Non riesco a ricordarmi di dimenticarti, Per Sophie

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view post Posted on 28/9/2017, 20:03
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Sophie Armstrong [x]

Prefetto Serpeverde - III Anno

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Per quanto sadica e cattiva potesse sembrare Sophie Armstrong, c'era una sola certezza: non aveva mai fatto del male a nessuno, fino a quel momento. A parte, ovviamente, gli Elfi Domestici che aveva torturato, sia psicologicamente che fisicamente, che però a suo modo di vederla non erano degli esseri umani. Fu decisamente per una giusta causa, e di certo non se ne era pentita. Al contrario, aveva provato una sensazione di piacere, di eccitazione, di soddisfazione, nel momento in cui infilava con decisione quel coltello nello sterno dell'Elfo, ed il sangue che sgorgava fuori era per lei un panorama unico. Gli aveva letteralmente aperto il petto in due parti e lo aveva lasciato lì a marcire, non sapendo neppure se fosse morto o se qualcuno fosse riuscito a salvarlo, anche se ne dubitava fortemente. L'unica cosa di cui era certa, era di aver sentito quell'ebbrezza assurda percorrerle l'intero corpo. Una sensazione unica, che avrebbe voluto provare di nuovo molto presto. In quel momento, però, si trattava non solo di un essere umano, ma di un ragazzino di appena undici anni, che, tra l'altro, aveva provocato lei stessa. Doveva ammetterlo, non si sarebbe mai aspettata che egli avesse avuto il coraggio di avvicinarsi ulteriormente a lei, e probabilmente fu questo che la spinse a fargli del male. L'aver perso. Fatto stava che Elijah Sullivan fu la prima persona a cui arrecò del male fisico. Tante volte aveva sentito una voglia estrema di farlo con altri, in passato, ma non ne ebbe mai l'occasione. La verità era che, in quel momento, non aveva per niente sentito quella sensazione di soddisfazione: al contrario, subito dopo, un senso di colpa la pervase, ma non tanto per il gesto in sé, quanto per il fatto che si trattava soltanto di un ragazzino. Non appena lo vide arrivare contro il muro, ella rimase in quello stesso punto a guardarlo, ancora colma di rabbia. Osservò il modo in cui si sedette per terra, in silenzio, ed il modo in cui estraeva qualcosa dalla sua tasca. Non badò più di tanto a quel movimento, e, dopo aver agitato la bacchetta per spegnerla e dopo averla infilata nuovamente nella tasca interna della giacca, nervosamente, cominciò a camminare da un lato all'altro della Stamberga, incrociando le braccia sotto il suo petto. Andava e veniva di continuo, senza degnare di uno sguardo il compagno di Casata. Poi, la sua voce. Completamente diversa dagli attimi prima, più soave, più calma, più tranquilla: - Mi perdoni? - Ed in quel preciso istante, Sophie si fermò al centro del suo percorso e si voltò in sua direzione. Anche l'espressione del suo viso era cambiata, e poté notare con piacere che quella strafottenza svanì completamente nel nulla. I suoi occhi gelidi ed ancora arrabbiati, puntarono l'oggetto che egli aveva appena posato per terra, intento a passarlo a lei. Si avvicinò lentamente, piegò le gambe per prendere la pergamena e, dopo essersi rialzata, la osservò per diversi secondi. Era perfetto. Il senso di colpa divenne ancora più forte, ed anche l'espressione del suo viso mutò improvvisamente. Piegò il capo in sua direzione, si avvicinò alla sua destra e, facendo strisciare la schiena contro il legno fradicio dell'edificio, si sedette per terra accanto a lui. Piegò le gambe al petto e girò nuovamente il capo verso il suo viso, cercando il suo sguardo. - Ti perdono. - Il tono di voce era basso, ma soprattutto comprensivo. Posò poi le mani sul mantello che aveva addosso e lo spinse all'indietro. Dopo averlo tolto, lo avvicinò alle spalle di lui, e solo se avesse staccato la schiena dal muro per quei secondi che le servivano, glielo avrebbe posato su.
- Grazie. -

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 29/9/2017, 10:41





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T
utto si costruisce su piccoli gesti, su movimenti lenti, su sguardi attenti, ed era esattamente questo che stava accadendo mentre il temporale infuriava. Quando le allungò il disegno sul pavimento, Elijah si accorse che lei andava avanti e indietro nella stanza, come se anche lei cercasse di calmarsi in qualche modo.
La seguì con attenzione in ogni piccolo movimento. La vide chinarsi e raccogliere la pergamena e poi avvicinarsi a lui in silenzio. La sua espressione però era cambiata, quella furia interiore sembrava fosse stata magicamente risucchiata dalle linee grigie sopra alla pergamena.
Strusciò la schiena lungo la parete e si sedette alla sua destra, ripetendo un gesto che aveva fatto lui poco più di una mezzora prima. Sophie lo fece in modo più lento ed elegante.
La Serpeverde cercò di nuovo il suo sguardo e finalmente si guardarono davvero. Nessuno dei due indossava una maschera e quello che l’altro osservava era l’assoluta verità.
Lo sguardo di lei era così diverso, così caldo e protettivo, così come la strafottenza era completamente svanita dal viso del giovane Serpeverde.

- Ti perdono

Elijah sorrise, mostrando i denti bianchi e perfetti. Doveva essere onesto con se stesso. Aveva iniziato a disegnare con la sola idea di riuscire a calmarsi. In corso d’opera, poi, si era reso conto che la Prefetto stava venendo fuori da quel foglio. Era una cosa normale però, gli succedeva sempre. Elijah tendeva a disegnare quello che gli passava inconsciamente per la testa, ed in quel momento Sophie era in prima fila nei suoi pensieri.

- Grazie

La vide togliersi dalle spalle il mantello che le aveva prestato per avvicinarlo alle sue, ripetendo al contrario il gesto che lui aveva fatto fuori alla Stamberga Strillante. Era un gesto dolce, un gesto a cui non era abituato, perché le donne che abitavano la sua casa non erano solite farne ricorso.
Anche se non era abituato, inspiegabilmente, scostò la schiena dal muro per permetterle di fare quello che aveva in mente.
I suoi occhi erano azzurri ed enormi, i lineamenti e la pelle così perfetti che sembravano usciti da un servizio fotografico.
Elijah si ritrovò a socchiudere le labbra, ma non perché si aspettasse qualcosa dopo quel gesto. Le sue labbra si aprirono piano perché lui era totalmente assorto nel guardare la persona che aveva davanti. Gli occhi del giovane Serpeverde erano totalmente ipnotizzati, ma riuscì a rispondere – Prego – con voce tranquilla, o almeno sperava che lei avesse quest’impressione.

- Quello era lo sguardo che avevi mentre osservavi la Stamberga Strillante, io ti ricordavo così. Questo disegno non è il massimo, non c’è abbastanza luce e avevo solo quella matita – ci pensò un attimo e poi aggiunse – magari te ne farò uno più bello e preciso.

Rimase un attimo in silenzio e poi disse qualcosa che non aveva in preventivo di dire, qualcosa che non aveva detto mai a nessuno.

- Disegno sempre quando mi innervosisco, mi aiuta a calmarmi. Lo faccio sempre quando lei mi picchia a sangue.






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view post Posted on 2/10/2017, 15:25
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- Grazie. -
Una sola parola, pronunciata in un fil di voce. Sincera, veloce, pulita. Era probabilmente la seconda volta nella sua vita ad averla pronunciata, senza considerare che la prima avvenne non molto tempo addietro, nei confronti di Daddy, dopo lo stesso gesto che aveva da poco fatto il suo compagno di Casata, nel donarle il suo mantello per permetterle di riparlarsi dalla pioggia e dal freddo. Non l'aveva mai pronunciata prima di quelle due occasioni, per un motivo ben preciso: nessuno aveva mai fatto qualcosa di così importante per lei. Seppur poteva essere considerato un gesto qualsiasi, istintivo, superficiale, per lei, al contrario, era importantissimo. Per la prima volta nella sua vita, si sentì amata, desiderata, protetta, e tutto ciò che non avevano fatto i suoi genitori lo stavano facendo altre persone, e lei, pian piano, stava scoprendo quanto fosse bello sentirsi in quel modo. Quando qualcuno le dava delle attenzioni, si sentiva come una bambina felice e spensierata, ed era maledettamente soddisfacente. Ma, nonostante questo, non aveva mai approfittato di quelle situazioni: mai aveva fatto qualcosa per mettersi in mostra e costringere qualcuno a provare a proteggerla, avrebbe voluto che, come quella volta, accadesse tutto in modo spontaneo. Anche lei, in quel momento, aveva posato sulle spalle di Elijah il suo stesso mantello, come per ringraziarlo per averglielo donato per quel breve tempo. Non lo aveva fatto per compiacerlo, né tanto meno per ricambiargli il senso di protezione, più che altro credeva che, in quel momento, lui avesse più bisogno di quel mantello di quanto ne avesse lei. Nel frattempo, aveva posato il disegno sulle sue cosce piegate al petto, ed in quel momento tornò a guardarlo, non prima di aver ricambiato il suo sorriso. Le linee erano così precise, pulite, e non aveva mai visto qualcosa di così bello. La sua mente cominciò a vagare, ed a chiedersi per quale motivo lui aveva sentito il bisogno di tracciare quelle linee su quel foglio, nonostante tutto quello che gli regalò lei fu un semplice ma sonoro schiaffo sulla guancia. Perché lo aveva fatto? Tornò a guardare il suo viso con l'intento di volerlo scrutare, cercare di capire cosa avesse nella testa quel ragazzo, e non fece altro che notare i suoi occhi puntati contro di lei: sembrava quasi incantato, ipnotizzato, e il Prefetto cominciò nuovamente ad avvertire quella sensazione di imbarazzo. Il tempo, per quel secondo, sembrò essersi fermato improvvisamente, ed un altro atroce dubbio le assalì la mente: perché la guardava in quel modo? Era solo un ragazzino, avrebbe mai potuto prendersi una cotta per l'arcigna, antipatica, e perfida Sophie Armstrong? Aveva già notato quanto i due si somigliassero nel carattere, ma sarebbe bastato? Le iridi argentee di lei, istintivamente, andarono a posarsi sulle labbra di lui, che in quel momento cominciarono a proferir parola. Lo ascoltò con attenzione, mentre la sua attenzione ritornava sul foglio di fronte a sé. - Non è necessario, veramente. - Fece passare la punta dell'indice destro sulle linee disegnate sulla pergamena. Sembrava così reale, che sentiva come se stesse guardandosi in uno specchio. - Disegno sempre quando mi innervosisco, mi aiuta a calmarmi. Lo faccio sempre quando lei mi picchia a sangue. - Si era per un attimo estraniata da tutto il resto, fino a quando quelle parole non giunsero al suo orecchio. Di scatto, ella volse lo sguardo, di nuovo, verso il suo viso, ma le pupille erano più dilatate del solito. - Chi è che ti picchia, Elijah? - Da quel momento in poi, non riuscì a guardare altrove. Il suo tono era serio, estremamente serio, e lui avrebbe dovuto rispondere allo stesso modo. Forse, aveva avuto un passato difficile come il suo. Forse, erano più simili di quanto si aspettasse.

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 3/10/2017, 10:04





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E
lijah disse quelle parole senza nemmeno rendersene conto, di solito stava sempre attentissimo a quello che faceva uscire dalla bocca. Forse dipendeva da quella situazione un po' particolare, o forse dipendeva semplicemente dal fatto che qualcosa a pelle gli diceva che di lei si poteva fidare, anche se non sapeva il perché. Il suo sesto senso però sbagliava difficilmente su queste cose.

- Chi è che ti picchia, Elijah?

Sentì il tono di Sophie mutare di nuovo. Era tornata seria, molto seria ed il suo sguardo era puntato su di lui deciso a non mollare la presa. Elijah la guardò in quei due occhi grandi e color ghiaccio, ora anche la sua espressione era seria.

- Mia madre – disse senza girarci troppo intorno perché tanto non sarebbe servito proprio a nulla – mi ha sempre picchiato, sempre, da quando ne ho memoria. Le è sempre piaciuto riempirmi la faccia di schiaffi fino a che le labbra non mi sanguinano o mi procura delle ferite sul viso con i suoi anelli – fece un sorriso amaro mentre non smetteva mai di guardala – e lei di solito li gira dalla parte del palmo, così può farmi più male.

Strinse i pungi forte, cercando di nasconderli sotto al mantello, ma uno di essi sbucò da sopra alle ginocchia.

- Non potrei definirla una madre...Esther Montague è solo colei che mi ha messo al mondo e lì finisce il nostro rapporto. Lei è più fiera della sua nobile casata che dei suoi sette figli, credo che siamo solo un peso per lei, soprattutto io. Se non le mando un gufo ogni settimana con i miei voti, lei mi scrive per ricordarmi quali sono i miei doveri, ma non gliene importa nulla. Nell’ultimo gufo le ho scritto che avevo preso tutte “O” e una “E+”, ma non mi ha detto che ero stato bravo. A lei importa solo che non venga disonorata le sua nobile stirpe.

Non aveva mai smesso di guardare Sophie negli occhi, mentre nei suoi ardeva un fuoco che stava cercando in tutti i modi di controllare.

- Se però fai uno sbaglio, soprattutto se lo faccio io, allora lei me lo fa pagare. Ma ora non mi importa più se lo fa. Se lei mi picchia dieci volte, io mi rialzo venti. Se lei mi urla contro, io le rido in faccia. Lei vuole che io stia con gli occhi bassi, io invece gli occhi non li ho mai abbassati e non lo farò mai. Preferisco che mi ammazzi di botte piuttosto, meglio morire guardandola dritto negli occhi che inginocchiarmi e mendicare la sua clemenza.

Probabilmente un altro ragazzino di undici anni avrebbe pianto in quel momento, ma non lui. Elijah guardava Sophie negli occhi fiero della sua forza interiore, era quella che gli aveva permesso di andare avanti fino a quel momento, era quella che lo aveva reso molto più grande di un semplice ragazzino di undici anni.

- Ora però non mi importa più, oramai non mi fa più male...lei non ci riesce più.

Non sapeva nemmeno lui fino a che punto fossero vere quelle parole, ma la sola certezza che aveva era che lo schiaffo di Sophie gli aveva fatto male e non per il fatto che lei lo avesse colpito. La cosa che gli aveva fatto male era che lei lo avesse fatto proprio con uno schiaffo, perché in confronto a quelli di sua madre quello della Prefetto era stato come una carezza.
Il mantello gli scese dalla spalla destra e Elijah lo risistemò con cura, allacciandolo al collo questa volta.

- Lo sai che nessuno mi aveva mai messo il mantello sulle spalle come hai fatto tu prima? Non sono abituato che qualcuno sia così gentile con me.

Quel gesto lo aveva colpito non poco, soprattutto per il fatto che era arrivato dopo quella particolare situazione. Magari non lo avrebbe ammesso nell’immediato nemmeno con se stesso, ma quel gesto lo aveva colpito nel profondo.
Si, Sophie gli aveva dato uno schiaffo, quello però lo avrebbe rimosso dalla mente molto presto. L’altra cosa no, quella sarebbe rimasta come qualcosa da non dimenticare, qualcosa che era bello ricordare.



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view post Posted on 9/10/2017, 11:41
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- Mia madre. -
Sophie non smise nemmeno per un attimo di fissare le iridi chiare del compagno di Casata. Era convinto che avrebbe subito cambiato discorso, che non avrebbe voluto dire quella frase, che gli era semplicemente sfuggita dalla bocca. E invece no: lui sembrava volersi preparare a parlare, a confidarsi con lei, a dirle tutto quello che riguardava la sua storia, la sua vita. Ma perché proprio con lei? Gli ispirava così tanta fiducia? Era forse perché aveva notato anche lui diverse somiglianze tra i due, o magari perché era più grande e matura di lui, quindi, forse, poteva capirlo? Sophie continuava a guardare il viso serio di lui, ascoltava le sue parole con estrema attenzione, senza farsi sfuggire alcun piccolo particolare. I suoi occhi andarono a posarsi, per un attimo, sui pugni serrati di lui che spuntavano da sotto il mantello, e lei, istintivamente, posò la sua mano fredda sul pugno sinistro, come a volergli dare appoggio e comprensione. Parlava in modo così scorrevole, e l'espressione del suo viso non era affatto spaventata o preoccupata: dava, al contrario, una sensazione di estrema forza, e per un ragazzino di undici anni era una grande cosa. Lui era forte, si vedeva, e tutto ciò che stava dicendo le entrava dentro. Capiva perfettamente quelle parole, aveva trascorso anni ed anni a sopportare le torture psicologiche e fisiche del suo patrigno, ma lei non era riuscita ad essere forte quanto lui. Ricordò quando, alla sua età, era riuscita a farsi prendere dalla paura, a cedere al brutto ricordo di quella persona che diceva di avere il suo stesso sangue, ricordò come cadde, ma anche come riuscì ad alzarsi. Si rialzò più forte di prima, sì, e stava dedicando la sua intera adolescenza ad organizzare la vendetta nei confronti di Damon Armstrong, ed il frutto di quel lavoro avrebbe portato ad ottimi risultati. Forse, un giorno, anche Elijah avrebbe potuto trovare vendetta e soddisfazione nel far soffrire quella specie di madre, almeno la metà di quanto aveva sofferto lui. Lo capiva, eccome se lo capiva. Forse, una parte di sé, si era pentita di aver tirato quello schiaffo, forse gli aveva evocato brutti ricordi, ma avrebbe potuto anche renderlo ancora più forte di prima.
- Sei forte, Elijah. - Si limitò semplicemente a quell'affermazione, pronunciata in modo sincero e deciso. Sperava che egli non avesse ancora visto quelle cicatrici sul suo volto, e sperava che un altro lampo non avrebbe aiutato a renderle visibili, proprio in quel momento che la stava guardando. Sophie strinse di poco la mano intorno al suo pugno, poi ascoltò le sue successive parole: - Lo sai che nessuno mi aveva mai messo il mantello sulle spalle come hai fatto tu prima? Non sono abituato che qualcuno sia così gentile con me. - Tutto quello che in quel momento riuscì a fare, fu accennare un piccolo sorriso. Gli occhi divennero più piccoli a quel movimento, poi portò la mano libera su un ciuffo che si era ripresentato dinanzi ai suoi occhi e lo riportò nuovamente al suo posto. - Ti sembrerà strano, ma sei stata la seconda persona ad aver fatto la stessa cosa per me. - Il sorriso era ancora presente su quel volto chiaro, ed i suoi occhi continuavano a scrutare ogni angolo del corpo di Elijah.

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 11/10/2017, 09:54





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Q
uando Sophie chiuse la mano attorno al suo pugno fu davvero una sorpresa, una bellissima sorpresa. La stessa mano che l’aveva schiaffeggiato, ora stava cercando di infondergli calore e coraggio.

- Sei forte, Elijah

Non abbastanza, forse non come avrebbe voluto davvero. Quelle parole però erano la cosa più bella che lei avrebbe potuto dirgli in quel momento.
Non mosse la mano, non provò ad afferrarla di nuovo. Restò in silenzio, lasciando che quel ponte di comunicazione tra loro restasse intatto. Lei la strinse più forte, in un silenzio che aveva una voce così potente da renderli sordi entrambi. Gli sorrise finalmente rilassata, finalmente se stessa, un sorriso che non era la maschera di qualcosa di diverso. Era deliziosa quando sorrideva, era la vera Sophie, avrebbe dovuto farlo più spesso...si, probabilmente una parte di lui aveva bisogno che lo facesse.
Non disse nulla, ma le sorrise tranquillo, lasciando che i suoi denti brillassero appena nel buoi. Quello non era un ghigno artefatto, ma il sorriso di un ragazzino di undici anni che portava sulle spalle molti più anni di quelli che proponeva la sua carta d’identità.
Era davvero giusto restare in silenzio? Era corretto un comportamento del genere?
Elijah decise di dire solo lo stretto necessario.

- Anche tu lo sei, Sophie – nel pronunciare quelle parole si passò l’indice della mano libera sulle guance, come se stesse disegnando delle linee.
Si, le aveva viste quelle cicatrici, ma non gli aveva dato alcuna importanza soprattutto perché non erano la cosa di Sophie che saltava più all’occhio.
Ora aveva capito il loro significato, aveva capito come mai Sophie avesse compreso così bene le sue parole. Quel gesto che aveva compiuto non era solo solidarietà, ma complicità. Lei capiva, perché sapeva. Lei sapeva perché aveva provato il senso di quelle parole, capiva e ne portava i segni addosso. Non poteva essere più bella ai suoi occhi, perché quelli non erano segni di debolezza, ma di battaglia. Sophie era esattamente come lui.

- Ti sembrerà strano, ma sei stata la seconda persona ad aver fatto la stessa cosa per me.

Sorrise di più, scuotendo leggermente la testa. No, non era strano, non lo era affatto, almeno non per lui.

- Le persone non sono tutte uguali... – avrebbe voluto fare qualcosa di più per lei. Semplicemente farle capire che capiva, anche se probabilmente lei lo sapeva già.

- Ti piace la cioccolata? - le chiese tranquillamente – Mio fratello me la manda tutti i giorni, perché sa che mi fa stare bene, credo di esserne drogato - si strinse nelle spalle - Poi lui sa che ...che odio andare nei negozi stupidi di dolcetti, in mezzo a tutti quegli idioti urlanti e microcefali. E' l'unica cosa che mangio...






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view post Posted on 18/10/2017, 09:24
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Vath
Remar «

  » Ufficio C.M.I. ~ Scheda | Outfit

Vath Remar non era solito prendersi molte pause dal lavoro anzi, facendo una colazione molto abbondante alla mattina, spesso saltava la pausa pranzo. Quel giorno tuttavia, essendo anche un sabato, decise di trascorrere la sua buona ora di pausa e il resto del pomeriggio a Hogsmeade e, perché no, vedere qualche viso familiare. Il giovane Sullivan di certo avrebbe apprezzato o almeno quello era ciò che il ventisettenne sperava. Così, una volta smaterializzatosi nella strada principale di Hogsmeade sospirò dalla frustrazione, si che era Inghilterra, ma la Scozia aveva un alto tasso di piovosità superiore alla media nazionale, dopo un incanto Impervius si diresse alla Guferia mandando un messaggio al giovane Serpeverde.

--------



Un gufo si appollaia sul davanzale della Stamberga Strillante, battendo con il proprio becco le assi di legno che chiudono la finestra. Alla propria zampa è legata una missiva che riporta le parole.

Mr. Sullivan Elijah
Scozia.
Castello di Hogwarts,
Dormitorio Serpeverde.


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Narrato ~ «Parlato» ~ “Pensato”

“ La conoscenza è potere. ”
© Arklys ~ harrypotter.it
 
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view post Posted on 18/10/2017, 19:49
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Perché una ragazza di appena diciassette anni doveva vergognarsi di ammettere che nessuno aveva mai dimostrato di tenere a lei, anche solo con un piccolo gesto? Doveva vergognarsi lei, o le altre persone? Pensandoci, in effetti, dov’era finita la galanteria? Perché un ragazzino di undici anni si era degnato di mettere al primo posto il bene di Sophie, pur non conoscendola, ed altre persone, che dovevano essere molto più mature ed intelligenti di lui, no? Ma soprattutto, perché suo padre non aveva mai fatto nulla per dimostrarle il suo amore, o quanto meno, il suo affetto? A quest’ultima domanda, aveva una risposta ben precisa e più sicura di tutto: egli non aveva mai provato alcun tipo di affetto nei confronti della sua unica figlia. L’odio che Sophie provava nei confronti di quella persona, man mano che passava il tempo, incrementava ogni giorno di più. Probabilmente, un’altra ragazza, al posto della Serpina, avrebbe continuato a vivere tranquillamente la sua vita ed avrebbe accantonato quei brutti ricordi che le martellavano la mente in ogni singolo momento della sua vita. Ma lei no. Lei era fin troppo vendicativa ed orgogliosa per lasciar perdere una cosa del genere. Stava facendo di tutto, affinché ciò che aveva in mente andasse perfettamente a buon fine, e ci sarebbe riuscita. Quello che esibì in quell’istante nei confronti di Elijah, fu probabilmente il sorriso più vero e sincero che avesse mai messo in mostra. Quello che invece aveva ricambiato il ragazzo, le regalò una sensazione di tenerezza: voleva sembrare cattivo, potente, ma in realtà era ancora un ragazzino con mille cose ancora da imparare, anche se, doveva ammetterlo, i suoi atteggiamenti facevano venire molti dubbi sull’età che avrebbe potuto dimostrare. Sembrava idealmente molto più maturo del classico ragazzino undicenne che si aggirava per Hogwarts, e lei, di quei ragazzini, ne aveva visti fin troppi. Cominciò a percepire, nel suo profondo, una strana sensazione, ma soprattutto uno strano bisogno di proteggere quell’ingrato giovanotto nei giorni a venire, probabilmente non solo per la sua tenera età, ma anche, e soprattutto, perché era un adepto di Salazar esattamente come lei, ed era entrato nelle grazie di Sophie principalmente perché aveva dimostrato di essere degno di far parte di quella nobile Casata. Strinse ulteriormente la sua mano, come per infondergli quel senso di protezione che provava nei suoi confronti, anche se difficilmente ci sarebbe riuscita. Dopo aver proferito parola, notò il movimento delle sue dita che andavano a sfiorare le sue guance rosee, e Sophie, istintivamente, fece lo stesso sulla sua guancia destra. Sentiva perfettamente i segni rialzati di quelle cicatrici che Damon le inflisse sul volto molti anni addietro, non si vergognava tanto di portarle, quanto di doverle mostrare in giro. Odiava quelle cicatrici, le rimembravano soltanto uno dei suoi tanti momenti di debolezza, e lei non voleva affatto sentirsi in quel modo, non lo avrebbe mai più permesso. – No, Elijah, io non sono affatto forte come potrebbe sembrare. – Nuovamente, la sua voce apparì seria ed impostata, ma continuava a guardare il compagno di Casata con una certa tranquillità. Ascoltò le sue successive parole, alzò delicatamente la mano dal pugno di lui e la posò sul suo ginocchio, facendo ben attenzione a non sovrastare il bordo della pergamena su cui era riportato il suo ritratto, per non rovinarla. – No, sinceramente non ho un buon rapporto con il cibo. – Fu in quel momento che un gufo bagnato fradicio fece capolino all’interno della Stamberga Strillante, dopo aver picchettato nervosamente il legno esterno dell'edificio, ed una volta riuscito ad entrare dentro, zampettò in direzione di Elijah e rimase lì a guardarlo per diversi secondi. – Credo sia per te. –
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Edited by Sophie Armstrong - 25/10/2017, 12:57
 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 23/10/2017, 15:00





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Elijah Sullivan
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E
ra difficile spiegare come si sentiva in quel momento. Una frase però sintetizzava benissimo le tutto che quello che provava... Si sentiva bene.
Si, sentiva bene nonostante tutto, nonostante il temporale che infuriava fuori dalla Stamberga Strillante, nonostante il ceffone che Sophie gli aveva parcheggiato sulla guancia, nonostante la situazione stuzzicante ed imbarazzante.
Non era solo quel mantello caldo che ora gli avvolgeva le spalle, non era solo la mano della Serpeverde che stringeva il suo pugno, non erano solo i suoi occhi chiari pieni di tesori e paure nascoste. No, niente di tutto questo, niente di così prevedibile e banale. Era l’aria tra loro, era quel silenzio che gridava e quelle poche parole che sembravano non finire mai. Era lei, era semplicemente lei.

Il sorriso di Sophie lo trasportò in un’altra dimensione, dove tutto era diverso e, magari, era diverso anche per lei. Niente cicatrici, niente schiaffi, niente rabbia o rancore, ma solo caldi mantelli sulle spalle, sorrisi veri e silenzi pieni di tutta l’anima che avevano dentro.
In fondo erano due ragazzini, tutti e due, due ragazzini che non avevano ricevuto dalla vita tutto quello che era giusto che avessero. Era due ragazzini dimenticati dall’affetto , ma che quell’affetto rifiutavano e bramavano allo stesso tempo.
Elijah lo sapeva perché Sophie lo faceva sentire così bene, Sophie era uguale a lui, ma soprattutto era qualcuno in grado di capire senza che lui dovesse spiegare. Si sentiva perfettamente a suo agio con lei, in una maniera che non riusciva a comprendere nemmeno lui.

– No, Elijah, io non sono affatto forte come potrebbe sembrare.

Sorrise e si ritrovò, senza volere, ad appoggiare la testa sulla spalla della Prefetto, sfiorandola appena, un tocco leggero. Un segno d’affetto e confidenza senza troppe pretese.

- Sei molto più forte di quello che pensi, e non permettere mai a nessuno di dire il contrario.

Chiuse gli occhi e si strinse di più il mantello sulle spalle, incrociando le gambe all’altezza delle caviglie.

– No, sinceramente non ho un buon rapporto con il cibo.

Riaprì gli occhi lentamente e sorrise a quelle parole.

- Io non ho un buon rapporto con il succo di zucca – e ad Hogwarts lo trovavi in ogni angolo, una vera tortura – ma per il resto, cercherò di farti cambiare idea.

Sollevò la testa dalla spalla di Sophie e le sorrise di nuovo, mentre il ciuffo bagnato gli dondolava sugli occhi. Avrebbe tanto voluto conoscere un incantesimo per asciugarli all’istante.

Quel gufo apparve quasi dal nulla, o forse era lui che non si era accorto subito della sua presenza.

- Credo sia per te

Elijah annuì senza dire una parola e sfilò la missiva dalla zampa del gufo. Era di Vath. A quanto pareva anche lui era in giro ad Hogsmeade e aveva espresso il desiderio di vederlo. Beh, perché no, in fondo non dispiaceva nemmeno a lui e poi non poteva certo monopolizzare Sophie per tutto il giorno!

- E’ un mio conoscente, vorrebbe vedermi ai Tre Manici di scopa. Saresti così gentile da accompagnarmi da lui per un saluto?



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view post Posted on 25/10/2017, 11:57
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Non sapeva esattamente in che modo poteva definire il rapporto che si era creato con quel ragazzino. Aveva constatato già da un po’ che Elijah era fin troppo forte ed intelligente per la sua età: quale altro undicenne ragionava in quel modo? Era razionale, proprio come Sophie, ma nello stesso tempo si lasciava prendere facilmente dalle emozioni, proprio come Sophie. Sentiva che tra i due sarebbe potuto nascere un forte rapporto d’amicizia, nonostante la differenza di età: sarebbe potuto essere, probabilmente, il suo compagno di Casata preferito, e da buon Prefetto lo avrebbe aiutato ad oltrepassare qualsiasi tipo di ostacolo, ed a difenderlo qualora ne avesse mai avuto bisogno. Forse, con lui, lo avrebbe fatto molto più volentieri, rispetto al resto dei Concasati. Aveva apprezzato il suo coraggio nel tentare di provarci con lei, e lei lo avrebbe educato, gli avrebbe fatto capire che tra i due non sarebbe potuto esserci nulla. Il suo viso presentava dei lineamenti perfetti e delicati, tanto da farle tenerezza, e sicuramente l’apprezzamento si sarebbe fermato lì. Da buon Prefetto, lo avrebbe dovuto portare sulla giusta strada, ed era quello che aveva cominciato a fare quel giorno, al loro primo incontro. E sembrava esserci riuscita. Sophie non aveva mai saputo cosa fosse l’amicizia, ed Elijah era probabilmente la prima persona sulla faccia della terra ad avere buone potenzialità per farglielo capire. Grazie a lui, sarebbe riuscita a scoprire qualcosa di nuovo, su questo non aveva alcun dubbio, e lei, da ragazza ormai maggiorenne, lo avrebbe accompagnato lungo il suo cammino. In quel momento, tutto sembrava perfetto, sentiva la pace attorno a loro, ed il rumore della pioggia che arrivava violentemente sulle assi che componevano la Stamberga Strillante, rendeva il tutto molto più magico e tranquillo. L’attimo in cui egli si ritrovò a posare la testa sulla sua spalla, Sophie spostò lo sguardo sul disegno ancora aperto sulle proprie cosce piegate al petto. Sorrise ancora una volta, dopo aver ascoltato le sue parole, e si ritrovò a guardare nuovamente il suo viso, davanti al quale spuntò un ciuffo bagnato. La Serpina portò due dita vicino al suo volto, afferrò il ciuffo e lo riportò all’indietro. Subito dopo, infilò la mano destra all’interno del suo mantello ed impugnò la sua bacchetta, la puntò contro i capelli di Elijah, la mosse a spirale, e, mentre immaginava le fiamme danzanti nel caminetto della Sala Comune, piano, pronunciò: – Arefacio. – I capelli del giovane si asciugarono immediatamente, poi ascoltò la sua richiesta, dopo averlo osservato leggere il bigliettino arrivato con il Gufo. Dopo avergli dato un’ultima occhiata, Sophie prese la pergamena, la arrotolò con cura, fece forza sulle gambe e si alzò. Rifletté poi sulla destinazione a cui aveva fatto riferimento, e l’espressione del suo viso, improvvisamente, mutò. – I Tre Manici di Scopa?? Diavolo, ma che ore sono? – Rimembrò di colpo che, quella sera, aveva il suo turno di lavoro, e doveva recarsi lì all’istante. Avrebbe atteso che anche Elijah si fosse alzato dal pavimento, poi avrebbe puntato nuovamente la bacchetta prima contro di lui, poi contro se stessa. – Impervius. – In quel modo, i due sarebbero stati protetti dall’incessante acqua che scendeva dal cielo, ed avrebbero potuto camminare tranquilli fino al locale. – Non vorrai bagnarti di nuovo. – Fece una piccola pausa. – L’obbligo di starmi vicino vale anche adesso. Andiamo. –

Ambition is the immoderate desire for power.
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24 replies since 17/9/2017, 16:42   1124 views
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