Fuoco alle Polveri

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view post Posted on 25/6/2018, 22:59
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Hogwarts, Scozia, Terzo Piano, Ore 11:15.

Daddy si trovava davanti all’aula di Incantesimi già da dieci minuti. Camminava imperterrito lungo quel corridoio fatto di ampie vetrate in attesa di poter finalmente parlare con una delle sue colleghe di fiducia, Megan Milford Haven.

*Che nome da nobile*

Pensò con aria leggermente schifata, mentre vedeva finalmente quel marasma di marmocchi uscire dalla porta davanti alla quale si era appostato.
Non aveva tanta confidenza con la Prefetta e stranamente ancora non l’aveva pretesa. Era da tanto tempo che non riusciva a prendere una boccata d’aria come si doveva e questo incideva anche sui rapporti con i compagni di casata, anche con chi era preposto assieme a lui all’organizzare parte della vita ordinaria di quegli studenti.
Avvicinandosi verso di lei con aria tranquilla, ringraziando bontà divina che la luce solare l’avesse messa in risalto tra gli altri fanciulli, le disse con aria seria:

«Ciao…»
In quel momento si sentì molto a disagio, sicuramente spiazzato per l’aver interloquito con una persona in un modo a lui non consono e decisamente pacato.
Non era così e non lo sarebbe mai stato, ma alla fine la comunicazione che doveva dare alla ragazza era importante e meritava di essere trattata con una certa serietà.
Tossendo con forza, per cercare di riprendere secondi preziosi in quel silenzio a dir poco imbarazzante, proseguì:


«…Tieniti libera per questa sera alle otto; abbiamo ricevuto un invito dal Professor Peverell e sembra che si tratti di qualcosa di grosso.»
Sembra-che-si-tratti-di-qualcosa-di-grosso.
Sembrava essere anche un’allusione e lui non ne voleva fare, assolutamente.
Diventando paonazzo, visto che la situazione stava diventando veramente difficoltosa, allargandosi con la mano destra il colletto della camicia, respirò velocemente. Si voleva sotterrare.


«…BEH! Ci vediamo alle 7:45 in Sala Comune. Sii puntuale, mi raccomando.»



Hogwarts, Scozia, Dormitorio Maschile Corvonero, Ore 19:50.

*Puntuale, mi raccomando.*

Pensò, mentre si provava ad annodare la cravatta correttamente.
Come era? Il coniglio salta il fosso, entra nella tana e si rotola nel fango? No, probabilmente no.
Non si ricordava come si faceva il nodo alla cravatta o meglio, gli erano finite le cravatte già annodate da sistemarsi a piacimento sul largo collo.


«Dannazione! Proprio oggi doveva capitarmi questa grana?»
Sentenziò allo specchio che rifletteva il suo volto barbuto.
«Allora…Il coniglio salta il fosso, gira il bosco, va sotto la montagna e casca nella tana.»
Disse lentamente, mentre provava nuovamente ad annodarsi la cravatta senza minimamente riuscire nell’intento. Possibile che quelle mani tozze non fossero utili se non a prendere una Pluffa?
Mentre saltellava su se stesso, sentì la giovane Prefetta bussare, quindi gli aprì con tranquillità. Se c’era una cosa che odiava più del fare tardi era far fare tardi agli altri; era come se abusasse della pazienza altrui.
Osservando la ragazza, mostrandogli un mezzo sorriso, disse:

«Ehm so che è tardi, ma ho le mani tutte sporche di Cioccorana e non riesco a pulirle…Non è che mi potresti fare il nodo alla cravatta? »
Mostrando la faccia più da imbranato che conosceva, mentre vedeva la ragazza con sguardo imbronciato aiutarlo nell’ardua impresa, si girò verso la sua scrivania e quindi allungò il braccio per aprirne il cassettone centrale.
Lì dentro circa un centinaio di Cioccorane dalle varie forme, si mossero lentamente come se stessero morire da un momento all’altro.
Alcune erano quasi sciolte, altre, ancora integre, ma saltellavano giusto per farlo e far capire che ancora avevano una mobilità tutta loro.
Osservando la ragazza, sorridendogli di rimando disse:


«Ne vuoi una? Ancora sono buone, giuro. »

Senza aggiungere altro, spingendo con l’indice destro l’ultima gambetta della ranocchia rimasta fuori dalla sua bocca, si avviò verso la Torre di Peverell.



Hogwarts, Scozia, Torre del Preside, Ore 20:15.

Erano in estremo ritardo, ma lui confidava nel fatto che se dovevano parlare di cose importanti il Preside li avrebbe aspettati.
Dopotutto c’erano altri invitati alla festa? In fin dei conti non gli era stata sollecitata da nessuno la sua presenza se non dal preside.
Arrivando all’altezza dei Gargoyle, osservò la ragazza vicino a lui, quindi, passandosi le mani tra i capelli -perché in fondo si sa che i residui di Cioccorana possono essere usati anche come gel- disse:


«Sei pronta? In qualsiasi caso, fammi un cenno e vengo in soccorso. Magari usa una parola in codice…Che ne so, Snaso, Mimbulus Mimbletonia o magari CREPA. »
Senza aggiungere altro, facendo dei passi decisi verso i Gargoyle notò questi spostarsi per fargli spazio. Erano ospiti graditi per il Preside, questo era decisamente un buon segno.
Facendo attenzione a salire la scalinata a chiocciola, non appena arrivò alla porta, guardo Megan, le sorrise, quindi aprì di scatto la maniglia.
Davanti a lui diversi professori e esponenti delle varie casate, tutti più o meno con volti seri, facevano da contorno ad una magnifica figura di sterco.


«Buonasera. » *Megan non sa fare i nodi alla cravatta*

Avrebbe detto se non si fosse trovato in una situazione tanto assurda.
Purtroppo si dovette limitare a sorridere e a passare la mano destra dietro la nuca per il disagio, quindi aggiunse:


«Scusate per il ritardo, abbiamo avuto problemi con una matricola. »

Bugia.
Se ci fosse stato un Legilimens oltre a lui in quella stanza avrebbe fatto la più grande figuraccia della storia, ma alla fine era giusto rischiare. In quel momento si muovevano trame invisibili di una certa rilevanza e ciò lo si poteva capire da un Peverell vestito di tutto punto che lo aveva lasciato semplicemente sbalordito.
Facendo cenno alla Prefetta di seguirlo, cercò con rapidità di capire cosa dovesse fare. Che ci facevano lì? La risposta sembrava evidente, specialmente in virtù delle parole del messaggio che gli aveva inviato Peverell, ma restò in silenzio. Era giunto il momento di aspettare un incipit del Preside per capire come muoversi.




Edited by Daddy E. Toobl - 26/6/2018, 13:30
 
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view post Posted on 26/6/2018, 10:47
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RAVENCLAW STUDENT 15 YEARS SHEET MEGAN MILFORD HAVEN
I'M OUT OF HERE
Con delicatezza pettinava la lunga chioma corvina eliminando i nodi che, lungo le punte, si distribuivano in massa come piccoli nidi aggrovigliati. Avrebbe voluto chiudere gli occhi per un po’ visto che quel giorno non avrebbe dovuto pattugliare nelle aree del castello, e invece si era ritrovata ad avere un’incombenza a cui non si era potuta sottrarre. D’altronde poteva evitare il Caposcuola ma il Preside? 

La mattina difatti, aveva prontamente affrontano un incontro con Toobl che l’aveva aspettata fuori dall’aula di Incantesimi poco prima che la lezione iniziasse.


Erano le 11:10, reduce da due ore di Trasfigurazione si trascinava come se avesse un peso alle caviglie che cercava di tenerla ancorata al pavimento. Dormiva poco ultimamente e le occhiaie le marcavano il volto spegnendo il suo sguardo, benché cercasse di coprirle con cura.

Con i libri fra le mani e la testa dritta, avanzava lentamente cercando di evitare gli studenti che disattenti già si erano scusati più volte: chi per averle pestato un piede, chi per averla spinta andandole addosso. Eppure non aveva reagito, si era limitata ad ignorarli proseguendo per la sua strada, non aveva voglia ne tempo da sprecare nel dargli la dovuta e meritata considerazione.

Tutto questo non era affatto da lei poiché la gentilezza non le era mai mancata, soprattutto con i nuovi studenti, ma non aveva potuto fermare il corso della sua trasformazione che ora la vedeva all’interno di una campana di vetro, imprigionata in un “IO” del tutto nuovo: cinico, apatico estremamente aggrappato alla razionalità ma del tutto capace di celare a chiunque lo circondi la sua nuova natura. Ad esempio la solitudine, ormai era qualcosa di cui non poteva fare a meno ma, per non attirare occhi indiscreti, aveva fatto modo di mostrarsi sempre uguale, difatti pochi avevano realmente capito che qualcosa ormai si era spento da tempo.



Mentre saliva gli ultimi gradini, si sistemò la divisa accertandosi che tutto stesse al proprio posto e con un lungo sospiro svoltò l’angolo pronta alla lunga e promettente lezione del professor Midnight. Già fantasticava in modo sarcastico sull’abbigliamento che Dorian avrebbe indossato durante la lezione, la pettinatura e l’andatura da piacione raffinato. In realtà apprezzava molto la cura che dedicava a sé, era la prima che si vantava nel vestire ma non sopportava sentire le ragazze sghignazzare ogni qualvolta credevano di aver ricevuto uno sguardo d’intesa. Ad ogni risata avrebbe tanto voluto ficcare loro in bocca una boccetta d’inchiostro per poi riprendere a scrivere con nonchalance, tuttavia non poteva e cercava di tollerare il più possibile annullandosi completamente al suono del loro timbro, scrivendo e rispondendo ogni qualvolta lo riteneva necessario o veniva interpellata.

 Quando fu al limitare dell’aula tra la marmaglia di ragazzini, agitati come animali usciti da una gabbia, cercò di farsi largo spingendosi in avanti.

*deve aver optato per il leopardato*

Mentre sorpassava l’ultimo di quella lunga fila si voltò al richiamo della voce conosciuta del suo Caposcuola che con tono sicuro, almeno in partenza, la salutò.

*Ciao e…? Ti ricordi almeno il mio nome?*
«Ciao Toobl, che succede?» abbozzò un sorriso di circostanza mentre lo già sguardo sorpreso studiava attento ogni sua minima mossa. La domanda diretta le era venuta spontanea, d’altronde il rapporto che avevano era tutto fuorché confidenziale ed era sicura che se era lì ad aspettarla aveva qualcosa da comunicarle. Il filo d’imbarazzo che li separava e la voglia di uscire, da parte di entrambi da quella situazione, venne spezzato da un colpo di tosse seguito dalle pronte e tese parole che il Caposcuola tirò fuori tutte d’un fiato e a cui lei rispose senza troppo stupore.

«Qualcosa di grosso...bene.» annuì, senza dire altro, continuando a guardare il ragazzo ora rosso in volto.

*ma guardarti!*
Voleva ridere, prenderlo in giro ma si trattenne solo per la poca confidenza, quasi inesistente, che entrambi riservavano.

«Va bene, ci vediamo alle 7:45. Non preoccuparti sarò puntuale.» rispose appena il Caposcuola cercò di svincolare da quella situazione fin troppo imbarazzante. 
Lo seguì con gli occhi vedendolo svanire a ridosso del muro vicino le scale, proprio da dove lei era arrivata. Non si fece domande su quanto detto, aveva smesso da tempo ormai, una volta arrivata nell’ufficio del Preside avrebbe affrontato la situazione di petto senza troppe idee costruite su basi lavorate di fervida immaginazione.

Entrò nell’aula, seguita da due Tassorosso, e si posizionò nella prima fila di banchi, al centro, in attesa dell’arrivo del professore.



„ SALA COMUNE CORVONERO „



Erano le 19:50 e non si era vista ombra del Caposcuola all’interno della sala, continuava a camminare avanti e indietro davanti alla scalinata che conduceva ai dormitori. *sii puntuale... ma che mi prende in giro?!*
Era lì da circa 20 minuti perché non amava arrivare in ritardo, anzi lo detestava e odiava ancora di più aspettare. Si era sistemata con cura riuscendo a coprire, con un trucco accurato, anche i grandi cerchi neri che ormai avevano preso pieno possesso dei suoi occhi blu. I capelli, leggermente mossi, poggiavano sulle esili ma forti spalle che, incurvate, le chiudevano lo sterno coperto dalle braccia piegate e sorrette dalle mani legate al collo.

*no io salgo, non me ne frega proprio un bel niente!*
Sbuffando, ormai impaziente, salì le scale e senza alcun ripensamento bussò forte: tre colpi, secchi e decisi.

Passò un solo secondo e Daddy aprì la porta in legno, mostrandosi nella più totale tranquillità e presentando il problema che lo aveva trattenuto.

«Scusa?» lo guardò sbigottita poi alzò gli occhi al cielo«Sono sei anni che sei qui dentro e ancora non sei capace a farti un nodo?» proseguì ghignando, poi si avvicinò e con cura alzò il colletto della camicia posizionando la cravatta in modo corretto, prestando attenzione a calcolare la lunghezza delle parti. Senza troppe difficoltà riuscì a stringere il nodo alla gola riposizionando poi il colletto alle origini.

«Non prendere queste abitudini...» gli sorrise soddisfatta dandogli dei leggeri colpetti sulle spalle. «Comunque no grazie! Ora possiamo andare Mr. Toobl?» chiese con un filo sarcasmo «Stai bene non preoccuparti. Merito del mio nodo, ovviamente!» sorrise ancora compiaciuta.
Lo osservò chiudere il cassetto da cui aveva preso le cioccorane, l’aria schifata le si leggeva in volto lasciando trapelare i pensieri senza alcun bisogno di saperli leggere.
 *che schifo!*


„ TORRE DEL PRESIDE „


Salire le scale della Torre del Preside le fece quasi strano, ne era passato di tempo da quando era entrata per la prima volta nell’ufficio di Peverell e non vedeva l’ora di tornare a guardare l’enorme libreria che ne occupava la maggior parte dello spazio.
«Io sono pronta.» *e tu non sei normale* gli sorrise, poi avanzò seguendolo. 
I due Gargoyle gli fecero largo consentendo loro di entrare in totale libertà «Inventati un scusa credibile, per favore.» si affrettò a dire poggiando i piedi sulla scalinata a chiocciola.
 La pesante porta in quercia finalmente si palesò davanti ai loro occhi, non appena la scala si fermò verso la sua direzione, e con passi decisi entrambi fecero il loro ingresso. La giovane Corvonero sfoggiò un sorriso di circostanza osservando i presenti e la figura di Albus a pochi metri da lei.

«Già... Buonasera!»
 con delicatezza diede una gomitata al compagno e abbassando la voce, mantenendo i denti stretti e la bocca semichiusa farfugliò il suo disappunto.
«Avevo detto credibile!»

*cacciatelo via!*

Continuò a sorridere.
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view post Posted on 10/7/2018, 18:35
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A_STARA_STARA_STARA_STAR

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Una volta terminati i primi convenevoli, lo sguardo del Serpeverde si sarebbe fatto via via più assorto mentre già iniziava ad analizzare l’eventuale ragione di quella convocazione. Perché il Professor Peverell aveva radunato tutti nel suo studio?
Mille ipotesi, ciascuna meno probabile dell’altra.
Certo, a causa di un inatteso avvicendamento nel ruolo di direttore della scuola, con la Bennet salita bruscamente agli onori della cronaca, Hogwarts non era più quella solida istituzione in grado di infondere nel cuore degli inglesi orgoglio e prestigio.
Non appena la voce del neo Preside risuonò all’interno dell’ufficio con il chiaro intento di richiamare all’ordine tutti i presenti, Mike avrebbe abbandonato, almeno per il momento, le sue riflessioni per accomodarsi lungo il tavolo, andandosi a sedere nei pressi dell’elegante Miss Rose.
I modi garbati e raffinati del vecchio docente nell’accogliere gli ospiti sembravano quelli di sempre e così, anche il Serpeverde non avrebbe certamente disdegnato una calda tazza di tè, prima che la discussione entrasse finalmente nel vivo.
Quali potevano essere gli importanti eventi che sottintendevano la massiva convocazione delle più alte cariche all’interno della scuola?
Un cupo presentimento avrebbe iniziato a prendere forma nella mente del Serpeverde che, con sguardo inquieto, si sarebbe perso per un momento ad osservare i movimenti del cortese servizio da tè, composto da una teiera ligia al dovere e da una zuccheriera estremamente esuberante che, proprio in quel momento, stavano per terminare il giro del tavolo.

Il passo fu metaforicamente compiuto in breve tempo e da lì sarebbe stato difficile tornare indietro.
I tragici eventi che si erano succeduti negli ultimi mesi avevano scavato l’animo del Prefetto andando a intaccare quelli che per molto tempo erano stati i capisaldi della sua giovinezza.
La sicurezza, la spensieratezze e perfino quell’accesa ambizione che era solito mettere in campo in ogni circostanza avevano lasciato spazio ad una forte inquietudine che, spesso sfociava in notti insonni e in veri scatti d’ansia. Tutto poteva ricollegarsi a quel tragico fattaccio? E perché qualcuno aveva davvero provato interesse ad intaccare l’unico istituto magico del Regno Unito? A che pro?
Le parole di Emily furono le uniche che sembrarono correre sulla sua lunghezza d’onda; era innegabile, il male si era insinuato oltre le possenti mura del castello ma, fatto ancor più grave, degli studenti non avevano fatto ritorno ai propri dormitori quella sera.
Concetti come unione e sicurezza sembravano mostrare tutti i loro punti deboli dinanzi a quei fatti ma, di certo, era necessaria una svolta.


Purtroppo sono portato a pensarla come la signorina Rose.
Ancora non riesco a comprendere cos’abbia potuto scatenare un attacco diretto nei confronti della nostra scuola ma, vi sono molte probabilità che quanto accaduto sia nato da una mano interna. Senza un reale supporto da parte del Ministero, temo sarà molto difficile far tornare Hogwarts al vecchio splendore.

Una ronda di qua e un controllo all’ingresso di là non avrebbero di certo cambiato le cose, anzi, probabilmente avrebbero stuzzicato ancor di più le menti folli e perverse di chi, mesi addietro, aveva provato del divertimento a sconvolgere gli equilibri interni dell’intera scuola.
Nel pronunciare quelle poche parole Mike avrebbe potuto chiaramente notare dentro di sé un pessimismo che in realtà non gli apparteneva ma che, fatti alla mano, nell’ultimo periodo lo aveva fatto sprofondare in uno dei periodi più difficili e cupi dei suoi diciassetteanni.
Qualcosa andava pur fatto, ma cosa? Lo sguardo si sarebbe così mosso verso i docenti, rimasti in parte in silenzio. La parola finale non poteva certamente spettare ad un manipolo di studenti poco più che maggiorenni, pungolati e messi alla prova su un argomento certamente complesso e delicato.

 
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Astaroth Morgenstern
view post Posted on 10/7/2018, 21:02






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Non aveva parlato con nessuno della lettera che Albus le aveva inviato. Innanzitutto, non era nemmeno certa di averne compreso la finalità: nulla garantiva che la sua presenza nell’ufficio del Preside, quella sera, fosse stata richiesta in veste ufficiale. In fin dei conti, rispetto ai colleghi, era stata convocata in un momento successivo.
«Prepara il decanter e il cestino; passo a prenderti prima che sorga il sole.»
Astaroth si lasciò sfuggire una risata silenziosa, che interruppe brevemente il percorso del calice di vino alle labbra.
«Quasi quasi speravo che rifiutassi la mia proposta, dandomi la scusa perfetta per cercare conforto nell’ambrosia degli Dei» commentò, l’ombra di un sorriso ad illuminarle il volto. Appoggiò il calice sul tavolo, di fronte al piatto da cui aveva giusto spiluccato qualche boccone; quella sera l’appetito sembrava averla abbandonata. Sospirò; un’ombra le attraversò il volto, rapida, spegnendo le luci che danzavano nelle sue pupille e dando risalto alle occhiaie che la Strega aveva sempre meno voglia di coprire.
«Chi sa che non ci incontriamo prima di quanto tu pensi» disse infine, dopo essersi riavuta da quel momento di cedimento. Avvicinò le labbra all’orecchio di Dorian, abbastanza da cogliere una traccia del suo profumo: tabacco e ambra, unite in una danza inebriante dall’impronta, del tutto personale, della sua pelle. «Ma non garantisco per l’integrità della bottiglia di Bourgogne».

Aveva optato per un abito rosso melograno, a maniche lunghe e dallo scollo castigato. Nonostante la severità del taglio, la figura di Astaroth, riflessa nello specchio, non ne risultava mortificata. Il tessuto vestiva attillato sul busto, mettendo in risalto la vita sottile della donna; la parte inferiore del vestito, svasata, arrivava ad un palmo dal ginocchio, lasciando scoperte le gambe. La Strega svuotò il calice di vino e l’appoggiò sulla scrivania.
Prima di uscire dallo studio, lanciò un’ultima occhiata alle proprie spalle: la vista della bottiglia intatta di Bourgogne, con le sue tacite promesse, le infuse coraggio.

Riteneva la puntualità una virtù, ma, in quell’occasione, la sua vanità aveva prevalso. Era consapevole del fatto che la sua presenza avrebbe sorpreso più di una persona, in quell’ufficio: in assenza di un tappeto di rose rosse e di un degno accompagnamento musicale, la Strega si accontentò di accompagnare la propria presenza ad un modesto ritardo. Sorrise al ricordo di Nieve e del suo rammarico nell’apprendere che Astaroth non avrebbe presenziato a quell’incontro. Già pregustava la reazione che avrebbe letto sul volto della sua protetta, non appena l’avesse vista. Così, con un sorriso genuino, si affacciò alla porta, e cercò, per prima cosa, una chioma argentata, nella speranza di incrociare lo sguardo di Nieve. L’ufficio era pieno, come aveva desiderato. Dimentica di ogni dubbio o perplessità, Astaroth si inserì sulla scena, pronta a recitare qualsiasi parte le fosse stata offerta.
«Buonasera. Mi scuso infinitamente per il ritardo» disse, rivolta principalmente al Preside. Poi, a passi lenti e misurati, si diresse verso i colleghi, che salutò con un sorriso cortese e un cenno del capo. Spostò lo sguardo su Dorian, accanto a cui avrebbe preso posto, e, una volta raggiuntolo, gli sussurrò, faceta: «L’Heimarmene pare sussurrare alla mia Vista, questa sera: non dire che non ho previsto questo incontro.»





 
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view post Posted on 11/7/2018, 14:24
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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Se la torre già così era decisamente sovraffollata, tra sedie, poltrone, chi era già seduto, e chi era ancora in piedi, risoluto nel restarvi, ebbene... non era ancora finita. Qualcuno doveva ancora arrivare, eppure... non si poteva nemmeno passare la giornata ad attenderlo, no? Avevano molto di cui discutere, e della massima importanza, nonostante tra l'apparenza e la realtà molto fosse ancora preso sottogamba da troppi. Non era stato abbastanza chiaro? Il clima, l'aria stessa non si erano fatti sufficientemente pesanti, senza bisogno di essere sviscerati ulteriormente? Cosa era necessario aspettarsi? Cosa sarebbe accaduto? Erano davanti a una crisi, l'ennesima che aveva costellato la storia più recente di quella loro piccola e grande istituzione, ma se c'era da augurarsi che in fondo in un modo o nell'altro tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi possibili, era anche vero che se non avessero contribuito loro nel porvi le giuste premesse non era affatto scontato che ciò sarebbe accaduto. E se non fosse andata così, sarebbe stato tanto logico quanto inevitabile trarne le estreme conseguenze, e spingersi sino in fondo. Non c'era una terza via possibile, i sentieri percorribili presto o tardi si sarebbero ridotti a due, l'uno esclusivo dell'altro, e ancora una volta sapevano tutti quale sarebbe stato più piacevole percorrere, ma non quale effettivamente avrebbero percorso.
Era in quel momento che infine gli ultimi tre ospiti si fecero avanti, in ordine sparso. Corvonero era arrivata? Erano finalmente tutti? Tassello dopo tassello aveva perso da tempo il conto, ma mentre le dita della mano destra proseguivano nel tamburellare sul piano ligneo della scrivania, lo sguardo spaziava da un estremo all'altro di quell'ideale emiciclo. Erano tutti, tre per casata, più uno. Il totale era presto fatto. Un cenno di benvenuto, mentre era tempo per i giovani oratori di farsi avanti. Come avrebbero dovuto o potuto sperare di risolvere i loro molti problemi? Si poteva confidare nel cielo? Una soluzione sarebbe piovuta tra capo e collo, senza nemmeno essere stata invocata, per semplice... fortuna? Quanto erano davvero fortunati? Considerato in che situazione si trovavano, con un elenco di scomparsi sempre più lungo e folto, e di alleati o potenziali tali in rapido declino, era evidente non lo fossero, o almeno non abbastanza. La soluzione, l'individuazione di essa, sarebbe dipesa interamente da loro, per quanto certo, la fortuna avrebbe potuto giocare il suo ruolo. In pochi anni si erano succeduti due diversi incidenti, uno dall'esterno, e uno dall'intero, c'era solo da scommettere da dove sarebbe arrivato il nuovo. E risalendo nella storia millenaria del Castello non avrebbero comunque trovato altre conferme. Non potevano prevedere il futuro, non conoscendolo, e le loro speranze non avrebbero in ogni caso potuto basarsi esclusivamente sulla presunzione di poter arginare il singolo episodio. Di cosa avevano bisogno? I primi avevano già preso la parola, e le prime idee andavano assumendo una forma sul tavolo. Sarebbe stato infine possibile giungere a una sintesi?


Dunque, come molti di voi notavano siamo confrontati con una duplice sfida, tanto esterna quanto interna. Se per quanto attiene la prima potremo contare sul sostegno del Ministero, ciò non sarà invece possibile per la seconda. Entro i confini del Castello dovremo continuare a fare affidamento sulle nostre esclusive forze, come notava mademoiselle Rose l'ultima volta tutto è dipeso esclusivamente da noi, e saperlo rappresenta un primo sostanziale vantaggio, da non sottovalutare. Aprire le porte ad altri, qualora riaccada, non farebbe che alimentare il sospetto, cosa di cui è bene guardarsi al momento, abbiamo già problemi a sufficienza.

Del resto era perfettamente logico, non sapevano chi fosse alla radice del problema, ma sino a che non fosse stato possibile isolarlo, sarebbe stato altrettanto bene non allargare la platea dei potenziali sospetti. In piena coscienza, avrebbe poi potuto escludere che gli eventuali nuovi sospetti potessero essere del tutto infondati? Quanto era probabile che un Auror nel corso degli anni avesse cambiato fronte? Era già successo, e sarebbe continuato ad accadere. Era già meno probabile che nei pochi anni di vita di uno studente gli si fosse presentata una simile tentazione, e che avesse coscientemente deciso di seguirla. Anche se... non serviva certo un vecchio per capire che dall'esterno la possibile minaccia era effettivamente chiunque, e la semplicità del gioco era proprio quella, all'interno era tutto più difficile, per quanto lineare nella sua essenza: i traditori o erano studenti, o peggio, erano professori. Era già tempo di proseguire?

In effetti concordo con i Grifondoro, quanto da loro proposto va nella medesima direzione cui eravamo giunti insieme alla professoressa Pompadour, al momento abbiamo bisogno di far percepire maggiore sicurezza alle famiglie, e per farlo verranno potenziate le nostre difese esterne. A questo penseranno i docenti e il Ministero, ma in effetti non era di questo che volevo parlarvi, e credo che Mr Sekhmeth abbia capito il nodo che vorrei sciogliere oggi con voi.

Rullo di tamburi?
Si avvicinavano al nodo di Gordio? Correvano verso il burrone, con un margine di manovra sempre più scarso, limitate possibilità di frenata, e sistemi frenanti la cui ultima revisione risaliva alle calende greche, nella più ottimistica delle eventualità. Ce l'avrebbero fatta a svoltare? Avevano un problema serio, e per quanto potessero andare a incidere sulla percezione di sicurezza come semplice palliativo, un modo intelligente di guadagnar tempo, e lanciare il cuore oltre l'ostacolo, di fatto non avrebbero potuto rimuovere il problema con la semplice volontà.


Come vi dicevo sono ottimista del fatto che con qualche sforzo saremo in grado di frenare le minacce all'esterno di queste mura, Hogwarts è una fortezza, e in quanto tale è preparata a tali eventualità. Ciò che dobbiamo fare noi, e anche voi, è pensare alle minacce interne. Penso sia inutile dire che se fuori da questo castello potenzialmente chiunque potrebbe essere 'la minaccia', al suo interno tale minaccia non può che essere rappresentata o da uno studente, o da un docente. Non esistono infinite possibilità. E se indagare sugli uni è relativamente più semplice, considerato il numero esiguo, temo che una grossa parte del problema sia rappresentata dagli altri...

Vatti poi a sbilanciare.
Era già tempo di iniziare a svicolare tra un piano scivoloso, e uno sdrucciolevole. Ne sarebbero arrivati a una? I bombardieri erano infine quasi su Berlino, senza che fossero stati rilevati. Era tempo che i caccia di scorta si aprissero per dare il via libera allo sgancio del carico? Quando sarebbe entrata in azione la contraerea? Si schiarì la voce, mentre tornava a passare in rassegna i dodici volti. In quattro già sapevano qualcosa. Quanti dei rimanenti otto avevano capito che erano arrivati a Berlino?


Motivo per cui ho effettivamente preso una decisione. Quando ridiscenderete la scala a chiocciola Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde avranno nuovamente un Capocasa, i quali si dà il caso siedano già qui. Oltre ai normali incarichi di cui si faranno carico, dovranno dare la priorità a queste 'indagini interne', a caccia di possibili, eventuali minacce, sarete dunque pregati di assisterli al meglio delle vostre possibilità. Obiezioni?

Era dunque fatta infine?
Mentre tornava a un goccio di The, il silenzio.
L'assordante rumore del silenzio.



Continua a mancare all'appello kapitän
Si prosegue il 25 Luglio.
 
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view post Posted on 15/7/2018, 12:26
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Cjhmyup
Attratto da tre forme diversamente eleganti, del tavolo, delle porcellane, e della libreria, Dorian trovò nello studio una composizione di linee meravigliosa. Dopo aver apprezzato i mobili antichi, accomodandosi, si lisciò la giacca e, con le mani affusolate, rimosse i granelli di polvere che si erano depositati tra le pieghe della stoffa durante la giornata.
«Buonasera» gli occhi d’ambra scattarono, senza celare la loro curiosità, sui volti degli studenti che mano a mano facevano il loro ingresso e le dita corsero lente al castone dell’anello azzurro; con calma studiata se lo rigirò fino a sistemarlo perfettamente. Poi, scoprendo leggermente il polso, controllò l’orologio: le lancette scure invitavano gli ospiti ad affrettarsi. Guardò la luna in lontananza – era ferma, immobile in un eterno albeggiare che illuminava il castello di tenui pallori di cristallo – e le stelle, che danzavano con civetteria ribalda; si scostò una ciocca di capelli dalla fronte e si abbandonò compostamente sulla sedia, posando la guancia alla mano con fare distratto.
Un piccolo scuotimento e gli ospiti furono seduti, tutti eccetto Amber. Sempre ermetica, sempre in bilico sulla linea sottile del possibile. Se si trattasse di un’equilibrista troppo presa dalla paura di sbilanciarsi, di osare, o una semplice artista che danzava sul fragile filo del “forse” e dei “se” Dorian non avrebbe ancora saputo dirlo, ma ugualmente sorrise, interessato a ogni possibile implicazione sottesa a quella licenza desueta.
Li ascoltò dal primo all’ultimo, senza parlare.
Come una nube di piume, sferzata in alto dai venti, le loro idee mutavano forma, si aggregavano, si dividevano, si univano di nuovo e si trasformavano, sfilacciandosi e ritrovandosi, piene di interrogativi e di dubbi. Tutte le domande che Peverell poneva non solo restavano senza risposta, ma si complicavano e si facevano più pesanti, grevi del peso dei recenti accadimenti. Così, l’idealismo di Brior, che parlava con l’ardore di un giovane leone, fu incalzato dalla ragionevolezza misurata di Horus, agile e flessibile tanto nell’eloquio quanto nel corpo. Rigos – sua diletta – si era cimentata in un notevole sforzo di pragmatismo, perforando la crosta solidificata degli eventi ed entrando nel pernicioso canale oscuro delle supposizioni, in cui ogni ipotesi è come una goccia che si mescola al grande oceano. Infine, la voce di Emily Rose riportò tutti d’improvviso sulla terra.
La fissò in silenzio, ne incontrò lo sguardo e soppesò le sue parole. Aveva lanciato in mezzo alla tavolata una mela d’oro; quel discorso avrebbe avuto bisogno di una maturazione lenta.
Con un’andatura sinuosa, come un leopardo imbizzarrito, nel frattempo la zuccheriera prese a mulinare le sue cucchiaiate granulose a destra e a manca, danneggiando in modo irreparabile la dolcezza selvatica e l’aroma penetrante delle tazze di tè. Scappò, all’idea di poter essere scagliata lontano dalla mano severa di Dorian e corse, come una lonza aggraziata e lesta inseguita dai cani, a ripararsi tra le tremule dita della Digos.
Quando il Caposcuola Corvonero fece il suo ingresso in ritardo – una mano spinse con forza la porta pesante che si spalancò con un tonfo sordo – lui, per la prima volta in quella serata, mosse impercettibilmente le sopracciglia. Gli occhi fiammeggianti brillarono, senza nascondere il disappunto per quella presentazione barbara.
Chiuse il corteo ancheggiando la giovane prefetta – il suo viso birichino aveva i colori di un mandorlo audace, che fiorisce facendo il capofila di tutti gli altri alberi prima che sia primavera.
Fulminandola con lo sguardo, Dorian fece per indicarle di chiudere la porta, ma Astaroth, più veloce e con la bellezza voluttuosa che avrebbe spinto chiunque al peccato mortale, fece il suo ingresso da monarca.
«Be’? Dove hai lasciato il cestino?» le chiese, sussurrandole all’orecchio con una certa sorpresa. Le sue iridi ambrate nel sentirla parlare si riempirono di malizia; tese la mano, se la portò alla fronte e intrecciò con languore le dita tra le ciocche elastiche.
Quando Albus riprese le fila del discorso, Dorian non si sorprese; nonostante immaginasse le sue posizioni, ugualmente apprezzò il modo in cui le sostenne; con fermezza, e, al tempo stesso, con la teatralità di chi tradisce un grande segreto e tenta di riprenderselo. L’incarico che stava furbescamente assegnando loro comportava oneri e onori; presto sarebbe cominciata la vera discussione.
«E’ sempre da tenere bene a mente – e la sua voce calda, misurata, dolce come la vibrazione di un’armonica ad acqua risuonò finalmente nella stanza – che il cambiamento porta con sé per sua necessità un processo generativo, crea qualcosa di diverso, ma va inserito in un quadro cognitivo, scolastico, didattico. Come feci presente al tempo della mia assunzione alla fu preside Bennett, in prima istanza lo scopo di Hogwarts è quello di istruire giovani streghe e giovani maghi».
Come trattenute da una fascia di fuoco che le stringeva ad unità, le sue parole iniziarono a veicolare un messaggio molto nitido.
«Li si spinge di certo a navigare tra ostacoli, paure, incertezze, errori e fallimenti, spronandoli a non attardarsi nello stagno rassicurante del conosciuto, ma la scuola nasce in primis come istituzione che elargisce conoscenza».
Si zittì per un momento e un sorriso tirato fece la sua fuggevole apparizione sulle labbra, senza attardarvisi.
«Ci stringeremo, come comunità viva e unita, di fronte alla crudeltà dei tempi, ma lavoreremo persino con più zelo. E’ inutile promuovere la condivisione di alti valori se poi i nostri studenti non riescono a difendersi da soli e a badare a loro stessi. In questo momento rovinoso c’è più che mai bisogno di maghi ben preparati, competenti, precisi».
Allo scandire dell’ultima parola, Dorian mosse appena la bacchetta, accompagnando il discorso ad un ordine tacito. In un istante, il nodo alla cravatta del giovane Toobl si disfece, dissolvendosi con la rapidità con cui la forbice recide un nastro. Poi, con uno schiocco sordo, gamba e gambetta tornarono ad intersecarsi, in un abbraccio che aveva la fattezza splendida di un doppio Windsor realizzato alla perfezione. Il suo sguardo attento vagliò il bel volto del Corvonero, lo invitò a prestare bene ascolto.
«Non combatteremo il pericolo limitandoci a erigere protezioni; lo osteggeremo con la preparazione, con la cultura, con il rigore marziale. E sarà questa la direzione che noi Capocasa daremo al nostro mandato».
La durezza delle sue parole si distemperò in un’immagine compiuta, in un pensiero complesso.
Dorian non avrebbe mai permesso che tensione, guerra, oscurità intaccassero il compito per il quale era stato assunto; Hogwarts non sarebbe mai divenuta uno scheletro corroso dal tempo.

fuHWzqF


*Inserire risolino di provenienza Medellonica*
Sono un po' Umbridge, ben sapete. :bello: Ma il dolce Daddy, che mi serve l'occasione sul piatto d'argento, acconsente con grande pazienza.

Hu-hùù!



Edited by Dorian - 16/7/2018, 07:49
 
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entropia.

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*“Comunità viva e unita contro la crudeltà dei tempi”… Ma sentilo! Ci crede anche! Pensasse alla sua di crudeltà!* Senza avvedersene, Nieve prese a tamburellare con i polpastrelli della mano sinistra sulla curva della tazza. Intanto, aveva depositato il piattino sulle cosce giunte. Condusse la porcellana alla bocca per mascherare l’espressione perplessa apparsa sul suo viso e schiuse le labbra per lasciar passare il tè: il sapore intenso le lambì le papille in un’unica ondata che, nonostante tutto, non fu in grado di distrarla dal discorso del Midnight. Gli occhi ne seguirono i movimenti da sopra il bordo della tazza, prima che tornasse ad abbassarla. *Oh, ti prego! Il più grande risultato per la scuola sarebbe sbatterti fuori di qui: penna, bastone e rigore marziale. Devo ricordarmi di arruolare Toobl, dopo questa.*

A quel punto, intercettò lo sguardo di Astaroth, le sorrise e scosse il capo in modo lieve, in parte per renderle noto il suo disappunto circa omissione e improvvisata, in parte per impedire che la sua mimica facciale tradisse il pensiero sul Midnight financo a svelarlo. Preso atto del rapporto tra i due, scoperto in occasione dell’incontro con Urania e confermato in circostanze successive, la Rigos si era limitata a sorvolare l’argomento e a proferire qualche breve commento che spiccava per vaghezza. Era, tuttavia, impossibile che Astaroth non avesse quantomeno intuito la base dei sentimenti della sua protetta in tal senso. Nel caso di specie, per la Morgenstern, le microespressioni facciali che avevano fatto da sfondo al discorso del docente di Difesa non avrebbero potuto che aggiungere una sfumatura di colore tutta nuova al panorama complessivo. Lo disapprovava su tutti i fronti.
Fu sulla scia della realizzazione dell’ultimo minuto che, d’un tratto, gli occhi di Nieve si spalancarono e vagarono alla ricerca del volto del Preside. Non l’aveva colta di sorpresa l’annuncio finale contenuto nelle parole dell’uomo, non dopo l’intervento illuminante di Horus. E la circostanza le era parsa di poco conto, invero: siccome il ruolo era rimasto vacante negli anni e il suo pragmatismo le impediva di preoccuparsi delle questioni meno urgenti, non aveva colto da subito le possibilità che si aprivano con la scelta di un Capocasa tra i soggetti presenti. *Dio, ti prego, ti prego, ti-prego-grazie-scusa-sarò-buona, non farlo. Non lui. NON-LUI!* Dove diavolo era Black? Perché il ventaglio d’opzioni era talmente esiguo da spingere a supporre che una scelta fosse già stata fatta?


«Ha già deciso quale professore assegnare a quale Casata?» chiese, simulando un pacato interesse e soprassedendo momentaneamente l’aspetto sicurezza che si erano limitati a costeggiare. Non le era sfuggita la fermezza dell’intervento della Rose, poco prima: nell’ascoltarne la risposta con espressione corrucciata, Nieve aveva annuito e sospirato di fronte a quella secca conferma, prima che un sottile tremore giungesse a pervaderla. Solo l’effetto delle parole del Preside, misto al tepore benefico del tè, era riuscito a rassicurarla minimamente. Per il resto, le erano così estranei i giri di parole e l'ostentata ritrosia che non la sfiorò il dubbio di poter essere inopportuna, né si curò di dare una forma meno diretta all'intervento, quando aggiunse: «O lo staff di Casata ha voce in capitolo?»

Rivolse a Oliver un’occhiata rapida, consapevole che il ragazzo fosse all’oscuro dei movimenti prospettati dal Preside quanto lei e che ne condividesse i timori. Dopo la situazione che aveva coinvolto Francis, gli umori rosso-oro erano prepotentemente cambiati perfino tra le sciacquette che avevano una cotta per il Midnight – la Rigos dubitava che il malumore fosse destinato a durare (erano o non erano delle svampite?), ma era comunque qualcosa. Mentre si persuadeva a riportare lo sguardo sul professor Peverell, in via del tutto precauzionale, gli occhi di Nieve lanciarono un messaggio a chiare lettere all’indirizzo del compagno e Caposcuola: “non Midnight”. Infine, fissò l’attenzione sull’unico che avrebbe potuto sciogliere i suoi dubbi.
 
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view post Posted on 16/7/2018, 22:04
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FUOCO ALLE POLVERI
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Che la situazione fosse delicata era ormai un dato di fatto. Atena ricordava bene, lo aveva impresso nella memoria, il giorno in cui si era scatenata la battaglia. Si trovava al Quartier Generale, lavorava al caso n° 3056, ordinarie scartoffie, per lo più. Il patronus del Capo Auror era arrivato come un fulmine a ciel sereno: Hogwarts era sotto attacco, li informava. Erano seguiti attimi frenetici, saturi di febbrile attesa. Gli Auror presenti sul campo erano rientrati con un prigioniero, un ragazzo, e proprio a lei era stato assegnato il compito di interrogarlo, affiancando l’Ispettore Resween.
Era difficile stabilire in quale anfratto della storia ogni avvenimento avesse avuto inizio, forse un punto esatto non si poteva nemmeno trovare, ma per lei quello era stato il momento in cui la sinfonia degli eventi aveva iniziato a suonare in modo diverso, come se all’orchestra principale si fosse aggiunto l’eco sinistro di un tamburo, cupo e lontano.

Nella stanza aveva occupato un posto in disparte, scegliendo la sedia più esterna, leggermente nascosta da quelle adiacenti – ottima posizione da cui osservare ed ascoltare, senza avere gli occhi di tutti puntati addosso. Aveva cortesemente accettato una tazza di thè, aggiungendo, come di consueto, mezzo cucchiaino di zucchero. Ne aveva bevuto soltanto un sorso – aroma delizioso, elegante e pregiato, racchiudeva nel sapore ambrato le sfumature calde del sole dell’est. Aveva poi posato la tazzina accanto a sé, lasciando che la bevanda si freddasse. Forse, ora, si era raffreddata fin troppo.
Era rimasta ad ascoltare in silenzio le parole del Preside e i successivi interventi di Prefetti e Capiscuola; la mano posata sul mento, le gambe accavallate; si muovevano soltanto le pupille, fermandosi di volta in volta sul viso di chi prendeva la parola.
Restò in silenzio anche dopo il discorso di Dorian. Aveva già la sua opinione a riguardo, aveva parlato largamente dell’intera vicenda, con il Preside, prima, con i Colleghi, poi. Molte sere si era attardata nella solitudine della Torre di Astronomia, adducendo come scusa la necessità di approfondire alcuni studi o di preparare il materiale per le lezioni; ma in realtà restava ad osservare l’orizzonte, con i pensieri che vagano liberi, come alberi che stendevano i loro rami verso l’alto, verso destra e verso sinistra. C’era pace, lassù, ma sapeva che una minaccia si stava formando, al pari di una nube, nell’oscurità, dove l’occhio non poteva ancora vedere. Se ne percepiva la tensione nell’Aria.
Sperò tra sé che si giungesse presto al vero nocciolo della questione: i lunghi preamboli e i discorsi che si accavallavano uno sull’altro, al pari di un castello di carte, non facevano per lei; preferiva arrivare subito al sodo, ferma e concisa. Eppure quella era una fase necessaria, ne era consapevole.
Con un sospiro scostò la mano dal mento, come se solo in quel momento il vagare dei suoi pensieri avesse finalmente raggiunto una meta, e posandola sul bracciolo della sedia prese infine la parola. La voce era ferma, pur mantenendo il consueto tono discreto; nessuna teatralità, nessuna finzione, semplicemente sottili spilli, volti a rimarcare un concetto di importanza fondamentale.

«E’ essenziale essere uniti, ora più che mai. La posta in gioco è molto alta, dobbiamo mettere da parte ogni sorta di futile battibecco interno e fare fronte comune contro un male più grande. Un male che già ha allungato le sue radici all’interno del Castello. E’ fondamentale che ne siate consapevoli. Le trame oscure potrebbero già avere coinvolto i vostri Concasati, i compagni con cui trascorrete le giornate, i vostri più cari amici, o…i nostri Colleghi» serrò le mascelle, il corpo Docente non era da escludere. «Sono eventualità che dovete prendere in considerazione, più reali che mai. Solo con l’unità, la collaborazione, la fiducia, senza dimenticare la vigilanza costante, potremo rendere Hogwarts un posto sempre sicuro. E forse evitare che inutili vite vengano sprecate». Si chiese quanti, tra i presenti, comprendessero davvero la reale posta in gioco. Erano giovani, spensierati: le loro vite ancora morbide potevano comprendere l'oscurità del mondo? Ma soprattutto, era lecito che la comprendessero? Le esigenze imposte dagli eventi chiedevano loro di farsi carico di un peso che ragazzi della loro età non dovrebbero ancora portare - sentì una stretta serrarle lo stomaco a tale consapevolezza. Ciò nonostante, soltanto prendendo atto del reale pericolo in cui vivevano era possibile, forse, evitare un male maggiore. Per questo valeva la pena combattere, con tutte le forze a disposizione. «Noi Capocasa saremo dei punti saldi per voi e le vostre rispettive Casate, come ci è stato richiesto dal Preside e come abbiamo tutti acconsentito, assumendocene la piena responsabilità. Ciò a cui personalmente auspico è un rapporto di fiducia e collaborazione ben più saldo di quanto richiesto in circostanze normali. Ma questo dipende anche da voi. Il Destino del Castello è nelle vostre mani più di quanto possiate immaginare».

Mentre altri prendevano la parola e i discorsi continuavano a fluire come le acque di un fiume, le une sulle altre, portò lo sguardo su Horus e Amber, in linea d'aria pressoché di fronte alla sua postazione; il volto impassibile, l’espressione imperscrutabile, i pensieri che ancora vagavano, percorrendo le innumerevoli arterie che scorrevano sotto la superficie del visibile.
E lei, si chiese, sarebbe stata all’altezza del compito affidatole?

ATENA MCLINDER | DOCENTE DI ASTRONOMIA

 
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view post Posted on 20/7/2018, 11:50
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18 Anni ▴ Prefetto Tassorosso ▴ V anno
Amber S. Hydra


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V
olse lentamente il capo verso l'ingresso quando gli ultimi invitati alla "festa" entrarono in stanza. Corvonero e la professoressa di Divinazione. Erano finalmente tutti? Non poté non chiederselo mentre tornava a prestare attenzione a Peverell. Non poteva credere che un'opzione, seppur presentata come l'ultima carta giocabile, prevedesse la chiusura di Hogwarts. Quelle mura l'avevano sorretta quando ancora non sapeva di averne il bisogno, non avrebbe mai permesso che quanto accaduto nei mesi passati la privasse di quel sostegno a cui egoisticamente teneva tantissimo. Il Preside sembrava avere in verità già una soluzione pronta, la stessa che in fin dei conti Horus aveva compreso, ed era stata una fortuna per lei avere quell'interessante chiacchierata con il Caposcuola tra esagerazioni complottistiche e possibilità reali, perché così era riuscita ad arrivare in quell'ufficio sufficientemente preparata. Indipendentemente da dove provenisse la minaccia che aveva permesso ai Mangiamorte di mettere piede in quella fortezza, un'idea di unione potesse rappresentare una prima soluzione. La nascita di un circolo ristretto di persone di cui fidarsi e pronte a difendersi vicendevolmente in caso di nuova minaccia era d'obbligo, ma di quanti in quella stanza Amber avrebbe potuto fidarsi davvero? Horus era indubbiamente il primo tra tutti e forse l'unico ad avere da sempre goduto di una fiducia rara da parte della Tassorosso, che era andata aumentando da quando si erano ritrovati fianco a fianco per la maggior parte delle lezioni. Nieve, in seconda battuta. Di lei aveva imparato a fidarsi in una situazione di estrema necessità e non si era pentita della scelta. Passò in rassegna il volto di ognuno degli altri presenti, senza trovarvi un vero appiglio. Sui docenti non poteva esprimersi. Per indole Amber tendeva sempre a tenere a debita di stanza i professori, che fossero giovani o anziani non aveva alcuna importanza. Il rispetto per il ruolo che questi ricoprivano - a prescindere da quanto lei apprezzasse o meno i loro metodi - le imponeva un certo rigore nel categorizzarli come figure utili al suo apprendimento, ma distanti dalla sua persona. Sebbene avesse personali opinioni su chi avrebbe potuto integrarsi meglio con i Tassorosso, tenne per sé ogni pensiero e proseguì con l'ascolto del vero nocciolo della questione. Rimase in piedi, incapace di assumere una posa rilassata o disinteressata, tenne le braccia conserte e lo sguardo chiaro non mancò di sottolineare il suo coinvolgimento e la sua preoccupazione. Probabilmente non si sarebbe seduta per tutto il tempo di quello straordinario colloquio, eppure non ne avrebbe mai fatto un cruccio. L'idea di indagare all'interno delle mura la rese, se possibile, ancora più seria. Aveva cercato di trattenere il più possibile i pensieri che vedevano la possibilità di seguaci dell' Oscuro Signore all'interno del Castello, proprio per non farsi sopraffare da quella che era la storia della sua famiglia e la voglia di rivalsa verso quei codardi mascherati. Fin troppe volte aveva maledetto quell'assassino per non averle permesso di guardarlo in volto, rendendo così inutile la sua testimonianza. Faticava così tanto ad accettare di non poter essere di alcuna utilità reale per l'arresto del mostro che aveva ucciso sua madre. Perché - si era chiesta - se hai il coraggio di uccidere a sangue freddo una donna innocente, non hai altrettanto coraggio nel mostrare il tuo volto e rivendicare così la tua posizione? E sapeva di non doverci pensare. Ma ora che veniva forzata a ragionarvi, i suoi sforzi sarebbero stati tutti vanificati? Fortunatamente non venne chiamata a pronunciarsi a riguardo, perché Peverell aveva già un piano, ed Horus aveva indovinato.

La solennità con cui il Preside concluse il suo intervento non avrebbe permesso alcuna replica. Non v'era possibilità di opporsi a quella decisione e, probabilmente, nemmeno aveva senso farlo. Sebbene Amber apprezzasse l'indipendenza che da anni faceva funzionare le cose al meglio per Tassorosso, era certa che un aiuto - soprattutto per quanto riguardava quelle indagini - sarebbe stato indispensabile. Ma era possibile che il "nemico" si celasse anche nella sua casata? Non si sentiva abbastanza sicura o coinvolta nella rete di conoscenze dei Tassini per essere certa di avere una risposta risolutiva, né in un senso, né nell'altro. Ascoltò le parole di Midnight, ma non riuscì fino in fondo a capire con quale diritto avesse scelto di parlare per tutti i possibili Capocasa presenti in quella stanza. Era possibile che vi fosse stata anche una riunione a cui loro non erano stati invitati? Non era in fondo così poco plausibile, ma la confidenza con cui il mago aveva condito le proprie frasi non la mise propriamente a suo agio. Una vaga idea di cosa intendesse per "rigore marziale" se l'era comunque fatta dopo aver frequentato le sue lezioni e, sinceramente, era l'unica parte del discorso a non dispiacerle. Apprezzava la precisione e la disciplina imposte, forse perché egoisticamente sapeva di potersela cavare discretamente. Ad ogni modo, anche in quel caso non proferì parola. Si limitò a spostare lo sguardo sui singoli interlocutori, da Midnight a Nieve. La Grifondoro espresse in verità l'unica domanda che in quel momento anche Amber si era posta. Contrariamente a quanto però immaginava passasse per la mente di Nieve, la Tassorosso sperava che Peverell avesse già preso la sua decisione anche riguardo le singole assegnazioni... non si sentiva pronta ad affrontare un possibile dibattito a riguardo, non era per niente calma e rilassata come avrebbe dovuto. La docente di Astronomia calamitò poi la sua attenzione, parlando con una saggezza che Amber non poteva che apprezzare. Benché avesse espresso un concesso piuttosto basilare, ora più che mai la bionda sapeva che c'era bisogno di motivare gli studenti nel modo corretto. Annuì lievemente dopo la prima battuta, concordando così con quanto espresso. Il nodo della questione, il punto cruciale era sempre quello: se la minaccia potevano essere degli studenti, loro avrebbero dovuto trovarli. E nonostante concordasse con ogni singola parola della docente, non poté non temere che quella ricerca a lungo andare potesse finire con lo stremarla. Come avrebbe reagito se si fosse trovata davanti a qualche "collega" di quell'assassino che tanto aveva cercato per anni? La sola idea che tutto quello potesse accadere, la irrigidì. Forse sarebbe stata proprio quella collaborazione che la McLinder stava promuovendo, a renderle possibile la sopportazione di quell'argomento tanto delicato anche per lei. Amber sapeva di aver forzato la propria crescita al punto da saltare a piè pari la fase di divertimento fanciullesco, a favore di un'adolescenza turbolenta, sofferente e recentemente anche dolorosa, ma questo non sarebbe stato così facile da comprendere a prima vista. Meno che meno dopo lo sforzo immane che compiva per apparire come una figura estremamente solida e determinata. Lo era, in verità, ma sempre più spesso desiderava momenti di quiete e solitudine per poter annegare in quei pensieri poco razionali e troppo dolorosi. Eppure, quando lo sguardo della docente incontrò il suo, le iridi acquamarina rimasero incatenate in un lento secondo di reale connessione. Per la prima volta, sinceramente, sperò che fosse lei la Capocasa a loro assegnata. Avrebbe voluto sapere se tutti i quattro docenti presenti fossero anche Auror, dopo aver saputo di Midnight al colloquio di orientamento, ma non avrebbe mai chiesto niente del genere. Forse avrebbe indagato successivamente, ma senza fretta, nella speranza che la risposta fosse negativa almeno per quanto riguardava il loro futuro Capocasa.


 
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view post Posted on 23/7/2018, 12:02
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▵18▵ Headboy ▵ Evening L’unica nota stonata di quel quadretto che minava la sua convinzione che fossero lì per un accordo fra Casate e futuri Capocasa era la mancanza di Corvonero.
L’aveva notato nel dettaglio della missiva mandata da Peverell una settimana prima e durante le sue elucubrazioni rimaneva quella macchietta scura nella sua più che limpida ipotesi. Quando però Daddy e Megan avevano fatto il loro ingresso, seguiti (con profondo disgusto di Horus) dalla Morgernstern, quel dubbio svanì e si sciolse come neve al sole ancor prima che Peverell prendesse parola. Li salutò solo con un cenno, l’espressione indurita dalla visione di Astaroth, abbandonando la tazza ormai vuota sul vassoio che galleggiava a raccattare i compagni che avevano adempiuto al loro dovere. Lei camminava suadente, sinuosa, posizionandosi di fianco i colleghi con le belle labbra piene e il vezzoso corpo fasciato in casto, ma terribilmente sensuale, abito rosso. I morbidi capelli castani le ricadevano sulle spalle, i grandi e felini occhi verdi che ammiccavano alla luce morente del sole; era indubbiamente una donna bellissima, ma era velenosa e questo Horus non riuscì a toglierselo dalla mente. La seguì mentre sussurrava all’orecchio del professor Midnight e non si rese conto dell’espressione gelida che il suo viso aveva assunto.
Si costrinse a distogliere lo sguardo da lei, mentre la voce del Preside giungeva per un istante lontana ed ovattata. Ricordava perfettamente quando aveva fatto il suo ingresso —in ritardo— nell’aula di Divinazione e aveva trovato Astaroth seduta comodamente sulla poltrona di perline. Si era immobilizzato a metà della botola, sbattendo gli occhi e sibilando un poco lusinghiero: “Lei?” che aveva attirato lo sguardo di tutti i suoi compagni. Poi, in silenzio, si era diretto al proprio posto, sentendo gli intestini rivoltarglisi nella pancia. Non era più riuscito a guardarla per tutta la durata della lezione, perché ogni volta che le sue iridi si posavano anche solo vagamente sulla figura della docente, la mente gli riportava alla memoria l’increscioso incontro ai Tre Manici e il modo in cui quella che per lui era la barista —che ora aveva un nome e persino un impiego di rilievo— si era avvinghiata ad Urania, decretando imbarazzo, dispiacere e tutto un insieme di sentimenti rancorosi che ancora Horus si portava dietro.
Col tempo, aveva cominciato ad evitare Divinazione, una materia che già di per sé sopportava molto poco. La sola vista di Astaroth gli procurava crampi allo stomaco ed un fastidio così intenso che nemmeno Eugene, ai tempi d’oro, era riuscito ad eguagliare… forse. Provava antipatia per lei e per quanto futile ed infantile, Horus non riusciva ad ammettere che forse non avrebbe dovuto.
Quando il suo nome fu pronunciato dalle labbra sottili del Preside, il Caposcuola batté le palpebre un paio di volte e tornò a guardare l’anziano.
Accantonata Astaroth, il Tassino ebbe così conferma delle sue teorie, ma non riuscì a frenare il sorriso scettico nel sentir nominare Hogwarts: “fortezza”. Una volta forse, si disse con amarezza, mentre incrociava le braccia dietro la schiena con fare marziale. Quand’era piccolo, sua madre e suo padre gli narravano di come niente di più sicuro esistesse nel Regno Unito come la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Ma le mura del Castello erano state violate così tante volte durante la sua permanenza che ormai Horus non riusciva più a credere che esistesse davvero, quel luogo sicuro. Si morse l’interno della guancia, cercando di frenare la domanda che impellente gli risaliva in gola come un venefico ragno. Guardò allora i candidati, i futuri Capocasa, chiedendosi se Peverell avesse già deciso a chi affidare le Casate.
*Non lei, ti prego, non Astaroth.* Si ritrovò ad implorare, serrando la mascella ed osservando il bel viso del professore di Difesa.
Dorian Midnight aveva una nomea terribile: tanto bello, quanto crudele con la piuma, spaventava tre quarti della Scuola con la sua severità. Ad onor del vero, però, le lezioni di Dorian, dettagliate ed accurate, nascondevano una verve ed una passione che il professore riusciva ad esprimere anche solo parlando. Lo vedeva in Tassorosso? Decisamente no. Passò allora lo sguardo al professore di Trasfigurazione, Channing, finora rimasto in silenzio; si ricordava di lui nel suo primo anno di Scuola. Christopher era all’ultimo anno, giocava come Battitore nella Squadra e l’unica interazione avuta con lui era avvenuta proprio nel Quidditch. Faceva strano vederlo dietro una cattedra: forse la sua passata appartenenza a Tassorosso poteva aver spinto Peverell a mandarlo a capo della loro Casata? Onestamente, pensò Horus, non riusciva a vedere quel ragazzo sportivo e spesso alle prese con le fan sfegatate, alla guida della sua Casata. In fondo, dopo tutti quegli anni senza un Capocasa, Tassorosso gli era diventata ancora più cara e il suo ruolo di Caposcuola spesso aveva richiesto più responsabilità di quanto ne avesse previste inizialmente. Mentre Dorian parlava e la sua voce calda sottolineava e faceva presagire in un’intenzione all’istruzione ancora più radicata, il suo sguardo sfiorò il viso di Nieve e la battuta precedentemente scivolata fra di loro gli incurvò un angolo della bocca per un breve istante. Ancora una volta, evitò lo sguardo di Astaroth, ma sentiva crescere un sempre più frustrante senso di rivalsa, una voglia di confronto che faceva fatica ad acquietare. Sapeva che se l’avesse guardata o avesse incrociato il suo sguardo, l’avrebbe fermata, una volta usciti da lì. E fortunatamente non furono le iridi smeraldine della docente di Divinazione quelle che inquadrò, ma i limpidi e cristallini occhi azzurri di Atena. Horus ricambiò lo sguardo penetrante che lei rivolse a lui ed Amber ed una scintilla di speranza si accese nel suo petto. Era forse lei, la loro Capocasa? Poteva davvero essere Atena? Il solo pensiero lo rese felice: dopo l’evento dell’Equinozio, il suo rispetto per la docente era aumentato e ancora lo solleticava l’idea di bussare alla porta del suo ufficio, per poter parlare, con lei, di tutto quello che gli passava nella testa su quella magica serata. Ma con quale criterio era stato scelto il Capocasa?
Fu Nieve a porre la domanda e il suo pragmatismo e la sua spontaneità furono un toccasana. Forse fu proprio quello a spingere Horus a liberare infine quel ragno che si era arrampicato nella sua gola. Si voltò verso Peverell, respirando piano, il viso trasformato in una maschera impassibile. Per quanto ben ammortizzato dal discorso d’intorno, il Preside era stato piuttosto chiaro su quale era il loro obiettivo: indagare. Nel Castello si nascondevano forse decine di elementi che avrebbero potuto minare la stabilità della Scuola ed i collegamenti con il Signore Oscuro erano così tanti, che Horus sapeva perfettamente che uno era lì, in quella stanza. Si trattenne dal guardare Emily, mentre il Galeone dell’ES —che portava sempre nella tasca— sembrava assumere un peso più importante.
« Nessuna obiezione, signore, ma ho una domanda. Ci fu un Capocasa, qualche tempo fa, che ora è conosciuto come il principale ricercato del Mondo Magico. » Non aveva bisogno di troppi preamboli, ma quel pensiero premeva con così tanta arroganza, che non riuscì minimamente ad architettare alcun escamotage socialmente accettabile per quella verità scomoda. « Sto parlando di Raven Shinretsu. » Tacque un istante, scrutando un’eventuale reazione del Preside. « A volte chi è incaricato di proteggere le vittime si rivela essere il carnefice più spietato. Ognuno di noi potrebbe nascondere qualcosa, ma, con tutto il rispetto Preside, cosa le dà l’assicurazione che la scelta di apporre nuovamente un Capocasa alla guida delle Casate, possa rendere nuovamente sicura una Scuola che, se mi permettete, dopo il recente avvenimento è forse più fragile di prima? Se la sente di affermare che non è solo una parvenza e se la sente di garantire, per i signori qui presenti? » Horus si premurò di adottare un tono umile, ma deciso, scegliendo con cura le parole affinché non si mostrasse arrogante. Tuttavia, aveva parlato guidato, sì, da spavalderia e genuina sincerità, ma l’aveva fatto anche in virtù di ciò che aveva visto ai GUFO di Swan e alla Battaglia d’Ottobre. « Ho guidato Tassorosso per sei anni, tre quarti della mia carriera scolastica. Devo garantire, ai miei Concasati, che il Preside, ed i suoi docenti, questa volta non ci abbandoneranno. » Fu duro il riferimento alla Bennet, un colpo che Horus aveva abbozzato con forse più strascichi del previsto. Persino Camille aveva tentennato e le era sembrata più stanca di quanto l’avesse mai vista prima. Alzò appena il mento, gli occhi ostinatamente puntati in quelli dell’anziano professore. Sapeva di aver osato, sapeva di avere su di sé degli sguardi, sapeva persino di aver potuto scatenare del malcontento (aveva del resto insinuato che tutti loro covassero qualcosa), ma sentiva di dover fare quella domanda.
Per sé, per Amber che era al suo fianco, per Eloise, Niahndra, Elhena, per tutti coloro che avevano combattuto ai GUFO, che erano rimasti feriti nel corpo e nello spirito e per quei Tassorosso che da sempre avevano cercato il suo aiuto e sostegno; e per quella spilla che, appuntata fiera al petto, l’aveva trasformato in una persona che forse era persino fiero d’essere, al di là di tutto.

Horus R. Sekhmeth ▵ [ sheet ] ▵ Let’s lay down our masks, and be true.
[ code by psiche ]



NB: Horus è in piedi, non seduto.
 
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view post Posted on 23/7/2018, 13:53
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Emily Claire Rose

Slytherin ⚜ Headgirl ⚜ 18

Infine Corvonero fece il suo ingresso. Gli occhi di Emily indugiarono quasi immediatamente sul bel Prefetto fin tanto che anche la Docente non fece il suo ingresso. Una cosa le parve dunque chiara: la Professoressa Morgenstern era stata designata come la guida dei Corvi. Un problema su quattro in meno.
Il Preside prese quasi immediatamente la parola lasciando che i nuovi prendessero posto, senza alcun biasimo per il loro ritardo. Emily chinò il capo verso la nuda pietra, lasciandosi trafiggere dalle parole dell’uomo. Le labbra rosse, serrate in una smorfia di disapprovazione, avrebbero tanto voluto schiudersi sulla verità di quei fatti; ma sarebbe stato opportuno?
No, le suggerì la coscienza. Non era un discorso che andava affrontato con così tante persone; la sua fiducia, dopotutto, si poggiava solo sulle spalle di un paio di presenti. Tutti gli altri, per quel che le riguardava, potevano benissimo esser lì fingendosi immuni da ogni fio mentre le loro menti già riflettevano sui vantaggi della posizione.
*Stiamo diventando paranoiche*, scosse impercettibilmente il capo per poi riportare lo sguardo al fronte. Essere paranoici era la conseguenza forzata di quel che era accaduto al Castello. Un attacco su vasta scala, Mangiamorte e cadaveri. Fin quando, tutto ciò, poteva essere evitato agendo con ragionevole legalità? Cosa era stato fatto per evitare il problema?
Tutto quello che era accaduto, era semplicemente il danno collaterale di una difesa che aveva, ormai da tempo, cessato di esistere. Emily non sapeva dire se ciò fosse dipeso dalla superficialità di una Bennet ormai esausta o dal Male che era ormai riuscito a penetrare irrimediabilmente nell’anima di quelle mura. A conti fatti, la seconda opzione non escludeva la prima, anzi poteva benissimo dipendere da essa.
Quando era iniziato tutto ciò? Sospirò.

« Con tutto il rispetto, Preside, lei si fida delle persone che ci sta dando come guida? », esordì non appena l’uomo ebbe finito il suo discorso. Per la prima volta, Emily si rese conto dell’innata affezione che poteva provare per l’Anziano e difronte a quel quesito, con gli occhi ridotte a fessure che si posavano su di lui, un senso di colpa la travolse.
Era ovvio che si fidava di loro o quella circostanza non si sarebbe mai venuta a creare. Aveva tuttavia bisogno che lui lo affermasse, che loro reagissero e capissero. Non erano visti come amici, non ci si appoggiava a loro perché erano più grandi di una manciata di anni o per qualche M.A.G.O. conseguito, tanto meno perché lo chiedeva il Preside. Avevano, Prefetti e Caposcuola, difeso i loro studenti con ogni briciolo del loro essere, con il sangue, scendendo a patti con quello stesso Male che li aveva invasi. Vallo poi a dire che non v’era bisogno di patteggiare con il Nemico.
Tenne lo sguardo fermo su Albus Peverell mentre anche altri prendevano la parola ma fu impossibile, non quando Midnight sfoggiò le sue capacità espressive.
« In questo momento rovinoso c’è più che mai bisogno di maghi ben preparati, competenti, precisi. »
Si lasciò sfuggire un sorriso. Metà degli studenti presenti, avrebbero potuto spedirli fuori da Hogwarts prima che potessero dire “capocasa”. Cercò lo sguardo del Docente, la sua attenzione: ora era più che mai sicura che era lui che gli spettava. Sarebbe stato interessante. Istruttivo, addirittura.
« Non combatteremo il pericolo limitandoci a erigere protezioni; lo osteggeremo con la preparazione, con la cultura, con il rigore marziale. »
*Con le posate al posto giusto sul tavolo, con le coperte tirate fino al collo e la sveglia alle 4 del mattino*, non sarebbe riuscita a trattenersi troppo dal ridere. Si diede un pizzicotto sul braccio, l’ilarità passò.
Poi fu il turno della McLinder; la sua dolcezza la colpì ma non per questo diede più valore alle sue parole. Era dannatamente facile parlare a quel modo. C’era davvero qualcosa in grado di tranquillizzare il suo animo, però? Forse sì. Forse Horus.
Il suo dire fu l’ennesimo faro nella notte. Non era l’unica a serbare dubbi su tutta quella faccenda. Non era l’unica a non avvertire quel senso di protezione che parole tanto, troppo semplici volevano stillare in loro. Non era sola.
Si voltò a guardare Ra con lo sguardo cinereo addolcito dalla gratitudine.


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view post Posted on 23/7/2018, 14:06
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RAVENCLAW STUDENT 15 YEARS SHEET
MEGAN MILFORD HAVEN
I'M OUT OF HERE
Subito dopo l’entrata della professoressa Morgenstern il silenzio si diffuse nella stanza. Gli sguardi si concentrarono per un breve istante su quanto era da poco accaduto e Megan potè sentire un lieve filo di imbarazzo accarezzarle le guance; d’altronde se lo aspettava, anche lei avrebbe posato lo sguardo su chi nel bel mezzo di una conversazione appare dal nulla interrompendola.
*tutta colpa tua Toobl!*

Quando il preside iniziò a parlare lo sguardo della giovane Corvonero si posò su di lui. Le parole decise e dure, iniziarono a scalfire la sua pelle sottile e l’ansia iniziò a dare i suoi primi cenni scaricandosi in un lungo brivido che le percorse l’intera colonna vertebrale. Sembrava che il periodo delle brutte notizie non fosse ancora finito per lei, così un altro peso si aggiunse agli altri senza chiedere il permesso e l’irritazione l’avvolse inevitabilmente.
Hogwarts era in pericolo e ciò che era stato appena chiesto era protezione. Protezione? Da parte di chi? Loro? Trattenne una risata, portando la mano alla bocca e tossendo leggermente, le parole di Emily coprirono quell’azione donandole una perfetta copertura.
Trovava assurda tutta quella situazione come trovava assurdo lasciare che dei semplici studenti con delle cariche scolastiche, significative solo all’interno di quelle mura, fossero ingaggiati per difendere l’intero castello dal male. Poi si trattava di fiducia, per chi riponeva tale sentimento al fine di affidare se stessa nel suo intero? Nessuno dei presenti, men che meno i professori. Chi le avrebbe dato la sicurezza che tra quei volti non vi fosse un traditore? Che la fiducia fosse un suo problema le era chiaro, però preferiva questo piuttosto che ricevere una mera delusione o peggio cadere nell’inganno.

Midnight si introdusse nel discorso con la sua solita calma e accortezza, come fa un felino nello scrutare la sua preda che, una volta afferrata, porta con fierezza nella sua tana. Così fece con le parole, le aveva pensate ed elaborate portandole poi ad apparire convincenti, piene di orgoglio e forza d’animo che nelle orecchie della giovane Corvonero risultarono belle, sì, ma scontate, come se fossero state prese da un copione teatrale dove si conosce già il finale. Per qualche istante Megan cercò lo sguardo del suo Caposcuola, intenta a capire cosa ne pensasse di tutta quella scena ma non appena vide il nodo della cravatta di Daddy sciogliersi e ricomporsi in un perfetto doppio nodo Windsor, il suo sguardo tornò sull’elegante docente a cui rivolse un mezzo sorriso in un espressione confusa ma allo stesso tempo divertita.
*beh… essenziale!*

La domanda di Nieve poi le consentì di accennare un segno di intesa, la testa si piegò appena verso il pavimento per poi rialzarsi prontamente, era una bella domanda ed una delle tante che si era posta durante la riunione. Chi avrebbe ricoperto il ruolo di Capocasa per i Corvonero? Lo sguardo andò a scrutare i volti presenti; Megan non poté nascondere un’espressione di disappunto, non vedeva in nessuno di loro quel ruolo su cui aveva dei forti dubbi riguardo l’utilità.
«Professoressa, pensa davvero di poter istaurare un rapporto di fiducia sulle basi che ha appena assodato? Se tra di noi, studenti e docenti, dovesse nascondersi il male come potremmo mai concederci ad un rapporto di stima ed unione?» le sue parole ruppero il silenzio che si era creato dopo l’intervento della professoressa. Gli occhi blu andarono a cercare lo sguardo dolce della docente di Astronomia, scrutandone ogni minima espressione.
«Si parla di una possibile, mi passi il termine, collaborazione involontaria con l’oscurità, sbaglio? Come potremmo proteggerci da ciò?» portò le mani all’altezza della vita invitando le risposte a farsi avanti in un gesto semplice e accorto. Aveva posto delle domande conoscendo già le risposte: avrebbero dovuto rischiare per il bene comune ma quale sarebbe stato il prezzo da pagare? Nonostante i mille pensieri scombussolassero la mente del Prefetto, non poté non ammettere a sé stessa che nelle parole della professoressa McLinder aveva potuto scorgere un velo di sincerità e d’interesse ma erano pur sempre delle parole a cui andavano uniti i fatti per essere realmente credibili, sarebbe stato così? Sospirò, poi voltò lo sguardo verso Horus ascoltando ciò che aveva da dire.



✕ schema role by psiche


Parlo prima di Horus.
Perdonami :cry2: avevo già scritto il post, ho cercato di collegarmi alla fine! ♡
 
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view post Posted on 23/7/2018, 21:10
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Dopo aver sentito il rimbrotto della sua compagna di ronde, facendole un cenno con la mano al fine di tranquillizzarla, iniziò a scrutare con curiosità i volti dei presenti.
Quanta serietà! Quanta severità trapelava dal loro labbro superiore, pronto a muoversi per dare fondamento a quei discorsi tanto giusti quanto scontati.
Peverell si aspettava veramente questo da loro? Voleva veramente proseguire quella pantomima il Professore?
Sentì la sua mente abbandonare le parole del Docente di Storia della Magia nell’esatto momento in cui il suo discorso superò i dieci secondi.
Incredibile, quel tipo di approccio soporifero era globale e veniva utilizzato non solo nelle sue lunghe e quanto mai complicate lezioni.
Facendo un rapido cenno con la mano a Horus - l’unico studente che aveva visto salutare - osservò il professor Midnight avvicinarsi a lui per fare un discorso che solo un Generale del primo battaglione di Auror sarebbe stato in grado di riprodurre.


«Grazie! L’eleganza prima di tutto nel difendere la Scuola»

Disse senza dar troppo peso alle sue parole, quando vide il nodo di Megan sparire in favore di uno decisamente più bello e elegante.
Certo fu che, al proferire quelle parole, le orecchie del ragazzo divennero di un colore scarlatto, quasi irreale, completamente a disagio in una situazione che lo vedeva la vittima in tutto e per tutto.
C’era da dire che quel discorso non lo amava, specialmente per via della sua teoria che per portare giustizia bisognava autoimporsela.
Sentendo le parole della bella Atena poco distante da lui, la Prefetta e l’elegante donna che era entrata poco dopo di loro, le fece un occhiolino ricordando i bei tempi andati. Chissà se si ricordava di lui e delle sue scemenze.


«Signor Preside condivido in toto il pensiero espresso dal mio collega.»

Disse indicando Horus senza troppa premura alla fine del discorso del suo Prefetto.
Ne aveva fin sopra i capelli di tutto quel perbenismo, specialmente tenendo in considerazione il fatto che l’ultimo degli aggressori all’interno del castello era stato proprio un Professore nonché ex studente del castello.


«A prescindere dai Capocasa questa scuola non sarà sicura fintanto che vi sarà Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato nei paraggi.»

Avrebbe voluto dire Voldemort, ma evitò. Sapeva bene che quel nome poteva risultare come una bestemmia in Chiesa in una manifestazione di quella portata.

«La sua influenza porta le giovani menti verso l’oscurità, plasmandole e modellandole in modo e maniera tale che diventino dei suoi seguaci. Chi ci assicura che con i Capocasa tutto questo finirà? Chi ci assicura che quello che è successo poco tempo fa non riaccadrà? Io conoscevo Raven e sembrava tutto fuorché una persona poco sana di mente, mi creda.
Questo ci dovrebbe far riflettere; magari la prossima volta potrebbe attaccare il castello uno dei presenti in questa stanza. »


Era una provocazione quella? Assolutamente no.
Non conosceva bene le persone presenti attorno a lui, ma in quel modo le sue parole avevano preso sicuramente una valenza diversa, ben più importante.


«A mio avviso in questo modo proviamo a curare con i cerotti una ferita da Avada Kedavra. Dovremmo agire in maniera più decisa, calcare la mano, magari fare dei controlli più severi all'interno del castello.»

Era una pazzia quella che aveva detto? Forse sì.
Era un ragazzo impulsivo il Caposcuola e andava a braccio nei suoi discorsi, senza programmare niente di quel che diceva.
Infilando le mani nelle tasche, visto che odiava proprio tanto che queste potessero penzolare nel nulla senza avere un chiaro motivo per essere lì, passò il pollice sinistro sull’indice per sentire tra le mani il freddo anello raffigurante l’aquila della sua casata.
Corvonero non era sicura in quel luogo e ne era consapevole. Forse era necessario prendere provvedimenti “extra presidenziali” - per così dire - in separata sede.



 
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view post Posted on 23/7/2018, 22:45
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A_STARA_STARA_STARA_STAR

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Subito dopo aver proferito le prime parole, il giovane Serpeverde era tornato assorto e silenzioso, completamente immerso tra i suoi pensieri. Nonostante l’argomento della serata fosse emerso in tutta la sua urgenza e importanza, Mike non poté non percepire un imbarazzo crescente man mano che il tema veniva sviluppato dal Preside.
Uno sguardo solo apparentemente distaccato avrebbe assecondato la discussione, per poi finire sulla tazzina posta proprio dinanzi a lui. La zuccheriera doveva aver fatto un bel lavoro assieme alla teiera, visto l’aroma che proprio da lì si sprigionava in direzione delle sue narici; un odore certamente invitante ma, da quando aveva finalmente compreso il tema della serata, lo spirito era necessariamente cambiato così come l’intenzione di servirsi una bella tazza di tè bollente.
Nessuna chiacchierata di piacere e nessun brindisi sembrava attenderlo ma, al contrario, il difficile tema di una istituzione caduta ai minimi termini in quanto a fiducia e popolarità. Quanto sarebbe stato difficile risalire la china? Vi sarebbe stato del margine per scegliere l’eventuale ricetta?
In cuor suo Mike avrebbe fortemente sperato che, con il contributo di tutti, si riuscisse davvero a giungere ad un punto condiviso e di sintesi, in grado di unire il più possibile quanti avessero avuto ancora a cuore le sorti dell’intera scuola.
Nell’ulteriore chiarimento del Preside, Mike avrebbe certamente condiviso tutte le premesse; chi meglio del Ministero o dell’intero corpo docenti avrebbe potuto aumentare e rafforzare le difese esterne di Hogwarts? Con qualche piccolo accorgimento sarebbe stato estremamente difficile, se non addirittura impossibile, penetrare i magici confini del parco. Se le due istituzioni fossero riuscite a collaborare in sincronia, si sarebbero certamente gettate le basi per un nuovo e possibilmente duraturo corso.
A tormentarne i pensieri ed a far emergere qualche prima perplessità, fu tuttavia il riferimento verso un non meglio precisato controllo interno. Era indubbio che nel castello vi fosse stata una sorta di talpa ma, che poteri e quale tipo di mezzi avrebbero potuto avere queste nuove figure per risalire fino alla fonte?
Ad alimentare una sorta di crescente disagio verso quanto era stato appena proposto, le parole del Professor Midnight avrebbero potuto provocare una certa ilarità, se lo stesso docente non fosse stato così convinto nel pronunciarle.
Il cambiamento poteva intendersi sempre come un processo migliorativo? Nonostante cercasse di non darlo a notare, Mike storse leggermente il naso a quelle affermazioni, ritenendo quantomeno bizzarro il cenno a una presunta inadeguatezza del corpo studentesco verso la propria difesa; non era forse lui a doversene occupare con una certa premura? La sua mente viaggiò per un istante fino ad immaginarsi la figura di Thalia, scambiando metaforicamente con quella semplice rappresentazione un gesto d’unione e d’intesa.
Fiducia e collaborazione poi, rappresentavano valori importanti da conquistare passo dopo passo; non potevano di certo essere concessi sulla base di semplici supposizioni o per qualche disposizione piovuta dall’alto.

Ben più in sintonia con tutte le perplessità del caso, rimaste opportunamente celate da uno sguardo apparentemente freddo e imparziale, si susseguirono poi gli interventi di chi condivideva con lui il fardello di una grande e pesante responsabilità tra le mura del castello.
Rigos, Haven e Sekhmeth riuscirono addirittura ad abbattere, almeno in parte, il muro che il Serpeverde aveva cercato di erigere per non essere oltremodo coinvolto emotivamente da tutti quei diversi ragionamenti.
Certo, più di un punto meritava una spiegazione o un approfondimento, ma il tempo sarebbe stato oltremodo galantuomo.
Con leggerissimo colpo di tosse per schiarirsi la voce, posto strategicamente al termine di numerosi e interessanti contributi, Mike avrebbe cercato di portare alla luce un aspetto che, per quanto potesse essere considerato come secondario rispetto a quanto evidenziato da altri attori di quella serata, gli stava particolarmente a cuore.

Se mi è permesso… un tono oltremodo composto e controllato avrebbe accompagnato quelle poche parole.
Mi stavo giusto chiedendo come potremo noi, concretamente, assistere i Capocasa nel loro difficile e complesso compito; se non erro, anche in passato vi è sempre stato un rapporto privilegiato tra Prefetti, Caposcuola e corpo docente. Una breve pausa, prima dell’ultima riflessione:
Si è accennato ad una sorta di indagine; un incarico oltremodo gravoso che, a mio parere, andrebbe svolto da chi ha tutti i mezzi per portarlo avanti con metodo, competenza e professionalità…
Il discorso rimase volontariamente a metà, in attesa di una ulteriore specifica; dopotutto, per compiere una vera e propria indagine, sarebbe servito qualcosa in più della semplice buona volontà, che rappresentava comunque un buon inizio. Nella mente del Prefetto quella considerazione si mischiava fortemente ad un concetto che, ancora, stentava a comprendere. Perché non affidarsi a dei professionisti? La soluzione interna era sempre la migliore possibile?
Se il pozionista distillava pozioni e l’avvomago si occupava prettamente delle leggi e della giustizia, un docente avrebbe potuto allo stesso modo occuparsi di due compiti così diversi e così importanti? Si poteva forse chiedere al pozionista di improvvisarsi giornalista? E nel mentre, l’antimago e il quariere auror di cosa si sarebbero occupati se una particolare connessione con l’oscuro poteva ancora nascondersi tra le mura della scuola?
Un breve respiro ed un semplice sguardo nei confronti dell’anziano docente posero la fine a quella breve parentesi.
Tanto era stato detto e, forse era giunto il tempo di tirare le prime somme.

 
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view post Posted on 24/7/2018, 10:39
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qpMAphK
Provò ad arricciare le labbra in un sorriso, appena accennato, invano. Le mani sfioravano la tazza fumante, stilavano le gocce imperlate sulla porcellana, vi si stringevano con sempre più vigore fino a sbiancare le nocche, fino a scuotere la stessa pelle. Non apprezzava quell'incontro di cui non si sentiva totale padrone, non apprezzava - mai l'aveva fatto - essere all'oscuro di qualcosa, di un argomento, di un motivo che lo aveva svegliato dai suoi doveri. Ma il Preside aveva chiamato e la sua risposta all'appello non era da escludere in alcun modo: non solo per la carica dell'altro, quanto per la stima del Caposcuola nei suoi confronti. In quella stanza, non era affatto un mistero, c'erano alcuni tra gli abitanti del castello cui Oliver più nutriva rispetto, eppure si dispiacque non poco all'idea di non condividere il più delle frasi pronunciate dagli altri. L'intervento tempestivo di Daddy, infine, allietò quella confusione che il Grifondoro non aveva saputo contenere pienamente. Rivolse un cenno cordiale, di saluto, ai confronti del collega e della vicina Megan, portandosi subito dopo la tazza di tè alla bocca. Ne assaporò il profumo dolciastro, a tratti asettico, senza deliziarsi di un solo sorso. La finzione di quelle movenze - dita, mani, incroci gli uni contro gli altri - continuavano a delineare quell'automa che aveva scelto di rappresentare. Solo l'intervento di Nieve al suo fianco lo riscosse leggermente. Allontanò la porcellana, chiudendola in ambo i palmi aperti, consapevole di quanto un suo intervento in quella decisione non dovesse essere affatto ritenuto superfluo, men che meno da escludere in definitiva. Non parlò, tuttavia. Riprese la sua pièce più anonima: l'indice al bordo della tazza, il pollice a solleticare il manico candido, mentre il calore scottava sull'epidermide come un piacevole ritrovo. Atena McLinder fu già più incline al suo pensiero e il capo si scostò di poco, di lato, alla ricerca di una maggiore comprensione. Avrebbe dovuto aggiungere qualcosa a quel punto? Altri commenti, altri aspetti condivisi, altri per nulla. Il suo più grande errore era quello di restare in silenzio, ne era convinto, così come stranamente era sicuro di fare la cosa giusta, per il momento. Fu soltanto quando lo sguardo saettò dall'uno all'altro Docente, soffermandosi sul volto scolpito di uno dei più belli, uno in particolare, che le mani furono scosse da un tremito. Percepì intensamente, come una scossa, un profumo di mele così speziato da stuzzicare le narici in modo gentile; chiuse gli occhi, sospinto da una necessità che non aveva forza di respingere, mentre una piuma ricadeva davanti al suo volto, uno sprazzo della Sala Comune Grifondoro si definì alla sua attenzione e in un'ultima concessa visione, nitidamente apparve una figura, Adone moderno, a porgere una mano immacolata. Spinse in alto le palpebre fino a riplasmare il Presente, inerpicandosi alla realtà del momento, mentre il cuore si placava nei battiti del confine appena varcato, inconsapevolmente, eppure già con più chiarezza. Sorrise, la tazza portata ancora una volta alla bocca.
«La scelta andrà bene.» Un sussurro, un unico commento, il tono divertito; il tutto si perse tra i vapori del tè, effluvi di segreti già in parte svelati. Ed era per lui l'esordio di un incanto.
 
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