Thalia J. Moran
17 anni| IV anno
Prefetto Tassorosso
*Oh
Sullivan, quanto vorrei darti una lezione.*
Le fu impossibile evitare quel pensiero, benché ogni fibra del suo corpo tentasse disperatamente di riprendere le redini dell’autocontrollo. Per ben diciassette anni era riuscita ad evitare situazioni simili, circondandosi di persone affabili ed affatto polemiche; persino la Milford-Haven, col suo orgoglio a tratti esagerato, non riusciva ad eguagliare la cafoneria di Sullivan. Non poté che chiedersi cosa ci avesse visto la Armstrong in un soggetto del genere e la risposta più ovvia fu quella che, inconsapevolmente, le fece assumere un’espressione schifata.
Sullivan avrebbe potuto scorgere il naso arricciato e la fronte aggrottata, come se la sua Red Velvet l’avesse tradita con un inaspettato sapore rancido. Naturalmente, la torta era perfetta - Florian si era superato anche quella volta - ed il problema era solo e soltanto Sullivan.
*
E meno male che la Armstrong se n’è accorta.*
«
In questo caso, immagino ci siano giornate migliori di altre...» concesse infine, il tono più leggero e quasi divertito «
...e oggi deve essere proprio una pessima giornata.»
Non aveva intenzione di dargliela vinta, non su un terreno di gioco - quello dell’eloquenza - in cui sapeva di poterlo battere ad occhi chiusi. Bisognava ammettere che, sul fatto di meritarsi vicendevolmente, fosse stato Sullivan a cominciare. Non era stato forse lui a voler a tutti i costi intavolare una conversazione? Al suo saluto iniziale, del quale ora si pentiva amaramente - quasi quanto si rammaricava di aver accettato la sua compagnia -, avrebbe potuto decisamente ricambiare senza trascinarsi in quel valzer scanzonato e tutt’altro che piacevole, fatto di colpi e frecciatine di pessimo gusto per entrambi.
Doveva riconoscere, in tutto ciò, che il ragazzo aveva un certo temperamento che, in futuro, gli avrebbe potuto spianare ogni strada. Non era disposta ad ammetterlo a voce alta, ma il suo Io interiore, in minima parte, giustificava quel modo sprezzante pur senza condividerlo. Sullivan incarnava, per il momento, la sua Nemesi più assoluta. *
E’ persino peggio della Milford-Haven!*
«
Oh, non vedo l’ora di ricevere i tuoi gufo. Fai in modo che le lettere siano piene di passione e rancore. Adoro il pathos!» replicò veloce, sospirando di falso desiderio.
Se il tenore della conversazione doveva essere quello tipico della canzonatura, tanto valeva porsi sullo stesso piano del cafone di turno.
*
Almeno finché non si sarà strozzato con la sua torta*
Sorseggiò il tè ai frutti di bosco, assaporandone la dolcezza - acuita da un generoso cucchiaino di zucchero -, ascoltando l’ennesima impietosa arringa di Sullivan.
Sorrise compiaciuta, non poté farne a meno: Atena era diventata la loro Capocasa e per questo aveva assunto un ruolo di primo piano per Tassorosso. Nulla poteva convincerla che la donna non fosse perfetta per quel ruolo, complice un’innata propensione per l’insegnamento; tuttavia, la sua relazione col Midnight, una rivelazione che Nieve aveva sciorinato come il più succoso dei pettegolezzi, aveva incrinato appena la sua visione nei riguardi della docente, indebolendone appena l’apprezzamento. Ciononostante, Atena McLinder era la loro Capocasa e, con buona pace dell’anima, magari si sarebbe innamorata di qualcun altro.
*
Sempre che di amore si parli.*
«
Potrei mettere una buona parola per te...» *
Nemmeno sotto tortura* «
Se mi dicessi che cosa non va col caro professor Midnight.» *”
Caro”*
Aveva forse annusato nell’aria un nuovo candidato per l’Esercito? Che fosse proprio Sullivan… su questo
forse si poteva lavorare.
E io no.