Astaroth Morgenstern |
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| Il prezzo della funzionalità
Funzionalità e dignità. Quando sto male, cerco di tenermelo per me, per quanto possibile: abbiamo tutti i nostri problemi, quindi non mi piace sovraccaricare gli altri di emotional labour. Sono autosufficiente, high achieving, so prendermi cura di me stessa e gestire i momenti in cui mi mancano le forze. Non sto sempre male: riesco a vivere una vita abbastanza normale. Insomma, persino io riesco a dimenticarmi che c'è qualcosa che non va. Poi, però, ci sono i momenti come questo: talvolta le mie batterie si scaricano. Per prima, quella che provvede allo studio; immediatamente successiva è quella che si assicura che io mangi decentemente, mi faccia la doccia regolarmente e non trascorra una settimana senza cambiarmi i vestiti; infine, c'è la batteria sociale. La batteria che si occupa della gestione del tempo libero - quella che una volta chiamavo creatività - funziona a intermittenza ed è direttamente dipendente dalle prime due: perché funzioni, quindi, deve essere carica e ricevere il supporto di batteria I e II. Perciò, la si può trascurare, in questa sede. Succede, in questi momenti, che chi mi circonda non riesca a comprendere fino in fondo quanto possano essere scariche le mie riserve di energia. Il più semplice dei tasks - rispondere ad un messaggio, leggere un paragrafo, prepararmi da mangiare - può mandarmi in crisi. Non perché non veda una possibile soluzione o non sappia come portare a termine una semplice operazione; un telecomando è programmato per obbedire a determinati comandi, ma, se le sue batterie sono esauste, serve a ben poco incoraggiarlo a cambiare canale. Allo stesso modo, quando sto abbastanza male da cercare conforto e comprensione, ho la sensazione che gli altri siano talmente abituati a questa immagine di funzionalità da non capire che ripetermi di "cambiare canale" non serva a molto. Il prezzo della funzionalità, quindi, è che nessuno comprende fino a che punto possa essere invalidante il mio malessere, nei rari momenti in cui ne parlo. Un biscottino a me, perché, evidentemente, conduco una vita normalissima: sto vivendo il mio sogno funzionale.
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