| ♦ Horus R. Sekhmeth ♦ Outfit ♦ll punto è che adorava guardarla. Non con malizia, non con l’intento di metterla a disagio, non per studiarla. Semplicemente, amava guardare lei, i suoi piccoli gesti, le sue torture interiori che si manifestavano nei denti che catturavano il labbro, mordicchiandolo per chissà quale tensione che la tormentava. Adorava vederla muoversi, distinguendosi tra la folla per il suo orgoglio e il cipiglio fiero che le si dipingeva negli occhi quando camminava nei corridoi. E amava vedere quel contrasto che l’ammantava quando era con lui, quella fragilità che solo a piccoli sprazzi, gli concedeva di catturare con gli occhi. Era per questo che si sentiva fortunato: non solo per la proverbiale bellezza che la contraddistingueva, ma perché a lui solo era permesso vedere di lei ciò che gli occhi altrui non potevano cogliere. Senza volerlo, le sorrise, trattenendo la sua mano nella propria ancora qualche istante. Dietro di sé, il via vai degli studenti diretti al Ballo continuava indisturbato, ma Horus non vi prestò attenzione. Era ormai più o meno risaputo che loro due stavano insieme e, in fin dei conti, a chi interessava? Il Castello vedeva il formarsi (ed il declino) di decine di coppie e per quanto la sua riservatezza fosse importante, ad Horus non interessava nulla se quella sera qualcuno poteva vedere “Il Caposcuola Serpeverde e quello Tassorosso abbracciarsi nei corridoi”. Non erano affari di nessuno, se non loro.« Un’innocua Serpe? » Esordì quindi in risposta, spezzando quel momento di stasi di cui, lui stesso, aveva voluto circondarsi, portandosi divertito una mano a censurare il sorriso divertito che si apriva senza ritegno sulle sue labbra sottili. « Non ne sarei così sicuro. Nemmeno il Tassino scemo a quanto pare. » Le sussurrò, avvicinando il viso al suo orecchio, scoprendo i denti in un piccolo ghigno. Se solo Emily avesse saputo che regalo lui aveva pensato per lei, avrebbe riso di gusto a sua volta. Del resto, sapevano entrambi quali erano i loro ruoli, che volti c’erano dietro le maschere: non erano più boccioli delicati, protetti sotto una campana di vetro. Loro, quella campana, l’avevano infranta con il crescere dei loro rovi. Eppure in Emily Horus lo sapeva, c’era ancora quel bocciolo, nascosto fra le spine, ed i suoi petali, quando il sole li colpiva, brillavano della rugiada che li aveva bagnati. Si raddrizzò, piegando quindi il capo con curiosità quando lei gli porse un pacchetto.« Uh? » *Di già lo scambio dei regali?* Si ritrovò sorpreso, ma allungò automaticamente la mano per prendere l’involucro di carta blu notte. Fu lì lì per rigirarselo fra le mani, ma quando lei lo avvertì della fragilità del contenuto, si trattenne e sorrise imbarazzato a sua volta. Emily lo guardava con un’espressione che sembrava volergli dire “aprilo e non pensiamoci più ti prego è stato un parto”. Non poté trattenersi dal ridacchiare, scartando con attenzione la carta.« Ti dirò, hai fatto bene. L’ultima volta quell’Elfa mi ha fatto prendere un colpo. Non è un gran bello spettacolo ritrovarsela appena svegli, ho rischiato di tirarle una lampada in faccia. » Disse, scuotendo di riflesso il capo al ricordo dell’accaduto, anche se poi, dovette ammettere, era stato contento che lei non avesse visto la sua faccia gongolante una volta aperti i pacchetti. Finalmente riuscì a staccare il Magiscotch dal foglio senza rovinarlo e quando la carta si schiuse, un po’ come un fiore, rivelò al suo interno un piccolo ciondolo. Una pietra verde palude era racchiusa in una delicata gabbia dorata, i cui motivi circolari proteggevano il vetro del cristallo, preservandola da una rottura accidentale. La luce delle candele che li attorniavano fecero rilucere la piccola gemma ed Horus la guardò affascinato dalla sua bellezza. Quella pietra ed il suo tipico colore gli ricordarono le acque del Lago Nero, la notte in cui aveva incontrato Emily la prima volta: insondabile, a tratti cupo, ma sotto la luce della Luna era di una tonalità così intensa e limpida in grado da ipnotizzarlo e fargli desiderare di baciare quelle acque. Sentì le guance tingersi, ma non vi badò e solo poco dopo si accorse dell’etichetta e, leggendone il nome, incurvò le labbra in un sorriso enigmatico. Alzò quindi gli occhi su di lei, osservandola in attesa. « È il tuo cuore questo? Sei una Banshee? » Sussurrò, proteggendo il ciondolo nella carta e stringendolo al petto. « Grazie
» Aggiunse, allungando la mano libera e carezzandole la guancia imporporata. Era strano vederla con tutto quel trucco addosso, ma gli piaceva, terribilmente. Avrebbe voluto baciarla ancora, ma si trattenne con non poca fatica. Indugiò ancora un po’ sulla sua pelle calda, poi ritrasse la mano.« Non voglio che si rompa per nessun motivo. Se questo è il tuo cuore
» *Lo custodirò bene.* «
manterrò il segreto. Nessuno saprà che ne hai uno! » La punzecchiò, deviando la rotta di quella confessione. Non voleva che il miele delle sue parole si appiccasse troppo ad entrambi e così, preferì smorzare l’imbarazzo e la felicità che gli aveva tinto di rosso gli zigomi. Ma era un errore sentirsi così, per la prima, vera volta? Ebbe paura della risposta e, deglutendo, quella risposta morì.« Vado a metterlo al sicuro in stanza. Torno subito! » E con uno svolazzo del lungo mantello, Horus si voltò, rientrando nella Sala Comune. Durante il tragitto, paranoie dimenticate, gli scappò ridere, spaventando un poveretto che stava attraversando il Dormitorio. Rideva perché in fondo era felice, perché amava quel regalo e amava quella premura, amava il fatto che lei l’avesse aspettato davanti la Sala Comune per donarglielo, ma soprattutto amava come loro due fossero in risonanza. In camera, tolse la carta e adagiò il Cuore nel fazzoletto di velluto che tempo fa aveva trovato in un’avventura in Sala Comune. Aveva sempre ritenuto quel pezzo di stoffa un portafortuna non indifferente, ed ora il suo compito sarebbe stato quello di preservare il regalo di Emily. Aprì il cassetto del comodino e posò entrambi su un piccolo ripiano, cosicché ogni volta lo avesse aperto, il Cuore avrebbe brillato dei riverberi della candela sul mobile. Lo richiuse e prima di andarsene diede una veloce occhiata alla Rosa bianca, regalo del precedente Natale. Con un ultimo sorriso, chiuse la porta e tornò da Lei. « Mi sono dimenticato di dirti che dovrai aspettare ancora un po’ per il tuo regalo. Non posso dartelo qui, davanti a tutti. » Si accorse solo alla fine delle sue parole dell’ambiguità della frase, quindi, portandosi la mano nervosamente alla nuca, si guardò intorno, poi tornò a fissarla. « CIOE’. Non è niente di strano. Oddio forse un po’ sì, ma insomma, c’è troppa gente qua, poi si fanno due domande, anche se in fondo non c’è mica niente di strano. O forse sì? Ahahahah. » Ridacchiò nervoso, poi si fece serio, una smorfia di disperazione dipinta sul volto. «
Pietà. » Gemette, portandosi una mano sul viso a celare il rossore. Oh, diamine, imprecò contro se stesso: non potevi scegliere qualcosa di più carino e appropriato? Un gioiello, un vestito, una borsetta. Ma le borsette Emily le porta? No no, non mi sembra affatto il tipo, piuttosto qualche tasca da agganciare alla cintura o alla gamba.
Seh, una borsetta, perché non un cappellino allora e
* BASTA RA.* « A-andiamo? » Le propose, offrendole il braccio, cercando di scrollarsi di dosso il senso di indecisione che provava. Raggiungere la Sala da Ballo opportunamente agghindata non fu difficile, ma fu più complesso del previsto evitare che gli altri partecipanti li sorpassassero senza calpestare i loro strascichi. Horus guardò male un paio di loro, due ragazzetti messi male in arnese, e si trattenne dal fare qualche commento acido al riguardo. Piuttosto, ad ogni passo cercava di pensare al modo in cui avrebbe potuto consegnare ad Emily il regalo. Doveva trovare un posto tranquillo, dove poterle anche spiegare della scelta, ma solo quando arrivò alle porte della Sala si rese conto che quel pensiero cominciava a farsi troppo pesante. Decise di relegarlo in uno scompartimento della mente e confidò che il momento giusto sarebbe arrivato. La musica proveniva dalla festa già iniziata e si mescolava al vociare degli studenti che si affollavano e una volta che lui e la Serpina furono entrati, furono accolti dallo sfarzo russo dei tempi andati. Horus non poté fare a meno di sollevare le sopracciglia in un segno di sorpresa, incapace di riuscire a trattenere le iridi solo su un punto. Ovunque l’oro regnava sovrano, nei soffitti, nelle colonne, nei ricami delle tende, nelle tovaglie e nei richiami delle sedie che qui e là, insieme a dei tavolini, costeggiavano l’angolo del buffet. C’era già molta gente sulla pista, chi vestito in tema, chi invece aveva deciso per qualcosa di più ordinario, ma tutto era meravigliosamente agghindato. Sapeva che la co-gestione del Ballo era stato affidato al Florian e Horus ebbe il sospetto che lo zampino di Amber avesse reso quella scenografia impeccabile. * Brava Tassina.* Pensò, entrando nella Sala, evitando accuratamente le zone piene di folla e rinunciando a trovare qualche volto conosciuto: non gli importava granché. « Vuoi qualcosa da be
» Oltre la figura di Emily, qualche metro più in là, intenta a parlare con un uomo sconosciuto, Horus riconobbe il volto di Urania. Indossava un abito nero che riproduceva il cielo stellato e la sua eleganza dichiarava a gradi lettere che non era lì per una toccata e fuga. La voce gli morì nella gola e il panico gli attanagliò lo stomaco. * OH CHE CAZZAROLA CI FA QUI?* Già, diamine ci faceva qui?, si chiese, censurando al volo la propria espressione attonita e voltandosi. Ti prego, si disse, fa’ che non mi veda. L’idea che potesse rivelare a qualcuno di averlo visto quasi ammazzare un poveraccio e minacciato lei stessa avrebbe maledettamente giovato alla sua copertura di studente ligio e onesto. * EHH.* « Sì, io ho un po’ di sete, andiamo a prendere qualcosa? » Si rivolse ad Emily: aveva notato il suo smarrimento? O era riuscito a censurarlo in tempo? In fondo quanti istanti aveva impiegato? Uno, due? Magari era distratta, sperò. Non voleva rovinarle la serata, si disse. Il loro ultimo ballo era stato drasticamente rovinato dalla presenza di Mya * Ci manca solo lei, ora.* e non aveva la minima intenzione di lasciare che qualcun altro rovinasse il loro ballo. A dirla tutta, non le aveva ancora spiegato perché si era comportato così, piombandole addosso e aggrappandosi a lei con disperazione. Lei, però, l’aveva stretto senza domande e a lui era bastato. Fanculo, lui non doveva scappare da nessuno, men che meno da una quasi sconosciuta.« No, anzi, prima... Emily, vuoi ballare con me? »Già, si domandò, mentre si portava di fronte la fanciulla e le offriva la mano conscio che forse lei avrebbe potuto rifiutare e/o storcere il naso a quelle indecisioni, era la prima volta che avrebbero ballato insieme sul serio e non voleva snaturare quel momento per niente al mondo. Quel pensiero cancellò il suo nervosismo ed il sorriso che affiorò sulle sue labbra fu sincero. Al diavolo tutti gli altri. Edited by Horus Sekhmeth - 9/1/2017, 15:40
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