| × Off-Game × × LegendaNarrazione"Pensieri" «Dialoghi»Si era promesso di combattere per lo stremo delle sue forze e lo aveva. Sospinto da quel desiderio, dalla fermabile volontà dal suo Trionfo, di andare sempre oltre per l'amore di quel magico mondo e di quel popolo così strano, aveva superato barriere ostacoli. Aveva odiato e si era fatto odiare. E aveva amato e si era fatto amare. Non gli importava la quantità di rischi che doveva correre; non gli importava i balzi nel vuoto che avrebbe dovuto fare, perché Shinretsu Raven era nelle braccia della Provvidenza. Un martire del vuoto, del Mondo Nuovo, che cercava la sua giustizia per scacciare la giustizia altrui continuando a battersi nonostante tutto. Nonostante gli inganni, nonostante le debolezze, nonostante le fatiche per salire fino alla cima di quella montagna, di buttare giù gli alberi, di andare sempre oltre, di superare sé stesso, di non arrendersi mai dinnanzi alle fatiche. Perché non importava la sofferenza se in fondo al tunnel c'era una luce di speranza per quel mondo così strano e in contempo particolare. Non poteva permettersi di perdere: su di lui gravavano le generazioni magiche, il Fato di quel mondo così oscuro e in contempo misterioso. La Provvidenza lo aveva scelto, alla fine dei conti... La Provvidenza lo aveva preso e portato laddove ora si trovava, perché altrimenti come avrebbe potuto fare tutto quello? Organizzare una rivolta contro il mondo magico moderno, nella sua scarsità e irrequietezza, nella sua sete di guerra e di sangue. Nella sua ipocrisia, che vedeva le generazioni di maghi combattersi a vicenda senza mai giungere al punto finale. - "Guerra totale..." - si ricordò della promessa a Sirius, stingendo i pugni sott'acqua. Era chiaro che ormai le sue forze erano sfumate: si era divertito molto quel giorno, a parte dal Dolore che gli avevano inflitto, e che bene aveva accolto. Prima o poi, sì, avrebbe provato la sua estasi totale, seguita dalla sua guerra totale al mondo delle ipocrisie e delle illusioni; delle strambe collaborazioni e di mancate verità. Davvero credevano che poteva avere paura del Dolore? Della morte? Di... Azkban? Quello che lui stava cercando, agonizzato, sicuro del fatto che lo avrebbero rinforzato, trasportandolo in avanti sulla sua strada verso l'unico sogno che gli interessava. Sì, se ne sarebbe uscito sicuramente rinforzato da quell'avventura comunque fosse andata. La debolezza si sentiva di già. Insieme alla debolezza mentale che lo portava sempre di più verso il sonno, sentì anche del Dolore – Ah! Dolce! - degli artigli che gli grattarono la gamba, ma non se ne preoccupò più di tanto. Il Dolore era sempre stato un suo valido alleato per andare oltre le possibilità, le condizioni, le precauzioni, per alzare le proprie barriere. Per migliorare. Un graffio in più o uno in meno, che importava? Solo il distruggere e il distruggersi a ogni occasioni, a ogni battaglia, ogni giorno, per tutta la vita: erano quelle le cose che significavano qualcosa per davvero. Era quello a trasportarlo, riempirlo, spingerlo e donargli la forza di abbattere i muri, creare i ponti e costruire i legami con le persone più improbabili a cui potesse pensare, Sirius White e Nicholas Black. Eppure... Si ricordò di Lei, di quella strada in cui l'aveva vista, lasciata, prima di partire a confrontarsi con il Destino qualcuno esso sarebbe stato. Quindi agì. Non poteva perdersi nei ricordi, ma continuare a combattere nonostante le mille difficoltà e tanti problemi. La mente era stanca, certo, ma non per questo non riuscì a immaginare nella propria mente quel vicino-lontano vicolo in cui era comparso la prima volta per andare nella biblioteca magica di Londra. Era un vicolo come tanti altri; un clochard era di fronte allo stesso vicolo. Dentro s'immaginò le piastrelle lisce, con un lieve strato di sporcizia su di esse. Nello stesso vicolo vi erano due cassonetti di spazzatura: entrambi erano pieni la prima volta e servivano anche per nascondere Raven dai passanti della strada. Quel che era certo, era che questo vicolo era molto più vicino a Raven, che la sua base-campo con la casetta che utilizzava insieme a Sirius, che invece si trovava a ben 300 chilometri di distanza da Londra. In ogni caso, in quegli istanti cercò di tirar fuori dalla sua mente le ultime briciole di concentrazione e di attenzione, quel che ne rimaneva, per ricordarsi tutti gli elementi che contraddistinguevano proprio quel vicolo londinese. Un vicolo oscuro, in cui la luce ci entrava di soppiatto, illuminando a malapena i cassonetti ricordati sopra. Di soffuso i raggi di sole cadevano sulla spazzatura negli stessi cassonetti, illuminandone i resti: bucce di banane, bottiglie di plastica e di vetro, carta qualsiasi, ma anche resti alimentari di moltissimi altri generi. Negli stessi, - s'immaginava Raven, - le formiche, i batteri e i vermi, a pranzare sui resti dei cibi umani. In tutto il vicolo sostava la puzza caratteristica della spazzatura: quell'odore acuto, strano, che infastidiva le narici. Raven se lo ricordava ancora dalla volta precedente in cui lo aveva annusato: era dannatamente marcio. Il vicolo, largo a malapena un metro o due, con i cassonetti entrambi in orizzontale soltanto su di un lato, terminava con un muro in fondo, a circa una decina di metri dai cassonetti. Era lungo, quindi, circa 12-13 metri, mentre il muro rappresentava un ostacolo che faceva di quel vicolo un vero e proprio vicolo cieco. Le case che formavano il vicolo erano dei piccoli palazzi. Sebbene le facciate fossero di uno stile vittoriano ben preciso, con qualche accenno classico, i muri laterali non avevano alcuna particolarità di sorta. Erano dei semplici muri neri, che "crescevano" dal terreno per circa una ventina di metri, non più. Per un attimo Raven immaginò di guardare all'insù, notando il cielo grigio di Londra tra i due palazzi. Impresse quell'immagine, con la puzza vicina dei due cassonetti di spazzatura nella sua mente, come se si trovasse di giù in quel vicolo cieco, con il muro da una parte e una strada di Londra dall'altra, nascosto nell'ombra del posto.
Immaginò di appoggiarsi a uno dei muri del vicolo, percependo sotto i polpastrelli della sua mano sinistra il freddo tipico di quella pietra. I suoi occhi puntarono verso la luce della strada, quelle macchine e persone che passavano senza notarlo. Quelle macchine che emanavano uno strano rumore che Raven, ancora sott'acqua, percepiva in modo abbastanza lucido. Quel rumore fastidioso delle macchine che gli infastidiva l'udito e quel farfugliare di voci e passi delle persone sulla strada... Come avrebbe fatto a sopportarli? Come avrebbe fatto a sopportarli già lì, sott'acqua, come se si trovasse a centinaia di metri di distanza, ma sempre a Londra? Quel rumore, unito all'incredibile puzza della spazzatura vicina, - un odore che si ricordò in modo forte e chiaro, - gli riempì le narici in un attimo. Non lo avrebbe dimenticato... quell'odore. Non così facilmente e rievocarlo in tutta la sua intensità in quell'attimo non fu affatto difficile: era un odore decisamente troppo caratteristico. Fissò il tutto, - gli odori, i rumori, le immagini, le percezioni, - del luogo nella propria mente, ricordandosi alla perfezione com'era fatto quel vicolo. Quindi continuò ad agire, senza badare a nient'altro di tutto ciò che aveva intorno. Sotto all'acqua sentì nascere un'immagine d'immensa volontà. Una di quelle che lo ha portato a... bruciare. Non poteva perdere, del resto. Non poteva farsi catturare, né morire; non ancora. Il mondo era ancora così giovane! Troppe fatiche, troppe azioni vigevano sulle sue spalle, troppe azioni avrebbe ancora dovuto fare e troppe battaglie combattere. Restare lì, in mezzo all'acqua, con la mente che si spegneva piano-piano non era un'opzione contemplata. Il fallimento non era contemplato quando c'era la Provvidenza a illuminare la strada e spingere nella schiena perché la lotta continuasse, ferrea e aggressiva, ovunque e comunque. Doveva arrivare in quel vicolo, in cui avrebbe trovato riparo e tempo in attesa di raggiungere la, probabilmente, troppo lontana base per le sue capacità mentali e fisiche. Cercò, con tutte le forze che gli restavano, con tutte le sue fibre nervose e cellule, di raggiungere quell'ultimo Trionfo della Volontà per quella giornata. Cercò di trasportare tutto sé stesso, - gli atomi, le molecole, le cellule, i tessuti del suo corpo, - in un'unica botta proprio in quel vicolo fissato in mente poco prima. Immaginò quel rapido percorso che lui avrebbe dovuto fare dall'acqua di quella fogna, sparendo, per ricomparire in quel vicolo dopo un solo attimo. Immaginò tutte le sue cellule scomparire in un attimo, per ricomparire lì. Sentì quell'energia vibrazionale scorrergli lungo il corpo, tirando i suoi tessuti verso la scomparsa. Immaginò, insomma, tutto ciò di cui era composto sparire per ricomparire e serrò i denti in maniera ancora più forte. La sua volontà salì, la sua determinazione nel raggiungere il posto prefissato toccò i massimi vertici. Tutto in un solo istante: rompendo i muri, andando oltre gli ostacoli, sorpassando le difficoltà. In quell'istante si sentì un'energia dinamica, infermabile, instoppabile. Si sentì come un treno che viaggiava sempre in avanti a velocità stratosferiche; uno di quelli che non poteva arrendersi o essere fermato. Uno di quelli che, nonostante tutto, avrebbe raggiunto la sua meta e la sua destinazione. E in contempo agì, senza paure (ma di cosa doveva avere paura? Aveva passato la linea rossa da un bel po'), senza timori, senza distrarsi per sentire i rumori o guardarsi intorno, ma in tutto e per tutto concentrato sul movimento che doveva compiere, sullo spostamento che doveva fare, su quell'unica battaglia, ma anche su tutta la guerra che avrebbe dovuto fare da quel punto in poi. Era un carro armato che imperversava sul campo di battaglia continuando la sua corsa in avanti: niente paura di tornare indietro, né di morire, né di venire imprigionato. Niente paura dei morsi, degli incantesimi, degli ostacoli e delle trappole. Niente paura del Dolore, della Morte o della Sofferenza. Niente pause per riflettere, niente pause per guardarsi intorno, niente pause per avere paura! - "Solo in avanti... mai indietro..." - Raggiunta la Decisione, l'Akuma impresse tutto nella propria mente. Rimase concentrato sulla Destinazione, Determinato come non mai a spostarsi da quella fogna verso il vicolo che aveva immaginato e infine deciso a sparire, in tutto e per tutto, con il corpo al completo, per ricomparire in un altro punto di Londra. Con tutto ciò nella mente, strinse meglio la bacchetta nel pugno.
E spostò l'equilibrio del suo corpo a sinistra. Per farlo usò principalmente il braccio sinistro, aiutato da quello destro. Entrambi gli arti spinsero l'acqua in una sola direzione in un solo momento. Il movimento fu supportato anche da una rapida torsione del bacino, in quel che si rivelò essere una piroetta eseguita con la spalla destra a girare verso l'interno. Ci mise tutto sé stesso nella potenza di questa rotazione sul proprio asse, affinché avvenisse abbastanza velocemente nonostante l'acqua. L'acqua, del resto, non impediva i movimenti, ma li rallentava. Per questo agì di forza, spostandosi dinamicamente, energicamente e velocemente tutto in un colpo solo. Eseguì quella rotazione senza altri pensieri che non riguardassero la sua Smaterializzazione. La eseguì da passato sportivo qual'era, contando anche sull'effetto rinfrescante del precedente incantesimo che aveva utilizzato. La eseguì con le ultime forze, perché la rotazione su sé stesso nell'acqua avvenisse in un istante solo e non fosse rallentata nonostante tutto. Doveva farcela, non poteva fallire e lo sapeva. Quel suo movimento avrebbe deciso tutto.
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