| Non aveva detto una sola parola durante l'intero discorso di Helen, ammaliato come se stesse ascoltando e sentendo, insieme, un Canto di una Sirena. La patina dorata che rivestiva il volto e le mani di Oliver, parti scoperte, furono temprate dalla realtà, lasciando che quell'illusione magica sparisse poco a poco. Era felice di sentire Helen ridere, quello era davvero il suono più bello che avesse mai percepito e puntualmente desiderava registrarlo in qualche modo, così da custodirlo per sempre. A pensarci bene, avrebbe dovuto chiedere al signor Vinaccia, proprietario dello store musicale nel quale lavorava come commesso, se esistesse un sistema per attuare quell'idea così strana e al contempo affascinante. Un suono scintillante, un suono eterno. Sorrise, perché non avrebbe saputo fare di meglio, bevendo un altro sorso di drink nell'esatto momento in cui anche la sua Helen lo fece: una manciata di secondi dopo entrambi notarono un'aureola luminosissima sul loro capo e Oliver si perse nella visione celestiale, questa volta letteralmente, della ragazza che sedeva di fronte. Un segno della mano destra, come a scacciare una mosca, indicò di aver appreso con piacere l'ironia circa la futura spiegazione dettagliata dei vari effetti magici dei piatti presentati a qualsiasi pub: in effetti, fra neve, aureole e faccia dorata, la follia sembrava essere ordinaria quella sera. «Un dono e una maledizione, entrambe le cose» mormorò, colpito particolarmente dalle parole della ragazza circa il discorso sulla Veggenza e sul potere non ancora manifestato nello spirito del Grifondoro. Se fosse successo per davvero, se fosse stato un Divinatore come un ramo prezioso e raro della sua stessa famiglia paterna, allora avrebbe dovuto fare sforzi da giganti per non esserne sommerso. Helen aveva l'incredibile capacità di non mascherare le cose attraverso illusioni e sensazioni piuttosto positive, era schietta ma in una maniera diversa dalla cattiveria legata a quell'aspetto vero e proprio. Era onesta, ecco, e Oliver non avrebbe potuto che apprezzare con tutto se stesso quella dote. Una frase si stagliò nella sua mente e, ancora una volta, si ripromise di trascriverla sul suo taccuino personale, una volta rientrato al castello. Qualunque cosa ti – e mi – riservi il futuro, io ti starò accanto. C'era una dolcezza ineguagliabile in quell'affermazione, ma lo scacco matto che la rendeva così intensa era la voce della studentessa. Era seria, non era un'espressione di circostanza, un motto da regalare ad una persona giusto per renderla contenta, per placare il suo animo; era manifestazione della Verità, perché Oliver era più che sicuro che sarebbe stato proprio così, perché Helen non lo avrebbe mai abbandonato, così come lui non avrebbe lasciato lei in alcuna situazione di pericolo e di timore. Avrebbe voluto porgere i suoi ringraziamenti, avrebbe voluto addirittura confidarle che il Bene stimato nei suoi confronti l'avesse resa parte della visione di un Molliccio da parte di Oliver, segno che la paura più grande di quest'ultimo fosse perdere Helen, vederla sparire, vederla ad un passo dalla morte. Preferì tacere, stringendole nuovamente la mano con un sorriso più chiarificatore di qualsiasi parola. «Sempre» fu la sua unica risposta, prima di lasciarsi avvolgere dalla musica che aveva percepito nell'aria. Era una sinfonia ritmata, sicuramente profonda, d'altronde lo stesso testo non lasciava spazio ad ironie di poco conto. «Non la conosco, strano...» ammise, inclinando il capo verso destra. Per davvero non era in grado di capire chi fosse la cantante, eppure era bravissima, aveva una voce non comune. Talento, ecco cos'era.
I pensieri più segreti E trovarli già svelati E a parlare ero io Sono io che li ho prestati
Osservò Helen al sentire quelle parole, riflettendo su quante cose davvero non sapessero l'uno dell'altra. Quanti segreti, quanti timori mai scoperti, quante preoccupazioni allontanate per vivere semplicemente il presente. Perché Helen era triste, all'inizio della serata? C'era qualcosa di taciuto, sicuramente, così come per Oliver l'argomento della Veggenza non era qualcosa di cui amava parlare serenamente. E il discorso intero su specie e poteri magici particolari? Cosa celava? «Bellissima» commentò, senza precisare se si riferisse alla canzone o meno. La sua Zuppa di Pomo d'Oro era quasi finita, sebbene non fosse completa. Si era stancato di essere doratissimo come un Galeone appena lucidato, ma non vedeva l'ora di scoprire se l'effetto del secondo piatto fosse come quello progettato. Immaginava già linee scintillanti a forma di freccia che indicavano la strada verso il proprio partner, la propria fonte d'amore. Come per magia, un Cupido apparve accanto al tavolo. «Mr Mutande all'assalto!» scherzò Oliver, lasciando che il suo piatto venisse portato via per poi essere sostituito da un altro pieno di bastoncini di pesce dall'impanatura arancione e croccante. Avevano un profumo delizioso. Quando anche Helen fu servita, il Cupido sparì in una nuvola di cuoricini. «ArrowHeart, pronta a scoprirne la magia?» chiese, attendendo un po' prima di porre una domanda legata ad un discorso precedente. «Cosa sai di Banshee e Veela, Helen? Delle prime io non so praticamente nulla, delle seconde qualcosina in più, tre mie cugine gemelle hanno sangue di Veela per discendenza» parlò, pensando a Cathrine, Laureen ed Eleaonor, che non vedeva da Gennaio. Erano bellissime, senza ombra di dubbio, ma Helen per Oliver reggeva il confronto come poche altre al mondo.
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