, fermare il desiderio di imparare è un impresa assai complicata.
*La curiosità l’appetito della Conoscenza*, si disse senza proferirlo, non volendo concentrare il discorso su una simile argomentazione.

Vede, accetto senza problema alcuno o timori, la triste presenza di grandi lacune in ciò che è il derivato dei miei studi, scolastici o meno. Ma con più gioia, accetto il fatto di poterle riempire. Ha affermato, nel suo avviso in bacheca che la Scuola di Atene vorrebbe riunire studenti appassionati dei “Saperi del Passato”, mi consenta di citarla, “guidandoli verso una loro più intima e vera comprensione, attraverso un approccio innovativo”. Mi chiedevo, per l’appunto, in cosa consistesse tale approccio e se, proprio questi, potesse aiutarmi nell’intraprendere la strada di una nuova Conoscenza, quella intellegibile, concettuale e che altre attività di questa Scuola non possono offrirmi.


« Quello che è normale per il ragno è il Caos per la mosca. »




 
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E così iniziavano i giochi.
Il tempo che i due giovani ospiti prendessero posto, e già tutto era pronto. nessun preparativo affrettato, certo, magari una scrollata da tremila anni di polvere, si sarebbe anche potuto fare, ma in fondo per quello che era, e sarebbe stato, un colloquio, non era il caso. Tornò ad allungare le maniche arrotolate sino al gomito, certo, si poteva sperare sempre in qualcosa di meglio, ma era sufficiente. Entrambi parvero convenire sul The, salti di gioia per la zuccheriera? Certo, avevano tempo, ma non moltissimo, il pranzo, e le lezioni pomeridiane, in un'inedita versione della spada di Damocle. Il margine c'era, poteva essere creato, ampliato, ma restava pur sempre un margine, niente voli pindarici di ore, i due ci sarebbero poi stati? Probabilmente non il giovane, il più giovane, Serpeverde, un tiro mancino del Cappello? Che diamine ci era finito a fare nei sotterranei? Eppure, ricordava ancora l'orale di Giugno, era andato piuttosto bene, non era sua abitudine mettere i bastoni tra le ruote a nessuno ad un esame del I Anno, ma non sempre era sinonimo che tutto sarebbe comunque filato liscio. In quel caso era andata bene. Sembrava essere trascorso così poco, ma già qualche mese. La giovane? Sì, qualche lezione, da una Caposcuola ci si poteva anche aspettare qualche assenza, non troppo sfacciata, non troppo evidente, ma tutto sommato molto era perdonato, in fondo, una Lezione doveva essere utile, prim'ancora che obbligatoria. Per quanto l'utile celasse più insidie di un'ordalia, e meglio sarebbe stato tenersene lontani, e comattere anche aspramente per farlo. Misurare l'utilità era una maledizione, una iattura di incredibile levatura, che sembrava infestare i pensieri, con il risultato ultimo di far fiorire ed alimentare circoli e club di Beoti, tronfi di vaneggianti risultati, mal compresi, e mal posti dal principio. Ma anche quella era un'altra Storia.


Eccellente, è sempre l'ora del The Mr Black, oltre alle voci, se le piace il genere, c'è anche un intenso giro di scommesse, di cui ovviamente ignoro l'esistenza. Mademoiselle Rose, se non le spiace vi mostro il metodo, poi con mano ferma vi cederò le redini, qualche elemento è sempre restio a seguire le istruzioni, ma ci stiamo lavorando.
Una tazza, ed uno di zucchero.


Il servizio di porcellana bianca, e celeste, parve prendere vita alla richiesta del Mago, come se non fosse in attesa che di quello, la panciuta teiera sbuffando iniziò a riempire una tazza, che svolazzando in piena stabilità raggiunse il Mago, adagiandosi di fronte con delicatezza. Era intanto iniziato il turno della zuccheriera, che trotterellando fuori dal vassoio, e mulinando a scimitarra il cucchiaino, sembrava risoluta a voler assolvere, sin troppo in fondo, al suo compito.
Ed il giovane proseguiva spedito, nel suo ragionamento, in fondo ci si sarebbe potuti tranquillamente dichiarare concordi, era giusto, almeno idealmente, era quello che i Fondatori avevano voluto, ma da lì a metterlo in pratica ne sarebbe sempre corso, molto. Si sarebbe anche tranquillamente potuto dibattere di come in fondo le Cattedre fossero anch'esse frutto del loro tempo, e di conseguenza non tutte rispettassero il progetto originario. Certo, sarebbe stato un discorso lungo? Ed ecco, chiaramente, Storia. Non proprio l'ancella ultima, se erano lì a discuterne. Ed Atlantide, con tutti i problemi che avrebbe comportato. Lì era più una questione di opportunità, e libertà, che non altro. Ma probabilmente si poteva anche essere un minimo onesti con un Prefetto, ed una Caposcuola, forse più di quanto non fosse lecito essere nel corso di una lezione?


Vede Mr Black, mi trova concorde su buona parte della linea, Storia di Hogwarts insegna, e qualche anno fa scrissi anch'io qualche riga in merito. Ovviamente deve prestare un minimo d'attenzione, tra quelle che sono Cattedre originarie, e quelle che non lo sono, Dada, per quanto riscuota l'entusiasmo di buona parte dei vostri colleghi, e forse anche vostro, è una rivisitazione più moderna di quanto i Fondatori avessero sapientemente previsto, ma come immagino saprete la morale evolve, e l'influenza di attori esterni al Castello cresce, e diminuisce, influenzando anche i nostri programmi. Di per sè, per diversi secoli le Arti Oscure non hanno goduto di nessun trattamento particolare, rispetto alle Arti Chiare, poi come saprete è cambiata la sensibilità al riguardo, portandoci a Difesa contro le Arti Oscure, ma sarebbe, temo, un discorso piuttosto lungo, e che potrebbe non godere del favore della Preside. Il che ci porta direttamente ad Atlantide, se volete, in qualità di vostro Professore, godo, e non godo, di alcune libertà accademiche, posso liberamente decidere quali argomenti trattare, e come farlo, mentre sono stato invitato a non trattarne altri. Nel trattare ciò che decido di discutere con voi, devo badare a non urtare la sensibilità di nessuno, per quanto io non sezioni ragni, certo, alcune tematiche sono estremamente attuali, e potrebbero colpire uno più di altri, come invece non deve accadere.
Mi seguite?
Del resto, i miei Studenti godono della mia massima stima, sono convinto che basti un minimo di impegno, il ragionamento era avviato, le basi erano poste, alla sensibilità dei singoli il volerlo sviluppare, e trarne le conseguenze, come ha fatto lei, Mr Black. Sono certo che sia più utile farvi fare un po' di lavoro sporco, a poco a poco, per arrivare in almeno cinque Anni a qualche risultato. Se legge il Profeta, saprà almeno in parte come la pensi sugli obiettivi del Corso di Storia, no?


Procedeva spedito, ora guardando lui, ora guardando lei, un gesticolare pacato, pause inaspettati, ed accenti strambi, qua e lä, pur confidando che lo stessero seguendo, più o meno, lungo quello che almeno dal suo punto di vista, era un sentiero di semplice logica spicciola. Certo, potevano avere domande, interruzioni, ogni pausa celava infiniti trivi, quale imboccare era un affare delicato, impegnativo, scelte oculate, in poco tempo. Per quanto tutto fosse logico, non era un discorso già scritto, preparato, i pensieri si succedevano in rapida sequenza, una scelta lesta e rapida, dietro ad una tiepida tazza di The. In attesa del suo battesimo del fuoco. Ma doveva avere ancora un attimo di pazienza. Non c'era fretta, certo, ma un The ci stava, era il momento giusto. Quasi. Era già tempo di riprendere, con l'incalzare delle domande più pacate, meno irruente, della giovane? Ecco, una Serpeverde, andavano sul sicuro. Per quanto anche lì, ogni parola celasse infinite possibilità, ed ogni possibilità ininiti scenari. Quale via prendere, delle tante? Perchè c'era la possibilità di scegliere, quell'ultimo afflato di libertà, per quanto vittime di un sistema di convenevoli, ed infinite a loro volta perdite di tempo, era sempre possibile scegliere. E l'avrebbe fatto, com'era sempre stato. Un urlo nella notte, se era necessario prendere una decisione, tanto valeva farlo, rivoluzionari ed ignavi, la feccia della feccia. Meno ne fossero rimasti, meglio era. Il resto poteva anche essere perdonato, o forse no? Quasi tutto, c'era un quasi, un limite, oltre il quale quella cara graziosa sensazione clemenziale si sarebbe arrestata. Non tutto poteva essere tollerato, ma c'era margine, nulla che l'ignavia potesse graziare, o concedere.

Dunque, mademoiselle Rose, alcuni liquiderebbero il tutto dicendo semplicemente che anche il sapere di non sapere, è per definizione una forma di conoscenza. No? Il più ignorante degli ignoranti, a patto che sappia di esserlo, sarebbe in realtà il più sapiente dei sapienti, per quanto, certo, potrebbe ribattere lei, che per sapere di esserlo, dovrebbe obbligatoriamente sapere almeno cosa sappiano più di lui, gli altri allegri e spensierati commilitoni, ma così facendo, come potrebbe essere il più ignorante? Ma probabilmente ci spingeremmo un po' lontano. Le sue lacune immagino siano del tutto comprensibili, lei è giovane, ed in parte la colpa potrebbe anche essere di altri, per quanto io conosca una parte dei miei colleghi, anche da diverso tempo, potrei non esitare nel concludere che sia colpa nostra, perchè non dovrebbe? Eppure, è difficile accertare chi sia il responsabile ultimo, certo, come possa un Professore di due anni più vecchio insegnare qualcosa ai propri Studenti ha del misterioso, come qualche giorno fa lasciava intendere il Profeta, ma si sa che i giornalisti si divertono con poco. Il che ci porta direttamente agli stessi interrogativi del suo collega, perchè Atene dovrebbe essere diversa, giusto?

Sorrise, evaso il punto, era tempo di un The.
Assaporò l'infuso, soddisfatto ed infastidito allo stesso tempo.
Lo zucchero era uno scomodo compromesso, il Latte sarebbe stato deleterio, e non era ancora tempo di Limone. Quanto andava fatto per un po' di armonia? Pazienza, si poteva anche fare quello, a patto che non divenisse un'abitudine. Lo zucchero guastava irrimediabilmente il The, probabilmente avrebbe dovuto tentare un altro infuso, ma era del tutto fuori da qualunque possibilità. Il The era quello, e tale sarebbe rimasto. Non sarebbe stata una zuccheriera sbarazzina, e ribelle, a fargli cambiare uno stile di vita. Al più sarebbero passati al pugno di ferro. Avere pietà per i rivoluzionari era solo controproducente, per quanto a volte fosse necessario almeno tentare. Certo, gli effetti cataclismatici che la zuccheriera avrebbe potuto avere sul continente erano minimi, e racchiusi da un bicchier d'acqua, ma non andavano comunque sottovalutati. Non sopportava i rivoluzionari, come avrebbe potuto? Sarebbe stato l'equivalente di chiedere a Michele, di unirsi a Lucifero. Se non peggio.
Tornò a poggiare la tazza, visibilmente soddisfatto, al tintinnare della ceramica: Atene, sì.


Come ho già avuto modo di ripetere a diversi vostri colleghi, le potenzialità di Atene sono infinite, come quasi qualunque altra cosa, in buona parte dipendono da voi, da quanto sareste disposti a recepire, e rispondere agli stimoli offerti in questo caso non da me, o da un mio collega, ma dalla Storia stessa. Immagino che possano essere quindi stimoli un po' più vivi, e quindi incontrollabili, con dei rischi, ma pur sempre degli stimoli, mi seguite? Lo scopo che mi prefiggo da ormai diverso tempo, è guidare almeno una parte di voi verso la comprensione della Storia, la conoscenza è ben diversa, per fare ciò abbiamo a disposizione una serie di potenti mezzi, ma temo di non fare alcun genere di miracoli. Atene è una sfida concettuale, di alto profilo, che pertanto non può essere adatta a tutti.

Tacque.
Si era detto a sufficienza.
Tempo di un The?

 
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Quella era la seconda volta che il giovane aveva l'occasione di affrontare un colloquio formale con uno dei docenti seguendo vicende che andassero oltre le mere argomentazioni scolastiche. Il primo episodio vedeva come protagonista la professoressa Lancaster, con cui aveva avuto modo di confrontare i suoi pensieri riguardanti le paure insite nel profondo dell'animo umano, attraverso la rappresentazione del Molliccio. In quell'occasione William aveva avuto modo di sbizzarrirsi, più e più volte aveva plasmato frasi che lasciassero intendere una certa propensione per il lato oscuro, del resto, era una materia strettamente connessa al concetto. Avrebbe voluto fare altrettanto anche in quella seconda occasione, mostrarsi curioso di certe pratiche, specie quelle riguardanti l'Egitto, la resurrezione dei morti, le pratiche proibite. Questa volta vi era però un'intrusa, la caposcuola con cui aveva già avuto modo di scambiare due chiacchiere in privato. Sebbene sentisse di averla già inquadrata sufficientemente, non riteneva opportuno trascinarla in conversazioni che potessero metterla in qualche modo da parte: erano entrambi protagonisti in quella vicenda. Per una volta, il giovane dovette accontentarsi di rimanere allo stesso livello di altri, senza spiccare, non per argomentazioni almeno. Vii era però un lato positivo: di certo avrebbe avuto modo di studiarli entrambi, se avessero iniziato a filosofeggiare così come immaginava di certo ne sarebbe uscito fuori qualche importante dettaglio e, con esso, qualche conclusione da trarre.
Leggermente entusiasta a fronte di quella considerazione, Black rimase imperturbabile nell'ascoltare l'ironia del docente circa il giro di scommesse relativa alla passione per il tè. Sebbene incuriosito - più che altro da come la cosa fosse strutturata - non era interessato a partecipare, il gioco d'azzardo non lo aveva mai entusiasmato, in nessuna delle sue forme. Ad affascinarlo, invece, fu l'agitarsi del servizio da tè del professore che - ad un suo preciso ordine - si mosse al fine di preparare la bevanda richiesta. Non lo diede a vedere ma fece fatica ad attendere che fosse Rose la prima a servirsi, non vedeva l'ora di provare tanto che, quando giunse il suo turno, non esitò.

« Una tazza, uno di zucchero. »
Preferì imitare l'insegnante nella scelta dello zucchero. Per quanto ne sapeva, i cultori del caffè insistevano nel ribadire quanto lo zucchero nella bevanda mascherasse l'aroma dei chicchi. Non sapeva se la cosa fosse o meno relativa anche alle miscele di tè e, visto che l'esperto in quel caso era il docente, era meglio affidarsi a lui. La teiera si mosse lesta, elegante nei suoi movimenti, riempendo la tazza quanto bastava; la zuccheriera invece sembrò quasi irritata nel dover servire qualcuno che non fosse il suo padrone abituale. Il giovane però non vi prestò troppa attenzione, troppo intento ad ascoltare anche la risposta della concasata, di cui si era quasi dimenticato, a dire il vero.
*Innata sensibilità? Non mi sembra il tuo caso.*
A parte quella minuscola postilla, il discorso della ragazza filò liscio come l'olio. Aveva centrato il punto e con un'ottima capacità di sintesi per giunta. Del resto, William si rivedeva particolarmente in quella considerazione: affamato di sapere sperava di trarre il massimo dalla sua esperienza ad Hogwarts e, se le lezioni non bastavano, era suo interesse scovare attività meritevoli della sua attenzione. La ricerca era parte stessa della curiosità, nonché una strada tortuosa, meno delineata, su cui inciampare di buon grado in preziose nozioni di vita.
Giunse poi il turno del docente, il quale rispose ad entrambi. A quanto pare si trovava d'accorto - in buona linea - su quanto detto dal giovane, cosa che lo compiacque, quasi costringendolo ad esibire un lieve sorriso. Il discorso scivolò poi lungo le questioni che vedevano le materie evolversi o, in alcuni casi, involversi seguendo lo sviluppo naturale della moralità. I volti cambiavano e con essi anche i presupposti di base; un ragionamento che - per ovvi motivi - poteva fare solo un uomo che aveva visto con i suoi occhi quel castello mutare nel corso degli anni.

« Purtroppo non conosco gli obiettivi che le cattedre del passato si ponevano nel formare gli studenti ma posso dirle che, nell'anno in cui sono stato qui, ho avuto modo di constatare che ogni materia avesse qualcosa da offrire, oltre ai meri argomenti trattati, si intende. Sono espedienti che ho gradito, sottigliezze visibili agli occhi di pochi, il che mi permette di distinguermi. Per questo le apprezzo, così come io abbia apprezzato la sua volontà nel lasciarci riflettere, permettendoci di giungere alle nostre conclusione senza prima influenzarci con le sue. »
Si era quasi dimenticato del tè, era lì che lo aspettava e lui non lo aveva ancora sorseggiato. Aveva concluso dunque perché indugiare? Afferrò la tazza con la destra e la portò presso le labbra. Prima di sorseggiarla preferì annusarne l'aroma, avvertendo una certa nota agrodolce che non gli dispiacque, solo dopo si decise a poggiare le labbra sulla calda ceramica, bevendone il contenuto. Delizioso, un'ottima miscela senza dubbio, per quanto potesse capirne lui. Intanto il discorso proseguì, sempre da parte del docente, ma questa volta in direzione della sua compagna di casata. Di quel discorso lo colpì il modo in cui il professore sembrò affermare che vi fossero docenti fin troppo giovani all'interno del castello. il suo primo pensiero andò alla professoressa Lancaster, indubbiamente giovanissima, tanto da lasciar pensare avesse appena concluso gli studi. Ma era davvero così importante l'età, almeno per quanto concerneva determinate materie? Per William alcune cattedre necessitavano uomini saggi, altre di uomini muniti di grande esperienza, altre ancora colmate da una figura la cui propensione per la materia fosse semplicemente innata. Probabilmente Peverell, per quella cattedra, era particolarmente adatto. Forse lo stesso non si poteva dire per la Lancaster. Quanti scontri poteva aver affrontato una ragazza tanto giovane, infondo?
Infine la conclusione del discorso, ciò che doveva essere la parte più interessante: la risposta ai dubbi dei due Serpeverde. Lì il discorso gli parve fumoso, gli sembrava di aver ascoltato tante parole senza però aver recepito alcun messaggio. Che fosse parte del gioco anche quello? Forse il professore voleva, di proposito, nascondere le informazioni riguardanti il corso tra le righe di ciò che aveva detto. Del resto, se davvero la Scuola di Atene non era un club per tutti, il professore doveva in qualche modo selezionare chi fosse in grado di acuire la mente, avendo cura dei dettagli, notando il particolare. Il giovane rimase freddo come al solito ma era entusiasta della cosa. Abbandonò l'idea che il tempo era poco e che non bisognava perdere tempo, avrebbe volentieri partecipato al gioco del professore, se questo era ciò che desiderava. Del resto - testuali parole - Atene non era per tutti e William era molto ambizioso: quel monito bastava ad accendere in lui la fiamma della sfida. Prese un altro sorso di tè e si preparò a replicare. Una luce nei suoi occhi smeraldini delineava una rinnovata volontà di trattare l'argomento, questa volta prendendosi il tempo necessario, senza dar nulla per scontato.

« E' proprio questo il punto, professore. Ciò che cerco ad Hogwarts nelle mie attività extrascolastiche è esperienza. Non mi fraintenda, non parlo solo di esperienza fisica quanto anche quella relativa alla mente, la conoscenza. E' mio interesse mettermi alla prova, valutare le mie capacità e scoprire i miei limiti. Affiancarmi a chi, come me, ha un occhio di riguardo per la cultura, le nozioni - per citare la mia concasata - sete di conoscenza. Voglio vivere la storia in prima persona, guardarla dal mio punto di vista, analizzarla e rielaborarla. Solo così potrò capire come farne realmente parte. »
L'ultima frase altri non era che la chiave di lettura. Il principale interesse del giovane era quello di distinguersi, arraffare tutta la conoscenza che riusciva a trovare lungo il suo percorso, farla sua al fine di elevarsi quanto più possibile sopra chiunque altro. Solo conoscendo tutte le strade possibili avrebbe potuto dedurre quale fosse la più conveniente da intraprendere al fine di giungere ai suoi scopi. Non gli importava né di Rose né del docente, loro erano utili solo nella misura in cui fungevano da metro di misurazione per la sua preparazione. Quello che si era prefissato, l'idilliaco concetto di elevarsi al ruolo di Dio, era un percorso per pochi eletti. Lui sentiva di farne parte ma per raggiungerlo avrebbe dovuto sudare più di chiunque altro. Se non si fosse dimostrato all'altezza né della sua caposcuola né del suo docente di storia allora sarebbe stato inutile provare a priori.

 
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Ancora una volta seguì con attenzione le parole del Docente e, ancora una volta, poneva sotto la lente d'ingrandimento quelle del giovanissimo studente al suo fianco. Questo le concedeva tempo per pensare, valutare e trarre conseguenze.
Le pallide iridi erano ferme sulla figura dell'uomo, seguendo l'andatura armonica dei suoi discorsi, fatta di pause misurate ed intervalli di sguardi, rivolti a lui, rivolti a lei. Non che le interessasse molto il discorso relativo alla cattedre di Hogwarts, troppo fermo sulla superfice e monotono, per i suoi gusti. Se però avessero potuto entrare nei dettagli, allora sì che le sarebbe piaciuto restare sull'argomento. Ma forse ciò che avrebbe meritato la sua attenzione, per citare il professore, non avrebbe goduto del favore della Preside e quindi, era certa, non se ne sarebbe parlato, non tra le mura di quella stessa scuola ove Peverell aveva ripreso ad insegnare da poco.
Lo seguì comunque nel suo ragionamento, distraendosi solo per un breve istante quando, trotterellando senza esser richiesta, la zuccheriera molesta fece capolino nel suo campo visivo, pronta a contaminare l'infuso della fanciulla con gesto veloce ma, probabilmente, proprio nel tentativo di agire prima ancora di essere fermata, sgarbato, facendo traboccare la divina bevanda dai bordi della fine tazza di porcellana, macchiando il vetro da poco evocato - e per fortuna di Peverell, non il Codice oggetto di studi. Tentando quel che, in pochi secondi, poteva sembrare impossibile, Emily allungò il braccio, piegando la sinistra in quel che voleva essere un tacito segno di arresto. Per tutta risposta, la zuccheriera si fermò, lasciando credere all'ospite di aver inteso il gesto, per poi prendersi gioco di lei e... "Pluff", lasciar cadere una zolletta di zucchero nel the. La Caposcuola osservò il dolcificante toccare il fondo, perduto per sempre.
La contaminazione era avvenuta e l'artefice indietreggiava felice (almeno s'immaginava lo fosse, impossibile dirlo con certezza).
Dunque, mademoiselle Rose...
Nonostante spettatore triste di quella piccola dimostrazione di spregevole ribellione, la fanciulla non aveva, nemmeno per un istante, smesso di ascoltare il Professore. Meno concentrata, forse, ma di sicuro rispettosa - non per nulla ci avevo rimesso una zolletta di zucchero nel the.
Riportò lo sguardo argenteo su di lui, consapevole che stesse per tornare su ciò che più le premeva ascoltare. Fu solo quando Egli poggiò la tazza sulla magica protezione che fungeva, al contempo, da tavolo che Emily prese tra le mani fredde la propria, soddisfatta dal non trovarla bollente ma calda al punto da provare piacere in quel contatto.

L'importante è che io non mi illuda di sapere ciò che non so. Prima ancora di commettere il guaio peggiore, sfociando nell'ignoranza, commetterei quello minore, cadendo nel ridicolo.
Si lasciò andare ad un ulteriore, misurato e sonoro sorriso. Sì quello poteva essere un rischio da non sottovalutare, non per lei.
Così come, immagino, dovrà porre fiducia nei suoi allievi, quel tanto che basta per lasciar loro le redini, i più scaltri dovrebbero capire se sia il caso di porre fiducia in chi risulta essere l'artefice di tale atto. Vede se dovessi esser qui spinta dal semplice amore per la Conoscenza, sarei una di quelle persone che la pregherebbe, con tutti i mezzi possibili, di rendermi partecipe. Ma fortuna vuole che non sia così - in realtà dubito che ci siano individui di tal genere tra coloro che provano vera passione per il Sapere - ed è per questo che tendo a confrontarmi con chi ho dinanzi, persino adesso. Non che io voglia mettere apertamente in dubbio le sue capacità, non avrei comunque elementi per farlo, si può dire che questa è la prima volta che ho occasione di conversare con lei più di quanto il semplice corso didattico, con i suoi argomenti, permetta. Ma proprio il fatto che io debba concentrarmi più del dovuto, andando al di là del mio usuale sforzo di cognizione, per arrivare alla comprensione del mio interlocutore, dice qualcosa. Ciò che di interessante trovo alla fine di tale processo non può fare altro che donarmi piacevoli input per continuare il dialogo e spingermi a valutare, seriamente, il desiderio di frequentare la Scuola di Atene.

Fece una pausa, minima, in modo da non lasciar intendere che fosse la fine. C'era altro da dire ma doveva continuare a misurare le parole per non cadere nel pericolo di essere fraintesa. Il flusso di pensieri era incontrollabile e doveva cercare di tramutarlo in esposizione logica utilizzando le parole adeguate, le pause giuste e la giusta enfasi. Non sempre il significato che noi diamo alle cose è lo stesso percepito dai nostri interlocutori, anzi, quasi mai. Per questo bisogna essere cauti, per questo bisogna utilizzare i concetti che possano evitare maggiormente una comprensione erronea di essi. Ma anche in quel caso, ahimè, si corre un rischio. Forse era questa la ragione principale che portava Emily a studiare, paranoicamente, le persone con cui voleva o doveva, per forze di cose, intrattenersi. Una conoscenza, seppur superficiale dell'individuo con cui si entra in contatto ci permette di plasmare il nostro modo di esporci, piegarci od elevarci al loro livello, entrando in sintonia, stabilendo le basi da cui l'incontro, o lo scontro, deve, talune volte per necessità, prendere le mosse. Non che sia un metodo universalmente valido ma è, pur sempre, un metodo; e nemmeno sempre funzionante, appunto: ci sono persone con cui parlare, alla fine, si riduce ad un mero spreco di tempo.
Immagino che il semplice esser qui, sia una forma di conoscenza: non tutti possono entrare nel suo Club, credo che questo sia evidente. Riuscire ad entrarvi o il suo opposto ovvero, dal mio punto di vista ,il fallimento darebbe vita ad una serie di domande sulle proprie capacità e limiti non indifferente. E come io son qui per valutare il referente della Scuola, Lei è dall'altra parte per giudicare i possibili partecipanti. Nulla su cui io possa proferirmi contraria, a dire il vero. La legge della selezione, infondo, esiste da tempi immemori e ha sempre portato ottimi risultati - eccezioni che confermano la regola concesse.
Lei può rappresentare un buon tramite per mezzo del quale la Storia riesce ad offrire ottimi stimoli. Il resto, come ha ragionevolmente affermato, dipende da noi. Spero dunque di essere uno di quei soggetti in grado di percepire questi stessi stimoli con l'acutezza e l'intensità necessaria per far parte della sua elite di pochi scelti. Come ho detto prima, se alla curiosità si aggiunge un'innata Sensibilità ... Forse c'è salvezza.




 
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view post Posted on 4/2/2015, 00:34
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Che sapessero il fatto loro?
Poteva anche darsi, La Legge dei Grandi Numeri colpiva ancora? Dopo una serie non troppo notevole di no, garbati quanto fermi, era tempo di tornare alle più dolci e concilianti declinazioni del sì? In fondo, per quanto potesse suonare strano a non pochi, era nell'interesse di tutti, rintracciare qualche Ateniese, avesse puntato a delle escursioni in solitaria, avrebbe proseguito con gli abituali programmi, senza concedersi il disturbo. Ma con l'evolversi dell'iniziativa si era sempre più dimostrato imperativo, ed ineluttabile l'instaurarsi di una qualche selezione. Non era il caso di ricorrere al fioretto, o al duello, ma da qualche parte bisognava pur passare, perchè non da un The? I due inattesi ospiti sembravano aver compreso il senso della faccenda, da parte di Serpeverde era lecito attendersi una certa sponda, in fondo, non era così imprevisto. Certo, non era necessaria, in fondo non era necessario giustificarsi ad ogni costo, ma se si condividevano i sensi ultimi alla base della questione, sarebbe stato più semplice l'intero impianto che sarebbe andato a poggiarvisi sopra. Era semplice logica. Convinti delle fondamenta, afferratone l'essenza, perchè avrebbero dovuto tradire lo spirito dei piani più alti e nobili dell'io lirico? Avrebbero consumato quell'estremo tradimento, con quieta e placida indifferenza? Era possibile, era ancora possibile, tutto era possibile. E nulla era facile.
Beneficio del dubbio?
Tornò a poggiare pensieroso la tazzina, ormai prossima ad essere vuota, sull'inedito cristallo della scrivania, osservando i due giovani. Quel rosso aveva un che di conturbante, spiccava sulla veste, si perdeva nel tessuto della poltrona, risaltava sulla modanatura scura del telaio. Il giovane, sicuro nell'insicurezza tipica di un undicenne, o quanti poteva averne? Imperiosa si faceva avanti una seconda volta la panciuta teiera, come una chioccia, anelante prendersi cura di quella solinga e solitaria tazzina, così restia a disertare la sua posizione, e già la zuccheriera, richiamata alla leva obbligatoria, si indirizzava al fronte, lieta di quella nuova vocazione. Quanto The poteva nascondere la Teiera? Che fosse stregata anch'essa? Che fosse senza apparentemente fondo?
Il silenzio era tornato, si espandeva lesto, rapido, avvolgeva ogni elemento della stanza, si dilatava come metallo lasciato al sole d'agosto, occupando tutto lo spazio disponibile, interrotto, incrinato, quasi violato, dal crepitare allegro del caminetto, eterno custode di quel santuario, suo estremo difensore, qualunque tempo e stagione fosse, legionario e protettore di quel microclima così irrinunciabile per un'amplissima popolazione di fervidi abitanti. Caldo, certo, ma nei limiti dell'accettabile, e costante tutto l'anno. L'idillio.
In fondo, con un certo garbo istituzionale, non si erano mandati ancora al diavolo, ed anzi, una tacita comprensione dei vicendevoli limiti sembrava palpabile in quell'atmosfera... rilassata, volendo? Era solo una questione di sensibilità? L'avevano davvero?
Sorrise, aveva deciso?


Ottimo, Mademoiselle Rose, Mr Black, direi che un reciproco beneficio del dubbio possa rispondere a molti dei nostri interrogativi. Ai due estremi delle umane età si è sempre certi di avere ragione, mi rendo conto, per una serie di motivi del tutto opposti, ma non meno validi gli uni degli altri. Ammettiamo quindi di avere quanto stiamo cercando, per quanto sia ben lungi dall'essere dimostrato, e ci ripromettiamo di tornarci a posteriori. Come forse saprete sono un accanito Bibliofilo, tanto quanto un Teinomane, motivo per il quale, tra l'altro, nel mio Ufficio si soffra il caldo tutto l'anno, uno dei prezzi da pagare. Ovviamente Atene è legata ad un libro.

Ecco, una cosa tranquilla, pacifica. Un sorriso qui, uno là, un gesto, un monito, una rassicurazione, una scusa. Come un buon Vescovo che si recasse in quaresima in visita alla propria Diocesi, il Vecchio dispensava a questo e quello, un consiglio, una penitenza, una preghiera, una supplica, un'intercessione. Affabile, ma spedito, procedeva di gran carriera, in quello che aveva ormai l'aria di essere in tutto e per tutto un salmo, ma non per questo meno convincente della prima volta. L'interesse era sempre stato esclusivamente soggettivo, per quanto ci si sforzasse, i sassi non li avrebbe mai voluti stregare, e non era nemmeno interessato a farlo. Non era il pifferaio, non per tutti, non a tutti i costi. Aveva smesso di esserlo tempo addietro. Prima della pensione. Era quello che era.

Come forse avrete già saputo da alcuni vostri colleghi, gli Eventi che gli Ateniesi sono soliti percorrere, o per certi versi anche proprio vivere, sono ambientati in un contesto storico di alto profilo, dove la Storia può direttamente narrare le sue gesta ai suoi spettatori, gli Ateniesi stessi, in assenza quindi del filtro di Docenti, o Manuali, per quanto io sarò sempre nei paraggi, non troppo distante. Evidentemente nel calarsi in tale contesto, pur sempre nel e del Passato, si corrono dei rischi, è qualcosa di inevitabile, ne intravedete forse già qualcuno? Avere a che fare con il Passato è sempre un affare scomodo, comunque la si voglia mettere, ma non impossibile, chiaramente.

Il sasso nello stagno?
L'aveva gettato. Ed era un ottimo esperimento. Che ne sarebbe uscito?
Qualcosa sarebbe pur uscito. Era l'età dell'Estro? Forse non aurea, ma già qualcosa.
Tornò al The, per non perdere l'abitudine, e non lasciarlo ulteriormente in balia delle decisioni della tirannia di una piccola, ma intraprendente soggiogatrice: la zuccheriera.

 
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view post Posted on 9/2/2015, 12:23
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Neanche per un secondo William aveva pensato di poter essere escluso dai partecipanti alla Scuola di Atene. Se il professor Peverell voleva solo un elite di studenti, era chiaro che lui sarebbe stato compreso. Arrogante e presuntuoso per com'era, non ritenne neanche lontanamente possibile l'idea di venir scartato; il suo genio lo aveva portato a distinguersi immediatamente fra tutti, conseguendo ottimi risultati sia in campo scolastico che extra. Fu forse proprio per tale motivo che il ragazzo preferì saltare i preamboli, arrivando talvolta ad apparire seccato da inutili perdite di tempo. Diede un terzo sorso alla sua bevanda, notando che questa si era già dimezzata e leggermente raffreddata. Il tempo scorreva in fretta tra discorsi articolati e filosofici, un'ambiente e una condizione che il neo-prefetto trovò tremendamente stimolante, come ve ne erano state poche di recente. Di per se, quello scambio di battute era già un modo per accrescere - non tanto la sua conoscenza - quanto più la sua esperienza nell'arte oratoria. Sebbene Black si ritenesse già vincente nella selezione dei partecipanti al Club di Storia, disquisire secondo determinate tematiche era per lui una sfida, battaglia alla quale partecipavano in tre, ognuno col proprio stendardo, sebbene vi fosse una tacita alleanza tra i due Serpeverde. Ad ogni modo, sebbene lo ritenesse improbabile, se Rose fosse stata lasciata fuori dalla selezione del docente di storia, al ragazzo non sarebbe cambiato nulla.
Sorrise, intelligentemente nascosto dalla tazza, nel sentir nominare dalla concasata nuovamente le parole "sensibilità" e "salvezza". Checché se ne dicesse, la caposcuola non gli aveva mai dato l'impressione di essere legata in nessuno modo a nessuno dei due termini, fossero questi riferiti anche ad un ambito prettamente culturale. Sicuramente, al posto suo, non avrebbe certo usato quella singolare scelta di parole. Si concentrò poi sul professore, il quale si arrese al reciproco beneficio del dubbio, in maniera alquanto lecita. Del resto, potevano parlarne per eoni, non si poteva estirpare da menti curiose il dubbio se non con una dimostrazione pratica di ciò di cui si disquisiva. A quel punto, però, la cosa fondamentale era capire se erano state poste sufficienti basi a rendere l'argomento interessante a tal punto da valere il tempo speso. Per ciò che William aveva avuto modo di ascoltare quel giorno, nonché per ciò che aveva già letto nell'articolo della Gazzetta del Profeta, le basi c'erano, eccome!

Quando il docente ricominciò a parlare, William ripose la tazza sul piano di vetro e lo seguì coi i suoi occhi smeraldini. Aggrottò la fronte quando, per l'ennesima volta, sentì parlare di "vivere la storia in prima persona". Aveva già avuto modo di riflettere sul concetto una volta letto l'articolo della gazzetta. Il professore, come sempre, era stato abbastanza vago, probabilmente era suo interesse vedere come gli studenti avrebbero colto gli indizi. Eppure questo non era certo il primo anno in cui aveva luogo la Scuola di Atene, qualcuno dove aver già assaporato quell'esperienza. Che William non ne sapesse nulla era anche lecito, era in quella scuola da così poco, ma Rose? Conosceva forse più di quanto non lasciasse intendere?
Inizialmente il ragazzo aveva pensato ad una sorta di illusione che avrebbe colpito docenti e alunni al fine di mostrare loro i reali accadimenti storici. Del resto, era a conoscenza dell'esistenza del pensatoio e della sua utilità, era possibile che qualcuno avesse lasciato un ricordo dei fatti storici in questione affinché qualcuno potesse osservarli da uno di quei preziosi artefatti. Eppure, da ciò che aveva letto, quella "gita scolastica" richiedeva uno sforzo fisico, determinate abilità, possibilità d'azione. In un ricordo non è possibile agire, si è solo delle figure eteree in un contesto già ben delineato che non può essere in alcun modo variato. Del resto, si trattava di un ricordo. Ma se così non, si stava davvero parlando di viaggio nel tempo?

« Prima di risponderle avrei bisogno di capire in cosa realmente consiste questo viaggio. » I suoi occhi si illuminarono al pensiero che potesse realmente trattarsi di un salto nel passato. « Parlando di sfide, pericoli, ripercussioni e adeguato equipaggiamento - come scritto nell'articolo della Gazzetta - mi viene da pensare si tratti di un viaggio nel tempo. In questo caso i rischi sarebbero molteplici: si incomberebbe nel rischio di rimanere bloccati in un altro tempo, senza avere alcuna possibilità di tornare al proprio. Non ho mai sentito parlare di incanti che sradichino le leggi del tempo; se davvero è possibile farlo, lei del gruppo sarebbe l'unico, e se qualcuno rimanesse lì, potrebbe tornare indietro a riprenderlo? Di certo uno studente non potrebbe sperare di farlo da solo.
Ma il rischio più grande tempo sia un altro - nonché il più affascinante: modificare il corso della storia. Diventando parte integrante di essa, agendo in specifici campi, potremmo capovolgere le sorti di una battaglia, smascherare un complotto, agire per beni personali. Rischieremmo di modificare in maniera irreparabile ciò che dovrebbe già essere avvenuto, scombinando un equiibrio che potrebbe intaccare anche le nostre esistenze. Anche il calpestare il suolo su cui camminiamo potrebbe avere ripercussioni, potremmo cambiare tutto con una semplice azione e chissà cosa potrebbe capitare: potremmo perfino impedire le nostre stesse nascite. E' un argomento delicato, di certo non lascereste una faccenda tanto delicata in mano a degli studenti, non senza delle regole ferree. E' dunque possibile - mi chiedo - cambiare il corso degli eventi? Modificare il passato?
»
Tornò al suo tè celando la sua impazienza nell'attendere la risposta del docente con fare composto. Il ritmo del suo cuore si era accelerato, questa poteva per lui essere una scoperta sensazione. Se era possibile tornare del tempo di certo era per mezzo di un rituale o di un incanto oscuro. Se era possibile modificare i fatti, probabilmente Peverell avrebbe posto delle regole affinché ciò non accadesse. Ma se fosse riuscito, col tempo, a padroneggiare quella pratica? Se avesse messo le mani su quel rituale e avesse avuto l'occasione di viaggiare nel tempo? Che tipo di vantaggi avrebbe potuto trarne? Doveva stare bene attento a quella questione, quello poteva essere un tassello interessante per la sua ascesa a Dio.

 
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view post Posted on 15/2/2015, 22:03
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Per quanto le riguardava, era tutto, ormai; aveva ottenuto ciò che cercava e l'intrattenersi col Docente ed il suo Prefetto, oltre che questione di buone maniere - non poteva certo alzare i tacchi e congedarsi di punto in bianco, era diventata una questione di puro e piacevole interesse.
Ascoltare il Concasata esporre i suoi punti di vista, le sue opinioni e chissà cos'altro, aveva iniziato ad annoiarla: ogni qualvolta si esponeva in una risposta rivolta al Professore, dava vita ad un discorso incompiuto. "Capace, intelligente ma non si applica, potrebbe fare di meglio" e lei odiava quel genere di persone, quelle che rimanevano nei limiti, sguazzando nella sicurezza di parole impossibili da fraintendere; quelle che non si esponevano, in verità, fino in fondo e che quasi mai si scontravano con altre persone; i loro discorsi erano tutto e nulla. Pieni di forma ma privi di contenuto.

Consideriamo per un attimo che si tratti davvero di un viaggio nel Tempo. Se fosse come da te esposto, bisognerebbe aggirarsi tra le Vie del Passato come fantasmi perché persino il calpestare un fiore potrebbe degenerare in una guerra civile? Beh, lascia che ti chieda in cosa credi realmente, Fato o Necessità? Perché penso sia questo il punto.
Le parole della Caposcuola non era più rivolte esclusivamente al Docente. L'attenzione del suo giudizio si era dunque spostata, ponendo sotto la lente d'ingrandimento non più l'uomo ma il giovane. Curiosa di sapere fin dove potesse spingersi il fanciullo, la Serpina si lasciò catturare dal suo precedente discorso, cercando di prenderne il controllo, modificandolo secondo le proprie esigenze, modellandolo affinché divenisse spunto di maggiore interesse.
E se il Presente in cui vivi fosse tale proprio a causa di una qualche azione da te commessa nel Passato? Lo chiameresti ancora Caos? E se fare qualcosa fosse esattamente ciò che dovevi fare? Parlare con qualcuno, salvare la vita ad un altro, prevenire una tragedia. Se doveva essere così e non altrimenti, la definiresti Necessità?
Il fatto stesso che tu possa viaggiare nel Passato indica un mutamento di quel che viene considerato l'ordine naturale delle cose. Potresti cambiare il Futuro, il tuo attuale Presente, facendo qualcosa o non facendo assolutamente nulla.

Le iridi chiare erano posate sul volto pallido del Serpeverde, desiderose di studiarne le espressioni; la tazza di the, fin troppo dolce per i suoi gusti, s'andava raffreddando tra le mani giunte al grembo; in quei pochi secondi di pausa, Emily non si aspettò che uno dei suoi interlocutori prendesse la parola e, per tale motivo, si concesse il lusso di riflettere su quanto ancora aveva desiderio di portare alla loro attenzione.
In cosa credi? E quanto forti sono le tue motivazioni? Possono esserlo abbastanza? Puoi dimostrarlo? Fondamentalmente credo che più di un patto col Tempo, cercando di evitare conseguenze immaginabili e non, il pericolo consista nella Sfida che si ha contro sé stessi. Non tutti accettano, facilmente, che, in un caso o nell'altro, ci son forze più grandi di noi contro cui non possiamo nulla. Che sia la Tuke, il Fato, il Destino, il Caos o chissà cos'altro.
Sorrise appena socchiudendo gli occhi, *E tu stessa ne sai qualcosa, vero Rose?*. Alzò la spalla sinistra in uno scatto morbido, piegando di poco il capo vermiglio e, lasciando il torpore quasi assente della ceramica, si portò una ciocca di capelli ribelle dietro l'orecchio. Troppi movimenti per chi, fino ad un minuto fa, parlava, immobile, come se nulla potesse scalfire la tranquillità che lo governava: era evidente che simili discorsi non erano da sottovalutare, nemmeno per lei, e che qualcosa era capace di far breccia anche in quella palese serenità che la Caposcuola si sforzava di dare a vedere.
A tal proposito, mi chiedevo, Professore: cosa ne pensa, Lei, dei paradossi dei viaggi nel Tempo? Per esempio, se decidessi di tornare indietro, nel Passato, ed uccidere, diciamo, il mio nonno paterno in modo che mio Padre non venga alla luce, in tal modo priverei anche me stessa dell'esistenza - a meno che io non sia stata adottata e mi sbagli su tutta la linea di successione.
Se quindi, assassinassi mio nonno, fermando la nascita di mio Padre, come farei a tornare indietro nel Passato per commettere l'omicidio di cui parlo? Sembrerebbe impossibile. E se invece viaggiassi nel Futuro ed uccidessi un mio pronipote - se mai ne avrò uno? Cosa sarebbe probabile e cosa possibile, in tal caso?
Sono molte le domande a cui possiamo dare solo probabili e giustificabili risposte e questo, immagino, sia uno dei rischi che si devono correre se si vuole partecipare a qualcosa che, come Lei ha affermato, più che uno sforzo fisico, ne richiede uno mentale.

L'ultimo discorso venne pronunciato meno lentamente, con meno pause: Emily sapeva bene cosa dire e come dirlo, prova di quanto fosse abituata a pensieri di simile entità, ma parlarne, a voce alta, era tutta un'altra storia e le sembrò persino surreale.
Se quella era Atene, valeva la pena di provare.




Edited by Emily Rose. - 15/2/2015, 23:32
 
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view post Posted on 19/2/2015, 00:50
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Con una certa innata calma, mentre calava il silenzio, si alzava la tazzina. Un buon The. In fondo avrebbero pur dovuto rifletterci, era inevitabile, quanto erano soliti dibattere di salti temporali, e problemi che essi potessero potenzialmente comportare? Presumibilmente non molto. Era lecito attendersi una certa accortezza, ed una certa calma nell'approcciare il problema? Quanto avevano già scoperto di tutta la faccenda? In fondo qualche Serpeverde degli originari doveva ancora essere in giro, chi poteva essere? E probabilmente conoscevano altri, c'era da sperarlo del resto. O erano arrivati già alla ghettizzazione? Quanto era probabile? Ma avevano un problema di gran lunga più dirimente, quanto preciso tra le mani, inutile soffermarsi sul come l'avrebbero risolto, per quanto in fondo avrebbe anche quello pesato, una volta raggiunta la soluzione. Perchè una soluzione esisteva, magari non univoca, magari molteplici, ma non escludenti, futuro e passato potevano convivere? In che misura? Non erano una congrega di veggenti, eppure avrebbero comunque potuto mirare alla comprensione di un qualcosa che fosse degno dell'attenzione non del più notabile dei Saggi, ma comunque di qualcuno. Un margine di errore era tollerabile, purchè esso fosse accettabile. Il che, di pari passo, apriva scenari insperati, come calcolare tale errore, e lo scarto? Qual era il margine di sicurezza tra il puro erisma, e la ragionevole certezza di avere effettivamente ragione? Prima di testarlo, ne avrebbero avuto la prova? E lui, già non lo sapeva? Non avrebbe miseramente imbastardito l'intera discussione una confessione troppo candidamente avventata? Avrebbe potuto l'incertezza inconsapevole di non sapere nobilitare l'intero impianto, così da spingerlo verso lidi inesplorati dell'eristica, e della conoscenza? Potevano le due convivere? O l'una doveva divenire ancella dell'altra, dopo un epico scontro? Se la sarebbero mai cavata? C'era soluzione?
Qual era l'episteme?
Esisteva?
Ed ecco che tanto inattesa, quanto benvenuta, la Giovane sembrava aver colto, l'errore, se di tanto potevano discutere e definire, era stato sanato, quasi cancellato? Eppure, anche il Giovane, a sua volta, sembrava risoluto nel voler avere ragione, ed in parte poteva anche averla. Com'era possibile che entrambi potessero avere ragione, se le conclusioni erano tanto divergenti? E se il passato ed il futuro non fossero stati così univoci come sperato? Quanto se ne intendevano di Divinazione? E di Profezie? Aprire un'annosa questione? Eppure il dibattito sembrava quasi volesse lasciarlo a fare da pubblico, un pubblico garbato, attento, restio ad intromettersi, perchè farlo? In fondo, seminare zizzania per destare la discussione era la sua specialità, l'incertezza ed il dubbio sistematico erano potenti alleati nello scuotere gli animi, una volta fatto, la sua funzione si estingueva, era vecchio, era quasi anche stufo di continuare a sentire il rieccheggiare l'eco della sua voce, la conosceva, la distingueva, gli era anche troppo nota. In certi frangenti, fortunatamente sparuti ed isolati, pensava quasi si stessero cordialmente antipatici, una silente insopportazione tattile, un'irritazione epidermica, prima che tornasse nuovamente la meraviglia, che l'aveva accompagnato per così tanti anni. In fondo, si frequentavano già da parecchio. Era innegabille.
Eppure, era tempo, abbassò la tazza, tornando a riporla sul piattino.
Risposte. Aveva davvero delle risposte?


Semplicemente splendido, tanto divergenti, quanto potenzialmente corrette, affascinante, non trovate? Giocare con il tempo è una faccenda terribilmente sporca per quanto avete molto giustamente intuito, e per anche un'altra ampia serie di annose questioni, che magari arriveremo a sfiorare. In primo luogo, come avrete ormai intuito, stiamo parlando di Tempo, gli Ateniesi vivono la Storia, o quanto sarebbe potuto succedere, che ammetto, non sia la stessa cosa, ma ci arriveremo. In secondo luogo, come vi ho già detto, la chiave di volta ateniese è un Libro, molto particolare, ammetto, ma un libro, non le mie modeste capacità, non sono padrone del Tempo, e non vorrei nemmeno esserlo Mr Black. Ma quanto afferma è comunque corretto, se qualcuno dovesse perdersi nei meandri del Tempo, sarebbe piuttosto difficoltoso, se non impossibile, recuperarlo. Riesce ad intuire il perchè?

Tertium non datur.
Giusto, e sbagliato allo stesso tempo. Una fortuna che non vi fosse il terzo. O quella stessa via era già il terzo? Ipotizzare un terzo, quindi, era un quarto? Com'era possibile aver scardinato così facilmente su due piedi un principio logico capitale? Al Tempo non si applicavano le normali regole logiche? Come all'economia? Tempo ed economia potevano essere simili? O meno dissimili di quanto non potessero in realtà sembrare? E qual era allora la soluzione? Doveva pur esservi. Ma non era una? Erano due? Tante? Non c'era univocità? Ne sarebbero davvero usciti? Tornò divertito ad osservare la Giovane, in fondo, aveva ragione anche lei.


Allo stesso tempo, la sua collega l'ha colta immediatamente in fallo, molto giustamente aggiungerei. Ammessa la possibilità di tornare indietro nel Tempo, un'eventualità magica possibile, aldilà di quello che facciano gli Ateniesi, è anche possibile che siano le nostre azioni del Presente ad influenzare il nostro Passato, mi segue? In tal caso, sarebbe in realtà l'inazione a modificare il nostro Futuro, invece che non l'azione che era previsto avremmo fatto. Per dirla in altre parole, forse più semplici, è tutto un gioco di false e vere Profezie, il che però inevitabilmente porta in dote un altro pericolo, risalendo il Tempo, si potrebbe innescare una di queste Profezie dormienti, che solo se avessimo scelto di compiere la nostra azione, si sarebbe risvegliata, a patto che sia vera, certo.

Le Profezie.
Variabile indipendente, ma anche di controllo, dell'intero sistema.
Come potevano conciliare una natura tanto divergente, e poliedrica?
Ed una domanda, che cercava una risposta. L'avrebbe trovata? Esisteva?
Un dito, l'indice destro, di un braccio stanco, riverso sul bracciolo, parve improvvisamente ispirato da un'apatica illuminazione, roteando in cerca di attenzione, quasi volesse offrire un nuovo punto di fuga. Un dito: ultimo rifugio, ultima arma, ultimo Minosse, ammonitore, ma benevolo, e pacifico nel movimento e nel fare come il Vecchio, e come il tono che andava ormai trasparendo da diverse clessidre. In fondo, chi aveva la Verità? Ne esisteva davvero una? Dov'era?


Dunque, Mademoiselle Rose, se vuole posso offrirle la mia opinione, come l'ho offerta ad alcune sue colleghe, qualche giorno fa, ma per quanto vesta molte maschere, essenzialmente sono uno Storico, quindi per quanto sia piuttosto sicuro di quanto vada affermando, altrimenti non lo farei, non posso esserne certo. Vede, credo il problema sia ipotizzare l'univocità tra Passato, Presente, e Futuro. Immagino che se doveste rappresentarli graficamente pensereste ad una retta, con un punto nel mezzo, il che potrebbe essere tanto tradizionale, quanto limitativo. Qualcuno ha sostenuto che viviamo nel migliore dei mondi possibili, il diramarsi stesso dell'albero delle Profezie sembra andare nella stessa direzione, una conferma, se non il migliore, sicuramente uno dei mondi possibili. Mi segue? Se lei decidesse di eliminare suo nonno, con tante scuse, e riuscisse nell'impresa, tanto per cominciare, è molto probabile, che il solo fatto per cui le sia stato permesso di esistere fosse che i due fatti non erano allineati sullo stesso filo temporale, lei è partita dal nostro Presente, per eliminare un suo nonno, che non era il suo nonno del nostro Presente, ma di un altro Presente, e quindi è tornata in un altro Passato. La sua azione probabilmente avrà avuto ripercussioni catastrofiche in un altro Presente, ed un altro Futuro, di cui però ignoriamo l'esistenza, capisce? Allo stesso tempo, dovrebbe anche essere in grado di trovarlo questo suo nonno, che non è scontato, e non è detto parimenti che fare ciò, in un pur altro Passato, non abbia ripercussioni sul nostro Presente, per via del risveglio involontario di una Profezia dormiente, da parte della sua azione. Lei potrebbe morire, magari, non per via di quella che credeva la causa più probabile, l'eliminazione della sua ascendenza, ma per via della Profezia, che potrebbe condannarla egualmente, ed una volta morti, si è morti, temo che la causa passi in secondo piano. Ne intuisce la logica? Cosa crede che accadrebbe quindi per il Futuro?

Procedeva pacato, conferendo naturalezza ad un discorso che si sforzava di essere imbrigliato nei canoni di una conversazione da The, per quanto in fondo non ne fosse certo il crisma. Ma c'era anche un'altra questione, a ben vedere, ed a buon diritto.
Assassinare il nonno.
In fondo, sarebbe potuto tranquillamente essere un nonno.
Ma che bell'argomento! Perchè proprio uccidere un nonno?
Non che corresse rischi, non aveva più nipoti.
Incompetenti.
Ma si sarebbe vendicato.
Era solo questione del momento giusto.
Incompetenti a piede libero.


Comunque sì, come avrete capito, è uno sforzo mentale quello di cui stiamo parlando.
Il resto, per quanto notevole, son certo possa venire da sè.

 
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