Gran Ballo di Fine Anno, Alla Corte dello Zar

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view post Posted on 30/12/2016, 20:28
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥

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Alla corte dello Zar - Fame -
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Le piaceva sempre essere precisa negli orari e non farsi aspettare, peccato che non fossero tutti come lei. Non che la cosa la infastidiva però iniziava a vedere molte persone arrivare, alcune accompagnate, altre no, però aveva paura che il suo cavaliere le avesse dato buca. E improvvisamente la cosa si fece così nitida nella sua mente da stringerle lo stomaco in una terribile morsa.

”Sono proprio stupida…e se non dovesse arrivare? Che figura faccio?”


"In quel caso non sa cosa si perde e comunque non l’hai detto a nessuno…per me possiamo entrare e divertirci per i fatti nostri. Sai se Mary e Sophì vengono?"


Stava per risponderle che non lo sapeva quando vide correre verso di lei proprio il giovane che, a quel punto, non era più sicura di vedere. Si era scusato e con un’ottima argomentazione.

«Beh, lo studio è la cosa più importante quindi non preoccuparti!»


Gli sorrise prima di prendere il suo braccio ed annuire. Poco prima di avviarsi all’interno vide arrivare anche Oliver e lo salutò con la mano, probabilmente stava aspettando Helen. Era sicura che si sarebbero visti tutti durante la festa.
Una volta dentro la sala la lasciò decisamente senza fiato: era meravigliosa e non sapeva davvero da dove cominciare. Per una volta era bello potersi godere la festa senza dover lavorare anche se era curiosa di vedere cosa la scuola avesse in mente per tutta la serata.
I tavoli imbanditi di cibo sembravano davvero invitanti, così come i tavolini impreziositi con decori da veri principi e principesse o i lampadari di cristallo: sembrava davvero una festa degna di un re.

"Strano che tu non ti sia ancora lanciata sul cibo, di solito è l’unica cosa che vedi!"


La giovane Corvonero era rimasta troppo affascinata dallo splendore di quelle luci e di tutte le cose preziose che la circondavano per degnare il cibo di un solo sguardo ma, effettivamente, aveva fame, non poteva negarlo.
Durante il loro cammino Violet alzò lo sguardo su Lucas con un mezzo sorriso imbarazzato.

«Senti, ti spiace se mettiamo prima qualcosa sotto ai denti? Ho un certo languorino e temo di non poter reggere tutta la serata senza prima degnarmi di un lauto pasto.»


Sapeva bene che non era buona educazione chiedere una cosa del genere, sua nonna glielo aveva sempre fatto notare e anche che una damigella per bene non dovrebbe mangiare come un lottatore di sumo all’ingrasso ma, per quello, poteva anche provare a contenersi.
Sapeva tutte queste cose ma, in fondo, non le importava come la gente la guardava, lei voleva essere libera di esprimersi come meglio credeva, soprattutto in quelle che potevano essere delle buone amicizie.


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view post Posted on 31/12/2016, 00:45
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Quando Amber le aveva comunicato il piano per il Ballo di Fine Anno, con sullo sfondo il solito scenario di un pigro pomeriggio da Florian, felice di stare al calduccio mentre per le strade di Diagon Alley cadeva la prima neve, Elhena era stata entusiasta. Man mano che l’amica le rivelava il tema, le labbra della Tassina si erano tese al sorriso, sopra la propria tazza di tè caldo, con le dita impiastricciate dal dolcetto che aveva acquistato per la merenda. Aveva letto Guerra e Pace qualche anno prima e, ignorando la correttezza storica, Anastasia (sì, il cartone animato) era stata una delle visioni obbligatorie da bambina, prima ancora di ricevere la lettera per Hogwarts.
“Dancing bears, painted wings” si era così messa a canticchiare, di buon umore, chiedendosi se Amber conoscesse il resto della canzone. Massì, quella canzone la conoscevano tutti. * On the wings, cross the sea, hear the song and remember *
Quando poi, qualche giorno dopo, si misero a discutere dei dolci che avrebbero servito alla festa sotto il marchio di Fortebraccio, chine su un libro di cucina russa che lo stesso padrone della bottega era stato così gentile da fornire, Elhena sentì i brividi di gioia ed eccitazione correre sotto le braccia, quasi da farle venire la pelle d’oca.
“Se davvero porti un dolce che ti fa ballare come un cosacco, potrei mettermi a ballare tutta “A rumour in St Petersburg”. Giuro!” affermò, la voce incrinata dalla sua stessa ilarità.
Quelli appena trascorsi erano stati mesi impegnati, difficili, densi di problemi e crucci, perciò per una volta Elhena desiderava solo abbandonarsi senza troppi pensieri alla prima occasione di divertimento. I balli non le erano mai piaciuti, forse perché si sentiva sempre fuori posto, ma questo pareva promettere di avere quel guizzo in grado di rendere le cose diverse. In un altro frangente il suo serio Io avrebbe rovinato l’atmosfera ricordandole quale brutta fine avessero fatto i fasti degli zar, ma questa volta lo mise prontamente a tacere.

* Solo per questa volta. Fammi sognare un mondo di fiaba. Solo per questa volta *


***


“No. Non mi piace.”
La voce uscì dalla labbra un po’ troppo petulante per i gusti di Elhena, ma del resto era quasi due ore che provava abiti da sera e non ce n’era ancora stato uno che andasse bene. Guardò la nonna con fare supplicante, perché ponesse fine il prima possibile a una simile tortura. O, all’inizio era sembrato un buon piano, il fare venire il sarto di fiducia di Patricia perché confezionasse un abito per la nipote. “Hai diciotto anni, sei una donna ormai.”
Tuttavia, più Elhena provava i vestiti, con i loro velluti, i broccati, le sete, i bordini di pelliccia, più si sentiva ridicola. I suoi fianchi poco si adattavano ai corsetti – devo proporli come punizione corporale – e il tulle degli abiti in Stile Impero cadeva in una maniera che la faceva sembrare incinta. Ugh. Orrore.
“Riprova il penultimo” commentò la nonna, indicando un abito color acquamarina che penzolava tristemente sul divanetto della camera di Elhena a Villa Attwater, dove si stava tenendo quella prova d’abiti. Elhena scosse la testa. Visto sul manichino il vestito l’aveva quasi fatta sospirare, per la grazia della fattura e per i ricami sul corpetto. Addosso … be’, addosso si era accorta di aver bisogno di almeno dieci centimetri in più per rendergli giustizia.
“E questo?” tentò di nuovo Patricia, pescandone un altro più morbido, violetto e luccicante.
“Uhm, troppo … moderno.”
“Moderno?”
“Sì, sai, quelli che indossavano a inizio Novecento prima che … lascia stare.”
La nonna la fissò sollevando un sopracciglio, prima di incrociare le braccia magre sul petto. Elhena guardò a sua volta il sarto, chinando un poco la testa come per scusarsi di quanto stesse succedendo.
“Cosa proponi allora?”
Elhena emise un lungo sospiro dal naso e si strinse nelle spalle. Onestamente non lo sapeva. Gli abiti erano meravigliosi, la fattura eccelsa, solo non li sentiva suoi. Non uno l’aveva fatta sentire a proprio agio e, per una serata che ella era intenzionata a godersi, quello era il primo passo. Stava per arrendersi a ripiegare sul meno peggio quando un’idea le balenò per la mente. Gli angoli della bocca si curvarono verso l’alto.
“In realtà, avrei una soluzione!”


***


All’inizio Patricia non era stata contenta, ma tra gli occhioni di Elhena e il fatto che il sarto avesse compiuto un lavoro con i fiocchi, si era dovuta ricredere. “È vero, ti sta d’incanto. Sarà il mio regalo di Natale.”
Nell’impossibilità di trovare un vestito da sera a tema che le piacesse, la Tassina non aveva visto altra via se non ripiegare sulla moda maschile. Il suo fisico lo permetteva e, comunque, con un pizzico di sartoria magica era possibile adattare un abito perché fosse quasi unisex.
Così, mentre si aggiustava la stretta
crown-braid con cui aveva acconciato i capelli, la Tassina indossava dei morbidi pantaloni di velluto che si tuffavano in stivali di cuoio al ginoccio, scuri e da cavallerizza. Sopra portava un lungo cappotto-caftano rosso, chiuso sul davanti da bottoni d’argento. Sotto di esso indossava la tipica morbidarubhaka<i>, con collo e maniche bordati da un ricamo geometrico. La ragazza, infatti, sperava in un’occasione per ballare e contava di liberarsi del caftano nel corso della serata per essere più libera nei movimenti.
La sacca medievale legata al fianco non stonava e le permetteva di conservare quei pochi averi che aveva portato con sé.

Entrando nella Sala da Ballo la sua attenzione, tra chi era già presente, fu subito attirata da Camillo. Chissà, forse era strano vederlo in tenuta da alto ufficiale. Gli si avvicinò.
“Ciao. Potresti far concorrenza al principe Andrej” buttò lì come battuta, sperando che il ragazzo cogliesse il riferimento.

Catfano
Rubhaka
Crown braid

Sì, Elhena ha fatto un po' un fritto misto. Ma che volete farci, per una volta si vuole divertire
 
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view post Posted on 1/1/2017, 19:18
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Pian piano la Sala aveva iniziato a riempirsi di volti noti e meno noti.
Amber non era riuscita a definire cosa l'avesse spinta a buttarsi in quell'impresa per nulla semplice, ma avere Elhena al suo fianco era stata una salvezza. Sapere poi che il tema era apprezzato dall'altra Tassa era stato il colpo di grazia. E forse anche vedere molti altri aderire, ognuno a proprio modo, al tema era stato d'aiuto per sciogliere la tensione che aveva accumulato nei giorni precedenti.Gli occhi attenti si posarono l'ennesima volta sul banchetto del Florian, tutto doveva essere assolutamente perfetto!
La serata non era che all'inizio, l'ospite doveva ancora arrivare e la Sala si sarebbe riempita molto di più, attendando così alla sua sanità mentale. La folla non era mai stata propriamente parte del suo habitat naturale anche se aveva imparato a conviverci con gli anni. "Andrà tutto bene.. " ed era proprio il caso che si sforzasse di credere a quella vocina interiore prima di iniziare a vedere difetti dove non c'erano, o di attentare al bancone degli alcolici prima del tempo. Notò in lontananza quello che poteva essere Camillo, in una tenuta particolarmente adatta al tema ed un lieve sorriso addolcì l'espressione ancora tesa. Era da un po' che non si vedevano ed era principalmente colpa sua, era stata troppo concentrata sulla sua personale missione, ma non se ne pentiva troppo. Probabilmente avrebbe potuto contare sulle dita di una sola mano le persone in grado di comprendere le ragioni delle sue scelte. Aveva impiegato molto tempo a riflettere su come svolgere la sua indagine ed era riuscita a rimanere fedele al suo piano.. più o meno. Scrollò il capo tornando ad osservare il palco, si era anche imposta di non pensare a nulla che non fosse il Ballo, in quella serata. Una pausa dalla sua vita era quello di cui più sentiva il bisogno. A tal proposito non poté ignorare l'arrivo di Elhena con cui aveva una promessa in sospeso. La memoria della Tassorosso era sempre stata fin troppo solida e ricordava perfettamente le parole della collega riguardo un certo ballo, forse era stata la ragione che l'aveva fatta insistere con il Signor Fortebraccio per proporre davvero un dolce che rendesse chiunque un perfetto danzatore cosacco.


Dopo una breve pausa, le note dell'ennesimo valzer riempirono la sala ed invitarono i partecipanti a proseguire con le danze. Ballare non era un problema in sé, per Amber, il senso de ritmo lo aveva sempre avuto..era il concetto di "pista da ballo" che non la metteva propriamente a suo agio. L'anno prima aveva osservato a debita distanza i provetti ballerini sfrecciare sul Lago Nero, e quella sera forse non sarebbe stato poi diverso. Tanto presa dai suoi personali pensieri, non aveva nemmeno considerato di poter avere un accompagnatore per il ballo. Agli ultimi balli era sempre andata con Camillo o con Ayumo, ma quella volta aveva preferito muoversi in solitaria anche perché s'immaginava più come una palla al piede che come una valida compagna di danze. Da brava adolescente aveva le sue personali fantasie e quel Ballo non faceva che amplificarle per quanto impossibili da realizzare fossero. Sognare non era poi una brutta cosa, purché i sogni non prendessero il sopravvento..ed era perfino disposta davvero a godersi quel sogno sovietico in piena regola. Aveva solo bisogno di abituarsi al clima un po' di più e pensare di meno allo svolgimento della serata perché ormai il più lo aveva davvero già fatto. Un'occhiata a Fortebraccio vestito da Cosacco e tutto le sarebbe sembrato meno..pesante. Nel tentativo di trovare quell'uomo tanto buffo in quella veste, alzò nuovamente il suo sguardo sul soffitto di specchi, indagando a fondo le figure ritratte. Lì su quel soffitto stava iniziando a sentirsi una macchia rossa sempre più piccola in quel mare di sfarzo ed oro.. e fu così finché quella caduta non venne frenata da un paio di occhi grigi tremendamente familiari. Le nubi di Londra.
Lo sguardo cristallino apparve come pietrificato, ma quell'immobilità restò tale per davvero pochissimi secondi. Amber repentinamente lo abbassò fino a portarlo a fissare un punto a caso della pista davanti a sé. Non poteva essere certa che fosse Lui e non si era data il tempo di osservarlo con la giusta attenzione, ma il ragazzo entrato in quel momento aveva tutto l'aspetto di Killian Resween. Il suo cuore, nemmeno a dirlo, riprese a pompare sangue a ritmo accelerato. La sua mente volò rapida all'ultima immagine che conservava di lui ed a quel saluto così sussurrato che probabilmente non era mai nemmeno giunto al destinatario, così come la lettera che ancora attendeva, chiusa in un cassetto del mobile del dormitorio. Ma perché si trovava lì? Era la domanda che più necessitava di una risposta.. e non l'attese troppo a lungo. Gli Auror erano ammessi al Ballo, certo era una ragione di sicurezza e dopo gli ultimi avvenimenti non poteva che essere logico, e dunque la probabilità che fosse davvero chi credeva era ragionevolmente alta. Una serie infinita di domande si riversò nella sua mente, rendendola un guscio vuoto con un'espressione difficile da interpretare per - quasi - chiunque. Era solo? Erano affari suoi? L'aveva vista?

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Sophie Armstrong [x]

Prefetto Serpeverde - II Anno

Some people are naturally good, you know, and others are not. I'm one of the others.
Era risaputo quanto Sophie Armstrong odiasse le festività e, soprattutto, i Balli di Fine Anno. Vero era che ogni volta che vi andava succedeva sempre qualcosa di strano, e sperava che non accadesse almeno quella sera. Quella volta non c'era nessuna sorella ad obbligarla ad andare, non c'era nessun altro compagno che l'aspettava, ma, purtroppo, aveva la spilla da Prefetto appuntata sul petto che le dava l'impegno di dover esserci, a quella Festa di Fine Anno. Assurdo quanto un comune oggetto, così piccolo, potesse comandare quella piccola ragazza ribelle. Ad ogni modo, aveva acquistato l'abito qualche giorno prima, e lo trovava l'abito più brutto che avesse mai visto. Il tema di quell'anno, malauguratamente, era quello che era, e Sophie non poteva permettersi di vestirsi fuori tema, e, tra l'altro, per quanto brutto potesse essere, comunque dava un senso di eleganza e nobiltà, tratti che distinguevano la famiglia Armstrong. Il Prefetto Serpeverde si trovava in Sala Comune, in quel momento vuota. Tutti erano già probabilmente al Ballo, e lei - nonostante non ci fosse ancora stato nessun Pix a ritardare il suo arrivo - aveva quasi voluto quel ritardo. Era davanti allo specchio posizionato accanto al suo letto a baldacchino, e, invano, cercava di abbassare le spalline di quell'enorme abito verde e dorato, perché le sembravano troppo "gonfie" per i suoi gusti. Quanto meno aveva potuto prendersi l'onore di scegliere il colore, ed il verde non poteva che essere d'obbligo, considerando la sua fedeltà nei confronti della sua amata Casata. Indossò le scarpe, con un tacco molto elegante, e poi passò al trucco, molto ma molto leggero, il suo viso non ne aveva certo bisogno. Si guardò allo specchio un'ultima volta, fece un sospiro ad occhi chiusi, e poi si voltò verso l'uscita. Arrivata alle scale che portavano alla Sala Comune, Sophie fu costretta ad alzare con le mani la gonna ampia del vestito, per evitare che le andasse sotto i piedi, ma, ovviamente, doveva mettere male il piede e rischiare di cadere dalle scale. *Maledizione!* Imprecando, riuscì a rimettersi dritta e continuò a camminare più velocemente. Uscita dalla Sala Comune, si diresse dunque verso la Sala da Ballo, e, fortunatamente, avrebbe dovuto salire solo poche scale. All'ingresso del Castello si cominciò a vedere un via-vai di studenti e adulti: alcuni attendevano le loro dame/i loro principi, altri attendevano gli amici. Ma poi, qual era il senso di entrare in compagnia di qualcuno? Purtroppo o per fortuna, la Armstrong era abituata a fare praticamente tutto da sola, con il suo intelletto e la sua forza d'animo, e guai se un giorno qualcuno avesse voluto minare la sua libertà. Riprese comunque a camminare a passo spedito verso l'ingresso della Sala da Ballo, e fu lì che Sophie cominciò ad avere le idee un po' più confuse. Voci troppo alte, gente che camminava troppo veloce, da una parte all'altra, e lei fu costretta ad immobilizzarsi proprio vicino l'ingresso. * Ma chi me l'ha fatta fare? * Cercando di farsi spazio tra quella gente impazzita, la bionda Serpina, riuscì a fare qualche passo in avanti, ma niente di più. Mise le mani in faccia per poi spostarle sui lunghi ciuffi fiondi che cadevano vicino al suo viso, spostandoli verso tutte le altre ciocche che cadevano dietro la sua esile schiena, semi-scoperta dall'abito che indossava. Si guardò intorno, ed un altro disagiato come lei stava ad osservare la folla. Camillo. L'aveva conosciuto proprio durante la fine di quell'Estate. Ragazzo loquace, ma abbastanza intelligente da attirare la sua attenzione. Si avvicinò a lui con passo lento, e si accostò alla sua sinistra, guardando nella stessa direzione in cui guardava lui.
- Interessante, eh? - Ironicamente, la buttò lì, senza pensarci due volte. In seguito volse lo sguardo verso il viso del Tassorosso, per poi squadrarlo fino ai piedi.
- Non sapevo che anche i Tassorosso potessero avere buon gusto. - Scherzò, riferendosi chiaramente all'outfit non discutibile del compagno, che sembrava fosse stato disegnato proprio per il suo corpo. Era la prima volta che faceva il primo passo verso qualcuno, sarà stato perché era maturata, o perché Camillo le stava simpatico, o sarà stato il chiasso a confonderla. Fatto stava che l'aveva fatto, e dubitava che se ne sarebbe pentita.

Ambition is the immoderate desire for power.
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view post Posted on 2/1/2017, 15:05
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Il ruolo della sentinella vigile stava riuscendo bene al giovane Resween che silenzioso si aggirava lontano dalla folla che cresceva sempre più. Il naso per aria, rischiando di finire più volte contro un invitato o un tavolo, ma riuscendo miracolosamente a virare proprio all'ultimo sempre senza abbassare gli occhi nuvolosi. Forse stava assolvendo il suo compito con troppa rigidità , non concedendosi nemmeno un sorso o l'idea di avvicinarsi al buffet. E fu incredibile che una sola rapida svista di sfuggita cambiò quel suo atteggiamento fin troppo poco festaiolo persino per un Auror in servizio.
Killian aveva navigato tra i vivaci e coloratissimi riflessi come un naufrago che pacatamente si faceva cullare dalle onde, per nulla spaventato da quell'immensità ma senza meta alcuna. E poi l'aveva vista, una specie di terraferma che divenne il suo obiettivo da raggiungere. Benchè quasi ai lati opposti della sala, una figura femminile avvolta in un elegantissimo abito fiammeggiante aveva per un attimo ricambiato lo sguardo casuale del giovane rivolto allo specchio. E la profondità dell'acqua marina che vi aveva incontrato non gli lasciarono dubbi sull'identità della dama che si era ritratta subito da quell'incontro tanto repentino quanto fortuito. Amber. Era lei. La persona che, volente o nolente, aveva costituito un enorme punto interrogativo per la sua presenza quella sera. E un sorriso solcò le labbra dell'Auror incorniciate da una barba meno indomita del solito: fino a quel momento aveva tentato di nascondere a sè stesso quanto volesse dare una risposta a quella domanda vaga che guardando gli ospiti si era posto, ma ora che l'aveva trovata era soddisfatto come se avesse vinto una scommessa. Doveva raggiungerla.
Ma per dirgli cosa? Il silenzio della mancata lettera non poteva che essere più chiaro: non era arrivato il momento di un loro terzo incontro. Non sarebbe stato come un venir meno ai patti piombarsi davanti a lei senza aver nulla di concreto da dire?
Killian non sapeva davvero quanto quelle preoccupazioni fossero fondate o meno e mentre la mente ci rifletteva, il corpo aveva già mosso i primi passi nella direzione della ragazza, abbandonando il perimetro della sala per avventurarsi tra i gruppetti di ospiti. Killian, che non aveva fatto altro dal suo arrivo in poi, aumentò la fissità del suo guardo sul mondo riflesso come un pirata che non perde mai di vista la sua mappa del tesoro. Ma la giovane, seppur avendo ritratto i suoi occhi dallo specchio, non sembrava intenzionata a scappare ( * e perchè mai dovrebbe?*) o a spostarsi, perciò il mago fece una breve deviazione ai tavoli allestiti da Florian. Non aveva intenzione di bere e ciò che chiese ai garzoni con una pronuncia corretta ma un po' maccheronica non era perciò destinato a lui:

"Uno Khazak Chai, perfavore".

Attese che il garzone sorridente lo servisse con i suoi modi ossequiosi mentre continuava a lanciare occhiate fugaci allo specchio per assicurarsi che Amber fosse ancora lì dove i suoi occhi nebulosi l'avevano avvistata la prima volta. Con il bicchiere in mano, riprese il suo cammino diminuendo la frequenza del passo sia per non rovesciare il contenuto del bicchiere di cristallo, sia perchè non poteva dare spiegazioni plausibili e accettabili della sua fretta. Tutte le esitazioni e i ripensamenti che aveva avuto all'inizio non fecero che dissolversi quando fu a pochi passi dalla figura in rosso: rallentò ancora di più come se volesse rispettare il ritmo del valzer che vibrava nell'aria.
Fece un profondo inchino che fece frusciare il suo pesante soprabito, come le sue origini altolocate gli avevano insegnato sin da bambino, ma come sempre in tutta quella galanteria non era esclusa la presenza di una punta di insofferenza e presa in giro dell'etichetta. E il motivo di quel gesto referenziale era appunto quello di scherzare con la fanciulla, splendidamente a tema nel suo abito. Le porse il bicchiere, senza dire nulla più che un semplice e senza pretese: "tua zia non è qui, stasera".
Voleva tranquillizzarla, certo. Ma anche autorizzare da parte della sua coscienza quello che aveva appena fatto: avvicinarsi a lei. Nessun saluto era stato espresso, come se non fosse stata la prima volta che si parlavano dopo mesi. Eppure il volto serio animato da una luce di furbizia sembrava voler dire tutto quello per cui non c'era stato tempo nel loro ultimo addio. Un qualcosa che persino Killian stentava a decifrare. Ma quella sera si accontentò di non analizzare in modo schematico tutto quello che faceva, finalmente avvolto dall'atmosfera festosa e regale.

"Stai davvero bene così"
, le ammiccò abbozzando un sorrisetto sincero.

Non era un complimento chissà quanto entusiasmante, forse, ma valeva più di mille paroloni come "incantevole" e "fantastica" perchè Killian l'aveva detto senza l'intenzione di provocare e punzecchiare come invece faceva di solito. Si era lanciato in quelle parole senza pensarci troppo perchè trovava davvero che la stoffa rossa che l'avvolgeva esaltava la sua naturale delicatezza e freschezza.

E lo specchio perse il suo spettatore principale, privato degli occhi grigi che tanto l'avevano scrutato come un cielo stellato d'estate e che ora erano rivolti ad altro.


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Abito

 
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view post Posted on 2/1/2017, 16:40
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Lentamente alzò il capo da terra, intenta a scrutare nuovamente gli ospiti della sala. Era rimasta pietrificata nell'incertezza di quella visione, lì sul soffitto della sala era apparsa l'ultima persona che era psicologicamente preparata a vedere. La sua mente gridava in ogni dove che non era il momento giusto, non era così che doveva incontrarsi la volta successiva. Amber aveva sempre tratto una certa sicurezza dall'avere le redini di quella situazione sempre in mano, ma le cose stavano per prendere una piega differente. Non era poi nemmeno certa di averlo visto realmente, poteva essere benissimo anche solo la proiezione di un suo più intimo desiderio.. non sarebbe stata una cosa poi tanto rara. Nell'isolamento che regnava come un'aura attorno alla Tassorosso, non era impensabile che alcuni dei suoi pensieri prendessero una forma quasi reale e non solo grazie alla magia di alcuni particolari oggetti. Non seppe dire con esattezza quanto tempo era passato dal momento in cui il suo cuore aveva avuto quel tuffo, ma non doveva essere stato troppo, perché infine lo vide. A passo sicuro ed in una veste tanto particolare quanto "adatta" a lui, Killian si fece avanti spazzando via ogni pensiero.. come cenere su un pavimento. Un lungo respiro scandì il tempo tra i due, prima che il bicchiere sul quale aveva riposto ben poca attenzione, le venisse donato. Con un'espressione ancora difficile da comprendere, come se volesse dire tutto ed anche niente, Amber si abbassò quel tanto che bastava a ricambiare l'inchino. Aveva deliberatamente scelto di non mettere tacchi di alcun genere, ma quello aveva fatto si che il ragazzo apparisse ancora più alto di come lo ricordava. Gli occhi verdi intenti a realizzare che tutto fosse reale, sostituirono l'immagine attuale a quella sfumata nei mesi precedenti. No, se qualcuno glielo avesse chiesto non sarebbe rimasta delusa da quella sostituzione mentale, perché in quella veste Killian sembrava voler dare il meglio di sé.. con grande probabilità di riuscita. Convenzionale non lo sarebbe mai stato e la frase con cui decise di salutarla ne diede l'ennesima prova, permettendole di stupirsi ancora una volta di come riusciva ad annullare i mesi di assenza in un solo istante. Afferrò il bicchierino mantenendo una presa salda sul vetro, per poi annusarne il contenuto chiudendo appena gli occhi. Non c'era niente di alcolico, per fortuna. Non fece fatica a riconoscere il tipico Té russo che aveva selezionato con Florian. Riaprì subito gli occhi ed un sorriso leggero apparve sul suo volto. Un ottimo inizio.

Sua zia non c'era, e questo per quanto non fosse il suo pensiero primario mise a tacere una delle tante voci preoccupate nella sua mente. Era davvero un bene sapere che Ice non si trovava nei paraggi e che non sarebbe piombata lì da un momento all'altro. Non la vedeva da molto, anche John ne stava perdendo le tracce.. ma non era quella donna il centro della sua attenzione in quel preciso momento, e non voleva nemmeno che lo fosse. «.. è un bene che non ci sia.» Si lasciò sfuggire quella frase, forse non del tutto consapevole dei mille e più significati che si potevano attribuire ad essa. Quello che aveva detto non era che la punta dell'iceberg di ciò che invece stava pensando, a troneggiare su tutto c'era un "mi sei mancato" che non sarebbe sfuggito troppo presto al suo controllo, ma che rispecchiava la più pura delle verità. Quando pensava di aver ripreso il controllo sul suo battito, normalizzandolo il più possibile, un complimento la colpì in pieno petto. Sincero, anche troppo e per nulla previsto.
Trovarsi impreparata davanti a Killian non era poi qualcosa di raro ma in quel momento lei non poté proprio controllare l'improvviso rossore che prese possesso delle sue guance ravvivandole per pochi attimi. Sufficienti forse a fare da reale risposta per il giovane.
«Ciao Killian.» disse infine, optando prima per un saluto.. lo stesso che non era riuscita a portare a termine mesi prima, quando lo aveva visto sparire troppo presto. Acconsentendo in modo tacito a quell'incontro fuori da ogni pianificazione. Il vuoto improvviso che aveva lasciato non era mai svanito del tutto, almeno finché non l'aveva trovato ancora davanti a sé. Prese un sorso di quel Té, delizioso come ben sapeva, prima di cimentarsi in quello che invece per lei doveva essere una sorta di complimento. « Sei.. un Pirata! » un'espressione divertita si fece largo sul suo volto. Poteva sembrare una battuta per chiunque non la stesse guardando negli occhi, perché come specchio dell'anima in loro si rifletteva la parte più sincera di Amber, quella che lo riteneva davvero incredibilmente bello. Era senza dubbio il meno a tema di tutti quelli che aveva visto fino ad allora, ma se avesse seguito il tema.. probabilmente non lo avrebbe riconosciuto nella folla. Rendersi distinguibile era quasi il suo marchio di fabbrica, l'esatto opposto di Amber che invece era più facile si mescolasse tra la folla rendendosi anche troppo "normale" agli occhi di tutti. Lui non poteva sapere che lo sfarzo della Russia più classica era stato scelto proprio dalla ragazza che aveva di fronte, assieme alla sua collega non troppo distante, così come il Menu.
«Alla fine sei tornato ad Hogwarts, nostalgia dei Sotterranei?» Tra le tante cose che non avrebbe mai dimenticato, c'era la casata di appartenenza dell'Auror, con cui condivideva i corridoi.

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Audrey Halliwell
view post Posted on 2/1/2017, 22:02




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Con molta probabilità aveva allegramente sbagliato. Ancora. Per una qualche strana ed a lei sconosciuta motivazione, si era ritrovata agghindata a festa davanti le porte del Salone, perplessa e forse leggermente confusa davanti tutta quella gente. Non che avesse problemi di alcun tipo a muoversi nella folla, non le sarebbe dispiaciuto infatti attirare l'attenzione. Non per accalappiare qualcuno, quanto per non passare inosservata al pari di un fantasma. Anzi, forse i fantasmi erano fin troppo considerati.
Insomma, era li, sola senza accompagnatore. Ovvio. Dopo l'ultima meravigliosa esperienza non aveva più provato ad avvicinarsi in quel senso a nessuno, non lo aveva cercato, e fortunata o meno che fosse, nessuno si era dimostrato interessato a lei. Se da una parte il suo un po' trascurato orgoglio ne risentiva, dall'altro non poteva che essere un bene in fin dei conti. Non si stava assolutamente nascondendo. Disse quella nascosta dietro l'angolo del portone. Fissava l'interno del salone con aria assorta, alla ricerca di una buona motivazione per non girare sui propri tacchi e tornarsene in sala comune.

Edited by Audrey Halliwell - 2/1/2017, 22:46
 
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view post Posted on 3/1/2017, 21:37
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Auuuu
La ricchezza. Le tavole imbandite. L’orchestra. I vestiti costosi. L’oro che impreziosiva le pareti. Le grasse risate dei nobili. La povertà. La fame. Il silenzio. Gli indumenti consumati. Le abitazioni fatiscenti. Le lacrime del popolo.
Lo sconforto era diventato paura e la paura rabbia. La Russia era stata per anni dilaniata dalla guerra, schiacciata dai suoi sovrani, calpestata e spremuta come un ammasso di acini d’uva fino a quando l’ultima goccia di quel nettare scarlatto aveva fatto traboccare il vaso della rivoluzione. Il malcontento aveva mosso il proletariato dalla sua condizione di staticità. I generali dell’esercito si stavano ammutinando per schierarsi dalla parte del popolo. Nel frattempo i boiardi brindavano nei loro palazzi regali, minimizzando ciò che accadeva oltre le mura delle loro regge.
L’ufficiale si era trovato ad osservare uno spettacolo raccapricciante, circondato dall’opulenza che saturava la corte dello Zar. I suoi occhi catturavano ogni elemento della sala, imprimendolo poi nella sua memoria. Non avrebbe mai dimenticato quell’orrore. Fuori da quella stanza i suoi compagni lottavano nel fango, con i morsi della fame allo stomaco ed i crampi alle mani ed alle gambe per il freddo. Combattevano strenuamente per garantire alla patria un futuro migliore, per liberarla da un governo che si era dimostrato tiranno ed inefficiente. Come potevano i nobili festeggiare?
*Sia maledetto lo Zar e tutti quelli che a lui si inchinano!*
- Camillo, è solo per finta… -
*Oh, giusto!*
Il ragazzo si era fatto trasportare dalla fantasia, che lo aveva gettato senza pietà tra le fauci del 1917, tuttavia la furia rossa del marmocchio iniziò a scemare quando si rese conto di aver fantasticato un po’ troppo. Il degrado post-sovietico gli si era innestato nel cuore a causa dei bad memes su internet, Wikipedia lo aveva rovinato ed in combo con tutti i film ed i documentari assorbiti nel corso degli anni avevano creato degli effetti spiacevoli nella sua mente, già instabile per proprio conto. In un attimo di lucidità si domandò se non fosse stato il caso di dimenticarsi la recita in programma.
No. Fece solo in tempo ad immaginarsi il dolce suono prodotto da quella sillaba, prima che il filo dei suoi pensieri venisse brutalmente tranciato. Una voce femminile a lui ben nota era giunta alle sue orecchie. Gli occhi del giovane scattarono da un dettaglio insignificante, su cui fino a quel momento si erano piantati, in direzione di Elhena. Per pochi istanti la squadrò, cogliendo le stravaganti minuzie dei suoi indumenti tradizionali, lasciandosi sorprendere. Sembravano così diversi da quelli che aveva visto fino a quel momento - in particolare addosso alle altre fanciulle, più semplici, pratici, ma allo stesso tempo estremamente originali. Nel complesso gli piacevano.
Per prima cosa le rivolse un sorriso, indefinibile nelle sue caratteristiche, che perlopiù era ancora macchiato dallo stupore, ma al contempo incurvato dalla malizia. Non era rivolta a lei, per quanto fosse affascinante, ma era in procinto di pronunciare offese verso il Regime e la cosa suscitava in lui una sorta di contorto divertimento. Prima però avrebbe dovuto cogliere il riferimento, per poterle rispondere a dovere.
*Rinfrescami la memoria, è il protagonista di qualche romanzo?*
- Sì, Guerra e Pace -
*Non credo di conoscerlo.*
- Ci hanno fatto anche un film, molto vecchio con la Hepburn. Andrej è il tizio con le basette da sfigato... -
*Giusto!*
Impiegò appena il tempo di raccogliere qualche rapido pensiero, poi si pronunciò.
«Avrei potuto benissimo schiacciarlo, soprattutto in qualità di amante.» Commentò spavaldo. Non era solito prendersi così tanta confidenza, ma il personaggio stava prendendo il sopravvento. Dopo aver messo in luce la sua arroganza le concesse un complimento. «E tu sicuramente avresti messo in ombra Nataša. Sei bella come il Palazzo d’Inverno espugnato sotto le stelle di novembre.» Il suo tono di voce lasciava trasparire un’insolita serietà, ma la sua espressione divertita poteva essere usata come un indizio per smascherare la recita. Nel profondo era stato sincero, lo avrebbe pensato anche il Camillo di sempre. Avrebbe poi voluto proseguire, invitarla a ballare magari, nonostante la sua goffaggine, ma preferì lasciarle il tempo di elaborare la cosa. Nel mentre era tornato ad osservare alcuni elementi dell’ambiente, prestando attenzione ad un grumo di partecipanti che si erano incosciamente avvicinati.
Fu in quel momento che fece il suo ingresso in scena un altro personaggio. Si trattava di Sophie, fanciulla che aveva conosciuto intrufolandosi ad Hogsmeade durante le vacanze estive. Anche lei, nel suo vestito, faceva la sua bella figura. Probabilmente anche senz-
- Ti spacco una sedia sulla schiena, cretino! -
L’ufficiale aveva scrutato la dama di smeraldo con la coda dell’occhio, evitando di voltarsi per concentrare tutta l’attenzione su di lei. In quel momento il Camillo che tirava i fili della sua marionetta era andato nel panico, non sapeva come gestire la situazione, ma si costrinse a uscire da ciò che si prospettava come uno stallo mentale ad ogni costo.
«Potresti sorprenderti nello scoprire quanto buon gusto possiamo avere. Vedo che lo stesso vale per voi Serpi.»
Frase apparentemente senza senso, ma gli pareva di aver intravisto un mantello con lo stemma dell’Albania uscendo dalla stanza ed era abbastanza certo che Horus fosse stato il proprietario di quell’affare. Solo lui avrebbe potuto.
- Guarda che è lo stemma dei Romano-- -
«Immagino vi conosciate già, se non ricordo male eravate entrambe prefette nello stesso periodo. In ogni caso, Elhena, lei è Sophie. Sophie, Elhena.» Le presentò indicando prima una e poi l'altra e viceversa, senza lasciare alle due Barbie il tempo di dirgli che non avevano capito a cosa si stesse riferendo. Privandole di ogni pausa poi intavolò la proposta, così, giusto per ammazzare la tensione: «Che ne dite, andiamo a sfondarci di Dolci, per la gioia di сильная рука?»
Riferendosi a Fortebraccio. Forse aveva detto “braccio forte”, forse aveva pronunciato una grave offesa in lingua slava. In certi casi il dizionario non gli era amico, ma quando si era preparato le battute aveva comunque deciso di tentare la sorte. Tanto nessuno lì lo capiva, unica consolazione.
Пришлите мне голую картину.


 
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view post Posted on 3/1/2017, 22:12
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Ridacchiò alla battuta di Camillo sul principe Bolkonsky, soprattutto al riferimento alle sue qualità amatorie. Non conosceva il Tassorosso abbastanza da sapere se la sua fosse davvero un’alta autostima o solo una battuta, ma era ugualmente divertente.
“Davvero? Con o senza il tuo famoso sassofono?” replicò, con le labbra tese in un piccolo sorriso. Si accese poi di gioia, le gote suo malgrado imporporate di rosa per il complimento, quando Camillo la paragonò a Natasha.
“Allora vuol dire che mi devo trovare un marito timido e occhialuto, hai suggerimenti?” continuò a scherzare, accennando a quel povero cristo di Bezhukov che la prima moglie te la raccomando.

* Adesso non essere maschilista! *

D’accordo, forse la bella e disinibita Helene Kuraghin era stata vittima del suo tempo, ma Anatoji era un semplice poco di buono.

* Ti raccomando il cognato! *

Comunque il riferimento a Natasha le aveva fatto ricordare di quel particolare momento del libro quando un violino (o era una balalaika … comunque uno di quegli strumenti a corde), un fazzoletto e qualche passo di danza tradizionale avevano fatto volare fuori dalla finestra anni di educazione “alla francese” in favore delle native maniere russe.

“Anche tu stai pensando a come questo sogno sia destinato a svanire nel peggiore dei modi? Ma è inutile rimuginarci. Non so nemmeno quanti qui ricordino la Rivoluzione D’Ottobre.”

Era sempre stato un posto strano, la Russia, soprattutto nel diciannovesimo secolo. L’ex debole Rus di Kiev cominciava a mostrare i reali segni della futura potenza mondiale, ma mentre i nobili viaggiavano in lungo e in largo per apprendere le buone maniere e tenersi al passo con le ultime mode, il popolo rimaneva bloccato al Medioevo. Finché la miccia non era esplosa.
La Russia che perdeva la guerra contro il Giappone e la conseguente domenica di sangue, quando i soldati avevano sparato sulla folla. Nicola, lo zar inetto, e la duchessa Alexandra chiusi nel loro palazzo mentre il popolo o moriva nelle trincee o si mangiava le mani per la fame.
Elhena scosse la testa.
Tornando al banchetto, la Tassina si accorse di come Camillo stesse facendo le dovute presentazioni con la ragazza che si era avvicinata. La ricordata molto vagamente. Doveva essere stato un Prefetto per un breve periodo prima della nomina di Black. O forse era stato prima? Era abbastanza sicura che per un po’ avesse affiancato Arya, ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Comunque ora era di nuovo in carica. Per Elhena, invece, lasciare la spilla era stato quasi un sollievo. Nessun fraintendimento, aveva amato l’onore – e onere – di essere utile alla sua Casata, ma il peso sulle sue spalle aveva finito con l’essere troppo grande.
A volte devi fare delle scelte.

“Ogni tanto fa bene rinfrescare i nomi, piacere” si rivolse allora a Sophie, per poi annuire la sua approvazione alla proposta di Camillo. “L’idea dei dolci è ottima, per quanto non neghi il mio interesse anche ai piatti salati.”
* Ricordati che hai promesso di mangiare una fetta di torta del cosacco *

“Comunque nella Russia degli zar i nobili erano soliti gettare i bicchieri a terra a ogni brindisi. Ma credo che se la gente qui cominciasse a farlo si ritroverebbe nel bel mezzo della sua Rivoluzione d’Ottobre personale. Con gli elfi domestici nei panni dei contadini e Brior a fare Lenin.”
Prima che potessero sorgere fraintendimenti, aggiunse. “Cioè appoggio in idea la causa del CREPA. Ma il riferimento era troppo calzante.”



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view post Posted on 3/1/2017, 23:50
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Molti luoghi ha la tua anima, ivi alberga natura magnanima. Di coraggio e lealtà fanne bandiera, di Grifondoro potrai essere fiera!

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Il tanto atteso ballo era arrivato e Juliet ultimava, insieme alle sue compagne di stanza, il trucco prima di scendere nella sala grande per godersi quella che sarebbe stata, forse una fra le serate più belle mai vissute in vita sua.

Osservò il suo riflesso, un ultima volta allo specchio. Erano più di due ore che si stavano preparando: bagno caldo, creme, indossare il vestito, togliere quel fastidioso brufoletto che veniva sempre nelle occasioni più importanti, come quella, insomma la vita di una donna in quelle occasioni non era mai semplice, ma come si diceva "Se bella vuoi apparir un po' devi soffrir". Indossava un lungo abito che le arrivava fino ai piedi color rosa sfumato. Il bustino era pieno di perline che andava dal bianco al rosa. La parte sotto invece era un volant unico, molto leggero tendente al rosa salmone. Quel vestito le aveva regalato sua madre, poiché era il vestito che indossava il giorno in cui conobbe suo padre. Ai piedi indossava le ballerine rosa. I capelli erano stati finemente raccolti in uno chignon laterale basso. Aveva lasciato appositamente due ciocche fuori posto ad incorniciarle il viso mentre il trucco era delicato, eyeliner nero, mascara e una punta di lucido sulle labbra. Sulla testa aveva messo un cerchietto con fiori bianchi e di un rosa tenue. Si guardò allo specchio e il riflesso le mostrava una ragazza, una piccola donna che in quel momento si sentiva bellissima, una principessa seppur senza principe al suo fianco. Per il momento.
*Chissà se lui viene o no* pensò la ragazza riferendosi a Jack. *Si sono pronta!* pensò fra sé e sé voltandosi verso il letto dove Darky stava guardando lei che si mostrava in tutta quella bellezza. "Allora che dici? Può andare?" chiese la ragazza al gatto. Ma lui facendo finta di nulla, si appisolò, non facendo verso, "Sempre a pensare a dormire voi eh? Uguali ai maschi" disse la ragazza rosso-oro ostentando una faccia quasi scocciata. Poi lo salutò e si diresse fuori dalla Sala Comune

Salutata la Signora Grassa, custode dell'ingresso della sala comune, e sorriso per quel complimento appena fattole, si avviò pian piano giù per le scale. Scendeva i gradini piano, uno per volta, tenendosi con la mano sinistra un lembo del vestito in modo tale da non fare un capitombolo e rovinarsi così per sempre quella serata. Man mano che scendeva le scale una strana sensazione la pervadeva. Felicità, adrenalina, ma anche paura di essere giudicata, di aver indossato qualcosa di inopportuno di non essere all'altezza della situazione
. *No Juliet, è solo una serata, una bella festa e tu te la devi godere* pensò fra sé e sé scuotendo la testa prima di scendere l'ultimo gradino e dopo aver percorso un corridoio ritrovarsi in quella grande e immensa sala, che per l'occasione era completamente diversa da quella che vedeva ogni giorno. Il pavimento sembrava costellato da diamanti tanto era messo a lucido. La porta erano state ridipinte del color oro. Ogni finestra della Sala Grande era incorniciata ai lati dalle tende del color rosso rubino. Dal suo occhio attento poteva dire che quello che vedeva le sembrava fedele allo stile russo. Forse era stato preso dal film Anastasia, che lei ricordava benissimo. Guardò gli altri studenti. Erano vestiti a tema con vestiti tipici russi, che richiamavano la grande madre-patria, la Russia. Si guardò il suo vestito: umile, come lei, e niente a che fare con la Russia. Stava per girare i tacchi quando vide il banchetto del cibo. Camminò quasi volando verso il cibo. Non poteva resistere al suo richiamo. Mentre andava al Buffett del tavolo a sinistra, passò in mezzo a ballerini e cercò dinon urtarli. Arrivata nel presso del tavolo si accorse che era il menù salato. Alle sue narici arrivò un buon profumino. Il suo stomaco cominciò a brontolare. Al che si servì della zuppa di pomodoro con capperi, olive e peperoncino. Le amava il peperoncino, aveva quel gusto forte. La zuppa che prese si chiamava solyanka. Si mise ad uno dei tavoli liberi, e non potendo più resistere cominciò ad assapporne i sapori. Gustò una cucchiaiata e si sentì in paradiso. Poi guardò i vari ballerini che ballavano i tipici balli russi...

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view post Posted on 5/1/2017, 14:51
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La decisione che aveva preso era stata così repentina ed istintiva che Killian non ebbe nemmeno il tempo di riflettere su cosa davvero avrebbe voluto dirle o perché si era diretto in modo così deciso verso la ragazza che era sfuggita al suo sguardo. Non si riteneva uno sconsiderato, ma perché non gli era venuto il dubbio che gli occhi verdi avessero lasciato quelli grigi sul mondo riflesso per un motivo ben preciso, ovvero quello di non voler aver a che fare con lui prima che fosse il tempo?
L’uomo aveva semplicemente allontanato quel pensiero come se fosse il più insulso al mondo: quando faceva una cosa non poteva permettersi né rimpianti né rimorsi, questa era la sua personalissima regola di sopravvivenza. Era presuntuoso pensarlo, forse. E forse era stato presuntuoso anche il suo modo di porsi nell’inchino, che aveva conservato però quel velo di malcelata presa in giro per l’etichetta che pur sembrava voler onorare in quella scintillante serata. Ma a tutto c’era una ragione: aveva messo alla prova Amber fin troppe volte nei loro incontri precedenti e sapeva di poter contare sul lato scherzoso della giovane che sembrava viaggiare sulla sua stessa lunghezza d’onda, avvolte. Ed infatti il suo saluto silenzioso fu ricambiato altrettanto elegantemente, reso ancora più regale dal frusciare delle vesti scarlatte. Quello strascico aveva tutta l’aria di pesare almeno quanto il suo cappotto invernale e si chiese se anche lui riuscisse a sembrare leggero quanto la piccola, leggiadra anche se fasciata dalla stoffa pesante.
Tutti i “se” e i “ma” che l’Auror aveva tenuto lontano dalla propria coscienza, ma che erano comunque presenti nella sua mente, furono subito cancellati come per mezzo di un incantesimo benevolo. La zia di Amber non era presente quella sera (e lui lo sapeva bene dato che , casualmente, si era informato sui colleghi presenti alla festa) e nemmeno suo padre. Ancora una volta, erano clandestinamente “al sicuro”. Se da una la situazione lo divertiva (come se fosse un ragazzino con un grande segreto inconfessabile), dall’altra capiva anche molto bene i timori di Amber, che rispettava almeno quanto il patto che avevano siglato. Perciò la conferma anche da parte sua non era che un definitivo e rassicurante “via libera”. Ma per cosa? Di sicuro, non per parlare di lavoro. Temeva che la sua figura fosse ormai indelebilmente legata agli occhi cristallini della giovane alle faccende incombenti che insieme avevano iniziato ad affrontare. E per quanto avesse accettato senza riserve il ruolo di aiutante e sostegno, era ben felice di poter essere anche solo e semplicemente Killian, un ragazzo con la quale passare del tempo senza la consapevolezza di dover prima o poi affrontare delle difficoltà… non riguardanti il passato doloroso o il futuro impegnativo, almeno.
Ma anche recitare la parte di un disinteressato ventiquattrenne che si avvicinava ad una donzella come qualsiasi altro in un ballo del genere non gli riusciva evidentemente bene: c’era troppa furbizia e troppa confidenza negli sguardi che le rivolgeva e nei gesti che la riguardavano. Come il tè, che lei strinse tra le sue piccole mani e odorò con gli occhi appena chiusi. La memoria del mago lo ri-catapultò a mesi e mesi prima, quando insieme avevano sorseggiato un infuso sul divano del suo piccolo appartamento. E vedendo l’approvazione mostrata da quel piccolo sorriso sul viso angelico della ragazza, Killian non avrebbe potuto essere più soddisfatto. Dopotutto, era andato a colpo sicuro tra le bevande analcoliche e aver avuto un riscontro positivo delle proprie intuizioni causò un’espressione ancora più sicura sul suo volto barbuto. Si chiese se il suo intuito avrebbe continuato a centrare il colpo anche quando le decisioni riguardanti il suo e il destino di Amber si fossero fatte più importanti e decisive. Ma per ora si accontentava di quella piccola vittoria che come premio ambito aveva quell’arco all’insù tra le labbra della biondina.
Ben presto, causato dal sincero e semplice complimento che le aveva rivolto, un diffuso rossore adornò le gote di Amber quasi che volesse fare pendant con il vestito. E Killian ne era un colpevole consapevole, ma non riusciva proprio a trattenersi dal punzecchiarla un po’ così, specialmente avendo notato quanto naturali fossero le sue reazioni. Eppure in quella fredda serata non si sarebbe aspettato così tanta sorpresa da parte sua: non era certo di come funzionasse il cervello femminile, ma quando si ci agghindava a festa non era quasi scontato ricevere dei complimenti? Era incredibile come lei non si rendesse conto di quanto potesse attirare l’attenzione. Di chiunque, non solo la sua.

Il saluto che gli riservò,strano come la sua presenza in quella festa ma estremamente gradito, non fece che confermare all’uomo che nulla era cambiato e potevano concedersi, stavolta totalmente, quella spensieratezza che erano in grado di regalarsi insieme. Ed infatti, come se il loro terzo incontro fosse fatto di piccoli e continui richiami a quelli precedenti, fu messo sotto esame da quegli occhi tanto attenti e fuggenti. Stavolta non fece nessuna “passerella” per mettersi in mostra perché il paragone con cui l’aveva definito l’aveva in parte spiazzato in positivo. Lo prese come un vero e proprio complimento e anzi dovette esaminarsi prima di confermare.


"Un pirata, dici? Può darsi che sia stato anche questo in una vita precedente", disse prima di aprirsi in una risata non riuscendo a mantenere fino in fondo il tono misterioso che aveva voluto imprimere.

Sapeva di aver sforato un pochino ( catastroficamente) il tema, ma non se ne era mai pentito ed ora che aveva ricevuto quello che per lui era un complimento in piena regola poteva ritenersi davvero soddisfatto. Subito però volle punzecchiarla come amava fare:

"Con questo intendi che un pirata non può avvicinarsi ad una principessa?"

Non aveva mai incontrato un pirata, ma assunse l'espressione più scaltra e malintenzionata che riuscì ad imprimersi pur con il sorriso in volto. A rincarare la dose, venne tirato in ballo anche la sua ex-casata di appartenenza. Sapeva perfettamente che da parte della piccola non voleva essere altro che una battuta delle loro e ciò andava estremamente bene: non aveva assolutamente voglia di stare a spiegare i motivi per cui provava solo in parte nostalgia per quella scuola. Visto che ormai la sua reputazione da bravo ragazzo era stata compromessa dall'acume della biondina, non abbandonò il tono misterioso per farsi sfuggire un'altra malcelata provocazione mentre si guardava sospettosamente e teatralmente intorno:

"Ei, ei! Non rivelare troppo di me o farai cadere la mia facciata da bravo ragazzo”

Che poi lo fosse realmente o no un bravo ragazzo era una questione discutibile. Ma lei non lo aveva scelto certo per quello.

______________________

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Reginald Septim
view post Posted on 5/1/2017, 15:21




Avvolte invidio i fantasmi ...
Se vogliono nessuno può vederli o sentirli ...
Quanto mi piacerebbe poter fare lo stesso. Continuavo a fare sempre lo stesso pensiero mentre mi "preparavo" per la festa di fine anno ... "devo andarci ? Sarebbe meglio che rimanessi in sala comune? Con chi ci andrei? ... nessuno ovviamente" non ero per nulla convinto sul fatto di andare alla festa... ma comunque mi stavo continuando a preparare forse sovrappensiero o speranzoso di un miracolo. Quando ormai ero pronto mossi passi esitanti verso la sala rimanendo il più in disparte possibile evitando la calca ... anche i miei vestiti erano molto schivi. Avevo un completo in giacca e cravatta dai colori chiari scuri; la giacca di un grigio argentato abbinata ad un pantalone elegante nero entrambi con una trama a rombi dei colori opposti che li passavano solo su di un lato ,una camicia nera contornata da una cravatta color oro. Camminavo con lo sguardo basso verso le porte spalancate della sala iniziando ad intravedere gli studenti intenti a divertirsi ... inizia anche a girarmi la testa per la moltitudine di persone presenti ... "forse ho fatto decisamente male a venire qui" ...
Mentre ero incerto sul da farsi e mi avvicinavo alle porte ,scorgo una figura conosciuta ... riconosco Audrey, la serpeverde , ferma ad un angolo vicino le porte con una nota di incertezza nello sguardo . Quando arrivo a portata di sguardo alzo timidamente la mano verso e lei facendo un innocente saluto con la mano per poi subito abbassate lo sguardo ..." lei sembra veramente bella vestita così ... stranamente però sembra decisamente poco convinta se entrare o meno come il sottoscritto "... rimasi fermo ad una decina di metri da lei osservando l'interno della sala con preoccupazione ... Non ci sarebbe voluto molto prima che il terrore per gli spazi pieno di persone mi avrebbe assalito ... con conseguente fuga in sala comune ... almeno ho rivisto la serpeverde che ,a discapito di stereotipi vari, mi ha gentilmente aiutato giorni fa.
 
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view post Posted on 5/1/2017, 16:25
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Amber Serenity Hydra

Prefetto Tassorosso ♦ Dress

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Se chiunque della sua famiglia si fosse trovato in quella sala, Amber avrebbe cambiato direzione immediatamente dopo aver salutato Killian. Non lo avrebbe fatto per cattiveria, anzi..le sarebbe pianto il cuore andarsene, ma così facendo avrebbe salvaguardato la sua privacy. Invece non essendoci nessuno, si sentì libera di permettergli di avvicinarsi e di esserne perfino..felice. Il sorriso che si era fatto strada faticosamente sul suo volto in tutti gli anni a scuola, sembrava non avere segreti per il Pirata che le stava dinnanzi. Era felice che fosse lì, benché non rientrasse nei piani, almeno non nei suoi. La biondina aveva quasi smesso di considerare anche le varie opinioni che i suoi conoscenti si sarebbero fatti riguardo loro due, nonostante non ci fosse all'apparenza nulla più di una conoscenza. Non era da lei non mettere in conto gli sguardi indiscreti dei presenti in Sala, ma stavano scivolando in secondo piano..nota dopo nota. Non c'era nulla di male e ..beh, non stavano ancora facendo nulla! Si affievolì anche il senso di oppressione e claustrofobia che aveva iniziato a bussare alla porta della sua mente, mentre la sala si riempiva di gente. In mezzo alla folla non era mai stata a suo agio, e se lui non fosse apparso, lei si sarebbe messa sempre più in disparte, fino al momento della premiazione della Casata vincitrice. Dopo la quale probabilmente sarebbe tornata a far parte della tappezzeria, in un punto in cui respirare sarebbe stato meno complesso. Ma i "se" non reggevano il gioco quella sera, ogni suo passo sarebbe stato fatto fuori dai comuni schemi. Lo aveva compreso da tempo: con lui niente sarebbe stato normale. E quell'idea non fece svanire il sorriso dalle sue labbra, che dovette contenere mentre l'espressione di Killian si faceva più scherzosa e meno seria. Dargli del pirata era stata un'ottima idea evidentemente, perché lui sembrava aver colto il complimento tacito di quella frase, mostrando come sapesse ancora - dopo mesi - leggerle nella mente. Non faceva gran difficoltà ad immaginarlo su una nave, a tenerne il timone, gridando incomprensibili ordini ai suoi sottoposti. Ma la bolla di fantasia in cui lo aveva appena rinchiuso, scoppiò poco dopo. Con il tono che lei aveva imparato a conoscere, l'aveva appena - per vie traverse - definita una principessa, quasi in balia del pirata. Non era nemmeno andato troppo lontano dalla verità, lei si sentiva indubbiamente principesca in quell'abito enorme! Non era davvero la prima volta che riceveva un complimento, metaforico o meno che fosse, ma non avevano mai avuto troppo peso..se non in alcune rare occasioni, o lei stessa non gli aveva attribuito il giusti significato. Ma con Killian era tutto più enfatizzato, e forse a parlare era più il suo cuore che la sua mente. Di una cosa però era sicura, quella sera non avrebbe tirato in ballo il "Caso Eveline", per nessuna ragione.

«Oh, non penso sia permesso, in effetti. Sarebbe sconveniente e..pericoloso seguendo la scia di quel piccolo dramma improvvisato, Amber si finse tremendamente dispiaciuta, tono di voce compreso.« ..ma chiuderemo un occhio per questa sera, e se il Pirata non lo dirà a nessuno, la Principessa farà altrettanto. A meno che tu non sia qui con cattive intenzioni, sei qui con cattive intenzioni, Killian?» * e questa poi?* non aveva la più pallida idea di come le fosse riuscita una frase simile e così ambigua! Era ovvio che stesse recitando la parte della damigella impensierita dall'imminente pericolo che poteva avere davanti a sé.. perché in realtà lei stava iniziando ad apprezzare i momenti in cui lui mostrava di non essere un banale cavaliere dalla lucente armatura. Forse si era fatta trasportare da quei piccoli mondi immaginari che riuscivano a creare, anche per brevissimi lassi di tempo. Alla fine i loro incontri erano costellati di piccole metafore divertenti, che forse solo loro avrebbero capito. Nei suoi occhi la domanda però era quasi reale. «Non ti preoccupare comunque, il tuo segreto è al sicuro con me.» rispose infine, alla non-risposta di Killian sulla possibile nostalgia dei sotterranei. Ormai era abituata a non ricevere risposta alla maggior parte delle sue domande, e non avrebbe mai affrettato niente, non lo avrebbe mai costretto a rivelarle nulla se avesse voluto farlo lui per primo. Rispettare i tempi altrui era una sua dote. Bevve l'ultimo sorso di Té, prima di spostarsi appena più indietro, avvinandosi al bancone dove poter posare il bicchiere vuoto. Distogliere il contatto visivo le diede modo di inspirare e calmarsi, ma anche di notare quanto la sala si fosse riempita, facendo si che il suo stomaco si ritorcesse al solo pensiero. Le bastò però voltarsi nuovamente verso il Pirata per sentirsi lievemente meglio. Ma a quel punto, che avrebbe dovuto fare?
La musica, e forse l'intera sala, avrebbero suggerito una mossa quasi ovvia, ma che non spettava a lei. Se si fosse vista allo specchio non si sarebbe riconosciuta, gli occhi brillavano di luce propria ed un sorriso sincero e delicato sovrastava ogni altra preoccupazione. Dove era finita la ragazza malinconica che girava per i corridoi come un fantasma? Dov'era il Prefetto che gioiva all'idea della ronda notturna per poter consultare le stelle? Che fine aveva fatto la biondina che aveva evitato tutto e tutti negli ultimi mesi? Cosa stava facendo la figlia intenta a ficcare il naso dove non avrebbe dovuto? Era sempre lì, lo sentiva, stava solo scoprendo l'altra faccia della medaglia. Ed ora?

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view post Posted on 5/1/2017, 19:02
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LxLpX5ZELOISE LYNCHOutfitNon era sua intenzione finire catapultata in quel vestito, in quelle orrende scarpe e con quella corona pomposa in testa. Quando aveva comprato il biglietto per la lotteria sperava di riuscire a evitarsi il ballo che, considerato il tema portante della serata, sarebbe stato quantomeno imbarazzante. Eppure diversi fattori erano intervenuti a suo sfavore: primo tra tutti il suo senso del dovere, enfatizzato largamente dal suo nuovo ruolo di Prefetto; la fedeltà nei confronti di Elhena e Amber che avevano passato le ultime settimane a confabulare in tutti gli angoli della Sala Comune affinché fosse tutto perfetto; infine, l’insopportabile idea di essere l’unica a rimanere in Dormitorio quando tutti stavano lì a divertirsi.
Inutile piangere sul latte versato, pensava la Tassina mentre usciva dalla Sala Comune. Stava già partendo di gran carriera verso la Sala da Ballo quando, con un fugace sguardo, intravide la figura di
Emily Rose, probabilmente in attesa del suo cavaliere. «CiaEmily» fu ciò che le uscì, mentre cercava di filarsela il più in fretta possibile, sperando di non essere stata vista. Era imbarazzante essere conciata in quel modo.
Mentre cercava di convincersi che quella era la scelta giusta, il suo coraggio veniva meno. Era così poco a suo agio, così turbata, così agitata che, un volta giunta in prossimità della porta d’ingresso della Sala da Ballo i suoi piedi la vollero trarre in salvo, impedendole di fermarsi e andando dritti dritti verso il cortile di Hogwarts. Con nonchalance, come se lei non avesse mai avuto intenzione in prendere parte al ballo - benché fosse scontato, visto il suo abbigliamento.
L’aria fresca della sera le investì i polmoni, dandole il primo vero sollievo da quando aveva infilato il vestito. Era talmente sollevata che nemmeno rabbrividì per il freddo: stare in disparte sarebbe stata la soluzione adeguata. Si stupì di quanto la paura l’avesse fatta strizzare, di quanto facilmente fosse riuscita a convincerla a desistere dalla decisione di prendere parte alla festa. Mentre camminava sul sottile strato di neve si disse che quella fuga non sarebbe potuta durare troppo a lungo. Benché si sentisse stupida, imbarazzata e scomoda, sapeva che presto i suoi piedi l’avrebbero condotta nel posto in cui “doveva stare”, sapeva che una volta fatto il suo ingresso al ballo il divertimento sarebbe stato inevitabile.
Al generico disagio che aveva preso il sopravvento in quel momento si aggiungeva la consapevolezza che quell’evento avrebbe portato a balli di coppia come il valzer o i lenti. A quel pensiero la bocca si storse: per quanto dotata di senso del ritmo, non aveva intenzione di abbandonarsi all’incedere melenso di quelle occasioni. Alla peggio si sarebbe aggrappata ad Amber, che non sembrava mai troppo felice di prendere parte a eventi come quelli, e l’avrebbe intervistata circa l’organizzazione e gli incanti usati per metter su la baracca. In linea di massima, avrebbe potuto fare affidamento sulla sua corazza migliore: l’idiozia.
Fu su quei pensieri che, con passo un po’ più deciso, si diresse all’ingresso. L’accoglienza da regina che l’attendeva, con tanto di Florian conciato in pompa magna, non era esattamente ciò che sperava: cercò di dileguarsi il più in fretta possibile, virando sulla destra per costeggiare il muro.
«Oh… Almeno farò pendant con le pareti...» Mormorò a se stessa notando che qualsiasi cosa in quella stanza era d’oro - eccezion fatta per le tende, i cibi e le persone. Aveva scelto un abito in perfetta sintonia con le sue intenzioni di quella sera: non attirare su di sé l’attenzione.
Ciò che la lasciò completamente a bocca aperta fu l’allestimento. Era così verosimile da sembrare di essere stati riportati indietro nel tempo con il Libro di Peverell, protagonisti di una nuova missione diplomatica. La passione per la storia ebbe la meglio, ed Eloise si ritrovò a fissare con aria sbigottita le decorazioni arzigogolate su soffitti e pareti, i lampadari di cristallo e tutte le manifestazioni concrete dell’opulenza tipica della corte dello Zar.
Tornando con i piedi per terra, Eloise si accorse di aver costeggiato le pareti per tutto il tempo e di essersi ritrovata pericolosamente vicina al Tavolo dei Dolci. Si mosse di più verso il centro della stanza, cercando di individuare qualcuno di conosciuto. Quando vide
Amber in lontananza sollevò il braccio per salutarla, ma prima di poter attirare la sua attenzione si accorse che era in compagnia di un tipo misterioso. Stavano sorseggiando qualcosa e si sorridevano a vicenda: era la prima volta, forse, che vedeva una spensieratezza tale nella sua collega. Trattenne il fiato per un attimo quando venne colpita da un pensiero: e se l’Anello del Gemello fosse stato… Per lui? Fece un mezzo sorriso e si costrinse a concentrarsi su altro, lasciando Amber alla sua serata.
Il suo sguardo cadde su una figura al centro della stanza: sotto un po’ di strati di stoffa lavorata e dietro una barbetta che non era sua poteva distinguere i tratti di
Daddy Toobl. Si avvicinò alle sue spalle, sfruttando l’effetto sorpresa. «Dimmi che ti senti stupido almeno quanto me.» Considerato che al Natale precedente erano conciati da folletti, si erano entrambi presi molto più sul serio. Ed era il caso, il prima possibile, di scaricare tutta quella serietà.
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view post Posted on 6/1/2017, 02:23
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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Abituata alla voce squillante e all'attitudine pimpante di Eloise, quella sera Niahndra si sorprese a detestare quel silenzio.
Continuava ad osservare il proprio riflesso nello specchio, le punte dei capelli ancora umide la fecero rabbrividire e lei sorrise mestamente incurvando un poco la schiena. Gli occhi non ressero a lungo quel confronto e rapidi rifuggirono la sua immagine. Mai come allora si sentiva nuda, scoperta, vulnerabile ed il fatto che indossasse ancora solo la biancheria non c'entrava niente.
Aveva promesso ad Amber ed Elhena che avrebbe fatto un salto in Sala per omaggiare l'impegno profuso, era perfino riuscita a rimediare un abito adatto e relativamente sobrio, eppure non riusciva a decidersi a muovere un passo. C'erano momenti, come quello, in cui uscire e circondarsi di persone era ancora più arduo; allo stesso tempo tuttavia, sapeva con limpida chiarezza che non sarebbe stata in grado di affrontare la quiete e la solitudine che pensava di agognare.
Persino adesso stava trattenendo l'impulso di urlare, fracassare quello specchio, produrre rumore; tutto per coprire quell'odioso silenzio. In realtà non era neanche quello il problema, non il silenzio bensì quello che scopriva, quello che si celava al di sotto, annidato dietro la sua fronte, dietro le palpebre, pressante ed ingombrante, un nugolo di voci: le voci dei suoi dubbi, delle sue remore, ricordi e sensazioni passati; la disarmante consapevolezza di essere inerme, la sconfortante certezza che se quella sera fosse andato storto qualcosa, la maschera – solitamente ferma e irremovibile – avrebbe ceduto sotto i colpi nemici.
"Quindi sì, forse lasciare che la maschera sostituisca il mio volto è la soluzione migliore", così aveva detto precisamente un anno addietro e il proposito non era cambiato, si era solo fatto maledettamente difficile.
Avvertì un doloroso spasmo alle dita e solo allora si accorse di quanto livide fossero le nocche e di quanta forza stesse imprimendo in quella stretta; con un notevole sforzo di volontà staccò le dita una a una dal bordo del lavandino, aprì e chiuse i pugni un paio di volte ed aprì il rubinetto. Ignorando i brividi di freddo, infilò la testa sotto il getto d'acqua gelato.
Quando uscì dal bagno, la figura riflessa nello specchio – distorta dalla miriade di incrinature – era ormai quasi irriconoscibile.

Non fece in tempo a vedere la Lynch prima che uscisse dal dormitorio, in un impeto di panico assoluto stava giusto per chiederle di passare una serata alternativa, ma il rumore della porta che si chiudeva la informò che fosse tardi. Ora che il suo unico appoggio si era volatilizzato, la voglia di disertare diventava ulteriormente allettante.
*Dopo la fatica fatta per intrecciare i capelli?* Fu allora che un luccichio sospetto catturò la sua attenzione. Sul pavimento, appena oltre l'ingresso della Sala Comune, trovò un grazioso braccialetto che non le apparteneva; scrutò le piccole pietre colorate prima di guardarsi intorno e vedere se ci fosse qualcuno nei paraggi.
«È appena passata una ragazza dai capelli rosso fuoco.» La Alistine volse lo sguardo verso il quadro che aveva appena parlato, accennando un grazie. «Glielo renderò.» Doveva averlo perso Eloise, i tempi corrispondevano – almeno nella sua testa. L'avrebbe raggiunta, le avrebbe reso il bracciale e magari l'avrebbe convinta a fare gli angeli nella neve. *Tanto conciata così, il freddo non lo patisci.* E se anche lo avesse sofferto, sarebbe stato un piacevole rimpiazzo alla confusione che provava.
Non poteva rimanere sola un minuto di più. Percorse i sotterranei quasi correndo, per quanto il vestito glielo potesse permettere, spinta dall'innaturale necessità di ubriacarsi di persone, di affogare in quell'oceano di parole che con un poco di fortuna avrebbe messo a tacere i suoi rumorosi pensieri.
Gli addobbi della sala da ballo la colpirono come un pugno nello stomaco, sembrava davvero di esser catapultati nella Russia d'un secolo addietro, nell'ultimo glorioso capitolo della nobiltà prima della rivolta.
Si era sbagliata, non poteva affrontarlo, era semplicemente troppo. Accennò un passo indietro, ma venne spinta nuovamente dentro dal flusso continuo di gente e non le rimase altro da fare che cercare tra la folla la chioma rosseggiante di Eloise.
*Dove sei?*
Non appena l'ebbe individuata, la Alistine la raggiunse a passo di marcia (sempre nei limiti del possibile).
«Sei qui.» Non aveva pianificato di arpionarle il braccio in maniera così disperata (o forse era solo la sua percezione amplificata?), ma non appena si rese conto di quella "falla" tentò di darsi un contegno. «Io... ti ho riportato questo.» Serrando la mascella per impedirsi di parlare a vanvera, la Tassina lasciò penzolare davanti agli occhi dell'amica il braccialetto. «L'ho trovato davanti all'ingresso della Sala Comune.» Ripensandoci, impegnarsi a far uscire le parole con un tono di voce modulato, e non stridulo o ansioso, l'aiutava a distendere i nervi e schiarire la mente. Certo, la possibilità che quel gioiello in realtà non appartenesse alla compagna non l'aveva ancora sfiorata minimamente.


[Outfit] Come promesso, Niah si avvicina ad Eloise. Hai campo libero sul braccialetto (che ho bellamente inventato).


Edited by Mistake - 6/1/2017, 10:46
 
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