Lo sguardo attento e vigile dell’Auror captò subito il movimento che la ragazza aveva iniziato a compiere, armata di tovagliolo e con un’unica destinazione:
la bocca sporca di Aiden. Il fulvo non si mosse di un muscolo mentre tenne d’occhio quel tovagliolo sempre più in avvicinamento, finché non lo vide fermarsi all’improvviso. L’ennesimo ghigno si disegnò sulle sue labbra, finché non allungò la mano e con due dita afferrò l’oggetto con estrema delicatezza, sfilandolo dalla presa di Mireen.
«
Ah! Grazie, cara. Con questa barba mi ci vogliono tonnellate di tovagliolini.» E aggiunse un piccolo sorriso di cortesia per ringraziarla del gesto. Non si fermò a riflettere più del dovuto del perché Mireen avesse avuto il riflesso di volerlo pulire come una madre premurosa con il figlio sporcaccione, ma fu comunque grato che ella avesse anche solo pensato di passargli qualcosa per pulirsi meglio da tutta quella salsa.
Annuì con fermezza alle parole esterrefatte di lei, mentre masticò l’ennesimo boccone. «
Sì beh… Mi domando come mai hai deciso di cambiare colore di capelli. Non ricordo nessuno dei Concasati con un colore come il tuo. Come mai questa rivoluzione del look? Non ti piacevi com’eri?» Effettivamente Mireen aveva un colore troppo innaturale e immaginò fosse una cosa artificiale che il suo vero colore di capelli: era un rosso troppo appariscente il suo per sembrare naturale. E la prima volta che l’aveva vista gli aveva addirittura argentati.
Si pizzicò la barba con aria interrogativa, mentre studiava i capelli della ragazza, finché ella non ebbe la brillante idea di esplodere in quella esclamazione che per poco non gli fece perdere la presa sull’hamburger e mandarlo a sfracellarsi sul tavolo per lo spavento improvviso.
Sentirsi accusato di aver fatto perdere punti alla propria Casata per uno scherzo ai danni di Remar per poco non lo fece scoppiare a ridere. Invece rimase impassibile, un sopracciglio alzato e fissando la ragazza senza palesare né orgoglio né pentimento per quanto aveva compiuto in gioventù. Il passato era passato ma ogni cosa che lui aveva fatto era stato tutto dettato da ottime e valide ragioni, non aveva mai osato fare uno scherzo per il semplice gusto di farlo e quanto aveva realizzato nei confronti di Vath non era stato da meno.
Una smorfia amara sfuggì dalle sue labbra e posò l’hamburger sul piatto. Dopo tutti quegli anni, dopo aver messo da parte le ragazzate per abbracciare la maturità, ancora si pensava davvero alla competitività per una stupida Coppa?
«
Era solo una Coppa… Ti importava così tanto vincere un trofeo? E per cosa poi? La fatica nello studio deve essere per noi stessi, per poter intraprendere la carriera per cui abbiamo sempre aspirato, non per un pezzo di ferraglia! Se proprio dovevo pensare alla competitività, allora avrei continuato a giocare a Quiddich!»
Non era offeso, semplicemente rivelò il suo punto di vista, in toni del tutto neutri e pacati.
«
Onestamente ho incontrato pure io Vath al Ministero e abbiamo bevuto pure qualcosa insieme, ma non mi era sembrato ancora rancoroso nei miei confronti per una cosa appartenente al passato. Se lo era è stato molto bravo a nasconderlo, ma a me importa assai poco.» E scrollò le spalle. Il suo sopracciglio si incurvò ancora di più a seguito delle parole di lei, desiderosa di conoscere il suo punto di vista, nonché ragione che lo aveva spinto a compiere il gesto.
Aiden sospirò rumorosamente e incrociò le braccia al petto sopra al tavolo. «
Non ho mai sopportato certe ideologie e atteggiamenti, e Vath di certo non si è mai risparmiato nel palesare le proprie. Si è sempre sentito al dì sopra di chiunque ritenesse inferiore. E io ho sempre fatto ogni mia mossa con una determinata ragione, non di certo per il semplice gusto di farlo.» Weiss parlò con serietà e chiarezza, iniziando così la propria spiegazione, con una certa durezza e severità nella voce. «
L’ho svergognato prendendo il suo simbolo del potere e l’ho fatto con l’intento di dargli una lezione: tirarlo giù da quel piedistallo in cui si era innalzato. Nessuno è superiore a nessuno, nessuno vale meno di un altro.»
Afferrò nuovamente il proprio hamburger e riprese a mangiare. Non voleva nessun dolce per aver detto cosa pensava, verità o bugia che fosse, non voleva nessun premio di sorta per aver reso note le proprie ragioni. Era un uomo, non un bambino.
«
E il passato è passato, Mireen. Vorrei che lo tenessi ben a mente. Sono cambiato molto da allora, ma di certo non ho perso il mio vigore nel lottare per ciò in cui credo!»