Old Gods hear you. ~, Privata, Horus.

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 5/1/2018, 04:28

In a coat of gold or a coat of red, a ℓισи ѕтιℓℓ нαѕ ¢ℓαωѕ.

Group:
Grifondoro
Posts:
2,056
Location:
District 2 // Casterly Rock // Gryffindor House // Asse Roma-Brighton.

Status:


Sembrava così sicura delle sue capacità, all’esterno, che chiunque, venuto a conoscenza della situazione, avrebbe potuto tranquillamente credere che fosse perfettamente padrona della situazione. In realtà, anche mentre ripeteva a se stessa che, se lo avesse davvero voluto, avrebbe potuto riuscirci, dubitava del suo...dono, come lo aveva chiamato Horus.
- Ma com’è che si chiama, che non ho capito ancora? Sekh...Sehke...Seh...-
*Lascia stare. Quanto a cognomi impossibili da pronunciare, non possiamo pronunciarci. C’è gente che mi conosce da tempo e ancora non ha capito dove siano collocate S e K.*
Cercava di sdrammatizzare persino scherzando con la Voce, come se fosse stata una sua amica d’infanzia; la verità era che tentava di scacciare via la crisi di panico che stava quasi convincendo le sue gambe a muoversi in una corsa improvvisa verso Hogwarts, dove di certo non avrebbe dovuto provare a nessuno le sue capacità. Non che Sekhmeth (e lei aveva capito alla perfezione come si pronunciasse quel cognome inusuale) le avesse fatto pressione incalzandola, in modo da farla sentire sotto esame, anzi, era stato tutto il contrario. Il fatto era che lei voleva davvero aiutarlo, perché si riconosceva un po’ in quello che il ragazzo aveva passato, malgrado non comprendesse i motivi che lo spingevano a cercare un uomo che, per quanto amasse in quanto suo figlio, lo aveva abbandonato.
Ma questo non era affar suo: lei si era ripromessa di dargli una mano, e quindi lo avrebbe fatto. A qualunque costo, perché oramai era diventata una questione di principio. Doveva venire a capo del suo dono, e lo avrebbe fatto.
Si fermarono in un vicolo losco, buio; Zoey rabbrividì. Certo non era il luogo che avrebbe scelto di frequentare in condizioni ordinarie, ma di sicuro era il luogo adatto per avere (o cercare di avere) una visione e passare inosservati.
- Beh, che c’è? Sei ferma immobile come un palo della luce; fa’ qualcosa, benedetta Dea! –
*Sì, ma...non so cosa!* Stava per ammettere di non avere idea di cosa fare, quando, all’improvviso, avvertì quella sensazione che aveva già provato altre volte. La sensazione le diceva chiaramente di lasciarsi guidare dall’istinto e di fidarsi. E lei chiuse gli occhi e lo fece.
Le sue mani afferrarono quelle del ragazzo; era abbastanza sicura di non averlo colto alla sprovvista, ma neppure lei si aspettava una reazione del genere.
- Un’altra azione simile a tradimento e ti scambierà per una stupratrice seriale. Il posto, poi, è lo scenario perfetto...-
*Zitta.* le ordinò. *Ho bisogno di concentrarmi.*
E poi...vide.
Non capì, inizialmente dove fosse; non le sembrava di essere mai stata in quel posto e non riuscì ad orientarsi. Sentiva qualcosa fluire attraverso di lei; solo qualche istante più tardi comprese che proveniva da Horus. Realizzò che sì, qualunque cosa avesse cercato di provocare, ci era riuscita. Si rilassò un momento, ma poi si accorse della presenza di qualcuno. Non era una vera e propria presenza, ovviamente, perché non era tangibile; ma faceva parte della visione. Era una ragazza dai lunghi capelli rossi, voltata di spalle. Il contrasto fra il candore della pelle e l’intensità del colore vermiglio della sua chioma, le trasmisero armonia e pace. Sembrava tutto così giusto...
La scena stava mutando. La schiena bianca sembrava contorcersi ritmicamente, apparendo corrotta, rovinata...erano cicatrici, quelle? Come potevano delle ferite avere un fascino irresistibile su di lei? E poi avvertì la morte; la sentiva presente, in quella visione, anche se invisibile. E le spezzava il cuore sapere che era lì per la bellissima ragazza.
Guardò meglio: rose, stavano davvero uscendo rose da quelle ferite? Cosa voleva dire? Ma soprattutto, perché tutto in quella visione le ricordava...Emily?
Vennero gli artigli; impetuosi, terribili come quelli di un falco; dilaniarono la schiena della ragazza. Aveva già iniziato a voltarsi, quando la ragazza aveva aperto le braccia e aveva lanciato un grido, ma non di dolore come aveva creduto inizialmente. Era...estasi?
Buio; la visione era terminata, e lei si sentiva infinitamente debole. Lo era sempre dopo una visione, ma mai in quel modo. Era stremata, completamente senza forze, e tanto confusa da non essersi resa conto subito che la sua mano, dai polsi di Horus, si era spostata sul suo petto, come se avesse voluto afferrare il suo cuore, che sentiva battere rapidamente. Lo fissò; e in quegli occhi cerulei, ebbe la certezza che, in qualche modo, aveva visto anche lui. Non capiva come potesse essere possibile. Solo lei poteva vedere quegli scorci che il suo dono le provocava...

- Ci sono riuscita...- mormorò, sorridendo, non senza una punta di soddisfazione nella sua voce fioca.
Si sentì mancare; aveva nettamente esagerato, senza essere adeguatamente preparata a quello che aveva fatto. Si allontanò dal ragazzo, liberandolo dalla pressione che la sua mano faceva sul petto di lei.

- Se muoio... – farfugliò confusamente, - io ti giuro che non sono una stupratrice seriale –
Prima di cedere alla stanchezza, però, si ricordò di una cosa importante, che quella visione le aveva impresso nella mente, e di cui non riusciva a liberarsi. Non aveva minimamente idea del significato della sua visione, e, in quel momento, non le interessava neppure, ma le premeva dirgli qualcosa, una serie di sensazioni legate a ricordi passati che avevano portato alla luce vecchie memorie.
- Sta’...sta’ attento...ad Emily. Non-non farle del male. Prenditi cura di lei. –
Riuscì a dire; e poi, per lei, fu come precipitare nel vuoto.





Quindi: ho postato rifacendomi a quanto scritto dal master, descrivendo semplicemente la scena e quanto provato da Zoey.
Preciso che non si è messa ad analizzare la scena, né a tirare conclusioni, o a fare supposizioni: le parole dette alla fine su Emily sono semplicemente dati da alcune memorie scatenate dalla visione, oltre il fatto che i capelli rossi della ragazza e le rose hanno rimandato subito la sua mente ai ricordi che Zoey ha con Emily.
 
Top
view post Posted on 28/1/2018, 19:26
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,025
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:


Horus
Sekhmeth
« we are the blood of the underground, we are a chosen seed so they will come for us, we are the sons of a fallen race. »

► Anxious ► 18 ► Headboy ► Clothes

C'era
stato un lungo momento in cui, nel silenzio di quell'angolo sperduto di Diagon Alley, Horus si era chiesto se stesse facendo la cosa giusta. Aveva evitato accuratamente di sondare il viso di Zoey, timoroso dell'espressione che vi avrebbe trovato. Fino a quell'istante si sentiva pronto a tutto, ma confidare la propria storia lo aveva reso molto più titubante di quanto avesse previsto. Aveva comunicato alla Lesnicky, una ragazza che conosceva appena, un suo desiderio intimo, personale, un obiettivo che aveva covato per anni e custodito gelosamente dentro di sé. Quando aveva preso quella decisione, quella di contattare la ragazza, Horus s'era detto che il fine giustificava i mezzi; non smise di ripeterselo neanche allora, quando infine si decise a voltarsi verso di lei.
« So che è vagamente inquietante, ma... » Aveva cercato di rompere quell'assenza di suoni che lo turbava dentro spingendo Zoey a parlare, ma fu costretto ad interrompersi. L'eco dell'ultima parola rimbalzò sulle sporche pareti del vicolo e si spense come una scintilla, mentre Horus sussultava sorpreso subendo la morsa della mano della ragazza. Fu un contatto inaspettato, quasi bruciante e senza che il Tassorosso potesse replicare, venne catapultato suo malgrado in un universo onirico che i suoi piedi profani mai avevano calpestato. Trattenne il fiato, spalancando gli occhi e rimanendo impietrito al fianco della Veggente. Capì, improvvisamente, di non avere più percezione del proprio corpo: non comandando nemmeno la propria vista, Horus intuì di essere nient'altro che un ospite, un fantasma al fianco di Zoey in quella che ormai era chiaramente la sua Visione. Fu difficile in quella dimensione anche solo formulare un pensiero; come uno spettatore che, travolto dal dramma, si fa trascinare completamente da ciò che si rivela ai suoi occhi, Horus seguì con lo sguardo quel che Zoey stessa vedeva. Non sapeva se le sue percezioni, lontane, grezze, fossero le stesse che lei stava provando, ma smise di chiederselo. O meglio, ignorò con sorprendente facilità la matassa di dubbi e domande che sentiva premergli lì, da qualche parte in quel corpo sospeso.
Immerso in un buio saturato di rosso, galleggiò informe finché il candore bianco di una schiena di una giovane donna non comparve poco distante da lui. Un sipario di vermigli capelli si accasciava morbido sulla linea sinuosa del collo e della colonna e la consapevolezza di aver già visto quella scena sfiorò il silente osservatore.
Sangue sulla neve.
Fu la metafora che gli giunse alle labbra, ma che mai prese vita come suono.
Avido, le iridi di lui scrutarono quel corpo alla ricerca di un indizio sull'identità di colei a cui apparteneva; un timore, un pensiero che quella schiena rispondesse al nome di Aryadne Cavendish lo sfiorò e lì, dentro di lui, si radicò come edera. E come la pianta, qualcosa si arrampicò sulla pelle nivea di lei ed Horus, inorridito, non poté che assistere impotente. Fragile ed effimera, l'epidermide si crepò come porcellana e grottesche, frastagliate ferite dense e nere come pece si aprirono sulla schiena della fanciulla. Ricordò, a quel punto, le cicatrici che vergavano il dorso di Aryadne ed Horus percepì, da qualche parte, la tristezza di Zoey. Sentì la commozione come un velo pietoso che gli calava sul volto e trattenne il respiro quando vermiglie rose, madide del sangue della fanciulla, fiorirono da quelle fetidi, aride cicatrici. S'aggrappavano come radici su di lei, graffiando e lambendo la carne, avare di quel cruore di cui si nutrivano. Le spine, minute, letali, crescendo strappavano la pelle e divenivano via, via più grandi, grottesche, temibili. Ben presto si tramutarono in lunghi artigli che, implacabili, afferrarono la schiena della ragazza come fosse stata un tenero, candido coniglio. Nelle grinfie della fiera, la ragazza s'inarcò e, spalancate le braccia, si liberò di un grido profondo che violò il silenzio.

Horus riaprì gli occhi improvvisamente, terrorizzato. Senza rendersene conto si era portato una mano alla bocca, inorridito. Aveva capito cosa la visione poteva significare ancor prima della propria Ragione e, spaventato, non riusciva ad uscirne, sentendosi ancora intrappolato in ciò che aveva appena veduto. Sentiva nelle orecchie l'urlo della ragazza entrare in risonanza col suo cuore che, agitato, si dimenava nella sua cassa toracica, battendo così forte da permettergli di udire il rombo del proprio sangue. Gli ci vollero diversi secondi per rendersi conto che il peso che sentiva all'altezza del petto veniva dal palmo di Zoey, premuto sul suo maglione, avvenuto in un momento a lui sconosciuto. Schiuse le labbra, guardandolo intimorito e sconvolto, mentre la propria mano ricadeva inerme lungo il fianco. Non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare. Lei aveva potuto capire e cogliere ciò che lui sapeva? No, non poteva sapere di Emily, né Zoey poteva anche solo immaginare che quegli artigli, quelle grinfie rapaci, potevano appartenere al Falco, a lui.
Il corso del suo respiro si fece più concitato e nel silenzio che seguì l'accaduto, gli attimi furono dilatati dallo sconvolgimento che quel Dono aveva provocato. Mai si sarebbe aspettato di assistere alla Visione, se non passivamente ed esternamente: Zoey era capace anche di questo? La domanda prese vita sulle sue labbra, ma fu lei ad infrangere la tesa quiete che li circondava.
« Sì... » Le rispose alla sua affermazione con tono accorato, specchiandosi nella profonda oscurità dei suoi occhi castani. Provò a sorriderle, ma non ci riuscì, profondamente inquietato da ciò che aveva visto. Lasciò che lei si liberasse dal contatto col suo corpo, ma rimase ancora una volta immobile, come se il suo fisico fosse ancora proiettato in un'altra dimensione. Ciò che lo riscosse e lo portò brutalmente alla realtà non fu la curiosa battuta che lei riuscì a farfugliare. Fu l'avvertimento che gli rivolse su Emily.
« C-cosa? » Colto alla sprovvista, Horus si riscosse dal rigore che l'aveva imprigionato e, aggrottando le sopracciglia, la guardò confuso. « Come fai a... Zoey! » Non riuscì mai a sapere come lei sapesse di lui ed Emily; in seguito ipotizzò che il Dono che lei aveva dentro di sé poteva averle donato la consapevolezza, ma lì, in quel momento, senza risolvere alcun dubbio, Horus riuscì solo a sbilanciarsi in avanti per afferrare il corpo esanime della ragazza prima che questo toccasse bruscamente terra.
Spaventato dall'improvviso svenimento, Horus s'abbassò, poggiando un ginocchio a terra e sostenendo con delicatezza il corpo della ragazza. Un vago senso di rimorso s'impadronì del ragazzo che capì che lo sforzo doveva esser stato per lei inimmaginabile. Sospirò, turbato, spostando lo sguardo dal viso rilassato di lei e piegando il capo verso l'alto.
Il cielo, di un bianco abbacinante, era vergato dai fumi dei comignoli che si mescolavano alle nubi, sfumando nei toni freddi del grigio. Nonostante il corpo della ragazza che teneva fra le braccia —avrebbe atteso che si riprendesse e le avrebbe offerto qualcosa di caldo, prima di accompagnarla a Scuola—, nonostante il cuore che non accennava a voler diminuire la sua corsa, nonostante il terrore che s'era impadronito in ogni suo più intimo anfratto, percepì dentro di sé una stilla di trionfo. Seppe di aver fatto la cosa giusta; ora non c'erano più dubbi sul Volere degli Dei.





 
Top
16 replies since 17/11/2015, 17:22   474 views
  Share