#DisgraziatelliAllaRiscossa, Privata.

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view post Posted on 28/6/2018, 18:18
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Ascoltare la voce di Oliver era forse l’esperienza che più riusciva a calmare i nervi di Lavender quando ne aveva bisogno: così come solo uno sguardo di Francis riusciva a metterla sottosopra per un tempo imprecisato, parlare con Oliver le procurava la sensazione completamente opposta, facendola sentire come quando si immergeva nel lago di Guildford durante le giornate estive. Trovare argomenti comuni sui cui chiacchierare era, poi, la ciliegina sulla torta (o la salsa di soia sul raviolo), e il fatto che la musica fosse uno di questi faceva sperare che col passare del tempo lei e quel ragazzo dall’animo gentile potessero diventare amici.
«Passerò sicuramente a trovarti, appena le lezioni mi lasciano un attimo di respiro! Sento davvero il bisogno di rimettere le dita su quei tasti, è come se le mie mani fossero incomplete.» Rise di se stessa, ripensare a tutte le lezioni che ancora doveva consegnare se non voleva trovarsi troppo indietro sul programma. Ma quello non era il momento di pensare alle lezioni, quella era una giornata da dedicare ai suoi amici e a buttarsi alle spalle tutte le preoccupazioni. «Io dipingo anche, ma è difficile procurarsi quel tipo di materiale dentro Hogwarts. Forse dovrei approfittarne durante le vacanze estive e fare un po’ di scorta da portare a scuola.» Era pur sempre un’idea per riprendere a dipingere, ma forse quello che la spaventava di più era il non poter tornare ai vecchi soggetti e doverne trovare di nuovi, tagliare completamente il cordone ombelicale con la sua infanzia.

Quasi approfittando della distrazione della strega, il piccolo Jack sfilò via silenzioso dalla sua borsa e si avvicinò lentamente alla ragazza dai capelli biondi. Con una padrona a tratti ansiosa, il piccolo animale aveva imparato a leggere sul viso delle persone emozioni non troppo piacevoli, e, senza che Lavender lo notasse, iniziò a fare le fusa a Nieve, iniziando a strusciarsi alle sue caviglie con dolcezza, miagolando a bassa voce per attirare la sua attenzione. Non che Lavender potesse essere gelosa del suo gatto, ma se l’avesse scoperto molto probabilmente gli avrebbe detto di non importunare la ragazza.
La giovane strega dai capelli castani, però, stava già pregustando il pranzo che l’aspettava, o almeno provava ad immaginare quello che avrebbe mangiato. Nonostante non avesse mai assaggiato cibo orientale aveva sentito parlare molto bene della cucina cinese, e aveva sempre avuto voglia di provare qualcosa di nuovo, soprattutto i ravioli.
«Sono l’unica qui che non ha mai assaggiato questo tipo di cucina?»
 
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view post Posted on 4/7/2018, 09:56
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Ricordava il tepore del contatto leggero, quasi sfiorato, delle dita delle mani sulle corde della sua chitarra; il conseguente suono che produceva, il sorriso a fior di labbra che non mancava di nascere sul proprio volto; la sensazione di essere al posto giusto, al momento giusto, tutto per opera di un singolo strumento, il suo strumento. Annuì con vigore alla riflessione di Lavender, mai avrebbe potuto dire di essere in disaccordo, non in quel senso e non in quel caso: la musica era la più grande passione del Caposcuola Grifondoro e per nessun motivo al mondo se ne sarebbe privato. «Suonare il pianoforte mi ha sempre affascinato.» Lo rivelò come un segreto, lo sguardo perso, l'espressione incantata. Le sue cugine Veela sapevano farlo, ne erano in grado; conoscevano quei tasti bianchi e neri come parti della loro stessa figura, in una descrizione che non ammetteva eguali. Non le invidiava, non più di quanto potesse credere, perché era altrettanto certo - da parte sua - di non essere destinato a quell'armonia. «Temo però che non sia lo strumento adatto per me.» Parlò con gentilezza, il tono pacato, i modi pure. Non c'era rancore in quella confidenza, al contrario era più una porta appena socchiusa, pronta ad essere spalancata per chissà quali memorie di infanzia, passato e presente; lasciò cadere il discorso con un altro sorriso, un'aggiunta, fino ad ammiccare con espressione divertita all'ultima frase della concasata. Dipingere, un'altra passione che avevano in comune, a quanto pareva. Da quanto non riprendeva i pennelli, le tempre, i colori; da quando non si sporcava, non si confondeva con un soffio di rosso sulle gote, l'ocra tra i ciuffi scuri, il verde sui palmi di ambo le mani. Da quando non si lasciava andare. «Hogwarts ha sempre il necessario, se sai dove cercare.» C'era intesa a quel punto, c'era qualcosa di detto, qualcosa ancor più di non detto. Tempo al tempo, si ripromise.

Si era accorto già di sottecchi di come l'atteggiamento del suo Prefetto fosse mutato: non aveva una padronanza eccelsa con la lettura della mente, né la cercava a ben vedere; Oliver era più abile con le foglie da tè che con i pensieri, in una discussione che avrebbe preso una piega tutt'altro che facile. Ma la vicinanza, emotiva e non solo, che già dal primo giorno lo aveva spinto a credere in Nieve, a donarle la sua stessa preziosa fiducia, era il monito più importante, un campanello d'allarme abile a tal punto da accendere spie, allacciare ricordi, esprimere supposizioni veritiere. Portò alla mente, rapidamente, una delle più sincere conoscenze di un tempo, avrebbe dovuto ammetterlo, più generoso nei loro confronti, nei suoi stessi riguardi in particolare. Si avvicinò di un passo, avanzando senza troppe difficoltà per accostarsi alla studentessa, fino a sussurrarle con dolcezza un'unica frase. «Andrà tutto bene. Il cibo è così buono che ti farà sentire subito ad agio.» Lo sapeva davvero, a conti fatti? Non era mai stato prima in quel locale, non una volta: l'aveva desiderato, l'aveva sperato, quell'incontro aveva stuzzicato l'idea mai sopita di assaggiare la cucina orientale. Ma per rispondere alla stessa Lavander, non aveva mai avuto il privilegio di ingozzarsi di ravioli al vapore, tanto per dire. Avrebbe rimediato di lì a breve, poco ma sicuro. «No, Lav, anche per me la prima volta! Aggiudicato allora, parte giapponese e menù di tutti i tipi. Mi scusi, mi scusi!» Corse a quel punto verso il primo cameriere libero, un sorriso già a fare da cornice. «Ho ordinato a nome di Oliver Brior, siamo cinque in tutto e vorremmo spostarci nella sala giapponese, se possibile. Ordinando però anche cucina cinese, sempre se possibile.» Educato, garbato, cordiale. Era nel suo elemento più divertito, così come divertente.

Attendiamo il nostro bel cameriere :*
Prossima scadenza per noi: 10 Luglio, 23.59
 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 4/7/2018, 10:12







Takashi lavorava in quel ristorante già da un bel po'. La sua precisione e dedizione al lavoro gli aveva fatto guadagnare il ruolo di primo cameriere di sala. Non solo era estremamente preciso tra i tavoli, ma aveva un modo di trattare i clienti che nessuno era in grado di raggiungere. Indossava sempre il tipico costume, con tanta eleganza che le altre cameriere si distraevano molto spesso a guardarlo. Lui faceva finta di non vederle, quasi sempre. Era disposto a chiudere un occhio purchè la disattenzione delle ragazze in sala non danneggiasse il servizio. Se questo accadeva, era molto elegante anche nel punire le sue sottoposte.
Da qualche minuto teneva d'occhio la sala, solo tre tavoli erano ancora da servire. Dal tavolo d'angolo una coppia di mezza età fece un cenno verso il personale.
- Kim, il tavolo dodici è tuo. Mi raccomando la calligrafia - accompagnò le parole con un rapido cenno del capo. Attese, e prima che arrivasse la richiesta dell'ordinazione dal tavolo occupato da una giovane coppia, Takashi delegò l'ultima cameriera libera - Prendi tu il tavolo dieci. Io mi occuperò del gruppo al tavolo sette. Buon lavoro.
Non appena la combriccola fece un cenno, Takashi si avvicinò volteggiando tra i tavoli, con quel suo modo di camminare che sembrava quasi fluttuare ad un paio di centimetri da terra.
- Buonasera, sono lieto di darvi il benvenuto nel nostro ristorante. Io sono Takashi e oggi avrò l'onore ed il piacere di servire il vostro tavolo - un inchino profondo accompagnò le sue parole.
- La Sala Giapponese è alla nostra destra, prego, seguitemi. Vi abbiamo riservato il tavolo porpora - un nuovo inchino - prima le signore.
Arrivati nella sala nipponica, Takashi attese con calma che i commensali si accomodassero.
- Avete già scelto o posso permettermi di suggerire qualcosa da entrambi i menu?

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view post Posted on 5/7/2018, 16:39
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La cotta per il signor Takashi, l’uomo dai tratti orientali che si era presentato e li aveva condotti al tavolo, era stata fulminea. Guardò per un bel po’ l’uomo, lasciandosi scappare qualche sospiro di troppo. E forse non era nemmeno una vera e propria cotta, ma solo la meraviglia pura di vedere un uomo così diverso da quelli che era abituata ad incontrare ogni giorno, eppure bellissimo nel suo stile impeccabile e in quei tratti somatici così particolari.
La Sala Giapponese era deliziosa e fu più che felice di essere assegnata al tavolo porpora, perché aveva da sempre adorato quel colore. Ne faceva spesso uso soprattutto nei suoi quadri, quando doveva dare colore ai fiori o alle chiome di alberi autunnali.
«Il suo kimono è davvero bellissimo, signor Takashi.» Quelle parole le uscirono dalla bocca con una cadenza tale che la fece somigliare ad una bambina di otto anni, piuttosto che una che ne ha appena compiuti dodici. Ma si chiamava davvero kimono quell’indumento orientale o ricordava male come al solito? Sperava davvero di non averne detta un’altra delle sue.
«Allora...ordiniamo...» Diede una rapida seppur attenta occhiata al menù e il caos sembrò impadronirsi della sua mente. C’erano così tante cose che avrebbe voluto provare, sia sul menù cinese che su quello giapponese, che si pentì di non essere nata con uno stomaco senza fondo, quindi si limitò ad ordinare le cose che la incuriosivano di più. «Come antipasto ravioli volanti al vapore, come primo Ramen, e come secondo Tamagoyaki!» Sperava di aver letto bene anche quell’ultimo nome. «Per il dolce mi affido ad un suo consiglio!»
Se non fosse stata una capra nello studio delle lingue le sarebbe piaciuto approfondire di più la conoscenza della lingua giapponese, non solo perché nutriva un profondo rispetto verso quel popolo così lontano eppure così presente nella cultura di tutti i giorni, ma anche perché sognava di viaggiare e di visitare qualsiasi posto visitabile (e non), e il Giappone era una delle mete in cima alla lista.
Chissà quanto avrebbe avuto anche da imparare dalla magia orientale, e chissà se anche loro avevano una scuola di magia come Hogwarts. Le domande iniziarono ad affollarsi in modo imbarazzante nella mente della strega, tanto che dopo 30 secondi sul suo viso iniziò a dipingersi un’espressione ebete e curiosa, che fissava il signor Takashi come se solo lui possedesse tutte le risposte alle domande dell’universo.
Scenari di un antico Giappone visto solo in alcuni videogiochi babbani recenti, come quelli a cui giocava continuamente suo fratello, iniziarono a prendere forma tra le sue idee, e fu in quel momento che la voglia di dipingere si fece sentire sempre più prepotente e insistente; se avesse avuto davanti una tela, colori e un pennello avrebbe potuto dipingere in quel preciso istante. Ma forse l’avrebbe fatto in futuro, magari proprio ad Hogwarts se avesse saputo trovare quello di cui aveva bisogno come le suggeriva Oliver, e avrebbe dipinto di un Giappone da atmosfere da favola, oppure della Cina, e se fosse venuto abbastanza bene magari avrebbe anche regalato il quadro al ristorante, come ringraziamento per aver portato quell’angolo di Oriente in piena Londra.

Quindi, ricapitolando:
Involtini volanti al vapore
Ramen
Tomagoyaki
Dolce al scelta del bellissimo Takashi
:flower:
 
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view post Posted on 8/7/2018, 22:27
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Sospirò di un suono simile a un singulto. «Grazie...» Quell'unica parola uscì dalle labbra di Nieve con tenuità, nel prendere atto della delicata premura di Oliver. Era nervosa, commossa e grata e lo era così intensamente che riuscì a stento a dissimulare il risultato dato da quella commistione di emozioni forti. Distratta dal tocco del piccolo Jack, si rannicchiò sulle ginocchia a capo chino per nascondere il luccicore che le dominava gli occhi. Prese il felino tra le braccia e si concesse il tempo necessario a stringerlo a sé. Benché Ania avesse manifestato apertamente il suo malcontento per quell'elargizione gratuita d'affetto, Nieve non era mai riuscita a negargli una buona dose di attenzioni. Il gatto di Lavender era adorabile almeno quanto la padrona. «Grazie anche a te,» sussurrò, prima di alzarsi con Jack tra le braccia. «Credo che te lo ruberò per un po'.»

Fu l'ultima frase che disse alla compagna, prima di immettersi nel locale. Varcata la soglia, Nieve suppose che il suo Dio dovesse averla particolarmente a cuore quel giorno, perché l'assegnazione del giovane Takashi aveva i contorni di un sogno divenuto realtà. Benché, nei mesi di permanenza londinese, le capitasse di frequentare abitualmente l'Himiko's Taste, non aveva mai avuto il piacere di essere servita dal giovane. Pertanto, a Nieve non era rimasto che osservarlo con un atteggiamento che oscillava tra due estremi: l'insistenza di chi non riesce a mascherare una predilezione estetica e il disinteresse di chi non vuole darlo troppo a vedere. Non aveva ancora realizzato che, al di là dell'evidente fascino promanante da lui, era la distrazione che rappresentava a fare la differenza ai suoi occhi, quando ogni forma di disagio era acuita dalla presenza dei figli di Julian.

«Io preferisco affidarmi a lei,» rispose senza indugio. Nel tempo impiegato a prendere posto e a sistemare Jack in grembo in modo tale che non salisse sul tavolo, Nieve non aveva sentito il bisogno di consultare il menù. Lo sguardo aveva immediatamente cercato quello dell'uomo. «Sono già stata qui in altre occasioni e ho avuto modo di assaggiare alcuni piatti del menù giapponese,» spiegò, velatamente civettuola, con un sorriso a incurvarle appena le labbra. «Ma nessun altro cameriere ci ha proposto la possibilità di essere guidati nella scelta, quindi colgo la palla al balzo. Solo... Prediligo i sapori delicati, ecco!»

Lisciò la testolina di Jack, massaggiando teneramente un lato del muso.




Lascio la scelta a Takashi sulla data delle nozze sui piatti da scegliere. :flower:
 
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view post Posted on 11/7/2018, 09:43
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Le bugie vanno più veloci della verità
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#Disgraziatelliallariscossa
E
ro rimasto in assoluto silenzio, avevo seguito il gruppetto di cinque fino all'arrivo da Himiko's Taste. All'entrata un cameriere giapponese, lungo kimono e dal nome Takashi, classico nome giapponese. Alto e dai capelli lunghi, molto diverso dai classici giapponesi che io mi immaginavo, lo guardavo con aria interrogativa, volevo chiedergli se davvero fosse originario del Giappone.
francislake2
Ci accompagnò alla sala giapponese, il tavolo porpora fu quello predisposto al nostro gruppetto e io presi posto lì, allungai una mano al menù e lo sfogliai.
"Potrei sapere, se è possibile,......" mi fermai un attimo lasciando quei secondi quasi come suspense guardando i miei compagni al tavolo sperando non mi giudicassero male " lei è originario del Giappone oppure è un finto giapponese?"
Ero stato un poco troppo sfacciato forse, presi il menu e iniziai a sfogliarlo nascondendo il volto dietro di esso, per la prima volta avevo paura della figuraccia fatta.
"Io ordinerei qualsiasi cosa qui..."
Poggiai il menù sul tavolo spostandolo di qualche centimetro davanti a me.
"Essendo che non sono mai stato quii e non conosco i piatti orientali chiedo consiglio a lei signor Takashi"
Non ero un esperto della cucina orientale, anzi, non la conoscevo proprio , non sapevo cosa sarebbe stato più buono dell'altro e allora mi affidai al cordiale cameriere, totalmente a lui.
"Il kimono mi ispira fiducia, mi sussurra proprio, Io sono un bravo cameriere e posso consigliarti il meglio."una leggera risata per poi riprendere "E mangio tutto, qualsiasi voglia consigliarmi la mangio"



Mi riaggrego io che vi voglio bene :flower:
 
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view post Posted on 11/7/2018, 18:59
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La comparsa del cameriere lasciò Oliver leggermente di stucco: in senso positivo, s'intendeva. Soppesò la figura dell'altro con malcelato interesse, quasi curioso di scoprire chi potesse essere, come si trovasse a lavorare con la loro concasata, Flaminia, se la conoscesse per davvero e via così, in una serie di domande più di carattere personale che altro. L'innata abilità di tacere al momento giusto - e quello lo era, senza alcun dubbio - per fortuna spinse il Caposcuola ad arricciare le labbra in un sorriso gentile, semplicemente garbato. Non poté fare a meno, ancora una volta, di domandarsi dove l'improvviso interlocutore avesse acquistato quel kimono tanto sorprendente. Oliver non ere affatto un esperto di cultura giapponese, ma l'Oriente - in generale - lo affascinava con quell'accezione prettamente esotica che aveva già imparato ad apprezzare dai racconti del Professor Peverell, nei libri circa i suoi viaggi che lo studente aveva scovato e recuperato negli scaffali maggiormente in risalto del Ghirigoro. Avrebbe potuto accennare al Docente in merito a quell'interesse, spaziando da carta ed inchiostro ad un discorso certamente più selettivo. Non male, si disse, niente affatto. Quando con gentilezza furono tutti scortati al tavolo prenotato, Oliver scoccò un'occhiata preoccupata a Caleb, poco distante. Non stava comunicando più di tanto, a riprova del fatto - forse - che il suo imbarazzo non fosse ancora del tutto dissipato. Si premurò di affiancarlo e di scambiare qualche chiacchiera con lui e non appena presero posto al tavolo così artistico, alla sua vista, il Caposcuola invitò il concasato a non allontanarsi. Avrebbero avuto modo di conoscersi meglio, tutti loro, di sicuro con un buon vassoio di involtini primavera e chissà cos'altro. I profumi che aleggiavano in quella sala tanto caratteristica, in effetti, accendevano l'appetito più sfrenato come mai prima di allora. Le prime richieste raggiunsero il cameriere con chiarezza ed Oliver si divertì a sentire quei nomi stranieri, a tratti privi di logica alla sua comprensione, sfiorare la bocca e dell'uno e dell'altro Grifondoro a quella tavolata. Era una visione senza dubbio piacevole. Al suo turno, recuperando un menù al volo, Oliver si ritrovò esattamente impreparato. Non aveva mai avuto molti vizi circa il cibo: ad eccezione di uovo sodo, di senape, di budini, caramello e qualsiasi piatto agrodolce, avrebbe mangiato senza alcuna rimostranza. Richiuse la lista di probabili ordinazioni un attimo dopo, rivolgendosi direttamente al signor Takashi con tono allegro. «Anche da parte mia mi lascio consigliare da lei, le chiederei gentilmente soltanto di considerare, almeno per me, più Involtini e Fu-» - inarcò le sopracciglia, leggermente confuso, dando un'occhiata rapida al menù riaperto, prima di continuare - «Futomaki fritto, ecco. In ogni caso, signor Takashi, può benissimo fare a sua scelta portando un po' di tutto. L'appetito non manca e faremo un solo conto finale, non si preoccupi.» Non vedeva l'ora di assaggiare quella cucina così tanto decantata: l'acquolina in bocca e l'aspettativa più interessante non gli permisero di accorgersi di un paio di baffi spuntati sulle ginocchia, fino a dirigersi di lato verso un'altra vittima sfortunata. Quel locale era sicuramente spettacolare.

Super sexy El, vai con la fantasia!
Prossima scadenza per noi: 18 Luglio, 23.59
 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 12/7/2018, 10:23






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Una delicata melodia avvolgeva le colonne nere e dorate della sala giapponese. Le note dello shamisen facevano delle manovre elusive per non farsi afferrare da quelle appena più decise dello shakuhachi. Sui muri, ragazze in kimono ammiccavano a uomini armati di katana e draghi rossi e oro avvolgevano il loro corpo in un nodo inestricabile.
Il volto affilato del maître, seguì con attenzione le richieste di tutti i commensali senza perdere nemmeno un dettaglio. Era importante la memoria nel suo lavoro e lui non scriveva mai le comande a mano davanti ai clienti. Annuì più e più volte concedendo un sorriso rilassato ad ogni piccola richiesta.
Erano svariate, ma lui trovava sempre il modo di soddisfare tutti. Anche in questa occasione aveva già la soluzione, ma lasciò che i commensali esprimessero le loro richieste in piena libertà.
Sorrise placidamente alle parole del ragazzo più giovane, visibilmente in imbarazzo dopo la richiesta. Per come la vedeva lui, chiedere è lecito e rispondere è cortesia. L'avrebbe accontentato senza alcun problema.
- Sì, ( Francis ), sono nato e cresciuto a Kyoto, città splendida e piena di tradizione. A Londra sono venuto per motivi di studio, ma appena avrò terminato i miei corsi tornerò in Giappone - fece un lieve inchino verso il giovane, sperando di aver soddisfatto la sua curiosità.
Dopo aver brevemente divagato sulle sue origini, Takashi tornò ad occuparsi di loro come richiedeva il suo ruolo.
- Molto bene, credo di avere una soluzione che possa venire incontro alle richieste di tutti voi. Vi propongo il "Menu del Sol Levante" che andrò a comporre io stesso in base alle vostre esigenze.
Fece una breve pausa per accertarsi di avere la completa attenzione di tutti gli occupanti del tavolo porpora, quindi proseguì.
- Comprende involtini volanti al vapore, Ramen e Tomagoyaki come richiesto dal lei, mia cara ( Lav ), non si preoccupi, non mancheranno. Per lei invece ( Nieve ), ho in mente un paio di piatti che spero delizieranno il suo palato.
Un inchinò profondo, un sorriso radioso, all'indirizzo delle due donne del tavolo.
- A lei ( Francis) propongo dei sapori appena più decisi, ma indimenticabili. Per lei invece( Oliver ), aggiungo, oltre agli involtini e il Futomaki fritto, un paio di sorprese in piú.
Li osservò con calma e concluse, mentre le sue lunghe dita lisciavano distrattamente i risvolti del suo kimono.
- Ricapitolando, il menu comprende per ogni commensale due antipasti, due primi, due secondi e due dolci. Di questi, uno della cucina cinese e l'altro di quella giapponese. Di ogni pietanza avrete la possibilità di fare bis e tris. Le bevande sono a volontà. Thè verde, Sakè e Brandy cinese. Le ultime due sono decisamente forti. Tutto per un totale di 5 Galeoni.
Takashi abbandonò il tavolo solo il tempo necessario per non far aspettare troppo i suoi clienti. Tornò prestissimo con un carello delle vivande, carico di tutti i piatti previsti dal menu. Li sistemò a tavola con garbo - Prego. Tra questi piatti c'é anche il mio preferito. A chi avrà la capacità di riconoscerlo, regalerò un paio di hashi, le nostre bacchette giapponesi decorate a mano - disse con voce soave, assicurandosi di servire prima le due ragazze.
Appena tutto fu disposto sul tavolo, il ragazzo giapponese fece un sorriso compiaciuto - Spero che la cena sia di vostro gusto. Con permesso - un ultimo inchino, più profondo dei precedenti, e li abbandonò.


__________

- Se volete provare a vincere le bacchette, ci vediamo alla fine della cena :fru:

- Costo totale 5 Galeoni. Prezzo concordato con Oliver :flower:


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view post Posted on 27/7/2018, 18:06
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Nieve rise alle parole di Francis e scosse il capo, divertita. Dal giorno dello smistamento, l’indole sbarazzina del ragazzo si era inserita nelle dinamiche di Casata e aveva ravvivato la Sala Comune, rendendo pepate perfino le serate in apparenza più noiose. Era stata anche motivo di attrito, per carità! Benché il dissapore fosse ormai sbiadito, il Prefetto Grifondoro ricordava distintamente la propria reazione nell’apprendere delle vicende consumatesi in Sala Grande: dopo un primo momento di istupidita immobilità, era esplosa nello scoppio d’ira più violento che avesse mai avuto a Hogwarts – eccezion fatta per il pugno tirato a Vagnard, chiaramente. Per giorni, si era chiesta se il pavimento della Sala Comune avesse conservato i tratti del suo furioso andirivieni, mentre ne cantava quattro a Francis e gli intimava di non farsi vedere per le successive ventiquattr'ore col viso (solitamente pallido) arrossato a chiazze. L’aveva talmente mandata fuori di sé che, tornata in camera, lo specchio le aveva restituito l’immagine di una chioma striata di rosso e argento, fornendole anche una spiegazione altra all’intollerabile mal di testa che si era accompagnato allo scontro. Lavender aveva tentennato ad approcciarla e le aveva concesso il silenzio necessario a ritrovare un certo contegno.

«Tu e quella linguaccia lunga,» disse al giovane Bass, non appena il cameriere si fu congedato. «Per un attimo, ho temuto che facessi un commento dei tuoi. A quel punto, avrei avuto qualche riserva a mangiare nel timore che potesse vendicarsi con un’aggiunta speziata ai nostri piatti.»

La prontezza di riflessi le concesse di placcare il piccolo Jack, poco prima che balzasse sul tavolo ai danni di ogni parvenza d'educazione. Non che Nieve fosse particolarmente rigida in fatto di regole! Cresciuta in condizioni precarie, le erano estranee le cautele di chi poteva vantare un’educazione di alto bordo. L’espressione schizzinosa di Thalia la rimbrottò da un angolo della mente, dandole della selvaggia; un ululato si affrettò a schernirla. Quali che fossero le ragioni che avevano spinto Lavender e Oliver a portarsi dietro le due creaturine, tuttavia, le fu impossibile non convenire con la voce evanescente dell'amica Tassorosso: non era appropriato, considerato il tenore dell’uscita. Nonostante ciò, Jack le era così caro – e le aveva fornito un tale aiuto – che non l’avrebbe mai sfiorata il pensiero di lamentarsi.
Si assicurò di trattenerlo con un braccio, mentre i piatti libravano davanti a lei e le servivano ciò che il bel Takashi aveva scelto. Sorrise, allungando la mano in direzione di un onigiri di salmone. Il contatto col cibo la costrinse a fermarsi in preda ai consueti timori. Fu sul punto di depositarlo ancora, quando il piccolo felino le concesse il beneficio delle fusa. Il tremolio rassicurante le strappò un sospiro di sollievo, dunque Nieve portò l’antipasto alla bocca e prese a masticarlo a occhi chiusi, l’arto che ancora indugiava davanti al volto come a nasconderla da occhi indiscreti. A masticazione in corso, si chiese se non fosse il caso di ricorrere al solito stratagemma: se avesse dato ai compagni di che parlare, forse non l’avrebbero guardata.

Deglutì. «A-allora…» *Rigore, Rigos!* «Secondo voi, quanti noi non supereranno gli esami, quest’anno?»

 
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