~ With tea, I summon thee.

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view post Posted on 15/12/2018, 15:46
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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Silente, lesta come l'ombra di un gatto, si era fatta avanti una nuova inattesa domanda. Quanto era davvero inattesa? Quanto era in realtà sempre semplicemente stata nascosta dietro un dito, che improvvisamente era stato scostato quasi involontariamente, per ammonire una fastidiosa mosca dal proseguire in quella sua inutile e disturbante attività. E ora che si era infine rivelata in tutta la sua magnitudine si trovavano spiazzati? Esisteva davvero una risposta? L'aveva già preparata, quando la Grifondoro aveva accostato l'uscio? Ancora prima, quando aveva scritto il gufo? O era una semplice e sconstata considerazione, che risaliva a una storia ben più vecchia, di anni addietro? C'era soluzione apparente al giallo? Perchè non avrebbe dovuto, dopo tutto? Non era un segreto. O meglio, non c'era motivo perchè dovesse esserlo. Avrebbe portato in dote qualche inatteso problema? Avrebbe addirittura potuto ambire a risolverne qualcuno? In cora si sarebbe concretizzato tutto quello? In fondo, a essere veramente onesti, avrebbe anche potuto sostenere che aveva voluto lui tutto quello? Un eccesso di generosità nei propri confronti? Era legittimo credere che tutto avrebbe seguito un sentiero già tracciato? E ancora prima, quel sentiero era davvero già stato tracciato? Una pia illusione, l'ennesima, di un povero Vecchio?
Eppure, la questione restava sul tavolo, tale e quale: come risolverla?
Ancora una volta, le doveva una risposta. O qualcosa che ci andasse vicino, senza sfiorare una verità troppo scomoda? La vera domanda era quella, o dietro il garbo di una giovinetta c'era solo un invito alla meritata pensione? Che ci faceva un vecchio, in una scuola? Con che pretesa, dopo tanti anni, era ancora lì? Era un'alternativa, sì, ma era altrettanto certo che nessuno suo studente si sarebbe spinto a tanto, eppure...


Un'altra ottima domanda. Diciamo... molteplici? Tutti noi siamo chiamati a ricoprire una serie di ruoli, volenti o nolenti, siamo personaggi di una Storia più grande di noi, in cui abbiamo l'onore di poter prendere parte. In qualità di storico il mio obiettivo è di trasmettervi un minimo di entusiasmo per un campo della conoscenza incredibilmente vasto, e ricco, che se ben arato può ancora dare soddisfazioni, anche in chiave presente. Ciò nonostante, non faccio spesso mistero del fatto, che una conoscenza meramente nozionistica non mi affascini più di quel tanto per uno dei miei studenti, quindi in qualità di storico il mio obiettivo non è paradossalmente esigere che conosciate per filo e per segno il manuale, per quanto possa aiutare in certe circostanze, non lo nego.

E fuori uno.
Quanti ne rimanevano?


In qualità di vostro professore, ho invece l'ambizione di spingervi a ragionare, e consegnarvi al mondo, al termine dei nostri sette Anni, in grado di compiere un ragionamento di senso compiuto, sufficientemente solido da reagire e adattarsi in ogni circostanza che lo richiedesse. La miglior alleata di un mago, come scoprirà, è la comprensione di quanto lo circonda, prima ancora di tutto il resto. E, probabilmente appartenendo a ben altra generazione rispetto alla vostra, o a quella di molti dei miei colleghi, temo di non essere comprensibilmente in maggioranza nel ritenerlo. Da qui l'importanza capitale che attribuisco alle nostre lezioni, di sola teoria come giustamente mi faceva notare. Sette anni di teoria, per poche ore la settimana, dovrebbero essere controbilanciate sufficientemente da interi decenni di pratica, non trova? Forse addirittura si potrebbe osservare che la teoria sia ancora troppo poca, ma non voglio infierire eccessivamente.

E fuori due.
Sorrise alla sfumatura ironica che man mano il discorso aveva preso. L'accusa tacita che dopotutto Storia fosse eccessivamente teorica, e che non prevedesse un minimo di pratica, era davvero sostenibile in quella chiave? Certo, era una semplice chiave di lettura, che si prestava a mille strali, e non poche obiezioni, ma pur sempre un libero punto di vista. Eccessivamente pro domo sua? Forse. Ma giocare sporco era pur sempre ancora lecito. Almeno pensarlo, sicuramente.


In qualità di preside, invece, ho dei doveri che mi impongono di pensare effettivamente anche ad altro. Un professore è libero di pensare al proprio corso, di ritenerlo al di sopra di tutti gli altri per importanza, e pretendere il massimo impegno da parte vostra, un preside deve invece soppessare il peso che effettivamente debbano avere i singoli corsi, all'interno del quadro generale. Voi siete nostri ospiti per ricevere un'istruzione adeguata, qualcosa che non va contro i miei obiettivi di professore, semplicemente è complementare. Devo quindi assicurarmi che ai miei sforzi di spingervi a pensare liberamente, ma in maniera efficace, vadano a sommarsi un minimo sì di nozioni da parte dei miei colleghi. Se un eccesso di nozionismo è inutile, e anzi controproducente, è altresì inutile saper sempre individuare la migliore delle possibili soluzioni, ma essere incapaci di realizzarla. Mi segue? Sono quasi certo che uno studente del III Anno, sufficientemente sveglio, potrebbe facilmente mettere in scacco uno dei nostri fantomatici e stoici Auror, senza troppi problemi.

E fuori tre.
Quanto era poi il caso che proseguisse l'elenco?
In fondo lo scopo era stato raggiunto. Non era necessario andare oltre, e scomodare... il troppo.


Ci sarebbe altro, ma non è importante, penso che abbia comunque capito il senso del discorso.
Atene si inserisce in tutto questo, è una parte pratica del corso di Storia, come le dicevo. Con il vantaggio, rispetto al mondo fuori dai nostri cancelli, di essere una simulazione, se mi passa il termine, attentamente controllata, che non può scappare troppo oltre i limiti prefissati. Abbiamo avuto degli infortunati, certo, ma nulla che fosse mai irreparabile. Quanto sarà in grado di offrire penso siano le circostanze a determinarlo, le esigenze dettate dal momento, dal Gruppo, e soprattutto da lei stessa. Esistono molti idealtipi dell'Ateniese medio, dire a priori quale sia meglio e quale peggio probabilmente sarebbe semplicistico. In fondo, davanti a un problema non c'è un'unica soluzione, proprio come davanti a una domanda non esiste un'unica risposta, non crede? Ma questo ovviamente ha dei limiti. Pensa di poterli intuire? O se vuole, quale crede sia il suo miglior pregio?


L'eterno ritorno?
Ciclicamente il discorso tornava sui suoi passi, così come era iniziato, così trovava una sua conclusione. Qual era quella conclusione? Dietro cosa si nascondeva? Si nascondeva poi davvero? Era nascosta, ma in piena vista. Mai altro luogo sarebbe stato più perfetto, e più sicuro. In fondo di grosse balle non ne erano state raccontate, o sbandierate, erano semplici verità. Intuitive? Probabilmente sì, non certo segreti di stato, trattati a porte chiuse, nelle segrete stanze. Eppure... La conversazione proseguiva tra uno sguardo beffardo, e un sorriso ironico, un tono tra l'amabile e il divertito. Chi era davvero il più giovane e chi il più vecchio dei due? Come doveva suonare, sentirsi dire da un proprio professore, che dopo tutto i dettagli di certe faccende non erano poi così importanti? Aveva detto quello, dopo tutto, no? Non aveva capito davvero, l'aveva frainteso, o semplicemente aveva detto quello? Ma in tutto quello, era davvero la parte più... inusuale? O c'era dell'altro?



Le dedico invece un Undicimillesimo innevato, o millesimato? :shifty: :ihih:
Era un po' che aspettava.
 
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view post Posted on 14/1/2019, 23:19
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Il professor Peverell faceva tante, davvero tante domande.
Nieve trasse quella conclusione mentre era intenta a seguirne il discorso; e non poté fare a meno di chiedersi quanta responsabilità avesse rispetto all'esondazione di quesiti in corso. In fondo, di interrogativi, sapeva di averne posti a sua volta diversi e perfino più del previsto. Per avere un rapporto conflittuale con le figure maschili che ricoprivano cariche autoritarie, nelle ore antecedenti il colloquio, Nieve aveva maturato la convinzione che i suoi interventi fossero destinati a tradursi in abbozzi di risposta. Riscoprirsi così moderatamente spigliata in presenza del Preside, pertanto, non aveva potuto che stupirla.
La domanda dell'altro le strappò una breve risata, che si affrettò a giustificare.

«Mi scusi,» disse senza, tuttavia, curarsi di nascondere il sorriso. «Mio nonno dice sempre che la furbizia di un interlocutore, secondo lui, si valuta sulla capacità che ha di ottenere risposta alle domande cui dovrebbe essere lui a rispondere. E lei mi ha appena chiesto, in sostanza, cosa ho da offrire in positivo.» Gli interrogativi di entrambi, posti a confronto, erano davvero così diversi? «La verità è che credo di non averci mai pensato,» ammise infine, onesta.

Per auto-referenziali che fossero i suoi parametri di giudizio, Nieve non indugiava a lungo nello studio della sua persona. Lasciava che fossero gli eventi a plasmarla, intervenendo di tanto in tanto per correggere il tiro. Aveva dato per scontata la sua naturale propensione al Quidditch finché l'approvazione generale non l'aveva indotta alla riflessione; aveva minimizzato i suoi meriti come studentessa finché la spilla da Prefetto non le era stata appuntata al petto; e aveva ignorato di possedere un buon intuito per gli affari finché il datore di lavoro non le aveva concesso il massimo della fiducia.
Nel presente, sollecitata dal Preside, Nieve combatté ogni accenno di riluttanza e compì lo sforzo che le veniva richiesto di mettere in atto.

«L'elasticità, credo,» disse, dopo un tempo che parve infinito. Reggeva il mento sul palmo della mano e teneva lo sguardo fisso in lontananza, assorta. «So adattarmi bene alle situazioni e non mi lamento troppo.» Il ricordo del primo periodo successivo al trasferimento a Londra parve volerla smentire: aveva urlato in preda agli incubi, nel cuore della notte, per intere settimane prima di trovare una parvenza d'equilibrio. Le circostanze del suo trauma, tuttavia, le vennero incontro. Non era stato il trasloco a impedirle il sonno, ma l'immagine del corpo di Ỳma annerito dall'attacco del drago. «Suppongo possa tornarmi utile durante la simulazione. O, almeno, lo spero.»

Ebbe, a quel punto, l'impressione che il colloquio fosse sul punto di arenarsi spontaneamente, dirottato in favor di conclusione. Nieve rinvenne dallo stato pensoso in cui s'era rifugiata e recuperò la propria dimensione. Cercò, allora, lo sguardo del docente nell'auspicio di scorgervi un accenno di conferma, ovvero una smentita. Per sfacciata che fosse, non avrebbe mai avuto l'ardire di congedarsi prima che fosse l'uomo a indirizzarla verso la porta. Per quanto ne sapeva, del resto, l'ammissione alla Scuola di Atene avrebbe potuto richiedere un ultimo, cruciale sforzo; o perfino più d'uno. Ma quale?


Edited by ~ Nieve Rigos - 16/1/2019, 00:08
 
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view post Posted on 26/4/2020, 17:48
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Una conversazione incredibilmente lunga? Complessa?
Una gincana all'interno di una foresta inesistente, ma terribilmente reale. In cui la flora non era davvero tale, e la fauna ingannava se stessa, credendosi qualcos'altro. Al pari di un monsone, che si abbatte su una foresta tropicale, grandinavano domande, che con un'invidiabile tasso di sopravvivenza, spavalde come gazzelle lanciate in una folle corsa, attecchivano giulive, facendosi beffe della sorte. Tuke, Fato o Caso che fosse, una sonora pernacchia, e via un altro giro. Quanto era stato detto sarebbe dovuto essere detto, e quanto sarebbe dovuto essere presumibilmente taciuto, era rimasto scontroso nell'ombra? Se dunque era effettivamente filato tutto liscio, in assenza di significativi colpi di scena, che del resto una tazza di The sembrava aver sempre suggerito fossero improbabili, tutto era risolto. Pax amenque, Missa est? Sarebbe certamente stato un ottimo momento per chiudere la funzione, con tanti cari saluti. Eppure...
Il Nonno, erano arrivati al nonno. Quanto era cambiato il rapporto intergenerazionale nell'arco di pochi anni? Che tipo di rapporto poteva vantare nello specifico la giovane Grifondoro con il di lei avo? Aveva davvero importanza, avrebbe potuto influire sul fatto che tutto sommato rimanesse un'ottima constatazione? Mentre era decisamente opportuno che non pensasse al suo di nonno, molto probabilmente vi sarebbe stato di mezzo anche Napoleone, il che avrebbe richiesto un tempo pressochè infinito, anche solo per ritornare in argomento. Il che forse non sarebbe stato il più illuminante dei passaggi. Ecco. Un nuovo sorriso, e dritti in avanti?


Ha un nonno particolarmente furbo, e se la furbizia è ereditaria potrebbe non essere un male. Ma ho il sospetto che anche il mio non scherzasse, non fosse per gli anni, sono certo sarebbe stato uno scontro molto appassionante. Certo, la furbizia dev'essere ancella di qualcos'altro, per non risultare deleteria, ma questo credo già lo sappia.

Quello che seguì fu un lungo, un lunghissimo silenzio.
Tempo sfruttato forse da uno dei tanti abitanti di quelle stanze per rialzare la testa, e organizzare una qualche nuova forma di malefatta. Tempo per concedersi un ultimo sorso di The, lì in religiosa attesa, frastornato e tremante confrontato a un'imminente terribile minaccia. Era, ma non era più. Quando la porcellana tornò a ricongiungersi, la prima aveva ritrovato il suo normale complemento in un tiepido abbraccio, la seconda era tornata alla magione depauperata del suo tesoro, sola come un'anima raminga sulla strada dell'espiazione di quei tanti o pochi peccatucci che aveva avuto modo di commettere.
Poi, così come era venuto, così era andato. Il silenzio era stato rotto.
Un caldo sorriso aveva accolto la nuova venuta: l'elasticità.


Semplicemente straordinario, è sempre la benvenuta; l'elasticità. Naturalmente bisogna saperla gestire, e applicare laddove necessario, o possibile. Ma sono piuttosto sicuro vi sia anche molto altro, che forse non ha ancora scoperto. Non si sottovaluti Mademoiselle Rigos, non sono solito sbagliarmi.

Aveva un che di definitivo quella conclusione. Era un arrivederci? La Giovane sventurata era arrivata al traguardo, poteva sollevare la Coppa, e tornare alla magione ostentando il giusto, al termine di un lungo e sfiancante duello? C'era dell'altro, ma non sarebbe stato detto, e lasciato a quella delicata Arte che era l'interpretazione dei non detti? Quanto spesso il non detto era più rilevante di quanto non si fosse invece detto? Ma quindi, se esisteva la possibilità che così fosse, perché si faceva il resto? Se non si fosse detto nulla, il nulla sarebbe continuato a essere tale, o l'esercizio che rappresentava il dire qualcosa aveva la straordinario e unica capacità di scombinare arbitrariamente le carte, e mutare tanto eristicamente quanto ontologicamente anche il resto, e con esso lo stesso nulla? Qual era il vero potere della parola?
E poi l'inaspettato.


Avrei un ultimo sfizio, prima di restituirla al Castello, che immagino la stia richiamando prepotentemente. Se ha portato la sua bacchetta mi farebbe piacere vederla. Raccontano molto, se si sa leggerlo. In caso contrario, e qualora non avesse qualche ultima domanda, può invece andare.

Un ultimo bivio.
La strada era ormai tracciata.
Una mano tesa pronta a entrambe le eventualità.

 
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view post Posted on 19/11/2020, 19:08
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entropia.

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Se le considerazioni del Preside sulla furbizia di nonno Gaspare le erano costate un vuoto allo stomaco e uno smagliante sorriso che profumava di orgoglio, il giudizio positivo che si evinceva dalla risposta dell'uomo fece arrossire Nieve ben oltre l'usuale. Nonostante le emozioni rappresentassero un tasto dolente per la sua persona, giacché non era capace di gestirle e sovente si tramutavano in una reazione cromatica palese a chiunque fosse stato nei paraggi, erano solitamente i suoi capelli a subire lo strazio del cambiamento. Il viso, per converso, conosceva soltanto sfumature tenui, che raramente inficiavano il candore della sua pelle albina. Essere al cospetto della massima autorità a Hogwarts e venire toccata dalla presunzione che il Preside non soltanto sapesse della sua esistenza ma che l'avesse addirittura in stima, tuttavia, rappresentava una novità unica nel suo genere. Da che aveva memoria, Nieve non aveva ottenuto che biasimo e violenza dagli esponenti del genere maschile; e, benché il trasferimento a Londra e l'inizio di una nuova vita fossero intervenuti a favorire un cambio di prospettiva, ella era ancora risolutamente vittima delle cicatrici del suo passato. Ai suoi occhi, pertanto, era inimmaginabile che un uomo del calibro di Albus Peverell potesse ritenerla capace di qualcosa ed esserne così persuaso da comunicarglielo a parole.
Incapace di trovare la forza di aggiungere alcunché, dunque, Nieve deglutì il nodo di emozione che palpitava sul fondo della sua gola e tacque. Non avrebbe potuto rispondere, né nel senso di smentirlo né nel senso di chiedere spiegazioni, poiché non era pronta ad affrontare il prosieguo della conversazione, di qualunque natura esso avesse deciso di ammantarsi.

«Certo. Ce l'ho con me,» intervenne, lesta, quando la voce del Preside la sollecitò a un'ennesima sfida. Automaticamente, si attivò per recuperare l'arma di tiglio argentato con l'intenzione di fornirla al suo interlocutore. Quando l'ebbe estratta dalla tasca della gonna, la tenne un istante sui palmi delle mani e la osservò con una curiosità inedita. Non aveva mai pensato che la sua bacchetta potesse dire qualcosa di lei e ciò sebbene Olivander le avesse spiegato quale legame esistesse tra un catalizzatore e il suo proprietario. In effetti, si accorse per la prima volta da quando la possedeva, la bacchetta le somigliava anche nell'aspetto coi suoi colori chiari e le linee nette, senza fronzoli. «Ecco a lei!»

L'esclamazione fu accompagnata da un movimento del corpo. Per risparmiare al vecchio la fatica di alzarsi, fu lei a ritornare in posizione eretta e a compiere i pochi passi necessari a consegnare l'oggetto dell'ispezione. Nel ridurre la distanza con l'altro, la colpì il profumo che aleggiava attorno alla di lui figura: era piacevole e intenso, ma non avrebbe saputo distinguerne le note come le riusciva di fare col nonno. Svolto il suo compito di ancella, la Rigos tornò a sedere sul ciglio della poltrona, le ginocchia strette e le dita incrociate in grembo nella posizione di chi non aspetti altro che sentirsi dare un agognato responso.
 
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