Nyctophilia, Privata

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view post Posted on 19/9/2017, 19:18
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LA MANGIAMORTE

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Ad un angolo di un vicolo con Nocturn alley, una vecchia megera dai capelli grigi e radi parlava con una giovane donna, il tono di voce era conviviale, le due sembravano conoscersi. Poi un saluto e la più giovane delle due si allontanò dando la possibilità alla donna di continuare a vendere manufatti maledetti che si rivelavano poi delle enormi fregature. La vecchiarda era scaltra, aveva piazzato il suo banchetto nell’angolo della strada più trafficato, dove persino i giovani studenti o i più sprovveduti si avventuravano, ignari dei pericoli che Nocturn Alley nascondeva. Erano anni che imbrogliava la gente più disparata ed erano anni che il giorno dopo gli truffati tornavano reclamando a gran voce i loro soldi indietro, rimediando sempre dei sonori no e maledizioni bisbigliate. Rowena aveva visto quei teatrini ripetersi un migliaio di volte e sapeva benissimo che la vecchia aveva dalla sua l’appoggio della piccola popolazione che abitava in quei stretti vicoli, era quasi un istituzione da quelle parti, diventando intoccabile persino dalla squadra antimago e gli auror, anche perchè quei branco di buoni a nulla non si sarebbero mai azzardati ad abbassarsi a tanto.
Il cielo rombò all’improvviso, obbligando Rowena ad arrestare il proprio passo, sollevando lo sguardo verso l’altro ad osservare una nuova scarica crepitare nel cielo ed illuminare i tetti spioventi delle case. Fece spallucce, riabbassando il viso e iniziò a caminare rasente il muro, sollevando il cappuccio della mantella verde bottiglia sul volto appena prima che iniziasse a piovere. Conosceva quelle strade a menadito, sapeva dove poter trovare riparo, come utilizzare ogni singolo anfratto per evitare di bagnarsi, camminava quindi seguendo un percorso preciso, dopotutto tutte le strade portavano al tre manici di scopa dove un bel bicchiere d’incendiario l’avrebbe ristorata prima di tornare a casa e accoccolarsi sulla sua poltrona malandata per dare sfogo ai pensieri. C’erano tante cose nella sua vita che la rendevano insoddisfatta e negli ultimi tempi le serate caserecce davanti al fuoco erano portate a capire come potersi scrollare di dosso quell’insoddisfazione. Sapeva che dietro tutto c’era l’apatia di Voldemort e il suo essersi assopito con l’arrivo dell’autunno, bramava l’azione che non arrivava mai, di sentire il cuore cavalcarle nel petto, avvertire l’adrenalina scorrerle in corpo. Chissà forse aveva bisogno di trovarsi un nuovo amante che sapesse dominarla, ma tutti gli uomini che ultimamente la colpivano o erano degli ineguagliabili romantici che la volevano sposare oppure erano talmente tanto fedeli che nemmeno il seno sodo e gli atteggiamenti disinibiti di Rowena potevano recidere il loro legame con l’amata. Una tristezza infinita questo mondo maschile. Possibile che sulla faccia della terra non ci fosse rimasto più nessuno che aveva semplicemente voglia di divertirsi tra le lenzuola?
I passi erano automatici, la matassa di pensieri che l’investiva si dissipò in fretta quando delle voci riecheggiarono tra i vicoli. Seguì il rumore di quelle voci, vi era un battibecco e forse uno sguainare id bacchette. Si arrestò a debita distanza, fermandosi dietro un muro e spiando la situazione. Lampi che uscivano dalle bacchette che si mischiavano a quelli del cielo, angeli in pietra che volavano, cornicioni che cadevano e quattro imbranati che facevano a gara a chi aveva la bacchetta più grossa. WHAM! BANG! CRASH! Tutto terminò in fretta e i contendenti più giovani uscirono vincitori, rotolando uno sull’altra vicino a Rowena che si affrettò a nascondersi un po’ più a fondo, per poi continuare ad osservare quanto accadeva, sporgendosi forse un po’ troppo oltre il muro. Poi accadde, un alchimia che le ricordava tante cose riempí l’aria e Rowena, occhi spalancati di stupore e un bagliore d'invidia, si lasciò sfuggire un

-OOOOHHH!-

a volume forse leggermente troppo alto, udibile nonostante la pioggia e grazie all’assenza dei tuoni. Si ritirò rapidamente dietro il muro, portando ambo le mani sulle labbra vermiglie, chiedendosi che cosa gramo le era passato per la testa per emettere un verso tanto stupido.

//pucciosità forevaH//
 
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view post Posted on 21/9/2017, 09:44
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IzPu6AP

Giunsero silenziosi a casa di Emma – una villetta in un moderno caseggiato nella periferia di Londra, con un boschetto di larici a valle dei cortili in cui si stendeva il bucato nelle ore fresche affinché si asciugasse al vento – e non proferirono parola, fino a che non si trovarono obbligati l’uno di fronte all’altra sull’ingresso; Dorian si strinse nel cappotto, era autunno inoltrato, faceva freddo. Decise sbrigativo di arrendersi e, guardandola negli occhi con un’indecifrabile intenzione, osservò calmo:
«Sei arrivata, Emms.»
«Lo so.»
Tuttavia lei non accennava ad entrare, seguitando a sostenere il peso di quelle iridi scure sfacciatamente, lasciando il discorso in sospeso.
Una tempesta di neve spazzava il paese, sempre con la stessa inesorabile perfezione, alla stessa velocità e con la stessa intensità, ruggendo come un'onda che cresce prima di abbattersi sul dromo degli scogli, fino a che nel borgo trasfigurato dal ghiaccio rimase il silenzio.
La voce cristallina infranse la tensione con un’esclamazione imperiosa, troppo simile ad un ordine per essere ignorata:
«Ehi, sciocco, vuoi chiedermi di entrare, oppure preferisci che ti tiri dentro con la forza?»
Lo afferrò per il soprabito con fare deciso, al punto che Dorian, ridendo, si fece schermo con le mani; divertito la baciò dolcemente sulle labbra – bastava così poco, in realtà, per farla arrossire – e commentò ironico:
«Oh, no, ti prego!»
Poi tornò serio e, dando sfogo alla sua curiosità, domandò interessato:
«Perché vuoi che entri? Ci sono i tuoi… non voglio disturbare.»
L’espressione della ragazza si rilassò dolcemente, negli occhi castani brillava un luccichio di emozione, tale da non smorzarsi neppure quando, accarezzandogli una guancia, gli rispose:
«E’ festa, Dorian. Non puoi stare da solo oggi. E poi per le vacanze si trasferiscono ad Oxford, da nonna. Meriti qualche regalino; anche tu.»
Lui si sciolse in un sorriso tenero, e chiudendosi la porta della villetta alle spalle; replicò:
«Capisco, Emms. E che regalo mi vuoi dare?»
La ragazza decise di stare al gioco, puntando la braccia ai fianchi ed ammonendolo seriamente:
«Per cominciare, mentre ti fai una doccia calda, ti preparerei una tazza di latte e cacao… Ma, visto il fastidio, potresti anche andartene. Sei sempre così freddo.»
Dorian d’improvviso l’afferrò per il braccio, quasi con prepotenza, e l’attirò a sé; assurdamente agitato, la voce arrocchita, si ritrovò a pregarla di rimanere. Almeno lei.
«Emma, ti prego. Scusami.»
«Dici sul serio?»
Annuì, battendosi la mano sul petto, in corrispondenza del cuore.
«Scusami.» Una supplica al di là di ogni tempo e di ogni dimensione.
Lei captò il suo sguardo fisso e per poco non ne provò imbarazzo: sapeva che Dorian era capace di penetrare l’anima con una semplice occhiata. Nessuna violenza, nessuno sforzo, nessuna forzatura: erano i suoi occhi a risultare disarmanti e con quelli conquistava, piegava, leggeva l’anima. E quando entrava dentro qualcuno, non era più in grado di uscirne.
Si osservarono titubanti per un attimo, un sospiro di miele li divideva, il battito profondo dei loro cuori lo trasformava in desiderio. Sulle guance di Dorian era divampato il fuoco, irrorato in ogni capillare del corpo. Spalancò gli occhi incredulo, guardandola perplesso: fu come se gli avessero conficcato una freccia avvelenata nel petto con il bisogno straziante che, lentamente, lo consumava. Si levò con foga il maglione morbido per avvolgerla con la pelle bollente e trasmetterle un minimo del suo calore. Del suo amore.
Lei gli si strinse addosso, senza opporsi, per mormorare sulla sua bocca, al bacio:
«Non così in fretta, Midnight. Sono ancora in tempo per cambiare idea.»

***


Era quello che si provava ad avere i fili del tempo tra le dita? In un istante tornò indietro di tanti anni e quei ricordi, dannatamente stinti nel grigiore di una disperazione mai dimenticata, per bocca di Atena gli tornarono alla mente, come i morti d’autunno resuscitati in primavera.
Dorian penetrò dolorosamente il mistero della morte e rabbrividì, riassaporandone il nettare immortale.
Due lacrime chiare gli bagnarono la bocca.
Latte e cacao sulle sue labbra.
Scrollò le spalle voltandosi impercettibilmente, poi, con il solito sorriso malizioso, la interruppe accostando la bocca al suo orecchio e constatò:
«C’è un tempo per il dovere, Lills, e uno per il piacere…»
La sua voce flautata si fece cavernosa, quel bacio aveva risvegliato in lui il desiderio, la voglia di concedersi e concedere il corpo, il fisico e, forse, anche parte della propria anima. L’unico anodino contro il dolore.
La abbracciò con delicatezza e inspirò nuovamente il profumo della sua pelle che lo invase fino all’ultima cellula, liberandolo dalle catene in cui il tempo lo aveva avvinto.
«Sono contento che ci sia tu qui con me stasera…»
D’improvviso, interrompendosi, scambiò con un fugace sguardo d’intesa – era certo che anche lei si fosse accorta di quella presenza che li osservava da un po’ – si voltò con un gesto rapidissimo e con la bacchetta sferzò il vuoto, puntandola alle loro spalle.
«Homènum Revèlio» pronunciò con chiarezza, e dei nastri di energia azzurra rimasero sospesi a mezz’aria, prima di dipartirsi e volare, come dei tentacoli fluttuanti, verso la casa alle loro spalle.
«Tana per te, Cappuccetto Rosso. Vieni fuori, con le mani bene in vista.»
Tenne l’arma puntata davanti a sé e si mosse con cautela: anche in quegli attimi frementi come il latte, Dorian non aveva perso di vista il compito di primaria importanza di cui era incaricato.

Benvenuta, carissima.

Edited by Dorian - 2/8/2018, 10:17
 
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view post Posted on 25/9/2017, 20:37
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«Come siamo saggi…» scherzò ridendo.
Solo allora - in quella vicinanza ritrovata - notò il tragitto sottile di una lacrima sulla sua pelle. Una linea argentea, in netto contrasto con quella più colorita del sorriso malizioso che similmente si era fatto strada sul suo viso. La risata parve spegnersi impercettibilmente, rimanendo come sospesa, e il suo sguardo corse a indagare i suoi occhi. Quando era caduta, quella stilla di fragile eternità? Cosa si era mosso in lui, dietro l’incrinatura della sua sicurezza? Schiuse le labbra per dire qualcosa, ma prima che potesse trovare le parole per esprimere qualunque pensiero le stesse passando per la mente, le braccia di Dorian la circondarono in un abbraccio.

Sono contento che ci sia tu qui con me stasera…
Una punta di innocente imbarazzo misto a sorpresa le ammorbidì le labbra, distendendole i lineamenti del volto, e un moto di tenerezza parve lentamente farsi strada dentro di lei, proprio come fa una lacrima calda quando si stacca dagli occhi, accarezza la bocca e, cadendo nel vuoto, trova infine la strada per raggiungere la parte più segreta e fragile di un essere. Come ci fosse riuscita, a trovare la sua, non lo sapeva.
Avvicinò il naso alla sua guancia e posò le labbra su quella pelle dal ricordo salato, sfiorando inconsapevolmente i demoni di una sofferenza ancora sconosciuta, eppure dal sapore così familiare.

«Sono contenta che ci sia tu qui con me» ripeté. Tum-tum, fece eco il suo cuore.
«Resta con me, stasera» sussurrò. Tum-tum.
*Sto bene con te* avrebbe voluto dirgli ancora, ma in quel momento un ooOOOoohHHhh, arrivò alle loro orecchie, in un suono distorto dagli angoli delle mura da cui si era levato. Non erano soli.
Un’occhiata d’intesa e un cenno risoluto del capo bastarono ad entrambi per capire cosa avrebbero dovuto fare, come tante altre volte prima di allora. Sarebbe stato Dorian a sferrare il primo colpo – e questo arrivò, raggi azzurri si sollevarono nell’aria, tuffandosi sicuri verso una casa alle loro spalle. Atena avrebbe puntato la bacchetta pronta a proteggere entrambi da un eventuale attacco o per attaccare a sua volta, se fosse stato necessario. Seguendo quella sorta di tacito accordo che scorreva tra loro, si voltò anch'essa, alzando l’arma verso il punto in cui i raggi azzurri si erano diretti. Nessun incantesimo era volato nella loro direzione e lei era rimasta ferma, ma i suoi occhi attenti scrutavano il buio, nell’attesa che lo sconosciuto facesse la sua comparsa.


«I’m not afraid of Darkness. Nothing is more Shining that Night. I always seem to come alive after Midnight. I feel like the world is mine»




Ancora una volta, benvenuta, Row! :fru:
 
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view post Posted on 30/9/2017, 23:46
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LA MANGIAMORTE

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Si morse il labbro inferiore, abbassando le braccia lungo il corpo, toccando con i polpastrelli i mattoni sgretolati della casa che fino ad allora l’aveva nascosta dallo sguardo dei due, maledicendosi per quel verso che l’era scappato dalla bocca. Sapeva del perchè di quel suo comportamento, sapeva che era dovuto all’emozione che i due avevano risvegliato, ai ricordi che erano riaffiorati e che spingevano su quell’unico sentimento che era la molla di tutta la sua esistenza: l’invidia. Li stava invidiando per il loro essere complici, erano passati anni dall’ultimo sguardo d’intesa con qualcuno, sentiva la mancanza di compagno di giochi in maniera profonda, aveva bisogno di trovare qualcuno che la capisse con un gesto, con uno sguardo, con il quale scambiare un bacio non fosse un peccato e giacere tra le stesse lenzuola una goduria. Era umana dopotutto e anche se aveva affossato il cuore veramente in fondo, ogni tanto quello si ribellava, battendo temerario nel petto e riportando a galla emozioni che pensava di non possedere più.
Presa nei suoi pensieri, non si accorse della striscia azzurra, di quel laccio che raggiunse gli stivali logori mostrando la propria presenza ai due. La voce di lui ruppe il silenzio, obbligandola a portare lo sguardo verso il basso e lasciarsi andare in un

-Porco gramo…-

sofferto e sussurrato. Cosa fare? Poteva smaterializzarsi alle loro spalle e stordirli o spaventarli a morte, poteva diventare invisibile, uscire allo scoperto e calare le mutande del giovane per divertimento, poteva fare qualsiasi cosa ma non fece nulla. Rowena rimase li dove stava, la destra che andò alla cintura dove teneva la bacchetta ma senza estrarla. Una rassicurazione stretta tra le dita frutto dell’esperienza.

-Se esco…-

esordì con voce chiara e ferma.

-…dai un bacino anche a me?-

ora era decisamente divertita, un riso increspò le labbra in attesa di una loro risposta. Tutto quello che i due avevano risvegliato in Rowena sembrava essersi dissipato. Il tempo e le sue disavventure le avevano insegnato a reprime le sue emozioni e non ci volle molto alla strega indossare i soliti panni di donna compiaciuta e compiacente.
 
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view post Posted on 20/10/2017, 16:01
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Atena era lì al suo fianco: bellissima e stanca, con i capelli che le scivolavano lungo le spalle; il cappotto scuro che l’umidità aveva fatto aderire alla pelle rivelando le forme morbide; il viso rivolto verso il vicolo, singolarmente attento. Aveva gli occhi brillanti.
Dorian rimase rapito dal suo aspetto, da quella fermezza silenziosa e dignitosa; da quelle iridi azzurre così intense e così… così… vive.
Avrebbe desiderato dipingerla in quel modo: statica, perfetta… una Madonna circondata di acqua e fiamme.
Abbassò appena la bacchetta, senza scoprire la guardia. Voleva soltanto andare a casa – se lei l’avesse invitato avrebbe accettato senza esitazioni – smettere quegli abiti sporchi e stendersi in sua compagnia davanti al caminetto. Era proprio una di quelle notti in cui gli amanti si incontrano; si contorcono e si amano, finché l’amplesso finisce e le coperte restano sfatte e odorose di sesso. Una di quelle notti in cui il freddo pungente, il gelo e i ricordi dolorosi – spettri fluttuanti e ingannevoli – si insinuano nelle ossa. Non riusciva ad immaginare un modo migliore per rinfrancare lo spirito e il corpo in quella serata rigida.
Ma – almeno per quel momento – le cose sembrarono andare diversamente.
«Se esco… dai un bacino anche a me?»
Rimase sorpreso da quella buffa e improvvisa risposta – poté ragionevolmente stabilire dall’inflessione della voce cristallina che a parlare fosse una giovane donna. Poi fece un passo in avanti schioccando la lingua sulle labbra e sulla sua bocca apparve un sorriso felino.
«Può darsi che lo faccia, ammesso che ti ritenga abbastanza bella.»
Rispose alla provocazione con flautata malizia, ma non commise l’errore di sottovalutare il potenziale pericolo. La sua voce, calda, profonda, la cosa più incantevole che poteva affermare di possedere, era perennemente controllata, come un elastico teso tra due poli che continuano ad allontanarsi. Dorian si impegnava affinché ogni nota uscisse perfettamente armonica, suadente, perché con quel canto avrebbe potuto piegare chiunque al suo volere.
Si lasciò scivolare in avanti lungo la via fangosa di qualche altro passo, muovendosi in silenzio con l’eleganza ipnotica di un incantatore di serpenti che tenta di blandire un cobra.
Preda e predatore iniziavano ad avvicinarsi. Ognuno di loro sapeva dove si trovava l’altro. Il magnetismo delle sue pupille attraversò l’aria.
Poi voltò appena la testa, mordendosi il labbro inferiore, strizzò l’occhio ad Atena con un gesto complice e le loro iridi si incrociarono restando fisse le une nelle altre.

Chiedo venia per il ritardo, ma tra traslochi e traslochetti mi son perso via. :gelato:
 
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view post Posted on 2/11/2017, 11:47
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Nyctophilia
Non appena le parole di Dorian si spensero nella semi oscurità del vicolo, il silenzio e l’immobilità tornarono a riempire lo spazio che li circondava. Atena scrutava la strada davanti a sé, ma per alcuni istanti non accadde nulla: nessun incantesimo si levò contro di loro e nessuna figura si palesò dal suo nascondiglio. Infine, la risposta arrivò. Era la voce di una donna, sembrava giovane e molto sicura di sé, le sue parole li raggiunsero senza alcun tentennamento nell’intonazione. La richiesta che poneva: decisamente bizzarra.
Atena non riuscì a trattenere lo stupore, alzando un sopracciglio e spostando istintivamente lo sguardo verso Dorian. Anche lui sembrava ugualmente perplesso da quella singolare novità. Lo vide fare un passo in avanti e rispondere con studiata malizia alla donna, la voce profonda e suadente. Sorrise tra sé, pensando che solo in sua compagnia potevano succedere quel genere di cose. Ma del resto, lo sapeva bene, era questo l’effetto che suscitava; era difficile rimanere impassibili di fronte a lui, nel bene o nel male, sembrava esser nato per lasciare un solco nell’animo di chiunque incontrasse.
Eppure, nello stesso tempo, sentì una punta di amarezza affacciarsi in lei. Aveva ancora il ricordo del suo respiro sulle labbra e la sensazione della sua pelle liscia sulla punta delle dita. Desiderava soltanto tornare ad essere stretta nel suo abbraccio, intrecciare la mano tra le ciocche dei suoi capelli e chiudere il mondo fuori dai confini dei loro corpi; lasciare – per una volta – che anche il suo cuore si sciogliesse e si rinfrancasse sotto il calore delle sue labbra. Non era stato il suo indiscutibile fascino ad averla attratta, bensì quell’intima intesa che sentiva essersi creata con lui. La fragilità che aveva scorto oltre quell’aura di perfezione che mai sembrava abbandonarlo, rivelando qualcosa di raro.
Seguiva ancora il filo dei suoi pensieri quando Dorian si voltò verso di lei. Fissò lo sguardo in quelle stille dorate, nuovamente accese da un bagliore di complicità. Gli rivolse l’accenno di un sorriso, uno sbuffo di calore agli angoli della bocca e intorno agli occhi; in quegli stessi occhi, limpidi e fermi, per un attimo, lui avrebbe potuto scorgervi chiaramente il rammarico per l’interruzione e l’intimo desiderio di tornare ad annullare ogni distanza, prima che anche quelle ultime ombre si dissolvessero come neve al sole, lasciando il posto ad un sorriso più divertito.
«Stai attento a quello che fai, non vorrai perdere la tua occasione…» disse piano, mordendosi il labbro, in modo che solo lui potesse sentire.
Fece alcuni passi in avanti, spostandosi poi verso il centro del vicolo nel quale si trovavano; da quella posizione avrebbe potuto scorgere per prima la figura della donna nel momento in cui avesse fatto la sua comparsa. Nonostante non vi fosse ancora stato alcuno scontro, non si sentiva affatto tranquilla. Sottovalutare il nemico sarebbe stato un errore da dilettanti, soprattutto con la consapevolezza che Dorian era tutt'ora provato dalla caduta, molto più di quanto non lo fosse lei. Si sentiva responsabile per la sua incolumità. Tese la bacchetta davanti a sé, pronta a fare il necessario in caso di pericolo.


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view post Posted on 7/11/2017, 00:53
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LA MANGIAMORTE

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La voce che le arrivò di rimando era piacevole, profonda e morbida, suonava come un basso ben accordato e Rowena come tante altre donne prima di lei, ebbe la voglia di sentire calde parole sussurrate all’orecchio da quella voce, però miss Abyss non era una donna comune, era colei che aveva dato fuoco al London Eye, quella capace di far recapitare la testa mozzata di una studente al vecchio preside, colei che aveva data l’unica ventata d’amore della sua vita in pasto ad un incerto destino.
Abbassò lo sguardo, ritrovandosi quasi d’istinto a spingere con la punta del logoro stivale marrone un sasso malmesso del selciato, biascicando con falso interesse un

-Oh ma questo vuol dire che faremo una cosa a tre…così giovani e già così perversi.-

un lieve sorriso a spaccare le labbra, divertita dal suo stesso dire. Fu mentre pronunciava quelle parole che prese mano la bacchetta che teneva alla fondina, già decisa su come proseguire quell'incontro.
Nocturn alley la conosceva bene, e ogni singolo mattone che costituiva le abitazioni lei lo ricordava, come ricordava i muri grigi dei negozi più nuovi, le tende porpore delle finestre, il ciottolato, fatto di pietre lise, sempre le stesse da centinaia d’anni, ma in quel momento si concentrò sulla calce che teneva assieme i mattoni rossi e sgretolati, si concentrò sulle mura di quel vicolo, su quello che sarebbe venuto dopo, un nuovo abitato, muri grigi, recinti in metallo dipinti di nero, guglie acuminate, i gargoyle che ponevano il termine alle gronde delle case, sulle pietre che componevano la strada e sul terriccio marrone che si insinuava come spire di un serpente tra essi. Era l’unica cosa che doveva fare al momento, concentrarsi sull’ambiente che la circondava, abbandonare il superfluo e diventare tutt’uno con l’ambiente. Si rese conto di essere pronta in un tempo brevissimo, conosceva ottimamente l’incanto, imparato tanti anni prima e aveva avuto occasione di usarlo in passato più e più volte, per questo il movimento che andò ad eseguire fu fatto rapidamente ma con precisione, andando a colpire la sommità del suo capo con la bacchetta lasciando che nella mente, si formassero le lettere dell’incanto

“Illùdo Camaleontide”

ponendo particolare attenzione alla lettera U, in modo che uscisse in quel rapido pensiero, con il giusto accento.
Se tutto fosse andato a buon fine avrebbe potuto sentire una sensazione particolare, come un uovo spaccato in testa e il chiaro, andare a coprire in un velo freddo la pelle chiara.
 
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view post Posted on 11/11/2017, 10:30
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La luce dei lampioni in lontananza bucava a fatica la nebbia; la tempesta era cessata e grandi pozzanghere brillavano come ametista liquida al chiaro di luna.
Dorian rise di quella seconda provocazione e scosse nel vento i suoi riccioli morbidi – sembravano gli anelli di un grande anemone – avanzando cautamente di qualche metro.
E d’altra parte il peccato non si può nascondere, si intravede nelle linee della bocca, nel languore delle palpebre, nel tono della voce. Non si sorprese del fatto che anche quella donna misteriosa lo desiderasse.
Si augurava di poterla costringere a capitolare seducendola come fanno quelle sirene che riposano nella bianca spuma, tendono le braccia ai marinai e li ipnotizzano con la voce, forzandoli ad aggrapparsi al sartiame per non balzare in acqua e annegare.
Avrebbe voluto trascinarla negli abissi del mare, con la falsa promessa di mostrarle tutto ciò di cui la sua voce le aveva cantato.
D’altronde gli era sempre bastato un semplice “vieni”.
Scostava le coperte e faceva entrare chiunque volesse nel suo letto, obbligandolo a danzare con sé a proprio piacimento. I fianchi si alzavano e si abbassavano al ritmo delle spinte, le ossa del bacino sporgevano sul ventre compatto.
Era fuoco. Era desiderio. Era incanto.
Ma quella sera ciò non accadde.
Quando, infine, con lo sguardo arrivò a lambire il cantuccio da cui gli era parso che provenisse la voce, nella luce fioca non fu capace di vedere nulla; nessuna smorfia orribile a fissarlo.
Si passò una mano sulla fronte, sorridendo; eppure sul suo viso non c’era né irrequietudine né gioia. Semplicemente una profonda tranquillità.
Si era ricordato della pioggia e i suoi occhi, prima che potesse voltarsi per tornare sui propri passi, erano andati a posarsi sulla strada e vi avevano sostato un momento. Un velo di acqua limpida ricopriva il pavimento di pietra venata.
Aveva sempre amato l’acqua, poiché era l’unico, tra gli elementi, in grado di riflettere colui che lo guardava, e nel riverbero delle sue onde aveva sempre visto specchiata la propria bellezza.
«Deve essersene andata, alla fine; ci siamo sbagliati, Atena. Era solo una pazza, nulla di più.»
Concluse, ammiccando impercettibilmente con lo sguardo mentre percorreva a ritroso quei pochi metri che lo separavano dalla collega. Alla fine non aveva ritenuto necessario inoltrarsi nel vicolo. Era tutto decisamente chiaro.
Procedeva a passo lento e lieve, stringendo la bacchetta senza abbassare la guardia.
«Tutto sommato mi è passata la fame. Ho un languorino di natura diversa, adesso, Lils»
Le sorrise con quel fare un po’ mascalzone che tanto gli era proprio e le si accostò schioccando la lingua sul palato.
«Intendi sfamare un affamato o mi lascerai sulla tromba delle scale?»
Si morse le labbra con fare pensoso – fintamente esitante – poi la fissò annuendo, come per assicurarsi che avesse compreso, mentre tratteneva il respiro.
 
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view post Posted on 19/11/2017, 19:30
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Nyctophilia
Una miriade di piccole gocce d'acqua, come tanti cristalli nel buio, si staccavano dalle scarpe di Dorian e ad ogni passo le sue impronte formavano circonferenze tremolanti sulla piatta superficie delle pozzanghere. Nel silenzio della notte, anche quelle lievi increspature sembravano avere una voce propria, bisbigli che avrebbero indicato ad Atena il percorso compiuto dal collega, se solo avesse chiuso gli occhi e si fosse lasciata guidare da quei flebili suoni.
Ma in quel momento i suoi occhi erano ben aperti e le iridi azzurre non lasciarono per un solo istante la figura che avanzava davanti a lei, avvicinandosi all’imboccatura del vicolo; strinse più saldamente la bacchetta nella mano, pronta a proteggerlo da ogni eventuale pericolo. Eppure – ancora una volta – nessun incantesimo si levò nella loro direzione, non senza una punta di irritazione da parte della ragazza: che cosa stava aspettando quella donna, comparsa dal nulla chiedendo baci ed avanzando proposte spudorate? Quanto ancora si sarebbe nascosta?
Che cosa voleva realmente da loro?
Dorian parve rilassarsi, passandosi con naturalezza una mano sulla fronte – rimase affascinata da quell’immagine, stagliata a metà tra il bagliore della luna e le ombre della notte, e da quel sorriso candido, che come una piuma sulla superficie trasparente di un lago si adagiava perfettamente sui lineamenti del suo viso; schiuse appena le labbra, sentendo il calore di un sospiro sollevarle lievemente il petto.
«In tal caso la nostra presenza qui non ha più alcuna ragion d’essere» rispose con risolutezza, stringendo le labbra in una linea sottile: un semplice gesto che sarebbe bastato a comunicargli che aveva compreso. Le parole di Dorian erano state pronunciate con disinvoltura e il suo tono non aveva lasciato trasparire alcun tentennamento; tuttavia non le era sfuggito quell’impercettibile cenno d’intesa che le aveva rivolto voltandosi nella sua direzione. Erano Auror, attenzione e vigilanza costante si potevano considerare prerogative del loro lavoro: erano allenati a riconoscere in qualunque circostanza ogni segnale che suggerisse la presenza di un malintenzionato e la lunga esperienza insieme aveva insegnato loro a leggere le sfumature e le ombre che percorrevano i loro sguardi. Professionalità e lavoro di squadra rendevano efficace il loro lavoro. «Andiamocene, Did» disse reggendogli il gioco, avvicinando la bacchetta al corpo, senza tuttavia abbassare la guardia. Non sapeva cosa avesse visto nel vicolo, ma dal suo atteggiamento dedusse che fosse necessario far credere alla donna che avessero deciso di proseguire per la propria strada. Immaginò che doveva essersi nascosta, probabilmente con l’intenzione di coglierli alla sprovvista.
Mosse alcuni passi verso di lui, andandogli incontro, finché non furono l’uno accanto all’altra. L’espressione rilassata che fino a poco prima aveva accarezzato i lineamenti del ragazzo aveva ora lasciato il posto ad un sorriso più scanzonato, tingendogli il viso con un guizzo di allegria.
«Sarei davvero senza cuore se ti negassi quest’opera di misericordia» sorrise a sua volta, scrollando la testa. «Vedremo se saprai meritartelo» concluse maliziosa, accostandosi ulteriormente a lui. Mentre si avvicinava lasciò scivolare lo sguardo lungo la strada, puntando la bacchetta verso l’imboccatura del vicolo. «Lapsus» sussurrò sottovoce, a pochi centimetri dal suo orecchio, mentre con il polso compiva un movimento deciso dall’interno verso l’esterno. Riteneva necessario che Dorian fosse a conoscenza della sua mossa, senza tuttavia lasciare che altri potessero udire la formula. Quella vicinanza avrebbe inoltre permesso un ulteriore scambio di informazioni, se lui lo avesse ritenuto necessario. L’incantesimo lanciato avrebbe reso liscia e scivolosa la porzione di terreno che si inoltrava nel vicolo, dal punto in cui si congiungeva con la strada principale fino ad alcuni metri al suo interno, lo spazio che lo sguardo di Atena poteva abbracciare dalla posizione in cui si trovava. Se la donna, come le sembrava logico pensare, si fosse mossa nella loro direzione, il suolo instabile avrebbe rallentato i suoi movimenti o – nella migliore delle ipotesi – avrebbe potuto addirittura provocare una sua caduta. Le sembrava inoltre plausibile pensare che il buio della notte e il velo d’acqua che ricopriva la pavimentazione avrebbero reso difficile, se non impossibile, notare il cambiamento.

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view post Posted on 27/11/2017, 23:35
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LA MANGIAMORTE

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Le lanterne che illuminavano la strada disegnarono l’ombra di lui sul muro bagnato, obbligandola ad arrestare i pochi passi che stava compiendo rasente esso. Il fatto di essere cosi vicino all’ingresso del vicolo le permise di vederlo bene e non potè fare a meno di notare che era bello quanto giovane, il corpo atletico sotto quei vestiti umidi, i capelli umidi appiccicati al viso dai lineamenti precisi, la barbetta ispida e incolta che incorniciava labbra morbide e che avrebbe voluto assaporare, gli occhi ambrati che la cercavano nel vicolo e per un attimo, si maledí del fatto di non essersi fatta trovare, come lui la stava ammaliando, lei avrebbe potuto forse fare lo stesso. Fu un pensiero rapido, come rapido fu il suo togliersi dalla vista e quasi obbligare Rowena a seguirlo. Zigzagava appena dietro la sua figura annusando flebilmente l’aria in cerca del suo profumo che voleva sentirsi addosso, seguendo ogni suo passo e movenza, arrestando il proprio incedere quando lui si fermò. Seguí il suo sguardo e la sua voce che si concedevano alla donna di nome Atena. Quasi si era dimenticata di lei tanto era concentrata sull’uomo, e la studiò con riluttanza, inquadrando il viso tondo e gli occhi grandi, permettendosi poi di ascoltare lo scambio di battute, ponendo particolare attenzione a non emettere suono e ammirando di tanto il fondoschiena di lui, arrestando il proprio incedere quando lui le diede della pazza permettendo loro di prendere le distanze. Lo era davvero? In quella manciata di brevi attimi pensò alla sua posizione e forse effettivamente era pazza, seguire un perfetto estraneo che cercava di portarsi a letto una donna non era proprio il massimo della serata a cui poteva ambire. Incupita dal suo stesso pensare e dall’accenno che lui le aveva fatto prese la decisione di umiliarlo per constatare se la sicurezza delle sue parole erano solo di facciata, ma prima che potesse agire un raggio partí rapido dalla bacchetta della donna che lo accompagnava, centrando la pavimentazione all’entrata del vicolo. Non aveva idea di cosa lei avesse cantato, fu solo grata di non essere inciampata in una mera trappola.
Arrivò il suo momento di agire, un rapido movimento della bacchetta verso gli abiti di lui trovandosi a distendere il braccio in sua direzione, optando per qualcosa di non sofisticato o doloroso, puntando quindi ledere l’autostima di lui e il loro flirtare, cosí una volta che le lettere si formarono rapidamente nella testa, non tardò a completare la formula dell’incanto

“Nudus!”

un pensiero il suo, figlio della voglia di rovinare ai piccioncini la serata e di vedere se sotto quei vestiti ci fosse altro che un pallone gonfiato, muovendosi rapidamente di qualche passo verso la loro sinistra una volta iniziato a castare l’incantesimo, conscia che il raggio partito e visibile della bacchetta, poteva smascherare la sua posizione ai due.
 
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view post Posted on 5/12/2017, 20:17
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«Senza misericordia, esatto...»
le rispose Dorian, abbozzando un sorriso. Minaccia o promessa? Non avrebbe saputo dirlo. Poi, la prese affettuosamente sottobraccio, stringendola a sé con la tenerezza calda che si riserva a coloro a cui si vuol bene.
«Me lo merito assolutamente. – Puntualizzò, divertito dalla provocazione; senza dimenticare ciò che stava accadendo, indugiò sul vicolo con la coda dell’occhio – Ben fatto, Mc Linder» non poté trattenere un fremito per il suo fiato caldo sul proprio collo.
Azzurro e nero si incontrarono fugacemente ancora una volta, così come le loro bocche, altro strumento di piacere e lussuria, avrebbero fatto in quel futuro che andava profilandosi. All’idea tremò, ma di quello stesso fremito che avvertono le corde del piano quando il martelletto le colpisce.
«C’è un’ultima cosa, Lils, che vorrei fare…» sentì lo sguardo della sconosciuta sulle spalle. Pronto a colpire, strinse la bacchetta in pugno.

...Troppo tardi.
Ci fu un lampo bianco.
Avvertì la lieve carezza del vento sulla pelle.
E il freddo della notte.
Realizzò di avere ancora l’arma stretta nella mano e di essere caduto preda dello scherzo quando ormai dei suoi vestiti non c'era più traccia. Ebbe come l’impressione che la misteriosa donna ridesse dietro di lui, ma non riuscì a formulare alcuna ragionevole ipotesi per giustificare il suo gesto.
Un sopracciglio elegante si alzò ad arco, ironico, mentre la brezza disegnava arabeschi sul suo corpo nudo, levigandolo come fa l’acqua con le pietre di un ruscello. I suoi occhi – schegge d’oro brillante – non si staccarono nemmeno per un istante dal volto disteso di Atena.
Lasciò scivolare, lenta, una mano lungo il torso, carezzandosi il ventre piatto, delineando il contorno degli addominali con un vago sospetto. Se d’improvviso aveva ansimato per l’aria fredda, ora le sue stesse carezze gli lasciavano la pelle calda e vibrante.
«Adesso vedi l'effetto che mi fai, Atena?»
Le sorrise impercettibilmente con uno sguardo liquido e appagato. Pian piano si scaldò, sentendo lentamente tutti i muscoli distendersi, beandosi per quella piacevole sensazione di leggerezza. Si stiracchiò e rilassò, cercando di non fare caso al freddo raschiante di quel vento gelido.
La luce della luna divorava la sua immagine, catturando in un acquarello d’argento il candore perlescente della pelle esposta, le spalle larghe e forti; il torace ben fatto e muscoloso, i fianchi stretti e la curva compatta delle natiche ora scoperte: tutto in lui sembrava tratto dal marmo, di cui conservava la perfezione.
C’era qualcosa di sfacciato nella bellezza di Dorian, una componente felina che rasentava la presunzione; come se attraverso il suo corpo, ritenuto da tanti una crisalide vuota e senza anima, avesse potuto irretire e far capitolare chiunque. Eppure nel dio dell’Amore la superbia non era un peccato, ma un dovere.
Lui stesso, se una tale bellezza fosse stata di un altro, pur di trattenerla dentro di sé per sempre non avrebbe esitato a farlo a pezzi, a strappargli la carne a morsi e a berne il sangue.
Inarcò la schiena per lasciarsi guardare, perché quel brivido era uno schiaffo d’estasi; lo bruciava e lo faceva fremere.
Voleva che quella donna idolatrasse il suo corpo e, con il trionfo di mille vittorie, si voltò in modo estenuatamente lento, per offrirle una visuale più completa di quello che non avrebbe mai avuto.
«Se era questo che desideravi vedere, bastava chiedere. Non ti vuoi mostrare anche tu, adesso?»
Le fiamme abbaglianti della vanità rilucevano nelle sue iridi, una provocazione rovente ne colorava la patina lucida.
D’istinto portò le braccia lungo i fianchi, nel tentativo incosciente di mostrarsi del tutto a quegli occhi indiscreti. Una goccia d’acqua, fredda come la coda di una cometa, gli scivolò dolcemente lungo il collo, attraversando il solco dello sterno e l’addome modellato, fino ad asciugarsi e scomparire tra i riccioli scuri dell’inguine – abbracciavano la fonte del piacere come un popolo avrebbe abbracciato il più bello dei suoi cavalieri.
Mentre il sangue ribolliva nelle vene, con la stessa rapidità con cui avrebbe sfiorato le cosce tumide di un’amante, agitò la bacchetta portando a compimento una sferzata più simile, per la sua precisione, ad un calibrato passo di danza. Ormai l’occultamento della nemica era stato compromesso.
«Petrificus totàhlus» pronunciò con fermezza, nella mente.
Gli parve quasi di intravedere la maledizione che, rapida come un leopardo pronto a balzare sulla preda, avrebbe rischiarato la strada deserta con il suo fulgore ceruleo.

Bivba. :mke:

Edited by Dørian - 5/12/2017, 22:03
 
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view post Posted on 16/12/2017, 22:22
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Indietreggiò appena, quel tanto che bastava affinché i loro sguardi si incontrassero di nuovo, lasciando che la fantasia anelasse alla promessa che quella notte serbava loro.
Oltre le loro spalle il vicolo taceva, l’attenzione di Atena scivolò lungo i contorni squadrati della pavimentazione, pronta a cogliere ogni segnale che suggerisse la posizione della sconosciuta. Quasi sovrappensiero allungò una mano verso Dorian, per sfiorargli il bordo del cappotto e assicurarsi di averlo accanto; lo vide stringere la bacchetta, pronto a colpire a sua volta.
Poi vi fu un lampo di luce, il movimento di lui si arrestò sul nascere e le sue dita, anziché accarezzare la stoffa del soprabito, afferrarono il vuoto, restando sollevate a mezz’aria.
Atena sbatté un paio di volte le palpebre, chiedendosi cosa fosse
“quell’ultima cosa che voleva fare” e in che modo potesse spiegare l’immagine palesatasi in quel momento davanti ai suoi occhi. Dorian era completamente nudo, talmente vicino a lei che il profumo della sua pelle le giunse morbido alle narici, narrandole in un sussurro racconti di un piacere effimero. Schiuse appena le labbra per la sorpresa, mentre un brivido le percorse la schiena, perdendosi caldo nel basso del ventre. Le ci vollero alcuni secondi per capacitarsi di quanto fosse successo e non appena la realtà di ciò che era accaduto prese una forma concreta nelle parole dell'Auror, le sue guance si tinsero di pesca.
Quando lui si voltò lentamente, rivolgendosi alla donna, anche lei si spostò di lato, abbassando le sguardo. Di quanto successe poi tra il ragazzo e la sconosciuta, Atena vide e ascoltò ben poco. Solo allora si era resa conto che il cuore le stava martellando nel petto, e le immagini di un passato non ancora dimenticato avevano iniziato a sovrapporsi al presente: il sussulto di Dorian, i riccioli biondi di un corpo senza peso che cadeva in avanti, una risata in lontananza – l’aveva sentita davvero, in quel momento, oppure era solo il frutto della sua immaginazione? Un pensiero appuntito come una scheggia di vetro era penetrato nella sua mente: non erano stati in grado di fermare, né di prevedere, l’incantesimo volato nella loro direzione. Cosa sarebbe successo se lui… Si guardò istintivamente le mani, sentendo un brivido freddo scorrere sotto la pelle e drizzarle i peli delle braccia: no, non erano intrise di sangue, non stavolta, ma a quei pensieri le dita si erano strette a pugno, conficcando le unghie nella carne dei palmi fino a lasciarne quasi il segno. Con un sospiro si ridestò, scrollando la testa e cacciando quei ricordi, e nonostante una parte di lei avesse voluto annegare in essi fino a sentire il dolore stringerle con forza il cuore e spremere dai suoi occhi ogni residuo di lacrima che vi restava, si costrinse a tornare al momento presente. Era un Auror, ora, qualunque cosa sarebbe accaduta avrebbe saputo affrontarla con la dovuta prontezza.
Accanto a lei, Dorian stava per lanciare un contrattacco; della sconosciuta sembrava non esserci ancora nessuna traccia. Con la risolutezza sul volto e movimenti sicuri si slacciò il mantello dal collo; la stoffa le scivolò morbidamente sulla schiena e un tremito di freddo le scrollò le spalle, come se queste volessero contestare per il calore di cui all’improvviso erano state ingiustamente private. Fece un passo per avvicinarsi all’amico – si ergeva fiero, la Notte stessa pareva scostarsi ai suoi movimenti, scivolando sulla sua figura, come in una danza, per fare spazio di volta in volta alle linee e alle curve scolpite in un blocco di Bellezza eterea; lui il padrone della notte, senza imbarazzo alcuno, senza vergogna, peccato sarebbe stato non ammirarlo e colpa non desiderarlo.
Lo fissò in viso, l’espressione distesa, priva di ogni traccia di rimprovero o di scandalo. Sollevando una mano gli sfiorò la guancia, costringendolo dolcemente a guardarla negli occhi. Dei pensieri che poco prima erano passati nella mente della ragazza era rimasta soltanto una sorta di calma rassegnazione, come una foglia che viene sbattuta dal vento in un vicolo solitario. Ben presto anche quella foglia sparì e nel paesaggio del suo sguardo restò soltanto il vento. Una brezza che accarezzava la vanità ardente e bruciante negli occhi di lui; un soffio avvolgente che non intendeva spegnere un fuoco, ma renderne mansueta la fiamma.
«Dovresti coprirti ora, Dids» disse piano, quasi con tenerezza, continuando a fissarlo in volto, senza permettere al suo sguardo, nemmeno per un solo istante, di indugiare sul suo corpo nudo: non era quello il momento, né il luogo, per farlo. «Se non vorrai abbagliare tutti con la tua bellezza» aggiunse subito dopo, accennando un sorriso, sapendo di incontrare così la sua complicità; tutto ciò che sfiorò fu la punta delle sue dita, mentre gli posava il mantello, ancora impregnato del proprio calore, tra le mani. Un gesto di premura, contro il freddo della notte; un gesto dettato dall’affetto che provava nei suoi confronti e dal desiderio di tutelare l’integrità e la reputazione del collega da sguardi indiscreti; in fin dei conti, per quanto quello strano scherzo non sembrasse infastidirlo minimamente e per quanto – lo sapeva – ne avrebbero presto riso insieme, il decoro pubblico restava un tacito dovere imposto dal loro ruolo.
Si voltò poi verso la direzione da cui era stato lanciato l’incantesimo. Era il momento di prendere la situazione tra le mani.
«Quanto a te, signorinella, è la tua ultima occasione per uscire allo scoperto». Non sapeva quale incantesimo avesse lanciato il collega, o se la misteriosa figura fosse effettivamente ancora tra loro, ma non poteva rischiare un ulteriore attacco. «Ora o mai più» concluse. Scrutò il vicolo ancora una volta poi, se la donna non si fosse palesata, avrebbe puntato la bacchetta davanti a sé, focalizzando nella mente l’immagine dell’ospite indesiderato. Seguendo la linea di un’immaginaria circonferenza al cui centro si trovavano lei e Dorian, avrebbe tracciato delle X a mezz’aria, ripetendo *Sàlvio Hèxia* nei suoi pensieri.
Giungere alla resa dei conti o ritagliarsi lo spazio per ricomporsi, lontano da occhi indiscreti? La decisione pendeva sul filo del Fato, o dalle labbra di una sconosciuta.

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Cosa dire...
 
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view post Posted on 10/1/2018, 21:30
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LA MANGIAMORTE

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Sulla soglia dei quasi trent’anni, Rowena di corpi come quello di Dorian ne aveva già visti, sia ad Hogwarts, quando osava infilarsi in docce che non le appartenevano o in dormitori estranei al suo, sia fuori da li, sfogliando gli amanti che aveva avuto tra le lenzuola come una bambina con i petali di una margherita. Eppure c’era altro oltre a quel corpo palesemente ancora giovane e statuario, c’era l’arroganza di passare le proprie dita sul suo corpo abbeverandosi della propria bellezza, quel sorriso strafottente, le parole che tagliarono l’aria e il suo mostrarsi fiero ai raggi di luna. Si chiese dentro di se dove quel giovane si era nascosto fino ad all’ora, del perché non aveva fatto la sua conoscenza prima e come mai non aveva ancora messo le mani su di lui. Si lasciò andare in un sospiro, continuando a camminare in circolo, permettendosi di osservare quel corpo nudo da ogni singola angolatura, ponderando i passi, tenendo le ginocchia morbide in modo da poter cambiare direzione qualora uno dei due avesse deciso l’incantesimo che avrebbe messo fine al suo occultamento. Un occultamento che non era finito con il mero raggio pallido che aveva scagliato poc’anzi ma che continuava ad esistere, dato che a seguito del proprio incantesimo, aveva deciso di non mostrarsi e cambiare direzione. Fu per questo che l’abile mago nudo, scagliò un incantesimo che non arrivò mai a lei, infrangendosi verso un palo che reggeva una lanterna e bloccando la fiamma che fino a poco prima brillava vivida illuminando la zona. Diverse furono le azioni della strega che accompagnava il mago, il suo incantesimo protettivo funzionò a meraviglia e Rowena li vide scomparire da sotto i suoi occhi. Un sorriso bieco le si disegnò sul viso, peccato che i due non lo poterono vedere.

-Ottima mossa…-

fece di rimando, continuando a muoversi. Se loro avessero castato un incantesimo che avrebbe oltrepassato la barriera si sarebbero rivelati e la mangiamorte dubitava di questa loro intenzione anche se continuò a muoversi in circolo, evitando di rimanere statica nella medesima posizione.

-Spero che un giorno potremmo intrattenerci in altro luogo noi tre…ma prima di andare…-

ultimi tre passi, prima di piazzarsi in un punto imprecisato della strada

-Elyfanto-

un sussurro appena percettibile, la bacchetta che venne levata verso un paio di metri lontano da lei e quel pensiero, orribile come il cuore della donna, che disegnava in mente una figura antropomorfa, la testa piccola ma una bocca disumana, occhi vuoti, braccia e gambe possenti e altezza superiore ai due metri. Era un qualcosa di malevolo, di distruttivo quello che aveva visualizzato nella sua mente e se per sbaglio, un qualche mago avesse avuto la sventura di incontrare le mani del mostro probabilmente non ne sarebbe uscito vivo. Un gesto rapido poi di Rowena, disegnando una croce nell’aria, muovendo il braccio prima in verticale e poi in orizzontale evocando la tremenda creatura

-Vi lascio un regalo…UCCIDI!-

iniziando ad arretrare rapidamente cercando di allontanarsi dall'area e dai due che da sotto la loro campana che li nascondeva potevano vedere la bestia formarsi, sempre che i due non fossero intervenuti in qualche modo


SPOILER (click to view)
allura io alla prossima vi libero lo spazio lasciandovi questo dolce ricordino *.* La rowe non ha altro senso che resti, anche perché poi la cosa andrebbe a prevedere uno scontro vero e proprio e non mi sembra il caso visto che ho apprendimenti e quest che necessito fare :P
La creatura é tipo questa e solitamente ha durata di tre turni a partire dal prossimo.
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view post Posted on 13/1/2018, 13:37
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Dorian rabbrividì quando Atena gli porse il mantello e si sfregò le mani piano, ormai dimentico della sensazione di tepore che lo aveva colto. Poi le sorrise, la guardò negli occhi cerulei e diede ascolto al suo consiglio. Le pulsazioni del cuore continuavano a far rimbombare una percussione lenta e regolare contro la cassa toracica.
«Non è il caso, in effetti…»
Aggiunse sovrappensiero, gettandoselo sulle spalle e beandosi del calore della stoffa morbida. Avrebbe potuto far ricomparire i suoi vestiti con la magia, ma l’idea non lo sfiorò. Riusciva ad avvertire il profumo della ragazza in quel tessuto, sentirlo a contatto con la pelle nuda gli trasmetteva una sensazione di pace e di benessere.
Le mani, seguendo lenti e studiati movimenti, guidarono le dita diafane ad allacciare uno per uno i bottoni che ne chiudevano i lembi sopra il torace.
Anche in quel momento, compiva ogni gesto con maestria, precisione ed evidente malizia, perché voleva concedere il lusso di un ultimo sguardo a ciò che la loro ospite avrebbe voluto gustare appieno con le carni. Si coprì il collo; affusolato e perfetto come il torace tonico che, prontamente, lo seguì; si rivestì con tutta quella lentezza che preludeva al languore, poi abbassò la testa e portò il naso al tessuto, inspirando l’odore di pulito che emanava.
Rise, infine, facendo apparire quella smorfia licenziosa come una timida espressione: nessuno sapeva fingere come lui.
«E’ veramente un peccato che quel giorno non sia oggi…» concluse, con la voce calda che possedeva fin da fanciullo. Poi fece un passo indietro e scomparve oltre la difesa alzata da Atena. Era certo che la sua interlocutrice non si sarebbe dimenticata facilmente di quell’espressione melliflua e beffarda che egli aveva in viso.
Era passata ormai da molto l’ora di andare a letto e la luna tinteggiava le pareti delle case di una luce viva, quasi bianca. In quella chiarezza, le crepe sembravano acquisire maggior risalto; un rampicante si era fatto arduamente strada lungo le pareti di cemento; piccola macchia verde in un mondo grigio.
«E’ innocua, probabilmente le interessa solo prendersi gioco di noi. Mi ha stufato.» sussurrò con tono pacato, facendo il punto senza sprecare parole.
«Dormi con me, stanotte, Atena. Ti voglio.»
La baciò sulla guancia e le passò una mano chiara tra i capelli color carboncino, affogando le dita tra le ciocche morbidissime.
Dorian aveva vent’anni e si avviava, ormai, verso i ventuno. Un altro anno era trascorso tra le difficoltà, l’insegnamento e il suo continuo saltabeccare da un letto ad un altro per il semplice gusto di un godimento.
Eppure quella sera c’era qualcosa di diverso.
Aveva sempre amato farsi guardare e, col tempo, aveva scoperto che c’era un non so ché di appagante nello spogliarsi di fronte alle persone ed osservare i loro visi colorarsi di rosso, i loro capi scuotersi con incertezza e vergogna… In un certo senso nulla gli dava più soddisfazione che quel tipo di controllo sull’altro.
Eppure Atena, stranamente, non si era scomposta. Si era limitata a porgergli il soprabito con un sorriso, senza indugiare con lo sguardo.
E lui, capriccioso e volubile, era stato definitivamente rimesso al suo posto; ora non riusciva a pensare che alle sue labbra piene e abbondanti – ne immaginava la consistenza, lo sfioro umido, la morbidezza e il calore – al suo sorriso ammiccante e piacevole.
Adorava vederla così: composta, attenta; le piccole labbra socchiuse e tumide, ma non desiderava far altro che prenderla per quei lunghi capelli neri e far abbandonare la composta forma alla pettinatura.
«Andiamo?»
Sussurrò, afferrandole la mano e chiudendola tra le proprie, in un gesto di galanteria e desiderio.
Se avesse annuito si sarebbero smaterializzati all’istante, incuranti di ogni altro accadimento.
Ignorava che proprio in quel momento l'avversaria stesse per comportarsi da domatrice. Incurante della sua pericolosità, non immaginava che fosse in procinto di evocare una creatura oscura.

Eppure quella serata, in fin dei conti, gli era piaciuta.

Forse si sarebbero incontrati ancora nei vicoli più bui di Londra. Lì, sotto il cielo inglese; nelle vie dei vagabondi, dei Miserables, lì dove la purezza svanisce; dove la lotta per la sopravvivenza diventa un gioco eccitante e tutto assume le tinte magiche del desiderio.


Eccoci! Ho preferito, per i motivi su cui più volte ci siamo confrontati, evitare del tutto lo scontro. Non è questo il tempo né il modo e Dorian, poveretto, c’ha altri pensieri, birbante!
Detto ciò, ci siamo divertiti un sacco – penso di poter parlare anche a nome di Lils – e ti ringraziamo per la partecipazione briosa, Rowy. Ci voleva! :*-*:
A presto!
 
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view post Posted on 16/1/2018, 19:28
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Atena incrociò le braccia, osservando con un sorriso i gesti lenti e misurati con cui Dorian sistemava il mantello intorno alle spalle. Le dita scivolavano leggere, come luce su un blocco di liscio alabastro, intorno alla stoffa che lambiva la pelle del collo, sulle allacciature che ne chiudevano gli angoli e infine lungo i bordi che coprivano il torace. Scosse appena la testa con aria divertita: lo conosceva abbastanza bene da leggere nel suo sguardo e nelle sue movenze la volontà di ostentare, con studiata innocenza, ancora per qualche istante la propria avvenenza, davanti gli occhi della sconosciuta.
Quanto alla donna, nonostante il duplice ultimatum, aveva scelto di rimanere celata nell’oscurità: l’incantesimo che Atena aveva disegnato nell’aria si sciolse intorno a loro, come acqua sulla superficie di una cupola di vetro;
“spero che un giorno potremmo intrattenerci in altro luogo noi tre” furono le ultime parole che giunsero prima che la bolla si chiudesse, isolandoli da ogni altra cosa. Atena si rilassò: non si era accorta, fino a quel momento, di come i muscoli si fossero involontariamente tesi nel tentativo di intercettare ogni segnale di pericolo proveniente da un nemico invisibile e sconosciuto.
«Già, probabilmente è così» rispose la ragazza, guardandosi intorno. Doveva ammettere che una parte di lei aveva sperato che la misteriosa figura si rivelasse ai loro occhi, se non altro per soddisfare il proprio desiderio di conoscerne l’identità e sondarne il reale intento. Ma era anche sollevata che non fossero giunti ad uno scontro: per quanto sembrasse innocua, sapeva che oltre alla crudeltà vi erano altri impulsi insiti nell’essere umano dai quali guardarsi, talvolta altrettanto pericolosi e spesso sottovalutati. Chissà, forse il Destino avrebbe concesso alle loro strade di incrociarsi di nuovo, in altre circostanze, in altri luoghi o in altri tempi, sebbene – forse – in modo diverso da quello a cui sembrava auspicare la giovane donna.
La notte era ormai inoltrata, la Luna alta nel cielo; il turno di ronda terminato da tempo. Erano al sicuro in quell'improvvisato angolo di pace, impenetrabile da qualsiasi nemico e invisibile ad ogni occhio indiscreto. Si avvicinò a Dorian, afferrando piano i lembi del mantello all’altezza del petto.

“Dormi con me, stanotte, Atena. Ti voglio.” Chiuse gli occhi, godendo del contatto morbido delle sue labbra sulla guancia e delle sue dita intrecciate tra i capelli. Gesti che di casto conservavano soltanto la parvenza, vibranti com’erano di un desiderio privo ormai di ogni sforzo volto a celarlo.
«Era ora che ti dedicassi soltanto a me» sussurrò con voce calda; voltò appena il viso e, scostando i capelli con la punta del naso, gli posò le labbra sul collo, succhiando piano la pelle sottile sotto l’orecchio. Desiderava essere stretta tra le sue braccia e abbandonarsi così al cullare ritmico della notte: quella sera, o forse per sempre; per un attimo, o forse in eterno – in fondo, che differenza c’era?
Lui le prese la mano. Dorian. Capriccioso, volubile, vanitoso, eppure – l’aveva sperimentato – capace di una profondità rara, tale da penetrare talmente a fondo nell’anima di chiunque incontrasse, con tanta naturalezza e facilità, da far vibrare le sensazioni più intense anche sulle corde che il tempo sembrava aver reso insensibili ad ogni emozione. Riflettendosi ora nelle stille di ambra liquida dei suoi occhi, Atena non poteva che dirsi affascinata da quella personalità così insita di angolature peculiari, e per un attimo si chiese quale mondo si celasse ancora oltre quella patina sottile e all’apparenza impenetrabile che spesso sembrava contraddistinguerlo.
Gli strinse la mano, intrecciando le dite alle sue.
«Andiamo».
Come se avesse enunciato un ordine, sentì la familiare stretta allo stomaco strapparla dal luogo in cui si trovava; le immagini di una Nocturn Alley abbandonata vorticarono un’ultima volta intorno a loro finché le pietre grigie, i lampioni tremolati come spettri, le pozzanghere lattiginose, tutto svanì dalla loro vista.

Tornò il silenzio sul respiro profondo che spirava sopra le lastre dei vicoli deserti. Da qualche parte, in lontananza, suonarono i rintocchi di un vecchio campanile, ma solo pochi colpi giunsero a infrangersi contro gli spigoli dei tetti e i contorni delle case, trasportati dal vento immobile della notte. Un gatto randagio ed emaciato volse la sua attenzione a Oriente, allarmato da quell’eco sinistro, ma poi tornò mesto a frugare tra la spazzatura di un vecchio bidone, alla ricerca degli avanzi che gli avrebbero assicurato, anche per quella volta, un pasto decente. Oppure, la semplice sopravvivenza.
In alto, nuvole sottili percorrevano lente il cielo, come barche alla deriva, e la Luna vegliava su una Londra addormentata, disegnando su di essa un enorme acquarello dalle tinte bluastre e argentate.

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Mi accodo a quanto già detto da Did, ci ha fatto molto piacere ruolare con te, Rowenina, e ci siamo davvero divertiti! Quindi grazie anche da parte mia per la tua partecipazione e, chissà, forse ci rivedremo su altri lidi, prima o poi! :fru:
 
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