Raven Shinretsu vs The Magician e Claire Santos

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view post Posted on 27/5/2017, 11:14
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Non intendeva perdere tempo. Non quella volta. Non contro di loro. Non contro degli ostacoli che doveva sorvolare come se non ci fossero. Il tutto per arrivare alla sua... stella. Per arrivare a Lui. O meglio: a loro. Perché il nemico non era solo. Perché i nemici erano insieme. Perché erano in 4. Perché in 4 dovevano alzare bandiera bianca. - "Non loro. Non qui." - Di fronte alle sue convinzioni, capendo che non vi erano altri modi, che le vie dell'infiltrazione, le strade facili, quelle in discesa, dovevano essere lasciate agli altri, non gli restava che spingere e spingersi. Notò i gesti dell'avversario e dell'arbitro, chiedendosi cosa e perché. Notò lo stupore; notò l'indifferenza: quell'elemento che lo aveva spinto ad agire. - "Non posso fermarmi se voglio diventare più forte di lui". - Sguardo e mente vennero concentrati sul campione del club, il quale ora cercava di capire cosa fosse Raven. Cosa fosse diventato dopo quelle sue sperimentazioni. Già. Lo vedeva. Ma poco importava, perché quell'attimo di tanto lo aveva già guadagnato. Si era già... spinto. Guardò soltanto come un raggio dal colore azzurro, in qualcosa simile al cielo, lo attraversava per infrangersi da qualche parte alle spalle. Quanto tempo stava perdendo nel valutare, nel muovere le sue evocazioni di pietra, nel sperimentare cosa fosse quell'Akuma? Quanto tempo ci avrebbe messo per capire il punto debole di quell'incantesimo, provandoci e riprovandoci, volta dopo volta? Sulla strada di tentativi e fallimenti non poteva che lasciar aperto il fianco. Non poteva che sbilanciarsi, aprirsi. E anche senza i suoi incantesimi letali, laddove un Sectusempra avrebbe risolto tutto e subito, Raven non poteva chiedere di più. Il tempo, del resto, era proprio quello che egli voleva. Quello che stava cercando. Per dar vita all'Arte del Dolore che tanto amava. - "Ancora e ancora..." - La porta era stata aperta quando la ragazza lo aveva attaccato con uno dei suoi incantesimi preferiti. La porta dell'Arte avrebbe, allora, generato mostri, pericoli, fuochi, quadri. Inerme Raven rimase a guardare anche come Claire puntava la bacchetta verso il soffitto e la girava, girava, girava, scatenando quel che, forse, doveva essere un temporale o una pioggia. E in tutto questo l'Akuma avrebbe dovuto starsene in disparte ad ammirare i loro tentativi?.. Bacchetta alla mano l'Akuma agì e le sue azioni furono appena sufficienti. La strega venne interrotta nel mentre cercava di evocare quelle nubi oscure, l'altro venne buttato giù dalla pedana. Era funzionato contro di loro, ma... sarebbe funzionato contro di Lui? Sarebbe funzionato contro un Dio?

La fatica sostenuta era tanta, ma la soddisfazione?.. Probabilmente nulla. Anche perché loro non erano Lui. Erano soltanto degli ostacoli sulla sua strada. Degli scalini che egli avrebbe dovuto superare, che avrebbe dovuto posizionare in fila, per salire di gerarchia.Ora erano soltanto dei cadaveri inutili, corpi dispersi qua e la, pronti per essere divorati senza pietà. Se prima Raven aveva posizionato la sua bacchetta puntandola contro la strega, in pochi secondi la diresse contro il campione del club disteso sul suolo. - "Distruggere per farsi distruggere..." - Era un obiettivo facile: a parte le scariche elettriche che tuonavano in alto, frutto dell'ingegno di quella strega, nulla sembrava turbarlo. Allineò la punta della bacchetta contro l'esatto centro del petto di The Magician, che di duelli ne aveva probabilmente svolti tanti, ma che non aveva mai trovato un avversario degno di quel nome. Perché forse nessuno desiderava davvero di fargli del male in un qualcosa che non era un vero duello, ma che era soltanto una farsa. Nell'istante stesso l'Akuma si ricordò anche del buco che aveva nella spalla, frutto di quel proiettile. - "Ai cani una morte da cani" - si disse fra sé e sé di nuovo accumulando tutta la sua potenza, tutto il suo odio. No. Quel tipo ricciolino non gli aveva fatto nulla. Era soltanto... sulla sua strada. Non più una strategia, non più una tattica. La porta era stata aperta. - "Voglio il suo cuore".

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Voleva vedere i suoi organi interni dispersi ovunque per la sala, voleva vedere le lame nei suoi reni, voleva vederlo soffocare, morire, esplodere, annegare e bruciare al contempo. Voleva che tutte le sue cellule si disperdessero al vento e cje quella figura smettesse di esistere. Voleva vederlo appeso a un albero con un cappio al collo o in una macelleria con un gancio a sostenergli le costole. Voleva sentire le sue ossa rompersi, i suoi occhi uscire fuori dai bulbi oculari ed esplodere. Vae Victus! Ecco qual'era l'unica regola del mondo. - "Uno contro due o uno contro una legione... non vedo quale sia la differenza" - Strinse i denti: quel corpo disteso a terra era una vittima facile. Era una vittima. Una preda. Doveva cancellarlo dalla faccia dalla terra. Ma non era... Lui. Sentì la rabbia scorrere, cercò di trasformarla in energia. Sentì l'odio infuocare e la volontà di farlo a pezzettini piccoli-piccoli salire. Lo avrebbe fatto. Se solo non fosse per l'arbitro, lo avrebbe fatto eccome. - "Perché il mondo sia migliore voi dovete morire..." - Non più un'esitazione: il suo fuoco, la sua energia, la rabbia, l'odio, tutta la volontà di fare male, di distruggere ogni cosa, di manfiare in rovine tutto venne trasmesse prima al braccio, poi all'avambraccio e infine alla bacchetta. Sentì quell'enorme accumulo di energia scorrere, vibrare, infuocarsi, danzare. Vide nella sua mente l'immagine di una e mille esplosioni. Vide l'energia che faceva tremare la terra. Vide come un lampo bianco mandasse in rovine il resto della pedana, di come si rovinasse il terreno sotto al corpo caduto. Vide come l'onda esplosiva mandasse in rovina le sue ossa, vide i danni ai suoi organi, vide come si fermava il battito del suo cuore. Immaginò il fuoco. Immaginò le fiamme. Immaginò la distruzione. Immaginò come un lampo bianco di energia pura sfondasse quella barriera del club.



"Io sono la Luce!" - si ripeté per la seconda volta fissando l'obiettivo dinnanzi a sé. La cosa accellerò il tutto. la cosa lo fece vibrare ancora di più sprigionando la sua energia. - "Non un passo indietro!" - Aveva abbandonato troppo lungo la sua strada, per ritornare indietro, sui suoi passi. E aveva costruito molti legami nuovi. - "Legami che non posso tradire."
Come prima il suo colpo compì un perfetto cerchio in senso orario venendo riposizionato contro il centro del petto del giovane mago, laddove si trovava il suo cuore. Poi la sua voce tuonò nella sala. Opprimente, forte, energica, come un sinonimo della distruzione stessa. Come un imperativo. Come il Mondo Nuovo. Come il suo Grande Sogno. Come la sua enorme Utopia. Come quella vibrazione che si sarebbe dovuta dirigere verso il campione del club e altrove, scaraventando, spaventando, distruggendo, annullando.
«EXPANDIT!»
Non gli importava chi aveva dinnanzi. Non erano Lui. Non gli importava nemmeno se erano capitati al posto sbagliato al momento sbagliato. Voleva le loro teste. Voleva semplicemente le loro teste. Le bramava con tutto il suo cuore.





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view post Posted on 3/6/2017, 04:01
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S’era già stancato, il potente e squilibrato mago, di quella messinscena? Era dunque giunto il tempo di chiudere il sipario? Sotto le prime gocce di pioggia che, scendendo dalle sovrastanti nuvole, cominciavano a bagnare il pavimento della Sala (e ad attraversare il corpo fumoso di Raven) la punta del Cedro andava ora a indicare il petto del Magician, l’individuo di misteriosi talenti che per lungo tempo aveva vantato del trono su quei luoghi. Era già tempo che la Corona cadesse? A vedere la bacchetta pronta a castare un incantesimo di tale potenza e la minuta figura dell’uomo che, sdraiato sul pavimento, digrignava i denti per il dolore, non si sarebbe dato a quella sfida un altro minuto di vita. Eppure, altre erano le vie del Fato. L’esperto e ferito duellante non si scoraggiò per un istante, ma ecco che con un rapido gioco di mano passava la bacchetta al braccio sinistro (il destro giaceva apparentemente inerme lungo il fianco esposto al soffitto), e subito andava a disegnare il cerchio immaginario che presto si sarebbe materializzato come suo scudo. “Protego” sussurrò la voce, sicura ma smorzata dal dolore.
Ora, un qualsiasi duellante che si rispetti avrebbe saputo perfettamente che un semplice incantesimo quale il Protego non avrebbe potuto nulla contro un Expandit di potenza già dimostrata, ma il caso era del tutto particolare: trovandosi sdraiato a terra, TM aveva castato l’incantesimo non di fronte a sé, perpendicolare al pavimento, ma fortemente inclinato, quasi rivolto verso il soffitto, come una coperta che lo avvolgesse per metà, una magica trincea. Fu questo particolare a salvargli la vita. L’esplosione fu terribile, se possibile ancor più di quella precedente, capace di danneggiare persino il pavimento in legno della sala e scorticare qualche pezzo della già cadente pedana, ma ultimamente inefficace: dal lato della barriera magica che proteggeva il resto della sala, un tempestivo Protego castato dall’Arbitro aiutò a difendere gli inermi Spettatori, che già si schiacciavano contro le pareti della Sala o addirittura se la davano a gambe per la porta, nella confusione più totale; il reale obiettivo dell’incantesimo se la passò appena peggio, riparato in gran parte da quella debole paratia magica che aveva rapidamente evocato, e che contribuì significativamente a deflettere la potenza dell’esplosione verso la parte più remota della Sala prima di infrangersi miseramente. Il duellante più esperto di tutta Londra venne scagliato indietro di qualche altro metro, rotolando sul pavimento, ma decisamente meno ferito di quanto sarebbe stato qualora l’esplosione lo avesse preso in pieno, mentre le sue sapientemente maneggiate evocazioni cadevano al suolo, inermi, svanita la concentrazione del loro burattinaio. La bacchetta dell’Akuma si stava forse già alzando, pronta a dettare la parola ‘Fine’, quando una voce concitata pervase la sala, richiamando all’ordine quella scena di chaos e distruzione. “Fermi, fermi!” Era l’arbitro, che dall’alto del suo secolo e passa si muoveva quanto più rapidamente possibile così da porsi a egual distanza dai duellanti, le braccia allargate a invocare una temporanea tregua. In realtà la richiesta, più che al duellante riverso per terra, era rivolta a quella stramba nuvola di fumo che doveva, doveva essere Raven Shinretsu, in qualche modo. “Fermi, dichiaro il duello sospeso. Signor Shinretsu… devo controllare la sua bacchetta.” E la voce dell’anziano mago suonò quanto più incerta alla strana creatura, incerto se stesse in effetti parlando al giovane mago che aveva varcato la soglia qualche minuto prima. Così restavano, dunque: The Magician riverso a terra, la bocca distorta in una smorfia, la bacchetta nella mano sinistra; l’arbitro, postosi a metà sala, la bacchetta ancora nella mano e gli occhi che scrutavano cautamente quella nube scura immersa nella crescente pioggia; e Claire, dispersa da qualche parte dall’altro lato della pedana, possibilmente non morta, ma non era il momento di accertarsene. Cosa voleva poi controllare, l’anziano mago?



Raven Shinretsu
La totalità del corpo e la bacchetta hanno assunto una consistenza gassosa.
Ferita abbastanza profonda alla spalla destra, il proiettile di vetro è stato estratto.
Coperto da una nube temporalesca, e immerso nella pioggia.

PS: 292
PC: 330
PM: 498

Claire Santos
L'effetto di Magicus Extremus svanisce.
Non riesce a vedere Raven a causa del Seocculto.
L'Extendo Gravitas è svanito.
Caduta dalla pedana, fuori dalla vista di Raven, diverse vertebre fratturate.

PS: 44
PC: 140
PM: 140

The Magician

Magicus Extremus conclude il suo effetto. Piertotum Locomotor conclude il suo effetto.
Sotto l'effetto di ???, può vedere Raven.
Caduto dalla pedana, gravi danni al braccio destro, bacchetta nella mano sinistra.

PS: 115 - 23 = 92
PC: 190
PM: 200


Purtroppo non sono riuscito a creare la mappa per questo turno, per mancanza di mezzi. Le posizioni dell'arbitro e degli spettatori cambiano come descritto dal post, TM viene scaraventato di qualche metro indietro, la pedana in corrispondenza al luogo dove prima si trovava viene ulteriormente distrutta, e il terreno della Sala incrinato. La nube temporalesca comincia a rilasciare pioggia, e i quattro costrutti cadono dove erano, immobili.



Duello sospeso momentaneamente (in ON) dall'arbitro.

Prossima scadenza 10/05, ore 00:01


 
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view post Posted on 4/6/2017, 09:59
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Quando vide l'esplosione, pensò che era finita. Ce l'aveva messa tutta: tutto l'odio concentrato in unico colpo. L'energia che ne scaturì fu stupenda: un vero mix di arte, paura, rancore e di tutte quelle energie negative che Shinretsu Raven amava come se fossero una parte di lui stesso. Quando, però, la nebbia si dileniò e la polvere sparì, quando l'illusione della vittoria si trasformo in una realtà di quasi sconfitta, quando quel boccino della vittoria sfuggì dal palmo della sua mano lasciandolo lì, sulla pedana, a guardare uno scudo inclinato che aveva praticamente annullato il suo colpo, strinse i denti. Non aveva mai visto qualcosa del genere: uno scudo era pur sempre uno scudo. Inclinato o no, a meno dell'utilizzo di altri stratagemmi, non avrebbe potuto limitare l'azione dell'onda esplosiva in un mondo così particolare. - "L'ho lasciato vivo..." - Capì l'Akuma guardando l'avversario respirare. Istantaneamente inventò un'altra mossa da compiere per metterlo KO in maniera definitiva. Aveva molte idee, la sua mente celebre. Aveva molte possibilità e il duello era ancora vincibile. Quando alzò la bacchetta puntandola al soffitto della sala, di nuovo preparandosi a calcolare la traiettoria e rilasciare l'energia, sentì la voce dell'arbitro. Quella voce che intimava di fermare le azioni, di sospendere il duello, proprio in quel punto, in quel frangente, quando la vittoria era ormai sua e bastava... bastava così poco!.. Alle prime due parole l'Akuma girò la testa verso il vecchio, lanciandogli uno sguardo di puro terrore, di puro odio, per colui che osava intramettersi tra l'Akuma e la sua preda. A furia di stringere i denti e serrare la mandibola percepì dei microcrampi alla muscolatura facciale. Poi, però, non poté far altro che sentire l'assurdo motivo di quell'assurdo stop e, saltando giù dalla pedana in un fare praticamente aggressivo, avvicinarsi correndo verso l'arbitro.
"Che motivo idiota per fermarmi!.. Per evitare la loro... fine!"
Non gli avrebbe dato la sua bacchetta così facilmente, no. Si sarebbe avvicinato faccia a faccia verso il vecchio, muso a muso, con gli occhi pieni di rabbia, di aggressività e della voglia di far male. Perché le sue prede erano ancora la e non avrebbe potuto digerire una simile sconfitta. Non avrebbe potuto calmarsi facilmente se quel tizio gli avesse permesso di... fuggire. O peggio ancora: di vincere.
Porse al giudice la bacchetta nebbiosa in un unico gesto, come a voler dire: "tié, controlla"... ma l'avrebbe presa? E se l'avrebbe presa, come avrebbe fatto?
E soprattutto: nei duelli ogni secondo era prezioso. E più tempo avrebbe perso per controllare la bacchetta di Raven, più tempo di vantaggio avrebbe dato ai due avversari per riprendersi.



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view post Posted on 8/6/2017, 16:37
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Il Fato

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Attimi di tensione nella Sala. Non una mosca volava dopo le parole dell'arbitro, persino le grida che avevano risuonato in seguito alla seconda esplosione si erano quietate mentre gli spettatori osservavano stupiti e pieni di timore la scena; solo la pioggia che cadeva fitta dall'incantesimo cambiatempo osava là dove altri non potevano, sicura e inarrestabile nella sua eternità concettuale, pura e inaffrontabile forza. La nuvola scura, dai solo vaghi contorni del giovane che era stato, si mosse nell'aria oltre la pedana, oltre la pioggia, sorvolando il pavimento lenta e minacciosa; e bisogna congratularsi con l'arbitro se ebbe la fermezza di non indietreggiare durante quei secondi. Non c'erano più lineamenti sprezzanti, occhi che insultassero qualsiasi cosa all'interno di quella sala, solo un cumulo di fumo aggrumato. Era quello un errore? Un'incantesimo sbagliato? Eppure la maestria con la quale l'uomo si destreggiava in quella forma pareva suggerire il contrario. La bacchetta dell'anziano era sempre stretta nella mano destra, ora un po' più saldamente mentre la nube sembrava guardarlo, dall'alto in basso, e allungava una propaggine che in origine doveva essere stato un braccio. Solo allora l'altro si scostò, allontanandosi quanto bastava per vedere un sottile filo di fumo staccarsi da quella propaggine e cadere lento attraverso lo spazio che lo divideva dal pavimento, apparentemente soffice come una piuma, prima di raggiungere il suolo e sfaldarsi, spargersi come un pomodoro maturo lanciato da un alto torrione, e subito dopo ricomporsi nella sua incerta eppur ovvia forma (giacché molto la magia poteva, ma non far dimenticare del tutto a quella materia la sua vera identità): una bacchetta, se così la si poteva ancora definire, dai contorni frastagliati e mutevoli, ma pur una bacchetta. Tutti i canuti peli sul corpo dell'uomo si rizzarono, e persino la sua barba (divisa in tre eleganti ciocche, tenute insieme da anelli d'argento) sembrò irrigidirsi, mentre il largo cappello quasi gli cadeva di fronte. Alzò lo sguardo ancora per un secondo sull'Akuma, come per accertarsi che non potesse colpirlo all'improvviso grazie alla breve distanza, poi lo riabbassò sulla bacchetta, e contro di essa puntò la sua, a pronunciare il suo chiaro ordine: "Prior, Incantatio". Una breve pausa tra le due parole ben scandite; non ci sarebbe stato modo di non comprendere la formula nemmeno se si fosse stati dall'altra parte della sala, con le orecchie coperte, cantando una filastrocca. Perché oltre che un incantesimo quella era una procedura, e quello il suo annuncio. Il filo di fumo emise per un attimo una flebile luce, attraversato da scintille magiche, prima di esaudire la richiesta:
il fantasma di una minuscola esplosione si manifestò davanti ai loro occhi, a qualche centimetro dal terreno, e poi una seconda più forte, l'immagine dell'aria che si espandeva disegnata davanti a loro da sottili scie azzurrine; e ancora un altro incanto, la sagoma stilizzata di Raven (curiosamente rappresentato nella sua forma ordinaria) che si celava dinanzi ai loro occhi grazie al Sèocculto, e infine ciò che cercavano. L'incantesimo ri-pitturò dinanzi a loro quella sagoma d'uomo, un'idea, un concetto, e davanti ai loro occhi dopo un istante quell'immagine divenne fumo, questa volta dello stesso colore scuro che l'arbitro avrebbe potuto osservare alzando il suo sguardo. La nuvola era scomposta e minacciosa, priva di fattezze o volto, assolutamente dissimile da quello che un essenubilis avrebbe potuto produrre. L'anziano mago fece un gesto con la bacchetta, come a riavvolgere un nastro, e quella stessa scena si ripeté una seconda volta davanti a loro; un altro gesto e il Prior concluse il suo spettacolino, mentre il volto percorso da rughe si alzava severo e pieno di ritrovata sicurezza nei confronti dello sfidante solitario. "Signor Shinretsu, che razza di incantesimo è mai questo? Non è simile a niente che io abbia mai visto, e ciò include ogni incantesimo permesso all'interno di queste mura."
Era pur sempre a un mago che stava parlando, no? Un mago eccentrico, di sicuro, e straordinario per certi versi, ma pur sempre un mago che aveva deciso di sottoporsi quel giorno alle regole di quella Sala. E in quella Sala quel giorno era Lui, l'Arbitro, il regnante e sovrano, il Giudice, e sua era la Parola. "Le devo chiedere di interrompere questa bizzarria, e spiegarsi." A circa cinque metri di distanza The Magician osservava, ancora disteso, diviso tra l'interesse per quella scena e il dolore che come tanti spilloni gli perforava il corpo in ogni istante. Nella mente calcolatrice del duellante più esperto di Londra, c'era la certezza che quella faccenda non si sarebbe conclusa bene. Non era più del tutto Uomo la persona che si era presentata quel giorno dall'altra parte della pedana.



Raven Shinretsu
La totalità del corpo e la bacchetta hanno assunto una consistenza gassosa.
Ferita abbastanza profonda alla spalla destra, il proiettile di vetro è stato estratto.
La bacchetta è a terra, a circa due metri dal tuo sguardo.

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Non riesce a vedere Raven a causa del Seocculto.
Caduta dalla pedana, fuori dalla vista di Raven, diverse vertebre fratturate.
La pioggia continua a cadere.

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The Magician

Sotto l'effetto di ???, può vedere Raven.
Caduto dalla pedana, gravi danni al braccio destro, bacchetta nella mano sinistra.

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Le aree seghettate sul terreno e sulla pedana descrivono le zone coinvolte nelle esplosioni. Sul terreno normale, si verifica una rientranza delle assi di legno, lievemente inclinate. La pedana nella zona interessata è invece completamente collassata, il tappeto stracciato o smosso, e si intravede il pavimento sottostante. Nella zona cerchiata di nero, la pioggia continua.




Duello sospeso momentaneamente (in ON) dall'arbitro.

Prossima scadenza 11/05, ore 18:00


 
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view post Posted on 9/6/2017, 09:50
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Stava, forse, scherzando? No, perché quel duello agli occhi dell'Akuma si stava rivelando essere uno dei più ingiusti della sua intera carriera. Non perché quel tizio si fosse intromesso tra il demone e la sua preda, ma anche perché iniziava a dargli sui nervi. E quando a Raven si dava sui nervi le possibilità non erano molte. E non erano molte specialmente in quel momento, in quell'istante, laddove il sapore di sangue e l'odore di carne aveva trasformato l'Akuma in una bestia vera e propria. Guardò comparire il Superioris. Guardò come l'arbitro lo osservava, nel mentre il tutto veniva mostrato. Nel mentre egli, un mortale qualunque, veniva a sapere dei segreti di Raven. Veniva a sapere delle sue tattiche, dei suoi pensieri. E tutti gli spettatori, vermi inutili, carne pronta per essere macellata, guardavano gli incantesimi insieme a lui. Già quando quel tizio ebbe il coraggio d'interrompere il duello quando ormai mancava poco al suo termine, quando le ossa delle due inutilità sarebbero state depositate nelle tasche dell'Akuma e questi li avrebbe utilizzati come degli stuzzicadenti. Già lì l'ira era aumentata a dismisura. Si era duplicata, nel mentre l'Akuma guardava i frutti dei suoi sforzi distesi per terra, doloranti, e ammirava la sua Arte, unica e vera, che aveva trasformato il suo corpo in una fortezza che non poteva essere distrutta. La rabbia, già tanta per la fermata del duello, era aumentata ancor di più quando l'arbitro aveva deciso di ridicolizzare l'Akuma. Pensava fosse una buona idea quella di mostrare a tutto il pubblico il risultato dei suoi sforzi?.. Pensava che sarebbe stata una buona idea, quella di mostrarne le tattiche? Beh, si sbagliava. Si sbagliava anche quando pensava di poter andare da Raven e chiedersi che incantesimo fosse quello. Poteva, davvero, un mortale chiedere delle spiegazioni a un Demone? Poteva un arbitro qualunque domandare qualcosa al Diavolo? Guai alle nostre scelte, - ecco qual'era l'unica verità utile per l'Akuma. Ecco qual'era l'unica verità che disciplinava quel mondo astruso. Ascoltò la sua domanda con la bacchetta ancora puntata verso di lui. Non la spostò: già dapprima gli era puntata contro il cuore. Ormai, quando la rabbia e l'odio per lui, intromessosi così ingiustamente, era alle stelle, l'Akuma riuscì a staccare una mascella da un'altra e ringhiare. Perché voleva ringhiare: voleva che quel tipo sapesse che l'Akuma era incazzato. Perché il cane che abbaia non morde. O forse sì?
«Vuole che mi spieghi?» - chiese. - "D'accordo. Mi spiegherò". - Da breve distanza, quasi nulla, immaginò la morte di quel tizio, immaginò il suo corpo cadere a terra, privo di vita. Immaginò il suo nome cancellato. Immaginò il suo cadavere. Freddo. Tutto in meno di un solo istante. Poi, quando lo guardò negli occhi, pronunciò mentalmente la formula magica che gli avrebbe dato le dovute spiegazioni, bacchetta già dapprima puntata al suo cuore.
"AVADA KEDAVRA!" - urlò mentalmente cercando d'imprimere alla formula magica tutta la sua volontà di uccidere. Al momento dell'esecuzione dell'incantesimo guardò nei suoi occhi, cercando di vederci qualcosa, cercando di bluffare, di non far sembrare volenteroso di attaccare.
"Felice delle mie spiegazioni, vecchio?"
Colpito o no, l'Akuma non si sarebbe girato per vedere la reazione degli altri. Il lampo verde si sarebbe spiegato da sé, mentre Shinretsu Raven avrebbe avuto ben altro a che pensare. Del resto, tutti lo avevano visto in quella sala. Tutti si erano accorti di lui. Del suo volto. Forse qualcuno lo conosceva pure... E... Beh, l'occhio non vede, il cuore non duole. Bene o male quel giorno l'Akuma avrebbe dovuto applicare quell'assioma contro tutti. Perché da 1 vs 2 in poco meno di un attimo era diventato un uno contro tutti.
E che l'Onnipotente fosse stato con lui quel giorno.


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Spesso l'immaginario rapisce l'uomo, essendo per definizione superiore alla realtà vissuta. Alcune persone visitano il mondo del sogno addirittura una volta per notte, volteggiando in mille mondi generati tra le loro sinapsi, altri non smettono mai davvero di sognare. In una situazione come quella, con l'adrenalina ad annebbiare la mente e l'enfasi del duello a muovere il cuore, perdere la via del vero doveva essere ancora più facile: fu forse per questo che Raven non si rese conto di non tenere in mano la bacchetta - che aveva porto all'arbitro, senza che questi riuscisse a prenderla - quando tentò il suo letale gesto. Fortuna volle che non avesse dato alcun sentore di tale intenzione al di fuori della sua mente, così tutto ciò che si limitò a succedere fu un momento di forte imbarazzo. L'arbitro, a sua volta ignaro delle intenzioni del nebuloso ragazzo, cercò di farsi coraggio e tenergli testa. "Sì, ma prima di tutto voglio che torni ad avere un corpo. Mi piacerebbe avere un volto a cui parlare." Parole di straordinario coraggio, davvero, sarebbero forse state le ultime? Dipendeva tutto da Raven, da quanto sarebbe riuscito a non farsi trasportare nei momenti successivi. Che fosse quella una chance per riconsiderare le proprie priorità? Pochi sanno davvero apprezzare qualche momento aggiuntivo di riflessione; e pochi sanno quanto ne avrebbero bisogno.



Come ti è stato spiegato in privato, non apprezzo fare masteraggi del genere, ma non posso passare sopra il tuo errore. Buona parte del mio precedente post è impiegata proprio a descrivere la caduta della tua bacchetta (che per inciso, si trova ora ai piedi dell'arbitro, sempre in forma nebulosa), come essa impatta il suolo e poi si ricompone. In aggiunta, ti informo che il tuo post precedente non sarebbe stato abbastanza per produrre un Avada Kedavra: nella saga originale si mette particolare enfasi sulla "volontà di far male" necessaria a castare le Maledizioni Senza Perdono, e mi aspetto che tu ti concentri di più su questo aspetto (che sono sicuro saprai sviluppare eccelsamente) se vuoi riuscire in un incantesimo di simile potenza. Ora proseguiamo, come nulla fosse successo, stai giocando bene e non è il caso di inquinarsi il gioco.
Ti ricordo che se hai il benché minimo dubbio circa qualche parte del mio masteraggio puoi sempre scrivermi in privato, e sarò felicissimo di risponderti.


 
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Nel momento in cui stette per lanciare la Maledizione senza Perdono che tanto amava, vide che la bacchetta era caduta poiché quel deficiente non era riuscito a prenderla. Ma come avrebbe potuto prenderla, se l'Akuma non voleva dargliela in mano, ma farla controllare dalla propria mano? Ancor prima che l'Arbitro stette per fare la sua ridicola richiesta allo sfidante dei due disgraziati che ora avevano un oceano di tempo sfruttare a loro favore, Shinretsu Raven si piegò e raccolse la bacchetta dal terreno: fumo al fumo. Non fu un'operazione facile: piegarsi dinnanzi al Giudice... Che disonore! Eppure doveva abbassare la sua schiena in quel momento. Pur di risultare ridicolo per quanto avevano pensato, fatto e svolto fino a quel momento. La cosa gli forniva un attimo di sconforto? Senz'ombra di dubbio: lui, che non si piegava a nessuno, ora si stava piegando a un vecchio che con tutta la probabilità del mondo gli voleva far perdere il suo duello. Lui, che si era messo sulla sua strada «D'accordo,» – disse gentile. - «Glie lo spiegherò.»



Nella sua mente lo vedeva già morto, quel tizio barbuto. Se gli avesse detto di volerlo morto, il vecchio si sarebbe spaventato, ma sarebbe stata una bugia: non lo voleva morto. Lo voleva disintegrato. Voleva voleva vederlo soffocare, essere sbriciolato, mangiato vivo da un'anaconda, fatto a pezzi da dei cani randagi, lo voleva vedere annegato e bruciato al contempo. Voleva vedere come i bulbi oculari fuoriescono dalle loro orbite, come la pelle diventa una pelle morte e come la sua inutile anima di merda va all'inferno dovre brucerà per il resto della sua inutile esistenza. Voleva buttarlo dal cavalcavia e portarlo con sé sulla firebolt il più in alto possibile per poi lanciarlo giù. Voleva vederlo nelle mani dei dissennatori, che si sarebbero mangiati quell'anima schifosa e fatta a pezzi. Voleva vedere la fine nei suoi occhi, la disperazione nella sua anima e il terrore tutt'intorno. Perché dopo di lui, che si era messo sulla sua strada così ingiustamente, avrebbe certamente fatto una visita anche a quei due sfidanti distesi ai lati della pedana e si sarebbe preso le loro teste, il loro sangue, le loro bacchette e il loro onore. Laddove avrebbe potuto giungere lui, con la sua voglia di uccidere, come quell'animale che aveva appena sentito il sangue e il padrone gli ha tolto il cibo dalla bocca con delle motivazioni idiote... Beh, la sarebbe giunta la distruzione e la morte. E se fosse riuscito, se sono l'Onnipotente glie lo avrebbe permesso, quel giorno nessuno se ne sarebbe uscito da quella sala dei duellanti. Non con i piedi propri, almeno. E sarebbe stato misericordioso, - sì se lo sarebbe stato! - se non fosse partito alla ricerca della sua prole e della prole della sua prole, sterminando tutti fino alla settima generazione inclusa. Perché qualcuno di loro lo avrebbe bruciato, qualcuno soffocato, qualcuno annegato e qualcuno passato a fil di spada. Furono quello i pensieri che passarono nella sua mente nel mentre, a bacchetta raccolta, egli si apprestava a eseguire il controincantesimo, o meglio: a far finta di eseguire il controincantesimo. Perché non appena girò la bacchetta sopra al suo capo, facendo finta di voler eseguire un cerchio rotatorio, con un rapido movimento egli abbassò la bacchetta in direzione del Nemico da annientare e di cui spargere il fegato e i reni per tutta la sala, nella mente fece apparire la visione lucida e d'insieme del suo corpo morto. La pelle biancastra, gli occhi spenti e privi della loro linfa vitale, macchie da morto su tutto il corpo e quel suo ghigno di merda ficcato su per il suo lurido di dietro, guai a lui che si era messo sulla strada di Raven Shinretsu. Nell'ultimo istante vide anche come smetteva di battere il suo cuore e non appena la bacchetta venne posizionata contro il suo cuore, a distanza quasi nulla, la finta gentilezza dell'Akuma nel voler simulare di eseguire il controincantesimo sparì rapidamente e sul volto, a mascella stretta e denti serrati, comparve la maschera di odio. Di nuovo quell'animale, quella bestia che gli viveva dentro e desiderava sangue, sangue e ancora sangue e nei suoi occhi si accese la fiamma della distruzione. Perché lo potesse tagliare a metà, prendere la sua anima e andarsene. Perché sì, perché lo desiderava, lo voleva e se avesse potuto dare la sua anima al Diavolo in cambio di quell'unica morte lo avrebbe fatto 1, 10 e 100 volte, se non 1 milione. Perché la vita era Destino e lui in quel momento il Destino lo voleva dominare e non piegarcisi. Non un istante sarebbe passato dalla comparsa dell'odio sul suo volto che l'incantesimo della morte certa avrebbe fatto comparsa nella sua mente, gridato con la più alta delle voci che potesse avere una angelo caduto: quella dell'Odio. Un lampo verde-intenso esplose nella sua mente proprio in contemporanea a come la voce, - gli sembrò, - lo tagliò in due.

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"AVADA... KEDAVRA!" - urlò potente al più non posso, esprimendo energia mista a odio, forze della creazione e della negatività. Niente più bluff, come la volta precedente: i tempi degli intrighi e dei nascondini, delle parole a vuoto e della mancanza di azioni erano finiti. Iniziavano i tempi della verità e della morte: laddove un errore, un passo falso o cos'altro avrebbero sì rappresentano la morte.



"MUORI! MUORI! MUORI! MUORI! MUORI! MUORI DANNATO! MUORI! MUORI E NON RITORNARE! NON RITORNARE E MUORI ANCORA!" - pensò nel mentre i denti erano ancora serrati e le mascelle strette. Voleva vederlo morto, e se quel raggio verde lo avesse colpito... sì, avrebbe esultato dentro e il suo cuore avrebbe balzato di gioia. Ma non per troppo tempo: c'erano ancora persone nella sala dei duellanti e il loro Destino doveva prendere il loro corso!


~ Punti Salute: 292
~ Punti Corpo: 330
~ Punti Mana: 498
~ Punti Esperienza: 74



OT: Ho letto molti dei casa in cui sono stati eseguiti degli Avada Kedavra qui sul forum e molte volte il QM ha dato per buono l'incantesimo anche se la volontà di uccidere era minima. Chiedo un trattamento paritario.
 
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view post Posted on 16/6/2017, 04:22
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Il Fato

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Nessuno si sorprese o spaventò particolarmente quando il ragazzo-spettro, che di ragazzo aveva lasciato ormai solo il ricordo nella mente degli astanti, si chinò lentamente a terra a recuperare la bacchetta caduta nel passaggio di mano all'arbitro. Del resto, nessuno (nemmeno lui stesso) poteva aspettarsi che l'incantesimo che lo costringeva in quella forma fosse sciolto senza l'ausilio del magico strumento, e la sua voce per quanto fredda sembrò rassicurante, gentile perfino. Nondimeno l'Arbitro indietreggiò dell'ennesimo passo (a quanti erano? Tre?), gesto che si scusava appena nel non voler essere preso per sbaglio nel raggio d'azione del controincantesimo. Ma era davvero quello? O un presagio funesto? In ogni caso, accadde tutto troppo in fretta perché chiunque nella sala avesse il tempo di reagire: già quando il proposito di uccidere era nato nella mente dell'Akuma, e questi si era trovato a quella poca distanza dalla vittima dei suoi piani, l'anziano uomo poteva essere dichiarato morto.
E così fu.
L'intera, instabile massa della quale Raven era composto si illuminò di una spettrale sfumatura verde che, originatasi dal fulcro dello stregone, si dipanò fino a quel sottile filo di fumo che era la sua bacchetta, erompendo un attimo dopo nella stanza. Quanta ignoranza, quanto desiderio distruttivo concentrati in un solo incantesimo? Il raggio mortale percorse in un istante la distanza che lo separava da quell'anziano petto. Ed ecco lì: la vita di un uomo. Quanti momenti passati andavano distrutti in quella manciata di secondi? Quante memorie secolari venivano rovesciate nel calderone senza fondo dell'oblio, per sempre perse? Istanti di gioia, tempi di disperazione, un primo bacio e un matrimonio, miliardi e miliardi di ragionamenti, idee, un'intera veduta del mondo. No: un mondo. Un mondo moriva in quel momento, una quantità di informazioni di cui le semplici parole possono dare solo vaga idea. Siamo troppo abituati all'idea di "perdere una vita", così che non ci rendiamo conto di quanto straordinaria e strabiliante e immensa sia essa, di qualsiasi vita si tratti. E così come andava in fumo il Passato andava in fumo il Futuro: quell'uomo non sarebbe più tornato a casa, non avrebbe più assaggiato la torta alle carote preparata dalla sua consorte, non avrebbe più raccontato la storia di un memorabile duello al quale aveva assistito a un trepidante nipotino. I secondi svanivano come scene di una pellicola in fiamme, la trama dell'universo veniva riscritta in virtù di quella minuscola eppur così significante perdita. Decine, centinaia, migliaia di vite cambiate. Il tutto in un semplice gesto, in una frazione di secondo, quando il raggio verde toccò il petto dell'uomo separando carne e spirito senza danneggiare l'uno dei due, ma spedendo il secondo Oltre e il primo sulla sedia retrostante, ribaltandola. Ed era così semplice, tutto era già finito, senza un dolore.
Ma un terribile, inumano, innaturale gesto era stato compiuto! E la prima vita a essere cambiata era proprio quella dell'assassino, l'autoproclamato "Akuma". Poteva udire, il pazzo, il suo spirito urlare in agonia? Stracciarsi, spezzarsi, dividersi e distruggersi per riflesso di quell'enorme buco che aveva creato nella trama dello spaziotempo? Forse, o forse era troppo intento nel suo momento, nella sua trama personale, forse non udiva nemmeno quell'urlo. E anzi, andava a bearsi di quelli che esplodevano nella sala dalle gole degli astanti, altissimi, irrazionali, riempiendo ogni spazio tra corpo e corpo. L'Inferno apriva lesto la porta su quell'angolo di terra mentre quanti potevano si affannavano, scappavano, correvano verso la salvezza rappresentata dall'uscita della Sala, una corsa alla sopravvivenza, i pochi metri che facevano la differenza tra un tutto e un niente.

Ma Raven non scappava, no, non ne aveva ragione: non aveva luogo dove rifugiarsi da sé stesso, né pensiero nel cervello che non fosse occupato da quella follia omicida. Non avrebbe trovato riposo, né nel mondo degli uomini né in quello delle idee. Aveva deciso e creato con le sue mani la strada di dolore e inquietudine che lo attendeva. Già la sua bacchetta puntava magari il prossimo obiettivo, magari il ferito Magician, o quell'anziano mago pelato che, esattamente davanti a lui, andava schiacciandosi contro l'armadio alle sue spalle nel tentativo di estrarre goffamente dalla veste la bacchetta. O ancora, il minuto mago di mezza età e il ragazzino (padre e figlio?) che se la battevano, alle sue spalle, verso l'uscita? Ma non avrebbe colpito nessuno di loro, non per il momento: avrebbe invece fatto appena in tempo per cogliere un movimento alla sua sinistra, la bacchetta del campione dei duellanti di Londra che si muoveva rapida, e già intorno a lui si ergeva la nera prigione: un vasto vortice di quello che sembrava fumo, la stessa sostanza che lo componeva, animato da uno sferzante ciclone si andava ergendo a velocità allarmante dal pavimento intorno a lui. Prima che potesse anche solo battere ciglio si ritrovò rinchiuso, lo sferzante vento a nemmeno un metro dal suo corpo, pronto a fare a pezzi quella forma spettrale se solo avesse osato avvicinarsi troppo, impedendogli al tempo stesso la vista di quanto lo circondava. Una mossa astuta: per quanto fosse potente e dotato, nulla poteva se al buio, nulla poteva finché non avesse riacquistato la comprensione di quanto accadeva attorno a lui. Quel gesto non avrebbe probabilmente salvato la vita di The Magician, ma sicuramente avrebbe acquistato istanti preziosi per quanti cercavano di mettersi in salvo, e già correvano pronti a chiamare i soccorsi.

E forse in quell'istante Raven comprendeva, con la sua anima mutilata, che l'Inferno da lui evocato non lo escludeva, ma anzi dischiudeva le braccia a quel giovane peccatore, a quel giovane masochista. O forse no. No, probabilmente no. Davanti ai suoi occhi solo i corpi dei suoi nemici, futuri e passati. Era cieco, e folle, e potente.
E quello era il Mondo che andava creando.



Raven Shinretsu
La totalità del corpo e la bacchetta hanno una consistenza gassosa.
Ferita abbastanza profonda alla spalla destra, il proiettile di vetro è stato estratto.
Ha ripreso possesso della bacchetta, circondato da una tormenta di fumo e vento.

PS: 292
PC: 330
PM: 498

Claire Santos
Non riesce a vedere Raven a causa del Seocculto.
Caduta dalla pedana, fuori dalla vista di Raven, diverse vertebre fratturate.
La pioggia cessa di cadere, le nuvole si diradano.

PS: 44
PC: 140
PM: 140

The Magician

Sotto l'effetto di ???, può vedere Raven.
Caduto dalla pedana, gravi danni al braccio destro, bacchetta nella mano sinistra.

PS: 92
PC: 190
PM: 200

Arbitro
Mortissimo, riverso oltre una sedia.
PS: 0
PC: ?
PM: 0


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Le aree seghettate sul terreno e sulla pedana descrivono le zone coinvolte nelle esplosioni. Sul terreno normale, si verifica una rientranza delle assi di legno, lievemente inclinate. La pedana nella zona interessata è invece completamente collassata, il tappeto stracciato o smosso, e si intravede il pavimento sottostante. La pioggia è finita, ma là dove prima pioveva ora il pavimento è coperto da un sottile strato d'acqua. La sedia con una "x" sopra è stata ribaltata.

Il primo cerchio che ti circonda, quello nero scuro, rappresenta il limite d'azione del vento. Spingerti oltre di esso ti causerà seri danni a causa della tua forma spettrale (The Magician non è a conoscenza di questo particolare). L'area con puntini rappresenta invece l'effettiva ampiezza della tempesta: non puoi vedere niente aldilà di essa.

E' anche giunto il momento che tu venga informato che, come il tuo pg sa perfettamente, l'intera area della sala è stata coperta da un potente incantesimo antismaterializzazione, che impedisce di smaterializzarsi dall'interno all'esterno della sala, e viceversa. E' tuttavia sempre possibile smaterializzarsi dall'interno della sala in un altro luogo della stessa.

Giusto perché tu sappia: S1 è l'anziano pelato descritto nel post, S2 e S3 rispettivamente un giovincello non più che sedicenne e un mago di mezza età. Degli altri presenti ricordi poco, e non hai visione.





Duello saltato, l'intera situazione diventa una Quest.

Prossima scadenza 19/05, ore 6:00 (AM).

Per quanto riguarda la tua richiesta di ricevere un "trattamento paritario": la lista descrizione incantesimi definisce degli standard ben precisi per il cast della Maledizione da te prescelta. Uno di questi è, cito: "l’intenzione di fare del male, di procurare la morte al proprio avversario", cosa che il tuo ATTUALE Quest Master non ha trovato in necessaria dose nel tuo precedente post. Se precedenti masteraggi sono stati eseguiti in maniera mediocre o superficiale, non è cosa che riguardi me o te al momento. Farò finta di aver letto nel tuo OT un sentito ringraziamento per averti avvisato della cosa (non ero e non sono obbligato a farlo, è stato un puro atto di cortesia da parte mia). Messo in chiaro che questo Master non ha assolutamente nulla contro di te o il tuo pg, mi aspetto che ulteriori discussioni del genere siano inviate alla mia casella privata. Ora, proseguiamo.


 
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view post Posted on 16/6/2017, 22:04
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"Pensieri"
«Dialoghi»



Fu simile a un cristallo che si rompeva: un attimo e niente fu più come prima.



"FERMA ORA IL DUELLO! SVANTAGGIAMI ORA! FERMALO ORA HA! FERMALO DAI!" - Era... morto? Finalmente morto? Il suo cuore balzò di gioia; la felicità arrivò alle stelle. Non ci vide e non ci sentì più: ecco cos'era quello! Ecco cosa provava Lord Voldemort quando uccideva le persone utilizzando l'Avada Kedavra! Ecco cosa egli sentiva! Ecco cosa balzava, virtuoso, nel suo cuore! Ecco quali erano i suoi pensieri, qual'era la sua energia! Quella energia negativa, quell'odio che lo aveva pervaso, quasi facendolo affogare dentro di sé stesso, ma portandolo al massimo della felicità, facendolo illuminare, danzare, come una stella solitaria sul fondo oscuro del cielo! Quello era... Amore! Ecco cosa significava essere Raven Shinretsu: essere imprevedibili, essere forti, essere sognatori. E, sopratutto, essere Giusti! Perché, volente o nolente, Lui si era messo sulla Sua strada! Lui aveva preso la sua decisione, togliendo la carne dalla bocca del lupo e ora Lui aveva pagato la sua scelta. I suoi occhi vuoti, e la bocca spalancata; un'intera vita andata perduta! E che disgrazia! O meglio: che felicità! Perché per quell'atto gli avrebbero dovuto ergere statue ad memoriam aeternam. Statue in bronzo, degno del migliore dei re e del più grande degli imperatori! Colui, che a denti stretti e unghie incarnate avrebbe superato, - sì! Lo avrebbe fatto! - il più forte dei stregoni oscuri mai esistiti nella Storia. Colui, che sarebbe stato lui stesso una Storia, un mito e una leggenda! Nel momento in cui brillò come una stella nel mentre il suo animo danzava di gioia più pura e i riflessi verdi del suo Avada Kedavra danzavano nella sala con riflessi limpidi e puri, tutto il resto divenne secondario. Tutto. Le regole, la morale, l'etica. Tutto! Perché ora aveva finalmente sentito l'odore del sangue. No! Di più! Ora aveva finalmente assaggiato il sapore del sangue! Ora si era nutrito, ma la sua fame non si era placata. E le voci di coloro che scappavano dalla sala nel mentre l'Arbitro finì sulla sedia priva di vita vennero sentite come se lontane. Eppure, vennero sentite.



«Dove andate?! Il divertimento è...» – "Appena iniziato..." – urlò l'Akuma, indiavolato. Il vero duello stava per iniziare! - volle gridargli dietro anche questo, eppure venne interrotto da qualcosa di strano, di particolare che lo circondava da tutti i lati, impedendogli la vista. Era vento... quello? O era sabbia? Che magia strana! Anche in quel stato, forse, lo avrebbe colpito, tagliandolo, lacerandolo, impedendogli di andare oltre! Ma chi poteva essere stato? Che domanda retorica, che domanda idiota! Nessuno degli spettatori poteva farlo! Solo... "Lui!" - capì l'Akuma volgendo lo sguardo verso il campione di Londra, o almeno... laddove questi doveva essere. - "Sei speciale, ma io sono più speciale!" - Urlò tra sé stesso promettendosi, che un giorno avrebbero cenato e pranzato insieme, rimboccandosi di vino e carne, nel Walhalla, insieme agli altri dei. Ma non in quel giorno, non a quell'ora, poiché la sua Utopia, il Suo Sogno, quello di un Mondo con la M maiuscola, laddove non ci sarebbero stati giudici corrotti e slealtà sportive, si sarebbe realizzato. Il Suo mondo! - "Sì! Io lo voglio!" - Urlò tra sé e sé cercando di capire come raggiungerlo! Come arrivare da quel tizio che giaceva a terra oltre l'ammasso nero. Come colpirlo e come mandarlo nel Walhalla. - "Sono un drago, sono l'energia, sono la morte!" - Si ripeté ricordandosi che quella sala era sì protetta, ma per non smaterializzarsi dall'esterno all'interno e viceversa. All'interno della sala ci si poteva smaterializzare senza alcuna difficoltà... E allora a cosa serviva quell'inutile pagliacciata? A cosa serviva quel vortice d'imprigionamento? A permettere di scappare agli spettatori! Che folle! Più folle di Raven stesso! La guerra di purificazione li avrebbe raggiunti tutti, giovani e vecchi, forti e deboli, babbani e maghi, streghe e figli! Fratello si sarebbe messo contro fratello e in una famiglia di 5 ci sarebbero stati 2 contro 3! Perché la Spada della Giustizia avesse preso il corso del proprio destino, non bisogna che spingersi, camminare e soprattutto: agire! Laddove, sulle rovine del Vecchio Mondo, avrebbe preso la vita il Mondo Nuovo: il mondo della Giustizia!



"NON POSSO FERMARMI SE VOGLIO SUPERARE LUI!" - Urlò l'Akuma dentro la propria anima, sentendo l'ardore bruciare. Era da tanto! Era da troppo che non sentiva quei livelli! Dalle partite di Quidditch?.. Stupido idiota! Solo i duelli erano capaci di fargli provare quei brividi! Solo i duelli potevano fargli percorrere quei sentieri! Raggiungere quegli... angoli. Si ricordò in un attimo delle 3D: era una magia media, ma per questo da non sottovalutare. Chi gli aveva insegnato a smaterializzarsi? Il Ministero! Quei folli! Quegli ipocriti! Dovevano bruciare tutti su mille roghi nel mentre aghi di dolore gli penetravano dentro la pelle!
Fissò per bene, - no, lo immaginò, facendolo diventare reale! - il luogo in cui voleva andare. Pochi metri più in la, alle spalle del ragazzo sdraiato. Immaginò il tappeto sotto alle sue spalle, il soffitto sopra il proprio capo, e le rovine intornò. Immaginò la polvere e i detriti, il pulviscole e la porta che si sarebbe ritrovato immediatamente dinnanzi. Quello era il destinazione: un metro più indietro rispetto a The Magician, o come diavolo si chiamava, sdraiato sul suolo. Quesa fase gli venne facile: ci era già dentro alla sala. L'atmosfera che sentiva era già quella che doveva percepire all'arrivo. Tutto si era composto nella sua mente, fino a realizzare il suo puzzle; fino a farlo sentire lì per davvero, in quel posto. Quel flusso d'informazioni che immaginava, che vedeva, gli dovevano permettere di spingersi più in la. Di scomparire e ricomparire. Come Lui. Come il fottuto Lord Voldemort e i suoi 40 ladroni. La fotografia divenne vita nella sua mente. Lui c'era. Lui era lì e vedeva lo sfidante sotto di sé, sguardo puntato verso quel vortice... forse. O forse no.
Dopo aver visualizzato la destinazione d'arrivo concentrandosi sui dettagli sentì la sua Volontà vibrare. Il desiderio di spostarsi per arrivare lì, vicino allo sfidante, al campione di Londra, si unì al netto desiderio di usare quell'incantesimo di nuovo; di vedere nuovamente il lampo verde squarciare lo spazio. Sentì la motivazione, sentì i ricordi e sentì gli ideali. Si ricordò del motivo per cui era giunto lì. Per cui si ritrovava lì. In piedi. E si ricordò del Mondo. Di quel mondò che si unì al netto desiderio di guardare il campione dall'alto verso il basso nel mentre gli avrebbe sferzato il colpo mortale, mandandolo nel Walhalla. Sentì qualcosa bollire nell'anima e capì che era proprio quello il suo desiderio di scomparire per ricomparire e finire la Storia! Focalizzò quel suo desiderio, aumentò quella concentrazione, lasciando che bruciasse, che si unisse al suo spirito e ridesse insieme a lui di tutto ciò che stava accadendo. Lasciò che la determinazione venisse a galla, che scoppiasse in un BOOM epocale di energia. La sicurezza di essere già lì con una gamaba, o forse anche di più, lo pervase completamente; la decisione di non mollare mai si fece viva; lo infiammò! Un attimo e la volontà di comparire nel posto indicato si concretizzò, diventando reale, cristallizzandosi, diventando ghiaccio, solida, precisa, nitida. Fu attento ai particolari anche durante quella fase. Perché, - e ben si sapeva! - il diavolo si nascondeva nei dettagli, e Shinretsu Raven pure. Soprattutto considerando che per nessun motivo al mondo poteva permettersi di sbagliare. Un attimo e le energia attivarono la mente; un flusso potente, radiante, incredibile. E ora era chiara la sua immensa Volontà di occupare quel spazio vicino allo sfidante e uccidere, uccidere, uccidere, uccidere e uccidere ancora finché il mondo non sarebbe divenuto Luce e la sua anima non sarebbe divenuta tenebra! - "Brinderanno i forti sui cadaveri dei deboli!" - Si ricordò la famosa frase quando la determinazione e la relativa energia fu all'apice. Eccola la sua volontà di Essere; la sua volontà di Vivere; di Prendere senza chiedere, di oltrepassare leggi e buonsenso. Di diventare una stella! Eccolo quello spazio vicino al campione, venire occupato dalla sua massa gassosa, dalla sua esistenza, essenza e VOLONTA'!
Infine provò la Catarsi dell'energia e della voglia di uccidere e di essere ucciso. Era la fine, tutto cil che aveva prodotto; tutto ciò che aveva realizzato nella sua mente e nel suo spirito. Non ebbe paura della malriuscita di quel suo sforzo. Non ebbe paura di niente e il passo nell'ignoto che avveniva dopo la piroetta non era che un passo in avanti! Un passo verso di Lui! Ce l'avrebbe fatta. Smaterializzandosi nel Nulla e dal Nulla materializzandosi per comparire proprio lì. Non temme nulla e piroettò su sé stesso lasciando che il vortice vorticasse intorno e i pensieri si concentrassero sulla destinazione. Non ebbe alcun dubbio sul fatto che sì, ce l'avrebbe fatta, perché, - Diavolo! - non poteva non farcela! L'obiettivo vibrò, l'energia si incanalò insieme al Desiderio. La bacchetta stretta nel pugno non doveva che catalizzare quel suo desiderio, dirigendolo li, verso quel punto, vero quel Spazio, verso quella Storia e Leggenda! Non era una speranza quella di ritrovarsi lì; i deboli speravano, i forti agivano. Quella era una sicurezza.
E nel momento in cui sarebbe rinato, ricomparso, se tutto fosse andato come doveva, si sarebbe ritrovato con la bacchetta puntata verso il cuore del Nemico e le due parole di Gioia più pura giù pronte nella mente.

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"Avanti... assaggialo anche tu... il mio Mondo!"






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Raven era giunto in quella sala con uno specifico obiettivo: allenarsi, testare i propri limiti, far scorrere la propria mano sui confini dettati dal suo potere. Un duello era un territorio adatto a quello scopo, ma ormai si era spinto oltre; e come poteva testare le mura del suo maniero trovandosi all'esterno di esse? Si addentrava ora nella pericolosa giungla dell'ignoto, ma il rischio era una spada a doppia lama: poteva premiarlo, donandogli grande esperienza in poco tempo, o punirlo tagliandolo. E, per definizione, non avrebbe scoperto il risultato dei suoi sforzi se non provando. Già il nero fumo del quale era costituito quel vortice gli bloccava la vista alla sala e minacciava l'integrità del suo corpo: i forti venti sembravano intensi quanto bastava da attrarre a sé le vicine sedie, sballottandole sul pavimento, e chissà cosa avrebbero potuto fare a quell'ammasso di gas che lui stesso era diventato. Ne ebbe un assaggio quando all'improvviso una sedia sbucò da quel muro di niente, scaraventata dalla spinta circolare, facendolo istintivamente arretrare: una lama di vento si portò istantaneamente via parte della sua "schiena", facendola unire al crescente tornado. L'unica via d'uscita sembrava essere verso l'alto, là dove la luce riusciva a tratti a filtrare attraverso il fumo, ma l'Akuma preferì sperimentare, nonostante il rischio.
Non venne premiato: scoprì che il suo corpo di fumo, incantato per mantenere una vaga integrità, non era esattamente eccellente a seguire i suoi più precisi spostamenti, col risultato che la rotazione impressa dalla sua testa al resto della massa nera non venne minimamente seguita; quello che un tempo era stato il suo collo si girò semplicemente di centottanta gradi andando a guardare là dove un attimo prima il vento lo aveva ferito. Quanto alla smaterializzazione, un nulla di fatto. Era stata forse la mancata rotazione a influire negativamente sul suo tentativo? O forse era quel corpo, che già in precedenza si era dimostrato refrattario a molti tipi di magia, a rendergli impossibile lo spostamento interspaziale? Restava il fatto che la situazione non si era mossa, a parte l'entrata della sedia nell'occhio del ciclone; lì lui restava, mentre il mondo continuava a muoversi aldilà di quella cortina nera.
"...verso... porta!" udì proprio in quel momento, il suono smorzato dal vorticare del vento, a ricordargli che la sua nemesi numero due era ancora lì presente, sebbene irraggiungibile. Ogni secondo perso era un secondo a vantaggio dei fuggitivi, e dei soccorsi che avrebbero certamente chiamato. E più il tempo passava, più lui si addentrava nella giungla: ben presto non sarebbe stata una questione di fare esperienza, quanto di portare a casa la pelle. Sarebbe stato in grado di lasciare quel posto da uomo libero? E poi, cosa? Il suo potere gli dava certi diritti, e il mondo ne era garante: ciò che poteva fare, poteva fare, fintantoché la volontà l'avesse accompagnato. Ma azioni quali l'omicidio non erano certo apprezzate dal resto della società umana, che non seguiva esattamente quel tipo di retorica. Se non si fosse sbrigato, ben presto sarebbe stato circondato da nemici ben più impegnativi di un paio di duellanti e qualche vecchio arbitro.



Raven Shinretsu
La totalità del corpo e la bacchetta hanno una consistenza gassosa.
Ferita abbastanza profonda alla spalla destra, il proiettile di vetro è stato estratto.
Circondato da una tormenta di fumo e vento, che nasconde il resto della sala alla sua vista e minaccia di fare a brandelli il suo corpo.

PS: 292 - 21 = 271
PC: 330 - 5 = 325
PM: 498

Claire Santos
???
PS: 44
PC: 140
PM: 140

The Magician

???
PS: 92
PC: 190
PM: 200



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Il primo cerchio che ti circonda, quello nero scuro, rappresenta il limite d'azione del vento. Spingerti oltre di esso ti causerà seri danni a causa della tua forma spettrale (The Magician non è a conoscenza di questo particolare). L'area con puntini rappresenta invece l'effettiva ampiezza della tempesta: non puoi vedere niente aldilà di essa.





La mancanza di un corpo solido ti impedisce di smaterializzarti.

Prossima scadenza 21/05, ore 6:00 (AM).



 
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Grande fu la sua amarezza, e sorpresa, nel vedere che non era riuscito a smaterializzarsi, fermandosi di nuovo lì, in quel posto, in mezzo a quella sala. Ora era quel vortice, il turbine che lo divideva dai fuggitivi e dalle sue prede. Poteva uscirsene; anzi: doveva uscirsene. Glie lo diceva la ragione, quella specie di razionalità che di tanto in compariva per consigliare cose che Shinretsu Raven non avrebbe mai, - mai! - preso in considerazione. Perché una fuga avrebbe significato la fine di quell'atto ed egli non voleva che quell'atto finisse. Non finché sentiva ancora l'odore di morte vicino e quegli occhi spenti che gli avevano donato una simile... gioia. Eppure... non riuscirsi a smaterializzare era pur sempre un bel problema. Anche perché... perché, appunto? Non aveva mai provato prima di allora a smaterializzarsi in quella forma gassosa. Altresì, però, conosceva della possibilità di smaterializzarsi in quel posto. Conosceva della teoria e sapeva farlo, eppure... Non aveva tempo da perdere. Aveva fatto quello che doveva e non se n'era pentito. E se non l'avessero fermato, avrebbe fatto ancora molto e molto altro. Lui lo sapeva, probabilmente lo aveva intuito anche il suo sfidante, che aveva evocato quel suo vortice, quel tornado. Forse lo sapeva anche Sirius, che nonostante tutto aveva deciso di seguirlo. Ma non era importante. Non era imporante a quel punto. Del resto, dopo l'Avada Kedavra tutto cambiava, come dentro, così anche fuori. Eppure...
Complice della sua micro-sconfitta, dell'incapacità di teletrasportarsi, decise di reagire subito e con tutta la forza possibile. Non conosceva l'incantesimo che aveva d'intorno. E rischiare con il Finite Incantatem non aveva senso: quell'incantesimo poteva non avere un controincantesimo specifico. E il Finite, un controincantesimo adatto a molte occasioni, forse non sarebbe servito niente.
Le sue azioni, immaginazione, movimento e pronuncia avvennerro simultaneamente, espresse con la sua forza di volontà e carisma. Non ebbe, come prima, alcun dubbio nell'effetto dei suoi sforzi. E anche se prima per qualche strano motivo non era riuscito a portarsi laddove doveva, questa volta era certo che il vortice intorno a lui sarebbe sparito.
Nella mente immaginò il vortice dissolversi in un attimo. Immaginò quel Caos, se così lo si poteva chiamare, annullarsi. Andare nel Nulla, da dove il campione del club di Londra lo aveva evocato come, forse, l'ultima azione della sua intera vita. Immaginò di nuovo la calma, - o quel che ne rimaneva, - intorno a sé, con l'annullamento del vortice. Gli sforzi di un mago dovevano essere annullati da un altro mago, che in quegli istanti non si preoccupava di nient'altro, nemmeno dei possibili auror e rinforzi vari, che poteva giungere nella sala da un momento all'altro. E perché doveva? Per questo la scomparsa di quel vortice fu, nella sua mente, il più possibile nitida e lucida. Veniva aggiunta ai sentimenti, la quiete dopo la tempesta.
"Ho rinunciato a troppo per fermarmi ora..."
Mosse la bacchetta con rotazioni del polso a est, nord, ovest e sud, dando quindi un colpo secco e deciso nel centro del rombo disegnato, mentre dalle sue labbra fuoriuscì, netta, la formula magica.
«Màgistèrium!» – ponendo i giusti accenti ai giusti posti, come il libro scriveva.
Se il vortice fosse sparito, Shinretsu Raven avrebbe cercato, di nuovo, d'individuare il nemico ovunque questi si fosse trovato, chiarito che non poteva essere andato molto lontano. E subito la sua bacchetta si sarebbe puntata verso di lui, pronta a scagliare il colpo che avrebbe tolto un altro uomo dal mondo.
Quel suo segreto... voleva portarselo con sé nell'aldilà e non aveva molte scelte, se non farlo. Se non passare. Se non combattere.
Se non morire.
Perché c'era un tempo per tutto.
 
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view post Posted on 20/6/2017, 15:50
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Il motivo per cui il Magisterium era considerato un incantesimo estremamente difficile da apprendere, e pinnacolo dell'arte magica, non era tanto l'effettiva difficoltà d'esecuzione, quanto il carisma e la sicurezza richiesti per castarlo: in molti impiegavano anni della propria vita nel perfezionamento di una magia che non sarebbero mai riusciti a comprendere, semplicemente perché privi della pienezza di spirito necessaria. Chi casta il Magisterium è Mago con la M maiuscola, è persona consapevole, è mente integra e dedicata. Raven era ciascuna di queste cose. Non ci fu da stupirsi dunque quando la tempesta magica cessò immediatamente attorno a lui, l'aria all'improvviso calma e silenziosa come doveva essere per natura, il fumo che svaniva così come era stato evocato. Di nuovo la luce della sala attraversò il suo corpo incurante, di nuovo fu in grado di vedere: e la scena che si trovò davanti non fu delle più piacevoli.
La rotazione effettuata per smaterializzarsi lo aveva spostato in direzione dell'uscita, così che fu perfettamente in grado di vedere i due maghi (un adulto e un ragazzino) sparire appena messo piede aldilà della spalancata porta, fuggiti dal suo intento omicida. Un primo fallimento? Ma non era il caso di scoraggiarsi: un terzo individuo si avvicinava a quella stessa salvezza, per quanto le anziane gambe potessero sorreggerlo, ma non era lui il nemico che cercava. The Magician si trovava appunto dal lato opposto della sala, giunto al riparo di una delle sedie approfittando della momentanea cecità dell'Akuma; ferito ma determinato, lo sguardo acceso di una luce che da anni non abitava i suoi occhi, quella stessa ricerca di sfida e miglioramento che animava quel giovane stregone spuntato dal nulla con il suo incredibile potenziale magico. Non poteva sconfiggerlo, no, la sola esperienza non sarebbe bastata a riempire un tale divario in quanto a grezzo potere, ma poteva adoperarsi così che quante più vite fossero salvate da quella trappola mortale. Se Raven si fosse girato a guardarlo l'avrebbe trovato incredibilmente impegnato nel disegnare con la mano mancina una spirale, la bacchetta puntata proprio verso di lui. "...Magistre!" Così concluse, e immediatamente l'effetto si manifestò: una singolarità magica, uno strano globo di loco di circa un metro di diametro, pulsante a mezz'aria, a poca distanza dal gassoso stregone. Evidentemente il fumo e il fragore del vento avevano nascosto la prima parte della formula, ma forse l'Akuma sarebbe stato comunque in grado di riconoscerla. L'incantesimo, del resto, non sembrava essere andato propriamente a buon fine: forse perché il movimento non era stato del tutto corretto (una doppia spirale è quanto mai difficile da disegnare col braccio non dominante), forse perché già la stanchezza cominciava ad attanagliare le menti dei presenti, ma la strana sfera magica sembrava diminuire periodicamente di grandezza prima di riacquistare, altrettanto rapidamente, la sua originale forma. Un malfunzionamento? Cosa avrebbe significato?

Dall'altra parte della sala, Claire se la passava anche peggio. Ripresasi, e riuscita a strisciare a malapena in direzione della sua bacchetta, aveva ancora poca o nessuna idea di che cosa stesse succedendo alle sue spalle; ma la fortuna voleva che uno degli spettatori, un omone di buona stazza sulla trentina con un'allegra barba rossa, avesse infine deciso di aiutarla, caricandosela sulle possenti braccia e avviandosi a sua volta verso la salvezza.

La vita pullulava ancora vicino all'Akuma, ronzante e fastidiosa. Aveva molti insetti da schiacciare, ma questi scappavano, si nascondevano alla sua vista, si ingegnavano per rovinargli la vita: non poteva lasciarli andare. Era dunque ora che ideasse qualcosa se aveva intenzione di andarsene da lì con le sue gambe, perché la sfida era ben lontana dal concludersi, e con le prime fughe i soccorsi non avrebbero tardato ad arrivare. Il fato aveva girato una clessidra, e ora aleggiava seduto su un'immaginaria poltrona, vicino al soffitto della sala. E guardava. Guardava con estremo interesse.



Raven Shinretsu
La totalità del corpo e la bacchetta hanno una consistenza gassosa.
Ferita abbastanza profonda alla spalla destra, il proiettile di vetro è stato estratto.
Il Seocculto ha concluso il suo effetto.

PS: 271
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PM: 498

Claire Santos
Trasportata in braccio da S5, semicosciente, ha ripreso la bacchetta.
PS: 44
PC: 140
PM: 140

The Magician

Si para dietro a una sedia.
Il Magnitudo Magistre è stato castato, ma sembra malfunzionare.

PS: 92
PC: 190
PM: 200



7b40616478



Il primo cerchio che ti circonda, quello nero scuro, rappresenta il limite d'azione del vento. Spingerti oltre di esso ti causerà seri danni a causa della tua forma spettrale (The Magician non è a conoscenza di questo particolare). L'area con puntini rappresenta invece l'effettiva ampiezza della tempesta: non puoi vedere niente aldilà di essa.

S2 ed S3 sono riusciti a scappare dalla sala. S1, l'anziano descritto qualche post prima, arranca faticosamente verso la porta, mentre S5 (un omone di notevole stazza) sta trasportando Claire in braccio. Ovviamente non potrai tenere d'occhio tutta la situazione nello stesso momento, quindi decidi accuratamente cosa il tuo pg vedrà nel seguente post, e cosa no.

Il cerchio nero rappresenta il raggio del Magnitudo Magistre, il cerchio blu il fulcro dove gli incantesimi verranno indirizzati. Immaginalo come un "centro gravitazionale" che funziona solo sulle emanazioni magiche.





Prossima scadenza 22/05, ore 17:00.



 
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view post Posted on 28/6/2017, 20:48
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Quando vide il vortice scomparire pensò alla stesa cosa di prima. Non lo avrebbe raggiunto, non così, non in quel modo. Quegli non erano insetti: erano quasi degli avversari alla pari. Non poteva permettersi di fermarsi lì! Non poteva permettersi di essere come loro, alla pari, alla pari di quella media grigia! Non avrebbe vinto da solo contro una legione così. In quel modo non sarebbe durato nemmeno 2 minuti contro una legione di maghi. Così non sarebbe riuscito a reggere una battaglia nemmeno contro 3 auror in contemporanea e la sua unica fine sarebbe stata quella dentro ad Azkaban. Una fine ingloriosa, una fine peccaminosa, una fine degna del peggiore insetto, del peggior servo e del più inutile di schiavi di quel sistema. Ma non sarebbe finito in prigione, no. A costo di uccidersi. Ora non sentiva più la felicità dentro al cuore; non sentiva più la gioia balzargli dentro. L'odore della morte scomparve, e rimase soltanto quel corpo inutile che ormai non destava alcun interesse per Raven. Non gli prestò nemmeno attenzione, pensando ulteriormente a come agire, cosa fare per diventare più forte. Quella era una mezzo-sconfitta. Paragonata a ciò che Raven voleva fare, quello era un disastro in tutto e per tutto. Era un qualcosa che richiedeva la ritirata immediata: la fuga dalla sala con la coda tra le gambe, perché tanto or-ora sarebbero arrivati gli auror, gli uomini cattivi, e il tutto sarebbe finito nel peggiore dei modi possibili. Quella era una situazione in cui la ragione fredda gridava alla fuga, per mettersi in salvo, ma a cui Raven non avrebbe voluto cedere. Nononstante quel raziocinio freddo e sfrenato, quel raziocinio inutile non aveva ancora terminato. Non aveva ancora terminato guardando il miglior duellante di Londra castare quel che Raven conosceva bene. Pensava di salvarsi in quel modo?.. No, avrebbe soltanto rallentanto la sua discesa, la sua morte, da duellante a duellante. Anche se, poi... chi se ne importava? I deboli dovevano morire subito. Era quella l'imperativo del mondo che stava creando e di sicuro non lo avrebbe rinnegato. Non avrebbe rinnegato i suoi sogni e i suoi ideali. Non avrebbe rinnegato sé stesso, mentendo agli altri. Non avrebbe rinnegato il suo grande sogno e non si sarebbe ritirato con la coda tra le gambe, come un codardo inutile. Non quel giorno: avrebbe atteso fino all'ultimo, fino a quando avrebbe potuto per dichiarare la sua guerra al mondo, alle loro scorrettezze e alle loro ingenuità. Del resto, non era colpa sua se l'arbitro avesse deciso di barare proprio con lui, togliendogli la carne dalla bocca. Non solo: quel tizio, proprio quel tizio, che lo aveva reso vittima di un'ingiustizia era il principale responsabile di tutto quello.
Eppure...
Scosse la testa, come in un fare rinnegato. Con un fare... rassegnato? No, non poteva rassegnarsi lui. Non in quel mondo, non in quel momento, non per il suo grande sogno e per le generazioni future che avrebbe creato dal Nulla superando lui, quella gigantesca ombra in fondo al Destino. Piuttosto sarebbe morto e la sua anima sarebbe stata consegnata ai dissennatori 1 milione di volte cento mila ancora, ma non avrebbe ceduto, non sarebbe sceso dal suo sentiero. E se fosse servito, avrebbe spezzato la sua anima infuocata in altri mille pezzi prima di raggiungere quel Potere che tanto voleva; prima di superare Lui ed ergersi a paladino della Giustizia, - quella vera, non quella ministeriale, - e superarsi in tutto e per tutto fino a raggiungere l'orizzonte e tutto ciò che ci si nascondeva dietro. Cosa voleva fare con quel gesto che avrebbe fatto? Togliersi un altro nemico d'intorno e lo avrebbe fatto. Cazzo sì che lo avrebbe fatto.
Puntò subito la bacchetta contro la gola del nemico: non ebbe alcun rimorso nel farlo e allineò il suo occhio contro il petto del tizio. Non gli importava chi fosse: miglior duellante di Londra o del mondo intero doveva comunque morire, scomparire, lasciando il via libera a Raven e al suo mondo nuovo. - "Muori ricciolino del cazzo!" - Urlò nella mente pieno di rabbia. Non aveva alcuna compassione per lui così come loro non l'avevano mai, - mai! - avuta per lui, che d'ingiustizie e sofferenze ne aveva provate tante, forse persino troppe. Altrimenti non si sarebbe ritrovato lì, in quel posto pieno d'ipocriti e cazzoni che gli mettevano i bastoni tra le ruote impedendogli di assaggiare la sua vittoria, la sua carne. Laddove egli non poteva giungere, sarebbe giunto il suo odio e la sua voglia di cambiare il mondo. Laddove egli doveva osservare degli inutili incantesimi e tentativi di salvare l'insalvabile, egli si sarebbe comunque spinto oltre. Voleva uccidere? Sì, lo voleva. Ancora, ancora, ancora e ancora. Finché ogni ricordo non sarebbe divenuto tenebra, e ogni speranza non sarebbe stata alimentata dall'immenso odio per quel mondo e per i capi che lo sorreggevano. Perché ogni ipocrisia doveva restare al di la della linea rossa e se si avevano davvero le palle, allora si doveva mostrarle e usarle per camminare sulla strada dell'onore, uno contro tutti, come sempre, come mai! Ecco quale ora sarebbe giunta! Sarebbe giunta l'ora della morte e della disperazione; l'ora della rassegnazione alla volontà Divina e del fato! L'ora di resa, l'ora di lotta, l'ora di guerra! Sarebbe giunta l'ora di coraggio e dell'essere per davvero. Quella lotta in cui le maschere tutte sarebbero venute meno e solo la Forza si sarebbe dimostrata rivelando a tutti la Verita: i guerrieri e i fifoni. Coloro che avevano sudato per essere Uomini e quelli che si erano nascosti dietro alte mura e cancelli oscuri. Strinse i denti come prima e serrò le mascelle. I corvi di odio li avrebbero ancora visti e contati tutti e le loro bocche sarebbe rimaste serrate come lo sarebbe rimasta la bocca di Raven. Anche loro avrebbero provato la sua rassegnazione e il suo dolore. Anche loro avrebbero capito cosa significava perdere tutto e iniziare da capo. Anche loro avrebbero capito com'era, abbandonare ogni cosa dietro di sé per camminare in avanti nonostante le voci dei cinici e dei corrotti e di coloro che in niente credevano e verso il niente camminavano. Al posto di vecchi programmi e vecchie voci, di duellanti e campioni perdenti, sempre gli stessi, in quel mondo serviva un'aria fresca e del sangue fresco. Servivano uomini nati dalle spade, pronti a sorpassare ogni limite e andare sempre oltre, spingersi oltre ogni limite ed essere guerrieri. Doveva uscirsene da quella sala dei duellanti non come un codardo, ma come un uomo pronto ad affrontare il suo destino. Avrebbe bruciato, estinto, fatto esplodere; avrebbe impiccato e annegato, finché tutta la sua sete non sarebbe stata calmata e finché l'ultimo piede traditore non avrebbe terminato di calpestare quel suolo. Quel tizio ricciolino che aveva davanti era la sola vittima di cui desiderava la morte con tutto il cuore, perché era soprattutto un ostacolo. E perché anche lui aveva contribuito a formare quell'odio e quel ranconre. Voleva vedere i suoi occhi spegnersi e il suo fegato e i suoi polmoni venire sparsi per la sala. Ghignò, concentrando tutta la sua voglia di uccidere quel tizio da qualche parte nel suo petto, forse nel cuore, e sentì come il suo spirito per un attimo si riempì di quella gioia che mista all'odio avrebbe realizzato un quadro di siffatta bellezza: il miglior duellante di Londra morto. I suoi occhi sarebbero stati spenti, l'anima risucchiata dal Dio della morte.

Nella mente vide quel corpo morto, senza più la scintilla di vita, spento. Ma vide anche uno sciame di coltelli che si distaccavano dalla sua bacchetta, materializzandosi dal Nulla della sua energia. Vide quel metallo, fissò i suoi contorni nella mente: erano dei pugni molto sottili, ma ugualmente taglienti. Dei pugnali che dalla sua bacchetta si sarebbero diretti verso il collo dell'avversario percorrendo una traiettoria dritta, rettilinea. Dei pugnali metallici, con la piccola impugnatura, ma un'ampia parte tagliente; con la punta affilata e la lama affilata da ambo i lati.

Immaginò come se vi fosse un legame, quasi un mirino, tra la punta della sua bacchetta e il corpo avversario. Immaginando i pugnali nella propria mente, concentrandosi sulla loro pericolosità, sulla loro capacità di essere taglienti, di trafiggere e lacerare le carni, portò, la mano destra, quella con la bacchetta, verso la propria spalla sinistra, superando all'indietro. Fece "indietreggiare" la propria mano con la bacchetta sempre più all'indietro, come se fosse un colpo a rovescio. Una volta che sentì di aver raggiunto il limite massimo, effettuò la caratteristica sciabolata del Sicàmen, riposizionando la bacchetta di nuovo contro la gola dell'avversario. In contemporanea sibilò a denti stretti la formula magica, facendo sì che l'intera pronuncia fosse quanto più possibile tagliente.
«Sicàmen!» – Solo a quel punto si sarebbe mosso, cercando di spostarsi verso l'uscita.








~ Punti Salute: 271
~ Punti Corpo: 330
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~ Punti Esperienza: 74
 
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Il confronto finale: per tutto il duello, e il poco tempo che ne era seguito, Raven aveva cercato un modo di imporsi in un uno contro uno sulla fama di "The Magician", l'uomo che vantava il titolo di miglior duellante di Londra. Voleva forse strappare quel nome, farlo suo? Ma non era stato un duello quello, no; in un duello, gli avversari si guardano negli occhi da pari, e con uguale rispetto mettono in mostra le proprie doti strategiche. Raven era entrato quel giorno nella Sala Duelli della Congrega con una sola volontà: dimostrare a sé stesso e ai suoi avversari di possedere un potere che andava ben oltre ogni immaginazione. C'era riuscito: i suoi incantesimi avevano straziato quella sala al pari dei corpi dei suoi avversari, il suo genio creativo aveva sbalordito persino il più anziano dei presenti, l'uomo che ora giaceva morto a poca distanza dai suoi piedi. Ora, nulla e nessuno stava tra lui e il suo obiettivo, e già le bacchette si alzavano in preparazione a quell'epico confronto.
Il Cedro di Raven si allungò sul suo fianco, quasi avvolgendo la massa stessa della nuvola (che non più conosceva i limiti della carne), prima di elargire con una sorta di rovescio il suo verdetto. E pur dall'alto della sua esperienza, l'uomo chiamato "The Magician" si sarebbe trovato completamente impreparato non fosse stato per la formula pronunciata seccamente: era quasi impossibile prevedere l'esecuzione di un incanto basandosi sulle contorsioni apparentemente casuali di quella massa gassosa; e sì, il suo occhio allenato già riusciva a identificare la bacchetta, ma quanti incantesimi prevedevano un movimento simile a quello? Avrebbe potuto essere un banale Everte Statim, per quanto ne sapeva, quella dannata cosa nemmeno ce lo aveva un collo! Ma non aveva commesso l'errore di sottovalutare il suo avversario, che dal canto suo non si era lasciato scoraggiare dal Magnitudo. Non poteva usare l'Avada Kedavra, era vero, ma molti erano i limiti di quell'apparentemente perfetta difesa, molti i buchi da sfruttare a suo fine: ad esempio, quella sfera non avrebbe attratto alcuna cosa che non fosse stata un raggio magico. Era un magnete, sì, ma per le manifestazioni magiche, nulla che potesse difendere il duellante dalla spietata fisicità di un muro di pugnali. Questi avevano per l'appunto cominciato ad apparire, un'orda di lame assetate che si generavano in un guizzo d'aria e subito partivano verso il loro obiettivo, quando TM reagì, alzandosi improvvisamente da dietro il suo nascondiglio: la bacchetta si mosse rapida in una combinazione che Raven non aveva mai potuto osservare prima d'ora (un curioso misto tra un cerchio e una serpentina, seguito da un'immediata imposizione della bacchetta), le labbra non si schiusero, come per custodire il Genio. Un primo pugnale lo oltrepassò, dopo aver schivato lo schienale della sedia dietro al quale si riparava e averlo colpito all'inguine, ma il secondo non raggiunse mai il bersaglio; invece, giunto a una trentina di centimetri dal legno di bacchetta il metallo si polverizzò, quasi avesse impattato un muro di indicibile resistenza, e passò oltre sotto forma di una fine sabbia metallica.
Raven aveva ottenuto il confronto che desiderava: le sue lame si generavano senza sosta davanti e attorno a lui, un esercito di soldati sparati al ritmo di una mitragliatrice babbana verso l'avversario, il manico a fungere da puro ornamento all'affilato acciaio; ma il "ricciolo" aveva dato a sua volta del suo meglio, con quel... qualsiasi cosa stesse facendo. Ogni pugnale diretto al suo viso, al suo petto, alle sue gambe incontrava a sua volta quell'invisibile eppur resistente barriera, polverizzandosi all'istante e ricoprendo il mago di una vera e propria tempesta di sabbia metallica, davanti alla quale pur riuscì a mantenere la concentrazione. Forse l'incredulità già cominciava ad abitare il "volto" dell'Akuma, mentre la schiera di coltelli andava esaurendosi, quando all'improvviso la medaglia della sorte decise di girar faccia: uno dei pugnali, che per via del gran numero non si indirizzavano tutti sulla figura di TM ma si aprivano come un più ampio ventaglio, infliggendosi su quella conica porzione di pavimento con secchi "clunk" o martoriando il cadavere dello sventurato Arbitro, colpì all'improvviso una delle gambe della sedia che il misterioso duellante aveva eletto a difesa dei suoi arti inferiori, facendola sbalzare per l'impatto proprio verso la sua figura. Tra la pioggia di detriti metallici e l'intensa concentrazione necessaria a far riuscire una trasfigurazione del genere, quel piccolo urto fu la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. L'incantesimo si spezzò, l'eroe sussultò, lo scudo magico svanì davanti alla sua figura; e le ultime Erinni trovarono la loro strada verso la carne, e si saziarono finalmente dell'agognato sangue.

Cadde. Sconfitto, per quella che non era la prima volta nella sua vita ma poteva essere probabilmente l'ultima, spinto verso il suolo retrostante dal duplice impatto: una lama lo trafiggeva nel basso ventre, fermata solo dall'impatto col molle intestino, l'altra si conficcava nel muscolo pettorale incidendo il proprio sentiero tra le costole. Cadde, e la Vita si oscurò dinanzi ai suoi occhi, e con disappunto scoprì che non c'era nessun riavvolgimento della pellicola. Nessun grande replay di tutte le scene della sua esistenza. Solo un crescente buio, un'ombra che avvolgeva la sua coscienza e il suo essere mentre il dolore mortale si allontanava come una trascurabile memoria. Poi il nulla.

Il tonfo del corpo del più esperto duellante di tutta Londra fu seguito dai tintinni metallici degli ultimi pugnali, ritardatari e fuori strada, ma Raven già era voltato verso l'uscita, verso nuovi bersagli, la sua sete impervia a quel calice di sangue, a quell'offerta. No, non sarebbe bastato a fermarlo. Cosa sarebbe bastato, allora? C'era qualcosa che lo avrebbe esaudito? Un sangue, forse più vicino di quanto pensasse, che avrebbe saziato la sua brama? Chi poteva dirlo.
L'ultima delle mosche arrancava davanti ai suoi occhi, un vecchio che si protendeva verso l'uscita della Sala, verso quella porta spalancata che per lui voleva dire Tutto. Si sarebbe ritrovato all'esterno, su quel marciapiede anonimo della periferia di Londra, davanti a quel grande edificio che i babbani non vedevano altro che come una muratura in mattoni rossi, contenente noiosissimi e banalissimi uffici. Lì era nascosta la Sala dei Duelli, in mezzo a una via di abitazioni babbane, dove inglesi e stranieri vivevano schiacciati in appartamenti di dimensioni proibitive. Lì, finalmente, avrebbe potuto chiamare a raccolta la sua concentrazione e provare a smaterializzarsi, conducendo quell'anziano corpo altrove... se solo Raven glielo avesse permesso. Ma già arrivavano i primi imprevisti, i primi desiderosi di una rapida morte: due "CRAK", simili a spari e a intervallo brevissimo l'uno dall'altro, avvisarono l'Akuma dell'arrivo della cavalleria. Presto quel posto sarebbe pullulato di Antimago, Auror, e tutto ciò che la comunità magica avesse da mettere sulla bilancia per contrastare quella terribile offesa all'ordine pubblico. Già la voce si spargeva, echeggiata da quanti erano riusciti a mettersi in salvo. Cosa avrebbe fatto? Avrebbe accettato quell'ulteriore sfida come l'ennesima verifica delle sue abilità, un semplice esame da passare? O era forse il caso di volatilizzarsi, più di quanto non avesse già fatto riducendosi in quell'inumana forma? Stava a lui giudicare.




Raven Shinretsu
La totalità del corpo e la bacchetta hanno una consistenza gassosa.
Ferita abbastanza profonda alla spalla destra.

PS: 271
PC: 325
PM: 498

Claire Santos
Fuori dal tuo campo visivo.
PS: 44
PC: 140
PM: 140

The Magician

Caduto a terra. Perde PS e PC ogni turno a cause delle ferite.
Ferita di media entità all'inguine, due pugnali conficcati nel torso (uno nell'area addominale, l'altro appena sotto la clavicola destra).
Il Magnitudo ha smesso istantaneamente di funzionare.

PS: 92 - 25 - 25 - 10 - 5 = 27
PC: 190 - 10 = 180
PM: 200



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La sfera luminescente è sparita con la caduta di TM (spero ti piacciano i pugnali sparsi), Raven si avvia verso l'uscita della sala, si comincia a intravedere cosa c'è all'esterno di essa...
Ma ovviamente Raven lo sa bene, essendo entrato questa stessa mattina da quella porta. Nel post trovi una descrizione accurata di come ricordi l'ambiente esterno, casomai riuscissi a uscire a breve. Ma abbiamo degli ospiti indesiderati! E presto ne arriveranno di altri. Se decidi di fuggire, non dimenticarti che de-trasfigurarti e poi smaterializzarti richiederà due turni separati, ti servirà una buona finestra di tempo per fare tutto ciò. Valuta con cura le tue possibilità!





Prossima scadenza 2/05, ore 00:01.



 
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view post Posted on 30/6/2017, 20:30
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«Dialoghi»


L'aveva ucciso? No, purtroppo respirava. Vedeva il suo petto alzarsi e abbassarsi. In mezzo a tutto quel frastuono, di gente che scappava dalla sala dei duellanti, aveva proprio perdute le sue prede. Era un perdente. Gli restava soltanto il campione di Londra e la sua compagna, - ma scarsa com'era, non era un frutto degno di attenzioni, - eppure non riusciva a finirlo. Nonostante tutto, persino quell'incantesimo, che una volta utilizzò la Preside di Hogwarts, era riuscito a ridurre in sabbia il metallo. Non si aspettava altro da un campione, si aspettava altro da sé: perché se avesse mai voluto raggiungere il suo Fine, se avesse mai a superare Lui, quegli ostacoli li avrebbe dovuti sorpassare in un battito d'occhio. Non importava che fossero 3, 4 o 5: doveva batterli tutti. Uno contro tutti. Solo contro il mondo. Finché non riusciva nemmeno a battere un campione come un altro in poche mosse, come poteva pensare ad avvicinarsi a quella figura oscura in fondo all'orizzonte? Ma non aveva tempo per disperarsi. Non aveva tempo per pensare ad altro. Ogni secondo era prezioso in quel combattimento e doveva solo pensare a come sfruttarlo. Eppure... non riusciva a lasciar andare quell'idea. Non riusciva a pensare a come fuggire: le sue attenzioni restavano ancorate unicamente all'avversario, colpito dai coltelli, ma ancora vivo. Era la vendetta, ciò che egli temeva? Pensava che un giorno quel tizio sarebbe divenuto così forte da ucciderlo, eliminarlo dal mondo? No. Era il tempo a stringere; quei sonori crack di auror presto sarebbero apparsi fuori dalla sala dei duellanti, chiudendo il topo nella trappola che egli stesso aveva creato ad misuram per sé stesso. Eppure il topo non voleva essere un topo. Voleva essere un leone. Uno di quelli che necessitava di morte per farsi sentire. Un solo morto quel giorno significava che era un giorno fiacco: ne necessitava di almeno due, soprattutto in quell'occasione, quando necessitava di spingersi ancora più in la. Del resto, che onore c'era nell'uccidere un vecchio inutile?
Subito si fermò, notando il nemico per terra. - "I nemici a terra non si combattono!" - Gridò una voce, ma la mano con la bacchetta si alzò. La distruzione era ciò che egli desiderava ancora, che desiderava di più d'ogni altra cosa. E quel giorno l'avrebbe avuto: sì che l'avrebbe voluta. Fermatosi, vide in mente la sagoma di un grande drago nero, composto da fiamme nere e di fiamme nere nutritosi. Era un drago ucraino, quello. Il drago più grande del mondo, dicevano. Un giorno, tanto tempo prima, ne aveva visto una rappresentazione ma mai, - mai! - avrebbe potuto pensare di servirsi per i propri scopi. Impresse nella sagoma del drago la propria forza di volontà e il proprio odio. Tutta la propria rabbia. Perché era quello di cui si nutriva l'animale: la rabbia. E nonostante tutto lui la sentiva ancora, l'aveva ancora nell'anima, nel cuore, nella mente. Quell'emozione della distruzione; quel rancore; quella volontà di arrivare sino in fondo sul suo cammino. Di depredare ed essere depredato; di distruggere ed essere distrutto. Di sentire il mondo vorticare intorno, di premerlo, di vedere gli occhi dei cinici, e di non cedere mai. Non gli importava di aver ucciso. Gli importava di non aver ucciso tutti. Di non aver fermato, di non aver annullato... di essere solo una nullità. Fissò quella sua rabbia nella mente. La fissò per bene. Come se fosse l'unica cosa importante nella sua vita. Come se fosse il punto cardine della sua intera esistenza. Insieme a quel drago nero che pregustava fuoriuscire dalla bacchetta, dirigendosi verso l'unico obiettivo che in quegli istanti era lì, per terra. L'unico obiettivo di cui voleva la morte. Prima di quello successivo.
Solo allora mosse la bacchetta nel disegnare 3 cerchi in senso anti-orario, per poi eseguire una rapida stoccata in direzione dell'obiettivo. I suoi movimenti furono rapidi, intensi e fluidi, e quando la punta della bacchetta venne riallineata contro il corpo del nemico per terra, dalle labbra uscì il grido, l'urlo di evocazioni, per far apparire in quella sala un vero e proprio mostro di fiamme nere da 15 metri di lunghezza.
«FYINDFYRE!» – Con tutto sé stesso avrebbe voluto vedere quell'enorme drago nero apparire nella sala spinto in avanti dalla sua bacchetta e muoversi in avanti, in avanti, in avanti, fino al petto di quel disgraziato per dargli l'ultimo colpo di grazia. Una traiettoria dritta, rettilinea, di un fuoco che voleva soltanto assaggiare le sue carni.

Solo dopo Raven avrebbe ripreso il suo veloce spostamento nella direzione dell'uscita, questa volta senza girarsi più: avrebbe lasciato il resto al proprio destino. Perché lui avrebbe dovuto far fronte al proprio, di destino.








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~ Punti Mana: 498
~ Punti Esperienza: 74
 
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