Di luci e di ombre, Privata ~

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Ricordava benissimo i primi giorni da Prefetto. Terribili. La spilla con la grande "P" incisa, appuntata sulla divisa, pesava come un macigno. Ogni attimo libero lo passava a controllare di non averla persa da qualche parte, forse un po' sperando di averla realmente smarrita. Era stata una vocina indefinita, che con il tempo si era rivelata essere nient'altro che Amber stessa, più adulta e più responsabile, ad averla convinta a rispondere positivamente ad Horus, ma quello non le aveva impedito di farsi prendere dal panico nei momenti più disparati. Onori ed oneri le erano piombati addosso con una forza tale da farla vacillare più e più volte, ma alla fine di quella battaglia interiore, lei e quell'incarico avevano trovato i giusti compromessi. Pochi mesi prima, quando aveva accompagnato una Grifondoro alla sua prima visita al Villaggio, aveva compreso ancora di più come quella spilla fungesse da rinforzo, era la dimostrazione che qualcuno - in fondo - credeva in lei, e tanto poteva bastare a convincerla di dover fare altrettanto. In quel modo, passo dopo passo, aveva costruito il suo nuovo percorso, arrivando perfino a trovarlo di proprio gradimento! Le parole di Eloise, che sembrava sentirsi un peso per lo staff, le riportarono alla luce tutte quelle sensazioni, convincendola ad avere, per una volta, qualcosa di giusto da dire. «Dico sul serio, non ci rallenti. Ma capisco che ti possa sembrare così, per me è stato lo stesso. Più di una volta ho pensato di togliermi la spilla e riconsegnarla ad Horus. O gettarla ai Maridi.» *più la seconda che la prima, in effetti* Non temeva di esprimere quei concetti, in qualche modo sperava quasi di aver centrato almeno un po' il punto e che, ogni tanto, anche la rossa avesse pensieri simili. Era anche vero che Eloise non era Prefetto da poco tempo, ma nemmeno lo era stata tanto a lungo da essere considerata una veterana, era normale che potesse sentirsi fuori luogo... a maggior ragione dato il carattere ben più vivace di quello di metà casata. Amber difficilmente parlava per luoghi comuni ed ancor meno amava generalizzare o agire secondo pregiudizi basati sul nulla, quindi quando affermava un qualcosa, il più delle volte lo faceva con la giusta convinzione. Se Eloise fosse stata in grado di leggere la mente della Tassa, avrebbe visto la fiducia sincera che riponeva in lei.

Sorrise quando il suo "piano" venne etichettato come geniale. Era esattamente il ricordo della caccia al tesoro ad averla convinta ad usare il tasso come escamotage necessario a calmare il Frate Grasso. Per quanto generalmente chiacchierone e buono, era pur sempre un fantasma e lei, in cuor suo, sapeva che non era il caso di fare arrabbiare qualcuno della sua specie. Con lo sguardo che più facilmente veniva rivolto ad Eloise, Amber comprese in parte anche il punto di vista di Bradley, che certamente faceva parte del gruppo di "entusiasti del Quidditch". Inspirò, ricordando con un certo disgusto quell'affare che aveva avuto il coraggio di chiamare Tasso.
«Ti credo, sarebbe stata una menzogna a dir poco spudorata!» commentò, trasformando il disgusto in una lieve risata e godendosi nuovamente quel momento di normale interazione con Eloise, rimarcando così la sensazione di vuoto che aveva provato nei mesi precedenti. Perché diamine non si era scusata prima? Doveva fare una lunga chiacchierata con il suo orgoglio, poco ma sicuro. Aver convinto Bradley con il cibo era stata un'idea altrettanto geniale, e si,lo sformato di mele piaceva molto anche a lei, così come la maggior parte dei dolci che prevedeva una buona dose di frutta. La domanda sulla partita, invece, lasciò Amber muta per un paio di secondi. Come l'avrebbe presa Eloise sapendo che l'altra non era rimasta nemmeno fino alla fine? Non le sarebbe rimasto che scoprirlo dal vivo. «Ehm.. si, era sugli spalti con il suo "tasso". Ma non so dirti che fine abbia fatto io.. non sono rimasta a vedere tutta la partita.» Senza riuscire ad evitare di sentirsi in colpa per non aver apprezzato in genere il Quidditch, Amber volle provare ad essere più sincera possibile. Con Eloise non poteva fare altrimenti, se voleva davvero permettere a quell'amicizia di crescere, doveva evitare il più possibile di creare muri su argomenti comuni. Nel tentativo di spostare l'attenzione sull'altra e sperando che uno sfogo potesse esserle d'aiuto, da profana, Amber azzardò. «E' stata tanto tanto brutta, la partita?» La voce calma ed il tono appena più incerto, avrebbero potuto evidenziare la cautela che la Tassa stava adoperando per evitare il più possibile di affondare la lama in carne viva.


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Edited by ˜Serenitÿ - 23/8/2017, 19:12
 
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16jN7VWxmAvt5DIl peso della spilla da Prefetto, così lucida e splendente, aveva gravato su entrambe le loro schiene come un macigno. Appuntata sul petto, estremamente vicina al cuore, era un bersaglio fin troppo facile da colpire di richieste, scadenze, favori e impegni. Le era capitato più di una volta di mettersela in tasca per evitare di essere oggetto di quella mitragliatrice, ma anche così facendo non era riuscita a sortire l’effetto desiderato: i Prefetti erano talmente pochi che erano riconoscibili per i loro visi, e non per le spille che portavano al petto. E così aveva dovuto accogliere di buon grado l’essere fermata nei corridoi, i pattugliamenti notturni e la trasformazione delle gite a Hogsmeade in pomeriggi di babysitteraggio.
L’unica, magra consolazione era il ripetersi che lei, da primina, non aveva mai smosso nessuno per essere trascinata alla cittadina più caratteristica del mondo magico. Aveva atteso il secondo anno e ci si era recata in solitaria, evitando di rompere i Boccini ai Prefetti.
Alzò lo sguardo su Amber, considerando tra sé e sé che era la prima volta che pensava seriamente al fatto che a subire il macigno della spilla non fosse solo lei, e fu rasserenata dalla semplice idea che ci fossero altri a condividerlo. Certo, si era detta numerose volte che probabilmente avevano trovato il Prefetto più scapestrato sulla faccia della terra, ma non poteva negare che il disagio di cui la bionda le parlava - un disagio ormai superato - la portava a una dimensione più vicina alla sua. Amber le era sempre sembrata un tipo deciso, determinato, con le idee chiare, e le sue affermazioni svelavano una titubanza talmente simile alla sua da farle prendere in considerazione la possibilità di riuscire a superarle. «Ecco, quella dei maridi era un’opzione che non avevo considerato...» Disse con un ghigno, mentre un’immagine delle due Prefette davanti al Lago, intente a scagliare via le loro spille, si palesava nella sua mente. «Io avevo un piano un po’ più… Definitivo: sfruttare il libro di Peverell per dimenticare distrattamente la spilla in qualche angolo della Storia...» Si era già immaginata le possibile sottotrame che si sarebbero sviluppate da un possibile ritrovamento. «Va bene, Ambie, mi fido… Promettimi solo che poi sarà tutto più semplice!»
Non sapeva quanta fiducia riporre in quella speranza che Amber aveva acceso in lei, ma le bastò il pensiero degli eventi legati a Bradley a confortarla e farle pensare che qualcuna di giusta ne stava prendendo. Non appena erano rientrati in Sala Comune - era ormai oltre il coprifuoco, ma con i suoi privilegi di Prefetto poteva permettersi uno strappo alla regola (un altro vantaggio a favore di quel ruolo) - si era fatta promettere dal ragazzino di non distruggere il Tasso che aveva creato. Nulla era perso, e il solo fatto che ci avesse messo così tanto impegno aveva risvegliato il rispetto che sgorgava spontaneo nel cuore di (quasi) ogni Tassorosso. Il giorno dopo avevano stagliuzzato il cartonato, sistemato qui e là e avevano ottenuto un Tasso un po’ più carino: restava sbilenco, ma esprimeva lo spirito combattivo della Squadra di Quidditch. Ah, se solo fosse bastato quello a vincere la partita!
L’affermazione di Amber fu per Eloise un colpo basso: era piuttosto raro trovarsi in compagnia di qualcuno che non facesse del Quidditch una delle fonti di intrattenimento principali. Aveva visto numerose persone annoiarsi - suo padre prima di tutti - ma ad Hogwarts erano tutti talmente coinvolti da non averle mai notate. «Oh...» Si limitò ad affermare, senza condire la sua reazione di emozioni. Il suo viso, d’altra parte, tradiva un vago sconforto. Oltre ad alimentare la fedeltà e il legame con la propria Casata, il senso di appartenenza e il cameratismo, Eloise vedeva nel Quidditch la fonte di numerose sue abilità: le sue abilità strategiche, la sua flessibilità e la sua prontezza di spirito si erano acuite da quando era entrata nella Squadra. Per non parlare della sensibilità al fascino dei giocatori di Quidditch.
«Beh, allora ti meriti questo!» Fece scivolare una mano nell’acqua e indirizzò uno schizzo verso la figura di Amber: nulla di troppo eccessivo, non era tempo per i gavettoni, solo qualche molesta goccia d’acqua. La bellezza della diversità e delle miriade di sfaccettature in cui il mondo sapeva manifestarsi le stava di fronte come una saggia consigliera, come un’amica di vecchia data. Non c’era nulla da recriminare.
Si accinse a raccontare e, non appena chiuse gli occhi, le immagini di qualche ora prima comparvero vivide nella sua mente.«Da quando i Corvi si sono accaniti con i due Bolidi - due, dico, ma uno non ne bastava? - ci eravamo un po’ ripresi, Elhena ha fatto una bella parata, ma probabilmente Swan ha inculcato nelle teste dei suoi giocatori talmente tante idee su come disarcionare Horus che ci sono riusciti di nuovo, proprio quando lui era pronto per tirare.» Le immagini le scorrevano dietro le palpebre, gli occhi chiusi a ricordare quei momenti. Il distacco di Amber aveva risvegliato in lei la positività che il Quidditch le infondeva normalmente, ma non appena si era messa a raccontare, la carica acida a cui quella giornata l’aveva sottoposta era tornata con un vigore inaspettato. Le aveva afferrato la bocca dello stomaco, contraendole le viscere, facendola soffrire ancora, con quasi più forza di prima. Eloise digrignò i denti. «Mya inseguiva il Boccino, probabilmente ci era vicinissima. E così Nymel, il cercatore Corvonero. Non li ho visti perché, vicinissima all’area di tiro, ero pronta. Se Mya si fosse lasciata sfuggire il Boccino - così è stato, alla fine - ma io avessi segnato, avremmo vinto comunque. Avevamo due possibilità, la situazione in pugno, ma sono stata troppo lenta.» Sospirò, cercando di lasciare scivolare via quel senso di oppressione, ma fallendo miseramente. Non era pronta, non ancora.
Riaprì gli occhi lentamente, cercando di non dare a vedere quanto quel peso gravasse su di lei. Era riuscita ad allontanare quei pensieri con estrema facilità, ma essi erano stati in grado di tornare a farle visita con una rapidità degna di una Gelbsturm. Tasto dolente. «Era così noioso, visto dall’esterno?» Guardò la concasata, cercando in lei un appiglio per allontanare le angosce.

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Condividere il ricordo del peso della spilla era forse stata la mossa giusta? Dall'espressione che assunse Eloise, sembrò esserlo. Forse a Niahndra non avrebbe espresso quei suoi pensieri, incerta su come avrebbe reagito la mora, ma qualcosa nella rossa le fece credere di poter rivelare anche il "lato oscuro" del Prefetto. A casa le avevano spesso decantato gli onori che quella spilla portava con sé, ma nessuno l'aveva messa in guardia dagli oneri. Aveva reagito al peso della responsabilità a modo suo, e non sempre poteva rivelarsi il metodo migliore, ma era certa che Eloise stesse già facendo lo stesso, interiorizzando il concetto di "Prefetto". Ora che portare quel piccolo luccicante distintivo era diventata la norma, Amber doveva ammettere che difficilmente ne avrebbe fatto a meno. Il rispetto che la maggior parte degli studenti provava nei loro confronti, che fosse obbligato o spontaneo per lei era irrilevante, le dava anche la sensazione di poter essere una figura di una certa valenza all'interno del Castello. Pur senza smettere di sentirsi a disagio quando qualcuno si rivolgeva a lei per un consiglio. Se la facciata poteva - in chissà quale modo! - rassicurare un primino, ciò che Amber celava al proprio interno, probabilmente l'avrebbe fatto fuggire a gambe levate. In ogni caso, comunque, quel ruolo l'aveva aiutata molto a comprendere la propria identità e scegliere un binario da seguire. Il richiamo alla missione con gli Ateniesi, riportò la bionda sul piano del reale, prima che potesse perdersi nei ricordi ansiogeni dei primi giorni da Prefetto. «Oh, beh certamente nessuno avrebbe potuto ritrovarla tanto in fretta. Ma ho il sospetto che nei cassetti della Bennet ce ne sia più di una di riserva.» rispose, tentanto il più possibile di scacciare ogni ricordi o riferimento al Messico: non si sentiva pronta per analizzarli. Era già abbastanza complesso il dover rimuovere dalla mente gli spiacevoli avvenimenti del suo passato, aggiungerne altri non avrebbe giovato. Al sentirsi chiamare "Ambie" un qualcosa si smosse in lei. Nomignoli? Non ne aveva mai avuto uno, almeno non uno legato al nome. Il fatto che suo zio la chiamasse Serenity non faceva testo e quelli che le affibbiava Killian erano tutt'altra cosa. Felice. Poteva dirsi felice di ricevere per la prima volta un diminutivo così strambo e calzante, soprattutto perché era stata Eloise a darglielo. «Andrà meglio, ne sono sicura. Ma se così non sarà, potrai venire da me a lamentarti, prometto che non fingerò di non essere in stanza.» Credeva davvero a quello che stava dicendo e forse la richiesta di quella strana promessa era dovuta al fatto che perfino la giovane Prefetta avesse scorto nello sguardo di Amber la giusta dose di sicurezza. Al contrario, invece, sapeva di toccare un tasto dolente affermando di non aver assistito in toto alla performance della sua squadra. Era però sicura che avrebbe giovato di meno una menzogna in quella fragile situazione. Come immaginava accadesse, notò quell'accenno di delusione in Eloise, ma non riuscì a prevedere il getto d'acqua che, poco dopo, la investì. Fresca e profumata, le bagnò il volto senza lasciarle scampo. «Ah, è così?» Disse, fingendo per un solo istante di essersela presa ed essere pronta a ricambiare il favore, con una mano a fior d'acqua. Ma l'istante dopo una risata cristallina sostituì la menzogna. «Ok ok, forse me lo sono meritato.» Poi, finalmente, l'ennesimo nodo giunse al pettine. Tornando lentamente silenziosa, Amber lasciò che Eloise si sfogasse, che raccontasse la sua versione della partita e per quanto riuscì, tentò di riviverla nei suoi ricordi, benché incompleti. I due bolidi li aveva visti, erano stati la goccia che l'aveva cacciata dagli spalti. Aveva visto Horus cadere due volte e le era bastato per mettere una crossa croce su quello sport. Dal canto suo non aveva visto che brutalità. Sperava che l'assistere a qualche partita risvegliasse in lei un qualche senso di appartenenza, un moto d'orgoglio o qualunque cosa si provasse a vedere giocare la propria squadra. Zero. Nulla di simile venne alla luce. Seguì l'evolversi di intensità nella voce che guidava il racconto. Eloise, al contrario, sembrava presa talmente tanto dal Quidditch che le fece comprendere di essere un'eretica della peggior specie. La passione della rossa, lo sconforto per il punto mancato e per la tattica usata dai Corvonero... tutto, in quel racconto, era vivido al punto da permettere ad Amber di assistere di nuovo alla partita. Però, anche così il risultato non mutò. Ancora nessun gradimento per il Quidditch. Oh, certamente quello non era lo scopo di tutto il discorso. Lo scopo era permettere all'altra di sfogarsi, di lasciar andare qualunque rimpianto avesse e poter abbassare di un punto (Amber non si illudeva certo di cambiare la giornata di Eloise) il livello di stress che la sconfitta aveva comportato. Durante il racconto, la bionda si era mossa, tornando in piedi. Si era distaccata abbastanza dalla vasca, decisa ormai a rimandare il proprio bagno in via definitiva, ma senza per questo dispiacersene. Quando la rossa riaprì gli occhi, la bionda si fece trovare pronta, o quasi. «No, non è stata noiosa, tutt'altro. Probabilmente se ci fossero stati mio padre e mio zio, li avresti sentiti urlare da chilometri per incitarvi. Beh, in realtà solo mio padre, mio zio era Corvonero.» Stava tergiversando, lo sapeva benissimo. Il suo sguardo divenne più serio, non intendeva chiedere perdono per il semplice fatto di non apprezzare lo sport magico nazionale, ma voleva chiarire i motivi per cui se n'era andata prima del tempo. Stupidi, probabilmente, ma veri. «Dopo il secondo bolide non ho resistito. Non ero nelle condizioni migliori per vedere qualcuno fratturarsi le costole, o qualunque altra parte del corpo.»* soprattutto Horus* Per qualche ragione, vedere i suoi conoscenti venire abbattuti come birilli, le ricordava quanto potessero essere umani e fragili. Per quanto i medimaghi fossero in grado di fare miracoli, lei aveva sempre preferito figurarsi le persone a cui teneva come "intoccabili", per non dover pensare costantemente ai traumi del passato. Ecco, il Quidditch aveva la capacità di distruggere la sua sicurezza e richiamare le sue ansie, quasi quella colpita dai bolidi fosse lei. Ma come spiegarlo ad Eloise? Poteva bastare quanto detto? Quel che Amber sapeva era che non voleva aggiungere i suoi problemi a quelli già presenti nell'altra tassina. «Hai parlato con gli altri della squadra? Non dovresti addossarti tutte queste colpe...»


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view post Posted on 8/9/2017, 13:27
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xmAvt5D«Attenta a te e alle promesse che fai!» Concluse Eloise con un ghigno dipinto in viso. Era bello poter fare affidamento sulle altre persone, specialmente quando queste avevano più esperienza in certi ambiti, e che rispetto a lei potevano dirsi più avanti nel cammino. Niah era stata la sua guida numero uno fin da quando, in quella mattina all’inizio del primo anno, lei e Ophelia avevano deciso di importunarla. Negli anni erano cresciute entrambe, il loro rapporto si era evoluto, ma da quando la bruna aveva scelto di abbandonare la spilla, la rossa non aveva saputo come regolarsi. Aveva preferito lasciarla in pace da quel punto di vista, ma forse, si diceva ora, avrebbe dovuto importunarla di più. Al di là della prefettura, non perdeva occasione per romperle le scatole, era così che andavano le cose tra loro. Horus, d’altra parte, era pieno di lavoro fino al collo: tra i doveri di Caposcuola, di Capitano della Squadra di Quidditch e l’Ars Arcana probabilmente non sapeva più dove mettere le cose da fare. E così Amber, più vicina a lei come esperienza, età e percorso, si rivelava una figura chiave in una situazione come quella.
Ora che ci ripensava, anche Niah aveva scelto di non giocare in partita, se non nel caso in cui fosse successo qualcosa di grave a uno di loro: Thalia era stata senza dubbio un buon acquisto, ma solo adesso Eloise si rendeva conto che tra la bionda e la mora c’erano state più diserzioni del previsto. Eppure sembrava il il resto della Casata se la passasse come sempre, eccitato per lo scontro, deluso per la sconfitta, arrabbiato con l’arbitro ed empatico con la Squadra. In linea di massima quel mezzo gavettone poteva essere una punizione commisurata e sufficiente.
Nel momento in cui Eloise aveva riaperto gli occhi si era accorta che l’amica si era alzata in piedi, come pronta ad allontanarsi. L’aveva forse spaventata con quella narrazione della partita? L’aveva annoiata a tal punto da non averla fatta solo fuggire dagli spalti, ma anche da lì? Sapeva che quelle erano idee sciocche, e le allontanò nel momento in cui Amber fece il suo commento sui suoi parenti. Una parte della sua mente pensò al fatto che ancora una volta la bionda alludeva al padre, e non alla madre, ma quel pensiero venne superato dall’attesa del prosieguo del suo discorso. Un sorriso rapido e amareggiato fu la sua unica reazione.
«È per questo che sei andata via?» Inutile coprire il suo stupore: era l’ultima cosa che si aspettava in una situazione come quella, tanto considerava la noia la sua ragione fondante della fuga di Amber. La realtà che le si presentava di fronte era, ai suoi occhi, molto più sorprendente di quanto la sua interlocutrice pensasse. Stava mostrando un’empatia e un senso di protezione maggiori di quanto avesse mai manifestato a Eloise, sebbene la rossa non potesse dire con esattezza cosa le frullasse in testa. Vegliare sugli altri e sul loro benessere era un’esperienza che anche lei stava vivendo, ma si rendeva di non essere sempre in grado di calarsi nei loro panni: la sua testa era spesso troppo per aria per riuscire nell’intento.
D’altra parte, sarebbe stato impossibile che il Quidditch suscitasse in lei una reazione del genere: sì, era fonte di dolore, ma c’era talmente tanto altro che era quasi cieca a riguardo. Non le capitava spesso di assistere agli scontri dagli spalti e, oltre ad esserci abituata fin dall’infanzia, sapeva che si sarebbe concentrata su schemi, strategie e sugli spostamenti della Pluffa. Nessun Bolide imbizzarrito l’avrebbe impressionata granché.
Fu allora che giunse la domanda di Amber, domanda che la riportò a rimuginare su come gli eventi fossero precipitati in poco tempo, su come non c’era stato tempo di mettere un punto a quella situazione. Su come non sarebbe neanche stata l’occasione giusta.
Appena scesa dalla scopa, la rossa si era diretta di gran carriera verso gli spogliatoi. Aveva colto dei cenni, ma non aveva dato ascolto a nessuno. Nessuno avrebbe potuto superare il muro che si era eretta attorno. Nessuno l’avrebbe scalfito cercando di alleggerirle il fardello. Nessuno l’avrebbe costretta a credere che i commenti a caldo avrebbero migliorato la situazione. Aveva raccolto la sua roba alla bell’e meglio ed era svicolata via in fretta, per evitare la folla di ritorno al Castello. Per fortuna la maggior parte della gente aveva una gran voglia di temporeggiare per commentare lo scontro, ed era riuscita a evitare di trovare volti noti.
«Ma sono io responsabile dell’accaduto.» Lei, Horus, Mya, e tutti. Ma lei in pole position. «Non voglio fare l’ostinata per niente, ci sarà occasione di confrontarsi al prossimo allenamento. Solo, non era oggi il momento...» Un mezzo sorriso, giusto per sollevare Amber dalla necessità di spendere altre parole per consolarla.
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Amber non si aspettava di essere capita da nessuno. In tal modo, diceva, evitava di dover porre troppe aspettative su qualcuno che difficilmente sarebbe rimasto troppo a lungo nella sua vita. Però, contro ogni logica, sperava sempre che le persone a cui teneva arrivassero a capirla almeno in parte, ed Eloise era tra loro. Oh, si trattava di un gruppo davvero ristretto di individui, ma erano tutte persone che sentiva di apprezzare davvero. Avrebbe potuto mentire e dire semplicemente che il Quidditch non le piaceva - che poi sarebbe anche stata una mezza verità - ma così era certa che avrebbe demolito tutto quanto costruito fino a quel momento. Poteva permettersi più intimità con la rossa, che la guardò sinceramente stupita. Forse davvero non si sarebbe aspettata una risposta simile. Dal canto suo, la stessa Amber non dava mai l'idea di tenere a qualcosa, difficilmente si mostrava appassionata in pubblico, tenendo la parte meno equilibrata di sé al sicuro da occhi indiscreti. Ma il suo cuore palpitava come qualsiasi altro e soffriva forse anche di più, soprattutto perché tenuto in isolamento. Per lei non era un problema affrontare un duello o attaccare un nemico, dove possibile, ma vedere i suoi conoscenti soffrire - anche se per qualcosa di normale con il Quidditch - non era proprio nelle sue corde. «Si...» rispose lentamente, quasi stesse davvero rivelando un segreto di stato e, beh, per lei era proprio così. Avrebbe forse dovuto aggiungere giustificazioni maggiori a quel comportamento fin troppo premuroso? Chiunque avrebbe potuto definirla "debole" per quel suo lato sensibile, ed era il motivo per cui "chiunque" non sapeva nulla della cosa. Era però sicura che Eloise non sarebbe andata a sbandierarlo ai quattro venti: si fidava di lei. Il nodo alla gola era tornato a stringere. Avrebbe voluto parlarle di Eveline, avrebbe voluto far capire ancora di più alla rossa il motivo per cui non sarebbe più tornata ad assistere nemmeno ad una sola partita o il motivo che la spingeva ad essere sempre sull'attenti e non dare mai troppa confidenza, ma non lo fece. Immaginava che un argomento simile non fosse proprio adatto al momento. Eloise aveva bisogno di qualcuno che le sollevasse il morale e non che la deprimesse ulteriormente. Amber non era nemmeno certa di svolgere quel compito di supporto al meglio, ma in effetti non sapeva bene come funzionassero quelle dinamiche, in cuor suo sapeva solo che non voleva vedere l'amica in quelle condizioni. Rimase in silenzio anche durante l'ammissione di colpa del'altra, reprimendo il desiderio di scuotere il capo. In fondo, Amber cosa poteva saperne? Lei non era nemmeno rimasta fino alla fine, come avrebbe potuto dire che non era stata colpa della rossa, che non era davvero suo il merito della sconfitta? Non le avrebbe nemmeno creduto e parlare per frasi fatte era una cosa che la bionda odiava. Forse avrebbe solo dovuto lasciare che la cosa prendesse quella piega, che il giovane Prefetto si sentisse in colpa per ore o giorni, arrivando probabilmente a comprendere le proprie pecche. Ma allora, perché rimanere? Qualcosa in quel suo stesso comportamento non la convinceva per niente. «Certo, immagino sia così.» In difficoltà nel trovare ulteriori parole di conforto, se così potevano definirsi quelle appena proferite, mosse qualche lento passo verso Eloise. Ormai l'idea di farsi un bagno era totalmente svanita dalla sua mente, l'obbiettivo primario era diventato il sollevare il morale della compagna di casata. Ma come? Cambiare argomento a quel punto era d'obbligo, ma cosa avrebbe potuto soppiantare lo sconforto per la perdita della partita? Che la soluzione fosse sempre quella, il cibo? «Eloise?» richiamò la tassina per avere la sua completa attenzione, prima di accennare un vago sorriso. «C'è ancora un po' di sformato di mele cotte?... oppure è il caso di recuperarne altro?» L'invito implicito era quello di condividere un po' di quel delizioso sformato con proprietà incredibilmente confortanti, oppure fare un giro in cucina, qualcosa che lei non avrebbe mai fatto da sola, ma che probabilmente con Eloise avrebbe assunto un sapore differente.


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xmAvt5DLa conferma che venne dalle labbra di Amber non suscitò altro che una piccola “oh” sussurrata da parte di Eloise, mentre i suoi meccanismi mentali si attivavano per processare quell’informazione. Non sapeva bene da dove potesse partire quell’istinto di protezione, né aveva idea di quale fosse il suo sviluppo. Il pensiero conseguente, che venne lineare e immediato, fu il chiedersi se le fosse mai capitato di provare qualcosa di analogo. Altrettanto immediata fu la risposta, il no secco con cui la Lynch decretava che non c’era mai stato in lei spazio per quel sentimento, né nei confronti delle sue squadre favorite, né in ambienti separati dal Quidditch. Forse aveva provato qualcosa di simile nei confronti di qualche primino, ma essendo la più piccola di famiglia e avendo vissuto un’infanzia serena non aveva avuto bisogno di svilupparlo.
D’altra parte, non si poteva negare che l’attenzione di Eloise fosse stata nuovamente suscitata. Era incuriosita da quell’atteggiamento che, ai suoi occhi, risultava nuovo e maturo, e si chiedeva se a sua volta le sarebbe capitato di provarlo. E sebbene non sapesse che sarebbe successo molto presto, poco tempo dopo, in quella vicenda che coinvolgeva Laowyn e Vagnard (ma noi lo sappiamo alle sue spalle *fru), si disse che probabilmente prima o poi sarebbe capitato anche a lei, come conseguenza lineare della crescita e relativa maturazione. Al momento poteva tranquillamente applicarsi a far preoccupare gli altri, attività che le riusciva in maniera magistrale.
Anche qui, non c’era mai stata grande ragione di dolore e sofferenza: era come se la sua vita fosse sempre rimasta circoscritta in un’area protetta da eccessi che le avrebbero probabilmente causato ferite incurabili. Era per questo che Eloise non sapeva come rispondere alla vicinanza amichevole che Amber le stava dimostrando: aveva un automatico rifiuto verso i buonismi gratuiti e le parole di circostanza che in casi come quello fioccavano copiosamente, ma sentiva che non c’era pietà nelle sue parole. La bionda si stava sforzando per capire il suo mondo e, da come si poneva, rispettava la sua visione: gliene fu grata per questo.
Gli istanti di silenzio che seguirono, che Eloise non volle riempire con ulteriori commenti che avrebbero trascinato avanti il discorso sul Quidditch, furono riempiti dal semplice gorgoglio dell’acqua. Non c’era altro da aggiungere: non era quello il momento per elaborare i fatti, ma nessuno poteva recriminarle nulla se avesse deciso di cedere a quell’invito a farsi tirare su il morale.
Al richiamo di Amber aveva sollevato il capo, cercando lo sguardo della bionda per intuire perché avesse pronunciato il suo nome. La proposta che veniva dalle sue labbra era delicata e amichevole, frutto del ragionamento di chi sapeva usare le orecchie per ascoltare. La rossa ghignò, cogliendo l’allusione alla storia di Bradley e alle soluzioni che casa Tassorosso proponeva per risolvere i problemi. «Ottima idea...» Rispose subito, riportando dietro l’orecchio una ciocca di capelli ribelli. Strinse gli occhi, pensando alla soluzione migliore per ottenere lo sformato di mele cotte con il minor impegno possibile. L’ora di cena era vicina, era possibile che le cucine avessero già attivato la produzione dei dolci serali, ma Eloise non sapeva se era pronta ad uscire dal Bagno dei Prefetti. Era probabile che i corridoi fossero gremiti di Corvonero festanti e studenti eccitati per la partita appena conclusa, e lei non aveva assolutamente voglia di avere a che fare con loro. Le faceva sempre piacere visitare le cucine, ma se questo implicava incontrare tutto il resto della scuola per quel giorno ne avrebbe fatto anche a meno. Ma non era detto che le speranze fossero del tutto infrante. «Magari eviterei una gita fino alle cucine: sono sporca lurida.» Non era falso, ma preferì soprassedere sulla vera ragione che la spingeva a rimaner chiusa lì, certa che Amber l’avrebbe comunque intuito. «Però potrei avere un’altra alternativa.» Il ghigno, che era già presente, si accentuò ancora di più. Non era sicura che la sua tattica avrebbe funzionato: era stato Ned a svelarle quel segreto e non sempre le parole che uscivano dalla sua bocca si rivelavano affidabili.
«Ehm… Gertry?» Aveva parlato al nulla davanti a sé, in attesa di scoprire se avrebbe funzionato. Forse non era del tutto necessario spiegare le dinamiche dettagliate di quella conoscenza: sarebbe bastato giustificarsi con le numerose gite che la spingevano alle cucine con frequenza allarmante. Eppura, la tattica non sembrò funzionare. «Gertrude!» Riprovò con più decisione, chiedendosi se la sua determinazione sarebbe valsa a qualcosa.
Nei primi istanti parve non succedere nulla, ma d’improvviso il silenzio del Bagno dei Prefetti fu interrotto da un crac secco. Non erano più solo lei e Amber: nella stanza era entrato un terzo elemento, un’Elfa Domestica che lavorava nelle cucine di Hogwarts. Lo sguardo di Eloise indugiò per qualche istante sulla sua figura, considerando che dall’ultima volta che l’aveva vista non era cambiata per niente: la pelle incartapecorita e grigiastra ricoperta da un pastrano con lo stemma di Hogwarts, i radi capelli bianchi raccolti in una crocchia disordinata, le spesse lenti cerchiate di rosa shocking. Doveva essere alle prese con qualche ricetta, perché le sue mani erano piene di un impasto dall’aria invitante.
«Scusa se ti ho disturbata...» disse Eloise abbassando leggermente il capo, ma senza smettere di guardarla in volto. «Non te l’avrei chiesto se non fosse stato necessario: per caso c’è dello sformato di mele cotte?» Il suo sguardo si spostò su Amber, mentre un lampo di complicità le attraversava il viso.
«Mele cotte? Devo controllare, ma in ogni caso è questione di un attimo...» Fece una piccola pausa mentre, resasi conto della presenza dell’altro Prefetto, soppesava le parole. «Conoscendoti, avresti potuto preparartelo da te! A fra poco!» Le strizzò l’occhio e, con un altro crac, sparì.
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view post Posted on 8/10/2017, 16:25
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Aveva ormai capito che ogni cosa aveva un prezzo. Non era giusto pretendere che qualcuno la capisse, se lei per prima non si esponeva. Non che questa meccanica le piacesse, esporsi era sempre un cruccio per lei, ma la tranquillità che provava nel momento - più unico che raro - in cui trovava qualcuno degno di fiducia, era impagabile. Eloise Lynch poteva dire di essere riuscita in un'impresa quasi titanica per la seconda volta, aveva messo Amber di fronte ai propri difetti ed aveva - o almeno così sembrava - accettato una motivazione al suo non apprezzare il Quidditch. Capì da sola quanto fosse inutile pretendere di trovare nell'altra una compagna perfetta, trovando invece come le loro differenze potessero costituire punti di forza se poste l'una in fianco all'altra. Come quella strana collaborazione durante la missione in Messico. Il silenzio che seguì l'accettazione di Eloise e la confessione di Amber, non fu per nulla paragonabile a quello vissuto prima. Non c'erano tensione nè colpa in quegli attimi, erano più simili alla calma che segue un pianto esasperato o agli attimi successivi all'aver ricevuto la valutazione di un compito. Una valutazione positiva che portava ad un'ovvia fierezza per i risultati raggiunti, portava ad un momento di beata pausa ed a fissare un punto felice nel tempo. La rarità di quei momenti aumentava di anno in anno, così come aumentava il loro intrinseco valore. Per una volta non si chiese se fosse necessario esprimersi, non si chiese se confermare a voce quella ritrovata complicità fosse un bene o un male, perché non le serviva più alcuna conferma. "Certe cose le sai e basta", le aveva detto un giorno Nonna Elise, ed ora Amber sapeva che la donna aveva ragione. Anzi, sentiva perfino che aprir bocca di nuovo per tornare sull'argomento avrebbe guastato l'atmosfera, ed anche quello l'aveva spinta a virare verso qualcosa di più superfluo ed accattivante: un dolce. Si era chiesta se non fosse il caso di estrarre un buono sconto per il Florian, ma subito aveva accantonato l'idea. Non voleva comprarsi l'amicizia di Eloise, non sarebbe stato giusto ed anche quello avrebbe contribuito a peggiorare la situazione. In quel silenzio si stupì perfino della tranquillità con cui aveva accantonato le idee peggiori per illuminare solo quella più idonea - o almeno quella che sperava lo fosse. Il ghigno che seguì le parole "Sformato di mele cotte", fu l'unica conferma di cui avrebbe avuto bisogno. Di riflesso anche il suo sorriso si allargò, permettendole di mostrare quanto sicura fosse dell'idea - estrema?- di accompagnare eventualmente la Lynch in cucina. Rimase in attesa mentre mentalmente annotava una piccola sconfitta: non avrebbe tirato fuori Eloise dal Bagno dei Prefetti. Ma il suo piano non fallì del tutto, e quello fu un sollievo. Meno rassicurante fu invece l'iniziale "parlare a vanvera" di Eloise. C'erano altre persone nella stanza con loro? Come poteva Amber non essersi accorta di nulla? Non c'erano Prefetti di nome "Gertrude", ne era più che certa, e nemmeno Caposcuola. Chi, dunque, poteva entrare in quel Bagno oltre a loro?

«Chi stai ch-... Ah incalzò - o almeno ci provò - Amber, prima che il silenzio in cui era ripiombato il bagno, venisse riempito dal familiare "crac" di una materializzazione. Dal nulla comparve un Elfo Domestico, una femmina a quanto poteva comprendere. La divisa meno logora di quelle comuni e lo stemma della scuola non lasciarono alla bionda il tempo di porsi ulteriori quesiti. Era chiaro che si trattasse di un Elfo di turno in cucina, ma come faceva Eloise a conoscerla? Un'altra domanda che avrebbe conservato per un momento più idoneo, in quegli istanti l'unica cosa che si sentiva di fare era sorridere con incredulità. Sollevata nel constatare che almeno la compagna non aveva iniziato anche a parlare con il nulla, ascoltò con curiosità la discussione tra le due davanti a sé. Doveva ammetterlo: la ragazzina era piena di sorprese! Rimase immobile finché Gertrude - alla quale rivolse solo un cortese cenno di capo - non svanì di nuovo. «Gertrude eh? Conosci bene gli elfi delle cucine, Miss Lynch?» chiese con il tono di chi si aspetta una confessione da un momento all'altro, ma ben meno serio di quanto avrebbe dovuto. Era divertita dall'intera faccenda e poteva trasparire da ogni piccola variazione che si notava sul suo volto. Gli occhi più aperti, il sorriso incancellabile, un sopracciglio appena più sollevato ed infine una postura ben più rilassata. Rise, ancora sollevata dall'evidente accettazione della sua proposta. «E' una fortuna avere la Sala Comune proprio lungo il percorso...» Assottigliò appena lo sguardo, prima che un nuovo "crac", stavolta atteso, attirasse ancora la sua attenzione. Gli spessi occhiali conferivano all'elfa un aspetto così buffo che, se non fosse stato scortese, Amber non sarebbe riuscita a smettere di ridere in sua presenza.


“Never ruin an apology with an excuse.”
 
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view post Posted on 17/10/2017, 21:59
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xmAvt5DAnche nelle notti più scure, quando le ombre sembrano aver preso il sopravvento, si possono riscoprire luci inaspettate, limpidi bagliori in grado di far fuggire le tenebre e rischiarare la via. Era una cosa che Eloise Lynch aveva letto in centinaia di libri, ma le era servito toccare con mano per capirlo davvero. E mentre quel senso di oppressione causato dalla sconfitta aveva via via allentato la sua presa, ritrovava la libertà di provare quel sollievo generato dalla ritrovata intesa con Amber.
Il sorriso che increspava le labbra della sua compagna le suggeriva di non essere l’unica felice di come i fatti si erano evoluti, e in quel volto maturo che le stava davanti la Lynch ritrovò l’ombra dell’Amber che aveva conosciuto ai Tiri Vispi Weasley. Si portava dietro la stessa dolcezza e la stessa genuinità, sebbene gli anni passati avessero lasciato il loro segno. Ora come allora le due riscoprivano una loro dinamica, unica e irreplicabile nella miriade di relazioni che si sviluppavano su tutta la faccia della terra.
Gertry era comparsa e sparita nel giro di pochi istanti, e la domanda che aveva seguito la sua apparizione fece comparire un sorriso criptico sulle labbra di Eloise. Si voleva gustare quell’alone di mistero che avvolgeva quella conoscenza, e voleva che quella storia rimanesse ancora sopita per un po’. In qualche modo, aveva scoperto un ambito in cui comprendeva e condivideva la visione di Amber. «Ho i miei contatti, mettiamola così...» Rispose, sgusciando via dalla questione e alimentando il mistero. D’altra parte, le sue numerose gite in cucina non erano un segreto, e rappresentavano un ottimo scudo per la situazione. «Penso che ogni Tassino abbia il dovere morale di conoscerne l’ubicazione!» replicò infine, considerando che dopotutto Tosca Tassorosso era molto portata per gli incantesimi relativi al cibo.
Neanche il tempo di fermarsi a riflettere su come riempire quel silenzio, che Gertry ricomparve con il pop familiare della Smaterializzazione elfica. Rispetto all’immagine che avevano visto prima quasi niente era cambiato, se non che nelle sue mani erano stretti due succulenti sformati di mele. Erano caldi e appena sfornati, lo si capiva dal lieve fumo che emanavano e dal profumo intenso che aveva già invaso la stanza. Erano appoggiati su tovagliolini gialli, come a sottolineare la loro appartenenza, e offerti alle due Tasse con entusiasmo.
Sollevò le gambe, che erano rimaste a mollo nella vasca fino ad allora, e si mosse rapidamente verso l’Elfa. Con i piedi ancora bagnati si diresse a passo incerto verso di lei, facendo attenzione a non cadere. In quella condizione volare per terra sarebbe stato estremamente semplice. Giunta davanti all’Elfa si accucciò, la fissò dritta negli occhi e le sorrise. «Grazie mille, Gertry, ci hai salvate!» Neanche il tempo di recuperare i due dolci che l’Elfa scomparve, lasciando dietro di sé il profumo intenso tipico delle cucine.
Eloise, che aveva in mano entrambi i dolci, si era voltata verso Amber e le aveva porto ciò che le spettava. Un gesto che ormai era diventato simbolico, che voleva dire "io ci sono per te" e che metteva una base solida a ciò che stavano costruendo. Si gustò quell'immagine, della bionda che accettava il dolce con sguardo d'intesa, e se la impresse nella mente.

La luce del giorno stava ormai calando, lasciando spazio al rossore che precede la sera. Le ombre, ormai lunghissime, tracciavano solchi scuri sul pavimento chiaro.
Eloise e Amber rimasero lì ancora a lungo, lasciando che il tempo scorresse libero e perdendone cognizione senza che alcuna preoccupazione solcasse i loro volti. Furono le chiacchiere e gli scherzi, i sorrisi e le battute, a suggellare l'inevitabilità di quell’amicizia. Ma soprattutto, fu lo sformato di mele cotte.
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