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Dopo essersi rialzato da terra il dolore che provava alla testa era divenuto più acuito, camminava a stento verso la stamberga, ormai anche le ossa iniziavano a farsi sentire. L’unico pensiero razionale che riusciva ad avere, probabilmente l’ultimo di quella notte, lo portò a pensare a cosa avrebbe fatto una volta trasformato, la paura si impossessò di lui. Per sua fortuna ed anche sfortuna aveva studiato i lupi mannari l’anno prima ad Hogwarts e sapeva benissimo che non aveva scelta, quella sera si sarebbe trasformato e avrebbe perso ogni briciolo di umanità, nessuno pensiero razionale, nessuna emozione lo avrebbe fermato dal commettere atti efferati. Sperava che colei che avrebbe dovuto incontrare fosse già lì e che magari si stava godendo la scena di Derek che pian piano avrebbe perso il controllo di se, ma la sua speranza più forte era che la stessa lo avrebbe guidato e fermato in casi estremi. Ecco, anche lei era un lupo mannaro, quanto poteva contare l’esperienza? Probabilmente anche lei avrebbe perso il controllo, che il tempo lo avrebbe aiutato a rendere la trasformazione più “sopportabile” era quasi certo, ma avrebbe anche reso il mostro che in lui covava più vigile e poco incline ad arrendersi agli istinti animali più basilari. Un giorno sarebbe stato in grado di controllarsi? Se la sua mente fosse stata limpida come al solito avrebbe potuto pensare all’unico rimedio esistente ma così non era, ormai da una settimana non riusciva a concentrarsi su più di due cose nello stesso momento, la sua rabbia era in continua crescita, ciò lo aveva portato ad allontanarsi da chiunque gli stesse vicino, forse ormai era quello il suo destino rimanere da solo con la sua condizione, tutto ciò che aveva sempre anelato stava diventando realtà ma con ogni probabilità era uno stupido pensiero di un ragazzino che era stato ferito molte volte nella vita. Alla fine, chi avrebbe voluto vivere una vita da solo? Ogni sera non vedeva l’ora di coricarsi, magari almeno nel sonno avrebbe trovato pace. Ma quella notte non avrebbe potuto usare tale espediente, la luna avrebbe fatto capolino e tutto sarebbe cambiato. Era ormai giunto alla porta della stamberga quando sentì uno strano rumore, sembrava essere un pianoforte o chissà che strumento musicale, ma in quel momento non riusciva a distinguere il rumore dei suoi pensieri molto sconnessi figurarsi una melodia che non era nemmeno certo di averla sentita prima. Quest’ultima gli entrò in testa e se fosse possibile accentuando il suo malessere. Fu solo in quel momento che si accorse che qualcuno era dentro, probabilmente era lei, colei che aveva dato il via a tutto quello che sarebbe stata la “nuova vita” di Derek, o forse “non-vita”. Sentì una rabbia montargli dentro, avrebbe voluto sopraffare quella donna, ma sapeva che a parte essere l’unica ad avere le risposte che cercava non avrebbe avuto uno straccio di possibilità di uscirne indenne. Così si avvicinò alla porta come un condannato alla volta del patibolo, di certo il paragone non reggeva, ma chiunque avrebbe avuto da ridire non si sarebbe trasformato in un mostro privo di ogni senso del controllo e dei vincoli imposti per la comune decenza , per il comune rispetto e per la vita stessa, la paura di poter fare del male a qualunque essere vivente era insopportabile, tanto che semmai fosse vero che l’indomani mattina non avrebbe ricordato nulla e semmai avesse commesso l’atto più innaturale che esista non avrebbe voluto saperlo, per quanto una vita all’oscuro di quanto fatto non era il massimo in quanto il senso del dubbio poteva lacerare tanto quanto il sapere la verità. Sentì la sua voce come un richiamo verso l’inevitabile, era giunta la sua ora, aprì la porta ed entrando vide una scala o probabilmente ciò che rimaneva, fece per avanzare si appoggiò ad una trave per non cadere nuovamente e guardando la sua mano: la peluria stava crescendo, non poteva mancare molto, il suo sguardo si fece sconsolato, tutto stava prendendo realtà. Sperava solo che nessun studente sconsiderato avrebbe avuto la voglia di una gita notturna, sarebbe stato da stupidi anche se era lui a pensarlo. *Mi ricordi come siamo finiti in questo guaio, Hide?* Assaporò quel pensiero per quanto sarcastico come l’ultimo di quella notte, e volse lo sguardo verso la scala di legno una seconda volta alla ricerca della voce da lui sentita in precedenza. Suo malgrado aveva bisogno di lei, era un pensiero davvero strano, aveva bisogno della persona che lo aveva posto in quella condizione nonostante sentisse l’impulso quasi irrefrenabile di farle del male. Continuava a guardare nella speranza che quella molerai cessasse, gli rimbombava in testa come colpi di cannone. |
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