« Cruth an anam », Quest di Apprendimento

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view post Posted on 3/10/2023, 15:01
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Il Fato

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Soccombere o resistere, non c'era ulteriore via di fuga. La tessitura degli Elementi era in atto, gli Dèi primordiali guidavano il sentiero: era antica magia, evidentemente, che apriva ogni possibile spiraglio. Ovunque fosse diretta, Ayumo procedeva: un passo lento, talvolta trasformato in trappola. Il fuoco aveva lasciato i segni, il corpo tentennava in spasmi di dolore; né cicatrici né ustioni, il tempo forse le avrebbe permesso di scoprirlo, ma di certo consumava un dramma che la memoria non avrebbe potuto cancellare. La mutazione, difatti, insisteva. L'ultimo vessillo d'affetto, Richard, scomparve in un flutto d'onda, un bagliore argenteo già in dissolvenza. Finalmente il calore si assopiva, favorito dal contrasto di rive gelide: l'acqua incuteva incubo, in minaccia, soltanto in principio. Presto, infatti, si scoprì salvifica. Nel modo in cui zampillava, assuefatta alla prigionia stregata del tentacolo, risaliva fino ad inghiottire ogni flebile, restante scintilla; l'olezzo di cenere, di ceppi di legno e di incenso, tutto sfumò in un battibaleno. Un respiro, e via per sempre.
«Cerca te stessa.» Somigliò al riverbero del mare, il gorgoglio d'abisso. Era stata la voce di Richard, di nuovo? Non poté ritrovarsi, non più. Occhi ingigantiti, tela d'avorio, Ayumo s'allungò a dismisura, mentre la pelle continuò ad incresparsi in squame. Divenne creatura marina, lei che aveva trovato morte in terra — il colpo del fucile risuonò in reminiscenza. L'acqua, curiosamente, disperse il velo di reale e onirico, e si tinse di una goccia vermiglia: il petto sanguinava, dove il Cacciatore aveva segnato a fondo. Eppure, non era più lei: né ragno né donna. Divenne Nereide, ninfa d'oceano. Armonizzava l'identità di un pesce, benché tutto — in Ayumo — rimase destabilizzante; in effetti le squame già si ritraevano, le branchie mal funzionavano: prima respirava, poi soffriva l'assalto dell'acqua. Qualsiasi cosa fosse, non era giusto. Non era per lei, non giungeva all'appello spirituale. Sotto di lei, di scatto, una voragine. Appariva come una bocca d'averno, un tumulo che la vista — a stento, con estrema difficoltà — riconobbe poi come una grotta. La roccia attraeva, tirava di basso: il pentacolo, allora, si era distrutto? O era tutto un'illusione? Procedeva verso giù, inconsapevolmente. In alto, però, scorgeva l'abbraccio d'onda e di bosco; opalescente, come specchiandosi sul velo d'acqua, c'era una macchia d'arancio.
Era lei, la stessa Volpe. Si vedeva come tentasse di colpire la pozza con la zampetta, ritraendo gocce dispersive. Inseriva così la testolina sott'acqua, rilasciava un guaito come in richiamo, poi tornava via in superficie. Chiamava lei, Ayumo. Risali, diceva. Risali, risali subito. L'acqua non era il suo percorso, perché continuò a trascinarla verso la grotta. Quale forza di volontà avrebbe indagato, in estrema forza, per fuggirne l'orrore? L'acqua le divenne nemica.
Chiedo scusa per il ritardo. Ci siamo quasi.

 
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Nuovamente si trovò a confrontarsi con qualcosa che era incompatibile con la sua persona, aveva provato a lasciarsi andare per cercare di conoscere quella nuova forma, ma ben presto era sopraggiunta chiara la risposta.
Quella non era la strada che gli dei avevano scelto per lei, quello non era il luogo o il posto adatto a lei.
Le fu chiaro quando, dopo un paio di boccate d’acqua, le branchie iniziarono a mal funzionare e un dolore sordo le costrinse i polmoni.
Gli occhi erano appannati, quasi non si fossero ancora adattati a quel mondo che la circondava e forse mai l’avrebbero fatto.
Chiaramente però vide il sangue cominciare a tingere l’acqua attorno a lei, in un primo momento non le fu chiaro cosa stesse succedendo, poi lo sentì.
Il petto si era squarciato nuovamente – e nello stesso istante rimbombava in lontananza il rumore dello sparo - come monito che il velo tra mondo onirico e realtà stesse calando.
Quella presa di coscienza non fece altro che mettere in allarme la giovane Tassorosso; le sembrava essere rimasto poco tempo per reagire, per poter fronteggiare la Vecchia che la stava attendendo pronta a recidere il suo filo.
Una voragine si aprì sotto di lei, come bocca dell’inferno che si faceva reale per farle pagare pegno delle sue azioni.
Ancora una volta la sopraggiunse l’idea di lasciarsi andare a quell’abbraccio che le sembrava tanto confortevole. Era stanca di lottare per trovare la propria via, di farsi giustizia in un mondo che sembrava non prevederla.
Ed ora non era forse meglio annegare in quel profondo abisso?
Poi la vide, non la figura elegante del fratello; no, quella era scomparsa con il guizzo dell’acqua.
Là in alto, come una porta sulla realtà poté osservare il bosco vicino casa, familiare e accogliente; vicino una macchia arancione che decise di lambire l’acqua con le proprie zampette.
La riconobbe, la volpe che aveva salvato e che si era accoccolata al suo fianco quando il suo corpo si era accasciato a terra privo di sensi.
Ne vide i gesti e la osservò attentamente, la testa che si gettava sotto il pelo dell’acqua e che guaiva.
Per chi? Per lei.
Vi fu un moto di coscienza in lei.
Quella creatura si stava affaticando per salvarla, si stava prodigando a richiamarla in superficie.
La realtà era crudele, Ayumo l’aveva scoperto per sua stessa colpa, eppure vi era così tanto che la rendeva spettacolare. Quella giovane volpe per cui, secondo lei, aveva fatto così poco; ora stava ricambiando il suo gesto e cercava di spingerla a faticare per godere di quelle gioie che aveva rifuggito.
Il corpo che da Nereide stava tornando umano, le squame che si stavano ritirando sotto la pelle e le branchie che si stavano appiattendo.
Il tempo tra il dolce abbraccio dell’acqua era terminato, ora diventava scura nemica e fonte primordiale di paura.
La Tassorosso che aveva assaporato l’idea di lasciarsi andare lì scatto spaventosamente in avanti.
La morte era affascinante per lei che cercava silenzio ai suoi sensi di colpa, ma le era chiaro non fosse il momento adatto.
D1WIn5W
Aveva uno scopo ben fisso in mente, una strada da affrontare contro i suoi stessi interessi, forse un modo – come era stato quello di salvare quella creatura – per espiare i propri crimini.
Quello che era chiedeva al suo corpo era uno sforzo a cui non era minimamente abituata, i muscoli che si tendevano all’unisono sotto sua richiesta.
Le braccia che si allungavano in avanti, per poi aprirsi lateralmente, bracciata dopo bracciata.
Le gambe che si percuotevano nell’acqua e contro di essa per spingerla ancora più su, per scappare dalla corrente che inesorabilmente l’aveva portata in profondità
La gabbia toracica che doleva dalla precedente intrusione dell’acqua, ora spingeva per dilatarsi alla ricerca d’aria.
Tutto in quel momento era semplicemente dolore e disperazione, mosse da una voglia intensa di vivere.
Uno sforzo che avrebbe ricordato per il resto della vita, così come seppur non vedesse cicatrici, era sicura che il fuoco le avesse lasciato segni evidenti del passaggio sulla sua pelle e nelle sue carni.
Nella mente continuava a ripetersi che ormai mancava poco, che ancora un paio di bracciate e avrebbe raggiunto quell’apertura sul suo mondo.
Dentro di lei sapeva che sarebbe tornata a casa.
Diversa.
La Vita è, di fatto, una Lotta.
Su questo punto Pessimisti e Ottimisti si trovano d’accordo.
 
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view post Posted on 8/10/2023, 16:20
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Risalire in superficie, nessun'altra via di fuga. Il velo primordiale — vita e morte — si assottigliava istante dopo istante, il corpo era in contorsione, la carne tremava alla presa del dolore. Divenne una reminiscenza, una recente: le chele di metallo di una trappola, il brivido di pelle lacerata e di ferite lucenti. Non c'era più spazio per tornare indietro, forse non c'era mai stato. Il futuro, in attesa, avrebbe potuto offrirsi in misericordia: regalare comprensione, oltre che accettazione. La verità era che il Rituale fosse in atto, a propria scelta o meno. D'altronde, non era stata l'intenzione d'esordio che aveva guidato il passo di rientro? Ayumo sapeva. Voleva spingersi oltre.
La stessa borsa che aveva con sé, prima d'essere colpita, svelava i preparativi di magia antica. Era cocente, ora, il prezzo del Cambiamento. Eppure, gli elementi rispondevano all'appello, l'uno dietro l'altro: il legno — rami, foglie secche — vestiva il Pentacolo, in cornice di un cerchio perfetto di pietre; il fuoco bruciava, centellinava l'Arcano in visione: una creatura, un'altra, un'altra ancora. Ovunque Ayumo fosse diretta, Cernunnos l'accostava. Invisibile, ma presente. Acqua, Fuoco, Terra — triade prima e ultima, in visibilio.
In alto, in dissolvenza, la Volpe continuò ad attirare attenzione. Allungava la zampetta, immergeva talvolta la testolina e parte del corpo, a proprio rischio. C'era in lei, misticamente, un legame più pressante, ben più incisivo del solito; certo, era stata salvata da Ayumo... era quello il solo motivo che la ritrovava tanto vicina alla Tassina? In macchia d'arancio, un tramonto a pelo d'acqua, la Volpe era l'unico riferimento visibile; il resto si plasmò in ombra, la grotta di basso in pericolo crescendo. In nuovo aspetto, Ayumo soffrì indicibilmente; uno strazio che strappava le squame, tirava le pinne e mozzava il respiro. Parve di perdere i sensi, un lampo di luce imminente. Non poté vedere né sentire, finché l'ultimo guizzo la trasportò ad un battito dalla superficie. Prima ancora che potesse affondare, saltò via — favorita dalla Volpe. Il corpo, sfibrato, acquisiva compostezza. Non era chiaro cosa fosse, ma di certo offrì risoluzione: Ayumo riprese a respirare, benché in difficoltà. Non era lucida, non afferrava tutto: eppure, era viva. Aveva corpo da donna, tuttavia in più punti di squame; era riversa su una zolla di terra: tutto intorno albeggiava una nube di luce, fumo bianco che la natura addolciva in nota.
«Bambina mia.» Poté risultare illusione, in principio. Non c'era nessuno, neanche Richard. Quella voce, però, divenne immediatamente familiare. Sfumata com'era, la Volpe zampettò in avanti: aveva occhioni brillanti, così presenti. La coda volteggiò in avanti, avvolgendosi al corpo; l'attimo dopo la creatura mutò aspetto, in modo naturale, privo d'ostacolo. Ricordò l'armonia di una danza vera e propria. La donna che prese il posto tratteneva l'espressione vispa, incredibilmente viva della Volpe. Vestiva un abito di polvere, un telo sottile come il fumo circostante; i capelli, in cascata, tinteggiavano gocce di luce, finché non allungò le mani verso Ayumo. Distesa, sentì il contatto leggero delle mani materne. E lei, Sìve, finalmente si rivelò, come aveva fatto in passato.
«Sei in mutamento. Tu, bambina mia.» Il vento si fece tremante, mulinelli di pietre e di foglie in dispersione; la terra, sotto di sé, scheggiava il corpo che conteneva, come graffi profondi. No, non era il suo posto. In alto, il soffio libero dell'Aria. E nubi, nubi d'argento. Forse in tempesta, forse in risoluzione. Il canto della Ghiandaia riverberò lungo il confine astratto: un grido, un richiamo.
«Tuo padre ti cerca.» Sìve si consumò in luce, un bagliore di fuoco prima di sparire. La terra, ora, strideva; ma il vento... il vento spalancava l'orizzonte.

Molto bene, siamo al momento decisivo: gli elementi ti hanno guidato. Soltanto il Vento ti chiama: individua il tuo Spirito, rendilo memoria. Trasforma te stessa.

 
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view post Posted on 13/10/2023, 13:43
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Era andata lì alla ricerca di una nuova forma di sé stessa, per abbracciare qualcosa che sentiva essere il suo percorso e forse anche per far pace con le proprie azioni.
Una nuova forma, una nuova vita.
Per questo motivo aveva cercato di trovare una propria visione di quel percorso, di dargli – sbagliando – un senso fin troppo logico per ciò che invece la natura le avrebbe riservato.
Difatti, il tutto si era svolto diversamente da quanto preventivato, gli dei e Cernunnos si erano mossi in silenzio concedendole quel contatto attraverso modalità da lei non preventivate.
Era chiaro quanto la sua richiesta fosse stata accolta, quel qualcuno aveva imbastito il luogo alla perfezione permettendole di prendere realmente coscienza di quella parte che era, fin ora, rimasta sopita dentro di lei.
Quello non era un semplice rituale; vi era qualcosa di più profondo.
Le leggende che sua madre le aveva raccontato, col tempo aveva scoperto essere più reali di quanto si potesse immaginare e per questo motivo, Ayumo, si era convinta vi fosse un legame ben più profondo di una semplice richiesta da parte sua.
Vi era della predestinazione nella sua famiglia? Un contatto speciale? O gli dei accoglievano così tutti i figli?
Avrebbe avuto modo di approfondire la sua ricerca, di sanare i suoi dubbi, ma ora doveva andare avanti.
Il suo copro era riverso a terra, in preda agli spasmi che lo sforzo enorme le aveva provocato.
Dopo essere uscita dall’acqua non aveva aperto gli occhi, stremata aveva mangiato litri e litri di aria eppure i suoi polmoni non faceva altro che reclamarne ancora, doloranti.
Non ebbe tempo di riprendersi, quando una voce amorevole e nota si insinuò nelle sue orecchie, facente parte anch’essa di quel sogno.
La consapevolezza a chi appartenesse la scosse, i suoi pozzi cerulei si aprirono impetuosamente alla ricerca di colei a cui sapeva appartenere quella voce; la Tassorosso – però – non vide altro che la volpe, quella macchia arancione che le era stata accanto e che l’aveva spronata a risalire lungo le correnti dell’acqua.
Fu in un battito di ciglia che la vide mutare, una movenza flessuosa della cosa e la vope divenne donna e per lei non una qualunque.
Sua madre le era stata accanto e lei scioccamente non aveva recepito che quei colori le fossero familiari, nonostante quelle forme le avesse analizzate in una miriade di occasioni eppure il ritratto che aveva avuto modo di visionare non poteva in lacun modo eguagliare la realtà dei fatti.
Una conferma le giunse.
Cernunnos aveva già iniziato a scavare dentro di lei alla ricerca di ciò che Ayumo era.
Ora sapeva.
Non Terra, o Acqua, semplicemente Aria.
Ora anche il suo corpo non era il posto adatto dove stare e i graffi che lentamente le pietre le stavano provocando ne erano la conferma.
Doveva continuare, doveva mutare nuovamente per raggiungere quella che era la sua nuova forma.
Il richiamo della Ghiandaia si fece ancor più acuto, in alto nel cielo.
Lo stridio che aveva sentito riverberare nell’aria altro non era che il richiamo di suo padre, anche lui fedele guardiano che l’aveva accompagnata durante quel processo.
Diveniva fondamentale comprendere quale tra gli animali che popolavano i cieli fosse più adatto a lei, gli dei le avevano mostrato cosa non si amalgamasse con la sua persona, ora doveva ricercare cosa invece andasse bene.
La Tassorosso raccolse le sue forze, si mise in piedi mentre il vento continuava a stagliare raffiche contro di lei e chiuse gli occhi, percepiva il contatto con la natura attorno, l’aria e le nubi argentee e temporalesche la reclamavano e lei era ansiosa di rispondere.
D1WIn5W
Voleva visualizzare la sua guida.
Riempiva e svuotava ritmicamente i polmoni, adattandosi alle correnti che ora le sembravano meno affilate sul suo corpo, allargò le braccia accarezzandole e tastando la polvere che esse alzavano.
Le mani aperte ci giocavano e le tagliavano come ali.
Conosceva la formula per trasfigurarsi e nella sua mente come una litania si ripeteva senza però giugnere ad un compimento.
* Mutas… Mutas… Mutas *
Era forse un eccello? Dal piumaggio scuro certamente perché doveva adattarsi al colore dei suoi capelli, forse qualcosa di corvino? Non sembrava però la via giusta mentre se la imprimeva nella mente.
Certamente vi erano tonalità scure, ma non totalmente, lei era corvina eppure possedeva una carnagione diafana.
Forse era meglio qualcosa che includeva anche quelle sfumature, un chiaro scuro.
Indugiò con la mente, il vento si faceva sempre più pressante ed il suo corpo faticava a reggersi in piedi.
Se uno ascoltava attentamente in mezzo al sibilo delle correnti, alle rumore delle foglie percosse vi era una preghiera spezzata, cantilenata con un filo di voce.

« Déithe… le do thoil! » 1

Confidava in loro, confidava nella loro benevolenza, confidava nella loro onniscienza.
Sapeva di esserne degna. Sapeva di meritarsi quella risposta..
Ogni Istante si dissolve in un Soffio trasformandosi immediatamente in Passato,
la Realtà è Effimera e Transitoria, pura Nostalgia.

1: Dei... Vi prego!

Off-Topic: Ho cercato di proseguire senza cadere in Metagame e sperando di non essere risultata Autoconclusiva.
Mi auguro di non aver allungato troppo il brodo e di aver colto al meglio le richieste del Master :<31:
 
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view post Posted on 22/10/2023, 11:40
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Polvere. Nembi. Tempesta. Il cielo mutò aspetto, coinvolto dal respiro della terra di basso. Cenere in mulinello, in alto, sempre più in alto — banchi di nubi, in processione. Antiche divinità rispondevano infine all'appello, insinuandosi come lapilli grigi in una tela d'azzurro terso. Le prime gocce di pioggia arrivarono come salvifiche, l'una dietro l'altra in pianto comune; leggere, appena percettibili sulla pelle in metamorfosi: Ayumo, difatti, consumava il Corpo a favore di un'entità nuova, di certo inesplorata. Le squame, in esordio, sparirono. Così le branchie, e le pinne, e infine la pelle stessa. Si ritrasse, come in tremito. Lei, ch'era stata Fuoco, Terra e Acqua, ora si perdeva, in dannazione. Si tese allo spasmo del dolore peggiore, la contorsione finale di chi cambiava, pur di ritrovarsi. Catturò il grido della Volpe, un gemito silenzioso e gutturale finché il bosco non la trasse a sé; e catturò il canto della Ghiandaia, sottile, acutissimo. Raggiungimi, diceva. Innalzati, sollevati. Cambia, Ayumo. Cambia ora. Parve trattenere, in sé, il riverbero familiare del padre, così come in conferma delle parole di Sìve. Erano loro, entrambi — la Volpe, sua madre; e la Ghiandaia, suo padre.
Owen sospirava, il corpicino piumato alle grazie del vento. E girava, girava in cerchio, un girotondo giocoso in circostanze diverse. Ayumo disperdeva la vita, priva di via di fuga. Anelava al Cielo, lei ch'era stata ancorata al Pentacolo. Il sortilegio — in prigionia — provò a fermarla, tessendo l'apice dello sforzo più disumano. Lei, ch'era stata donna d'incanto, sfidava l'equilibrio della natura, e si sottraeva alla forma concessa. Brillò di notte, gocce di sangue e di stelle — un manto sinistro lungo la pelle. Gli occhi si chiusero immediatamente, la testa scattò di lato, e l'altro, e infine schioccò della dispersione d'ossa. Soffrì, indicibilmente. Il peso di una prima, atipica trasformazione la portò a pregare di smetterla, di tornare indietro. Ma... era questo, d'altronde, che aveva cercato. L'intensità, fattasi volere, le diede la spinta a non vacillare. Rivisse l'enigma di Richard, spettro vagante in memoria; e sua madre, che scorticava l'acqua con la zampetta affinché lei, Ayumo, tornasse a riva. Sentì suo padre, di nuovo. Le volò vicinissima, una macchia color zaffiro e polvere, finché il mondo le si offuscò.
«Ora diventa Spirito.»
Sparo. Polvere. Fuoco. Il petto si squarciò al colpo subito, il riflesso del fucile che l'aveva abbattuta; una voce, oltreconfine, poté infine guidarla. La sofferenza cominciò ad assopirsi velocemente, tornò donna, e vide la morte solleticarle la fronte. Finché sua madre, in forma umana, le carezzò la guancia. Zampillò un sortilegio curativo, dalla punta della bacchetta che le rivolgeva; ma Ayumo, ora, era altro. I sensi s'acuirono in modo sorprendente, il fascio di luce della magia le sembrò l'ultima delle scoperte; intorno, infatti, il bosco rifletteva colori, essenze e brividi. La terra sottostante brulicava di vita, e graffiava, graffiava gli artigli. Il corpo, ora, non era più di donna. Mutò in tempesta, attirando a sé la Notte.
Piume, l'una dietro l'altra, s'animarono come in costellazione, lungo la pelle. Divenne Strega, e poi Strige — Figlia dell'Universo. Trasse a sé il prezzo del sangue, il rivolo della ferita guarita scorreva di basso e stendeva un drappello d'ombra. Una livrea scura, piumaggio d'uccello notturno — e un nugolo di pianeti, e stelle, e brillanti. Il bagliore delle notti d'inverno le colorò gli occhi: pozze d'inchiostro che l'Aurora, in riflesso dorato, poté impreziosire. Si disperse, minuta. Rimpiccioliva in carne, cresceva in anima. Il respiro si fermò, il cuore arrestò il battito. Sensi, dispersione, vertigine. Si sentì un colpo di fucile, di forza. Ma era lei, il cui becco — più affilato, come gli artigli — scatenò la Vita.
Ora, Ayumo. Ora sei Spirito. Divenne un barbagianni, piume di fuliggine e stelle. Le ali si spalancarono d'istinto, e spiccò il volo. Oltre il bosco, oltre le macerie di polvere, libri e magia. Oltre, e sempre.

Sei stata impeccabile, è stato un vero piacere poter leggerti e seguirti in questa splendida avventura. Sei ufficialmente Animagus di primo livello, nella forma di un Barbagianni Fuligginoso (Tyto tenebricosa). Se lo desideri, puoi registrarti ufficialmente presso il Ministero e ottenere così un patentino valido (link). A te la scelta se effettuare post di chiusura o meno, Ayumo è stata curata e ora è trasformata.

 
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