Gran Ballo di Fine Anno, Alla Corte dello Zar

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view post Posted on 6/1/2017, 03:47
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Immobile, lo fissava e lui, nella penombra, fissava lei.
Quando l’entrata della Sala di Tosca si era aperta per la millesima volta, il cuore di Emily aveva perso l’ennesimo battito per poi restare delusa nel notare "solo" un bambinetto sgusciare fuori soffermandosi, come pietrificato, dinanzi al suo sguardo.
*Resta ferma, ignoralo e se ne andrà*, pensò paragonando la figura piccina ad un cagnolino molesto che non capiva se volesse saltarle dosso o addentarle un polpaccio.
Per tutta risposta, il bimbo mosse qualche passo incerto nella sua direzione e la Serpina, spingendosi impercettibilmente contro la parete (*Pussa via*) tentò di restituirgli uno sguardo severo. Cosa cercava di fare? Sul suo viso, illuminato dalle torce ardenti, poteva leggere incertezza e curiosità ma proprio mentre era sul punto di spiccicare una qualche parola per smuovere quella situazione di fastidioso disagio, il Tassino fece velocemente dietro-front, tornandosene di tutta fretta nella sua tana.

Ma che problemi hanno?, mormorò incrociando le braccia al petto con il pacchetto che scivolava delicatamente da sotto al gomito. Il broncio che si era allargato sul suo viso di bambina aveva accompagnato il sussurro rivolto ai sotterranei di nuovo assenti. Che si fosse offesa? Era davvero così… Spaventosa? Altrimenti, come spiegare la reazione di quel mostriciattolo?
Sbuffando tornò a fissare il soffitto di pietra umida e quando i barili si fecero nuovamente da parte per lasciar passare il centesimo Adepto giallo-nero, Emily nemmeno vi posò lo sguardo, indignata com’era.
Ciao Emily
Oh no, era stata riconosciuta, *...correre ai ripari! Fingiti arazzo!*
La tentazione di alzare un gomito davanti al viso e nascondervici fu alta ma riconoscendo la voce delicata e sbarazzina di Eloise, la Serpina fece capolino dall’angolo d’oscurità in cui aveva, invano, tentato di celarsi e le sorrise con una tranquillità che, in quel momento, non le apparteneva affatto.

Ciao a te, Eloise. Stai davvero ben—
Era la prima volta che notava la piccina “addobbata a festa” ed anche se non aveva fatto in tempo ad osservarne i dettagli, il semplice fatto di vederla vestita diversamente da ciò a cui era abituata (con la divisa della scuola o con abiti da battaglia coperti del fango di chissà quale continente peverelliano) attirò positivamente la sua attenzione. Eppure non aveva fatto in tempo a salutarla che già era sparita, portandosi con sé l’ultimo complimento.
*Eh vabeh, scappano tutti*, rifletté tornando alle sue fisime mentali, *Nemmeno avessi il marchio nero disegnato sulla fronte o Schiopodi pronti a balzar fuori dalla sottana*. Non che sperasse di restare lì a conversare col primo studente conosciuto in attesa di Horus, certo, ma per la prima volta Emily presenziava ad un Ballo con un abito che non la rendeva affatto sicura di sé e questo, insieme all’apparente fuga di chiunque posasse lo sguardo su di lei, non faceva altro che spingerla a desiderare il suo dormitorio, il suo pigiama ed il suo letto.
Tuttavia doveva restare; cosa avrebbe detto Horus se avesse saputo della sua presenza fuori dal Dormitorio dalle labbra dei tanti Tassorosso che facevano avanti ed indietro ignorandola o scappando via? Il guaio era stato fatto, la decisione (stupida) era stata presa, ora non doveva fare altro che pagarne le conseguenze.
Alzando gli occhi al cielo, imprecando contro se stessa tanto quanto contro il corpetto che iniziava a premerle sul petto agitato, tentò si ritrovare per l’ennesima volta la calma.
Tuttavia, una sonora quanto breve esclamazione giunse alle sue orecchie che divennero presto paonazze facendo pendant con gli alti zigomi colorati da un tenero rossore e ogni tentativo di controllarsi venne spazzato via come dalla più forte e celere tempesta della storia.
Ah.
Uh?
Le labbra si schiusero prima che il cervello potesse tornare in carreggiata e nell'esatto momento in cui le iridi argentee misero a fuoco la figura del giovane che sostava a pochi metri da lei, Emily trattenne il respiro. La prima cosa che notò fu la morbida fascia cremisi che gli cingeva il petto, unendosi poi col mantello che scendeva fluente sulla spalla destra. Risalendo lentamente con lo sguardo chiaro, si soffermò sulle rifiniture dorate che ricamavano il tessuto blu e quando il granito nei suoi occhi sfiorò il colletto alto che circondava il collo, raggiungendo le labbra dischiuse in un imbarazzato sorriso e gli zigomi alti che incorniciavano il suo niveo e perfetto volto, si ricordò di dover respirare.
Vedendolo incamminarsi nella sua direzione, Emily mosse qualche passo lontano dalla penombra in cui si era confinata, raggiungendo un piccolo spicchio di luce, a capo chino ed imbarazzato. Lasciò che le fiamme scoprissero la sua figura e solo quando Horus fu abbastanza vicino da udirne la voce pizzicarle le spalle nude, rialzò il capo vermiglio incrociando finalmente il suo sguardo.

Vostra Altezza.
Il tono di voce non tradì la pressione provata in quel momento, tanto meno l’imbarazzo. Le parole soavi, pronunciate con una dosata dolcezza, accompagnarono il sobrio inchino a cui Emily si piegò per rendere omaggio non solo ad Horus ma anche alla dannata fortuna che la fanciulla sapeva di avere in quel momento.
Mentre la sinistra reggeva il lembo di tessuto morbido e la schiena venne inarcata di poco in avanti lasciando che lunghi boccoli porpora le oscurassero le guance ardenti, la mente masochista della fanciulla venne attraversata dal ricordo felice – quanto molesto in quel preciso istante – del loro ultimo appuntamento e, come a renderla ancora più impacciata e distratta, dalle parole che si erano sussurrati aggrappati su quel promontorio lontano.
Tornando quanto più lentamente possibile ad una postura normale, Emily prese a torturarsi istintivamente il labbro inferiore; la frecciatina di Horus le fece tuttavia corrugare lo sguardo: non gli aveva appena elogiato come si confà ad un Imperatore?
Fortuna che lui non la pensasse in egual modo.
Con una presa delicata la distanza che li separava venne dolcemente annullata ed Emily si ritrovò a respirare contro il petto di lui, le spalle nude piacevolmente solleticate dalla morbida fascia cremisi e le labbra non più chiuse nell’abituale morsa dei suoi piccoli denti ma accarezzate con ardore da quelle di lui.
Con la sinistra libera accarezzò il nastro amaranto e nonostante la voglia di serrarlo nel palmo per stringersi ancora di più al suo corpo fosse forte, non cedette e non rischiò di rovinarlo.
Con un piccolo rimprovero negli occhi addolciti, abbandonò le braccia del ragazzo e si riportò alla realtà. Qualcuno (Thresy) era fuggito via, camminando oltre le loro figure unite ma Emily si rese conto che non le interessava; checché ne dicessero, di qualsiasi cosa parlassero nei corridoi o tra i banchi di scuola, lei ora aveva Horus e null’altro poteva avere maggiore importanza.

Ah ecco perché quel mostric… Quel primino mi ha fissato a lungo per poi scappare via. Non è colpa mia se si lasciano spaventare da un’innocua Serpe. Dovresti temprarli di più.
Asserì guardandolo di sottecchi, sbirciando il suo visto tra le folte ciglia cremisi tenendo il capo chino con l’espressione di chi finge pura innocenza.
Ad ogni modo, dovrai pur perdonarmi visto che sono qui per consegnarti questo.
Allungando la destra e accennando ad un passo indietro, Emily gli porse un pacchetto blu notte accompagnando il gesto con un leggero sorriso imbarazzato e l’espressione di chi ne ha passate davvero delle brutte per giungere a quel momento.
E' molto fragile, avevo timore di portarlo dietro, romperlo ma... Non volevo affidarne la consegna come le altre volte.
Ed involontariamente ammise - soprattutto a se stessa - che quel loro presenziare all'ennesimo evento scolastico, sarebbe stato in qualche modo diverso da tutti gli altri.


Cuore della Banshee (click)

[Il Cuore della Banshee conferisce controllo sulle emozioni essendo capace di istigarne. Può anche far provare dolore. Durata: un turno. Punti stat.: +5 Mana.]

Era perfetto fin dal principio








Edited by Emily Rose. - 7/1/2017, 06:12
 
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Audrey Halliwell
view post Posted on 6/1/2017, 19:23




Difficile a dirsi quanta percentuale differenziava la voglia di tornare in sala comune rispetto a quella di voler partecipare al ballo. Al momento sembravano giocarsela a pari merito, anche se, la maledetta ragione, le ricordava come partecipare ad un ballo senza cavaliere fosse estremamente triste. Magari, se fosse stata un ragazzo la questione non avrebbe poi avuto troppa importanza. Un ragazzo solo poteva benissimo abbordare una ragazza è convincerla a fargli da dama, al stesso modo non poteva essere il contrario. Presa dai suoi pensieri notò dopo, poco lontano da lei una figura famigliare che la salutava. Ci mise qualche istante a riconoscerlo, indugiando sull'indubbiamente originale completo dai colori cromatici che indossava. Dopo un breve istante di silenzio Accenno' un sorriso in direzione di Reginald osservando il suo modo di fare. Non sembrava particolarmente a suo agio. Ciò la fece riflettere su come forse anche lui si trovasse li per lo stesso motivo. Guardò al suo fianco cercando la possibile dama senza pero' individuarlo. Inarco' un sopracciglio sbuffando a seguito una breve risata. "Sai pare che ci sia un intera tavolata di dolci Fortebraccio." Fece indicando la tavolata sulla destra iniziando qualche passo. "Amo i dolci." sottolineò accarezzando il vestito come a volerlo lasciare da pieghe invisibili. Si domandava quanto ci avrebbe messo il ragazzino a capire che gli stava chiedendo di andare con lei. Sospirò alzò lo sguardo ed avvicinandoglisi lo avrebbe afferrato per la manica. "Vieni con me." avrebbe quindi detto intraprendendo una gloriosa marcia in direzione dei prelibati dolciumi.
Ammesso e concesso che non avesse opposto resistenza ovvio.
 
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view post Posted on 7/1/2017, 12:58
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La musica ben ritmata che vibrava nell’aria festosa e regale sembrava scandire ogni attimo di quella strana serata. Che poi strana forse lo era solo per lui, che aveva lasciato alle spalle quel tipo di feste insieme al proprio passato. E non sapeva se fosse l’oro scintillante ovunque ad ingannare i suoi occhi grigi che vedevano tutto più incantevole e affascinante. E bello, nel caso di Amber. Forse quell’atmosfera era riuscita a sciogliere la tempra di pietra che aveva caratterizzato l’Auror fino a qualche momento prima, regalandogli una Festa di Fine Anno degna del suo nome.
E se ciò comportava il dover fingersi un Pirata, andava bene lo stesso. Anzi, lo esaltava l’idea di quella piccola messa in scena che Amber aveva giocosamente aiutato a mettere in piedi. Ai termini “non permesso”, “sconveniente” e “pericoloso” il giovane uomo scosse leggermente la testa mentre il suo ghigno storto non riusciva ad abbandonare le sue vesti di furbizia. La frase pronunciata da quella voce femminile che ormai avrebbe riconosciuto tra molte altre si tradusse in una sola parola: “proibito”. Cosa da non dire mai a Killian Resween a meno che non si è pronti ad accettarne le conseguenze. Rimase in silenzio, mentre le nuvole dei suoi occhi sembrarono aprirsi come in una giornata di sole: non pensava di potersi divertire così tanto in un ballo di gala studentesco. Ma il colpo di grazia che la dama gli infierì fu quella domanda così diretta e impertinente che mai avrebbe pensato potesse essere pronunciata da quelle labbra. Il ventiquattrenne rimase quasi sconvolto da tutta quella iniziativa e le sue sopracciglia folte si levarono sulla fronte mostrando tutta la sua sorpresa. Avrebbe voluto porgerle un’altra domanda in risposta, ovvero da dove nasceva tutta quella spigliatezza, ma decise che reggere il gioco sarebbe stato più divertente. Che avesse risposto si o no al fatto di avere cattive intenzioni o meno, sarebbe stato ugualmente poco credibile e così fece quello che gli riusciva meglio in quei casi: mantenere il mist
ero.

“Credo che tu ed io abbiamo due concezioni diverse di “cattive intenzioni”, non trovi?”

Ed era incredibilmente vero, forse non solo nella dicotomia Pirata-Principessa. In effetti fingersi quelle due figure così diverse in un rapporto da mantenere segreto in tacito accordo non si discostava tanto dalla realtà che riguardava Killian e Amber. Era come se stringessero un nuovo patto per la serata, nelle vesti (figurate e concrete) di personalità così caratteristiche che sembravano essergli state cucite addosso perfettamente. E loro le impersonavano bene, non c’era che dire. Si sentì rassicurare circa la protezione dei suoi segreti e questo lo fece ridacchiare sotto i baffi per l’improvviso rovesciamento della situazione: era lei ora ad aver preso le redini dell’incontro mostrando la sicurezza che di solito caratterizzava Killian. Al mago non dispiaceva farsi da parte in quell’occasione, era un modo delizioso di vedere fino a dove la piccola Tassorosso era in grado di spingersi e di sorprenderlo con i lati del suo carattere che fin ora non aveva avuto modo di svelare.
Il suo sguardo la seguì in ogni suo gesto posato mentre finiva la bevanda offertale e congedava il bicchiere posandolo sul tavolo lì dietro. L’Auror colse anche il suo abbracciare con occhi lucidi l’intera sala e lo paralizzò una constatazione che mai aveva preso in esame. E se fosse stata accompagnata e quello sguardo sfuggito dal suo ricercasse il proprio cavaliere? Non era una cosa da escludersi, proprio no. E lui era stato decisamente stupido a non averci pensato prima, ma l’impeto di raggiungerla e la soppressione di tutti i dubbi aveva decisamente giocato un ruolo fondamentale in quella mancanza. Il suo sorriso comunque non lo abbandonò, anche se si fece un po’ meno vispo come se dovesse rinunciare a qualcosa su cui aveva già fatto progetti. Sapeva cosa fare e con finta non curanza all’improvviso si lanciò in una domanda per risolvere la questione spinosa.


“C’è da qualche parte il tuo accompagnatore che potrebbe affatturarmi? Sarebbe un’informazione preziosa dato che ho intenzione di rapirti per un ballo”

Secco e determinato come riusciva ad essere lui che lanciava bombe con la stessa tranquillità che se si trattasse di fiori. Beh, gli era sembrata la miglior soluzione in qualunque caso: se davvero c’era un lui, aveva senza dubbio il diritto di reclamare la sua accompagnatrice, ma avrebbe dovuto accettare per forza un loro giro di valzer. Se invece la sua presenza non aveva soppiantato nessun’altra figura maschile, allora avrebbe accelerato solo i tempi di qualcosa che prima o poi sarebbe successo. Sapeva ballare, ma non lo entusiasmava più di tanto e per questo non poteva considerarsi un ballerino provetto. Ma il fatto che ne avesse realmente voglia era una consapevolezza che lo lanciava sulla pista da ballo senza alcun ripensamento.

Sapeva che la Principessa non avrebbe rifiutato. Non poteva. Aveva detto rapire, non chiedere. Avrebbe usato tutta la forza che uno dei suoi sguardi convincenti e il più scaltro dei suoi sorrisi potevano sprigionare.




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Abito

 
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view post Posted on 7/1/2017, 19:11
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Lucas A. Moray






Fortunatamente la mia compagna non sembrava arrabbiata del mio ritardo, anzi ci tenne a giustificarmi. La cosa mi rasserenò non poco e con queste condizioni la serata poté iniziare con il piede giusto. Porsi il braccio a Violet che vi si appoggiò e con passo moderato entrammo in sala. Una senso di meraviglia fu la prima cosa che mi pervase; c'erano decorazioni ovunque, infissi dorati diamanti e gemme ad ogni angolo della sala, enormi lampadari anch'essi cosparsi di oro e pietre preziose. La festa era in ricordo e a tema dello Zar di Russia che di certo aveva stile. Se questa che era soltanto una festa a tema non osai immaginare come fossero addobbate le stanze dello Zar ai suoi tempi. C'erano inoltre infinite tavolate piene di prelibatezze e uno goloso come me non poteva non notarle. A sinistra ci doveva essere il salato e a destra distese idilliache di dolci. Per di più tutto il salato era gratis e a completa disposizione degli invitati e lo era anche la prima porzione di dolce della serata. Probabilmente non era mai stato così bello essere un invitato!

*Adesso le chiedo se vuole mangiare qualcosa prima di iniziare a ballare* pensai, ma fui distratto dal passaggio di Oliver, uno dei miei pochi amici lì ad Hogwarts, non perché fossi antipatico, sia chiaro, ma perché ero lì da pochi mesi e la timidezza iniziale mi aveva impedito di stringere tante amicizie. Anche se con il passare del tempo anche io mi stavo ambientando lì ad Hogwarts, d'altronde sarebbe stata la mia seconda casa per molti anni e non poteva che essere così.

Ehilà Oliver, quanta eleganza!

Anche Violet, che probabilmente lo conosceva da molto tempo prima di me, salutò Oliver con la mano.
Terminato il tempo dei saluti era ora di mangiare qualcosina. Prima però che potessi inoltrare la mia proposta, Violet mi anticipò chiedendomi esattamente ciò che avevo pensato poco prima.

Ma certo! Anche io ho una certa fame e stavo proprio per chiedertelo.

A quanto pare c'era feeling tra noi due ed entrambi avevamo una certa fame anche se non poteva essere altrimenti con un banchetto del genere.

Ehm...dunque Violet, iniziamo dal salato? Dovrebbe essere la tavolata alla nostra sinistra.

Sperando che anche lei volesse iniziare dal salato, iniziai a scrutare il tavolo a sinistra che sembrava far da base a tantissime leccornie. Da lontano non si vedeva granché, ma i colori vivaci lasciavano intuire qualcosa di gustoso.

 
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view post Posted on 7/1/2017, 23:10
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Era rimasto dieci minuti buoni ad osservare il lampadario con concentrazione.
Non c’era un motivo preciso in quella azione, tantomeno un’idea di scherzo in atto. Era rimasto lì, incantato, ad osservare quelle mille luci illuminare la sala senza pensare a nulla.
Che si fosse impazzito? Che avesse paura che la gonna gli rimanesse impigliata da qualche parte? Non proprio, si era messo in standby e basta.
Toccandosi la barba con fare pensieroso, sentendosi almeno per un secondo un’illustre uomo di Affari Magici, sobbalzò non appena sentì una voce squillante provenire da dietro le sue spalle.


* Ma che diavolo..*

Pensò tra se e se, cercando di individuare la fonte di quel rumore che per poco non gli aveva fatto rischiare di perdere quello sciarpone lungo la sala.
Girandosi di scatto, sentendo la gonna sollevarsi in maniera vertiginosa, si poggiò le mani sulle gambe per fermare quel pazzesco fenomeno di denudazione.


-Ciao Eloise! Come va?-

Cercando di mostrare un sorriso sghembo al di sotto della finta peluria, osservò la ragazza divertito per poi risponderle:

-Ho la gonna e mi sento molto stupido. -

Furono poche parole, semplici e lineari, che servirono alla giovane per capire la situazione di crisi nella quale verteva.
L’anno prima a quella stessa festa natalizia si erano messi a discutere sul se fosse giusto o meno schiavizzare gli elfi domestici, quell’anno di che cosa avrebbero parlato?
Non appena notò il vestito della giovane, la quale era impossibile da non riconoscere con tutto quell’oro sulla pelle, effettuò un profondo inchino quasi ad arrivare con il naso alle ginocchia.


-Mi perdoni, non sapevo che stessi parlando con una vera e propria principessa. Anche lei qui da sol…? -

Proprio mentre stava per completare la domanda, una ragazza a lui familiare si avvicinò alla piccola garzona dei Tiri Vispi per porgergli un bracciale.

-Ciao Nia. -

Poche parole uscirono a forza dalla bocca del ragazzo, il quale rimase ad osservare la prefetta che non riusciva dannatamente a dimenticare.
Un battito, due battiti. Il cuore aveva di nuovo ricominciato a pulsare, il sangue a fluire nel cervello, mentre gli occhi continuavano a bearsi di quella giovane studentessa.
Sorridendo in maniera poco intelligente, forse proprio perché l’intelligenza gli era stata estirpata a calci dai suoi sentimenti sepolti, osservò il vestito della nuova arrivata per poi farsi mille domande.
Doveva fargli un complimento? Doveva cercare di parlarle ancora?
Non sapeva cosa fare il ragazzo, il quale fino a pochi secondi prima era stato un’ameba che osservava un lampadario di lusso.
Respirò velocemente un paio di volte, quindi il complimento rimase bloccato in gola, voglioso di uscire ma tutelato da una razionalità che molte volte gli faceva da scudo per non soffrire.
Oramai si trovava in quella situazione che non aveva voluto, ma che non gli dispiaceva. Avrebbe giocato? Probabilmente si.
Sicuramente tutto era meglio di guardare i lampadari.


 
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view post Posted on 8/1/2017, 01:42
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Alla fine si era decisa ad entrare. La Sala era stata addobbata con cura, enormi lampadari pendevano dal soffitto che per l'occasione era stato trasformato in uno specchio. Guardando il soffitto si poteva vedere l'intera sala da ballo.
Ovunque posasse gli occhi vedeva gente intenta in conversazioni. Ma la sua si preannunciava una serata noiosa, fatta per lo più di silenzi e ricordi.
Aveva adocchiato da lontano il tavolo dei dolci e, con nonchalance, si diresse verso di esso.

*Sia lode a chi ha inventato il buffet*
Pan pepato, ciambelle, dolci dai nomi impronunciabili ma dall'aspetto decisamente appetitoso erano disposti su quel tavolo.
Dal momento che, con molta probabilità, sarebbe rimasta da sola per tutta la serata, tanto valeva buttarsi in quel bendidio e affogare i dispiaceri negli zuccheri.
Iniziò con una ciambella al caramello...




 
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view post Posted on 8/1/2017, 18:43
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Prefetto Tassorosso ♦ Dress

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Ancora non riusciva a spiegarsi da dove fosse uscito quello slancio di puro coraggio. Per una volta però non rimpiangeva quanto detto. In cuor suo sentiva di volersi realmente accertare della buona fede del suo "cavaliere". L'idea che in qualche modo potesse nuocerle aveva sempre alimentato una piccola fiammella, ma niente di troppo preoccupante.. era solo il suo subconscio che voleva prepararla a qualcosa per cui non si era mai sentita pronta. Almeno fino ad allora. La sorpresa riflessa nel volto di Killian la lusingò un po', perché erano rare le volte in cui era lei a lasciarlo almeno un istante senza parole. Ma nemmeno quell'imprevisto lo colse totalmente alla sprovvista, perché trovò comunque un suo modo per risponderle. Lo sguardo della Tassina si fece serio, in quella che poteva sembrare una battuta c'era della verità. Loro aveva un modo diverso di concepire il pericolo, però quello che riusciva a percepire era che niente in quello strano duetto fosse totalmente sicuro..ed era il motivo per cui lei inconsciamente non aveva avuto alcuno stimolo a fuggire. Erano tante le domande che entrambi avrebbero dovuto porsi a vicenda, ma sembrava che con gli occhi avessero siglato un tacito accordo. Quella notte non erano solo Killian ed Amber, erano qualcosa di complesso che in qualche modo trovava l'incastro perfetto anche in un ambiente generalmente poco ospitale. «Possibile..» si limitò a rispondere, volendo lasciare anche lei un piccolo alone di mistero. E lui? Avrebbe voluto sapere se lo considerava ancora un individuo potenzialmente pericoloso? La risposta di certo non sarebbe stata facile, ma niente lo era da quando era al mondo. In verità erano tante le cose che lui ancora non sapeva e non riguardavano solo la missione che avevano in comune. Alzò appena gli occhi al cielo nel rispondergli, come a volergli concedere quella domanda che aveva sostituito la risposta. Cosa avrebbe voluto sentirsi dire? Non lo sapeva nemmeno lei, forse non avrebbe creduto ad un "no" o un "si" così netti.. perché aveva anche imparato che niente era solo bianco o nero, c'era una grande e vasta scala di grigi, nel mezzo. "Grigio nubi di Londra".

L'attesa di quell'implicita domanda, che da manuale avrebbe dovuto porre Killian, stava rendendo sempre meno facile mantenere uno sguardo saldo. E quando la fece, con un giro di parole degno di lui, Amber si trovò impreparata. L'aveva attesa e - non lo avrebbe mai ammesso - anche sognata, un paio di volte.. forse tre. Ma la realtà superava la sua fantasia di un bel po'. Il suo cuore ebbe un tuffo mentre lo sguardo appena più spento del Pirata tornava su di lei. Sentì le gambe iniziare appena a cedere, ed era certa che se non si fosse trattato di lui, avrebbe preso il via verso il portone d'ingresso di gran carriera. Ma davanti aveva forse l'unico che sarebbe realmente stato in grado di trascinarla in pista. O meglio " Rapirla" per usare proprio un suo termine, un termine che lei non avrebbe dimenticato tanto facilmente. La biondina distolse lo sguardo, incapace di mentire. Non voleva realmente dirgli una menzogna, non avrebbe mai potuto sarebbe stato controproducente, ma voleva vedere fin dove l'interesse per un ballo poteva spingerlo.
«Oh.. in verità» iniziò a dire, assumendo un tono quasi greve, per poi alzare di nuovo lo sguardo verso di lui e mostrargli un lieve sorriso. Il solo fatto che potesse anche solo esserci della realtà in quella preoccupazione, le scaldò il cuore. Non lo avrebbe mai ammesso ma l'idea di averlo come accompagnatore rientrava davvero nella più rosea delle sue aspettative, che per altro le era sembrata anche la meno realistica. Finché non se lo era trovato davanti. Scosse appena il capo prima di rispondergli per le rime, lasciando che il sorriso si ravvivasse naturalmente . « Spero che tu sappia ballare, Pirata.» Una sfida, aveva risposto con una sfida. Sapeva di non avergli detto in realtà se aveva un accompagnatore o no, ma gli aveva detto che voleva ballare con lui e che probabilmente non avrebbe opposto resistenza a quel rapimento. Più avanti avrebbe specificato meglio, perché il desiderio di non rendere un ministero la sua inesistente vita sentimentale era reale. C'era sempre quella parte di lei che aveva iniziato ad immaginare che potesse esserci qualcosa di più tra loro due, più di un semplice rapporto di "lavoro", più di un'amicizia. Non voleva sopprimerla, ma nemmeno alimentarla senza ragione.. però di razionale non c'era quasi nulla.
Fu tentata di allungare una mano verso l'Auror, ma non lo fece.
Aveva detto di volerla rapire, no?


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view post Posted on 9/1/2017, 13:10
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Horus R. SekhmethOutfit


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ll punto è che adorava guardarla.
Non con malizia, non con l’intento di metterla a disagio, non per studiarla. Semplicemente, amava guardare lei, i suoi piccoli gesti, le sue torture interiori che si manifestavano nei denti che catturavano il labbro, mordicchiandolo per chissà quale tensione che la tormentava. Adorava vederla muoversi, distinguendosi tra la folla per il suo orgoglio e il cipiglio fiero che le si dipingeva negli occhi quando camminava nei corridoi. E amava vedere quel contrasto che l’ammantava quando era con lui, quella fragilità che solo a piccoli sprazzi, gli concedeva di catturare con gli occhi. Era per questo che si sentiva fortunato: non solo per la proverbiale bellezza che la contraddistingueva, ma perché a lui solo era permesso vedere di lei ciò che gli occhi altrui non potevano cogliere. Senza volerlo, le sorrise, trattenendo la sua mano nella propria ancora qualche istante. Dietro di sé, il via vai degli studenti diretti al Ballo continuava indisturbato, ma Horus non vi prestò attenzione. Era ormai più o meno risaputo che loro due stavano insieme e, in fin dei conti, a chi interessava? Il Castello vedeva il formarsi (ed il declino) di decine di coppie e per quanto la sua riservatezza fosse importante, ad Horus non interessava nulla se quella sera qualcuno poteva vedere “Il Caposcuola Serpeverde e quello Tassorosso abbracciarsi nei corridoi”. Non erano affari di nessuno, se non loro.

« Un’innocua Serpe? » Esordì quindi in risposta, spezzando quel momento di stasi di cui, lui stesso, aveva voluto circondarsi, portandosi divertito una mano a censurare il sorriso divertito che si apriva senza ritegno sulle sue labbra sottili. « Non ne sarei così sicuro. Nemmeno il Tassino scemo a quanto pare. » Le sussurrò, avvicinando il viso al suo orecchio, scoprendo i denti in un piccolo ghigno. Se solo Emily avesse saputo che regalo lui aveva pensato per lei, avrebbe riso di gusto a sua volta. Del resto, sapevano entrambi quali erano i loro ruoli, che volti c’erano dietro le maschere: non erano più boccioli delicati, protetti sotto una campana di vetro. Loro, quella campana, l’avevano infranta con il crescere dei loro rovi. Eppure in Emily —Horus lo sapeva—, c’era ancora quel bocciolo, nascosto fra le spine, ed i suoi petali, quando il sole li colpiva, brillavano della rugiada che li aveva bagnati.
Si raddrizzò, piegando quindi il capo con curiosità quando lei gli porse un pacchetto.

« Uh? » *Di già lo scambio dei regali?* Si ritrovò sorpreso, ma allungò automaticamente la mano per prendere l’involucro di carta blu notte. Fu lì lì per rigirarselo fra le mani, ma quando lei lo avvertì della fragilità del contenuto, si trattenne e sorrise imbarazzato a sua volta. Emily lo guardava con un’espressione che sembrava volergli dire “aprilo e non pensiamoci più ti prego è stato un parto”. Non poté trattenersi dal ridacchiare, scartando con attenzione la carta.
« Ti dirò, hai fatto bene. L’ultima volta quell’Elfa mi ha fatto prendere un colpo. Non è un gran bello spettacolo ritrovarsela appena svegli, ho rischiato di tirarle una lampada in faccia. » Disse, scuotendo di riflesso il capo al ricordo dell’accaduto, anche se poi, dovette ammettere, era stato contento che lei non avesse visto la sua faccia gongolante una volta aperti i pacchetti. Finalmente riuscì a staccare il Magiscotch dal foglio senza rovinarlo e quando la carta si schiuse, un po’ come un fiore, rivelò al suo interno un piccolo ciondolo. Una pietra verde palude era racchiusa in una delicata gabbia dorata, i cui motivi circolari proteggevano il vetro del cristallo, preservandola da una rottura accidentale. La luce delle candele che li attorniavano fecero rilucere la piccola gemma ed Horus la guardò affascinato dalla sua bellezza. Quella pietra ed il suo tipico colore gli ricordarono le acque del Lago Nero, la notte in cui aveva incontrato Emily la prima volta: insondabile, a tratti cupo, ma sotto la luce della Luna era di una tonalità così intensa e limpida in grado da ipnotizzarlo e fargli desiderare di baciare quelle acque. Sentì le guance tingersi, ma non vi badò e solo poco dopo si accorse dell’etichetta e, leggendone il nome, incurvò le labbra in un sorriso enigmatico. Alzò quindi gli occhi su di lei, osservandola in attesa.
« È il tuo cuore questo? Sei una Banshee? » Sussurrò, proteggendo il ciondolo nella carta e stringendolo al petto. « Grazie… » Aggiunse, allungando la mano libera e carezzandole la guancia imporporata. Era strano vederla con tutto quel trucco addosso, ma gli piaceva, terribilmente. Avrebbe voluto baciarla ancora, ma si trattenne —con non poca fatica. Indugiò ancora un po’ sulla sua pelle calda, poi ritrasse la mano.
« Non voglio che si rompa per nessun motivo. Se questo è il tuo cuore… » *Lo custodirò bene.* « … manterrò il segreto. Nessuno saprà che ne hai uno! » La punzecchiò, deviando la rotta di quella confessione. Non voleva che il miele delle sue parole si appiccasse troppo ad entrambi e così, preferì smorzare l’imbarazzo e la felicità che gli aveva tinto di rosso gli zigomi. Ma era un errore sentirsi così, per la prima, vera volta?
Ebbe paura della risposta e, deglutendo, quella risposta morì.

« Vado a metterlo al sicuro in stanza. Torno subito! » E con uno svolazzo del lungo mantello, Horus si voltò, rientrando nella Sala Comune. Durante il tragitto, paranoie dimenticate, gli scappò ridere, spaventando un poveretto che stava attraversando il Dormitorio.
Rideva perché in fondo era felice, perché amava quel regalo e amava quella premura, amava il fatto che lei l’avesse aspettato davanti la Sala Comune per donarglielo, ma soprattutto amava come loro due fossero in risonanza. In camera, tolse la carta e adagiò il Cuore nel fazzoletto di velluto che tempo fa aveva trovato in un’avventura in Sala Comune. Aveva sempre ritenuto quel pezzo di stoffa un portafortuna non indifferente, ed ora il suo compito sarebbe stato quello di preservare il regalo di Emily. Aprì il cassetto del comodino e posò entrambi su un piccolo ripiano, cosicché ogni volta lo avesse aperto, il Cuore avrebbe brillato dei riverberi della candela sul mobile. Lo richiuse e prima di andarsene diede una veloce occhiata alla Rosa bianca, regalo del precedente Natale. Con un ultimo sorriso, chiuse la porta e tornò da Lei.

« Mi sono dimenticato di dirti che dovrai aspettare ancora un po’ per il tuo regalo. Non posso dartelo qui, davanti a tutti. » Si accorse solo alla fine delle sue parole dell’ambiguità della frase, quindi, portandosi la mano nervosamente alla nuca, si guardò intorno, poi tornò a fissarla. « CIOE’. Non è niente di strano. Oddio forse un po’ sì, ma insomma, c’è troppa gente qua, poi si fanno due domande, anche se in fondo non c’è mica niente di strano. O forse sì? Ahahahah. » Ridacchiò nervoso, poi si fece serio, una smorfia di disperazione dipinta sul volto. « … Pietà. » Gemette, portandosi una mano sul viso a celare il rossore. Oh, diamine, imprecò contro se stesso: non potevi scegliere qualcosa di più carino e appropriato? Un gioiello, un vestito, una borsetta. Ma le borsette Emily le porta? No no, non mi sembra affatto il tipo, piuttosto qualche tasca da agganciare alla cintura o alla gamba. … Seh, una borsetta, perché non un cappellino allora e… *BASTA RA.* « A-andiamo? » Le propose, offrendole il braccio, cercando di scrollarsi di dosso il senso di indecisione che provava. Raggiungere la Sala da Ballo opportunamente agghindata non fu difficile, ma fu più complesso del previsto evitare che gli altri partecipanti li sorpassassero senza calpestare i loro strascichi. Horus guardò male un paio di loro, due ragazzetti messi male in arnese, e si trattenne dal fare qualche commento acido al riguardo. Piuttosto, ad ogni passo cercava di pensare al modo in cui avrebbe potuto consegnare ad Emily il regalo. Doveva trovare un posto tranquillo, dove poterle anche spiegare della scelta, ma solo quando arrivò alle porte della Sala si rese conto che quel pensiero cominciava a farsi troppo pesante. Decise di relegarlo in uno scompartimento della mente e confidò che il momento giusto sarebbe arrivato. La musica proveniva dalla festa già iniziata e si mescolava al vociare degli studenti che si affollavano e una volta che lui e la Serpina furono entrati, furono accolti dallo sfarzo russo dei tempi andati. Horus non poté fare a meno di sollevare le sopracciglia in un segno di sorpresa, incapace di riuscire a trattenere le iridi solo su un punto. Ovunque l’oro regnava sovrano, nei soffitti, nelle colonne, nei ricami delle tende, nelle tovaglie e nei richiami delle sedie che qui e là, insieme a dei tavolini, costeggiavano l’angolo del buffet. C’era già molta gente sulla pista, chi vestito in tema, chi invece aveva deciso per qualcosa di più ordinario, ma tutto era meravigliosamente agghindato. Sapeva che la co-gestione del Ballo era stato affidato al Florian e Horus ebbe il sospetto che lo zampino di Amber avesse reso quella scenografia impeccabile. *Brava Tassina.* Pensò, entrando nella Sala, evitando accuratamente le zone piene di folla e rinunciando a trovare qualche volto conosciuto: non gli importava granché. « Vuoi qualcosa da be… » Oltre la figura di Emily, qualche metro più in là, intenta a parlare con un uomo sconosciuto, Horus riconobbe il volto di Urania. Indossava un abito nero che riproduceva il cielo stellato e la sua eleganza dichiarava a gradi lettere che non era lì per una toccata e fuga. La voce gli morì nella gola e il panico gli attanagliò lo stomaco. *OH CHE CAZZAROLA CI FA QUI?* Già, diamine ci faceva qui?, si chiese, censurando al volo la propria espressione attonita e voltandosi. Ti prego, si disse, fa’ che non mi veda. L’idea che potesse rivelare a qualcuno di averlo visto quasi ammazzare un poveraccio e minacciato lei stessa avrebbe maledettamente giovato alla sua copertura di studente ligio e onesto. *EHH.* « Sì, io ho un po’ di sete, andiamo a prendere qualcosa? » Si rivolse ad Emily: aveva notato il suo smarrimento? O era riuscito a censurarlo in tempo? In fondo quanti istanti aveva impiegato? Uno, due? Magari era distratta, sperò. Non voleva rovinarle la serata, si disse. Il loro ultimo ballo era stato drasticamente rovinato dalla presenza di Mya *Ci manca solo lei, ora.* e non aveva la minima intenzione di lasciare che qualcun altro rovinasse il loro ballo. A dirla tutta, non le aveva ancora spiegato perché si era comportato così, piombandole addosso e aggrappandosi a lei con disperazione. Lei, però, l’aveva stretto senza domande e a lui era bastato.
Fanculo, lui non doveva scappare da nessuno, men che meno da una quasi sconosciuta.

« No, anzi, prima... Emily, vuoi ballare con me? »
Già, si domandò, mentre si portava di fronte la fanciulla e le offriva la mano —conscio che forse lei avrebbe potuto rifiutare e/o storcere il naso a quelle indecisioni—, era la prima volta che avrebbero ballato insieme sul serio e non voleva snaturare quel momento per niente al mondo. Quel pensiero cancellò il suo nervosismo ed il sorriso che affiorò sulle sue labbra fu sincero.
Al diavolo tutti gli altri.





Edited by Horus Sekhmeth - 9/1/2017, 15:40
 
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Reginald Septim
view post Posted on 9/1/2017, 15:16




Fissavo l'interno della sala ancora esitante quando Audrey mi nota rispondendo al saluto per poi raccontarmi la presenza di dolci all'interno della sala, per un attimo la mia mente si focalizzò sui dolci ... avrei probabilmente sbavato al pensiero di dolci. Mentre ero rimasto un attimo imbambolato all'idea dei dolci Audrey decide di trascinarmi per la manica dentro la sala. Non elaboravo ancora la cosa finche non varcammo entrambi la soglia della sala... dentro c'erano molti studenti vestiti per l'occasione e notavo stranamente che molti erano venuti in coppie alla festa, dopo qualche secondo di macchinazioni mentali figurai la presenza mia e di Audrey all'interno della sala interpretabile come coppia. Tra la mia immaginazione e la moltitudine di persone stavo letteralmente andando a fuoco in viso con un modo alla gola che sembrava una stretta soffocante. Quando arrivammo vicino ai dolci riuscii a non pensare più a nulla rimanendo incantato dalle figure zuccheriose che mi si presentavano davanti. L'unica mia preoccupazione era il vedere così tanta persone intorno a me ... come poco poco provavo ad alzare lo sguardo dai dolci mi sentivo male ,istintivamente mi aggrappai al braccio di Audrey come fosse la mia ancora di salvezza. Dopo aver capito quello che stavo facendo allentai la presa rimanendo comunque saldo accanto a lei come a difesa della mia persona ... in parte mi sentivo più sicuro accanto a lei che lo fa solo in mezzo a tutte quelle persone.
 
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view post Posted on 9/1/2017, 16:11
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ravenclaw

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Need




Essere libero di fare quel che uno sente di fare.
Nessuna costrizione o necessità di accontentare qualcuno.
Totale libertà.
Eppure Niko si stava avviando verso la Sala da Ballo. Perché ?
Se lo domandava anche lui, non aveva voglia, non aveva voglia di chiedersi se il suo vestito andasse bene, non aveva voglia di pensare a come si potessero essere vestiti gli altri.
Non aveva avuto altra scelta, o meglio l' aveva avuta , ma forse aveva sbagliato.
Un cappotto caldo, di quelli rassicuranti, certo che indossandolo lo avrebbe protetto dal freddo del giardino o della Sala, perché essendo a tema "Russia degli Zar", potevano anche aver messo l' ambientazione "freddo boia ". Forse la vera ragione era che nei suoi piani c'era una fuga nel giardino in un momento più o meno improvvisato del Ballo.
L' idea del giardino libero e sgombro di gente, e al tempo stesso innevato, lo stuzzicava non poco.
Doveva solo pazientare.
Gli mancava già il caminetto della Sala Comune, mentre varcava la soglia della Sala, trovandosi catapultato in un altro mondo.
Non doveva esserne troppo sorpreso, ormai i Balli gli avevano dimostrato che la Scuola e gli organizzatori erano in grado di sovvertire ogni sua aspettativa.
Oro, sfarzo ovunque.
Per un attimo si sentì a disagio per tutto quell' eccesso di luci, oggetti preziosi e virtuosismi d'oro, salvo poi ricordarsi che era solo finzione e niente di vero.
* Chissà come facevano a suo tempo a sentirsi così a loro agio in un posto del genere..*
non potè esimersi dal chiederselo, mentre continuava a camminare all' interno della sala.
- Cavolo che caldo...-
borbottò , levandosi, l' ingombrante e peso copricapo, per metterselo momentaneamente sotto braccio, gli sarebbe servito più in là nel tempo.
Uno...due..bottoni che si levavano, anche quel doppiopetto necessitava di spazio.
troppo stretto e pesante, rischiava una sudata gratuita, ed era l' ultima cosa che si auspicava.
Con lo sguardo vagava, non trovava volti, ne occhi conosciuti, troppe luci.
Rischiava di vagare senza un perché.
* Manco posso mimetizzarmi in tutto questo sbrilluccichio di oggetti preziosi..*
constatò quasi rassegnato, mentre nel dubbio si dirigeva verso quello che sembrava il banco del cibo.
Nel passare tra la gente finì per dare una spallata a un tizio con un vestito rosso e grigio, gonnelloso e con la barba.
Un nuovo docente ?
- Oh mi scusi...-
Nemmeno il tempo di scusarsi e prostrarsi al barbuto, che due occhi verdi, pieni di energia lo squadrarono, osservarono per poi sorridergli ancora prima che con la bocca.
Daddy.
Avrebbe riconosciuto quello sguardo carico di voglia di vivere ovunque.
Era incredibile come rifinissero sempre a incrociarsi.
I fatti che susseguono alle parole.
- Certo che con la gonna stai davvero bene -
disse, con aria divertita, guardando l' amico con tanto di barba.
- Un russo della steppa a quanto pare...-
aggiunse con un mezzo sorriso.
Doveva ammetterlo a se stesso, era sempre un piacere trovarsi.
Il tempo di rendersene conto e il suo sguardo incrociò anche quello di Eloise e di Nia, o meglio Niahndra.
Daddy a quanto pare era riuscito già a fare "gruppo" . Una delle sue doti migliori.
Si era scelto bene la compagnia.
Nia l' aveva incrociata a più riprese per la scuola e a un ballo di tempo addietro.
Eloise invece, più che un una conoscenza passata era un solido presente.
Non si erano più visti dall' episodio in stazione.
Un bene o un male ? Non lo sapeva, ma in quei mesi si era scoperto a chiedersi cosa stesse combinando il soffio di vento Eloise.
Le accennò un sorriso, quasi di complicità, prima di iniziare a parlare...
- e in buona compagnia tra l' altro.-
disse, continuando..
- Ciao ragazze, vi date all' assistenza anziani ora ? -
aggiunse, lanciando quella battuta rompi ghiaccio e di intromissione in quel gruppetto.
Si dice che quando un anno finisce , si buttino via le cose vecchie, ma se queste fossero le più preziose che uno ha ?








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view post Posted on 9/1/2017, 20:31
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LxLpX5ZELOISE LYNCHOutfitPorsi come proposito quello di stare il più possibile vicini alle pareti e poi ritrovarsi nel bel mezzo della stanza era una chiara dimostrazione che Eloise aveva smesso di farsi prendere dal panico e aveva ritrovato la sua solita spontaneità. Era probabile che fosse stata la presenza di Daddy ad aprirle la strada, a ricordarle che la Sala da Ballo poteva non essere spaventosa. «Da quel che ho visto mi sembra che le gonne non ti dispiacciano affatto...» Commentò squadrandolo dalla testa ai piedi. Non era la prima volta che ne indossava una, ma in questa occasione gli dava un'aria decisamente più seria del Natale precedente. Quando il suo sguardo cadde sulle scarpe di Daddy pensò che aveva fatto di tutto per evitare calzature del genere e poi si era ritrovata con un paio ancora peggiore. «Io sto cercando di mimetizzarmi tra la folla.» rispose alla sua domanda, sollevando lo sguardo. Prima di poter aggiungere altro vide Daddy inchinarsi al suo cospetto e pronunciare parole formali indirizzate a lei. «Via, via, tirati su, per Merlino!» Esclamò con foga Eloise, mentre si chinava per esortarlo a tornare su, certa che lui avrebbe compreso la comicità di quella situazione. «Non stai mica cercando qualcosa sul pavimento!»
Un tocco inaspettato sul braccio la sbilanciò leggermente, costringendola a fare un passo laterale per riacquistare l'equilibrio perduto. La zavorra che la stava quasi tirando per terra aveva la voce e il corpo di Niahndra e, quando Eloise si voltò nella sua direzione, ebbe la conferma che il tutto apparteneva alla sua collega.
Fu con rammarico che un pensiero la colpì: lei e Niah avevano una sorta di “tradizione” prima delle feste, spesso si erano ritrovate a condividere lo specchio nella fase preparatoria. Ma questa volta Eloise era stata talmente presa dall'orrore che le generavano le sue scarpe, che non aveva minimamente pensato che avrebbe fatto meglio a smorzare le angosce in compagnia di quel mastino della Alistine. Si, si disse, probabilmente Niahndra avrebbe trovato le battute taglienti adeguate a farle passare l'ansia.
«Questo?!» Fece, osservando il braccialetto penzolante. «Ma è… rosa! E ha i brillantini!» Un ricordo fece la sua inaspettata comparsa. Lei, che si giustificava con un uomo in divisa, e che spiegava a un certo tizio con i capelli blu che le cose che brillavano a lei non piacevano. Lo ricacciò indietro, nella valigia delle esperienze da ricordare, e tornò a concentrarsi su Niah. Automaticamente, mise una mano sotto il braccialetto e lo prese. «Potrebbe essere, non so… Di Leah, o di Helen!» In verità non aveva idea se le Tasse chiamate in causa avrebbero potuto apprezzare un articolo del genere. «Vuoi metterlo tu?» Si era rivolta a Daddy che, vista la sua passione per le gonne, magari avrebbe potuto apprezzare un braccialetto rosa con i brillantini.
Solo in quell’istante si rese conto che Daddy si era imbambolato: guardava Niah con sguardo perso e vacuo. Che si fosse innamorato di lei nelle terre dei Mexica, grazie a tutto quel sudare e sconfiggere troll puzzolenti? Senza tanti complimenti, gli diede un pestone sul piede, cercando di dissimulare il movimento con un frivolo fruscio di gonne e gonnelle.
«Che ne dite di adare a mimetizza-» In quel momento Daddy venne colpito, fece un movimento in avanti e, appena ripresosi, si mise a scambiare qualche chiacchiera con un interlocutore inaspettato. Questa volta fu il turno di Eloise di rimanere imbambolata quasi quanto Daddy, mentre pensava a quanto poco fosse passato dal momento in cui l’aveva evocato nella mente a quello in cui Niko si era effettivamente palesato.
Era da quella stramba avventura a King’s Cross che non si vedevano ma, dal sorriso d’intesa che Niko le lanciò - a cui Eloise rispose con uno stupido sorriso smagliante - non sembrava passato neanche un momento. L’avevano rischiata grossa, quella volta, ma con un po’ di astuzia erano riusciti a cavarsela. E una volta raggiunti i vagoni avevano preso due strade diverse, che li avevano allontanati per quasi quattro mesi. In più di un’occasione Eloise si era trovata sovrappensiero, a guardare la folla in Sala Grande e cercare di distinguere la chioma blu. Da quando i suoi doveri di Prefetto avevano iniziato ad accumularsi, poi, le sembrava di aver perso anche il tempo di pensare.
Era ben felice di vederlo, la giovane Lynch, ma non era il caso di manifestarlo eccessivamente.
«Infatti l’anziano si deve nutrire! Stavo giusto proponendo una tappa al buffet!» Guardò Niah e le rivolse un cenno con il capo, invitandola a unirsi. Non l’aveva mai vista in mezzo a una bolgia, a intrattenersi con più persone: era probabile che non apprezzasse granché la folla. Ma la promessa di buon cibo che, se non altro, avrebbe riempito le bocche dei suoi interlocutori, doveva essere ghiotta anche ai suoi occhi. «A noi tocca brindare a un’altra festa di Natale insieme...» Disse, rivolta a Niko e Daddy, «Se non sbaglio tu eri in dolce compagnia... » Fece invece a Niahndra, alludendo al suo cavaliere dell’anno precedente. Avrebbe dovuto stare pronta, perché le botte sarebbero arrivate molto presto.
Eg2tBBP

 
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view post Posted on 10/1/2017, 21:15




DbAq8Cd

Erano giorni che aspettava quel ballo, per una volta di era concessa di fare l'oca senza cervello lasciandosi vincere dal desiderio di sentirsi una principessa, soltanto per una sera.
Erano giorni che le studentesse parlavano degli abiti che avrebbero indossato, le scarpe più adatte, i gioielli che più si abbinavano e come far abbinare i vestiti dei propri accompagnatori con il fermaglio della nonna che avrebbe tenuto i capelli raccolti in complicatissime acconciature che al primo movimento si sarebbero distrutte. Ma tutto quello era normale, avere delle amiche a cui chiedere consiglio non era nulla di speciale, per chiunque non fosse Lucilla, ovvio.
Avevo scelto tutti gli abiti da sola guardandosi e riguardandosi allo specchio per capire l'abbigliamento più adatto, senza la più pallida idea di come sarebbe sembrata alla festa.
Si provò un vestito rosa porcellino che cambiava sfumatura a ogni passo, uno giallo acceso, uno talmente nero da sembrare molto adatto per un funerale.
*Perché passo dal sembrare un maialino al sembrare una vedova il giorno dopo la morte del marito?*
Decise per un meraviglioso vestito bianco dalle sfumature azzurre che la faceva sembrare Cenerentola, ma la sorpresa era l'incanto che lo faceva luccicare al buio, come se milioni di lucciole si fossero disposte ovunque. I capelli raccolti in strambe trecce, i gioielli di sua madre e le scarpe, delle semplici scarpe da ginnastica per stare comoda, in caso avesse dovuto ballare.
Si riguardò allo specchio un'ultima volta e si incamminò verso la Sala Grande fermandosi prima della porta per aspettare il suo "accompagnatore".
*Dove sarà?*



---

Outfit




 
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view post Posted on 10/1/2017, 22:18
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Sophie Armstrong [x]

Prefetto Serpeverde - II Anno

Some people are naturally good, you know, and others are not. I'm one of the others.
Neppure il tempo di finire la frase: "Non me ne pentirò" nella sua testa, che dovette ritirare il tutto prima ancora di immaginare l'ultima sillaba. Non appena la Serpina finì di complimentarsi con il ragazzo di cui vagamente ricordava persino il nome, che poté notare che egli era già in compagnia. Come aveva fatto a non notare la presenza di un'altra donzella, al suo fianco? Vero era che quella festa era fin troppo popolata per i suoi gusti, ma cominciava a pensare che forse cominciava davvero a perdere qualche rotella, se era arrivata a quel punto. Eppure aveva solo sedici anni, com'era possibile? Ad ogni modo, cercò di non pensare alla gaffe che aveva appena messo in scena, d'altronde poche persone erano ancora sobrie, quella sera. La fortuna volle che proprio Camillo e la nuova conoscenza che Sophie aveva appena fatto, forse erano gli unici a non aver ancora bevuto nemmeno un bicchierino. Pazienza, non l'avrebbero nemmeno notato, molto probabilmente. Prima delle presentazioni, il Prefetto Serpeverde tornò a guardare di fronte a sé, forse sforzandosi di cercare qualcuno che conoscesse per scappare da quella situazione alquanto imbarazzante. In lontananza, le parve di aver visto una chioma rossa praticamente inconfondibile, quella di Emily. Strizzò gli occhi, come per mettere meglio a fuoco - senza pensare al fatto che la vista era ancora peggiore con quel metodo - e si rese conto che di chiome rosse non ve n'era soltanto una: erano ben due. Quella della sua sorellastra era inconfondibile, e alla fine dei conti apparì ugualmente inconfondibile anche l'altra. Horus. Nel vedere i due insieme, Sophie cominciò a pensare che forse allontanarsi da lì non era poi una grande idea. Un flashback si fece presente nella sua mente: era l'immagine di Emily e il Caposcuola Tassorosso fin troppo vicini alla sua presenza, ed un brivido di ribrezzo le percorse l'intero esile corpo. Odiava quel ragazzo fin dal primo momento che lo incontrò, senza contare il fatto che era stato capace di minacciarla di morte, nonostante la sua carica all'interno di Hogwarts. Sapeva per certo che non avrebbe potuto mettersi contro di lui; le rispettive esperienze erano fin troppo diverse e lontane tra di loro, ma sapeva anche che prima o poi sarebbe riuscita a vendicarsi di quel suo gesto. Comunque, il Ballo di Fine Anno era un evento che accadeva, ovviamente, una sola volta ogni dodici mesi, e non avrebbe permesso a nessuno di rovinarle quella serata, non in quel periodo almeno. La biondina era fin troppo tranquilla e pacata, e ciò non voleva dire che non aveva secondi fini con quel suo atteggiamento. Scosse il capo e spostò lo sguardo verso Camillo, che aveva già fatto le presentazioni tra lei e la ragazza che era in sua compagnia. - Eh? -. L'ennesima figuraccia l'aveva appena fatta: dopo quel suo attimo di distrazione, non si accorse nemmeno che il Tassorosso stesse parlando proprio con lei. - Oh, piacere mio. - Abbozzò un leggerissimo sorriso, poi abbassò lo sguardo. Cominciò a mettere a fuoco la situazione, e dunque rendersi conto che lei fosse quella di troppo. Poi si rivolse al compagno: - Chiedo scusa, non mi ero affatto accorta che fossi già impegnato. - Lo guardò negli occhi senza nessuna esitazione, per poi dare un'occhiata a Elhena. - Tolgo subito il disturbo. Buona serata. - Puntò per un'ultima volta le sue iridi argentee verso quelle del Tassorosso, fece due, tre passi indietro, e poi diede loro le spalle. Non aveva intenzione di rimanere un secondo di più a quella festa, pertanto si voltò verso l'uscita e cominciò a camminare verso di essa, senza una vera meta precisa.
Я буду ждать в комнате.

Ambition is the immoderate desire for power.
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Secondo Anno

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Fosse stato per lui, se ne sarebbe rimasto tranquillamente in camera sua quella sera: aveva passato fin troppo tempo a sentirsi circondato da bisbigli su vestiti, scarpe, gioielli e "chi credi sarà mai la reginetta del ballo" per desiderare di essere anche fisicamente circondato dagli oggetti del suo nuovo incubo. Il tema del Ballo erano le grandi feste dello Zar in Russia e il suo di abbigliamento - un semplicissimo pantalone nero e una camicia bianca - forse non c'entrava granché, ma almeno non sfigurava: aveva avuto poco preavviso per prepararsi alla festa, cui aveva deciso di partecipare per accontentare lei, quindi non aveva fatto in tempo a trovare qualcosa di differente, ma considerando ciò che stava osservando forse era meglio così.

*Dove mai sarà finita? Non avevamo detto di incontrarci all'ingresso?*

Furono i capelli ad attirare per primi la sua attenzione: in un mare di capelli rossi, biondi e neri, la chioma bluastra della sua Concasata era inconfondibile. Indossava un abito ampio, senza spalle, bianco e azzurro - che sembrava paradossalmente illuminarsi quando la ragazza si allontanava dalla luce delle candele - un abito stupendo, che per fortuna lui non avrebbe messo in ridicolo con la sua mise sempliceme, ma elegante.

Spero di non essere in ritardo

Chissà quando sarebbero cominciate le estrazioni della Lotteria? In qualche modo si era ritrovato con un biglietto in mano e sperava gli potesse fruttare qualcosa.
 
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view post Posted on 11/1/2017, 12:23
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Girava e rigirava la rosa tra le sue mani, prima a destra e poi a sinistra, passandola da un palmo all'altro come se scottasse. Le punta delle dita solleticavano quell'unica spina che governava lo stelo di un verde lucente del fiore, come se pungersi fosse una conseguenza piacevole. Non seppe spiegarsi come né perché, ma Oliver si scostò leggermente dall'ingresso della Sala da Ballo, come se non volesse scorgere ancora nulla - più di quanto non avesse già fatto - fin quando non fosse giunta la sua Helen. Era in ritardo, a quanto pareva. Non sembrava una cosa d'eccezione, non che la Tassorosso non fosse puntuale, anzi. Semplicemente, era una fanciulla e come tale aveva i suoi tempi, poco ma sicuro. Inoltre, il tema della serata non era affatto banale: Oliver aveva impiegato più di una settimana per far sì che sua zia Brigitte, sarta straordinaria, elaborasse quel mantello bianco e con alamari dorati, così come per la giacca che la Strega diceva di aver rubato dal guardaroba di suo marito. Zio Patrick non avrebbe fatto storie, non per il suo nipote preferito, eppure quell'idea di furto non condiviso dava un significato, come dire, più piccante all'intera situazione. *Non è arrivata ancora* pensò, di nuovo. E ancora, ancora e ancora. Spostò il peso dalla gamba destra alla sinistra, il capo leggermente inclinato verso il basso. Non era imbarazzato, perché in cuor suo sapeva che Helen non avrebbe tradito le sue aspettative, tuttavia sapeva anche - Oliver, s'intendeva - quanto odiasse aspettare. A dispetto del galateo che aveva temprato il suo animo nel migliore dei modi, la pazienza non era dote che gli era stata concessa dalla nascita. Niente affatto; a conti fatti, aver studiato l'importanza della puntualità aveva condizionato tutto il resto, quella sì che sarebbe stata una solida, anche se minima, spiegazione. Qualcuno lo chiamò e il volto del giovane Caposcuola scattò verso quella direzione, nella speranza agognata di vedere finalmente la sua Dama per quella serata d'eccezione. Non espresse alcun dispiacere né tantomeno reticenza alla presenza di Lucas, non avrebbe meritato nulla di tutto quello, ma faticò non poco per far sì che il suo sorriso non fosse tirato, non finto perlomeno. Era contento di aver incontrato quel ragazzo, aveva iniziato a conoscerlo ed apprezzarlo durante gli appuntamenti del Comitato a favore degli Elfi Domestici, inoltre il carattere dello studente non differiva poi molto dal proprio e Oliver comprendeva quanto quel connubio fosse perfetto, così come interessante, per una base di profonda amicizia. «Ciao, Lucas! Che abito originale!» disse, senza pause, senza lasciar intravedere altro se non un anelito di curiosità. Oliver non vantava di certo una grande cultura in merito alla Russia Imperiale, in effetti nei giorni precedenti era stato quasi tentato di spedire un Gufo al professor Peverell per maggiori informazioni in vista del Ballo, prima di assodare che non fosse una grande idea; probabilmente il docente l'avrebbe rinchiusa nella Torre di Londra, questa volta per davvero. «Violet, sei incantevole!» aggiunse a quel punto in direzione della sua amica, un cenno del capo gentile e poi qualche chiacchiera di circostanza. Non li trattenne troppo, non avrebbe rovinato nulla di quanto quei due stessero costruendo, ma una sensazione piacevole pervase il ragazzo. Era contento, molto contento, per quella coppia. Se avessero coltivato qualcosa insieme, Oliver avrebbe apprezzato non poco. Ma tenne per sé anche quei commenti, non era di certo il caso di esprimerli ad alta voce. Poco dopo, restò nuovamente solo, circondato da volti su volti di studenti, docenti e addirittura adulti. Di tanto in tanto salutava, non avrebbe potuto fare altrimenti, però la maggior parte del tempo - inesorabile tempo! - gli occhi guizzavano verso le scale che conducevano ai piani superiori, come se il cuore attendesse di scorgere la visione spettacolare di Helen pronta a raggiungere il suo Cavaliere. Dov'era finita? E se era successo qualcosa? Rigirò la rosa tra le dita della mano destra, ancora, fino a pungersi per davvero senza neanche accorgersene. Una goccia di sangue zampillò sulla punta dell'indice, un rosso talmente acceso da rapire per un solo fugace attimo le luci circostanti. Oliver lo osservò con attenzione, come se fosse qualcosa di prelibato, di elegante, di straordinario. Cercò un fazzoletto di stoffa nella tasca della giacca, il mantello aperto per permettere quel movimento, quando una ragazza gli passò attorno fin quasi a sfiorarlo. Mentre puliva il sangue dal dito, Oliver non poté fare a meno di seguire con lo sguardo quella studentessa (Sophie) che aveva visto finora soltanto di spalle. Indossava un abito di pregio, senza dubbio, interamente impreziosito da decorazioni quasi arabesque in verde ed oro; sembrava addirittura presentare un andamento regale, a tal punto che Oliver si chiese se non l'avesse già vista altrove. La sete di scoperta si accese nel suo istinto e pochi passi furono necessari per il Caposcuola per avvicinarsi, senza superarla, prima di fermare con la voce la fanciulla. «Signorina.» Attese che si girasse, voleva davvero scoprire chi fosse. Per il galateo che lo contraddistingueva, non avrebbe spiccato il balzo sulle scale per porsi davanti alla figura della fanciulla né, ovviamente, l'avrebbe trattenuta in altri spiacevoli modi. Curiosità, tutto qui. Una divinità che albergava nel cuore di Oliver fin dalla sua nascita.
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