Leave me but please don’t leave me

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view post Posted on 5/11/2018, 22:30     +2   +1   -1
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Spegni questa giornata e portami a letto.
Spegnimi la testa e fammi finalmente dormire.
Spegnimi e basta.


 
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view post Posted on 15/11/2018, 23:07     +1   +1   -1
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And i’m trying to tell ‘em what is wrong
Giving a name to something
That I don’t even know
And they keep asking me why
And they keep asking me how
But facing the truth
They can only reply “WOW!”

You can’t fix what is done
You’re too lazy to move on
So stay hide inside your hole
'Cause out there everything seems gore

And I’m “Hey! I’ve spent years fighting!”
But deep down inside
You know you were just biting
Now these verses are like a new mask to wear
Now these verses are like faking death in front of the bear
“Ladies and gentlemen please hold your seat tight,
We are now crashing - hope you enjoyed the flight!"


Try with some glue
Or maybe with some honeydew
Don’t scratch the scar, dude!
First inflate-deflate your lungs, “Phew!"

You’re the weapon
I’m the provocateur
I’m the disease
You’re the cure

Sir, would please measure the pain?
For all those who seeks for a validation
And those who asks sorry to their own brain
The constant needing to apologize if something might hurt
'Cause your mind’s pet peeve is to lose the willing to control
And you want this shit out of it or you know it will burst
And you hear yourself crying “It happened - it wasn’t all my fault."


 
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view post Posted on 19/12/2018, 17:53     +1   +1   -1
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Giusto. Sbagliato.
Buono. Cattivo.
È colpa mia.
È colpa tua.
È colpa sua.
No, scherzavo. È di nuovo mia.


E avanti così, in loop.
Non esiste nulla a metà, non esiste nulla che sia riconducibile alla pura casualità. Dunque devi punirti, perché se non sei buono, allora sei per forza cattivo. Perché se non hai fatto giusto, allora hai per forza sbagliato. Perché se la colpa non è di nessuno, allora è tua.
Razionalmente lo sai e ti dici che non è vero. Te lo spieghi e ti sembra quasi accettabile. Poi però, inciampi di nuovo nello stesso gradino mentale e ti spalmi per terra, mugugnando dal dolore.
Devi espiare. Devi punirti e dare un senso a quello che senti. Per quanto sia vecchio, per quanto sia ancestrale.
Puoi continuare quanto vuoi a cercare di completare quel puzzle, ma non ci riuscirai mai perché non riesci a vedere che in mano hai solo dei bottoni. Quindi vai, continua pure.

Paolo, e meno male che dicembre si doveva chiudere con il buon aspetto di Giove. Meno male che nuove opportunità mi avrebbero consentito di raggiungere quella stabilità che, all’inizio dell’anno, mi sembrava un obiettivo impossibile.
Io ora passo a Rob Brezsny, te lo dico.


 
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view post Posted on 27/3/2019, 16:03     +4   +1   -1
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Ho cominciato a prendere la pizza
come la prendevi tu

 
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view post Posted on 2/5/2019, 10:34     +1   +1   -1
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Dopo un anno, ancora non riesco a sentirmi legittimata. A non sentire di star “rubando” questo dolore, sottraendolo a chi appartiene per davvero. E mi investe come un Frecciarossa perché anche se dicono di stare dietro alla linea gialla, non ci riesco.

 
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view post Posted on 16/11/2019, 17:13     +5   +1   -1
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DRINKY PER IL SOCIALE:


Non tutti pensano a quanto sia difficile funzionare bene.
Tutti noi abbiamo un sé ideale, una figura alla quale vorremmo attenerci il più possibile cercando di imporci regole dettate da essa, dogmi, limiti e libertà. E quando non ci riusciamo, uscendo dai binari, sentiamo la frustrazione.
Esistono persone che non hanno un solo sé ideale, ma ne hanno di più, che continuano ad intercambiarsi creando molta confusione e grande incoerenza. Incoerenza che diventa dolore continuo.

Ammettere di essere parte di quella categoria di persone è difficile. Parlando personalmente, ho ignorato la cosa finché non ha cominciato a crearmi troppi problemi. Era come avere una spina sotto il piede e sforzarsi di usare sempre le stampelle: solo se ti sbilanciavi la sentivi pungere.
Finché non mi sono ritrovata col piede perforato e con le stampelle rotte.
Ultimamente, grazie al web, la sensibilizzazione verso i problemi di salute mentale è cresciuta e si è formata una buona consapevolezza a riguardo. Credo, però, che la stigmatizzazione sia ancora molto forte, specie di fronte ad alcuni disturbi dei quali, a causa della loro incidenza minore, si parla poco o male.
Mi hanno diagnosticato il disturbo borderline della personalità pochi anni fa, dopo undici anni di psicoterapia nella quale mi erano stati diagnosticati altri disturbi - che si sono rivelati essere sbagliati - e, quindi, non essendo mai potuta accedere al giusto approccio terapeutico (Dio benedica la mia nuova terapeuta invece, la quale sa cosa sta facendo).

Essere borderline è come essere senza pelle. Ogni emozione viene vissuta con l’acceleratore premuto, ma per lo più sono quelle negative che alzano la voce. Lì, subentrano varie strategie di coping, che si attuano prevalentemente per non sentire niente e per prendersi una pausa da quella montagna russa emotiva che alla lunga ti strema. Abuso di alcol, droghe, cibo, sesso. A ciascuno il suo. Tutti comportamenti che non fanno altro che accentuare i sintomi e che non sono poi così efficaci, specie nel lungo periodo.
C’è poi una sostanziale differenza tra i border ad alto funzionamento e quelli a basso funzionamento: io ho un funzionamento misto. Riesco a mantenere una vita normale, compiendo sforzi quotidiani, intervallata da periodi di crisi molto forti e nei quali la mia vita sociale, la mia salute fisica e il mio lavoro ne risentono. Fortunatamente, il lavoro è sempre stato l’ambito che ha subito meno colpi; un po’ è la fortuna di essere freelance e un po’ è la poker face che sono riuscita a creare negli anni (e il senso di colpa se non combino niente).
In generale, le persone che mi conoscono poco, non direbbero mai che soffro di questo disturbo. Con gli anni si impara ad essere dei camaleonti, a capire cosa si deve fare per essere sempre socialmente accettabili e non subire il giudizio altrui.
Le persone che mi conoscono meglio e con le quali le relazioni sono più intime, invece, vengono trascinate nel vortice emotivo. La cosa brutta è la difficoltà nel cercare di fermarsi e vedere che non si riesce, che per quanta consapevolezza tu possa avere, non riesci a sottrarti a certi pensieri o a certe emozioni. Si possono gestire ma non se ne vanno.

Mi piacerebbe molto poterne parlare anche al di fuori di questo forum e poterci mettere la mia faccia, non quella di Drinky. Mi piacerebbe aiutare a rompere i pregiudizi legati a questo disturbo nello specifico, ma anche ad altri. Però, proprio a causa di questi pregiudizi, non riesco a renderlo pubblico senza temere ripercussioni sulla mia immagine lavorativa. E quindi, intanto, faccio un piccolo passo qui, all’inizio della mia road to recovery, sperando di tenermi stretto l’alto funzionamento. Nel frattempo combatto anche la voglia di andare in letargo.



Comunque davvero, io quelli che amano l’autunno e l’inverno non li capisco. Siete, per me, animali mitologici… Un po’ come le ragazze sportive e allegre nella pubblicità degli assorbenti.

 
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view post Posted on 16/11/2019, 17:44     +1   +1   -1
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We are all immortal until proven otherwise

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CITAZIONE (Drinky @ 16/11/2019, 17:13) 

Comunque davvero, io quelli che amano l’autunno e l’inverno non li capisco. Siete, per me, animali mitologici… Un po’ come le ragazze sportive e allegre nella pubblicità degli assorbenti.


Oh no? Ragazzi, vi prego. Tenete lontani da noi il vostro buon umore perenne.
 
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view post Posted on 16/11/2019, 18:00     +2   +1   -1
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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Grazie.
Si può dire dopo un un messaggio del genere senza apparire terribilmente, angosciosamente quasi, scontati e quindi banali e quindi vuoti?
Nel dubbio me ne infischio e il grazie lo dico comunque.

Sarebbe terribilmente ipocrita e stupido poter cominciare a commentare tirando fuori qualche perla empatica alla stregua del "ti capisco" e il "mi dispiace", perché il disturbo borderline non lo ho e anche se lo avessi, avere un'identità umana ci dà la condanna e il privilegio di essere tutti diversi e quindi non potrei dire di saper sentire ogni cosa come la senti tu con le stesse identiche sfumature.

Però ho sentito qualcosa al cuore quando ho letto delle diagnostiche sbagliate, della stigma che c'è ancora su argomenti così importanti, umani e vicinissimi ad ognuno di noi.
Penso che la chiamerò per rispetto "sensazione familiare e angosciante".
"Vado dallo psicologo" fa ancora scatenare una certa pena nello sguardo della gente, o la preoccupazione pietosa.
Che onestamente ad un certo punto non capico quale delle due faccia più male.
"Dallo psicologo ci vanno i pazzi" e "Le medicine sono per quelli ormai andati"
sono tra le tante coltellate disinformate che ci fanno crescere ignoranti o chiusi in noi stessi.

Leggere di chi riesce a parlarne in un forum - che dir si voglia rimane comunque qualcosa di 'pubblico' anche se circoscritto - è un balsamo all'anima.
Dà un po' più di fiducia e forza in me stessa e mi fa essere più consapevole delle realtà che mi circondano.

Quindi grazie per aver voluto condividere.
Un giorno, magari in tempi recenti, riuscirò a spiegare qui perché sono un animale mitologico.
 
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view post Posted on 9/1/2020, 13:07     +5   +1   -1
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DRINKY CONTRO LE DROGHE:


2020. Venti e venti. Mi ricordo ancora il Capodanno in cui si sarebbe festeggiato l’arrivo del nuovo millennio, il 2000. Avevo sei anni credo, o sette. E adesso sono già passati vent’anni, mentre io credo ancora di essere nel 2011. Mi sono resa conto che più si invecchia, più il tempo tende a contrarsi. Prendete le estati. Quando ero piccola, l’estate mi sembrava essere un anno a sé, bella, lunga, infinita. Adesso invece vado a letto che è giugno e mi sveglio che è fine settembre, e mi domando che ho fatto in quei quattro mesi. Stessa cosa per il Natale. Non l’ho mai apprezzato come festività, ma ricordo l’hype che iniziava a ronzarmi intorno verso novembre, per poi sprigionarsi completamente il 7 gennaio, quando la scuola riprendeva e la bocca sapeva ancora da canditi. Anche lì, sembrava durasse una vita. Questo Natale invece non mi è sembrato diverso da un altro qualsiasi giorno, se escludiamo i parenti e le decorazioni sparse per la casa.
Casa mia non l’ho mai decorata, ma al momento sono tornata per un periodo a vivere coi miei genitori, da ottobre circa, perché il mio cervello ha ben pensato di esaurirsi completamente e di abbandonare l’alto funzionamento, dando spazio al mio disturbo di essere l’unica cosa rimasta dentro la scatola cranica. Insomma, ho avuto un crollo. E quindi mi ritrovo a dormire nella mia cameretta che non può più vantare l’arredamento accuratamente scelto da me, ma ha solo degli impersonali mobili Ikea (niente contro l’Ikea, amo l’Ikea e le loro polpette) e pochissimi residui della mia infanzia. Ci sono ancora appesi al muro il mio basso elettrico e la mia prima chitarra elettrica. E poi, una new entry: il mio papiro di laurea. Mio papà ha voluto appenderlo in questa camera quando io me ne sono andata fuori casa per andare a convivere. Non so bene come mai abbia deciso di appenderlo, visto che al suo interno ci sono descritte accuratamente tutte le mie performance sessuali finite male, il periodo in cui ero una sottona e altre cose che qualsiasi figlio si guarda bene dal far sapere ai propri genitori. In mezzo al papiro c’è una caricatura che mi ritrae con molte vagine in testa, quasi fosse un aureola, una chitarra appesa alla spalla, una Winston Blue in mano e il piede appoggiato sopra una confezione di Xanax.
Lo Xanax.
Le benzodiazepine.
La mia gloria e la mia rovina.
Ormai fa figo, no? Dire: “Ehi sono talmente in ansia che mi piglio una pastiglia di Xanax adesso!”. Tutti sanno cosa sia e pensano che ormai, nel 2020, sia giusto farci dell’ironia sopra come se stessimo parlando di Tic Tac. Io stessa, spesso, ci faccio ironia. Io e lo Xanax ci siamo conosciuti intimamente nel lontano 2012, dopo un’estate nella quale ho scoperto quanto potessero essere tremendi e destabilizzanti gli attacchi di panico. Io e lo Xanax abbiamo iniziato questa relazione meno intermittente di quanto dovesse essere fino ad oggi. Prima di lui, però, c’è stato il mio grande amore: si chiamava Minias. Un amante generoso, cortese, finché non cerca di ucciderti perché non sai più dirgli basta. Se escludiamo sigarette e canne, lui è stato la mia prima vera dipendenza. Potrei dire “tossicodipendenza” ma io prendevo cose legali, dunque la società ci insegna che i tossici sono quelli per strada che si bucano, non chi prende quantità spropositate di benzodiazepine, mischiandole magari con alcol e rischiando di lasciarci la pelle. Non quelli che vanno in farmacia, dicendo che si sono dimenticati a casa la ricetta e che le gocce sono per la nonna che ha difficoltà a dormire. No. I tossici sono quelli per strada che si bucano. Eroina, crack, ciccozzi, bamba, keta, md, cartoni.
“Facciamoci una raglia prima di entrare!”
“Bevi un sorso d’acqua, dentro c’è l’md.”
“Perché quello cammina così strano guardando in basso?” “Ah, è sotto keta.”

“Franci, perché stanotte mi hai mandato dei messaggi strani?” “Eh? Quali messaggi?” “I messaggi! Parole a caso! Non ti ricordi?” “No, non pensavo nemmeno di averti scritto. Ero sotto Minias. Non ricordo nulla.”
Trovatemi le differenze.
La verità è che non ce ne sono.
Che io non ero diversa dagli altri, non mi salvavo solo perché compravo in farmacia e non per strada.
Disintossicarsi dal Minias è stato tremendo, ma ci sono riuscita. Mi sono ripromessa che mai, mai più sarei finita così in basso. Perché quando lo prendevo, smettevo di esistere. Facevo cose e non me le ricordavo. Passare da 15 gocce ad una boccetta al giorno è stato talmente veloce, talmente facile, tanto da spaventarmi. Però, quella sensazione di anestesia e libertà, ancora oggi mi manca.
Sono appunto passata allo Xanax ma devo dire che su di me non ha mai avuto un grande effetto. Niente di niente. Non era un ipnoinducente dunque adios amnesia e totale perdita dei freni inibitori.
Finché, circa due anni fa, tramite una psichiatra, la mia strada non si è incrociata con il mio terzo amante fedele. Lui si chiamava Zolpidem.
Una pastiglietta grande meno di mezzo centimetro, orosolubile. Bastava metterla sotto la lingua e lasciare che quel gusto dolciastro che addormentava un po’ anche le papille gustative e la gola, facesse effetto. Dieci minuti circa. In dieci minuti, un sorriso ebete mi si stampava in faccia e tutto diventava più leggero, più tollerabile, più gestibile. Poi passava il tempo e la sensazione si incrementava, rendendomi brilla e spingendomi a fare cose, a contattare persone, a mandare messaggi, a mangiare. Una volta ho scoperto di essermi mangiata mezza confezione di Nesquik col cucchiaio, proprio la polvere, senza latte né altro. Non capivo perché quella mattina mi fossi svegliata con un bruciore di stomaco così forte, finché, arrivata in cucina, vidi la scena del crimine (NESQUIK OVUNQUE) e non mi tornarono in mente alcuni flash.
Amnesia anterograda. Vi siete mai ubriacati tanto da non ricordarvi assolutamente nulla? Da avere un blackout totale? Per me è stato così ogni sera, per quasi due anni. Ho incrementato la dose sempre di più perché la tolleranza si sviluppa in fretta e gli effetti cominciano a diminuire; ho avuto serate in cui tornavo a casa molto prima rispetto ai miei amici, perché volevo solo prenderlo. Volevo essere cullata tra le sue braccia che mi rendevano completamente priva di responsabilità. Ma, come si dice? “Non puoi avere la botte piena e la moglie ubriaca.” Lo scotto da pagare è arrivato presto. Nausea - perdita di peso - pensieri orribili - tono dell’umore ancora più oscillante - depressione - terrori notturni - sonnambulismo - panico - tremori - nistagmo. Basta.
Eppure qualcosa mi faceva ancora andare avanti. Non mi permetteva di dirgli addio per sempre, perché per quell’ora di euforia, valeva la pena non vivere più durante il giorno. Ma ne valeva davvero la pena? Valeva davvero la pena perdere completamente il controllo di me stessa, avendo ripercussioni anche sugli altri? A cosa stavo rinunciando, pur di non stare con le mie emozioni negative, pur di non provare nemmeno a tollerare il malessere?
Mi è scattato qualcosa in testa, in queste lunghe vacanze di Natale, alla fine di un anno che, per un insieme di cose, è stato uno dei peggiori della mia vita. Ho fatto un bilancio all’inizio, ed era in negativo. Quest’anno mi hanno diagnosticato il disturbo borderline, ma anche l’endometriosi (una malattia cronica abbastanza bastardella), ho concluso una relazione lunga 4 anni e mezzo e ne soffro ancora, una delle mie due ratte ha avuto un tumore e ho dovuto dirle addio, ho avuto molte, molte crisi, sono tornata a vivere dai miei e un mio parente stretto ha avuto una brutta malattia. Però, c’è un “però".
Nonostante tutto, il lavoro è sempre andato bene e mi sono resa conto di quanto io sia circondata di persone che mi amano, che mi vogliono bene e mi accettano esattamente per quello che sono, e sono molto fortunata. Adesso non voglio sembrare una di quelle che “ohmmioddio ma che brava, ha risolto la sua vita! UAO.” perché non è così. I problemi ci sono ancora e vanno sistemati uno alla volta, con calma, con pazienza, con la consapevolezza che il dolore non svanirà e che i periodi orribili si ripeteranno, intervallati, si spera, da periodi meno brutti. Ma una scelta ce l’abbiamo sempre. Tanta forza mi è arrivata anche da persone che ho conosciuto qui e che, grazie alle loro parole, mi hanno fatta sentire compresa pure quando pensavo di parlare una lingua diversa dal resto del mondo, o mi mandavano immagini e video divertenti solo per farmi sapere che c'erano. E, per questo, vi ringrazio. Siete persone meravigliose.

Ho scalato questo Zolpidem e ieri ho preso l’ultima dose, mezza pastiglia. Il ritmo sonno-veglia è un po’ andato per gli affari suoi, ma va bene così. Sto meglio, sono lucida e mi è tornata la voglia di vivere e di riprovare, di riordinare tutti i tasselli che pensavo fossero andati perduti. Un passo alla volta, un piede dietro l’altro.

Grazie.


P.S. - so che ho toccato argomenti un po’ peso e spero di non ostacolare le linee guida del forum. In tal caso, rimuovete pure il post.

P.P.S. - la mia esperienza non vuole essere un cercare di scoraggiare l’assunzione di determinati tipi di farmaci. Diciamo che, però, per alcune patologie esistono farmaci che a mio avviso sono meglio di altri e che, sfortunatamente, le benzodiazepine vengono prescritte come se fossero acqua fresca. Ma se un medico di fiducia dovesse mai prescrivervele, prendetele. I farmaci servono soprattutto per aiutarci e non tutte le storie sono uguali. Io stessa, al momento, continuo a prendere lo Xanax finché la mia psichiatra non mi darà l’ok per scalarlo e prendo anche antidepressivi. E, per piacere, non abbiate mai paura di chiedere aiuto. Mai.


 
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view post Posted on 16/1/2020, 19:25     +1   +1   -1

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Credo tu abbia ragione non hai risolto la tua vita, non hai improvvisamente smesso di stare male, non sei magicamente guarita. Ma credo che tu abbia fatto una delle magie più belle e difficili al mondo, una di quelle che ti fa stringere il cuore nel petto e che ti sprona a voler essere almeno in parte come te: tu hai trovato la forza di rialzarti, di smettere, di riprendere le redini di questo cavallo impazzito che è la vita. Ed io, che sono solo una nuova cellula di questo organismo che è il forum, ti voglio dire che ho stima per te. Spero un giorno di poter essere forte come lo sei stata tu.
 
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