Il Ballo della FeniceLa Danza delle Ceneri

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view post Posted on 1/2/2019, 18:53
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Studente III Anno - Corvonero - 17 Anni - Taurus - Outfit
Alice Lastrange
Darkness is the kingdom of error98X4OggUna forte delusione colpì in pieno la corvonero dinanzi al dissenso alla sua domanda. No, ovvio che non era geloso.
Si sentì stupida, stupida nei suoi atteggiamenti così frivoli. Cosa era successo tra loro due? Perchè quella che era sempre stata la normalità adesso la faceva sentire inadeguata? Quando si erano conosciuti il loro rapporto era un intreccio di allegria, risate e battutine eloquenti, malizia e gioia si fondevano in tutt'uno. Le cose erano cambiate, era evidente, nonostante questo Alice continuava a camminare per la sua strada, con due enormi paraocchi ad oscurarle l’evidenza dei fatti: ciò che era, ormai, era solo un ricordo di cui era inutile continuare a bearsi.
Quella nuova, e allo stesso tempo vecchia, consapevolezza trasformò i lineamenti del suo viso che, specchio della sua anima, non riuscivano a non far trasparire quella tristezza che le era nata dal profondo del cuore. La musica suonava note dolci e i loro movimenti si adagiavano perfettamente a quella melodia così spietatamente romantica, lentamente i loro corpi si muovevano, ondeggiando al centro della maestosa sala, sarebbe stato perfetto, ad occhi estranei loro sarebbero sembrati perfetti, ma in quel momento, per quanto potesse sembrare meraviglioso, Alice non riusciva a non sentirsi a disagio tra le possenti braccia del caposcuola.
Inevitabilmente, fiumi di domande si accalcarono nella sua mente, mille nuove incertezze su ciò che era e su ciò che aveva fatto per ridurre il loro rapporto ad uno spettro di quello che era tempo fa. Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Probabilmente, o semplicemente, come lei stessa aveva detto, troppe cose erano cambiate intorno a loro, e molte anche in loro stessi.
Nonostante questo però Alice non riusciva ad abbandonare quello spiraglio di luce che era sempre stato il caposcuola per lei, ricambiò quella stretta, che si era fatta più forte, sentendo il corpo del ragazzo sempre più vicino al suo. Non era pronta a separarsi da quella sensazione, seppur sapeva essere solo frutto della sua mente. Era egoista, come poteva ragionare in quel modo? Lei ne aveva passate tante, ma si era mai davvero interessata a quello che aveva a sua volta passato Daddy? No, nessuno dei due lo aveva fatto, e questo doveva essere il primo grande campanello d'allarme. Improvvisamente si sentì in imbarazzo nella sua stessa pelle, una creatura in gabbia, voleva scappare, voleva correre via da quella verità che stava per colpire tutti loro, togliendole il respiro. Poi il gelo.
Le parole di Daddy immobilizzarono ogni millimetro del suo corpo, ogni suo pensiero, una completa sensazione di oblio, un vuoto che temeva come chi soffre di vertigini teme l’altezza. Il suo sguardo cadde al pavimento, non riusciva a guardarlo negli occhi, che strano era per lei quella sensazione, si sentiva un estranea dinanzi a quelle sensazioni e a quelle emozioni del tutto nuove, si era trovata a lottare contro mangiamorte senza tremare nemmeno un secondo, ma li, stretta in quell’abbraccio forzato, si sentiva terrorizzata.
Ma che senso aveva portare avanti qualcosa che era solo un vago ricordo di quello per cui valeva la pena lottare?

«No, non ne sono sicura, e se proprio vuoi saperlo, non mi è mai piaciuta come cosa» in un crescendo, le parole fuoriuscirono, e per quanto non volesse affatto intraprendere l’argomento, ormai era stato tirato in ballo, e non aveva alcun senso procrastinare ancora.
«Non sono mai stata sicura del nostro rapporto, non c’è mai stata una certezza nè basi sul quali... costruire qualcosa. Si, hai ragione, non ridiamo più, ma non è stato un periodo facile ne per te e ne per me, e nessuno dei due si è mai preoccupato di capirne il motivo.»
I suoi occhi tornarono a specchiarsi in quelli del ragazzo, i loro passi si fermarono, e i loro corpi si separarono così come si erano uniti, mentre la sua mano si poggiava sul suo petto.

« C’è qualcosa che si è rotto in te, e, adesso, un pò anche in me.» ammise tristemente la corvonero, con un piccolo sorriso che celava emozioni che avrebbe rinchiuso in se stessa.
« Il nostro rapporto è crollato, a causa di tutto quello che non ci siamo detti, del distacco, e dell’indifferenza. O semplicemente era solo un fuoco di paglia, chi lo sa? *Non piangere, non osare piangere, cretina* E per quanto io possa sembrare patetica, per quanto mi riguarda, la passione arde come come il primo giorno. » *Devo andare via da qui*
Il contatto tra i due si interruppe del tutto, così come, forse, anche il loro rapporto.

« Quando vorrai parlare con me, o solo stare insieme per qualche minuto, sai bene dove trovarmi, però devi un attimo *fare pace con il cervello* riflettere su te stesso, e su quello che vuoi, da me e da te in primis.»
Alice si avvicinò nuovamente a lui per rubargli un ultimo dolce bacio, per poi allontanarsi, via da Daddy, via da tutte quelle persone di cui non le importava nulla, via anche dalle mura di quel castello, che in quel momento sembravano privarla di tutto lo spazio di cui aveva bisogno. Varcò l’ingresso della scuola, aperto a quell’ora per quello stupido ballo, che era iniziato male e che era finito anche peggio, e si lasciò inebriare da quell’aria gelida e fredda, non era il momento di crollare, non voleva affatto crollare, e quella brezza l’aiutava a non pensare affatto, mentre passi lenti si muovevano in un direzione non ben definita, un pò come la sua vita.


codice role © Akicch; NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT



That's all folks...or not?
 
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view post Posted on 2/2/2019, 20:14
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Mìreen Fiachran

★ P. Antimago ★ 25 anni
★ Sangue BANSHEE
Scheda PGOutfit

★ ★ ★

Il Ballo della Fenice
• La Danza delle Ceneri •

La giovane ragazza che si presentò col nome di Casey sembrava conoscere non solo l'anziana ministeriale, ma addirittura suo fratello, lo salutò col gesto del pugno che lui ricambiò allo stesso modo divertito per poi tornare a parlare con la sorella. Mìreen sorrise e ringraziò la simpatica ragazza che rivolgendosi a Lyam le aveva fatto un complimento sulla bellezza.
Fece finta di niente, ma mille domande ronzavano nella testa e aspettavano solo di uscire dalla bocca per assalire il caro fratellino e farsi un po' dei sui affaracci da brava sorellona impicciona... Forse il ragazzo aveva pure colto il pericolo, perchè non perse occasione per svignarsela a riferire il messaggio ad Oliver dopo il discorso del professore Midnight.
Non le sfuggì neanche l'occhiolino che Casey lanciò a Vath. Significava che conosceva pure lui? E cos'era quel saluto malizioso e il "lasciamoli soli"?
Le opzioni erano due: o c'era/c'era stato qualcosa tra loro, ma considerato che probabilmente era coetanea di suo fratello, escluse l'ipotesi, o la bella fanciulla aveva intuito qualcosa che in verità ancora non c'era tra loro.
Indecisa se era il caso di allontanarsi da Vath, fu l'anziana donna (Ekaterina) a distrarla e a lasciarla letteralmente a bocca aperta.
Prima Mìreen era a malapena resistita dallo scoppiare a ridere alla battuta su Vath e sui suoi cm di altezza mancanti, poi le aveva fatto i complimenti per l'incantesimo lanciato per fermare il bicchiere, eseguito rapido e preciso, "da manuale", e infine l'aveva definita "elemento mirabilmente preparato e straordinariamente dotato di sangue freddo"!
Così tante belle parole la lasciarono piacevolmente stupita, soprattutto perchè provenienti da una persona conosciuta quella stessa sera.
Il commento successivo su quanto fosse sbagliato l'interesse della ragazza nel volersi "chiudere tra le mura di Hogwarts e darsi all'insegnamento", perchè più adatta al combattimento, alla difesa e all'azione, l'avevano fatta sorridere, oltre a darle motivo di riflessione su quanto amasse andare in missione e quanto desiderasse tornare ad Hogwarts per diventare docente...
Qual'era la strada migliore per lei?
Ed ecco che nella sua mente comparve ciò che aveva scritto sulla pergamena dopo la visione dello specchio, la preghiera che aveva poi affidato al fuoco dell'enorme falò: "CHI SONO IO?"
Non seppe se ridere o far una smorfia, quando la signora affermò che il suo superiore non doveva lasciarsela scappare e che se fosse stata al suo posto avrebbe fatto di tutto per averla in squadra.


[Quanto vorrei che Rheagar sentisse le parole di Ekaterina!
Lui che mi ha respinta come Auror assegnandomi agli Antimago perchè inesperta ed emotiva.
Chissà cosa penserebbe e come reagirebbe se mi ripresentassi nel suo ufficio chiedendo un nuovo colloquio...
Accetterebbe o mi lancerebbe Mister Bombastic sperando mi faccia a fettine?]


Era rimasta un po' dubbiosa sulla frase con cui si era congedata da loro: "Una politica di pace non ci salverà, il perdono lasciamolo a chi non teme la morte, la tragedia, la distruzione. Lasciamolo agli immortali."
Forse aveva ragione, dopo l'attacco di 6 mesi fa' anche Mìreen aveva iniziato a temere che uno scontro futuro fosse inevitabile, giunti al punto in cui ormai erano arrivati... ma a quale prezzo? Cos'avrebbe portato una politica non portata alla pace ma alla guerra perchè ormai priva di speranza?
Non aveva risposto, aveva salutato la donna promettendo di organizzare un incontro così da poter continuare il loro discorso, sapendo dove lavorava, e aveva lasciato che se ne andasse via con la giovane studentessa.

Dopo la scenetta della bandierina, il loro quasi bacio, la comparsa del "simpatico" mago, e la "scomparsa di Lia" dal ballo, a Mìreen iniziò quasi a girare la testa.
Aveva controllato con più attenzione possibile l'intera Sala Grande, ma di Lia non c'era traccia.
Le sembrò una cosa strana... Perchè andarsene senza neanche salutarla? Si era accorta che anche Mìreen era alla festa?
Una sensazione di fastidio le aveva attanagliato il petto.
Che fosse a causa del legame con Aiden che aveva pezzato poco prima? Aveva sentito una fitta come che le strappassero un pezzo dell'anima, ma era necessario se voleva andare avanti e sperare di dimenticare lui e soprattutto i suoi sentimenti per il bel rosso...
Oppure si trattava del legame con Lia, e che come un allarme personale, l'avvisava che qualcosa non andava?
Se avesse scoperto che era stato proprio il mago appena comparso a farla scappare, poteva star sicuro che gli avrebbe deturpato anche l'altra parte della faccia pur di vendicare l'amica.
Ma infondo c'erano tanti altri motivi più "normali" che potevano spingere la sua amica ad uscire dalla sala o addirittura andarsene dalla festa così all'improvviso.
Sperò che la strana sensazione fosse solo il proprio stomaco ancora scombussolato dalla visione nello specchio... Non aveva ancora deciso se parlarne con Lyam, vedere il simbolo della loro famiglia tracciato col sangue, l'aveva abbastanza sconvolta benchè stesse facendo tutto il possibile per non pensarci e non rovinarsi il resto della serata. Non voleva che anche il fratello si preoccupasse, sicuro non glielo avrebbe detto prima della fine delle vacanze di Natale.
Come che non bastasse, aveva visto passare Maurizio poco distante da loro, buttare qualcosa nel falò, per poi andarsene senza neanche un saluto.
Le era sembrato parecchio agitato, di fretta, sulla faccia non aveva una bella cera... Che gli fosse andato male un qualche tentativo di conquista? No, non era tipo da demoralizzarsi o arrabbiarsi e andarsene in quel modo solo per un rifiuto.
Si annotò mentalmente di chiedergli spiegazioni quando si sarebbero rivisti a lavoro.

La mano di Vath si strinse a quella di lei, ricordandole non solo che era ancora lì al suo fianco, ma anche quello che poco prima la ragazza aveva quasi ceduto di fare.
Un leggero imbarazzo colorò le guance dell'Irlandese di un leggero rossore, la quale però non tolse la propria mano dall'intreccio con quella dell'Inglese, anzi cercò di assorbirne tutto il calore e la forza che sembrava volerle trasmettere, oltre ad un sentimento di possessione e forse timore, che lei potesse sfuggirgli.
Questa novità un poco la lasciò confusa.
Che senso aveva quella reazione se per lui era solo un possibile divertimento? Aveva paura di perdere il suo "giocattolo"?
Che fossero state le parole di Ekaterina a fargli sentire il bisogno di tenerla stretta a sè, quando aveva detto "...Una giovane esperta come lei avrà una schiera di offerte lavorative… oltre che di pretendenti"?

Era ancora persa nei suoi pensieri quando li raggiunse Issho, dolcemente si sciolse dalla stretta del 28enne per salutare felice l'orientale.


<< Buona sera Issho-kun!
Sono felice che sei venuto alla festa organizzata dall'ex-scuola di magia mia e di Vath!
Come ti sembra Hogwarts? Purtroppo hai potuto vedere decisamente poco, ma la tua prima impressione?
L'edificio, questa serata, l'atmosfera, gli insegnanti, il preside... Come ti sono sembrati?>>


Dalle poche parole che disse lo straniero ministeriale, quando si unì a loro, si capiva aveva voglia di commentare soprattutto la novità della festa: il Premio Barnabus Finkley, ma a quel punto Mìreen aveva bisogno di farsi un giro e andarsene da quella Sala super affollata e rumorosa.
Era felice di esser tornata a partecipare a feste importanti e divertenti come quella serata dove aveva conosciuto anche persone nuove e parecchio interessanti, ma aveva seriamente bisogno di tornare a respirare un attimo.
Così penso di proporre ai suoi colleghi un drink e una boccata d'aria.


<< Ragazzi, non so voi ma io ho bisogno di far due passi. Che ne dite di prenderci da bere e farci un giro di fuori?
L'idea "discutibile" che hanno avuto gli insegnanti, su un torneo d'incantesimi basato sulla competizione tra Casate direi che ne possiamo parlare a lavoro in pausa pranzo così abbiamo l'occasione di mangiare fuori insieme.
Invece per sta sera, direi caro Issho, che potremmo farti da "guide turistiche" io e il "Signor Remar" su quello che ricordiamo della Storia di questo magnifico posto che è stato per noi una seconda casa... O almeno per me, sempre se ne sei interessato.>>

Si rivolse all'uomo sconosciuto affianco a Vath e gli disse cordiale:

<< Se si vuole unire a noi, non ci sono problemi, sarà divertente sentire la storia di Hogwarts raccontata da una ex-Grifondoro e da un ex-Serpeverde.
Lei ha frequentato questa scuola?
Comunque piacere di conoscerla, mi chiamo Mìreen Fiachran.>>


Allungò la mano per presentarsi e attese di ricevere una risposta dal mago, se li avesse seguiti, avrebbe potuto anche indagare su cos'era successo tra lui e Lia, e capire se l'amica se n'era andata per colpa sua... Ugualmente avrebbe provato a chiamarla col cellulare appena lontana da Hogwarts, sempre se magari non la incontrava all'ingresso dopo che aveva avuto la sua stessa idea.

Si piazzò tra i due amici-colleghi e prendendoli a braccetto, li trascinò prima verso il tavolo del buffet. Quando passò affianco al tavolo dov'era seduto a chiacchierare il fratello si staccò un attimo per informarlo che tornava alla festa tra poco.
E infine li portò fuori per una sana boccata d'aria fresca e un po' di storia di Hogwarts raccontata direttamente da due suoi ex-studenti.



★ ★ ★
★ ★ ★
code © psiche



Interagisce con Lyam, Vath, Casey, Ekaterina, Issho, Paul
Vede Maurizio, non vede Lia
Nomina Oliver, prof. Midnight
Trascina Issho e Vath prima a prendere da bere poi una boccata d'aria e intanto racconta la storia di Hogwarts

FINE :flower:


Edited by LadyShamy90 - 4/2/2019, 15:46
 
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view post Posted on 3/2/2019, 10:45
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La danza delle ceneri
« Il Ballo della Fenice »
Capitolo XIII
Vath Remar
28
Purosangue
Dip. Ministeriale V° Livello C.M.I.
Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
Ex Serpeverde
Legilimens Apprendista
«La conoscenza è potere.»

Il giovane Remar si sentiva lo sguardo di qualcuno addosso e, infatti, voltata la testa trovò Issho a pochi passi da lui. Rivolse all'orientale suo collega un sorriso ed un cenno del capo per poi ritornare sul tipo di fronte a sé. La mano destra del ventottenne andò alla propria tasca interna del soprabito ed estratto un biglietto da visita lo porse all'uomo dal volto sfregiato, che l'ex Tassorosso lo prendesse o meno, Vath avrebbe terminato la sua serata di lì a breve. Avrebbe rivolto la propria attenzione alla mora al suo fianco. «Avremo senza dubbio modo di parlarne meglio e più in dettaglio, signore. Arrivedervi.» Mìreen era un piccolo tornado, con la sua esuberanza, la giovane Antimago, lo costrinse a voltarsi ma quello che Vath notò maggiormente fu che la stessa irlandese non lasciasse la sua mano. I pensieri poco casti della sua idea di conclusione serata tuttavia dovettero infrangersi come onde su uno scoglio sulla proposta di accompagnare Issho in un giro turistico di Hogwarts. Cercò di non mostrarsi deluso ma, anzi, il suo sorriso indicava in un osservatore esterno entusiasmo. Dopotutto lei continuava a tenergli la mano e, per ringraziarla, le regalò un leggero sorriso e una carezza delicata con il polpastrelli sul dorso della mano. Si trattenne dal ridere quando lei chiese allo sfigurato se fosse stato un ex studente, l'uomo portava un evidente sciarpa giallo nera, segno che probabilmente aveva militato nella casata di Tosca. Dopo essere andati a prendere da bere, abituato ad avere ciò che desiderava, Vath mise in atto il proprio piano rivolgendosi preoccupato ai due amici. «Avete per caso visto Lia? Non ama particolarmente questo posto e non vorrei che restasse da sola. So che da studentessa solitamente amava stare tranquilla, vicino al lago, potrebbe essere lì.» Avrebbe giocato in buona fede sull'amicizia che legava Mìreen e Issho a sua cugina Lia, con l'intenzione di allontanarli da quella calca, per poter stare da solo con l'ex Grifondoro. Una volta che furono all'esterno del castello rallentò il passo, lasciando andare avanti l'orientale. Avrebbe trattenuto dolcemente l'irlandese e, ponendosi di fronte a lei, portò entrambe le mani al viso di lei, afferrandolo dolcemente. Lo sguardo di lui si posò su quello di lei, la respirazione regolare nonostante il fuoco interiore che lo scaldava. L'acquamarina incontrò l'azzurro e il ventottenne poté notare come, gli occhi di lei prendessero delle sfumature più chiare o scure a seconda della luce. L'ex Serpeverde si chiese, solo per un momento, se non avesse frainteso tutto e che quegli scambi di battute e situazioni imbarazzanti fossero tutte un enorme equivoco. "È più semplice chiedere scusa che chiedere permesso." Il dipendente dell'ufficio C.M.I. osservò intensamente la giovane come se potesse annegare in quello sguardo color del mare. Non seppero determinare quanto tempo stettero così, i visi di entrambi erano talmente vicini da poter sentire il calore del loro respiro in quella fredda notte. Un movimento, lento, diede il tempo alla giovane di spostarsi nel caso non avesse voluto prestarsi a quel bacio. Non un bacio convenzionale, uno sull'angolo della bocca, Vath con quel gesto voleva dire una grande verità a Mìreen. “So che esisti e mi piaci."

//Occhiata a Issho, lascia un biglietto da visita a Paul, interazione concordata con Issho e Mìreen.
giphy

Narrato ~ «Parlato» ~ “Pensato”
PS:215/215 ~ PC:143 ~ PM:142 ~ PE:29

code © by Vath Remar


 
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view post Posted on 3/2/2019, 20:05
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Turbolenti spine, si addentravano nella sua carne.
Le parole di Alice, iraconde per giusta causa, arrivavano a lui e lo colpivano in pieno, lasciandolo in balia del suo malessere.
Era cosa nota per lui sentirsi solo quando qualcosa non andava; non c’era niente e nessuno che gli poteva far vedere chiaramente quello che stava succedendo, era in caduta libera.
Lentamente il suo essere si avvicinava all’oblio. Vedeva una voragine nera davanti a lui, un'oscurità profonda nella quale se fosse caduto non si sarebbe più rialzato.
Nero.
Quello era il colore delle parole della Corvonero, l’odore aspro che arrivava alle sue narici, il malessere che era gigantesco dentro di lui e non riusciva più a smuovere.
Gli occhi leggermente divennero lucidi; non lo voleva dare a vedere, stava soffrendo e non ne avrebbe parlato. Il suo soffrire non poteva essere utilizzato come scusa e salvezza per ciò che era e che dannatamente pensava.


-Se non lo sai tu, non lo posso sapere nemmeno io.-

Sentenziò con decisione non appena le parole lo colpirono sul vivo.
Era vero, il loro rapporto era crollato e la colpa era di entrambi, ma lui se ne era addossato completamente la responsabilità.
Non avevano coltivato ciò che avevano, non erano stati in grado di portare avanti quell’impegno che si erano fissati alla Stamberga Strillante e nessuno se non loro potevano rimettere in sesto le cose.
Sentì la sua forza cessare di esistere, il bacio impercettibile di Alice arrivare alle sue labbra come l’ultima spietata sentenza tra di loro.
Era finita? Era così che erano giunti alla conclusione del loro rapporto?
Gli occhi, che si erano socchiusi per il bacio, si aprirono per vedere il volto deluso della giovane davanti a lui.
Quanto faceva male alle persone? Come era possibile che potesse procurare così tanto dispiacere?
La confusione regnava sovrana nelle sue vicinanze. Il mobilio presente nella Sala vorticava con lui in una spirale senza senso e senza fine.
Fu in quel momento che si sentì abbandonare completamente. Il suo piede sinistro penzolava senza arte né parte al di sopra della voragine pronto ad andare nell’oscurità.
Era finita, il dolore stava per perire per una patina di apatia che gli avrebbe garantito una vita abitudinaria senza felicità.


-Comunque penso di essere solo io il problema. Come devo fare pace con il cervello io la dovresti fare anche tu, che hai scelto di frequentare la persona sbagliata. Ci si vede in giro.-

Come un pugno allo stomaco arrivò il suo orgoglio a mettere il punto esclamativo a quel momento.
Stava cambiando. Era aggressivo, scontroso e di certo quello che si trovava di fronte all’incantevole Alice non era lui.
Daddy si trovava altrove, era nel pieno della sua più grande crisi di nervi e non si mettere completamente da parte.
Si erano mentiti, si erano illusi di vivere serenamente la loro storia e invece avevano fallito. Forse si erano smarriti, magari adagiati come foglie lungo il percorso, ma sicuramente persi.
Il fiato mancava e la capacità di sillabare qualcosa venne meno. Non voleva aggiungere altro veleno alla discussione, ma tantomeno dire qualcosa che in realtà non voleva dire.
Stava male e ci sarebbe restato.



Vedendo la ragazza allontanarsi dalla Sala, lui si girò nuovamente verso il fuoco.
In quel momento voleva delle risposte dal Mondo, delle verità che gli avrebbero potuto risollevare l’umore, ma vide solo e soltanto il fuoco.
Non riusciva a percepire nulla, alcuna risposta a quel disastro, nessuna soluzione ai suoi quesiti. Era pronto a gettarsi.
Il suo essere con il piede ancora a penzoloni davanti alla voragine era pronto a saltare.
Il vortice presente davanti a lui poteva dargli una soluzione, la fine a tutti quei problemi, ma era la reale risposta?
Mentre il volto si faceva scuro di rammarico, si spostò ancor più verso l’oblio. Bastava un salto, un semplice salto e tutte le sue paure si sarebbero annullate per far spazio ad un lui impassibile verso ciò che lo circondava.
Sentiva il suo stomaco salire in gola mentre nella sua testa una voce continuava a dire senza remore di saltare nel vuoto del suo destino.
C’era, era quasi pronto, stava per arrivare, quando qualcosa lo fermò.
Mentre si vedeva proiettato nel suo infausto destino, una mano argentea lo resse e rimise in sesto quando lui voleva soltanto la disfatta.
Cosa era? Cosa voleva?
Girandosi notò la sua gamba destra ancorata al pavimento, mentre un sorriso a lui familiare gli suggeriva di proseguire la sua vita.
Sapeva che avrebbe fatto male, che avrebbe sofferto a non creare un muro davanti a sé ma forse crearsi una barriera non serviva.
C’era qualcosa di più che ciò che lo circondava gli poteva offrire, qualcosa che fino a poco prima aveva avuto ma che ora era letteralmente intangibile.
Ritornò al ballo.
Le fiamme ardevano con forza mentre fogli di vario tipo venivano lanciati dai partecipanti.
I buoni propositi a suo avviso non andavano fatti in fiamme, ma anzi, andavano portati avanti con forza e coraggio.
Sorridendo al vuoto che lui aveva dentro voltò le spalle per avviarsi verso l’uscita.
La disfatta con Alice forse non era realmente qualcosa di definitivo, ma qualcosa di giusto per dar vita a qualcosa di migliore.
Toccando con la mano il freddo legno della porta della Sala da Ballo si avviò verso il dormitorio.
Quella sera avrebbe lottato contro i suoi demoni, probabilmente avrebbe avuto a che fare con i suoi peggiori incubi, ma li avrebbe sconfitti.
Quella sera era stata la prima volta che aveva lottato contro le sue paure e le sue infelicità e questo era un grande passo in avanti.
La consapevolezza di ciò che lo circonda forse era il primo passo per essere una persona migliore per lui e non per gli altri.
Forse, dopo tanto tempo, Daddy Toobl sarebbe ritornato a parlare con se stesso.



 
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view post Posted on 3/2/2019, 21:10
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Le piccole mani, prive di vita o forza, vennero strette da quelle grandi Lui ed Emily vi chinò lo sguardo, appena confuso e di nuovo spento.
C’era qualcosa di sbagliato a colmare l’aria, ne avvertiva l’oppressione e il peso che s’era posato all’altezza del petto. Si ascoltò piangere, frignare all’ingiustizia e l’aria mancare, sentì di affogare e annaspare alla ricerca d’aria. Eppure, mentre intrusi posavano lo sguardo su di lei, nulla avrebbero visto se non la sua immobilità. La tempesta e i fulmini squarciavano le ossa, aprivano varchi ma era solo lei a dannarsi di quella bellezza distruttiva; nessuno, nessuno poteva vedere o sentire.
E ancora una volta avrebbe voluto alzare il capo a quel cielo finto che volteggiava inerme sulle loro teste e urlare, urlare così forte che il tuono avrebbe risvegliato tutti, costringendoli ad ascoltare quello che ascoltava Lei, a provare quel che provava Lei, a bagnarsi di quella stessa pioggia battente.
Si trattenne, a fatica, e vi riuscì perché avvertì il fastidio di quella morsa, ora più pressante, sulle sue mani. Come risvegliata, strappata dalla
sua Tempesta, alzò le iridi cineree su Horus e le fiamme che gli cingevano il capo le annebbiarono per un momento la vista.
Stava sopravvivendo, le diceva, ma come poteva fargli capire che, se così fosse stato, anche solo per questo poteva ritenersi fortunata?
Lei non sarebbe nemmeno dovuta nascere e invece era lì, un’assassina in fasce, che a stento riusciva ad andare avanti sputando sullo stesso dono che sua madre le aveva fatto.
Quel pensiero la turbò a tal puntò che tentò, invano, di ritrarre i palmi e vietarsi quel contatto che a malapena riusciva a tenerla ancorata al Presente.
Non vi riuscì, salvata da chissà quale forza recondita e inconscia che avvertì l’istinto e lo tenne a bada. Non poteva lasciarsi andare, non poteva implodere, non lì, non con tutti loro.
Ascoltò ancora, lasciandosi trasportare da quell’onda che sapeva di conforto tanto quanto di minaccia e, confusa, serrò la mascella volgendo il capo sulla folla che credette disperdersi. Alcuni ancora li fissavano ma lei li ignorò, maledicendo loro per l’ignoranza di cui si beavano, invidiando le loro misere vite prive di significato e dolori e scopi. Quelle anime che non si erano mai perse venivano attratte, curiose, da loro, avvertendo persino l’elettricità che avvolgeva i due giovani amanti e li costringeva in quella malsana situazione che, amara, sapeva di salvezza. E poi c’era Lei, persa da sempre e che proprio per questo v’era abituata.
Non stava sopravvivendo, quella era la sua vita. Era una sopravvissuta e quella era la vita che si era meritata. Non era giusto ma non era stato Horus a dirle che andava bene anche così?
Essere amati… Cosa significava?

Questo cosa?
Corrugata la fronte, capricciosa e frustrata, si voltò verso il Tassino, la mano stretta in un pugno come a volere contenere una qualsiasi reazione solo per continuare ad ascoltarlo.
Fu in quel momento che Lui la baciò ed Emily ne fu così sorpresa che rimase immobile, le iridi di granito aperte sul mondo oscurato da ciocche vermiglie.
Poi la Rabbia e la felicità e la solitudine e il dolore bruciarono sulle labbra e su quelle di Horus; e allora non si trattenne, anzi, sperò che ardessero ancora più forte, ancora più calde, ancora più distruttive cosicché lui potesse capire.
Non voleva imporgli nulla, non voleva impedirgli di vivere la sua vita ma non poteva dire che il suo modo di vivere fosse sbagliato, non poteva dirle quelle cose, le faceva male…

Fa male perché è la verità. È ingiusto ma è così.
Eppure c’era qualcosa che Horus ancora non capiva, che non poteva comprendere perché, per quanto si sforzasse, per quanto l’amasse, Lui non aveva vissuto la sua vita e non poteva elevarsi a quel tipo di conoscenza.
Teneramente, inaspettatamente, Emily sorrise distogliendo lo sguardo. Le labbra, morse e torturate mentre cercava le parole, scottavano ancora e sentì presto il cruore attingere a quel rosso, pizzicare la lingua, a ricordarle una sera più bella, un momento migliore, quando davvero s’era sentita amata.
Strinse lo sguardo, restia a lasciarsi coccolare da un ricordo e fu allora che parlò. La voce ci mise un po’ per trovare il coraggio, forse ancora intimorita dall’ardore che aveva udito provenire da Horus non troppi secondi prima ma non fu difficile, consapevole che presto non avrebbe potuto più, che presto si sarebbero divisi ancora.

« Non ho mai voluto impedirti di vivere la tua vita, lo sai bene », si sentì dapprima mormorare, con un’espressione corrucciata a colorare le parole.
« E non proverò rancore nel vederti andare da solo. Io sarò qui, quando tornerai. Ma se non ti vedrò arrivare, sappi che verrò a prenderti. »
Aggiunse presto, incapace di guardarlo ma ferrea e decisa in quella sua ammissione.
« Non… »
Sospirò costringendosi a voltarsi verso di Lui, cercando il suo sguardo. Portò la sinistra sulla sua mano mentre ancora le cingeva le spalle e strinse, con più forza di quanta potesse dare a vedere in quel momento.
«… Non sto sopravvivendo. Su questo ti sbagli. Io sto lottando per… »
Il palmo scivolò a cingere il vestito, sgualcendo le piume, e le braccia vennero alzate a mezz’aria, i palmi ora rivolti a quello stesso cielo impassibile e spietato.
« Questo. Per me. Per te. Per noi. Se non è vivere questo, cosa è? Se non è cercare a tutti i costi la libertà di essere me stessa, cosa è? Se non è darmi la possibilità di scegliere e decidere per me stessa, cosa è? »
Ricordò la spilla e lasciò cadere le membra stanche; le fiamme illuminarono nuovamente l’ardore dei suoi occhi puntellati d’argento.
« Non è una bella vita e non è giusta e non sono felice ma è Vita ed è la mia e me la sono ripresa io, da sola »
Varcò lo sguardo di Horus per trovarvi la comprensione di cui necessitava e per far sì che Lui non covasse incertezza alcuna.
« Potrà dunque non sembrarti così ma io ho già scelto di vivere, e ho scelto di farlo così tante volte che nemmeno immagini. »
E questa volta fu Lei, con la rabbia che ancora accalorava il suo corpo freddo, a cingere il volto di Horus nelle sue mani.
« Non sono solo “disperazione” o non starei a dirti queste cose ora e non ti amerei e non terrei a te. Ma tu questo lo sai già o te ne saresti andato da un pezzo. E non ci sarebbe mai stato posto per Noi. »
Chinando il capo da un lato, lasciò scivolare la mano sugli zigomi alti, le dita esili che cercavano le punte di rame dorato dei suoi capelli, varcando le linee di quella voglia che sapeva nascosta sotto quell’orribile inchiostro nero.
« Ti lascerò andare senza rancore alcuno. »
Sulle punte, con la testa che vorticava e gli occhi bruciati da quell’inspiegabile sensazione di orrore e terrore, si avvicinò quel tanto da avvertire il suo respiro sulle proprie labbra.
« Ma tornerai da me. Abbiamo un patto ora. »
E lo suggellò con un bacio che non sapeva di rancore ma di ostinazione. Ci sarebbe stato posto per loro? Lui davvero considerava una tale impossibilità?
Glielo avrebbe chiesto poi, quando sarebbe tornato a stringerla in un abbraccio.
Lo scrutò consapevole che doveva andare e lo strinse a sé, ora che le parole non sarebbero servite più a nulla.
Doveva compiere il suo destino così come Emily s’era preparata ad accogliere il proprio.
Senza voltare le spalle a Horus, cercò l’uscita. Ritrovò le fiamme, lingue di fuoco che bramavano la verità ma Lei non le assecondò, consapevole che non sarebbe servito a nulla affidare a loro le redini di quel che desiderava.
Vide il Tassino avanzare nella Sala, col fiato sospeso, seguendo troppo lentamente i suoi passi. Avrebbe voluto tirarlo via, impedirgli di raggiungere quella stanza, quella porticina oltre la quale presto sarebbe scomparso ma la sua voce, la pertinacia con cui le aveva ricordato che non necessitava di alcuna protezione, fecero sì che lo lasciasse andare.
Lei no, non l’avrebbe seguito, avrebbe piuttosto cercato la Notte e la pioggia e le fronde degli alberi mosse da forze sconosciute. Avrebbe salutato il Castello così come quanto vi era giunta per la prima volta, godendo, per un’ultima alba, del vantaggio di essere un Caposcuola.
L’indomani, Serpeverde, avrebbe conosciuto la sua nuova guida.

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view post Posted on 3/2/2019, 23:36
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isshonome
Dipendente Ministeriale ☯ C.M.I. ☯ 44 anni ☯ Giapponese
PS: 185 ☯ PC: 132 ☯ PM: 126 ☯ EXP: 27,5


Sotto l'occhio vigile del giapponese, tutto cominciava a dilatarsi come una nebbia dei boschi che mostra il suo vero essere: rami, alberi forti e rigogliosi come lo erano i vincitori della coppa, fogliame e legni spezzati come chi lasciava la sala in fretta e furia o usciva dal sito dello specchio e infine le sterpaglie passive che erano altri ospiti poco adatti alla serata; forse alla fine Issho si immedesimava nell'ultimo elemento, restando fermo li' a sentire i discorsi di tutti e nessuno, lanciando occhiate alla gente che andava e veniva, conoscenti o meno. Volti nuovi e interessanti, altri meno ma allettanti. Chi era in ballo cesso' di danzare, chi era in festa trasportava questo suo essere per altri luoghi o in altre persone, alimentando la fiamma della vittoria. Adulti ...in fin dei conti pochi, un scarso ingaggio per l'evento, per lo meno, di volti utili alla costruzione di legami e ponti. Forse non era stato abile il giapponese a scovarli, come gli insegnanti ad esempio; altri colleghi del ministero? Non ne aveva idea....per assurdo, sembrava aver avuto piu' rapporti e intrattenimento con i ragazzi, studenti di quella scuola che si riprometteva voler incontrar in futuro, chissa' come....anche con corsi di orientamento o extra scolastici per la formazione ministeriale, si potevano trovare mille scuse. Avrebbe riservato un sorriso a chiunque gli si scontrasse contro o lo fissasse con coscienza e saluto. Fu l'irlandese originale, la signorina Fiachran, a romper quel momento di passivita' della scena, svegliandolo da un brevissimo sonno all'impiedi. Se fossi un Kun, avrei fatto strage di cuori qui dentro. Lancio' un ulteriore sorriso per andar nello stesso registro linguistico della giovane. Come mi son sembrati? Caoticamente interessanti e caparbi, per non dire spavaldi. Continuo' a parlare Mireen, mentre prendeva l'orientale e mr. Remar a braccetto con l'intenzione di Ciceronare per la scuola, con uno spuntino sotto i denti e all'aria aperta. Rifiuto il caffe', accetto lo spuntino e per una buona volta staro' zitto ad ascoltarvi per quanto riguarda le storie di questo castello...narratemi. Avrebbe detto, lasciandosi andare ai due giovani. Fu Vath a scandire un tempo diverso, annotando che non fosse presente la cugina e che di solito era facile trovarla al lago, dove amava andare. Una nota fuori posto, criptica, non legata al momento. Giusto era pensare al parentato, ma in quel preciso momento, perche'? Una stoccata andata male...uno sviare? Non poteva affermarlo senza un senso effettivo e una causa reale, fatto sta che procedette avanti qualche metro in solitaria, trasportato per meta' dalla calca di gente e lasciando dietro i due colleghi. Il tempo di rendersi conto che stava proseguendo per i fatti propri e torno' a cercare con la vista il volto dei due, non trovandoli in un primo momento. Come mai? Erano tipi abbastanza notabili e riconoscibili distintamente a un tiro di schioppo. C'era un motivo...i due avevano per brevissimi scorci di tempo, formato quella famosa e autentica capanna d'amore. Li vide sul finale, sullo scambio del bacio. Lui perso nei suoi sguardi e tratti...ma lei? Ferma a subire, senza una evidente, dal suo punto di vista, consapevolezza di quel gesto fino ad'ora poco immaginabile; insomma, non era tantissimo che Sybella era sparita e tanto meno in quei ultimi giorni al ministero il giovane serpeverde lancio' segnali o feromoni in giro per annunciare la stagione dell'amore; un tempo delle mele fuori dai canoni soliti? Forse....un ulteriore dubbio che si sarebbe trascinato dietro e che avrebbe tenuto al caldo da qualche parte nel suo intelletto per andare a calare il sipario fra i due in quell'ultimo atto. Il leone e il serpente si concessero per una chimera...storia pericolosa. Un sorriso e avrebbe sostituito di ruolo la giovane donna, separandoli e mettendosi di mezzo per tenerli a braccetto (scomodo per via del bastone) e trascinarli di forza fuori dalla sala gremita di gente. Si sentiva quasi un nonno di altri tempi che vigilava sui nipoti in amore... non era il luogo e il momento piu' adatto per continuare quella danza d'affetto e carezze; Partiamo dall'inizio miei cari....i fondatori. Lancio' scontato il tema in ballo e fece passo pesante per andar fuori e tirare a far scorrere la serata nel migliore dei modi. Si ritrovava sempre in strane e equivoche situazioni. Povero Fujitora.
isshomaur

Issho assiste al sequel del tempo delle mele, fa il vecchio rompi-maroni e fa calare il sipario sull'ultimo atto. Ce ne usciamo tutti e tre di scena. *inchino*



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view post Posted on 5/2/2019, 11:39
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Il Fato

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Il Ballo della Fenice termina qui.
Si ringraziano i partecipanti, e in particolare coloro che hanno deciso di affrontare lo Specchio.
Il contributo di tutti è stato prezioso e ha conferito solennità ad una importante fase di passaggio della Storyline del GdR.

 
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186 replies since 22/12/2018, 15:51   9893 views
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