| «Mio papà sa leggere la mente.»Ricordava l'ultimo lancio di un ciottolo tra le acque del fiume Lee, la superficie improvvisamente increspata, le onde già pronte a convergere insieme, verso lo stesso solitario punto; ricordava la frase gettata all'aria, quasi come un altro dei sassolini che avevano raccolto pochi attimi prima, e di come quelle semplici parole avessero attirato a sé diverse sensazioni: curiosità, aspettativa, incomprensione, un pizzico di preoccupazione sul volto dell'uno, un barlume di consapevolezza su quello di un altro. Oliver, da parte propria, non aveva avuto alcuna manifestazione, impassibile e concentrato com'era ancora una volta sulla pietra che stringeva convulsamente nel palmo della mano destra. Il movimento di Loras al suo fianco era impercettibile, mentre sollevava un masso più grande del solito. Piegato a metà, accovacciato sulle rive del fiume irlandese, volgeva il capo al compagno di giochi che aveva parlato per ultimo. «Mio papà invece cura le persone.»«Ma non è un superpotere»«Solo perché non l'hai mai visto ricucire una ferita.»«Mio zio si trasforma in una lucertola»«E mio-mio fratello non si brucia con il fuo-»«E tu, Oliver?»Ricordava sul viso dell'amichetto il lampo di un ghigno, la scintilla di una malefatta, la certezza di essergli superiore, per la prima volta in qualcosa. Forse, forse in quel modo avrebbe conquistato la fiducia di Loras, sottraendolo al rampollo Brior. La bocca socchiusa, l'espressione mesta, Oliver taceva ancora. Mio padre è un Curatore di Creature, avrebbe potuto dire; mia madre cucina le migliori torte di melassa della Contea; mio zio comprende le stelle e le costellazioni nel cielo più buio, e mia nonna, anche mia nonna ha un potere unico: tutto quello avrebbe potuto raccontare, e tuttavia percepiva di non avere un confronto così diretto. La voce del suo migliore amico giungeva di nuovo in sostegno e aiuto. «Lui sa leggere il cuore.» Con il tempo, avrebbe ricordato lo scoppio di gridolini e risate, il gruppetto che si allontanava, e infine il sasso di Loras abbandonato agli abissi. Soprattutto, avrebbe ricordato quella frase a metà. Stava perdendo colpi, mentre la stanchezza diveniva una costante impossibile da ignorare; non aveva idea di quanto fosse trascorso né di quale potesse essere la meta finale, ma c'era qualcosa - una sensazione, più che altro - che lo spingeva a non porre di nuovo domande dirette, non in quel senso perlomeno. Affiancare Chirone era un pregio che non avrebbe consumato alla buona, e di cui avrebbe imparato a fare tesoro. Così camminava accanto, con il volto che cercava la figura imponente del Centauro di tanto in tanto: la salita era alla loro mercé, il tempo pure, e nulla sembrava poter intaccare quel momento prezioso. Controllò il respiro a più non posso, adagiando il corpo spossato al battito del cuore, e più le parole del Maestro influivano sulla sua attenzione, più si accorgeva di non essere fondamentalmente del tutto d'accordo. Si ritrovò a carpire, nel discorso intaccabile dell'altro, un velo di negativa accezione nei riguardi del suo Dono: il suo limitarsi e il suo essere limitante, i suoi confini di libero arbitrio e suo opposto, infine quella domanda - un Veggente è forse un dio?Lasciò che le braccia scivolassero verso il basso, impassibili, mentre solleticavano le pieghe più sporche di terriccio degli abiti indossati in quel momento. Dove fosse capitato restava tuttora un dubbio curioso, ma perché vi fosse capitombolato diveniva per lui un segno ben più intenso del mero Caso. Annuì con un cenno leggero del capo, d'un tratto consapevole di non avere risposte concrete: la Guida accanto aveva ragione, per diversi aspetti, e tuttavia per altri c'era un contrasto di opinioni che non avrebbe avuto risoluzione, all'apparenza. L'obbligo di non intervenire, quasi come benedizione, era forse l'aspetto che più rientrava nell'etica del Grifondoro: il tempo, si augurava, avrebbe forse potuto fare chiarezza anche su quella parte. Non individuava un margine di errore in Chirone, la sua esperienza era di gran lunga superiore alla propria, ma c'era qualcosa, come una scintilla fuori posto, che il Caposcuola non sapeva accogliere pienamente. O che forse, riflettendoci, non avrebbe ancora voluto rendere propria. Fino a quel giorno erano state rare le volte in cui aveva avuto pieno controllo della Vista, il più delle occasioni si ritrovava in agonia delle trame in divenire; tuttavia, quando accadeva, al suo equilibrio sentiva di essere ben più di un semplice Osservatore, ben più di un solitario Viaggiatore in epoche indefinite. C'erano stati momenti in cui non avrebbe potuto negare di essersi sentito come un dio in piena ascesa, al cristallizzarsi di un Futuro chiaro soltanto alla sua attenzione. Tracotanza, ripeté. Una parola che rinnegava, che non comprendeva così nel profondo, e che a tratti lo spingeva al sorriso. Non vi aveva mai peccato, non una sola volta, perché anche nei momenti di estasi mantica, ne assimilava e comprendeva i confini prima che potesse essere troppo tardi. C'era stato qualcuno, in passato, che aveva consigliato di utilizzare la Vista come un Dono, e mai come una Maledizione. L'Esercito degli Studenti era un vago ricordo, ma il braciere traboccante d'oro al centro della Stanza delle Necessità restava un monito per il giusto impiego del suo potere. Accolse l'ultima parte del discorso di Chirone, senza interromperlo una sola volta: per educazione, per rispetto, soprattutto per i ragionamenti ancora in corso. Impiegò un paio di secondi aggiuntivi prima di inserirsi di nuovo. «Credo sia per me difficile da accettare, ora come ora, ma credo anche sia anche giusto per diversi aspetti. Se al cospetto della Vista agire è un'azione, anche il non farlo ne assume la stessa entità. Quindi sì, comprendere quando e quanto sia limitante tutto questo, così come quando e quanto sia necessario, è qualcosa sui cui dovrò ragionare più a lungo.» Sorrise mestamente, il capo chino. La strada non era mai apparsa così solitaria come in quel momento, e si chiese se la sensazione fosse per l'appunto tale o già presaga di una consapevolezza ben più matura per sé. «Mi perdonerà, Maestro, per non essere invece d'accordo sull'altra parte del suo discorso. L'arte mantica è un'arte che si eredita, che non si ottiene esclusivamente con un apprendimento come altre pratiche magiche, è al contrario un dono di pochi, un dono esclusivo, e per questo motivo è già di per sé unico. Essere un Veggente non è un ruolo, non è una scelta. Non riguarda l'esperienza, non da subito, è più la certezza di essere solitari, fuori dall'ordinario. La Vista è uno strumento del Tempo, siamo d'accordo, ma non lo è il Divinatore.» Comprese a sua volta, secondo dopo secondo, di come quelle parole fossero ancora enigmatiche perfino per se stesso, e di come una nuova strada stesse facendo breccia tra i suoi pensieri. Aveva sempre creduto, di persona, di essere indefinito, impassibile, soggetto - al pari di vinto e di vittima insieme - del suo potere, e mai una volta aveva potuto immaginare di essere più di un astante in corso. La spiegazione di Chirone lo aveva profondamente toccato, fino a scuotere una favella di orgoglio nei confronti della propria identità. Forse, si disse, non era poi per davvero solo un tramite. «La scelta, ora inizio a capirlo per bene, è quello che differenzia la Vista dal Veggente. C'è uno strumento in ballo, quando usarlo non è sempre possibile deciderlo, ma perché, come e perfino per chi usarlo, quello sì, quello è al mio solo comando. Tacere è un'azione, spesso anche importante, ma non diventa al pari di agire una forma di libertà, di consapevolezza, di autonomia? Diventerebbe quindi la scelta - ad uso esclusivo del Divinatore - nei riguardi del suo dono, del suo strumento.» Si era perso in una schiera di ripetizioni che già confondeva ogni suo prosieguo e così trasse un respiro, prendendo un attimo di pausa fugace. «Vedere il Futuro è sfidare le leggi del tempo, non può significare che siamo in questo mondo come tutti gli altri, è un-» Si lasciò andare infine ad un sospiro, per un attimo incerto circa come esprimersi al meglio. «Qualcosa di più.»Un cenno d'assenso, raccogliendo le ultime riflessioni del Centauro e proprie. «Temo di essermi perso, Chirone. Ma credo di aver colto gran parte del discorso, la pazienza è la chiave principale d'azione, ne farò tesoro. Penso che tutto questo abbia una ragione d'essere, che trovarmi qui sia stata una decisione non fortuita, non casuale, ma destinata ad essere. Non so neanche dove siamo con precisione, Maestro, ma le probabilità si eclissano alla sicurezza di essere qui per un motivo, per un incontro, per tutto questo.» Bloccatosi così al punto raggiunto, lo sguardo si sollevò dalla figura del Centauro al suo fianco fino al cespuglio poco più lontano. «Sono stato inseguito da alcune Visioni, prima di arrivare da lei, proprio qui. Mi chiedo se sia un Tempo già scritto del tutto oppure in divenire, e ad essere sincero, Maestro, io non ho idea di come si possa conoscere se stessi.»Si volse per riportare l'attenzione sulla Guida, mentre tra gli occhi rifulgeva quella viva scintilla di un verde smeraldo, agli albori di un'empatia e di una conoscenza agognata che da molto apparivano spente. «Mi piacerebbe saperlo.» Punti Salute 249 • Punti Corpo 241 • Punti Mana 257 • Exp 40 Divinatore • Maridese Inesperto
I, II, III, IV Classe completa V Classe Claudo/Parclaudo, Nebula Demitto, Plutonis, Stupeficium VI Classe Perstringo
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