| Chiedo perdonissimo per il ritardo, non metta la mia testa su una picca. Sono tornata, anche se i miei papiri ora sono un po' stitici, grezzi come carta igienica di sottomarca con un solo velo.
Quell'ala del ministero era diventata incredibilmente silenziosa negli ultimi secondi, che fosse per l'agitazione o per puro istinto, ogni percezione sensoriale in lei sembrò acuirsi, focalizzandosi solo sul necessario. Un vuoto e impalpabile silenzio la circondava, scandito solamente da un rumore ritmico che giungeva oltre la grande porta in legno davanti a lei. Dei passi, decisi e continui, percorrevano la stanza in lontananza, per poi cambiare direzione facendosi sempre più scanditi e vicini. Ogni colpo della suola sul pavimento della stanza sembrava entrare in risonanza col suo battito cardiaco, e all'avvicinarsi di uno l'altro aumentava enormemente il passo. Odiava il non riuscire a gestire ancora quelle sensazioni, a tratti così animali e così inquiete, a tratti quasi inopportune. Un passo, un colpo, un altro passo. Sempre più vicino. Doveva essere prossima all'infarto, quando la porta si aprì di colpo e tutto si arrestò. Il respiro, il battito, il tempo. Per un paio di secondi tutto perse rilevanza. C'era solo Mya, nel corridoio vuoto di un grande palazzo, una donna davanti ai suoi occhi, e una soglia a dividerle, come fosse stato uno specchio a parete. Ma ciò che lo specchio rifletteva non aveva nulla che potesse ricollegare al suo mondo, nulla in cui potesse rassomigliarsi. C'era una realtà che non conosceva, non conosceva affatto. Una realtà fatta solo di voci e apparenze, era un dungeon da esplorare e lei era armata solo di un cucchiaio piegato, con probabilità di vittoria pari a 0. L'ufficio del Ministro della Magia.
Il ministro la stava aspettando, questo era stato ovvio fin dal principio, quei passi continui uditi poco prima non le avevano dato l'impressione di una persona immersa in scartoffie e taccuini. Ma di una in fremente attesa. Il motivo di tale urgenza era trapelato anche dai toni della missiva inviatale, ma risultava ancora un mistero. Fu più che altro il tono confidenziale adottato dalla donna a sorprenderla, essere chiamata per nome come una vecchia amica fu parecchio strano da ascoltare, se considerata la natura univoca del loro rapporto. Mya si limitò ad un più formale, e cordiale - Salve miss Pompadour - accettando l'invito della donna ad entrare. L'ufficio del ministro era abbastanza spazioso, se paragonato all'ufficio stretto, lungo e quasi claustrofobico nel quale era stata chiusa durante la prova di smaterializzazione un paio di anni prima. Se si concentrava attentamente poteva ancora udire in lontananza il riverbero delle ossa scricchiolanti dell'emaciato istruttore spezzarsi come spaghetti crudi. Un pessimo ricordo. L'ufficio si presentava composto da due ambienti, divisi a metà da una struttura in legno fatta di pianali e vetrine, oltre la quale la ragazza non vedeva molto. Sulla destra, vicino alla parete c'era una scrivania sgombra ed in modesto ordine. La ragazza avanzò di due passi, mentre continuava ad osservare l'ambiente, preoccupandosi se non potesse sembrare inopportuna, o sulle spine. Nel mentre la voce del ministro la accompagnava, con quello stesso tono confidenziale e strano usato poco prima, ponendole delle domande quasi di rito, quasi attese. - Ammortizzo bene la stanchezza, la ringrazio - rispose in tono stranamente tranquillo, e un accenno di sorriso sulle labbra rosee. Approfittò del momento per sbottonare il primo bottone della lunga giacca, per sentirsi più a suo agio. Non era più abituata a vestire abiti eleganti, con tagli fin troppo precisi e chiusure quasi costrittive. Fortunatamente era riuscita a convincere sua madre a non aggiungere al completo la cravatta, non ne indossava una da quando aveva chiuso la divisa scolastica nel grande baule nella sua stanza. La donna aveva nel frattempo richiuso la porta e l'aveva raggiunta, posizionandosi di fronte a lei. La Pompadour era una persona decisa, forte, ogni suo atteggiamento, come quella sua postura dritta e la testa alta, emanava quell'odore chiaro, l'odore di un capo. Mya non ne era impensierita, e neppure intimorita, ma ciò non significava comunque nulla. Il suo era un rispetto formale, dato dalle cariche e dai ruoli, un rispetto formato da anni ed anni di educazione, di concetti e di dogmi, anni di "così si fa, perché così funziona". Lo sguardo percorse il corpo della donna, più alta di lei, e raggiunse infine i suoi occhi, osservandola a testa alta senza apparente timore. Provò una sensazione stranissima nel perdersi in quegli occhi così simili ai suoi, così scuri lungo i bordi e altrettanto chiari nella parte più interna, con quelle pagliuzze che sembravano illuminarli di una luce particolare. Erano occhi che aveva osservato spesso, nel riflesso dello specchio al mattino, sul viso forte di suo padre, e su quello più dolce di suo fratello. Ritrovarli sul viso estraneo di una persona fu estremamente bizzarro. La donna aveva lineamenti totalmente differenti da suo padre, occhi più a mandorla, un naso più affilato e dei zigomi alti, un viso più tondo e delle labbra carnose, tratti che non ritrovava assolutamente nei volti a lei più familiari. C'era qualcosa di assolutamente sbagliato, ma altrettanto familiare in lei. Ricordò le parole di Horus in passato, parole che le avevano aperto una porta, un barlume di speranza alimentato dalla curiosità. La possibilità di un legame, di un filo anche debole che avrebbe potuto ricondurla alle sue origini. Ma poi era accaduto un po' di tutto, gli eventi erano precipitati, la vita era una po' crollata in pezzi e la voglia di rimettere tutto in ordine era svanita. Quel bisogno estremo di un legame aveva perso semplicemente di rilevanza. Avrebbe dovuto chiedere comunque? Forse quell'invito era nato proprio da quel presentimento? Il modo in cui la donna la guardava, ricambiando la stessa curiosità nello sguardo, le faceva pensare che fosse proprio così. Ma la Pompadour concluse quel dibattito visivo con un...apprezzamento. Erano in effetti diversi mesi che non si vedevano, più di un anno a dire il vero. Mya annuì semplicemente col capo, incerta se ci fosse un reale bisogno di risposta. Rigenerata, era davvero la parola più adatta che potesse descriverla in quel momento. Non completamente, non perfettamente, ma rigenerata.
Poi il discorso seguendo quell'incipit prese tutt'altra piega, veloce come era iniziato. La Pompadour asserì come molte persone avessero seguito il suo esempio, lasciando Hogwarts per tempi più o meno incerti, il che fece inevitabilmente sollevare un sopracciglio a Mya, con fare perplesso. Non ne era molto stupita in realtà, la risposta che le premeva maggiormente sulle labbra in quel momento era "come dar loro torto, Hogwarts non ha brillato di efficienza e sicurezza negli ultimi anni", ma trattenne il pensiero per sè stessa. Poi un nome la riportò prepotentemente alla realtà, un nome che non sentiva nè aveva più pronunciato da tempo, da più tempo di quello che aveva trascorso lontana da Hogwarts. Random. Non lo vedeva dal giorno della battaglia, sapeva che era vivo da qualche parte, ma che si era allontanato dal castello, da lei, da tutto, per motivi che poteva sapere solo lui. Mya non gliene aveva fatto una colpa, aveva sempre percepito in lui quel senso di oppressione che la vita ad Hogwarts gli dava, lo stesso che spesso aveva schiacciato anche lei. Era forse stato quel sentimento comune a tenerli vicini, a farli sentire simili, più forti, e meno soli. E quella sua fuga inaspettata, che in principio l'aveva fatta sentire tradita e offesa dal comportamento dell'amico, nel tempo trascorso aveva finito per apparirle così piena di significato, di libertà, tanto che ora ne provava quasi invidia. Un passo che lei non era riuscita a compiere, fino ad un anno prima. Mya non aveva idea del perchè la donna avesse tirato in ballo proprio il suo nome, ma non sentiva il bisogno di rendere partecipe la donna di quello che sapeva o non sapeva nei riguardi dell'amico. - Mmm... - farfugliò con un'alzata di spalle, discostando leggermente lo sguardo dal viso della donna e portandolo ad osservare la parete di fondo, alle spalle della scrivania - C'è un motivo particolare che ha richiesto la mia presenza qui oggi? Ci sono state forse delle conseguenze per la mia richiesta di sospensione dagli studi? - Continuare a tergiversare con discorsi e convenevoli che le pesavano più di un'ora di pozioni non le piaceva molto. Tanto valeva mirare al fulcro della questione, forse scoprendo il motivo della convocazione avrebbe finalmente potuto sciogliere quel fastidioso nodo che le si era formato fra i polmoni qualche minuto prima, nell'attesa silenziosa di un corridoio vuoto.
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