Fuoco alle Polveri

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Astaroth Morgenstern
view post Posted on 24/7/2018, 13:33






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Astaroth ascoltò attentamente le parole del Preside, chinando la testa e tenendo lo sguardo basso, nel tentativo di non lasciar trapelare la minima ombra di emozione. Le sopracciglia si sollevarono appena, alla menzione della decisione di Peverell di ripristinare la funzione di Capocasa. Alzò lo sguardò con deliberata lentezza e scrutò i volti degli astanti, mentre Dorian prendeva la parola. Quattro Docenti presenti, quattro Case da assegnare; la matematica non era mai stata il suo forte, ma la sua presenza lì, in quel momento, le fu chiara. Mentre ascoltava la voce suadente di Dorian intenta a profondersi in una filippica eloquente, la mente, ancora leggermente annebbiata dall’alcool, unì tutti i punti. Un senso di esaltazione la pervase e faticò a mascherare la propria soddisfazione: non solo il nuovo incarico sembrava procedere senza intoppi, ma anche il ruolo di Astaroth all’interno del Castello andava consolidandosi. Quanto alle conseguenze che la sua nuova posizione avrebbe implicato, come al solito, le avrebbe affrontate nel momento in cui si fossero presentate.
Intercettò lo sguardo di Nieve e rispose al suo muto rimbrotto con un occhiolino; la sua protetta, però, sembrava avere ben altro per la testa: Astaroth comprese dalle labbra serrate, dalle sopracciglia che scattavano in alto e da occasionali alzate di occhi al cielo, che Nieve non stesse molto gradendo il discorso di Dorian. Si morse il labbro superiore per trattenere una risata e dovette spostare lo sguardo altrove; fu allora che si accorse della presenza di Horus, e il suo sorriso si fece sornione.
Non ci voleva un genio per capire che il giovane Caposcuola Tassorosso nutrisse, nei suoi confronti, un certo qual disprezzo, e che la nuova posizione della Strega non avesse fatto che accrescere il risentimento nei suoi confronti: dopo quel primo incontro in aula, le assenze del giovane Sekhmeth si erano moltiplicate. Astaroth era incuriosita dalla lampante contraddizione insita nel suo comportamento: perché odiarla per quel bacio? Possibile che non avesse compreso i sentimenti di Urania, lo stato palese di difficoltà in cui aveva versato, alla festa di Halloween?
Fu il turno della Docente di Astronomia; come per il discorso di Dorian, Astaroth divise la propria attenzione tra le parole della giovane donna – annuendo con gravità quando Atena accennava a concetti chiave, universalmente condivisibili: vigilanza, fiducia, collaborazione – e il filo dei pensieri che si stava dipanando nella propria mente.
Horus sembrava guardare da qualsiasi parte che non fosse nella sua direzione. Ancora una volta, ad Astaroth venne da sorridere di fronte a quell’ostinazione squisitamente adolescenziale, che aveva imparato a riconoscere grazie all’amicizia di Nieve. Pur di non mettere in discussione i propri sentimenti per Urania, il giovane aveva deciso di servirsi di Astaroth come capro espiatorio; eppure, perché prendersela tanto per un bacio, se non per gelosia? Qualsiasi altro uomo, meno coinvolto, avrebbe gradito lo spettacolo e ne avrebbe tratto un ricordo prezioso.
Quando il Tassorosso prese parola, Astaroth ascoltò con interesse il suo discorso; le parole scorrevano, ora più calcolate, ora più azzardate, e la Strega si accorse di aver sollevato le sopracciglia. Lanciò un’occhiata a Dorian, per cercare di leggere la sua espressione: lo conosceva abbastanza bene da sapere che, almeno in parte, le proprie perplessità fossero condivise da lui. Garanzie?
Fu il turno della Caposcuola Serpeverde, Emily Rose, che pose una semplice domanda: «Con tutto il rispetto, Preside, lei si fida delle persone che ci sta dando come guida?» Fiducia? Astaroth posò lo sguardo sul Preside, in attesa di una reazione. Avrebbe tollerato quella sfida alla sua autorità, quella mancanza di rispetto nei confronti del corpo Docenti? La Strega raddrizzò le spalle e, nonostante il sorriso cortese che aveva stampato sulle labbra, lo sguardo, ora, era gelido. Lasciò che prendessero la parola anche il Caposcuola e il Prefetto Corvonero, prima di intervenire: il tenore dei loro discorsi non si discostava molto dai precedenti. Infine, quando il Prefetto Serpeverde accennò alla possibilità di un intervento esterno, metodico, competente e professionale, Astaroth avvicinò le labbra all’orecchio di Dorian e sussurrò, cercando di trattenere un moto d’ilarità: «Ora capisco cosa intendessi a cena, mon Ange».
Prima di parlare, infine, rivolse un’ultima occhiata ad Horus. Forse era arrivato il momento di convocarlo in studio, per discutere delle sue assenze. «Comprendo le vostre preoccupazioni e le vostre perplessità,» esordì conciliante, cercando di infondere alla propria voce una nota rassicurante. . «Da parte mia, posso solo impegnarmi ad assolvere all’incarico nella maniera più ineccepibile possibile, e operare nell’interesse della Scuola. È anche legittimo, visti i trascorsi e le ferite ancora fresche, che nutriate qualche riserva nei confronti di chi vi circonda» concesse, guardando ora Megan Haven, ora Daddy Toobl; rivolse loro un sorriso gentile, prima di spostare lo sguardo altrove e procedere. «Tuttavia, ho la sensazione che sarebbe stato necessario ricordarvi, in più di un’occasione, il vostro ruolo di Studenti». Fece una breve pausa, per dare rilievo a quell’ultima osservazione, poi riprese: «Non vedo in che modo mettere in discussione l’autorità del Preside e la sua decisione, frutto – ne sono certa – di una lunga riflessione, giovi al bene, alla sopravvivenza stessa, della Scuola.» Cercò di intercettare lo sguardo di Peverell e chinò appena la testa, in segno di rispetto, nella sua direzione. «Inoltre, presumo che non saremmo qui riuniti se il Preside avesse qualche riserva nei nostri confronti» aggiunse, infine, venendo al punto che maggiormente le premeva. Si era sentita messa in discussione, assieme ai propri colleghi, e, per di più, come se non fosse stata presente. Ragionevolmente, non si aspettava che i suoi Studenti si fidassero di lei, né tantomeno che le volessero bene, ma non intendeva in alcun modo tollerare quella che percepiva come una mancanza di rispetto. «E questa garanzia dovrebbe esservi sufficiente».






Frufrì :flower: Horus, ti aspetto nello studiolo :fru:
 
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kapitän
view post Posted on 25/7/2018, 00:46




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Alcuni incontri sono come danze. Levato il sipario, gli artisti si accalcano sul piccolo palcoscenico, guidati dall’impalpabile galateo della coreografia. Si muovono come i petali di un fiore in timelapse, raggiungono la posizione assegnata dall’affatto fallibile geometria della natura. O della politica.
Per un frivolo come me, tuttavia, il vero metro di giudizio del teatro è la comodità della poltrona. Morbida, ben imbottita… ben venga un moderato grado di usura se i derrière degli spettatori passati hanno lasciato uno stampo ben conformato che accoglie i glutei senza costringere il mio dorso a malsani inarcamenti. Sì, le sedute dell’ufficio del Preside superano il mio severo giudizio. Lascio che gli avambracci nudi cadano morbidamente sui braccioli, immobili, e le linee d’inchiostro sembrano estendersi oltre l’area della pelle, cadere sul pavimento continuando negli intrecci dei tappeti, risalire le pareti attraverso l’orditura degli arazzi.

Esistono alcune quadrighe in cui dame e cavalieri volteggiano infinitamente avvicinandosi gli uni alle altre senza mai toccarsi. Aprono le braccia, distendono le mani, e nel momento in cui le dita stanno per sfiorarsi, le rivoluzioni delle altre coppie li allontanano, costringendoli a seguire i rigidi movimenti del gruppo. E la musica ricomincia, e ancora, e ancora, e ancora… Io, in quelle situazioni, sono il cafone che attraversa la stanza in linea retta e solleva la ragazza dai fianchi con una giravolta fuori tempo. Un po’ come un labrador non addestrato al ristorante di pesce.
Alcuni discorsi sono così, infinitamente equidistanti dal punto di arrivo, come satelliti che orbitano attorno al loro pianeta per milioni di anni prima di colpirlo.

Oh, se il buon Peverell servisse un caffè forte, per una volta! Approfittando della posizione defilata in cui mi sono accomodato, lascio la tazza di tè a me destinata sul tavolino. La zuccheriera, con cui non ho un ottimo rapporto sin dal colloquio di assunzione, la aggredisce immediatamente vorticando il prezioso cucchiaino.

Uno dopo l’altro, gli astanti prendono parola: chi con usuale flemma, chi con ostentata alterigia, chi con affabile schiettezza, chi con pacata ironia, chi con precisa sincerità… e la musica ricomincia, e ancora, e ancora, e ancora…
Gli scrosci di parole dei Capocasa e dei Prefetti sfiorano appena la mia razionalità consapevole, dove sono riassunti in una domanda: “Chi?”. Il mio segretario intellettivo non ritiene di nobilitare il tentativo di alcuni studenti di questionare la scelta del Preside, tentativo che rimane perso nel rumore di fondo e non raggiunge gli stati coscienti della mia mente. Ascolto con innocente insofferenza gli interventi che non rispondono alla domanda cruciale della serata: “Chi?”.
Rimango a lungo in silenzio e non posso fare a meno di notare i due studenti meno ciarlieri, Oliver Brior e Nieve Rigos.

Parole… e ancora, e ancora, e ancora, finché l’aurora non rischiara le ampie vetrate, illuminando gli arazzi delle tonalità del rosso. Mi sembra di essere all’interno di una gigantesca lanterna giapponese. E i raggi del sole si riflettono sugli ammennicoli del Professore come nell’ottica di un telescopio, condensandosi in un unico fascio di luce che colpisce il tavolino da tè come il proiettore di un palco. Le voci dei partecipanti, che ormai non ascolto da tempo, cominciano a confondersi le une con le altre e risuonare in un ritmo cadenzato. Assomigliano sempre di più al testo di una famosa canzone, in lontananza squilla una tromba, e la zuccheriera balla una sensuale danza del ventre, divenendo sempre più simile ad un piccolo elefante rosa.

È il rumore di una tazza che cozza contro al piattino a richiamarmi dal mio – breve? – assopimento. Lo sguardo corre alle finestre e trova un cielo ancora scuro. Mi passo rapidamente la mano nella barba, umettando le labbra con la lingua, evitando che una goccia di saliva esca dall’angolo della bocca. Smuovendomi dallo schienale mi rimprovero severamente, Adone post-moderno, e mi concentro sui discorsi per comprendere che il poker di professori non è ancora stato assegnato alle quattro squadre di studenti. E questo mi sembra inaccettabile.
Mi schiarisco la voce con sprezzata arroganza e, seppur con tono pacificatore, esprimo la mia insofferenza: «Be’, possiamo rivelare le scelte o vogliamo vedere chi pesca il bastoncino più corto?».



Mi scuso per il ritardo. Come anticipato in privato sto tornando in controllo della mia esistenza. Seguirà un messaggio di scuse più ufficioso. :flower:
 
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view post Posted on 29/7/2018, 10:41
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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Quanto era stata retorica la domanda?
E quante si sarebbe atteso che ne sollevasse di vespe?
Qual era il più prevedibile esito di un qualcosa che in fondo era andato solo e unicamente cercandosi? Era già giunto il tempo di pagar pegno? Nonostante l'avesse messo in conto più e più volte, era davvero pronto a pagarne il prezzo? E sin dove era disposto a spingersi, nel farlo? Lente, inesorabili, cadevano come gravi dalla torre le parole di tanti, molti, forse addirittura troppi, che s'andavano incuneando sinistre e fameliche nel terreno all'impatto. Più d'un'obiezione, sicuramente. Alla prima faceva seguito la seconda, alla seconda una terza, e via andare, a fronte di ben dodici teste, di cui almeno quattro erano state preventivamente e significativamente comprate, delle otto rimanenti cosa ne sarebbe stato? Eppure la domanda restava, anzi, si appesantiva: per quanto se la fosse cercata, quanto di tutta quella storia era stata una trattativa, e quanto una semplice sofferta decisione? Comunque fosse andata, la responsabilità sarebbe stata sua. Non c'erano alibi, quanto poi fosse davvero propenso a cambiarla? Ma allo stesso tempo, se non aveva alcuna intenzione di cambiare parere, cos'erano lì a fare? Il che rimandava come in un sottilmente diabolico gioco dell'oca in quanto o non quanto retorica fosse la domanda sia iniziale, che conclusiva: obiezioni? Cos'era lecito attendersi da un ex ambasciatore? Non sarebbe finita con un assalto all'arma bianca, quello era poco, ma sicuro. E considerati i tempi, un giorno trascorso senza incidenti era comunque già molto, e una serie di giorni noiosi e spassionati un dono del cielo, un segno tangibile della sua clemenza. Un cenno dietro l'altro accoglieva ora questo, ora quello, che dopo il silenzio imbarazzato iniziale sembravano via via riacquisire l'ardore perduto, facendosi avanti uno di seguito all'altro. Un'espressione granitica, un volto di cera ad accogliere con la grazia imposta dalle circostanze ora un'obiezione, ora un suo addentellato, infine una sua conseguenza. Qual era il nodo che avrebbero dovuto sciogliere? Esisteva davvero? C'era la necessità di scioglierlo? Lo imponevano le circostanze? Ma cosa andava sgomitando tanto fastidiosamente il buon senso, da ormai diversi minuti? Cosa avrebbe dovuto fare? Quanto la questione era centrale all'interno del sistema? Quanto il rischio sistemico? E se non doveva o poteva anche non essere risolta in quel momento, allora quando? Quanto presto sarebbe dovuta essere riconvocata la medesima riunione, e in quali circostanze? Eppure... ciò che andava fatto, sarebbe stato fatto. Il necessario. Senza spingersi in inutili fughe solitarie. Quanto e quanti di quei timori sarebbe potuto essere condiviso? Quali manifestati apertamente? Cosa c'era in gioco? Quale sarebbe stato un esito accettabile?


Signori, calma e sangue freddo, prego.
Per quanto tale reazione potesse essere prevedibile, e in parte anche comprensibile, non ne sono troppo felicemente sorpreso. Anche a fronte delle mutate circostanze che ci hanno portato qui questa sera, e delle... numerose complicanze che hanno afflitto il Castello negli ultimi anni, vi pregherei sempre di ricordare che stiamo pur sempre parlando di vostri professori, e in quanto tali dovete loro almeno il vostro rispetto. La fiducia e la stima mi rendo conto non possano essere imposte, ma sono altrettanto sicuro verranno con il tempo, se solo lascerete che questo accada. Del resto in questa stanza siete o siete stati quasi tutti miei studenti, seppur in epoche differenti...


Eppure la questione non finiva lì, anzi, tutt'altro.
Era solo un mite inizio, prima d'avventurarsi nella vera selva oscura? E quanto era selvaggia, quali orrori celava alla vista tra le sue frasche? Briganti della peggior specie, e ribaldi in agguato, pronti a calare come un'orda di cavallette su un indifeso campo di grano, falciando e tranciandone di netto le spighe? Scrivendo quello che sarebbe stato un triste epilogo, culminante in una drastica e incontenibile carestia. Chi si celava negli anfratti della selva veramente? E come sarebbe stato possibile e necessario agire? Partì risoluto alla ricerca dello sguardo del Tassorosso, prima di proseguire. L'avrebbe trovato? Era convinto di sì, dopotutto.


Mr Sekhmeth, per quanto capisca le sue domande, lei crede davvero che i professori di questa scuola vengano scelti con leggerezza, o per sorteggio? O ancora peggio crede che affiderei un quarto dei miei studenti a cuor leggero? Come ho più volte affermato anche in altre sedi non è mia intenzione commentare o analizzare quanto è valso per i miei predecessori, ma le posso garantire che per me è imprescindibile che i docenti godano in ogni momento della fiducia del loro preside, qualora questa venisse meno non vi sarebbero alternative se non le dimissioni. Per fugare ogni dubbio i quattro nomi scelti non sono in alcuna maniera riconducibili direttamente ai fatti di pochi mesi fa, in quanto non erano ancora ospiti fissi di questo castello. Nonostante i migliori propositi è anche vero che potrei sbagliarmi, è un'eventualità di cui tener conto, ma sarà fatto tutto il possibile perché non succeda. Vi basta dunque la mia parola? Al termine del nostro incontro avrò un paio di parole da scambiare in privato con il Prof. Midnight, ma se lei o chiunque altro ha sin d'ora dei legittimi sospetti potete attendere fuori, e avrete sicuramente tutta la mia attenzione.

Avrebbero potuto speculare per decenni su quell'eventualità, senza giungere obbligatoriamente alla migliore delle decisioni. In fondo non era possibile prevedere ragionevolmente bene il futuro a comando. Confrontati all'impossibilità della certezza, cosa avrebbero dovuto fare? Quali erano le altre alternative? Non fare nulla? Era davvero un'alternativa? A cosa avrebbe potuto seriamente condurre? Restava il fatto, la decisione era presa, non avrebbe cambiato idea. Ma nessuno sembrava interessato ai nomi, o almeno così pareva. Possibile? Mentre lasciava scivolare lo sguardo da un capo all'altro, dimentico di quella benedetta tazza di The, che sarebbe finita con l'andargli di traverso, un nuovo nodo. Sgranare il rosario non era mai stato un'occupazione particolarmente piacevole, anche senza che qualcuno dall'altro capo del filo continuasse a infilare nuovi grani in quel filo infernale. Dove dovevano essere ritrovate le colpe? E chi era veramente in possesso delle migliori capacità d'indagine? Qualcuno che non le sfruttava? Qual era il punto intorno cui tutta la vicenda girava vorticosamente?

Probabilmente vale la pena spendere due parole anche su un'altra questione, Mr Minotaus, Mr Toobl, grazie dello spunto. Se da un lato condivido la preoccupazione circa la presenza di qualche sostenitore del lato oscuro tra queste mura, quello che più mi infastidisce è la costante campagna di reclutamento che vede il Castello al suo centro, sia da un lato che dall'altro. Posso accettare la presenza di sostenitori e oppositori passivi di Voldemort, non devono rispondere a me di ogni loro pensiero, ma nel momento in cui scelgono di diventare attivi coinvolgendo i nostri studenti divento molto più sensibile alla questione. Ma come dicevo, continueremo a fare il possibile anche nei prossimi mesi, ma tenendo la nostra missione quale stella polare: Hogwarts è una scuola, e tale rimarrà. La nostra sicurezza in circostanze normali dovrebbe essere garantita dal Ministero, così come dovrebbe essere compito loro far luce sugli ultimi eventi, quindi non ho intenzione di 'armare una scuola', o andare a caccia di vecchie conoscenze, Mr Toobl, se è questo che suggeriva. Non di meno, noi faremo la nostra parte, mi auguro che gli studenti faranno la loro, collaborando nei modi e tempi necessari, e spero che le istituzioni ci verranno incontro.

Certo, il barile era stato più e più volte scaricato sulle spalle di Persefone, che non molto lusinghieramente era anche sparita. Era pur vero, però, che in quanto parte del Regno Unito la sicurezza del Castello era solo in minima parte riconducibile a una sua espressa ed esplicita responsabilità, almeno rispetto agli ultimi addebiti. Così come il fatto che di volta in volta, anno dopo anno, le 'indagini' millantate e prodigiose finissero puntualmente in un nulla di fatto non era certo riconducibile alla volontà del Castello. Hogwarts era una scuola, storica, prestigiosa, illustre, e molto altro ancora, ma poco cambiava rispetto al semplice fatto che fosse una scuola. Se poteva essere accettabile, e quasi da incoraggiare, il doverla giudicare per la preparazione dei suoi studenti entro i limiti temporali concessi, ben più azzardata risultava la forzosa pratica di volerla giudicare e trascinare in altri campi. Se il Castello doveva fare conto solo su se stesso, che qualcuno si prendesse la briga di farsi avanti, scriverlo in maniera esplicita, e tutti ne avrebbero preso le giuste misure. Ma quella era un'altra Storia... che molto probabilmente non aveva avuto cuore di portare alle estreme conseguenze con Camille. Ma allora, la più ovvia delle repliche, sarebbe stata se tutto quello che stavano e avevano intenzione di fare sarebbe stata semplice cosmesi. Lo era? In parte sì, ma era indubbio che in tali frangenti anche la percezione avesse la sua parte, in parte no, agivano entro il loro mandato, nel rispetto delle prerogative del Castello, e... degli altri.

Ottimo Christopher, i nomi. Vi posso assicurare essere stato un processo molto lungo, e una riflessione attenta, e rientra tra le prerogative della presidenza la nomina dei quattro direttori, come penso saprete. Ciò nonostante, Mademoiselle Rigos, mi è sembrato giusto invitarvi per discuterne, qualora lo riteniate necessario. Come vi facevo notare poc'anzi, vi pregherei però di tenere a mente che stiamo sempre parlando di vostri docenti, ai quali dovete quantomeno rispetto. Mr Brior da questa sera il professor Channing si occuperà di Grifondoro, Mr Toobl da questa sera la professoressa Morgenstern si occuperà di Corvonero, Mr Sekhmeth da questa sera la professoressa McLinder si occuperà di Tassorosso, e naturalmente Mademoiselle Rose il professor Midnight si occuperà da questa sera di Serpeverde. Commenti?

E così era fatta.
Era poi davvero fatta?
Cosa era lecito aspettarsi?
E cosa avrebbe dovuto fare?
In fondo erano lì per un confronto.
Era davvero così? Tutta cosmesi? Altro?



Se ne riparla il 16 Agosto.
 
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view post Posted on 30/7/2018, 16:32
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18 Anni ▴ Prefetto Tassorosso ▴ V anno
Amber S. Hydra


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e parole di Horus le gelarono il sangue nelle vene. Pensava gran parte di quanto espresso da lui, ma sentirlo parlare con così tanta sicurezza - ed a pochi centimetri da lei - del suo ex professore di volo la colpì come un fulmine a ciel sereno. Aveva fatto lezione con un uomo che, a conti fatti, si era rivelato essere uno degli individui più pericolosi in circolazione. Ancora ricordava quando lo aveva servito da Florian e la poca gentilezza con cui l'aveva trattata, ma di certo non era stato né il primo né l'unico, sarebbe stato impossibile - per lei almeno - prevedere i risvolti degli ultimi anni. Ostinandosi a non dire assolutamente niente, Amber attese che il Preside rispondesse e mettesse fine anche ad i suoi dubbi in via definitiva. Era sicura che l'uomo avesse già preso ben più di una decisione e, personalmente, iniziava ad infastidirla quel suo voler sondare il terreno in quel modo. Avevano davvero voce in capitolo? E se a loro non fosse andata bene l'assegnazione del Capocasa avrebbero potuto dire qualcosa che avrebbe fatto cambiare idea a Peverell? Ne dubitava fortemente. E allora perché erano lì? Forse il suo non essere avvezza alle "cortesie" che in alcuni campi erano dovute, la rendeva particolarmente intollerante a quelle situazioni ma, alla fine, cosa sarebbe cambiato se invece di richiamarli lì, avesse affisso un avviso in bacheca? Non avrebbe posto quella domanda, fin troppo volta a denotare il suo fastidio piuttosto che a dare il via ad uno scambio costruttivo o in qualche modo utile. Prestò attenzione agli interventi di tutti e si soffermò su quello della docente di Divinazione. Sebbene Amber aderisse con estrema convinzione alle regole che vigevano ad Hogwarts, non poteva dimenticare quanto accaduto quando ben più di una di queste era stata infranta ed il confine tra "un luogo sicuro per i vostri figli" e "la tomba in cui ci lasceranno le penne mentre voi sarete distanti e non potrete raggiungerli in tempo" era diventato indistinguibile. Ricordare il loro ruolo di studenti non era quindi così diverso dall'esigere dall'altra parte che anche i professori fossero pronti a difenderli contro ogni possibile nemico e come loro avrebbero dovuto dimostrare di essere studenti degni di Hogwarts anche i Docenti avrebbero dovuto fare altrettanto. Con il tempo, concretamente. No, per Amber non era sufficiente che Peverell si fidasse di loro o che loro potessero sentirsi offesi per la mancanza di una cieca fiducia. Stava bene che l'uomo avesse preso le sue dovute considerazioni, e certamente aveva i suoi motivi per dare loro i giusti crediti, ma questo non faceva scattare nessun altro meccanismo automatico in lei. Era troppo presto perché al rispetto si aggiungesse la sicurezza che nessuno di quei quattro fosse un emulatore di Shinretsu e non poteva credere che questo punto non fosse lampante per chiunque. Apprezzò molto, invece, l'intervento di Channing che, come lei, non sembrava incline a sopportare altri giri di parole. Senza accennare ad un cambio d'espressione, rimanendo quindi seria come all'inizio, tornò finalmente ad osservare il Preside che prese nuovamente la parola. Sarebbero arrivati al definitivo "dunque"? Lo sperava, perché più tempo passava lì dentro e meno i suoi nervi ne avrebbero giovato. Avrebbe voluto discutere di tutta la faccenda sì, ma con Horus, in privato. Tacque quindi mentre le parole di Peverell riempivano la stanza e l'idea di continuare ad assistere in silenzio non parve inizialmente mutare. Esattamente come la sua mente continuava a suggerirle, tra Rispetto e Fiducia c'era una grande differenza e fu un piacere sentirla sottolineare ad alta voce dall'autorità massima lì dentro. Non volle porre troppa attenzione alla precisa risposta che diede ad Horus, e non fece nemmeno in tempo a riflettere su una possibile controbattuta perché la prospettiva che tanto aveva ignorato, venne richiamata in auge dal Preside: seguaci di Voldemort, attivi, ad Hogwarts. Forse non avrebbe dovuto stupirsene tanto, dopo quanto accaduto durante i GUFO di Swan, ma era stata talmente brava a non volerci riflettere che alla fine non aveva fatto altro che vedere il terreno distanziarsi sotto i suoi piedi, promettendo una caduta sempre più dolorosa. Rapida come la stilettata che aveva attraversato la sua mente, la divisione dei Capocasa divenne ufficiale e - con non poco sollievo - Amber accolse il nome della docente di Astronomia, come precedentemente sperato. Immaginava che Horus ne sarebbe stato altrettanto felice, se non anche più di lei. Rivolse un cenno alla McLinder, addolcendo appena l'espressione, per poi andare lievemente - ed appositamente - a sfiorare il braccio di Horus con il proprio, un gesto che avrebbe mascherato il più possibile ma che poteva significare una sola cosa: ci è andata bene. Più tardi era certa che ne avrebbero parlato, ed in effetti era anche un po' ciò che sperava. Mantenedosi in quella scia di silenzio su cui aveva proseguito tutto il tempo, Amber si limitò ad un semplicissimo cenno di assenso e non disse altro. Alla fine erano lì per prendere atto della cosa, dopo avrebbe potuto avere tempo per crucciarsi.


 
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view post Posted on 30/7/2018, 16:58
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Cjhmyup
Le lancette dell’orologio ticchettavano piano, scandendo ogni minuto con precisione svizzera. I secondi si avvicendavano l’un l’altro fino a quando, giunti a sessanta, spostavano la stanghetta più lunga sul minuto successivo.
Dorian ascoltava, pietrificato in un’espressione statica; non accennò ad alcuna smorfia, né tantomeno parve propenso alla sgradevolezza della superbia.
Chi lo conosceva sapeva bene che erano quelli i momenti – al di là del disagio complesso e difficile da spiegarsi a parole che trasmetteva a chiunque lo circondasse – in cui era più pericoloso.
I suoi occhi serpentini scorrevano lungo i corpi degli studenti, seguiva la curva delle spalle e assorbiva una dopo l’altra le loro osservazioni; la linea dura del suo volto era accentuata dalla piega particolarmente inflessibile delle labbra, e persino le sue mani, di un candore votato ad un finezza estrema, restavano immobili. Se di norma era con quelle che si assicurava classe ed eleganza – il loro movimento assecondava le sue arcane ispirazioni interne valicando spesso e volentieri il concetto metafisico del semplice gesticolare – in quell’istante appesantivano la sua figura di cera come pennellate di calce sopra un mosaico.
Per un attimo studiò la superficie del bianco opale che portava all’indice sinistro. Liscio e levigato, incastonato tra due fili di acciaio scanalato, restava sospeso sulla sua pelle irrimediabilmente immobile.
Non un filo d’aria gli usciva dalla bocca.
Assenza di rispetto. Assenza di educazione. Assenza di controllo. Assenza di ruoli. Assenza. Semplicemente: assenza.
Quando Astaroth si avvicinò, portandogli le labbra all’orecchio, Dorian esplose in una risata calda, gutturale, che distemperò la tensione come un acquazzone in un periodo di secca. L’osservazione del prefetto Serpeverde aveva trasceso ogni possibile licenza consentita dal ruolo e si era rivelata di un’assurdità così scomposta che persino lei, di norma superiore, disinteressata, persa nella propria bellezza e distaccata dal mondo circostante, aveva alzato un sopracciglio.
«Mi pare quasi – esordì, dopo aver ascoltato l’intervento fermo e conciliante del preside e quello più salace della collega – che pensiate di avere una qualche sorta di voce in capitolo» si esprimeva con la dolcezza con cui ci si rivolge a dei bambini, le labbra piegate in un sorriso felino.
«Il Professor Peverell, questa sera, dall’alto della sua infinita bonomia e del suo immenso buon cuore – potete credermi quando notifico che non tutti eravamo della stessa idea – ha pensato di rendervi in qualche modo partecipi di una decisione già presa, nella speranza di poter costruire un confronto edificante con persone mature, educate, collaborative, rispettose ed assennate, pronto ad accogliere eventuali suggerimenti» il suo tono si era fatto cortese, insolitamente pacato e piuttosto freddo.
Al di là della sua indiscutibile superbia e del suo modo di fare beffardo e sornione, anche quando era uno studente, fino a non molti anni prima, Midnight non si sarebbe mai permesso di formulare certe osservazioni al cospetto dei suoi insegnanti, né l’atmosfera cupa, pressante, in cui era stato educato gliele avrebbe perdonate.
«Posto che la vostra preoccupazione per il castello è comprensibile e lodevole, e che organizzare la protezione dei suoi ospiti sarà nostra premura, anche se nel privato siete liberi di non rispettarci, di non riconoscere le nostre competenze, la nostra esperienza e i nostri meriti – non è questo affare che ci riguardi –, fintanto che sarete chiamati ad esprimervi davanti ad un’autorità riconosciuta, come è il Preside e come è la figura del docente, non vi sarà concessa una volta di più una simile manifestazione di maleducata confidenza. Spero di essere stato chiaro e che non si ripeta» concluse, trattenendo lo sguardo in modo particolare sul volto dei due studenti Serpeverde.
«Il nostro ruolo non è richiesto come un favore, non è una concessione che ci fate e sarà consolidato in ogni caso. Siete liberi di collaborare per rendere Hogwarts un’istituzione sicura, una scuola efficiente, un posto migliore; o di non farlo, vedendo sminuita dalla vostra stessa mancanza di apertura e di fiducia la posizione di leader che avete conquistato.»
Nonostante la propria durezza, Dorian riconosceva se stesso nella determinazione di alcuni di loro, ma sapeva bene che l'assenza di ordine e disciplina – aveva avuto modo di far tesoro dell'insegnamento arruolandosi tra le fila gli auror – non avrebbe fatto che autodistruggere il sistema dall’interno, agevolando nell'opera chi aveva assaltato il castello.
«Quale che sia la decisone, mi aspetto che riflettiate bene sul vostro comportamento di stasera» concluse, senza ammettere replica.


Voglio bene a tutti, miei piccini, lo sapete; onde evitare confusioni meglio ribadirlo - :bello: -, ma dovete anche capire che siete stati assai birichini. Coi colleghi ci divertivamo ad immaginare il riproporsi di una scena analoga davanti a Piton o, come suggeriva il correttore, davanti a Putin. :fix:
Tu, Memy, a rifare i letti in camerata.
 
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view post Posted on 30/7/2018, 17:55
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qpMAphK
L'indifferenza che lo aveva colto nell'ultimo periodo, male tra pochi dal suo conto, si rivelò in quel frangente pari ad una diffidenza senza precedenti. Non aveva alcuna rimostranza nei riguardi e dell'uno e dell'altra Docente, ma non poté fare a meno - e aveva fatto di tutto per abbandonarsi alle parole esclusivamente del Preside - di spostare con malcelato scetticismo lo sguardo su più di un presente tra quegli stessi insegnanti. Accuse, prese di potere allo stato puro: si parlava del bene di una Casata o di chi aveva più insistenza? Perché una cosa era certa - e il sorriso tornò come vecchio compagno, affiorando alle labbra, rapido e sicuro - ed Oliver lo sapeva più di chiunque altri in quella stanza: credere di aver più rappresentanza di loro, Caposcuola e Prefetti, per una Casata di cui erano più di semplici portavoce, era di gran lunga una vana illusione. Era divertente immaginare il professor Channing, tanto per dire, alle prese con la Signora Grassa per scovare la giusta parola d'ordine d'accesso alla Sala Comune Grifondoro. *La Cicciabomba è dalla nostra parte* diceva sempre Brian, nel suo più caratteristico atto di mancata gentilezza; ed aveva ragione, tutto sommato, l'aveva eccome. Preferì non spiccicare parola alcuna ancora una volta, la tazza portata alla bocca, infine abbandonata nuovamente nel palmo prima della mano destra, poi della sinistra, in ultima scelta sulla scrivania alla quale si era sistemato fin dall'inizio. Sorrise alla sua destra, interrompendo quel discorso nel momento più adatto, senza fretta, paziente come da tempo sapeva essere per davvero. «Professoressa Morgenstern, non siamo solo Studenti.» Affabile, elegante, cordiale. Non c'era falsità nel suo tono di voce, men che meno ipocrisia sul suo volto. Aveva una certa affinità, piacere tra pochi, nei riguardi della Strega cui si era rivolto; la Divinazione, d'altronde, non era soltanto materia di studio per lui. «Siete alla presenza di Caposcuola e Prefetti, siamo esempi, la guida principale di ogni nostra Casata. Abbiamo scelta, l'abbiamo sempre avuta.» Spostò lentamente l'attenzione fino al Professor Midnight, senza dissipare una sola volta quel cenno pacato a fior di labbra. La tazza non più così fumante tornò tra le dita delle sue mani, in una stretta leggera di un contatto banale, fin quando si schiarì la gola all'ultima rivelazione del Preside. La sorpresa, per il Veggente, fu tanto nitida quanto ultima conferma ad una visione dai tratti indistinti, confusi, volubili interamente. «Nieve» chiamò, in un bisbiglio del capo rivolto di fianco, alla ricerca dell'altra; si sarebbe assicurato di una conferma da parte del suo Prefetto, di un eventuale commento alla nomina e alla sorpresa dell'incontro, prima di fare qualsiasi cosa. Partiva dall'interno il rispetto, la decisione, l'ultima analisi; partiva da loro, Oliver lo sapeva e Nieve, in quella stanza, era per lui la persona più importante per quel contesto. Un sorso ancora, dolce e solitario, in un eccesso di zollette di zucchero cui mai si sarebbe sottratto; il primo pensiero alla nomina di Capocasa non poté che andare al Professor White: mentore, amico, confidente, per lui e per più di un Grifondoro, erede della stessa eterna gloria di Godric, esperto di una Casata cui era stato studente, Prefetto, Caposcuola e Capitano in più aspetti. Ma il ricordo di tenebre in avanzamento, la visione di un Futuro ancora da decifrare, forse già compromesso, non fecero insistere quelle riflessioni con dubbi ed incertezze sul nuovo candidato appena promosso. Fu lieto di avere dalla sua parte un Docente che apprezzava, che aveva avuto modo di seguire - anche se non sempre in prima linea - fin dalla prima lezione di Trasfigurazione al castello. Restava tale, per il momento, ma c'era una sensazione di positiva aspettativa in quell'intreccio improvviso. Lasciò definitivamente la tazza, il té finito per bene, sul fondo di ceramica un'immagine a tratti indistinta - per tutti, per chiunque, non per lui -, a tratti limpida. La profezia si avverava in un'essenza di mela, di tepore, di energia. Si alzò dalla sedia con un'eleganza che mai avrebbe trovato stonatura di sorta sulla sua figura; non un anelito di imbarazzo, non incertezza, non confusione. La scelta andava bene, l'aveva detto in un sussurro un attimo prima, lo ripeteva tacitamente con fiducia e sicurezza ultima. Alla conferma di Nieve non avrebbe avuto scusanti né freni di genere. Appena tre passi, la mano sinistra che gentilmente, come in segreto, riparava il nodo di una cravatta - Rosso, Oro, fiammeggiante - già di per sé impeccabile, simbolo e ristoro di un inizio appena partito. Si fece spazio senza interruzioni, un sorriso al primo, un altro al secondo di quei presenti sistemati come pedoni di una scacchiera. L'Alfiere avanzava, si faceva breccia, giungeva all'altro lato della trincea che avevano scelto di condividere. Lo sguardo cercò il volto marmoreo, afrodisiaco perfino per lui, mentre la mano curata - neanche il lavoro da diligente amanuense, pergamena dopo pergamena, era stata capace di intaccarla - si sollevava di grazia e di poco. «È un piacere averla come Capocasa, Professor Channing.» Grifondoro procedeva, attendeva, sanciva in quel gioco la sua prima mossa a speranza futura: Scacco matto. Tornare al suo posto subito dopo sarebbe stato facile e la tazza, ormai vuota, un ricordo di una conferma cui si sarebbe affidato, per onore della sua Casata, per il bene di Hogwarts ancora una volta.
 
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view post Posted on 31/7/2018, 12:48
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▵18▵ Headboy ▵ Evening Uno dopo l’altro i suoi colleghi ed i Prefetti seguirono la scia dei suoi dubbi. Era chiaro a tutti, ormai, che quel sentimento di timore e titubanza non era un fuoco di paglia, ma esisteva stratificato in ogni individuo ed in ogni Casata. Osservò Emily e Daddy prendere parola, seguiti dai loro Prefetti e guardò Oliver, stranamente silenzioso. Sembrava indifferente alla tempesta che si addensava sopra le loro teste, ma non vi badò. Piuttosto, rimase sorpreso dalla diretta domanda di Ly e dalla proposta di Daddy. Non era questo ciò che gli premeva comunicare, ma quando la voce di Astaroth si insinuò nei loro discorsi, un sorriso mellifluo ad incurvarle le labbra carnose, Horus si trattenne dal guardarla. Sapeva che non avrebbe potuto nascondere lo scetticismo che animava il suo sguardo ad ogni parola che lei pronunciava. Ad un certo punto, gli venne persino da ridere: un riso isterico, malevolo che frenò a forza. Chi diamine credeva di essere quella barista? Non gli importavano le sue competenze —quanto poteva importare una materia sibillina e fraudolenta come la Divinazione?—, né gli interessava il suo punto di vista. Astaroth non era che una delle tante ed ognuno dei presenti non poteva vantare, nell’insegnamento in quella Scuola, una presenza più lunga di due anni. Era ridicolo come Astaroth si sentisse punta nel vivo e scoccandole appena un’occhiata indifferente, l’ombra di un sorriso generò una fossetta sulla sua guancia sinistra. Poveretta, pensò, mentre la guardava atteggiarsi: sembrava così affamata di rispetto da dimenticare che dentro quella scuola non erano rimasti poi così tanti pesci. Credeva davvero di essere speciale? Horus passò velocemente in rassegna i volti dei docenti: rimanevano fuori dall’appello Cedric Black e Sirius White. Per quanto non conoscesse Black al di fuori della Scuola, di White era sicuro di una cosa: non avrebbe protetto nessuno. Del resto, tre quarti dell’attacco a Dulwich lo aveva passato svenuto su un marciapiede. Horus non poteva biasimarsi nel pensare che non avrebbe affidato a Sirius neanche lo sgabuzzino delle scope.
La rabbia ed il rancore che aveva provato in tutti quegli anni, allora, cominciò a fare capolino, affacciandosi come una bestia dalle profondità degli abissi della sua coscienza. Trattieniti, pensò, e socchiuse gli occhi, deciso a non rispondere alla provocazione della Morgenstern. Così quando Peverell prese parola, il Caposcuola ruotò leggermente il corpo nella sua direzione, guardandolo ostinatamente in volto. Con decisione, ma con il garbo che lo contraddistingueva, il Preside chiarì ogni dubbio e fugò ogni sospetto. Horus non pretendeva l’assicurazione totale e, anzi, a dispetto del suo discorso, sapeva che Peverell aveva, in un certo senso, le mani legate. Non poteva fare altrimenti. Perciò era più che intenzionato a chinare il capo in un muto cenno d’assenso ed accettare la sua parola. In fondo, era questo che necessitava: che qualcuno ci mettesse la faccia. Non voleva armare nessuno —l’Esercito degli Studenti non esisteva forse per quello?—, né voleva affidarsi al Ministero. Voleva solo un’assicurazione e l’aveva avuta… finché Dorian Midnight non prese parola.
Horus si voltò molto lentamente verso di lui, con una flemma quasi teatrale. La voce di Dorian, calda, morbida e decisa era imperlata di fiele e stillava superbia e giudizio da ogni parola. Quella boria, quella sicurezza fintamente paterna di cui il professore si ammantava gli procurò un’ilarità forse maggiore di quella generata da Astaroth. Ad eccezione di Atena e Christopher, decisi, ma umili, trovava la Morgenstern e Midnight semplicemente ridicoli. Horus era sempre stato un ragazzo ligio al dovere e alle gerarchie: la sua natura ribelle si esprimeva in tanti altri modi, ma negli ultimi anni a quella parte (e soprattutto dopo essere diventato un Animagus), dogmi ed imposizioni cominciavano ad andargli stretti. Si rese conto in quel momento di come il suo ruolo lo costringesse in una spirale dorata che ad ogni respiro si chiudeva sulla sua cassa toracica come un serpente. Era stanco di tacere, ed era stanco di obbedire, così come era stanco di subire e vedere la Morte sfiorare chi amava. Lui aveva voce in capitolo e non lui, ma anche Daddy, Emily, Amber, Mike, Megan, Oliver, Nieve: tutti loro avevano voce in capitolo e nessun ruolo poteva permettersi di chiuder loro la bocca.
Avrebbe volentieri soprasseduto in un’altra situazione, ma non in quella.
Si schiarì la voce, avanzando di un solo passo, la postura eretta, perfetta. Le mani, ancora incrociate dietro la schiena, sottolineavano la marzialità di quella posizione che Horus non sciolse nemmeno per un istante. Il viso, statuario, non era incrinato dalla minima espressione e neutrale sottolineava il profilo fiero del ragazzo. Sostenne allora il profondo sguardo di Dorian e tutto scivolò via. Era l’Istinto che avrebbe parlato, lo sapeva già.
« Danielle Evans. Alisea Halliwell. Micheal Mayers. Sarah Steven. » Esordì con dei nomi, che a molti di loro non avrebbero comunicato niente, ma che per lui rappresentavano una croce che da anni lo perseguitava ancora. « Sono solo alcuni dei nomi di coloro che sono morti nella Battaglia di Ottobre, un’ecatombe che tutti conosciamo bene e che tristemente mi riporta ai fatti recentemente accaduti.» Si riferiva, ovviamente, ai G.U.F.O. di Swan. « Li ho conosciuti tutti, dal primo all’ultimo, ed erano dei Tassorosso. Quando la Battaglia si è conclusa ed io mi sono risvegliato al San Mungo, uno ad uno i loro genitori sono venuti nella mia stanza. Alcuni hanno pianto, altri mi hanno gridato contro. Ero solo un Prefetto, un ragazzino molto più piccolo di tutti quanti, ma i loro genitori sono venuti da me, perché non c’era nessun Capocasa, non c’era nessun insegnante pronto ad assumersi le sue responsabilità. Ed io sono rimasto in silenzio, ad ascoltare, a comprendere, a capire che non potevo biasimarli per essere lì. All’inizio mi ero arrabbiato: avevo rischiato di morire anche io, e così i miei amici, che altro potevo fare? Ero un Prefetto, non un Auror, né un insegnante. Ma poi ho capito: anche se ero più piccolo, anche se ho combattuto per proteggere altri studenti bloccati dalle Passaporte non funzionanti, tutti loro erano mia responsabilità per via della spilla che portavo al petto; una spilla molto simile a quella che ora è appuntata alla mia camicia. » Rimase in silenzio, prendendo fiato; i ricordi di Aster cominciarono a gravitare nella sua mente come satelliti distorti ed artificiosi. Il sangue, l’odore di bruciato, le viscere sparse sull’addome, le ferite, le grida.
« Ho chiesto al Preside di darmi la sua parola non perché non ho fiducia in voi o non veda le vostre qualità, né perché non mi fido del professor Peverell. L’ho fatto perché volevo un’assicurazione, volevo che tutti voi foste presenti e consapevoli. Perché qualunque cosa accada, a quei genitori, parenti, amici, io darò ogni vostro singolo nome. » Passò in rassegna prima Dorian, poi Astaroth e si soffermò poi su Christopher ed Atena. « Qui non si tratta di eleggersi dittatori, né si tratta di dimostrare doti o conoscenze che gli altri non hanno. Si tratta di prendersi delle responsabilità e assicurare a tutti noi che farete di tutto e non scapperete come sono scappati coloro prima di voi. Non potete biasimarci se ci sentiamo insicuri, se abbiamo paura, se siamo forse fragili e se chiediamo al nostro Preside la sua parola anche solo per rassicurare noi, i nostri cari, i nostri amici, i nostri studenti. » Ancora una pausa e gli occhi che tornavano velocemente al volto cesellato di Dorian. La sua voce non si discostava poi molto dai toni finora usati da tutti: accondiscendente, pacata, profonda, gestiva con maestria il discorso senza lasciar trapelare la rabbia che, invece, scuoteva il suo animo.
« Dov’erano tutti quando le mura cadevano? Dov’erano quando Voldemort ed i suoi seguaci... » Pronunciò il nome del Signore Oscuro senza tentennamenti, con la sfida a scivolare sinuosa sulla punta della sua lingua. Non avrebbe ceduto.« ...Sono penetrati nella Scuola? Quando centinaia sono rimasti feriti, altri dispersi? Perdonatemi, signori, se vi sembro arrogante. Ognuno ha vissuto i suoi orrori, sono sicuro che anche voi avete vissuto i vostri come io ho vissuto i miei. Non è una gara, ma a conti fatti, in passato e nell’immediato abbandono di Persefone, poco prima della nomina del nostro attuale e stimato Preside, non ero rimasto che io a rassicurare i genitori dei miei Tassini. E se ho detto loro che Hogwarts sarebbe tornata il porto sicuro di un tempo, che avrei fatto di tutto per proteggere i miei concasati, è perché ci credo. » Il sorriso svanì, lasciando il posto ad un’espressione di cruda freddezza; il disprezzo, abilmente celato nel tono di voce pacato e controllato, non era percepibile, ma dentro il suo corpo serpeggiava come veleno. Quell’astio, quel rancore che sentiva di provare, riguardava non solo chi aveva davanti —sconosciuti—, ma anche se stesso. Era stato debole, incapace, ma ora non più e mai si era sentito padrone di se stesso come in quel momento. Si sentiva cambiato, rinnovato, quasi rinvigorito dalle parole sprezzanti di Dorian, come se non avesse atteso altro: sapeva cosa fare e in fondo non aveva che da ringraziare il professore di Difesa. Misurato, Horus camminava sul sentiero della sua Ragione con sorprendente equilibrio: non sarebbe caduto, per quanto forte Dorian, o chi per lui, avessero tentato di minare la sua stabilità e la sua integrità. Sapeva perfettamente, del resto, a chi doveva fiducia.
« Non sono qui a sindacare la scelta del Preside, sono qui a chiedere una sicurezza. Non è ostentare il proprio ruolo o la propria sovranità che riusciremo a risollevare questa Scuola e vi assicuro, professore, che non è screditarvi ciò che è nei miei interessi. Credo che partire dicendo che non abbiamo voce in capitolo, sia il primo errore; dare per scontato che non sappiamo cosa stiamo dicendo, con tutta onestà, credo sia cominciare a mettere un muro che non dovrebbe esserci. È collaborando e guadagnandoci la fiducia l’un dell’altro che il muro si costruisce, non tra di noi, ma contro ciò che c’è fuori. Sono sicuro che sa di cosa sto parlando, professor Midnight. » Un sorriso fugace, di pura circostanza: era sicuro che no, non sapesse minimamente di cosa stesse parlando. « Per quel che riguarda me, se vi ho mancato di rispetto, me ne dispiaccio e mi scuso; ma se l’offesa è la prima cosa che balza alla mente, quando tutti noi siamo responsabili, in misura più o meno maggiore, allora, con tutto il rispetto, le priorità andrebbero riviste. In ogni caso, sono pronto, per l’appunto, a prendermi le mie, di responsabilità. » Indugiò un ultimo momento sull’insegnante. Infine, si volse verso Peverell. « Qualunque punizione pensiate io mi possa meritare per aver espresso un mio pensiero, signore, sono pronto ad accettarla. Ma la prego di non credere che io stia dubitando delle sue scelte, mi fido di lei, dopo tutti gli anni in cui è stato nostro Capocasa nonché Preside. Ciò di cui avevo solo bisogno era la sua parola, l’ho avuta e mi basta.» Solo allora, definitivamente, tacque. Sostenne ancora per qualche secondo lo sguardo del Preside ed infine tornò indietro di quel passo, riprendendo posto vicino ad Amber; nel farlo, fu tentato di afferrare la mano di Emily, di fianco a lui, ma non lo fece. L’avrebbe cercata dopo, di ritorno dal volo, per affondare il viso nel suo grembo, lasciando che le sue dita gli carezzassero i capelli per sentirsi rassicurato, anche solo per una notte.
Quindi rivolse un breve cenno verso Atena; era felice di quella scelta, molto più di quanto avesse dato a vedere, ma non riuscì a palesarlo, nonostante il rassicurante tocco di Amber al momento dell’annuncio. Placido come l’oceano in superficie, dentro di lui le acque si agitavano in tempesta, una bufera di sentimenti che si accalcava come correnti contrarie. Le avrebbe chiesto finalmente quel colloquio, e allora le avrebbe spiegato: forse fra tutti quei volti nuovi, Atena era l’unica verso cui nutriva un’istintiva fiducia. Lei non li avrebbe mai traditi, e anche se era un pensiero irrazionale basato sul nulla, Horus lo sapeva in fondo al cuore. Ora l’unica cosa che voleva fare era abbandonare quell’ufficio, lanciare la spilla da qualche parte e volare via, lontano, sfiorando con le ali le cime degli alberi della Foresta Proibita, dove nessuno avrebbe potuto impedirgli di gridare.

Horus R. Sekhmeth ▵ [ sheet ] ▵ Let’s lay down our masks, and be true.
[ code by psiche ]



Diddini, Rothini, vi voglio super benissimo lo sapete! :flower:
 
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Astaroth Morgenstern
view post Posted on 31/7/2018, 15:30






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Astaroth detestava il conflitto: riteneva che gli unici scambi di opinione accettabili dovessero concernere, tutt’al più, le preferenze degli interlocutori in fatto di vini o musica. La vita è breve, la giovinezza ancor di più: non intendeva farsi venire rughe d’espressione a causa di quisquilie, tutto sommato, irrilevanti. Certamente, nel mettere piede nello studio del Preside, quella sera, non aveva previsto il proprio coinvolgimento in un dibattito dalle tinte sempre più accese.
L’intervento di Christopher, rimasto silenzioso fino a quel momento, stemperò la tensione che la Strega aveva accumulato nel corso del proprio discorso. La sua domanda, schietta e diretta, denotava una certa insofferenza nei confronti della situazione venutasi a creare, e Astaroth non poté trattenere un sorriso divertito. Spostò lo sguardo su Dorian, a fianco a sé, e ne rimase turbata. Il suo volto, di un’avvenenza sovrumana – opera, si sarebbe potuto dire, di uno scalpello divino – e, al contempo, indiscutibilmente virile, era una maschera che non tradiva la minima emozione; solo le iridi ambrate si muovevano, vigili, per scrutare i presenti.
L’intervento del Preside fu molto più conciliante di quello di Astaroth; indubbiamente, la lunga esperienza di Peverell e il suo ruolo di ago della bilancia, in un momento tanto delicato, lo portavano a celare, molto diplomaticamente, eventuali fastidi. Infine, dopo aver rassicurato gli studenti, rispose alla domanda di Christopher.
Corvonero. Astaroth cercò con lo sguardo i rappresentanti della Casa blu e bronzo. Rivolse loro un sorriso serafico, e si sarebbe profusa in un discorso edificante e rassicurante, se Dorian non l’avesse anticipata.
Quando son Ange esordì, la sua voce dolce come il miele si fece veicolo di un controllato fiume di parole taglienti come lame. Non aveva mai visto quel lato di Dorian: il temibile Professor Midnight, a differenza sua, non fece il minimo sforzo per contenere il biasimo: l’insubordinazione degli studenti si scontrò con un formidabile avversario. Il suo volto non tradiva la minima traccia di emozione, ma lo sguardo avrebbe pietrificato sul posto gli animi meno audaci, mentre le sue parole frustavano l’aria, annichilendo ogni tentativo di ribattere. La Strega non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso di Dorian, intrigata dalla sua terribile bellezza; un sorriso lento si dispiegò sulle sue labbra.
In fin dei conti, aveva perfettamente ragione: fino a prova contraria, la Scuola non era una democrazia. Gerarchie e disparità di ruoli erano il presupposto di un’educazione magica elementare, come quella che veniva impartita ad Hogwarts; forse, proseguendo negli studi, avrebbero trovato maggior liberalità, ma, per il momento, dovevano sottostare a determinate regole. E, in quel momento, pareva che avessero scordato regole e buona educazione. Si guardò attorno: qual era l’età media? Sedici anni? Pur essendo stata una testa calda che amava infrangere le regole, a quell’età, Astaroth non avrebbe mai apertamente contestato Preside e Docenti. A maggior ragione, a distanza di dieci anni, trovandosi dall’altra parte della barricata, non intendeva tollerare alcun attentato alla sua autorità. Non dopo tutta la fatica spesa per arrivare fin lì.
Fu l’intervento di Oliver Brior, fino ad allora rimasto in silenzio, a costringerla ancora una volta a incrinare la sua imperturbabilità.
«Nessuno ha mai detto che siate solo degli studenti, signor Brior» spiegò pacatamente, con un sorriso cortese. «Né era mia intenzione sminuire il ruolo di Prefetti e Capiscuola, perciò mi duole che sia questo il messaggio arrivato a destinazione. Tuttavia, non mi risulta che tra le vostre prerogative rientri quella di contestare l’autorità del Preside, o mettere in discussione i vostri Docenti, insinuandone l’incompetenza o, peggio, l’incapacità di adempiere ad un compito. Un compito che si sono sobbarcati nel vostro interesse. L’eccezionalità dei tempi non è una valida giustificazione per accantonare ogni senso di misura, a meno che non sia il Chaos ciò che speriamo di ottenere. Ma, come sostenevano anche i colleghi,» chinò appena la testa verso Dorian «non è con il disordine che salvaguarderemo questa istituzione.» Fece una breve pausa.
E fu allora che Horus Sekhmeth fece traboccare il proverbiale vaso.
Sarebbe stata mossa dai suoi toni patetici, se non avesse percepito la sua ostilità sin dal momento in cui si era accorta della sua presenza? Continuò a scrutarlo con freddezza. Avrebbe dovuto fingersi commossa, nell’udire quell’epitaffio dai toni tragici? Attese che terminasse di parlare. E attese. Ma tra pennellate drammatiche e picchi di vittimismo, il Tassino era un fiume in piena. Dopo aver incrociato le braccia, Astaroth fece tamburellare le dita della mano destra sul gomito sinistro e trasse un profondo respiro, prima di dipingersi sulle labbra un sorriso accondiscendente. No, proprio non le riusciva di provare empatia, e si meravigliò di sé. Era davvero opportuno, in quel contesto, il suo intervento?
Horus, poi, si lanciò in un elogio delle proprie virtù, calcando la mano sulla difficile posizione in cui era venuto a trovarsi durante l’attacco e nei giorni successivi. Di cattivo gusto, si trovò a pensare, ma continuò a sorridere; si guardò discretamente intorno, per cercare di decifrare le espressioni dei colleghi, alla ricerca di un accenno di dissenso, o di fastidio. Poi, riportò lo sguardo sul viso del Caposcuola.
Dulcis in fundo, arrivò quella che aveva tutto il sapore di una minaccia, per quanto maldestra: «Perché qualunque cosa accada, a quei genitori, parenti, amici, io darò ogni vostro singolo nome». Astaroth trattenne a stento una risata, di fronte a tale senso di importanza. Superfluo, dal momento che avremo già tutti i riflettori puntati addosso, si ritrovò a pensare.
Proseguì su questo tono, senza risparmiarsi pennellate tragiche, quando sentiva il pathos del discorso scemare, e concluse con un mea culpa molto retorico, dichiarandosi pronto ad accettare qualsiasi punizione gli venisse inflitta per aver espresso il suo pensiero.
«Signor Sekhmeth, siamo qui proprio per evitare che una situazione come quella di ottobre si ripeta. Il suo comportamento, in quell’occasione – ne sono certa – sarà stato indubbiamente lodevole, e tutti avrebbero qualcosa da imparare dalla dedizione da lei dimostrata nei confronti della sua Casa» disse, melliflua, assicurandosi che nemmeno una briciola di sarcasmo trasparisse dalle sue parole. «Ma noi Docenti, qui e ora, abbiamo ribadito la nostra responsabilità: ci siamo impegnati affinché nessuno studente, presenti compresi, debba più sobbarcarsi un onere del genere. Come dovrebbe essere» sottolineò. Decise di accantonare, almeno per il momento, il discorso sui ruoli: comprese che nessuno in quella stanza era disposto ad ammettere di ricoprire una specifica posizione all’interno di una gerarchia scolastica, per quanto fosse un fatto innegabile. «Quella che si legge tra le righe del suo discorso è un’accusa di superficialità: lei dice di aver voluto la parola del Preside perché noi fossimo consapevoli.» A fatica si trattenne da osservazioni troppo salaci, ma riuscì a proseguire, evitando quella trappola con la leggerezza di un petalo. «Oh, mi creda: lo siamo. Lo siamo dal momento in cui abbiamo accettato di diventare Docenti di questa scuola, in un momento storico tanto delicato. Ritiene che non mi sia mai sovvenuto che tra i miei doveri rientri quello di proteggere gli studenti da eventuali pericoli?» Sottolineò la propria domanda retorica arcuando appena un sopracciglio. Ricordava bene il colloquio con Peverell. «Volevate che il Preside vi rassicurasse; desiderate che vi diamo la nostra parola? L’avete già. L’avevate nel momento in cui ciascuno di noi ha messo piede, per la prima volta, nella rispettiva aula» e, così dicendo, indicò i colleghi. «Quanto al resto, è vero: noi non c’eravamo, quindi ha poco senso discuterne. La nostra presenza qui dovrebbe garantirvi il nostro impegno per il futuro, ma, a quanto pare, non è sufficiente. Laddove la vigilanza costante, di questi tempi, è necessaria, sminuire qualsiasi tentativo costruttivo di tutela preventiva, sulla base di sospetti e accuse ancora privi di fondamento, è controproducente.»




Davo per scontato che non fosse necessario ribadire l'ovvio, cioè la distinzione ON/OFF, ma non si sa mai :ihih: Preventivamente, quindi, ribadisco, sulla scia di Dorian e Horus, che non ho inserito nomi nella lista nera in seguito a quanto letto in questo topic.
Horussì, preparati a ricevere mie notizie :bello: Soon.
 
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view post Posted on 31/7/2018, 23:40
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entropia.

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La rapida successione degli interventi mise a dura prova la resistenza di Nieve in un modo che non si sarebbe mai aspettata. Dapprima, fu il turno della McLinder che, nei toni della schiettezza, mise da subito in chiaro quali fossero le priorità da tenere in conto; e, se per un verso la docente stimolò la riflessione della Grifondoro contro ogni forma di personale avversione, per un altro ne prostrò il coraggio con l'altitudine delle aspettative. Nella mente di Nieve, continuava a risuonare l'eco di una frase e della gravità di cui era imbevuta: "il destino del castello è nelle vostre mani più di quanto possiate immaginare". La serietà spesa nel pronunciare l'intero discorso pareva essersi addensata nella battuta finale, riducendo tutto a quell'ultima chiusura. C'era una certa buona dose di logica e ragionevolezza nelle parole della bella docente dagli occhi blu e, insieme, una sfumatura di involontario eccesso, che ben si allineava al tenore dello sforzo richiesto a Prefetti e Capiscuola fino a quel momento.
A volte, incolpevolmente, gli adulti commettono l'errore di sovrastimare le capacità di sopportazione degli adolescenti, incapaci di cogliere il fisiologico tormento che si accompagna per forza di cose a quel particolare momento della vita. A Hogwarts e, in specie, nella torre del Preside, l'impressione generale era che gli adulti avessero dimenticato per buona parte del tempo di avere a che fare con dei ragazzi – brillanti, capaci, discretamente giudiziosi, ma pur sempre ragazzi – e si fossero ricordati della loro subalternità solo di fronte ad una sfacciataggine a tratti sovversiva. Con un briciolo di deferenza in meno verso il potere e la netta distinzione dei ruoli, Nieve avrebbe trovato il coraggio di fare presenti le proprie perplessità: gli adulti chiedevano ai ragazzi di indagare, fidarsi e collaborare con una maturità che questi ultimi non possedevano per ragioni anagrafiche; allo stesso tempo, si comportavano a loro volta da ragazzi quando sentivano minacciata l'autorità che gli apparteneva come docenti. Se non anche prima, il diverso spessore degli educatori schierati emerse proprio nel confronto coi modi del professor Peverell.

Nonostante l'ansia generata in Nieve dalle parole della McLinder, furono tuttavia le battute successive a determinare in lei lo scompenso che l'avrebbe portata a tacere risolutamente. Nell'osservare le reazioni di Astaroth di fronte allo sproloquio borioso del Midnight, la Grifondoro trovò una conferma che aveva mancato di cogliere nel tempo: l'amica non soltanto condivideva la linea di pensiero dell'altro, ma lo approvava al punto da averne mutuato i modi squisitamente affettati. Nieve osservò la sua protettrice rispondere a Horus e lo fece con un'espressione incredula, non meno che delusa. Non era possibile, si ripeteva. Come aveva potuto essere così cieca – ancora! – da non cogliere i segnali? Possibile che Astaroth non fosse poi così dissimile dalla persona che più aborriva sulla faccia della terra? Indietreggiò sulla poltrona senza avvedersene finché le spalle non trovarono il supporto dello schienale; vi si abbandonò, mentre i polpastrelli sfioravano appena l'orlo di tazza e piattino. Aveva il cuore che batteva forte nel petto e il respiro corto di chi è in preda a un affanno. Allontanò lo sguardo dal duo, incapace di venire a patti con una tale rivelazione. Tornò ad alzarlo solo quando Oliver richiamò la sua attenzione.

«Mh?» fece, confusa.

Il cenno d'assenso che gli rivolse fu quanto bastò a riportarla alla complessa facciata altra della medaglia, rivelata dal Preside pochi istanti prima. Nel prendere atto dell'assegnazione del professor Channing a Grifondoro, Nieve aveva arricciato il naso e condotto inconsapevolmente la mano alla tempia per sfiorare il punto in cui aveva proceduto all'estrazione del ricordo. Si era curata di distogliere l'attenzione dal docente di Trasfigurazione e l'intervento di Astaroth aveva fatto presto a servirla in tal senso. Mantenne la medesima linea – aveva gli occhi fissi sul pavimento, nel punto in cui le gambe tozze della scrivania toccavano il marmo – perfino quando scorse la figura di Oliver, al suo fianco, abbandonare la poltrona. Lo conosceva abbastanza da immaginare cosa stesse facendo, ma decise di non assecondarlo. Si allungò un istante per depositare tazza e piattino sul vassoio di passaggio, dunque tornò a cercare il conforto dello schienale.
A sguardo chino, si sentì mancare alla prospettiva di venir meno alla visita notturna presso l'ufficio di Astaroth, quella sera come in futuro. Sfiorò la fronte con la punta delle dita e chiuse gli occhi.


Vi odio tutti senza riserve, che sia chiaro!


Edited by ~ Nieve Rigos - 1/8/2018, 01:02
 
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view post Posted on 6/8/2018, 22:44
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Nonostante il lento e progressivo annuvolamento non fosse ancora terminato, con spessi e instabili cumulonembi carichi di elettricità e ben visibili all’orizzonte, le rassicuranti e cortesi parole del Preside contribuirono a sollevare una ventata d’aria fresca, in grado per lo meno di placare i primi dubbi del Serpeverde e di portare un primo sprazzo di luce. La scuola non si sarebbe armata e l’Antimago avrebbe continuato a svolgere il proprio dovere per accertare le varie responsabilità; insomma, la scuola non avrebbe agito da sola ma, in tutto questo, che ruolo avrebbero avuto i docenti? Il tutto poteva essere derubricato ad una semplice sorveglianza straordinaria? O di una qualche nomina di facciata, per dare un aspetto più rassicurante all’intera gestione scolastica?
Ipotesi e argomentazioni si susseguivano in rapida velocità, non lasciando al Prefetto nemmeno il tempo di godere appieno dei benefici di quella prima e rasserenante folata di vento. Possibile che il clima continuasse ad essere così instabile?
Midnight, Morgenstern e Sekhmeth contribuirono, loro malgrado, ad alimentare il duro confronto e già i primi fulmini iniziarono a comparire all’orizzonte; se qualcuno non avesse iniziato a tirare le redini del discorso, e gli occhi del Serpeverde indugiarono ben presto sul Preside, ci si sarebbe potuti ritrovare nel bel mezzo di una burrasca.
In quel contesto divenuto ormai ostile, più di un silente interrogativo avrebbe accompagnato la riflessione del giovane. Perché parte del corpo docente ostentava a porsi su un piano di manifesta superiorità, quando il problema della salvaguardia del castello avrebbe dovuto unire tutti sotto il medesimo tetto?
A legittimi dubbi seguirono risposte stizzite, come a voler derubricare l’importanza e l’esperienza di Prefetti e Caposcuola, a cui veniva richiesto un onere che andava ben oltre i loro attuali ruoli. Uno sguardo sfuggevole avrebbe voluto incontrare le iridi argentee di Miss Rose, per coglierne l’eventuale disponibilità ad un futuro confronto, possibilmente già nel corso della successiva ridiscesa verso i familiari sotterranei. Sarebbe bastato per chiarire la situazione e far fronte comune a quella novità?
E quanto sarebbe stato disposto ad assecondarne gli intenti?

Il gioco fu presto fatto e, proprio alla nobile casata di Salazar sarebbe stato assegnato il Professor Midnight. Mentre la tazza da tè sarebbe verosimilmente passata in secondo piano per tutto il resto della serata, un leggero e involontario tremolio del braccio destro avrebbe accompagnato l’annuncio di quell’infausta sorte. Perché proprio a loro? Rapido e intenso, il primo pensiero sarebbe corso ancora una volta verso l’amata Tassorosso; tra sarcasmo e complicità, come avrebbe preso la notizia?
Cercando di non far trasparire quel suo sentimento, Mike provò a normalizzare i suoi pensieri con una respirazione lenta, profonda e cadenzata. La superbia del docente confermò l’enorme distanza tra i due, giustificando a conti fatti quel rapporto mail nato. In quel contesto, tuttavia, il suo rispetto al Preside e alla scuola lo avrebbe fatto desistere da qualsiasi altro tentativo di replica, almeno in quell’occasione. Aveva compreso la scelta, anche se non ne comprendeva i modi e gli interpreti.
Dietro quella maschera di apparente compiacenza, Mike stava già maturando l’idea di quello che, in fondo, sarebbe stato il suo ruolo: al fianco dei giovani Serpeverde, sempre e comunque, anche a costo di vedersi costretto ad un ruolo di mera opposizione, in un contesto decisionale radicalmente mutato.

 
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view post Posted on 12/8/2018, 19:52
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FUOCO ALLE POLVERI
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Atena sollevò una mano e con le dita sfiorò il bordo della tazzina, quasi sovrappensiero. La ceramica era fina, liscia e pregiata, nella luce della stanza sembrava che l’orlo fosse percorso da una striscia dorata, e che alcuni arzigogoli ne decorassero l’intera superficie. La bevanda, immobile, aveva ormai perso il suo calore.
Con gesti lenti avvicinò la tazza alle labbra; socchiuse gli occhi, assaporandone il profumo, prima ancora del gusto. Il liquido ambrato aveva un retrogusto acre, ora che si era raffreddato, e sul fondo galleggiavano i residui delle foglie della miscela. Provò a muovere la tazzina tra le mani, ma quelli rimasero dov’erano, ondeggiando appena come anemoni sul fondale di un oceano. Stagnavano, privi di sostanza, come corpi svuotati dopo aver compiuto il proprio dovere. Con un sospiro Atena posò nuovamente la tazza al suo posto; anche quella conversazione sembrava aver compiuto ormai il proprio dovere, e il sapore acerbo rimasto impigliato tra le papille gustative pareva voler esaltare l’atmosfera pungente della stanza.
Gli interventi di Dorian e Astaroth fendevano l’aria come stiletti appuntiti, palesando senza preamboli l’opinione condivisa degli Insegnanti presenti; ammirava la lucidità e la fermezza del loro pensiero, in tempi oscuri i facili compromessi divenivano insidie pericolose, specchietti per gli sprovveduti e discesa verso la rovina.
Restò invece sorpresa dalle insinuazioni sollevate da alcuni Studenti, quasi con impertinenza, arrivando addirittura a mettere in dubbio le stesse autorità che avevano di fronte: non avevano forse avuto modo di conoscersi nei mesi – o negli anni – trascorsi insieme? Dove affondava le sue radici una tale insicurezza?
Alla luce di simili interventi, trovava invece più lecito chiedersi se non dovessero essere loro - i Docenti - a dover dubitare dei ragazzi in cui avevano riposto fiducia.

«Che vi piaccia o meno esistono gerarchie e ruoli da rispettare. Senza di essi sarebbe il caos, e probabilmente la fine di Hogwarts. La vostra presenza qui non è dovuta, il Preside ha l’autorità di prendere decisioni senza interpellarvi né render conto a voi delle proprie scelte. Se così non fosse, regnerebbe il disordine. Siete Caposcuola e Prefetti della più prestigiosa Scuola di Magia del Paese - lo sguardo si spostò su Oliver, proseguendo poi verso i Corvonero - da voi ci si aspetta maturità, educazione - semplice buon senso. Sono le basi di una civile convivenza. L’impertinenza non è giustificata - si voltò in direzione dei Serpeverde - in alcuna maniera e per nessun motivo il tono rimase pacato, ma fermo: comprendeva la straordinarietà degli eventi che li avevano investiti, i timori, i dubbi, l’incertezza, la divergenza di opinioni – poteva forse biasimarli, del resto? - ma esistevano limiti che non andavano oltrepassati.
«Tuttavia se siete qui è perché riteniamo la vostra partecipazione appropriata, da ora ai tempi a venire. Non sentitevi più importanti del dovuto, sentitevi invece responsabilizzati. In realtà vi stiamo caricando di un fardello, e forse non ve ne rendete nemmeno conto.
Ci precede un passato costellato da errori e ferite profonde, è vero, ma siate consapevoli che dal momento in cui avete fatto il vostro ingresso in questa stanza è iniziato un nuovo ciclo, per evitare che ogni cosa accada di nuovo. Di tale processo vi è stato permesso, e richiesto, di far parte. Sono certa che tutti concorderete su questo. Vi si chiede responsabilità e maturità, per la nostra Scuola ed ogni singolo Studente. Mi auguro che possiate dimostrarvi all’altezza dei vostri ruoli, quali intermediari privilegiati tra i membri delle vostre Case e ciascuno di noi».

Le assegnazioni erano quindi state rivelate, le linee tracciate. Ciascuno sapeva a cosa andava incontro, o poteva facilmente immaginarlo.

Atena appoggiò la schiena alla sedia; dalla finestra arcuata si intravedeva il cielo limpido delle sere d’estate: cantava sempre la stessa melodia, quieta e rassicurante, di un Altrove immune alle vicende umane. Avrebbe voluto abbandonarsi a quell’Altrove, annullando ogni altro pensiero; l’incontro si era prolungato a sufficienza, per i suoi gusti, e i discorsi minacciavano di farsi noiosi e infruttuosi. Da quanto tempo erano lì? Sicuramente troppo. Con lo sguardo cercò un orologio appeso alla parete, senza tuttavia riuscire nella sua impresa. Rinunciando, si soffermò invece sui profili composti dei giovani Tassorosso. Non aveva mai avuto modo di interagire con Amber e se i dubbi o la disapprovazione avevano portato tumulto tra i suoi pensieri, non lo aveva dato a vedere. Si era limitata ad ascoltare, senza intervenire, dando sfoggia di un atteggiamento misurato e ponderato ammirabile per una ragazza della sua età.
Conosceva invece Horus. Aveva seguito le sue parole con la mano posata sul mento e le dita davanti alle labbra, attentamente. Anche lui, esteriormente, aveva mantenuto un atteggiamento controllato, eppure dal modo in cui parlò era palese che qualcosa - forse rimasto silente per troppo tempo - si agitasse nel suo animo. Sapeva tuttavia che non era uno sprovveduto, in più di un'occasione si era guadagnato la sua stima, e mai come in quella circostanza sentì il bisogno di confrontarsi con il ragazzo a tu per tu, non appena le acque si fossero calmate e i pensieri riordinati.
«Sekhmeth, desidero vederla nel mio Studio, domani o nei prossimi giorni, quanto prima.» intervenne, prima che ulteriori discorsi si riversassero su di lui. Anche l’atteggiamento del giovane, del resto, era una responsabilità di cui doveva - e voleva - farsi carico, personalmente.

Il dado era tratto, i cerchi dovevano essere chiusi. Era tempo di iniziare.

ATENA MCLINDER | DOCENTE DI ASTRONOMIA



Perdonatemi, e non ve ne risentite, se ho parlato in generale senza scendere troppo nello specifico, ne sarei uscita pazza :ugo: Ovviamente vi amo tutti!
Horussini, ti piglio e ti porto nel mio studio, non hai più scuse! *frufru :fru:
 
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view post Posted on 14/8/2018, 19:38
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Emily Claire Rose

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« … stiamo pur sempre parlando di vostri professori, e in quanto tali dovete loro almeno il vostro rispetto. »
A quelle parole, Emily chinò di poco il capo. Come altri, le sue intenzioni non erano certo volte a mancare di rispetto quanto più a sottolineare che, proprio questo, era l’unica cosa che potevano pretendere da loro. Non poteva parlarsi di fiducia né di certezze: i Docenti erano soltanto le ennesime persone, in quel Castello, a cui bisognava fare attenzione. Nessun conto personale, nessun illegittimo rancore; semplicemente, Raven aveva aperto gli occhi dei molti ciechi che abitavano quella scuola: il Nemico poteva celarsi tranquillamente tra loro.
*Il Nemico*; a volte non si rendeva minimamente conto di come e di quanto riuscisse a distanziarsi così nettamente da Esso pur nascondendosi tra le sue fila. Tieniti stretti gli amici, più stretti i nemici; bastava ricordarlo per allontanare il disgusto? Bastava pensare al motivo per cui lo stava facendo per ergersi a candida Eroina?
A quelle domande piombate nel silenzio spettrale della sua mente, Emily cercò Horus. Gli occhi cinerei di Lei tentarono di catturarne l’attenzione, illuminata da un’impercettibile ombra di spavento che Lui, e Lui soltanto, avrebbe potuto cogliere e comprendere. La mano corse ad accarezzare un marchio invisibile tra indice e pollice, i pensieri a ripararsi lontano dai Timori.
Per non dare troppo nell’occhio, tentò di concentrarsi sul fiume di parole del Preside. La risposta alla sua domanda precedente era ovvia eppure la ricercava, con ardore, nella voce dell’Anziano come a volervi trovare inutile rassicurazione.
Il momento che in molti stavano attendendo era infine giunto ed Emily non si meravigliò della scelta. Voltandosi verso Dorian nell’esatto momento in cui Peverell accostava i loro nomi, le iridi d’argento si imbatterono col suo volto perfetto. Che peccato, si ritrovò a pensare, un così bel faccino sprecato dietro inutili discorsi da novello dittatore.
Una cravatta allacciata per bene non avrebbe fermato nessuno dall’usarla come cappio.
Continuava a non capire perché gli animi dei Magnifici Quattro continuassero a scaldarsi tanto. Ognuno sembrava sentirsi in dovere di giustificarsi, fare ramanzine e innalzarsi a paladino della propria Persona. Sopracciglio alzato, Emily li aveva ascoltati tutti: commentare, discutere o cercare un confronto era pressoché inutile, *fiato sprecato*. Se volevano passare il tempo ad imporsi con parole vane e pretensione richieste, Emily avrebbe fatto finta di ascoltarli per poi farsi una risata appena uscita da quell’ufficio. Avrebbe poi trovato il modo di rendere pacifica quella convivenza e sfruttarla a favore di troppe volte citati obiettivi che, fino a prova contraria, sembravano tutti voler condividere.
A tal proposito, non le sfuggì la particolare cura che il Professor Midnight aveva adottato nel rivolgere a loro, eredi di Salazar, le sue ultime parole. Piegando di poco il capo, la risposta di Emily sembrava aprirsi nitidamente sul volto maturo e costellato da efelidi: “l’aspetto al varco fuori”.
Con le braccia ora incrociate al petto, tipica posizione che assumeva quando qualcuno l’infastidiva o voleva tenersi a debita distanza da una situazione ridicola, piegò lo sguardo in direzione del Prefetto di Corvonero: lei sì che aveva un bel caratteraccio. Gli angoli delle labbra rosse e carnose si piegarono appena immaginando la di lei reazione.
Riguardo alle parole di Horus, invece, Emily non pensò di poter essere più orgogliosa di Lui. Nemmeno per un istante aveva abbandonato il suo volto o il suo fianco. Pochi o nessuno – e tra questi non rientravano certamente i Docenti designati a guidarli – potevano realmente comprendere cosa era accaduto tra quelle mura più di Lui, più di loro due.
Non si sentì in grado di aggiungere altro, Horus aveva parlato anche per Lei senza nemmeno saperlo. Il desiderio di prendere la sua mano fu così forte e tangibile nell’aria che accarezzava l’eco delle sue parole, che la Serpina dovette unire i palmi al grembo e rivolgere lo sguardo altrove. Ci sarebbe stato tempo anche per quello.
Infine, Atena McLinder, Docente di Astronomia che, il giorno in cui venne presentata agli studenti, Emily restò a fissare come incantata. Che Peverell avesse deciso, di sua sponte, di rallegrare le aule con l’ausilio Professori usciti da un concorso di bellezza - indetto da Madama Piediburro - era divenuta una plausibile realtà.
Tuttavia, al di là della vellutata voce soave, Emily si ritrovò con suo malgrado e sorpresa, a trattenersi nuovamente dal parlare.
« Mi auguro che possiate dimostrarvi all’altezza dei vostri ruoli.»
*Mi auguro che possiate dimostrarci all’altezza dei vostri ruoli*
Doveva assolutamente muoversi o rischiava di scoppiare in una fragorosa risata, tutt’altro che rispettosa questa volta.

Mike?, un richiamo flebile che sfruttò la breve pausa dai discorsi senza senso e utilità andò a cercare il Prefetto Verdeargento. Sicura che il ragazzo comprendesse quel tacito invito, Emily iniziò a ricoprire la piccola distanza che la divideva dal Docente di Difesa. Con passi lenti e cadenzati, lo sguardo impassibile e concentrato sui lineamenti perfettamente illuminati dell’uomo, l’aveva raggiunto.
Nell’aria carica di parole non dette e discorsi ancora da affrontare, tese la mano al giovane uomo.

« È un piacere averla nella nostra Casata. »



code © psiche



Mi scuso per il frettoloso, confuso post. Poiché son già stata punita a suon di letti-da-rifare, tanto valeva godermi la causa scatenante di tale condanna :gelatonissimo: Non odiatemi :flower:
Narciso, ora non puoi sfuggire ad una mia role. E stringimi la manina ché sennò ci resto male!

 
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view post Posted on 15/8/2018, 10:01
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Sembrava di essere al cospetto di una grande famiglia.
La Morgenstern, aveva preso il ruolo della zia cinica e decisa, quella dal polso di ferro, che se dicevi una parola storta ti dava un bello scappellotto sulla testa.
Midnight, invece, si era imposto a loro come un padre di famiglia, sancendo che quello che decidevano i “grandi” non era discutibile e che loro, figli screanzati, dovevano andare a letto senza cena.
Mancavano all’appello il professore di Trasfigurazione e la professoressa di Astronomia, che nella famiglia giocavano rispettivamente il ruolo dello zio ubriacone, che poco gli piaceva cincischiare ma tanto bere, e quello della nonnina premurosa, la quale capiva i suoi amati figli, ma non accettava le insubordinazioni.
Tutto questo si manifestava sotto gli occhi del nonno e capostipite della famiglia, tale Peverell, che, nonostante lo avesse visto anche in vestaglia, giocava il ruolo di chi portava i pantaloni e decideva sul da farsi.

Alzando le mani in aria alle affermazioni dei familiari, come a dire che proprio non avevano capito nulla della situazione, Daddy, fece uscire dal suo volto il classico sorriso da adolescente divertito.
Veramente pensavano che loro non avessero voce in capitolo? Veramente pensavano che loro non potessero parlare in quel contesto perché “troppo giovani e immaturi”?
A quelle affermazioni avrebbe fermamente risposto sottolineando che i professori senza di loro erano solo e soltanto degli uomini che fendevano la bacchetta in aria, nulla più, ma rimase in silenzio, giusto per evitare detrazioni di punti.

In quel contesto, fatto perlopiù di accesi scambi di pensieri e percezioni delle decisioni del Preside, il giovane spostò lo sguardo su quest'ultimo per dirgli:


«Non intendevo proprio di ricorrere a delle vecchie conoscenze, piuttosto di chiedere supporto a chi fa questo di mestiere. Insomma, mi rendo conto che il rischio di avere a che fare con chi ha a che fare con Tu-Sai-Chi è rinvenibile anche in questo modo, ma non esiste un tagliatore di teste capace di difenderci? Non esiste nessuno capace di contrastare gli attacchi di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?
Possibile che non ci sia nessuno in grado di mettere un punto fermo in questa storia?»


Non aggiunse altro su quella questione e preferì nuovamente non proferire quel nome, anche se Horus gli aveva spianato il terreno.
Dire in maniera sfrontata la parola “Voldemort” avrebbe potuto sancire danni, primo tra tutti che era un adolescente devoto alla fazione del bene e sicuramente, renderlo pubblico, non era un bene.
In quel gioco bisognava bluffare, mostrarsi il meno possibile per poi partire in attacco quando ve ne era la possibilità.
Per alcuni secondi pensò di lavorare con la Legilimanzia sulle persone che aveva vicino a lui. Poteva essere interessante percepire i loro pensieri ora che erano così vicini a quel discorso tanto scomodo, ma evitò solo ed essenzialmente perché chiunque si sarebbe potuto accorgere di quella invasione mentale.
Osservando i presenti, rimase per alcuni istanti ad osservare Oliver, il quale era decisamente pacato.
Era evidente che quell’atteggiamento serafico fosse una maschera buttata lì per mostrarsi sicuro di sé, ma comunque era interessante quella sua reazione, decisamente poco incline al suo carattere.
Al contrario Daddy non rimase per nulla sorpreso da Emily e Horus. Lei era decisamente più fredda e distaccata di lui, che era un combattente nato, uno che probabilmente a costo di far star bene chi amava si sarebbe anche spaccato la testa.

Facendo un cenno a Megan non appena venne annunciata la loro Capocasa, si girò verso di lei per poi sorridere.
Era una donna avvenente, non ve ne era alcun dubbio, ma la cosa che più gli era piaciuta di lei in quel dibattito era stata la capacità lessicale, decisamente elaborata e ottima per il confronto con la loro Casata.
Allungando la mano nella direzione della Strega, disse:


«È un piacere averla tra noi Professoressa. Per qualsiasi cosa resto a sua disposizione, anche per un caffè nel suo studio per delineare il piano di azione per la nostra Casata.
Corvonero è del tutto insicura da quando è stato attaccato il suo Capitano di Quidditch durante i G.U.F.O., bisogna porvi rimedio.»


Non aggiunse altro, attese solamente la risposta della donna per poi voltarsi nuovamente verso Peverell, prossimo a congedarli.
Se c’era una cosa da fare in quel momento era ricominciare.
Corvonero era spaventata da ciò che era successo, essenzialmente per due motivi: l'attacco a Patrick Swan e la scoperta di Raven Shinretsu come Mago Oscuro.
Due Corvonero, due facce della stessa moneta che indicavano il bianco e il nero.
Come si poteva immaginare Corvonero era sempre stata di un grigio abbastanza evidente. La concezione di bene o male era opinabile, specialmente tra di loro, menti sicuramente più argute dei normali studenti di quel castello.
Ora più che mai dovevano gestire la situazione e dare un freno a quello scempio. Partendo dalla e con la Morgenstern avrebbero raggiunto la vetta.





Edited by Daddy E. Toobl - 17/8/2018, 12:05
 
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I'M OUT OF HERE
Non aveva nulla da dire, non più di quando aveva già detto. Aveva ascoltato in silenzio, non compreso e aveva detestato ogni singola parola detta all’interno di quella stanza. Sembrava che tutti si divertissero a girare il coltello nella piaga ed era divenuto quasi insopportabile. In quello stato sentiva di non essere la sola, le bastava volgere lo sguardo verso i suoi colleghi e capire che non era pazza e questo la sollevava. Non riusciva a digerire il fatto che fossero tutti stati chiamati per assistere ad un qualcosa che era stato già deciso. Allora a cosa serviva la loro presenza? Se le loro opinioni erano scambiate per mancanza di rispetto che cosa era stato chiesto a fare il loro intervento? Si sentiva presa in giro e non lo tollerava come non accettava ciò che si era creato all’interno di quella stanza. Non aveva compreso neppure le parole del preside, né era d’accordo con le sue modalità; per quanto le sue decisioni fossero insindacabili, perciò considerate obbligatorie da accettare, continuava a sostenere che tutto quello fosse stata tutta un inutile perdita di tempo.
Ancora una volta trattenne una risata, mentre con sempre meno interesse ascoltava ciò che i docenti si prestavano a dire; considerava quelle parole un mucchio di frasi senza senso, pronunciate secondo una circostanza dettata da chissà quale entità comica. Tossì leggermente, portando il pugno alla bocca, non appena il professor Midnight intervenne ancora. Avrebbe voluto farlo tacere, l’arroganza che trapelava dalle sue parole le fece ribollire il sangue e avrebbe tanto desiderato chiedere al Preside dove fosse il rispetto in quelle frasi e come sarebbe stato possibile fare affidamento in tale arroganza e presunzione. Il professore, con solamente qualche anno in più dei presenti, si arrogava il diritto di metterli a tacere o di pretendere che tutti loro eseguissero la sua imposizione; se erano quelle le sue modalità aveva sbagliato totalmente strada ed era necessario farglielo capire.
*oh... sicuramente professore!*
L’intervento di Horus diede vita alla linea di pensieri che in quegli istanti aveva affollato la sua mente. Precisi e dettagliati uscirono fuori dalla bocca del Tassorosso frenando improvvisamente l’impulso di Megan nel rispondere a tono; fu una salvezza per lei che a fatica riusciva a controllare le sue reazioni, soprattutto in quel periodo della sua vita.
Fissava Horus e avrebbe voluto stringergli la mano, lo smacco morale che aveva dato con quelle semplici parole la fece sorridere.

*ops…*
Un ghigno silenzioso palesò in volto un’espressione soddisfatta, con un gesto del capo in segno d’approvazione cercò di fargli capire quanto fosse in accordo con lui; la maturità che trapelava dalle sue parole era lodevole e forse avrebbero dovuto tutti prendere esempio.
Dopo di lui fu la volta della professoressa Morgenstern, era stata lei la scelta del Preside per i Corvonero, la loro nuova Capocasa. Megan la studiò con attenzione, cercando di capirne ogni espressione. Nelle sue parole trovò un briciolo di verità, paragonate a quelle degli altri docenti, sembrava sincera e l’impressione che ebbe fu del tutto positiva. Se non altro aveva deciso di non buttare altra benzina sul fuoco, anche dopo le dure parole del Caposcuola Tassorosso, scelta saggia, e questo lo aveva apprezzato. Le sue grandi iridi blu andarono ad incrociare quelle della docente di Divinazione alla quale rivolse un mezzo sorriso. L’eleganza che aveva usato, senza esagerare, senza toccare i limiti della pazienza e della mancanza di rispetto, la convinsero abbastanza da concederle un pizzico di fiducia in più.
Così la stretta di mano che le aveva rivolto subito dopo l’annuncio da parte di Peverell fu consolidata in quel momento, da quelle parole. C’era un briciolo di speranza nel suo cuore, non sapeva se la scelta del preside fosse stata la cosa giusta ma si sentì meglio. Tra tutti i presenti forse anche lei avrebbe fatto la stessa valutazione.




✕ schema role by psiche


È inutile dirvi, visto che è stato specificato più volte, che ciò che riguarda l'on non riguarda l'off.
ops, l'ho detto!
*fruffriffrù :flower:

 
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kapitän
view post Posted on 16/8/2018, 22:59




WNZKvST

In questo momento, come una visione che si manifesta davanti agli occhi, realizzo quale sarà il mio prossimo regalo di Natale per il Preside. Caffè. Un pacco, una cassa, un bastimento di caffè. Tuttavia, per quanto rimpianga di non poter ingerire una dose doppia di caffeina in tazza fumante, non sono del tutto convinto che sarebbe sufficiente a mantenere la mia mente focalizzata sull’argomento della discussione.
Il pensiero che “ai miei tempi non ci sarebbe stata alcuna discussione, solo un drastico taglio di punti” è immediatamente seguito dalla constatazione che “i miei tempi” erano letteralmente pochi anni fa, una frazione di secondo rispetto alla secolare vita del Castello.
Lascio che le parole mi scivolino addosso come gocce d’acqua. C’è un gioco che mi piace fare, quando mi trovo inavvertitamente sotto alla pioggia. Qualunque persona in questa condizione si trova inesorabilmente a pensare di essere bagnata, infreddolita, gravata. Il gioco consiste nel dimenticare questi pensieri; dopotutto, l’acqua svanisce con un colpo di bacchetta. È grazie a questi piccoli accorgimenti che K può correre felice sotto ai piovaschi autunnali, o campeggiare serenamente in spiaggia durante le peggiori tempeste tropicali.
Allo stesso modo non permetto alle parole di sfiorare il mio orgoglio, le lascio scorrere, e quando decido di ribattere è solo perché non posso lasciarmi sfuggire l’occasione per una battuta.
«Mi auguro che possiate dimostrarvi all’altezza dei vostri ruoli».
«Mi auguro che possiate dimostrarvi all’altezza dei vostri» rispondo dalla mia posizione nelle retrovie, lo sguardo fisso sul fondo della tazza vuota che mi ero a lungo rigirato tra le dita. La testa abbassata non cela il sorriso affabile che mi attraversa il viso, né lo fa il tono di voce.

Le assi del pavimento salutano scricchiolando la conclusione di quell’incontro decisamente troppo melodrammatico, quando gli ospiti cominciano ad alzarsi dalle poltrone e muovere qualche passo sull’impiantito. Anche Oliver, il Caposcuola, accomodando con un gesto naturale il nodo alla cravatta, abbandona il suo posto per venire a darmi il benvenuto.
«È un piacere averla come Capocasa, Professor Channing».
«Dovete aver estratto il bastoncino più corto, se vi trovate con me» affermo sottovoce, sorridendo allo studente e ricambiando il suo gesto di saluto. «Immagino che la giovane imbronciata che ti sedeva vicino sia il nostro Prefetto» aggiungo, con un cenno discreto del capo.
Ormai è chiaro, non amo affrontare i discorsi spinosi né farmi amare a parole, preferisco lasciare che siano i fatti a parlare.



Quasi mi stavo dimenticando del fuso orario! :uhm:
 
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62 replies since 21/5/2018, 12:08   3277 views
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