Aria di Vetro, o Uno Snob

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view post Posted on 15/9/2017, 19:04     +10   +1   -1
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WCoghQf
Avevo circa dieci anni ed ero il bambino più bravo della classe. Bravo in Storia, Geografia, Scienze, Matematica - sì, all'epoca ero bravo anche in matematica, poi al liceo i 4 hanno bastonato il mio ego e gli hanno insegnato un po' d'umiltà: la sensazione costante di terrore. Non potevo farmi beccare mentre contavo sulle dita. Cercavo di muoverle di nascosto, con gli occhi della mia carceriera puntati addosso. Non sono mai riuscito a fare neanche un calcolo semplice. E, soprattutto, bravo in Italiano.
La maestra Luciana aveva questa abitudine, di leggere ad alta voce il tema migliore della classe. Ed era il mio. Sempre.
Poi sono cresciuto e ho conosciuto mille persone più brave di me. Alcune le ho odiate, altre le ho invidiate, altre ancora sono diventate i miei amici migliori.
Ho vissuto tanti giorni zero. Un giorno zero è quando qualcosa nella vita si ferma e poi riparte. Un po’ come quando in macchina imbocchi una strada chiusa, torni indietro e cambi direzione.
L'università è finita da un paio di mesi – me ne rendo conto solo ora – e ancora non riesco a trovare una collocazione spazio-temporale alla mia esistenza.
Chi sono? Cosa sono? Dove vado? In cosa mi sto cacciando?
Poi ci ripenso e dico: "Vabbè, almeno mi sono laureato". Vorrei anche aggiungere, con 110 & lode e in tempo preciso preciso - giusto per dare un po' di valore a questa mia laurea che fa paura e che nessuno si fila.
Ma, nonostante tutto, non riesco a cogliere la differenza tra quello che ero e quello che sono.
Nulla è cambiato.
Se andassi in Biblioteca non potrei prendere a prestito un bel niente perché post-tesi sono stato bandito fino al duemilaventi per i ritardi accumulati. Ecco tutto. Il resto è pressoché uguale.




Edited by Dørian - 2/2/2018, 15:46
 
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view post Posted on 13/10/2017, 16:53     +4   +1   -1
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crE0wic

Vorrei essere capace di descrivere a parole quella malinconia che, qualche volta, mi prende e mi lacera.
Vorrei saper dire quel sentimento informe e incolore che mi riempie gli occhi e la gola.
Quanto tempo utilizzato male.
Questa sofferenza del pensare che mi tiene imprigionato e toglie spazio a tutto.
Penso che dovrei riprendere a scrivere le mie letterine terapeutiche, ma è come se mi fossi disabituato.
Come può capitare? Occupazioni, un tempo quotidiane, diventano improvvisamente antiche.
Tutto quel sentirsi tipico dei romanzi, tipico degli eroi, tipico di chi sta scolorendo e non capisce come fare e dove stare.
Fai finta di niente e non guardare in faccia le cose, è il mio mantra. E’ molto più semplice mollare la corda. Sarà che sono indolente o codardo con me stesso, che non sono cose poi tanto diverse.
Sentimenti espressi da cani, incompresi o forse addirittura così compresi da voler strappare via la pelle dalle ossa. Di sguardi che non si incrociano, di parole che non si dicono, di aerei che volano lontano, di rincorse e fughe.
È che – caspita! – siamo diventati grandi e incredibilmente lo siamo diventati anche così.
Eppure sembriamo scritti con le stesse parole. Forse è proprio quello.
Ma in Inghilterra il cielo è così blu.
E tutto si appanna di nuovo.
 
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view post Posted on 2/2/2018, 15:44     +6   +1   -1
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Di quando in quando traccio una X con il mio Tratto Pen rigorosamente nero, sempre più marcata e carica di significati, e nel momento in cui lo faccio, in quell’istante in cui la punta sottile del pennarello entra a contatto con la carta – in quell’attimo – la pressione delle dita, la tensione del polso, un pensiero in mente, è allora che riesco ad aggiustare qualcosa, a mettere una virgola a cui reggermi forte,

 
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view post Posted on 6/4/2018, 10:29     +4   +1   -1
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Il piercing, come il tatuaggio, è percepito come una di quelle stravaganze anatomiche che rimandano all’ideal-tipo del delinquente, antropologicamente parlando.
L’atto di tatuarsi è associato agli animali e agli uomini primitivi, come se fosse una regressione ad uno stato primitivo e selvatico, ho letto.
Mi dicevano: sei pazzotu?
Eh. Io.
Mi dicevano: umorale come sei, ti stufi domani.
Mi dicevano: perché vai a rovinarti?

E invece.
Lo amo.
Mi fa sentire semplice. Mi sento semplice.
Sto cercando di essere semplice, soltanto perché mi sto risolvendo, come un'equazione o un problema o cose così. Non lo ero di natura, è un lavoro che sto facendo.
E l’idea così normale di farmi un piercing, è il risultato di tutto quello che di speciale c'è in me.

xVhtA9l

E' fiquo, vero?
Mi sento proprio un ragazzaccio. :bello:


Edited by Dorian - 6/4/2018, 12:07
 
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view post Posted on 13/6/2018, 17:55     +7   +1   -1
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Lo compro coi saldi.
Lo compro con le svendite.
Lo compro da Zara.
Lo compro da Cos.
Lo compro da All Saints.
Lo compro online.
Giuro che vado in chiesa questo weekend così ho una scusa e posso farmelo regalare per la comunione. (E non osare dirmi che non funziona così!)
Compramelo mamma, ti prego compramelo.

Basta.
Se non me lo compra nessuno lo rubo, perché sto con le pezze al culo.

In definitiva: non riesco a tenermi neanche un nichelino.
Non ce la faccio.
Con tutto ciò che ne consegue.

Quando mi provo anche solo un paio di calzini ho bisogno della mia mezz’ora per guardarmi da davanti, da dietro, ho bisogno di fare la sfilata in punta di piedi fino allo specchio esterno, indugiando possibilmente in ciascuno, ho bisogno di fare le foto e mandarle a qualcuno, ho bisogno di farmi le foto e non mandarle a nessuno, di farmi una foto con la luce giusta e postarla o anche solo di pensare se valga la pena farmi una foto.
:ugo: :ugo: :ugo:


Ho una dipendenza e sono molto un po’ stupidino.
Ed ora pago care le conseguenze, letteralmente.
Ho a disposizione due valigie da 20 kg.
Ho diciannove paia di scarpe, tredici giacche, sei gilet più uno di jeans ma quello non conta, un’infinità di camiciUole e magliette q.b.
Ho persino due paia di occhialetti da piscina, maria de oro. Ma quando mai???

Tutto questo solo per la primavera.



Socché spedire un pacco costa circa 17£; contiene suppergiù 4 cose grandi e 8 piccine.
(19+13+6+∞+????) + ∞ ∞ ∞ / 10 dita per mano = Mhm... :ugo:
[In fondo sai che la tua matematica si ferma a Proclo, quindi non ti poni nemmeno il problema].

Sono finito? I torni contano? :grat:
Nel dubbio, inizio a vestirmi.

wwLVEi1


Storie tragiche di traslochi abortiti.


 
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view post Posted on 29/6/2018, 15:38     +4   +1   -1
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In questi giorni di congedi, di feste e di candele all'albicocca, di mani intrecciate, di baci che profumano di Bilboa e di sospiri sospesi nel fresco inglese, pensare a tutta la strada percorsa mi lascia un vago senso di spossatezza sulla pelle e la sensazione che, quando dovrò ricominciare, forse non sarò in grado di sopportare un'altra volta certi momenti, certe giornate, certi pensieri, certe cose che hanno attraversato la mia mente negli ultimi anni.
Torno a casa con quella stanchezza che si avverte il venerdì sera alla fine di una lunga settimana, e mi sento un po' più ometto.
Poi disfo i bagagli, quasi dopo un anno, e sento il bisogno di scappare come mai in vita, di correre, ma di correre proprio.

Un'esistenza che è sempre un altrove.
(Nel mai).
 
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view post Posted on 6/8/2018, 19:41     +7   +1   -1
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Ho nostalgia di quando le ore perdevano senso e le giornate diventavano infinite. Squarci nello spazio-tempo che mi regalavano vite, attimi e dimensioni che pian piano si sono ridotte al solo movimento delle lancette sull’orologio.
E in un attimo sei qui e ti chiedi come se solo ieri era tre anni fa.

Ogni tanto mi immobilizzo nel letto. Mi sembra che ogni cosa sia legata ai miei errori e ai miei disastri. E allora mi sento così male che vorrei perdere i sensi. Poi passa, perché mi rassicuro e mi rendo conto che tutto è ancora qui: io sono qui. Le mie cose sono qui. I miei affetti sono qui. Nulla è cambiato.
Anche se mi sembra di essere morto.

Mi manca quel me che vedeva tutto puro e trasparente, che aveva fiducia nelle proprie aspettative e viveva le emozioni senza vivisezionarle col bisturi. Mi manca il futuro dei progetti utopici e pieni di colori, il futuro delle speranze e dei desideri, dei sentimenti di pancia.
Soprattutto, il momento in cui la testa non esisteva. Mi manca quando non capivo le persone perché io ero io, gli altri erano altri e le loro scelte erano incomprensibili punto, e l’unica cosa che potevo fare era giudicare beatamente. Poveretto. Che cosa brutta.
E non dipendeva mai niente da me che scrollavo le spalle e ciao.
Era tutto piccole gioie e piccoli dispiaceri.
Era tutto piccolo.

Non vedevo le cose, non capivo le cose. Vivevo di astrazioni:
Due persone che si amano si amano per sempre. Se ti impegni per fare una cosa poi ci riesci. Se tu pensi a qualcuno anche lui ti pensa. Se fallisci in qualcosa è perché era destino.

Odio tutto questo mio Sentirmi, che alla lunga mi ha trasformato da linea a cerchio vuoto.

Mi sono Sentito così tanto che adesso non mi sento più.

Mi manca un’intensità, in un certo senso mi manca il desiderio.

Mi mancano le illusioni.

Resto solo una fascina di dubbi e di insicurezze, dispiaceri, fastidi, rimpianti e rimorsi che mi mangiano.

Poi li guardo in faccia e scompaiono anche quelli.

Un vuoto.
 
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view post Posted on 6/8/2018, 20:31     +1   +1   -1
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Mi sono Sentito così tanto che adesso non mi sento più.

Apprezzo.
 
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view post Posted on 31/8/2018, 17:44     +18   +1   -1
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Da bambino ero un librodipendente, uno di quei drogati di narrativa che nessun genitore vorrebbe come figlio; uno di quei marmocchietti emaciati che aveva sempre addosso l'odore del sussudiario nuovo, per intenderci.
Negli anni ho comprato centinaia di libri, forse migliaia; di alcuni non ricordo né il titolo né la storia e neppure il nome del protagonista, alcuni li ho solo iniziati senza mai portarli a termine, altri, riprendendoli in mano oggi a distanza di anni, mi chiedo anche solo come avesse potuto sfiorarmi il pensiero di leggerli.

Eppure non mi sono mai realmente pentito di aver acquistato un libro; neanche quelli che pensi decine e decine di volte di voler abbandonare sul comodino alla polvere, dopo esserti fermato all’ipocrisia dell’incipit. Forse perché ho sempre preferito i libri alle persone. La verità è che mi piaceva di più girare tra le brossure e le copertine fresche di stampa piuttosto che trascorrere del tempo con i miei coetanei.

Poi mi sono iscritto all’università ed è stata – brutto a dirsi – la morte della lettura. Quando studi lettere non esistono avventure, né pensieri, né emozioni, né significati, né gioia. C’è la stilistica, marziale e dispotica, c’è la metrica, precisa come il calcolo, c’è la critica con le sue interpretazioni esondanti e fiorite, c’è persino l’ecdotica.
Mi hanno trasformato in un chirurgo della parola, in un macellaio di libri.
Per un periodo sono esistite solo le verità del latino e del greco, con la gloria cifrata delle loro grammatiche, oggigiorno inaccessibili ai più.

Dopo diversi mesi che non entravo in una libreria, questo pomeriggio ho deciso di dare una curiosata. E per un attimo c’erano solo i libri con le loro spalle invitanti, le loro pagine sottili, il loro profumo di carta inchiostrata.
Tutto ha ripreso il suo esistere quando, bancomat alla mano, mi sono avvicinato al bancone per pagare.
C’erano dei bambini con i cappellini in un banchetto vicino alla cassa, e dei genitori con gli occhi tristi.
“Vuole donare un libro? – mi chiede la libraia – E’ per il reparto di oncologia pediatrica…”
Di norma non amo l’ostentazione del dolore, non mi piace quando ti viene buttato in faccia e ti arriva addosso con l’asciuttezza di uno schiaffo, odio che la sofferenza venga commercializzata.
Eppure ogni bambino dovrebbe avere diritto a una testa piena di fiabe, ad un mondo tutto suo, fatto di nuvole e fantasia, penso.
Dalla pila delle offerte scelgo un libro 6-12 – 'Miti greci raccontati ai piccoli', o una cosa del genere – sulla brossura cartonata, laccata di bianco, sta l’immagine di un piccolo cavallino di Troia.
Sorrido, pensando che altrimenti potrei regalare il saggio che sto acquistando: una rilettura intertestuale su Didone un filino complessa.
“Ci puoi prendere questo?” – mi parla un pupo con gli occhi verdi come colibrì, porgendomi il primo romanzo di Harry Potter. La copertina, che mi mostra con emozione, brilla come una spilla.

Lo prendo, pago per me e per lui, e glielo riporgo.
“Racconta di un castello di magia”, mi spiega con gentilezza, trattandomi come se fossi un po’ idiota.
“Lo so”, gli faccio.
“L’hai letto anche tu?”
“Io? Io in quel Castello ci insegno”.

La sua boccuccia attonita mi ha sorriso esterrefatta.
Non saprà mai che ho detto la verità.


Edited by Dorian - 31/8/2018, 22:27
 
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view post Posted on 29/9/2018, 18:04     +12   +1   -1
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1mPa4hr
Prima che lo facessi mi hanno domandato se fossero dei nei.
O se si trattasse di una cicatrice.
In un certo senso lo è.
Mi ricorda che qualche volta si può uscire da un momento difficile della vita, e queste stelle sono una bussola sulla pelle.
Saprò farlo anche in futuro.

Cassiopea era vanitosa e superba, a tal punto da sfidare le Nereidi.
Da lì la storia di Andromeda, sua figlia, e Perseo.

Zeus l’ha trasformata in una stella e l’ha messa vicino al Polo, per questo qualche volta la si vede a testa in giù.
E’ sul trono, è proprio lì che si pettina i capelli.

Mi ricorda che devo essere umile, una qualità che spesso mi manca.
Mi ricorda anche che la perfezione è il male, e che gli dei sono gelosi.
Mi ricorda che vantarsi è sbagliato, e che gli dei sono vendicativi.
Ma spesso me lo dimentico.

Dorian mi ha soffiato il tatuaggio,
ma alla fine ho trovato il coraggio di farmelo anch’io.
Sulla pelle abbiamo le stesse stelle.

Lui sul cuore, perché è sentimento.
Io sulla testa, perché sono spirito.
 
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view post Posted on 19/1/2019, 19:22     +8   +1   -1
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FflOjE3
«Oltrepassi l’ingresso e svolti a destra per il metal detector».
La guardia è il mio filo di Arianna nel Labirinto. Conosce tutti i piani perché, insomma, è di casa.
La prima volta mi rendo conto di avere paura, mi agito, mi sento troppo ben vestito, troppo normale: avrei dovuto lasciare i braccialetti, non indossare anelli – a costo di sentirmi nudo –, mettere un soprabito diverso. In mano ho dei libri. Due, in verità. Mi chiedo se Campanini e Montanari abbiano mai insegnato in carcere.
Mi sento a disagio, quasi vorrei andarmene. Non voglio conoscere le storie della gente: sono qui solo per cento ore di latino e greco.
Sembra il titolo di un romanzo.

Mi ritenevo giustizialista, ma ero solo ignorante.
Alcuni crimini sono imperdonabili – negli occhi di molti c’è la disperazione di chi ha cercato il perdono e non l’ha trovato.
Per quanto possa essere severo, lei non ci fa sentire animali – mi hanno detto.

Mai come adesso sento di aver dato un senso profondo a ciò che ho fatto, a ciò che ho studiato, a ciò che amo.
 
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view post Posted on 2/9/2019, 19:54     +3   +1   -1
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Mi fanno gentilmente notare che tendo ad attribuire a Zeus una vita interiore più ricca di quella di Soren Kierkegaard e che sento un eccessivo bisogno di educarlo al bon ton. D’altro canto, il piccolo è un genio e grazie alla qualità ineguagliabile della mia inventio pedagogica – Pavlov spostati – ogni giorno sempre di più faccio di lui un perfetto aristocratico del gusto.

I documenti fotografici che inoltro alle mie coinquiline, poi, non fanno che confermarlo.

aBE4fIt

In sovraimpressione Zeus, in veranda, impara ad utilizzare l’ombrello come un perfetto gentiluomo; sa che quando piove non si può fare altrimenti (1) e sempre lui che, educatamente, si sposta per permettermi di fotografare l'accessorio, da poco acquistato (2).

•Ombrello Coin (€12), collarino rosso vermiglione Hao-mai (€1,50).

 
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