AidenWeiss Auror ☘ Ex Grifondoro ☘ 26 anni ☘ Outfit
Alla domanda di Nieve, l’Auror sorrise giovale, mostrando un sorriso perfetto in quei trentadue denti. «Perché la Volpe rappresenta la mia anima, il mio essere, il mio tutto.» rispose come se fosse una cosa ovvia. «Molti anni fa, prima di intraprendere la strada per Hogwarts, mio padre mi spiegò che ogni persona ha un animale a rappresentarlo. Chiamalo Spirito Guida o Animale Totem, cambia assai poco. Spesso questo animale puoi ritrovarlo come Patronus oppure come tua forma animale se sei abbastanza fortunato dal diventare un Animagus. Questo perché tale animale è legato alle tue emozioni, ma ancor di più con la tua anima. E’ la tua essenza animale in un certo senso.» Fu sorprendente riuscire a citare suo padre senza incupirsi, ma non voleva mostrare a Nieve quanto stesse soffrendo in realtà. Lei non poteva sapere della sua perdita, come avrebbe potuto? Poteva solo sperare che le sue emozioni legati al genitore scomparso non lo travolgessero, non voleva fare brutta figura con lei. E dopo quanto era accaduto tra loro non voleva proprio rovinare quel momento di quiete che si era andato a creare. Gli sfuggì una risata alla battuta seguente di Nieve, il che lo riportò a pensare solo alla loro conversazione. «Non credo sia affatto curioso. Anzi, probabilmente era più che palese.» Poi ci furono brevi attimi di silenzio e Aiden ne approfittò per voltarsi un attimo indietro e controllare che nessuno gli stesse seguendo. Essere prudenti era uno dei suoi tanti codici e se percorreva quella strada a piedi aveva un motivo in più per esserlo. La zona però era libera e non c’era anima viva, se non per un piccolo gufo rannicchiato all’interno di una piccola cavità su un albero. I suoi occhietti attenti gli stava osservando, probabilmente indispettito per essere stato disturbato dal loro rumore. Tornando a guardare davanti a sé, notò gli occhi di Nieve su di sé. «Una Cacciatrice? Da quanto tempo giochi?» domandò mentre riprendevano il passo. Ormai dovevano essere passati dei minuti abbondanti e lo strato di neve era sempre più fitto, tanto che non si era nemmeno occupato di coprire le proprie tracce all’andata, conscio che la natura avrebbe provveduto al posto suo e così era stato. «Beh, forse il Quiddich è il tuo futuro se non vuoi abbandonarlo. Ma comunque sia, raramente rimonto sulla scopa, per svagarmi un po’ più che altro.» Si sistemò meglio la berretta sulla testa, ormai umida e che minacciava di sfuggirgli da un momento all’altro. «Ho rinunciato anche per altri due motivo, ad essere onesto. Primo, perché la competizione tra me e mio fratello stava rovinando il gioco a tutti e per l’affetto che provo per lui ho deciso io di rinunciare. Secondo, perché dovevo concentrarmi sulla mia futura carriera e quindi dovevo dedicarmi allo studio.» In lontananza, mentre ascoltava Nieve, Aiden individuò il masso grosso quanto un cavallo e sorrise, un po’ perché mancava poco al loro arrivo e un po’ per ciò che disse Nieve. «Sì… Credo tu abbia ragione anche su questo. Nonostante i rischi è comunque elettrizzante e non puoi farne a meno. Ma è anche vero che i Grifondoro amano le sfide, i pericoli… » Poi Aiden si ricordò che un suo collega Auror, Dorian, era professore ad Hogwarts e che quindi Nieve doveva per forza conoscerlo a averci avuto a che fare. Il volto si illuminò in uno strano sorriso tra il malizioso e il divertito, fissando la ragazza e cercando il suo sguardo. «A proposito di sfide… Pare che un mio collega sia un tuo insegnante. Come se la passa quella canaglia di Midnight? Vi da parecchio filo da torcere? O forse è meno severo di quella cariatide di Peverell?»
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Scusa se ci ho messo tanto, sono un persona di cacca.
Ma smettila! Non ci insegue mica nessuno, Bor caro. Fai con calma e quando hai tempo. Beccati 'sto fiore e fattici una tisana rilassante made by zia Nieve.
P.S. Vorrai scusare Nieve per la reazione, ma è un po' satura di sentire parlare del Mezzanotte, povero cuore.
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Arrivarono infine a metà strada, per poi prendere il sentiero che gli avrebbe condotti fino alla meta finale e Aiden scostò un soffice strato di neve dal masso per mostrare a Nieve il simbolo che aveva inciso con lo scalpello sulla nuda roccia. Sospirò profondamente per l’osservazione che lei fece riguardo uno degli aspetti che lo aveva spinto a lasciare la squadra di Quiddich. Ancora lei non poteva sapere del terribile quanto difficile rapporto c’era in realtà tra lui e Richard, di come lui stesso si prodigasse ogni volta di trovare un punto d’incontro con il fratello maggiore e tentare di ottenere da lui un briciolo d’affetto. Si voltò verso di lei con sguardo afflitto. «Mio fratello non mi ha mai amato e per quanto io mi sforzi di essere leale e buono con lui, come vorrebbe la mia famiglia, Richard non sembra dello stesso avviso. Io e lui siamo come una Volpe e un Serpente che continuamente si combattono e il giorno che mi ripresi in infermeria, lui si presentò come se niente fosse. Anzi, ne era soddisfatto, facendomi capire che il suo intento era stato quello di sbarazzarsi di me. Puoi immaginare come mi sono sentito in quel momento? Di come la furia abbia colmato il mio cuore e mosso il pugno contro la sua faccia? Quella è stata l’unica e singola volta in cui ho ceduto volentieri alla violenza, perché mi sono sentito tradito dal mio stesso fratello. Ma è anche vero che una volta scemata la rabbia, mi sono pentito amaramente di aver ceduto a tutto quel furore.» Confessarlo lo fece stare un po’ meglio, era sollevato, perché fu come liberarsi di un peso che gravava sul suo cuore da moltissimo tempo. Non voleva certamente dare un motivo a Nieve di temerlo, ma solo per farsi conoscere e permetterle di comprendere meglio il difficile legame che Aiden aveva con uno dei suoi fratelli. «Ho quattro fratelli, due maschi più grandi e due femmine più piccole. In pratica io sono il terzogenito.» Procedettero verso il sentiero a sinistra del masso e, dopo soli dieci minuti di cammino, sarebbero giunti alla fatidica radura. Si strofinò le mani e ci soffiò aria calda per riscaldarsele. «Andrà sicuramente meglio la prossima volta. L’importante è rimanere costanti con l’allenamento.» le disse per incoraggiarla ad impegnarsi di più se veramente le piaceva il Quiddich. Dopo averle chiesto di Dorian, Aiden rimase letteralmente spiazzato dalla reazione della ragazza. Nieve aveva mutato atteggiamento con la velocità tale di una freccia scagliata a tradimento tra le fronde della vegetazione circostante. Arrestò il passo a sua volta e la guardò visibilmente preoccupato. «Per le tette di Morrigan, Nieve, no! Ma cosa vai dicendo? Un complotto?» Alzò le mani in un palese segno di resa, come per volerle dimostrare che lui non aveva a che fare con nessun complotto in atto nei suoi confronti. La mente dell’Auror si mosse velocemente e iniziò a pensare, fissando i lineamenti di Nieve dopo quella sua sfuriata, che doveva essere incappata in qualcun altro che conosceva Dorian. Inoltre, sembrava proprio che la giovane Grifondoro non apprezzasse molto parlare del proprio insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure. Che potesse riservare rancore verso Dorian per una valutazione non particolarmente gradita? Era quindi troppo severo con gli studenti? «Sono desolato se ho toccato un nervo scoperto. Non era mia intenzione infastidirti chiedendoti di Dorian. Ma ti assicuro che non sono in combutta con nessuno, semplicemente mi viene quasi da pensare che probabilmente ti sei imbattuta in molte persone che lo conoscono. La mia era una domanda di pura curiosità e non potevo sapere che ti saresti arrabbiata.» Si pizzicò la barba, pensieroso sul come farla calmare e dimenticare di quella domanda non gradita. «Dimmi allora com’è avere Sirius White come insegnante. Infondo conosco pure lui, è mio amico...» Ecco, forse così avrebbe placato l’animo furioso della studentessa e volto la conversazione in qualcosa di più piacevole. Dopotutto, Sirius insegnava Volo e chi non amava volare? Nieve giocava a Quiddich, quindi doveva avere sicuramente una bella opinione di Sirius.
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«Ní mór go mbeadh sé ach balún teannta!» disse tra sé e sé a voce alta, usando la sua lingua natia. Nemmeno si rese conto che parlare in gaelico poteva essere risultato scortese nei confronti di Nieve, come a volerla tagliare fuori dal discorso o magari avrebbe pensato che stesse parlando di lei. Così la guardò e tradusse per lei: «Significa: Deve essere proprio un pallone gonfiato!» Le sorrise in seguito a quella battuta, trattenendo una risatina biricchina a stento, ma poi esplose e sperò di contagiarla e passare sopra a quel loro quasi malinteso dovuto alla paura di lei riguardo ad un possibile complotto dove credeva lui facesse parte. Nieve non sembrava molto incline a parlare della sua vita scolastica, sperò quindi di conoscere qualcos’altro di lei e poterla quindi apprezzare di più. Non aveva nemmeno risposto riguardo a cosa ne pensava di Sirius. Secondo lo stesso White, era apprezzato dalla maggioranza degli studenti, infondo insegnava Volo e Nieve giocava a Quiddich, qualcosa doveva pur pensare riguardo l’insegnante che le aveva insegnato a salire sul manico di scopa. Camminarono lungo il sentiero mentre la neve cadeva. Aiden fissò davanti a sé: presto o tardi la radura sarebbe apparsa davanti a loro e a quel punto le avrebbe mostrato il suo piccolo angolo di Paradiso. Nieve teneva le redini della conversazione con le sue domande, Aiden doveva quindi limitarsi a raccontare. Era forse un modo per stabilire una sorta di fiducia reciproca tra loro? La asseccondò, ma solo dopo aver sorriso. «Sono cresciuto in una famiglia composta da Auror, quindi diciamo che è una professione di famiglia. La mia educazione è quindi stata basata per arrivare a questo tipo di carriera.» Iniziò a spiegare. «Deve esserci sempre un Weiss al Dipartimento Auror! Queste erano le parole che mio padre ha sempre ripetuto fin da quando ero attaccato al seno di mia madre.» Sospirò profondamente, ricordandosi ogni passo affrontato in passato in cui i suoi genitori lo istruivano, lo forgiavano, così che potesse diventare un Auror un giorno. «Giustizia. Verità. Dovere. Tre dei tanti concetti che hanno usato per farmi diventare ciò che sono. Ma sono un Auror anche per scelta, non è solo perché sono devoto alle tradizioni di famiglia.» Seguì una lunga pausa. Aiden saggiò con meticolosità le parole con cui avrebbe continuato il suo racconto, perché era fondamentale che Nieve comprendesse quella particolare fase della sua vita. «Avevo sempre le idee ben chiare su ciò che avrei voluto fare, finché il giorno del mio diciannovesimo compleanno mio padre venne ucciso in una missione. Da quel giorno ho trascorso sei anni della mia vita in totale solitudine, troppo arrabbiato con il mondo per avermelo portato via. Mia madre mi aveva persuaso di prendermi del tempo per riconsiderare ad una carriera differente, come hanno poi fatto i miei fratelli. Quel tempo me lo sono preso: ho riflettuto, ho combattuto tutta quella rabbia verso il mondo, ho scacciato via ogni desiderio di vendetta e ho votato tutto me stesso alla Giustizia.» Cercò lo sguardo di Nieve, voleva vedere la sua reazione, capire se lo aveva compreso, intuire cosa pensasse. «Sono un Auror fedele alla causa e nonostante i miei molteplici difetti continuerò ad esserlo. Ho tutta l’intenzione di essere quel genere di Auror che mio padre ha sempre voluto che fossi.» Gli sfuggì una lacrima e tornò a fissare davanti a sé mentre se l’asciugava. Era sempre malinconico, a pezzi, quando pensava a suo padre. Eppure, il pensiero di renderlo fiero gli dava la forza necessaria per continuare a lottare e andare avanti per la sua strada. «Al momento sto svolgendo indagini e pattugliando diverse zone, anche se sono per lo più ad Hogsmeade. So che ci sono stati diversi episodi allarmanti a Hogwarts, perciò voglio sincerarmi di essere nei paraggi nel caso ricapiti. Io non vi abbandonerò mai, te lo prometto.» Le mise una mano sulla spalla, cercando di farle intuire quanto fosse sincero e veramente intenzionato a perseguire quelle sue intenzioni e mantenere viva la promessa.
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«Deve aver certamente fatto qualcosa di veramente terribile per ottenere una simile reazione da parte tua. Non insisterò oltre se non vuoi parlarne, ma se un giorno vorrai farlo… beh, ti ascolterò e ti aiuterò se devo!» Aiden analizzò la questione con estrema calma dopo aver smesso di ridere. Percepì un certo rancore in Nieve nei confronti di Dorian e il motivo forse era piuttosto palese. Che il collega fosse troppo severo ed esigente con i suoi studenti, tanto da inimicarseli come nel caso della stessa Nieve? La fronte del fulvo venne aggrottata con estrema durezza e pensierosità nel cercare di ottenere una risposta per conto proprio, che venne solcata da numerose rughe. Se fosse giunta una simile notizia alle sue orecchie, in cui la condotta di Dorian andava a discapito dei poveri studenti, Aiden avrebbe fatto i salti mortali pur di ottenere il permesso d’accesso alla scuola e andare in soccorso dei Maghi e delle Streghe che rappresentavano il futuro stesso del loro mondo. Notò il sorriso di Nieve e in cuor suo Aiden ne fu contento. Lei forse poteva non fidarsi di lui, ma era certo un buon segno, un inizio, per quella che un giorno sarebbe potuta fiorire in un’amicizia? «Lo fai sembrare più un dovere che un mio desiderio...» osservò in tono neutro, mentre la fissava con estrema tranquillità. «In tutta onestà, essere un Auror mi fa sentire più vivo che mai. Sento di avere uno scopo, una missione… E sì, mi rende più vicino a lui, più di quanto voglia ammettere.» aggiunse, annuendo per fare eco alle parole della ragazza. Arrivarono - finalmente - alla radura. Aiden sorrise e trasse un sospiro di sollievo, ma durò poco, perché si sentì in dovere di rispondere a Nieve. Possibile che non sapesse del caso del fratello di Ayumo Vanille? Era stato trovato morto davanti all’ingresso della scuola ed era impossibile che uno studente non ne fosse al corrente, anche perché era finito sulla Gazzetta del Profeta. Inclinò appena la testa per studiare meglio Nieve. «Parlo del caso Vanille. Il Profeta non si è risparmiato di certo nel puntare il dito contro la Preside, la Pompadour e a Wilde.» Cercò di infondere sicurezza nella ragazza con un sorriso per rassicurarla. «Ma ora basta parlare di morti, non è carino… Siamo arrivati!» Quell’annunciazione venne accompagnata da due braccia spalancate verso la radura, con tanto di sorrisone soddisfatto. Aiden mosse due passi in avanti e prese un bel respiro, per poi pronunciare: «Sotto un cielo stellato mi celo, sotto un cielo splendente mi rivelo. L'amico entra, il nemico resta!» Lo fece per ben due volte e quando ebbe finito, l’aria vibrò. Nel giro di pochi secondi il velo che separava l’invisibile dal visibile venne tolto, come un sipario che si apriva e dava sul palcoscenico. Una villetta in pietra apparve davanti a loro, ricoperta in certi punti dall’edera. Il giardino era coperto di neve, a stento si potevano notare i vasi o altri ornamenti che abbellivano il giardino. Le fece strada e quando furono all’ingresso, spalancò la porta per lei. «Dopo di lei, miss Rigos!» E con la mano la invitò ad entrare.
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Divertiti a guardare i particolari del salotto nella descrizione in testa alla discussione
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La sua umile dimora sembrò fare colpo su Nieve e certamente non gli sfuggì il commento della ragazza, palesando il proprio stupore e apprezzamento verso lo spettacolo che le aveva offerto, dalla formula per rendere la casa visibile alla prima vista di essa. Una volta entrati, Aiden si tolse le scarpe e le piazzò vicino al camino per poterle asciugare meglio, così come il proprio mantello e giacca sull'appendiabiti. Si sfregò bene le mani, vagamente intorpidite dal freddo, per poi andare a piazzare qualche pezzo di legno nel camino, intenzionato ad accenderlo. Tutto questo mentre Nieve ammirava gli interni della sua dimora, dal lampadario fatto di corna di cervo ai divani in pelle, mettendosi a proprio agio in quell’ambiente che sapeva rendere bene il concetto di casa, soprattutto per un individuo single e che viveva in maniera indipendente. Alla domanda di Nieve, Aiden agitò la bacchetta e lasciò che il Lacarnum Inflamare avvolgesse la legna in calde fiamme. «Uhm?» grugnì confuso, voltandosi appena per guardarla. Notò come si stesse agitando per aver formulato la domanda sbagliata, cercando di correre al riparo e rimediare in un qualsiasi modo piuttosto che fare una pessima figura per quello che poteva sembrare uno scarso tatto. Ma Aiden non si fece alcun problema, né si offese in alcun modo per quelle parole confuse e frettolose. Piuttosto sorrise in maniera molto gentile e tenera, specialmente quando la vide arrossire. «Scusarti? Per così poco?» Emise un piccolo sbuffo divertito, con tanto di scrollata di spalle. «Non devi scusarti, non per una simile sciocchezza. Ma sì, vivo da solo.» Si avviò a piedi scalzi verso la cucina, intenzionato a mettere a bollire l’acqua per il thé, quando sentì la gatta - un bellissimo esemplare dal pelo maculato bianco e arancione e con due profondi occhi verdi - balzare su uno dei suoi piedi nudi e catturarglielo con le zampe artigliate. Aiden scrollò appena il piede per scacciarla via, oltre che per lamentarsi palesemente del dolore causatogli dagli artigli, ma ciò risultò vano. «Ginga! Per la barba di Merlino, sei proprio pestifera!» Si chinò per poterla prendere in braccio ma invece di abbracciare il felino e tenerlo premuto contro il suo petto, Aiden sistemò la gatta attorno al suo collo, come se fosse una sciarpa. Dopo un piccolo miagolio, Ginga si lasciò andare a peso morto e assecondò quello strano gioco di cui andava matta, il secondo se si doveva considerare la sua propensione a rincorrere il pulcino Sceriffo fino a quando non si ritrovava immobilizzata dai baffi del pennuto. «Ecco qua. Buona buona, intensi? Abbiamo ospiti.» esclamò alla gatta mentre le grattava la testa. Aprì uno degli sportelli presenti in cucina e tirò fuori il bollitore, riempiendolo d’acqua. Con un colpo di bacchetta le tazzine e lo zucchero volteggiarono verso il tavolino presente nel salotto, per poi aprire il frigorifero e togliere la torta alla crema fatta da sua sorella Lena. Un secondo colpo di bacchetta e alle tazzine e allo zucchero si aggiunsero due piattini e due cucchiai. Nieve non avrebbe potuto di certo dire che era un pessimo padrone di casa, non dopo che le era stata offerta una così abbondante merenda che sicuramente era andata oltre le sue aspettative. «Vuoi del latte nel thé? Anche se presumo faccia troppo britannico, ma ad ogni modo l’ho chiesto per soddisfare i tuoi gusti.» Quella domanda scaturì un sonoro miagolio dalla gatta, la quale sperava di ricevere a sua volta una buona dose di latte. «A proposito, questa sbruffoncella è Ginga Ninja, perché è silenziosa e letale proprio come un ninja!» Rise e diede un piccolo bacetto sul muso della gatta. Sebbene la felina fosse piuttosto dispettosa, nutriva un profondo amore per il proprio padrone e non si lasciava di certo sfuggire una possibilità di ricevere delle coccole.
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Quando l’acqua per il thé fu pronta, Aiden prese una delle presine natalizie che aveva ricevuto da sua zia e portò il bollitore a mano verso la zona che aveva preparato per loro due. Mentre versava l’acqua bollente nelle varie tazze, sorrise per le parole dette da Nieve. «Non devi preoccuparti.» mormorò, mentre la gatta scendeva dalle sue spalle per avvicinarsi a Nieve e al suo richiamo per poterle annusare le dita e - dopo aver decretato che le piaceva - lasciandosi andare in dolci fusa contro la sua mano. «Sentiti libera di accettare o meno le cose offerte, davvero. Non sei costretta.» Si accomodò sullo sgabello davanti a lei, mentre osservava la gatta continuare ad elemosinare coccole. Ridacchiò mentre prendeva una fetta di torta e poi preparava alcune foglie di thé da mettere nella propria tazza. «Gli animali rispecchiano spesso il carattere del padrone. Ginga è una malandrina ma è anche dolce e coccolona quando vuole. Un po’ come me.» Un sorriso sornione apparve sulle sue labbra mentre mischiava. Non aveva messo nemmeno un granello di zucchero, Aiden non amava bere le bevande calde con lo zucchero, preferiva gustarsi l’aroma originale senza che venisse alterato da una qualsiasi fonte dolcificante. Con una forchetta tagliò un pezzetto di torta e se la portò alla bocca, rimanendone quasi strozzato a seguito dell’argomento appena introdotto da Nieve: il ballo d’inverno e la questione dell’accompagnatrice. Diede qualche colpetto sullo sterno per evitare lo strozzamento, mentre il volto diventò rosso quanto i propri capelli. La prospettiva di morire per mano di un dolce che era finito per andargli brutalmente di traverso sembrò esilarante, ma comunque non piacevole. «Beh, ecco, i-io...» prese a balbettare. Si passò una mano sulla faccia per mascherare il suo imbarazzo nell’aver pensato subito a Daphne. Non aveva idea di cosa avrebbe pensato Nieve una volta appresa la notizia che uno come Aiden fosse riuscito a trovarsi una ragazza, soprattutto se di recente. «Sì, ci sarò. Devo sempre provvedere alla sicurezza. Solo che questa volta dovrò farlo senza una maschera… A proposito, il tuo costume da elfo era veramente bello!» Nieve lo aveva punto sul vivo con quella domanda sull’accompagnatrice che sapeva di dover rispondere, ma non prima di averle fatto intuire di essere stato presente alla festa di Halloween ad insaputa di tutti. «Quanto alla mia accompagnatrice… E’ la mia… ragazza oltre che collega. Sì, insomma, suppongo sia da definire così dati i nostri sentimenti reciproci. E’ la mia ragazza!» ripeté infine con più convinzione. Soffiò piano sul proprio thé dover aver tolto le foglie lasciate sufficientemente in infusione. Cosa avrebbe pensato ora Nieve? Ne sarebbe stata delusa? Forse si era aspettata un invito? Per un bello o due probabilmente Daphne non avrebbe avuto nulla da dire, infondo non la faceva gelosa e di una ragazzina benché meno. Se fosse riuscito ad introdurle, forse si sarebbero trovate simpatiche. Prese la tazza e diede un piccolo sorso, assaporandone il sapore. «E tu? Hai già trovato un baldo giovanotto per il ballo?» domandò, rigirando la frittata.
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Impiegò un poco per riprendersi del tutto da quella situazione che era venuta a generarsi. Il respiro tornò regolare, il boccone era riuscito a scendere senza ucciderlo, ma il rossore aveva impiegato un po’ più del previsto nel svanire. Aiden si schiarì la voce diverse volte, più o meno ad intervalli regolari, come se continuasse a percepire il fastidio di qualcosa che gli ostruiva la gola. Una mera sensazione che poi cessò di esistere, nel momento stesso in cui fu introdotto l’evento ai Tre Manici di Scopa nel giorno di Halloween. Nonostante la sua quasi dipartita per mano di un dolce, Aiden trovò confortante aver suscitato in Nieve una buona dose di divertimento. Percepiva una sorte di prima base in quello che stava definendo il loro rapporto appena nato, come una piramide che era costituita da svariati livello. E, sebbene ciò fosse solo il primo livello di quella loro piramide, Aiden ne fu entusiasta e se lo fece bastare. «Sì, ero il Lupo Cattivo Zombie. Ma forse mi hai visto nella mia seconda versione: il Lich King. Insomma, quella specie di scheletro con la corona e la spada in lattice. Ho abbracciato quella ragazza con il cappio, visto che quel suo cartello esigeva a gran voce dei Free Hugs. E ho anche cantato con quell’Angioletto inquietante!» Una risposta breve ma abbastanza dettagliata, accompagnata da una scrollata di spalle. Non si sarebbero addentrati ulteriormente nel discorso, considerando il fatto che già un altro era in atto. Avrebbero però potuto farlo in seguito, se Nieve ne avesse avuto voglia. Osservò Ginga per pochi secondi. La gatta era entusiasta della loro ospite, o vittima nel caso in cui avesse avuto voglia di fare la monella; un nulla separava le dolci fusa che stava riservando all’argentea fanciulla in letali artigliate e morsi sulle dita con quei dentini aguzzi. Se la gatta di Nieve era sulla stessa linea d’onda di Ginga, allora doveva esserne abituata e quindi ne avrebbe tenuto debito conto, altrimenti sarebbe stata una qualunque potenziabile vittima ignara del pericolo e della bipolarità del felino in questione. Sorrise all’idea di Nieve che si faceva avanti per salutare lui e Daphne al Ballo. «Sarebbe davvero bello se lo facessi.» mormorò. «Ci farebbe davvero piacere averti con noi, anche per un semplice brindisi.» Poi, con sua strana ma piacevole soddisfazione, notò l’effetto ottenuto nell’averle rigirato la medesima domanda. Il rossore di Nieve fu quasi inequivocabile, era imbarazzata, ma di cosa per la precisione? Che avesse trovato anche lei un degno accompagnatore o che nutrisse delle aspettative per un potenziale candidato di suo interesse? Appoggiò il mento sul palmo della mano e la osservò con un sorrisino divertito. «Quale idiota di sesso maschile ti troverebbe davvero bruttina?» Aiden girò e rigirò la frittata, sperando di non bruciarla troppo. «E’ vero che per la maggioranza dei ragazzi adolescenti la sola cosa che riesce a stento a passare l’anticamera del cervello è la competitività, ma per alcuni c’è anche la precocità. Vedrai che per alcuni di loro non sei poi così bruttina. Anche se fosse, cambieranno idea tra due o tre anni, il tempo necessario affinché gli ormoni si sistemino. E poi… non sei bruttina.» Infine, sghignazzò. «Comunque puoi sempre andarci con un amico al Ballo, se proprio non vuoi andarci da sola o non ti invitano. Ai tempi della scuola io ci andavo sempre con una delle mie sorelle oppure facevo un favore a una delle mie Concasate, piuttosto che andarci da solo. Ma se succedeva, beh, mi ingegnavo per scroccare un ballo o due a qualcuna. L’importante è divertirsi, che sia con un amico o con un ragazzo che ti piace.» Le fece l’occhiolino per incoraggiarla per poi bere il suo thé.
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Renée. Ricordava, certo, come dimenticarsi della ragazza che era stata con Nieve finché non era arrivato lui? A quanto pare le due dovevano essere ottime amiche se si trovavano insieme ad ogni festa. Aiden, involontariamente e inconsciamente, si ritrovò a ghignare. «E si impicca ad ogni festa o è la prima volta?» Una domanda innocente, forse un po’ sarcastica, ma che strappò una risatina all’Auror. Era pessimo con le battute, ma gli era venuta spontanea ripensando a quel costume così originale. La forchetta trafisse la fetta di torta e ne segnò il destino. Con un sorrisone a trentadue denti, Aiden affidò alla sua splendida dentatura il compito ingrato di ridurre quella delizia a pezzi per poi spedirla nel profondo Buco Nero che aveva al posto dello stomaco. Mugolò, raggiungendo il Nirvana in pochi attimi. La torta alla crema di sua sorella era la fine del mondo e fu un peccato che Nieve non si fosse servita di una tale leccornia. Osservò Nieve mentre esponeva i propri ragionamenti in merito a quando lui e Daphne avevano deciso di stare insieme, notando come la giovane studentessa fosse improvvisamente arrossita. A cosa stava pensando? O era semplice imbarazzo per aver osato porgli una simile domanda? Infondo, come lei stessa aveva sostenuto, non era solita essere ficcanaso. Aiden buttò giù il boccone. «Ci siamo conosciuti qualche mese dopo il Ballo Estivo.» cominciò, serio in volto. Parlare di Daphne era una cosa seria, i suoi sentimenti per lei erano seri, perciò non conosceva altro modo per spiegare agli altri cosa lo legava alla bella Strega d’America. «Ero al parco per una piccola pausa relax e poi l’ho sentita urlare al suo cane che le era sfuggito e stava rincorrendo uno scoiattolo. Mi sono precipitato ad aiutarla e… beh, sono finito in un cespuglio di rovi per lei. Molto romantico, non trovi? Scherzi a parte, ci sono finite davvero e da lì abbiamo iniziato a conoscerci meglio, a flirtare… E’ stata la prima persona per cui ho provato interesse...» Una confessione che lo fece arrossire, stavolta di più. Se Nieve avesse avvicinato una mano alla sua faccia avrebbe percepito un calore così intenso che avrebbe potuto benissimo temere che il povero Aiden stesse andando veramente a fuoco. «Siamo usciti a cena ma poi lei è scappata...» Il ricordo di Daphne che scappava via dal ristorante gli fece venire una morsa al cuore, sebbene ormai fosse acqua passata. Tuttavia fu la prima sofferenza che aveva provato a causa dell’amore per una persona. «E l’ho trovata al Quartier Generale degli Auror dopo essere rientrato assieme a Urania. Diamine, come mi sono pentito di averle mentito sul mio lavoro sebbene fosse per proteggerla. Abbiamo litigato tremendamente quel giorno e per un po’ non ci siamo rivolti la parola. Così pochi uffici a separarci, eppure sembrava che ci fossero leghe a tenerci lontani...» Trasse un lungo respiro. «Mi ha scritto una lettera ed io… Non ho potuto ignorare le sue parole, i suoi sentimenti… Sono andato a cercarla e abbiamo fatto pace. Quindi sì, stiamo insieme da poco, esattamente da dopo la festa di Halloween.» L’ultima frase la disse con un sorriso soddisfatto. Ora che il thé era decisamente meno bollente, Aiden prese un sorso più che abbondante, trovando ristoro nel suo sapore. Tuttavia, dopo l’occhiata insinuante di Nieve, percepì un brivido lungo la schiena, per poi ritrovarsi colto nuovamente in fallo dalla domanda. Come un idrante, le narici dell’Auror presero ad espellere in maniera incontrollata l’ennesimo thé che gli andò di traverso. Era come se Nieve sapesse esattamente quando trovarlo impreparato. Si portò entrambe le mani al naso, una di esse munita di un fazzolettino nel tentativo di tamponare il flusso. Tossì diverse volte, prima di riuscire a proferir parole. «D-d-dongiovanni? I-io?» Si schiarì meglio la voce, asciugandosi il naso e soffiandoselo per togliersi quella fastidiosa sensazione che lo tormentava. «Al contrario… Sono sempre stato piuttosto distaccato dal gentilsesso. E non perché non provassi interesse alcuno, ma perché ho giurato...» Con un movimento della bacchetta ripulì il tavolo che aveva sporcato con il getto di thé. «Ho giurato di non essere mai e poi mai come qualsiasi altro uomo, che non mi sarei fatto sopraffare dagli istinti e che avrei atteso la persona giusta. Questo però non mi ha evitato la possibilità di ricevere qualche bacio, infondo non sono mica un monaco! Erano per lo più baci di donzelle ubriache, ma quando erano sobrie... ho fatto una discreta pratica!» Una risata furba scaturì dalle sue labbra. A Daphne non era affatto dispiaciuta quella pratica, ma non lo espresse a gran voce con Nieve. Concesse all’argentea fanciulla il beneficio del dubbio...